STATI DELLA MATERIA Solido → STATI CONDENSATI (le molecole sono legate fra di loro) Liquido Liquido → FLUIDI (non hanno forma propria) Gas Plasma → insieme di nuclei ed elettroni che non sono più legati (presente solo nelle stelle) STATO GASSOSO Una sostanza si trova allo stato gassoso se tra le particelle vi sono piccolissime forze attrattive. Le particelle si muovono in tutto lo spazio che hanno a disposizione, non hanno né forma né volume proprio e densità molto bassa: perciò i gas possono essere compressi. Una sostanza si può presentare sotto forma di gas o di vapore. CARATTERISTICHE DEI GAS Volume: è lo spazio occupato dalle particelle del gas che nel S.I. si misura in m3 anche se in laboratorio si utilizzano i suoi sottomultipli: 1 dm3 → 1L → 1000 mL 1 cm3 → 1mL → 10-3L Pressione: rappresenta l’urto fra le pareti del recipiente e le particelle del gas e si misura in Pascal ovvero la forza di 1N esercitata su una superficie di 1 m3. Normalmente vengono però usati dei sottomultipli: 1 millibar (mbar) → 100 Pascal (Pa) 1 kiloPascal (KPa) → 1000 Pascal 1 bar → 105 Pascal Anche i gas che costituiscono l’atmosfera esercitano una pressione chiamata pressione atmosferica (Barometro di Torricelli). La pressione atmosferica alla temperatura di 0°C a livello del mare e alla latitudine di 45° equivale alla pressione esercitata da una colonna di mercurio di 760 mm su cm2. La pressione atmosferica si misura quindi in mmHg (millimetri di mercurio) chiamati anche torr, oppure in atm (atmosfere): 1 atm → 760 mmHg → 760 torr 1atm → 101325 Pascal →1013 mbar 1atm → Pascal/101325 Pascal→ atm * 101325 La pressione di un gas all’interno di un recipiente viene misurata con uno strumento chiamato manometro, mentre per la pressione dell’aria si utilizza il barometro. Temperatura: è l’energia cinetica delle particelle che compongono il gas. Lo strumento per misurare la temperatura è il termometro e si utilizzano due scale: → Kelvin: utilizzata dal S.I. che non presenta valori negativi in quanto unità di misura dell’energia cinetica, e quindi sempre positiva e va da 0K a 373K. → Celsius: utilizzata comunemente, è una scala centigradata nella quale 0°C corrisponde alla solidificazione dell’acqua e 100°C alla sua ebollizione. In questa scala la differenza di temperatura di 1°C corrisponde 1K. Per passare da una scala all’altra basta utilizzare le equazioni: T(K) = T(°C) + 273 T(°C) = T(K) - 273 CONDIZIONI DEI GAS Condizioni normali: temperatura di 0°C e pressione di 1atm; Condizioni standard: temperatura di 25°C e pressione di 1atm; GAS IDEALI O PERFETTI Se portiamo i gas reali (cioè che troviamo in natura) a una bassa temperatura ma ad un’alta pressione, indipendentemente dalla loro natura, il loro comportamento sarà uniforme e possono quindi essere definiti come gas ideali o perfetti. I gas possono essere considerati ideali o perfetti se: Le particelle del gas sono puntiformi quindi il loro volume è trascurabile rispetto al volume totale; Le particelle sono elastiche, ovvero urtandosi fra di loro non perdono energia cinetica; Le particele devono essere lontane in modo tale da non esercitare forze attrattive o repulsive. LE TRE LEGGI EMPIRICHE DEI GAS IDEALI Legge di Boyle o legge isoterma (t = costante): Supponendo che il volume iniziale di un gas all’interno di un recipiente sia 12L e la pressione 1atm, notiamo che se abbassiamo uno stantuffo, dimezzando il volume del gas, la sua pressione raddoppia. Quindi la pressione e il volume sono due grandezze inversamente proporzionali: 1 V k * ovvero P *V k P Il grafico ottenuta da questa equazione è una retta, chiamata isoterma, in quanto la sua pendenza rappresenta la temperatura costante. Per una data quantità di gas a temperatura costante il prodotto tra volume e pressione è costante possiamo quindi scrivere che: P1 *V1 P2 *V2 Legge di Charles o legge isobara (P = costante): Avendo a disposizione in un contenitore una data quantità di gas a pressione costante, notiamo che per ogni aumento di 1°C il volume aumenta di 1/273 del volume iniziale: Vt Vo 1 1 Vo * t → Vt Vo * 1 t 273 273 → Vt Vo * T ( K ) 273 → Vt Vo *t 273 Essendo V0/273 una costante, possiamo scrivere: V = k*t → V/T = k Da questo possiamo scrivere: V1 V2 T1 T2 Questa legge è chiamata anche Prima legge di Gay-Lussac, in quanto la confermò successivamente; essa solo per certi valori di temperatura: infatti per una determinata quantità di gas a pressione costante il volume è direttamente proporzionale allo zero assoluto. Legge di Gay-Lussac o legge isocora (V = costante): Dagli esperimenti si è notato che data una certa quantità di volume costante aumentando la temperatura di 1°C la pressione aumenta di 1/273 della pressione iniziale perciò possiamo scrivere che: 1 1 Po * t → Pt Po * 1 t 273 273 → Po * T ( K ) Po *T → Pt 273 273 P Essendo P0/273 una costante la pressione può essere espresso come P k * T → k , da cui T ricaviamo: P1 P2 T1 T2 Pt Po Pt LEGGE DI AVOGRADO La prima definizione della legge di Avogadro è: volumi uguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole. Questa prima definizione può essere modificata prendendo in esame due recipienti identici alle stesse condizioni di temperatura e pressione. Poiché contengono un ugual numero di molecole, possiedono anche lo stesso numero di moli. Per questo la legge può essere scritta: volumi uguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, possiedono lo stesso numero di moli. Se adesso consideriamo 1mol di idrogeno e 1mol di ossigeno, notiamo che queste hanno lo stesso volume, chiamato anche volume molare (Vm) che è costante alle stesse condizioni di pressione e temperatura ed ha un valore di 22,414L. Per questo la legge di Avogadro può essere in ultima analisi così modificata: Il volume di una mole di gas non dipende dal tipo di gas perché è costante. Da qui possiamo ricavare che V = n*Vm EQUAZIONE DI STATO DEI