Carissimi Salesiani Cooperatori, Aspiranti e Simpatizzanti del Centro Savio-Me, invoco lo Spirito Santo, Spirito di Sapienza, perché mi doni lo sguardo e l’udito interiore e ispiri le parole di questa lettera che, come Coordinatore, rivolgo a Voi in occasione dell’inizio della Quaresima. La Quaresima è quel tempo liturgico durante il quale ognuno di noi si dispone, attraverso un cammino di conversione e purificazione, a vivere in pienezza il mistero della risurrezione di Cristo nella sua memoria annuale. In particolare voglio sottolineare “il duplice carattere del tempo quaresimale che, soprattutto mediante il ricordo o la preparazione del battesimo e mediante la penitenza, dispone i fedeli alla celebrazione del mistero pasquale con l’ascolto più frequente della parola di Dio e con più intensa preghiera” (cfr. Sacrosanctum Concilium 109). In questo inizio di anno e di mandato come Vostro Coordinatore ho avuto modo di toccare con mano la nostra fragilità umana che ci fa distogliere lo sguardo dal volto di Cristo. Gli scontri e le incomprensioni, se esasperati, sono un mancato incontro e creano una tempesta attorno a noi. Spaventati, iniziamo ad affondare come Pietro (cfr. Mt 14,22-33). Invito, quindi, tutti noi a guardare oltre le onde che ci sovrastano e afferrare con mano forte e salda la mano che Cristo ci tende e la mano del nostro fratello accanto. La parola di Dio e la preghiera siano Vostre compagne in questi giorni di deserto, possano darvi la forza per andare oltre e superare le tentazioni che ci portano lontano da Dio, lontano dalla sua eredità. San Paolo ce le indica chiaramente queste tentazioni, frutto della carne, da cui fuggire: “fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere”. La Quaresima sia il tempo in cui possiamo imparare i frutti dello Spirito: “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (cfr. Gal 5,19-23). Figli di don Bosco e fratelli e sorelle in Cristo, in comunione, siamo chiamati ad essere Testimoni di Dio. In un tempo controverso come il nostro, guardando anche alle nostre vite spesso piene di ostacoli e di salite e alle vite dei nostri fratelli e sorelle, Vi invito a soffermarvi su tre immagini: - la croce: Dio irrompe nella storia. Nasce da una donna di umili origini, povera, poteva scegliere una regina, poteva scegliere di apparire e basta e invece sceglie Maria, ultima tra gli ultimi. Dio nasce in una mangiatoia, umile giaciglio per Dio, nasce ultimo tra gli ultimi. Gli angeli annunciano la buona notizia ai pastori, ultimi tra gli ultimi nella società del tempo. Gesù annuncia il Regno di Dio a prostitute, pubblicani, peccatori, lebbrosi, infermi, agli ultimi di Galilea. Infine Dio muore in croce, morte riservata ai peggiori delinquenti e infatti muore insieme a due ladroni. Dio è affine a noi e fa sue tutte le nostre sofferenze. Dio è il servo sofferente di Isaia. La croce, “scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani” (cfr. 1Cor 1,23-24), è il fallimento di Dio. - la spina: “Per questo, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia” (cfr. 2Cor 12,7-10). La spina è una sofferenza che Paolo porta nella sua carne che si può identificare o con una malattia o con la persecuzione o con l’ostilità degli avversari. - il pergolato: Don Bosco racconta ai salesiani un sogno in cui si trova a camminare all’interno di un pergolato di rose. Nonostante le spine che si trafiggono nella carne don Bosco va avanti incoraggiato dalla Vergine Maria. Tanti vanno dietro di lui, alcuni si sentono ingannati e tornano indietro – penso al giovane ricco che pur di non lasciare i suoi avere va via triste da Gesù – altri restano con lui e godono della bellezza della meta. Se vogliamo essere trasparenza di Cristo, come ci invita don Lillo La Piana nella Lettera Pastorale dello scorso anno, e se vogliamo incontrare e comunicare Cristo ai giovani, come ci invita il Rettor