UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA PRESIDENTE PROF. AUGUSTO PANÀ MODELLI OPERATIVI E FUNZIONALI DEL TEAM NURSING IN CARDIOLOGIA RIABILITATIVA Relatori: Studente: Dott. Gennaro Scialò Perfili Cesare Dott. Danilo Spaziani Anno Accademico 2004/2005 Indice Ringraziamenti Introduzione……………………………………………………………….. Pag Capitolo primo La riabilitazione cardiologica………………………………………………. Pag 1.1 Cenni storici………………………………………………………………………… 1.2 Definizione e obiettivi……………………………………………………………… 1.3 Indicazioni………………………………………………………………………….. 1.4 Dimensione dell’ utenza……………………………………………………………. Pag Pag Pag Pag Capitolo secondo Nursing in cardiologia riabilitativa…………………………………………. Pag 2.1 Organizzazione del team infermieristico…………………………………………… 2.2 Ruolo dell’ infermiere………………………………………………………………. Pag Pag Capitolo terzo Programmi in riabilitazione………………………………………………… Pag 3.1 Le fasi riabilitative…………………………………………………………………. 3.2. La compliance del paziente………………………………………………………... Pag Pag Capitolo quarto Metodi………………………………………………………………………. Pag 1 7 8 11 18 29 32 33 37 42 47 50 Pag Pag Pag Pag Pag Pag Pag 47 52 53 57 59 65 68 73 Capitolo Quinto Prospettive future…………………………………………………………… Pag 78 Conclusioni…………………………………………………………………. Pag 80 4.1 Il treining fisico……………………………………………………………………… 4.1.1 Training fisico autogestito………………………………………………………. 4.1.2 Prescrizione dell’esercizio………………………………………………………. 4.1.3 Mobilizzazione precoce…………………………………………………………. 4.1.4 Ginnastica calistenica…………………………………………………………… 4.1.5 Ginnastica respiratoria…………………………………………………………... 4.2 Il training psicocomportamentale…………………………………………………… Bibliografia e sitografia Ringraziamenti Ai professori Spaziani e Scialò, al dott. Calcopietro, alla direttrice Lilla, al personale di facoltà, agli infermieri ed ai compagni di corso, nonché ai miei genitori. Grazie a Tutti Introduzione L’evoluzione della cardiologia riabilitativa negli ultimi trent’anni riflette le variazioni delle caratteristiche demografiche e cliniche della popolazione affetta da malattie cardiovascolari, così come i progressi ottenuti nelle strategie di intervento terapeutico. Inizialmente, la maggior parte degli utenti che venivano arruolati a programmi di trainig fisico erano i sopravvissuti ad un infarto miocardico acuto non complicato: successivamente, anche soggetti con pregresso infarto complicato venivano considerati per programmi riabilitativi seppure più limitati e graduali. Attualmente, molti soggetti che sono stati sottoposti a recente intervento cardiochirurgico (non soltanto di rivascolarizzazione miocardica), ad angioplastica coronarica o ad altre procedure vengono avviati a riabilitazione. 1 Con il progressivo avanzare dell’età media della popolazione, un sempre più consistente numero di pazienti anziani, molti dei quali con malattia coronarica severa e complicata (per ischemia miocardica residua, scompenso cardiaco, aritmie gravi, presenza di pacemaker) è adesso avviato o necessita di riabilitazione cardiologica specifica. Qualunque programma di trainig fisico deve essere associato ad interventi di educazione alla salute, counselling e di supporto psicocomportamentale che consentano una significativa riduzione del rischio coronarico e la stabilità clinica nel tempo. La cardiologia riabilitativa ha lo scopo di correggere o limitare le reazioni avverse di tipo fisiopatologico e le conseguenze emozionali dopo un evento coronarico o cardiovascolare di altro tipo. 2 La corretta identificazione del rischio (stratificazione prognostica) è la premessa fondamentale per un’adeguata strategia terapeutica di tipo medico o chirurgico, prima di qualunque piano riabilitativo: essa si basa sulla valutazione funzionale con l’obiettivo di raccogliere tutte le informazioni utili per caratterizzare il rischio dell’utente (valutazione dell’ischemia miocardica residua, grado di disfunzione ventricolare sinistra, aritmie). I soggetti con basso profilo di rischio od a rischio moderato possono essere avviati precocemente ai programmi di riabilitazione e di trainig fisico. I principali obiettivi dell’intervento riabilitativo sono quelli di controllare i sintomi propri della malattia (stabilità clinica) a lungo termine, ridurre il rischio di futuri eventi coronarici, di ottimizzare la performance muscolo-scheletrica e di migliorare la capacità funzionale: a tal proposito rivestono una significativa importanza fattori 3 psicosociali e psicocomportamentali sia nella fase valutativa, che in quella riabilitativa. La riabilitazione cardiologica ha pertanto obiettivi multipli che si raggiungono attraverso interventi multifattoriali o multidisciplinari che prevedono la partecipazione di varie figure professionali: il cardiologo, infermiere, fisioterapista, psicologo, dietista, ecc. Il periodo riabilitativo di tipo estensivo comprende attività diverse ma integrate tra loro, considerando che gli aspetti fisico-psicologici convergono tutti a favorire un ritorno ottimale del paziente alle normali attività quotidiane. Le sedute di allenamento, con frequenza bisettimanale, hanno generalmente la durata di circa un'ora, prevedendo un periodo di riscaldamento, esercizio muscolare prevalentemente di tipo aerobico, ginnastica respiratoria e un periodo di raffreddamento. 