GAS IDEALI Una volta scoperte sperimentalmente le quattro leggi che regolano i gas i chimici cercarono di unirle fino a formare una sola legge. Innanzitutto venne considerato un gas nelle condizioni normali, cioè con P0 = 1 atm e T0 = 273K e costituito da n(moli) = 1, avendo quindi un volume iniziale V0 = 22,414L. Conoscendo le equazioni generali dei gas possiamo scrivere la seguente tabella: a. LEGGE ISOTERMA b. LEGGE ISOCORA P0 → P (pres. finale) V0 → Vi Vi → V (volume finale) T0 → T P0*V0 = P*Vi Vi/T0 = V/T Po * Vo P Vi * T V To Vi Po * Vo T Po * Vo * *T . → P *V P To To Tuttavia P0*V0 è una costante in quanto il valore del volume molare (V0) è fisso per cui si può dire che: Po * Vo kR To Possiamo quindi scrivere che: P*V = R*T. Sostituendo Vi nella seconda equazione ricavo che V Questa equazione non può essere considerata giusta se si considera soltanto una mole, mentre se consideriamo più moli l’equazione di stato dei gas ideali sarà: P*V = n*R*T Possiamo ora ricavare il valore di R considerando l’equazione per 1mole: P * V 1atm * 22,414 L atm * l R 0,0821 T 1mol * 273K mol * K Nel S.I si può esprimere R nel seguente modo: R P * V 101325Pa * 0,022414m 3 Pa * m 3 8,314 8,314 J * mol 1 * K 1 T 1mol * 273K mol * K DENSITA’ DI UN GAS La densità di un gas è il rapporto tra la sua massa e il suo volume (d = m/v ). Nelle condizioni normali la densità è uguale a d = massa molare (g/mol) volume molare (L/mol) Poichè l’equazione di stato dei gas è P*V=n*R*T questa può essere modificata dicendo che il numero di moli (n) è uguale al rapporto tra la massa in grammi (m) e la massa molare (M): da qui m m * R *T → P * M * R *T . l’equazione di stato diventa P * V M V Da notare che il rapporto m/V è uguale alla densità del gas perciò possiamo in definitiva scrivere che: P*M=d*R*T LA DIFFUSIONE E L’EFFUSIONE DEI GAS (LEGGE DI GRAHAM) La diffusione di un gas è un processo con cui un gas tende ad occupare tutto il volume che ha disposizione muovendosi in maniera disordinata. L’effusione di un gas è un processo che è osservabile quando pratichiamo un foro in un recipiente in quando il gas tende ad uscire con una certa velocità chiamata velocità di effusione. Se noi consideriamo due gas in due recipienti diversi e pratichiamo un foro notiamo che la velocità di effusione dei due gas dipende dalla loro densità in particolare: Nelle stesse condizioni di temperatura e pressione la velocità di effusione di un gas è inversamente proporzionale alla radice quadrata della sua densità. Per il primo gas: V1= K1/ √d1 mentre per il secondo gas V2= K2/√d2. Sapendo che K1 = K2 = K (costante che dipende dal tipo di gas) scriviamo che V1 * d1 V2 * d 2 da questa equazione in definitiva diciamo che: V1 V2 d2 d1 P * M1 P*M2 ; d2 . R *T R *T Poichè la massa molare è uguale alla massa molecolare possiamo scrivere che d2 /d1 = Mr2/Mr1. Notiamo che le velocità sono inversamente proporzionali alla radice quadrata della massa molecolare relativa: In particolare dall’equazione di stato dei gas possiamo dire che: d1 V1 V2 Mr2 Mr1 Inoltre sapendo che V1 /V2 = t1/t2 possiamo scrivere che i tempi di efflusso sono direttamente proporzionali alle loro masse molecolari: t2 t1 Mr2 Mr1 LA TEORIA CINETICA DEI GAS Il comportamento dei gas ideali e leggi che permettono di prevedere i valori assunti dalle variabili (P,V,T) sono state confermate dalla teoria cinetica che si applica ad un ipotetico gas chiamato gas ideale. Il modello di un gas ideale si basa sui seguenti presupposti: 1. il gas ideale è costituito da molecole che si muovono disordinatamente e liberamente; 2. le molecole hanno un volume piccolissimo rispetto al recipiente che li contiene; 3. le distanze tra le molecole sono molto grandi e quindi le forse repulsive o attrattive sono nulle; 4. gli urti tra le molecole ovvero tra queste e le pareti del recipiente sono elastici perciò l’energia cinetica complessiva non cambia; 5. l’energia cinetica delle molecole e quindi anche la velocità dono direttamente proporzionali alla temperatura assoluta. EQUAZIONE DI CLAUSIUS Tenendo presente che la pressione di un gas è dovuta agli urti delle molecole contro le pareti del recipiente si po’ determinare una relazione che lega la pressione del gas,il suo numero di molecole e la loro velocità: 1 N *m 2 P * *v 3 V (V = volume; v = velocità; N = numero di molecole; m = massa; P = pressione) L’equazione di Clausius permette di determinare una relazione tra l’energia cinetica media delle molecole di un gas e la sua temperatura. L’equazione di Clausius può essere infatti modificata nella forma: 1 P *V * N * m * v 2 3 moltiplicando e dividendo per 2 il secondo membro dell’equazione, la relazione diventa: 2 1 P *V * N * m * * v 3 2 1 Tuttavia, poiché il termine * m * v 2 rappresenta l’energia cinetica media di una molecola (E), la 2 relazione diventa: P*V = (2/3)*N*E Applicando l’equazione di stato ad un numero N di molecole che corrisponde ad un numero n di moli si ha che P*V=n*R*T. Poiché P*V=(2/3)*N*E, possiamo uguagliare le due equazioni e quindi abbiamo che: 2 3 n n * R * T * N * E da cui ricavo che E * * R * T 3 2 M Dato che n/m è uguale all’inverso del numero di Avogadro (NA) l’equazione diventa: 3 R *T E * . 