Maggiore nella Strenna di quest’anno, dobbiamo vivere la sequela di Cristo con la nostra croce sulle spalle e le nostre spine nella carne, qualunque sia il loro peso e il dolore che ci arrecano. Pensare di vivere una vita perfetta è solo un’illusione, solo un alimentare il nostro ego, il nostro falso sé. Del resto la vita, che pensiamo perfetta, è un’illusione. Vi invito, ad esempio, a riflettere sul nostro stile di vita che non possiamo chiamare perfetto. È uno stile di vita che permette al 20% della popolazione mondiale di accedere all’80% delle risorse e al restante 80% di accedere solo al 20%, briciole. È uno stile di vita che ammala e affama milioni di bambini. È uno stile di vita che produce guerre e pandemie. Pensare di esportarlo è solo una bugia. Se tutti gli uomini avessero il nostro stesso stile di vita avremmo bisogno di almeno 3-4 pianeti Terra. Forse dovremmo interrogarci un po’ tutti sulla nostra vita e sul nostro stile di vita, su cosa è giusto e su cosa non lo è. Cosa possiamo fare noi? Cristo ce lo indica così chiaramente. “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto a me” (cfr. Mt 25). Sulla base di queste riflessioni Vi invito a riflettere sulla nostra vocazione. La promessa non è tutto, è solo un punto di partenza. Il cenacolo, il luogo dove gli apostoli si trovano tutti insieme, non è una dimora stabile, ma una base di lancio. Dal centro, dall’oratorio, bisogna partire, aprire le porte come diceva don Tonino Bello e scendere nel mondo e come don Bosco andare lì dove stanno i giovani. È anche l’invito che don Lillo La Piana ci fa con la Lettera Pastorale di quest’anno. Maria deve essere il nostro modello, è stata la prima a vivere l’esperienza dell’esodo e a mettersi in viaggio. Ma per fare questo, per comunicare il Regno, è necessario convertirsi. “Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino” (cfr. Mt 3,2). Non dovrebbe sorprenderci questo invito a lasciar finire i mondi privati dei nostri attaccamenti emotivi, delle nostre idee preconcette, dei nostri valori preconfezionati e delle nostre certezze. Gesù non ci chiama a convertirci una sola volta; il suo è un invito ricorrente. Come ad Abramo anche a noi Gesù chiede di lasciare terra, famiglia, cultura, gruppo di appartenenza, educazione religiosa, tutto ciò a cui corriamo il pericolo di aggrapparci per stabilire una nostra identità o per evitare di sentirci soli. Solo così possiamo iniziare a gioire del Regno che è già adesso. Sorrido quando vedo cristiani ergersi a baluardo del crocifisso nelle aule delle scuole e mi rattristo quando quegli stessi cristiani restano indifferenti di fronte alle migliaia di crocifissi che muoiono ogni anno nel tentativo di attraversare il Mar Mediterraneo alla ricerca di un mondo migliore. È più facile mantenere le proprie etichette che cambiare dentro e vivere il Regno dei cieli adesso. don Tonino Bello scrive: “Avete ascoltato bene: “contemplattivi”, con la consonante raddoppiata. Si, perché l’urto del contatto esperienziale con Gesù provocherà, prima o poi, uno squarcio nella vostra vita, e la colata di grazia, fuoriuscendo con prepotenza da questa diga, allagherà necessariamente le fiancate della storia, anzi della cronaca. Preghiera e azione, cioè, si coniugheranno a tal punto che tutta la vostra vita sarà la dimostrazione vivente di come amare Dio non significa diffidare del mondo. Tutt’altro. Vi invito a essere dei testimoni nel mondo, ma mi sembra perfino superfluo ribadire che il silenzio, la meditazione, la sosta prolungata davanti al tabernacolo, un po’ di deserto, la preghiera liturgica… assicureranno al vostro impegno spessore di autenticità e imprimeranno su tutti i vostri gesti ecclesiali un marchio di origine controllata che garantirà contro ogni sofisticazione”. Buona Quaresima e Buona Vita!!! Vostro fratello in don Bosco Guido Messina, Mercoledì delle Ceneri, 17 febbraio 2010