2 NA Poiché R e NA sono costanti avremo che: E = (3/2)*K*T con K (costante di Boltz) uguale a R/NA= 1,38 *10-23 J*K-1*mol-1. Risulta quindi che l’energia cinetica media di una molecola di un gas non dipende dal tipo di gas ma solo dalla temperatura. L’energia cinetica media di una mole è data da E = (3/2)*R*T. L’equazione che rappresenta la relazione tra l’energia cinetica media delle molecole di un gas e la temperatura è rappresentata da una retta (con energia sull’asse y e la temperatura sull’asse x) ovvero raddoppiando la temperatura raddoppia anche l’energia cinetica. VELOCITA’ MEDIA DELLE MOLECOLE DI UN GAS La relazione che lega l’energia cinetica media delle molecole di un gas E 3 KT , espressa nella 2 3 R T , permette di calcolare la velocità media delle molecole del gas. E’ noto che 2 Na 1 l’energia cinetica media delle molecole di un gas è espressa dalla relazione E mv 2 , per cui 2 R 1 3RT T mv 2 . Ricavando v2 si ha: v 2 uguagliando con la relazione precedente si avrà , Na 2 Na m 3RT esprimendo quindi in seguito la formula v . Da quest’equazione risulta che alla stessa Na m temperatura molecole di gas diversi hanno velocità media diversa per la diversità della massa molare. forma E Per cui riportano in un grafico i valori relativi al numero (n) di molecole con velocità v e la loro velocità, si possono costruire le curve di distribuzione delle velocità molecolari. La curva ha forma di campana asimmetrica e presenta un massimo per la velocità più probabile che è la velocità posseduta dal maggior numero di molecole. Il numero di molecole che si muovono con velocità maggiore o minore va graduatamente diminuendo allontanandosi dal valore più probabile. numero di molecole (n) DISTRIBUZIONE DELLE VELOCITA’ MOLECOLARI La Teoria Cinetica dei gas prevede che le molecole dei gassi muovano in modo disordinato e in tutte le direzioni e con una velocità che cambia continuamente a causategli urti con le altre molecole o con le pareti del recipiente. Sebbene ogni molecola abbia una propria velocità esisterà un certo numero di molecole che in un certo istante avrà una velocità V. numero di molecole (n) velocità (v) Riportando in un grafico i valori relativi al numero di molecole e alla loro velocità per due temperature diverse (T1, T2 con T2> T1), si osserva che la curva di distribuzione delle velocità molecolari si appiattisce e si sposta verso destra con l’aumentare della temperatura. Infatti aumentando la temperatura, aumenta l’energia cinetica delle molecole e quindi anche la loro velocità, così che diventano più numerose le molecole a velocità maggiore e meno numerose quelle a velocità minore. Si osservi velocità (v) anche che prendendo in esame un dato valore di velocità (V0), aumentando la temperatura, aumenta anche il numero di molecole con velocità maggiore a quel valore. Da qui la legge di Bolzmann: il numero di molecole di un gas con velocità maggiore di un dato valore (V0) aumenta all’aumentare della temperatura e diminuisce con l’aumentare di V0. La teoria cinetica dei gas è in grado di spiegare le leggi dei gas ideali: 1. Legge di Boyle (isoterma: t = k): mantenendo costante la temperatura e dimezzando il volume del gas, l’ energia cinetica media delle molecole del gas, ovvero la velocità con cui le molecole urtano le pareti del recipiente rimane la stessa, ma raddoppia il numero di molecole per unità di volume, ovvero raddoppiano gli urti, di conseguenza raddoppia la pressione. 2. Legge di Charles (o prima legge di Gay-Lussac – isobara: P = k): raddoppiando la temperatura assoluta del gas, raddoppia l’energia cinetica delle molecole, ovvero la loro velocità, quindi raddoppia il numero degli urti ed aumenta la pressione. In queste condizioni il volume del gas raddoppia e di conseguenza si dimezza il numero di molecole per unità di volume. Tutto ciò comporta una diminuzione del numero degli urti e quindi della pressione che torna ad un valore iniziale. 3. Legge di Gay-Lussac (o seconda legge di Gay-Lussac – isocora: V = k): mantenendo costante il volume e raddoppiando la temperatura, il numero di molecole per unità di volume rimane lo stesso, ma raddoppia l’energia cinetica delle molecole, ovvero la loro velocità e di conseguenza raddoppia il numero degli urti e quindi la pressione. DIFFERENZA TRA GAS E VAPORE Tenendo presente che le particelle di un aeriforme sono in continuo movimento e si urtano a vicenda si ha che: 1. Aumentando la pressione di un gas e mantenendo costante la temperatura, il volume si riduce (legge isoterma). In tal caso aumenta la possibilità per le molecole di urtarsi e formare quindi legami chimici: l’aeriforme si trasforma quindi in un liquido. Un aeriforme che si può trasformare in un liquido per compressione si chiama vapore. 2. Aumentando la temperatura di un aeriforme, aumenta l’energia cinetica media delle sue particelle. Continuiamo ad aumentare la temperatura fino a superare un dato valore di temperatura (temperatura critica, Tc – espressa in kelvin). A questo valore di temperatura l’energia cinetica delle molecole è maggiore dell’energia di legame che permetterebbe alle particelle di formare dei legami e trasformarsi in liquido. In queste condizioni, anche esercitando una pressione elevatissima, l’aeriforme non si trasformerà mai in liquido. Un aeriforme che non può essere trasformato in un liquido per sola compressione, perché si trova al di sopra della temperatura critica, si chiama gas. Risulta quindi che un vapore può essere trasformato in gas riscaldandolo al di sopra della temperatura critica, e un gas può essere trasformato in vapore raffreddandolo al di sotto della temperatura critica. Il valore della temperatura critica dipenderà dalla forza delle interazione intermolecolari che si stabiliscono tra le molecole. Se queste sono molto deboli come nelle molecole apolari le particelle riescono ad avere una piccola energia cinetica per romperli e quindi il loro valore di Tc è molto basso. In tal caso per permettere alle particelle di formare legami intermolecolari ovvero per trasformare un aeriforme in liquido si deve portare a temperature molto basse (Tc ossigeno = 126 K). Da tener presente che gli aeriformi con Tc al di sopra dei 25°C sono dei vapori. La Tc del vapore d’acqua è 647 K, ed è molto alta a causa dei legami idrogeno presenti tra le molecole, mentre quella dell’anidride carbonica è 304 K. Si chiama pressione critica (Pc) la pressione alla quale si verifica il passaggio di stato da vapore a liquido e si esprime in atm. STATO LIQUIDO Una sostanza è allo stato liquido se si stabiliscono forze attrattive intermolecolari (legame idrogeno, ecc.) che tuttavia non sono così intense da impedire alle particelle di compiere dei moti di traslazione. Un liquido a differenza dei gas ha un volume proprio, non è comprimibile e tende a prendere la forma del recipiente e solitamente a fondere lentamente con un altro liquido, se sono miscibili. In base alla natura delle particelle, i liquidi si distinguono in ionici, se formati da ioni (es. NaCl), metallici, formati da atomi che possono derivare da metalli fusi, molecolari, come per esempio l’acqua, il bromo, o che derivano da fusione di solidi molecolari. Questi ultimi sono distinti in polari (H2O, etanolo) e apolari (CCl4, C6H6 – benzene). In base alla natura delle forze intermolecolari si distinguono in fluidi, se le forze intermolecolari sono deboli (legami di Van der Walls) e viscosi, se le interazioni sono molte e più forti (legame idrogeno). Alcuni liquidi viscosi sono l’acqua, l’acido fosforico e il glicerolo. Le forze intermolecolari influenzano le proprietà dei liquidi. Evaporazione – In un liquido le particelle sono legate le une alle altre con gli stessi legami, e quindi con la stessa energia, ma non tutte hanno la stessa energia cinetica . Le particelle superficiali, con energia cinetica maggiore dell’energia di legame, vincono le forze attrattive e passano allo stato di vapore. Il passaggio dallo stato liquido a quello di vapore si chiama evaporazione. In un liquido evaporano le particelle più ricche di energia cinetica e poiché il calore è dato dalla somma dell’energia cinetica di tutte le particelle, un liquido evaporando si trasforma. La velocità di evaporazione dipende dalla temperatura, dalla ventilazione e dalla superficie esposta. Aumentando la temperatura, aumenta l’energia cinetica media e perciò il numero di particelle che evaporano. Allo stato di vapore non tutte le particelle hanno la stessa energia cinetica, e quindi quelle con minor velocità sono vicine alla superficie del liquido, possono toccarlo e possono formare quindi dei legami e tornare di conseguenza allo stato liquido. Il passaggio da vapore a liquido si chiama condensazione, mentre il passaggio da gas a liquido è noto come liquefazione. Tensione di vapore – Prendiamo una beuta chiusa ermeticamente e collegata ad un manometro e ad una pompa a vuoto; estraiamo l’aria in modo da creare il vuoto nella beuta e poi, con un imbuto, si introducono alcuni millilitri di bromo liquido (la scelta del bromo liquido è giustificata dal fatto che è ben osservabile mentre evapora per il suo cambiamento di colore in rosso). Dalla lettura del manometro vediamo che la pressione aumenta: possiamo dedurre che il liquido sta evaporando. Dopo un po’ di tempo la pressione rimane costante, anche se vi è del liquido che potrebbe evaporare. Tutto ciò può essere giustificato tenendo presente che le molecole evaporate non si possono allontanare e quindi nel loro movimento disordinato toccano la superficie del liquido tornando allo stato liquido. Inizialmente il numero di molecole che evaporano è maggiore rispetto a quelle che condensano, ma dal momento in cui la pressione rimane costante, il numero di molecole che evaporano è uguale a quello delle molecole che condensano. Si è raggiunto uno stato di equilibrio dinamico, in cui la velocità di evaporazione è uguale alla velocità di condensazione: Br (l) Br (g) Un vapore in equilibrio in un liquido si chiama vapore saturo. Si chiama tensione di vapore la pressione esercitata dal vapore saturo nelle condizioni di equilibrio sulla superficie del liquido. La tensione di vapore di un liquido, ad una data temperatura, dipende da liquido a liquido e da due fattori: dalla massa molecolare e dalle forze intermolecolari. Ad uguale temperatura, composti che hanno simile composizione chimica e struttura, ma diversa massa molecolare, hanno tensione di vapore diversa. Minore sarà la massa e maggiore sarà il numero di molecole che evaporeranno. Minore è il numero delle forze intermolecolari e più queste sono deboli, maggiore è la tensione di vapore. a) Nell’alcol etilico (CH3-CH2-OH) e nell’acqua sono presenti legami idrogeno, però l’alcol etilico può formare due legami idrogeno, mentre l’acqua quattro; di conseguenza l’acqua, dovendo rompere più legami, impiegherà più tempo ad evaporare: ha quindi un valore minore di tensione di vapore rispetto all’alcol. b) Prendiamo in esame l’alcol etilico e l’etere di etilico (CH3-CH2-O-CH2-CH3) che hanno diverse forze intermolecolari. Nell’etere ci saranno forze dipolo indotto/dipolo indotto, nell’alcol legami idrogeno. Avendo legami intermolecolari molto deboli, avrà maggior tendenza ad evaporare l’etere. Un liquido che ha un alta tendenza ad evaporare si dice volatile. La tensione di vapore di un liquido dipende dalla sua temperatura, cioè aumentando la sua temperatura, aumenta la tensione di vapore. L’aumento della tensione di vapore all’aumentare della temperatura si giustifica in quanto, aumentando la temperatura, aumenta l’energia cinetica delle molecole del liquido e quindi aumenta il numero di molecole che possono rompere i legami intermolecolari. La tensione di vapore aumenta in modo esponenziale con l’aumentare della temperatura. Ebollizione – In un recipiente aperto è presente dell’acqua che è sottoposta all’azione della pressione atmosferica (1 atm). Se all’acqua viene fornito calore, la temperatura aumenta e quando il valore della temperatura raggiunge un dato valore, all’interno dell’acqua si formano delle bollicine di vapore che non riescono a salire verso l’alto perché la loro pressione interna Pi è minore della pressione atmosferica Pa. Continuando a fornire calore (aumentando quindi la temperatura), quando la temperatura raggiunge il valore di 100°C la pressione interna raggiunge il valore della pressione atmosferica. In tal caso le bollicine di vapore che hanno densità minore rispetto a quella del liquido, risalgono in superficie, si espandono e infine si rompono. Il fenomeno si chiama ebollizione. Si chiama temperatura di ebollizione di un liquido, la temperatura alla quale la tensione di vapore del liquido diventa uguale alla pressione atmosferica. La temperatura di ebollizione dipende dalla pressione esterna e dalla tensione di vapore. Variando la pressione esterna, all’aumentare di questa deve essere aumentata la temperatura di ebollizione; se la pressione diminuisce, la temperatura necessaria sarà minore. Se un liquido ha tensione di vapore bassa occorre fornire molto calore per aumentare la tensione di vapore fino al valore della pressione atmosferica e di conseguenza il liquido ha alta temperatura di ebollizione. Viscosità – La viscosità è una grandezza che determina la capacità di scorrimento di un liquido, ovvero il suo attrito interno. Maggiore è la viscosità, minore è la tendenza di un liquido a scorrere: il flusso sarà lento. La viscosità dipende dalle forze esistenti tra le molecole del liquido. L’acqua è più viscosa del benzene perché forma legami idrogeno. Liquidi molto viscosi sono l’acido fosforico e il glicerolo, perché possono formare molti legami idrogeno. La viscosità dei liquidi diminuisce all’aumentare della temperatura per l’indebolimento e la rottura dei legami intermolecolari. La viscosità dell’acqua a 100°C è un sesto di quella che ha a 0°C. Tensione superficiale – Quando una molecola è all’interno di un liquido, essa è circondata da altre molecole, per cui le forze attrattive esercitate dalle molecole che circondano questa molecola sono simmetriche e di conseguenza la risultante è nulla. Quando invece una molecola si trova sulla superficie di un liquido, è circondata parzialmente dalle altre molecole e quindi su di essa agiscono forze attrattive laterali e verso l’interno e quindi la risultante è una forza rivolta verso l’interno. La tensione superficiale di un liquido è la forza con cui le molecole superficiali sono attratte verso l’interno. Responsabile della tensione superficiale sono le forze intermolecolari: più esse sono intense, maggiore è la tensione superficiale del liquido. La tensione superficiale dell’acqua è circa tre volte maggiore di quella degli altri liquidi per la presenza di legami idrogeno. Il mercurio ha tensione superficiale sei volte maggiore di quella dell’acqua per la presenza di forti legami metallici tra gli atomi. La tensione superficiale di un liquido diminuisce con l’aumentare della temperatura. Da tener presente che la tensione superficiale diminuisce anche per la presenza nel liquido di particolari sostanze dette tensioattivi, tra cui vi sono anche i saponi, in quanto, abbassando la tensione superficiale dell’acqua, aumentano la superficie di contatto tra l’acqua e la fibra dei tessuti, oppure tra l’acqua e la superficie della pelle. Capillarità – Immergendo in un liquido un capillare, sii osserva che il liquido tende a disporsi nel capillare ad un livello più alto o più basso rispetto al livello del liquido esterno. Questo fenomeno viene detto capillarità. La superficie libera del liquido nel capillare non è piana ma tende a formare una curva chiamata menisco, che può essere concavo oppure convesso. Responsabile del fenomeno sono le forze di coesione tra le molecole e di adesione con la parete del capillare. a) Quando le forze di adesione sono più intense delle forze di coesione (acqua), il liquido interno al capillare si colloca ad un livello più alto e il menisco è concavo. b) Quando le forze di coesione sono più intense di quelle di adesione (mercurio), il liquido si porta ad un livello più basso e il menisco è convesso. La capillarità ha importanza in alcuni processi biologici come la risalita della linfa grezza, dell’acqua e dei sali minerali lungo il fusto dalle radici alle foglie delle piante, oppure la circolazione del sangue nei capillari. STATO SOLIDO Una sostanza allo stato solido ha delle particelle legate con forze attrattive (legami primari) molto intense. Le particelle non sono libere di muoversi, ma possono compiere al massimo delle oscillazioni, mettendo in atto quindi un moto vibrazionale. I solidi hanno forma propria, volume proprio, sono incomprimibili e hanno elevata rigidità. I solidi si dividono in cristallini, amorfi e cristalli liquidi. SOLIDI CRISTALLINI STRUTTURA In questi solidi le particelle si dispongono in modo ordinato in una struttura geometrica tridimensionale detta reticolo cristallino. Questo è formato dalla sovrapposizione di piani reticolari costituiti da più filari composti da particelle allineate lungo una retta. Le posizioni che occupano le particelle si chiamano nodi. L’unità elementare del reticolo che si dispone nelle tre dimensione dello spazio si chiama cella elementare. I solidi cristallini naturali, chiamati anche minerali, sono formati da un elemento o da un composto. I minerali possono presentarsi isolati o sottoforma di aggregati chiamati rocce. ALLOTROPIA E POLIMORFISMO, ISOMORFISMO Il fenomeno in cui una stessa sostanza (elemento o composto) cristallizza in forme diverse, cioè in reticoli cristallini diversi, si chiama allotropia o polimorfismo se è rispettivamente un elemento o un composto. L’allotropia e il polimorfismo dipendono dalle diverse condizioni ambientali, cioè la temperatura, la pressione, la concentrazione delle soluzioni in cui avviene la cristallizzazione. Esempi di allotropia sono la grafite e il diamante, derivati dalla diversa cristallizzazione del carbonio, lo zolfo rombico e monoclio, il fosforo bianco e rosso; esempi di polimorfismo sono la calcite e l’aragonite, derivate dalla diversa cristallizzazione del carbonato di calcio. L’isomorfismo è il fenomeno per cui due sostanze diverse cristallizzano nella stessa forma, formando lo stesso reticolo cristallino. Questo dipende dalle dimensioni degli ioni. Forme isomorfe sono il silicato di magnesio (Mg2SiO4) e il silicato di ferro (Fe2SiO4) per le stesse dimensioni degli ioni Mg2+ e Fe2+. Il minerale costituito dalla miscela dei due elementi è l’olivina. PROPRIETA’ FISICHE Queste dipendono dagli elementi che costituiscono il solido, dalla natura del legame e dal tipo di elemento. - Temperatura di fusione: temperatura alla quale il solido passa allo stato liquido; questo dipende dal numero e dall’intensità dei legami tra le particelle e dalla pressione: generalmente un aumento di pressione provoca un aumento della temperatura di fusione. Ciò avviene con i solidi che aumentano il loro volume fondendo. Per i solidi che diminuiscono di volume (es. ghiaccio), un aumento di pressione provoca una diminuzione della temperatura di fusione. - Durezza: resistenza che un solido oppone al lasciarsi scalfire da un’altro solido; dipende dall’intensità delle forze di legame; può essere calcolata qualitativamente con riferimento ad una scala (scala di Mohs), costituita da dieci solidi cristallini disposti secondo durezza crescente. Il primo è il talco, il secondo il gesso, il settimo il quarzo, il decimo il diamante. - Sfaldabilità: tendenza di un cristallo a suddividersi in piani preferenziali che corrispondono alle direzioni di minima coesione. Questa comporta la riduzione del solido in lamine (malleabilità) o in fili sottili (duttilità). - Fragilità: tendenza di un cristallo a rompersi secondo piani non paralleli e regolari. - Birifrangenza: proprietà legata al fenomeno della rifrazione e si verifica quando un raggio luminoso attraversando un cristallo si sdoppia in due raggi: uno viene detto ordinario e uno straordinario. Entrambi i raggi sono polarizzati, ovvero vibrano su un unico piano perpendicolare a quello di propagazione della luce. - Fluorescenza: fenomeno che si manifesta quando un solido viene colpito da onde elettromagnetiche ad alta frequenza (es. raggi UV). In tal caso il solido emette luce visibile fino a quando la radiazione incidente non viene interrotta. - Fosforescenza: fenomeno che si manifesta quando il solido colpito da onde elettromagnetiche ad alta frequenza emette luce visibile anche dopo che la radiazione incidente è stata interrotta. - Piezzoelettricità e piroelettricità: sono proprietà di un solido che creano un campo elettrico quando è sottoposto rispettivamente ad alta pressione o ad elevato calore. TIPI DI SOLIDI CRISTALLINI I solidi cristallini si dividono in quattro gruppi a seconda del tipo di legame chimico presente: - Solidi covalenti: sono formati da atomi uniti da un legame covalente che può essere puro oppure polare. Poiché il legame covalente è molto forte, questi solidi hanno elevata temperatura di fusione, elevato valore di durezza e densità. Essi non conducono corrente e sono insolubili in ogni tipo di solvente. Il diamante è costituito da carbonio purissimo. il carbonio nel diamante è ibridato sp3; la sua temperatura di fusione è 3600°C. Nel quarzo ( (SiO2)n ) l’atomo di silicio è ibridato sp3 ed è legato a quattro atomi di ossigeno disposti ai vertici di un tetraedro e ogni atomo di ossigeno è legato a due atomi di silicio; la sua temperatura di fusione è di 1600°C. La grafite è un solido di natura intermedia tra un solido covalente e uno molecolare. In questo composto il carbonio è ibridato sp2 e si legano a costituire molecole esoatomiche ad anello disposte su piani paralleli legate tra di loro da interazioni di Van der Walls. Gli atomi degli anelli sono legati da legami covalenti omopolari e da elettroni delocalizzati. Gli elettroni delocalizzati conferiscono al solido conducibilità, mentre le interazioni di Van der Walls giustificano la malleabilità del solido. - Solidi ionici: sono formati da atomi uniti da legami ionici. Sono costituiti da ioni monoatonici (es. Na+ e Cl-) o da ioni mono e poliatomici (es. Na+ e So42-). I solidi ionici presentano alti punti di fusione, elevata durezza ma alta fragilità. Infatti in seguito a sollecitazioni meccaniche si verifica lo scorrimento di piani reticolari che può portare a contatto ioni di uguale carica, generando forze impulsive che portano alla rottura del cristallo. Non conducono corrente allo stato solido, ma sono conduttori allo stato fuso o in soluzione (elettrolisi). Sono solubili in solventi polari perchè formano legami ione dipolo con il solvente. - Solidi metallici: sono costituiti da atomi (in realtà cationi metallici) immersi in una nube di elettroni delocalizzati, il che giustifica l’elevata conducibilità elettrica. L’energia del legame metallico è diversa da metallo a metallo e quindi la durezza e la temperatura di fusione variano ampiamente. L’elevata malleabilità e duttilità si spiega con lo scorrimento dei piani reticolari che si verifica in seguito a sollecitazioni meccaniche. in questo caso lo scorrimento su piani reticolari non determina la frattura. - Solidi molecolari: sono solidi costituiti da molecole ed hanno bassi punti di fusione, sono teneri (hanno bassa durezza) e le loro soluzioni non conducono corrente elettrica. Questi si distinguono in: a) Solidi apolari: sono formati da molecole apolari tra le quali si stabilisco deboli legami (forze di London). Da ricordare tra questi lo iodio (i2), il ghiaccio secco (Co2 allo stato solido), il fosforo (P4), lo zolfo (S8), la naftalina, l’idrogeno e tutti i gas nobili allo stato solido. Solidi apolari sono solubili in solventi apolari ed hanno spiccata tendenza a sublimare. b) Solidi polari: sono costituiti da molecole polari tra le quali si stabiliscono legami dipolo/dipolo oppure idrogeno. Tra essi distinguiamo il ghiaccio e lo zucchero. Questi solidi sono solubili in solventi polari Esistono solidi costituiti da molecole di grandi dimensioni e si chiamano solidi macromolecolari come le proteine, l’amido e la cellulosa. - Solidi amorfi: é noto che il raffreddamento di un liquido porta alla formazione di un solido; ma quando la velocità di raffreddamento è molto alta, la viscosità aumenta così tanto che le particelle non sono più in grado di muoversi e quindi di collocarsi in una disposizione ordinata, ovvero in un reticolo cristallino. Il liquido non solidifica ma si sottoraffredda. I liquidi sottoraffreddati hanno forma e volume proprio (come i solidi) ma sono costituiti da particelle disposte in modo disordinato (come i liquidi) e quindi sono solidi privi di struttura cristallina. I solidi amorfi o anche vetrosi sono il vetro, la plastica e la gomma; essendo privi di struttura cristallina, se sottoposti a riscaldamento, non hanno un punto di fusione ben definito. - Cristalli liquidi: alcuni solidi possono presentarsi sia sotto forma cristallina che amorfa. Ne è un esempio è la silice (SiO2), che può esistere sottoforma amorfa (vetro) e cristallina (quarzo). Alcuni solidi hanno uno stato intermedio tra stato solido e liquido e si chiamano cristalli liquidi. Quando il solido cristallino fonde, solitamente perde la sua struttura ordinata e si trasforma in liquido. Esistono tuttavia solidi molecolari le cui molecole hanno forma allungata che riscaldandosi non si trasformano direttamente in liquidi, ma passano in uno stato di ordine parziale chiamato mesofase in cui le molecole hanno tutte lo stesso orientamento e la stessa direzione. I passaggi da stato solido, cristallo liquido e liquido sono veri e propri passaggi di stato perchè avvengono a temperature ben definite, cioè per ogni sostanza costituita da molecole con forma allungata esiste una temperatura alla quale riscaldando il solido si ottiene il cristallo liquido; riscaldando il cristallo liquido si ottiene il liquido. Naturalmente raffreddando il liquido ad una data temperatura si ottiene il cristallo liquido e raffreddando quest’ultimo si ottiene il solido. I cristalli liquidi sono dei fluidi come i liquidi e i gas, ma hanno viscosità maggiore di questi. Hanno inoltre alcune proprietà ottiche ed elettriche simili a quelle dei solidi cristallini. Sottoposti d un campo elettrico diffondono la luce: per questo trovano impiego nella realizzazione di display si strumenti elettronici come gli orologi digitali. Altri cristalli liquidi hanno la particolarità di cambiare l’ordinamento delle molecole e il colore al variare della temperatura e possono essere usati come termometri. STATO DI PLASMA Il plasma è uno stato di aggregazione della materia in cui gli atomi hanno subito un processo di “ionizzazione”, ovvero hanno perso i loro elettroni esterni. Il processo di ionizzazione che ha luogo per un aumento di temperatura si chiama ionizzazione termica e si verifica di conseguenza agli urti che avvengono tra le particelle (atomi o molecole). Affinché si verifica la ionizzazione termica, è necessario che l’energia cinetica delle particelle sia maggiore dell’energia di legame esistente tra gli elettroni esterni e i nuclei. Ad atomi diversi corrispondono valori di energia di legame diversi. Per ottenere il plasma di cesio (Cs), occorre una temperatura di 3000°C, mentre per ottenere un plasma di elio (He), occorre riscaldare fino a 20000°C. Lo stato di plasma costituisce le stelle e il gas interstellare. Il processo di ionizzazione che porta allo stato di plasma può verificarsi anche quando la materia è sottoposta all’irraggiamento con una luce molto intensa. Questo tipo si chiama foto-ionizzazione. PASSAGGI DI STATO I passaggi di stato o di fase sono variazioni dello stato di aggregazione di una sostanza. Una sostanza passa da uno stato ad un altro variando la temperatura e la pressione. Il passaggio di stato è accompagnato da scambi di energia tra sistema e ambiente. Il passaggio che porta ad un maggiore disordine delle particelle comporta assorbimento di energia, mentre il passaggio che porta ad un maggiore ordine richiede liberazione di energia. Passaggi di stato che avvengono con assorbimento di energia sono processi endotermici. Essi sono il passaggio solido/liquido (fusione), liquido/vapore (vaporizzazione, distinta in evaporazione ed ebollizione), solido/vapore (sublimazione). I cambiamenti di stato con liberazione di energia sono processi esotermici. Essi sono il passaggio vapore/liquido (condensazione), liquido/solido (solidificazione), vapore/solido (sublimazione). Passaggio solido/liquido e liquido/vapore Riscaldando un solido l’energia termica fornita si trasforma in energia cinetica delle particelle. In tal caso aumentano le oscillazioni delle particelle e anche la temperatura. Quando l’energia cinetica diventa uguale all’energia di legame, si rompono i legami e le particelle possono quindi muoversi e formano nuovi legami con altre particelle. Il solido diventa liquido. Questo passaggio di stato si chiama fusione. La temperatura alla quale si verifica il passaggio di stato si chiama temperatura di fusione. Durante la fusione il calore fornito non è utilizzato per aumentare la temperatura e il solido ma è utilizzato per rompere i legami. Questo calore si chiama calore latente di fusione. La quantità di calore necessaria per fondere una mole di solido al punto di fusione si chiama calore molare di fusione (espresso in Kg/mol). Durante la fusione si determina una sosta che si chiama sosta termica caratterizzata dalla coesistenza tra solido e liquido. La fusione è solitamente accompagnata da un aumento di volume poichè i solidi hanno minor densità dei liquidi. Solo l’acqua ha densità maggiore del ghiaccio perchè nello stato liquido le molecole sono strettamente legate da legami idrogeno. Quando solidifica le molecole sono sempre legate da legami idrogeno ma assumono una struttura più aperta e quindi meno densa. Quando tutto il solido si è trasformato in liquido il calore fornito continua a far aumentare la temperatura del liquido, ovvero l’energia cinetica delle particelle. Quando l’energia cinetica diventa uguale all’energia di legame delle particelle i legami chimici si rompono e le particelle si allontanano dal liquido. Il liquido si trasforma in vapore. Il passaggio da liquido a vapore si chiama vaporizzazione. La vaporizzazione può avvenire ad una qualunque temperatura ed interessa solo le particelle superficiali (evaporazione), oppure può avvenire ad una data temperatura interessando tutte le particelle (ebollizione). Naturalmente solo l’ebollizione è un passaggio di stato perchè avviene ad una data temperatura che si chiama temperatura o punto di ebollizione. Il calore fornito durante l’ebollizione non è utilizzato per aumentare la temperatura del liquido ma è utilizzato per rompere i legami chimici e si chiama calore latente di vaporizzazione. Il calore assorbito da una mole di liquido al punto di ebollizione si chiama calore molare di vaporizzazione. Riportando in un grafico i valori crescenti di temperatura sull’asse delle ordinate per una sostanza che allo stato solido è sottoposta a riscaldamento e i valori del tempo sull’asse delle ascisse per i passaggi di stato, si costruiscono le curve di riscaldamento. (grafico) Passaggio vapore/liquido e liquido/solido Raffreddando un vapore, l’energia cinetica delle particelle diminuisce. Se queste si muovono più lentamente, tra di esse si possono stabilire dei legami. Il vapore diventa liquido. Il passaggio di stato da vapore a liquido si chiama condensazione. La temperatura alla quale si verifica questo passaggio di stato si chiama temperatura o punto di condensazione ed è identica al punto di ebollizione. Durante la condensazione, la temperatura rimane costante perchè il calore sottratto viene compensato dal calore che si sviluppa per la formazione di legami tra le particelle (calore latente di condensazione). Quando tutto il vapore si è trasformato in liquido, se si continua a raffreddare, l’energia cinetica delle particelle diminuisce per cui si formano forze attrattive molto intense che impediscono alle particelle di spostarsi. Il liquido diventa solido. Questo passaggio di stato prende il nome di solidificazione. La temperatura alla quale si verifica questo passaggio di stato si chiama temperatura o punto di solidificazione ed è identica a quella di fusione. Durante la solidificazione la temperatura rimane costante perchè il calore sottratto viene compensato dal calore che si sviluppa per la formazione dei legami tra le particelle. Questo calore si chiama calore latente di solidificazione e naturalmente coincide con quello di fusione. Riportando in un grafico i valori decrescenti di temperatura di una sostanza allo stato di vapore sull’asse delle ordinate e i valori del tempo occorrenti per i passaggi di stato sull’asse delle ascisse, si costruiscono le curve di raffreddamento. (grafico) Passaggio solido/vapore e vapore/solido Alcuni solidi molecolari generalmente apolari (es. iodio, ghiaccio secco), se sottoposti a riscaldamento, non si trasformano in liquidi ma passano direttamente allo stato di vapore. Il passaggio diretto da solido a vapore si chiama sublimazione. Il passaggio inverso prende lo stesso nome. Nel caso dell’acqua prende anche nome di brinamento. In alcuni solidi (es. naftalina C10H8, canfora) la sublimazione avviene anche a temperatura ambiente. La sublimazione dipende anche dalla pressione. Il ghiaccio che a pressione ordinaria non sublima, può farlo a pressione ridotta. La sublimazione del ghiaccio è utilizzata nell’industria farmaceutica ed alimentare per preparare medicinali e alimenti (es. latte e caffé liofilizzati). Diagrammi di stato o di fase Lo stato fisico di una sostanza può cambiare se si modificano le condizioni di temperatura o pressione. Esistono però alcune condizioni in cui la sostanza può presentarsi contemporaneamente in due o tre stati fisici in equilibrio dinamico tra di loro. per rappresentare i valori di temperatura e pressione a cui sono possibili questi equilibri si utilizzano i diagrammi di stato o di fase. Riportando i valori della temperatura nell’asse delle ascisse e della pressione in quella delle ordinate, si costruiscono tre curve costituite da un insieme di punti, ognuno caratterizzato da una coppia di valori temperatura/pressione in cui coesistono due stati fisici. Le curve, delimitate dai punti A, B, C, D, prendono il nome di sublimazione (tratto A-B) in cui coesistono solido e vapore, fusione/solidificazione (tratto A-C), vaporizzazione/condensazione (tratto A-D). Le tre curve si incontrano in un punto (A) che corrisponde a dei valori di temperatura e pressione in cui per una sostanza coesistono tre stati fisici. Questo punto è chiamato punto triplo. Sulla curva condensazione/vaporizzazione (tratto A-D) si trova anche il punto critico che è individuato dalla pressione critica e dalla temperatura critica. Al di sopra della temperatura critica un gas non può essere liquefatto per semplice compressione. Una sostanza mantenuta al di sopra della temperatura critica si può chiamare anche fluido super critico. La linea dell’equilibrio solido/vapore (tratto A-B) e quella liquido/vapore (tratto A-D) hanno sempre pendenza positiva, cioè ad un valore di pressione maggiore corrisponde un’ebollizione maggiore e questo avviene per tutte le sostanze. La linea di equilibrio liquido/solido (tratto A-C) ha tendenza positiva per la maggior parte delle sostanza, ma ha pendenza negativa per quelle sostanze come l’acqua il cui volume diminuisce nel passaggio da solido a liquido. Nel diagramma di fase dell’acqua il tratto A-C ha infatti inclinazione opposta. Questo avviene perchè un aumento di pressione non determina un aumento del punto di fusione ma determina una diminuzione della temperatura di fusione. Alla pressione di 1 atm, la temperatura di fusione dell’acqua è 0°C. Se la pressione aumenta, la temperatura di fusione diminuisce.