4 L'aspetto psicologico è affrontato nei programmi riabilitativi in considerazione dell’impatto negativo che le malattie cardiache hanno sull'equilibrio emotivo in termini di insicurezza, ansie e perdita di fiducia, derivanti dalla consapevolezza di essere invalidati dai pessimistici potenziali risvolti prognostici di tali patologie, offrendo pertanto un concreto ostacolo al pieno recupero della normale vita lavorativa e di relazione. Solitamente vengono programmati incontri singoli o di gruppo con lo psicologo, il quale spesso opera con la collaborazione dei familiari dell’utente, con obiettivo finale di restituire la sicurezza necessaria, attraverso il recupero dell’efficienza fisica e di responsabilizzare l’utente sui limiti e potenzialità della sua malattia. Un ulteriore aspetto di non secondaria importanza riguarda l'educazione sanitaria svolta nelle strutture riabilitative ove vengono affrontati i temi riguardanti i fattori di rischio cardiovascolare come il fumo di sigarette, l'alimentazione, la sedentarietà e il 5 loro ruolo nella prevenzione secondaria delle malattie cardiache in modo da condurre il paziente a stili di vita che comportino minori rischi per la propria salute. Inoltre grande importanza riveste l'informazione sanitaria in termini di conoscenza dei sintomi cardiologici, dei farmaci di comune utilizzo e dei loro possibili effetti collaterali più frequenti. Quest'ultimo aspetto della riabilitazione cardiologica di tipo estensivo coinvolge direttamente anche i familiari dei pazienti che devono rivestire un ruolo importante nel monitoraggio della situazione clinica e nell'intraprendere eventuali provvedimenti sanitari anche di primo soccorso. In conclusione, la riabilitazione cardiologica estensiva è ormai diventata disciplina medica attraverso la quale raggiungere importanti risultati nel miglioramento della qualità di vita dei pazienti cardiopatici e della loro prognosi. 6 Capitolo Primo La Riabilitazione Cardiologica Il concetto di riabilitazione contempla non solo il recupero fisico ma anche quello psicologico e sociale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1969 ha definito la riabilitazione cardiologica come “la somma degli interventi richiesti per garantire le migliori condizioni fisiche, psicologiche e sociali in modo che i pazienti con cardiopatia cronica o post-acuta possano conservare o riprendere il proprio ruolo nella società”. La RC è una branca della riabilitazione che si è diffusa soltanto negli ultimi 20 anni, benchè le malattie cardiovascolari siano le principali cause di morte in tutto il mondo e le future previsioni sui tassi di mortalità e morbilità non siano ottimistiche, mancando adeguate campagne di informazione e prevenzione. L’approccio terapeutico è multidisciplinare, centrato sulla persona e non più sulla malattia e coinvolge molte figure professionali: il cardiologo, il fisiatra, il fisioterapista, l’infermiere, il rianimatore, il dietologo, lo psicologo ed altri specialisti a cui ricorrere per consulenze di casi clinici particolari, come l’ortopedico o il pneumologo. 7 1.1 Cenni Storici Asclepiade già nel 174 a.C. prescriveva esercizi per le malattie della circolazione. Osler nel 1914 scrisse un libro “ Principi e pratica della Medicina”, in cui affermava che "l'elemento più importante ai fini riabilitativi è l'esercizio fisico graduato non in piano ma in salita con diversi gradi di pendenza”. “La distanza percorsa ogni giorno viene registrata e gradualmente incrementata. In tal modo il cuore viene esercitato e rinforzato in maniera sistematica”. Nella prima parte di questo secolo, imperava categoricamente la cura dello stretto riposo a letto e solo nel 1944 Harrison richiamava l'attenzione sull'abuso di tale procedura. Master e Dock nel 1940 avevano introdotto il concetto di riabilitazione dopo occlusione coronarica acuta e Levine e Lown raccomandavano nel 1951 una più precoce mobilizzazione dopo tale evento. Nel 1957 White e Coll pubblicarono un volume intitolato "Riabilitazione del cardiopatico", mentre Cain e Coll descrivevano nel 1961 i primi programmi di attività fisica controllata dopo infarto miocardico. Lo sviluppo storico di una riabilitazione omnicomprensiva si deve invece alle iniziative del Council della Federazione Internazionale di Cardiologia e dell'Ufficio 8 Europeo della Organizzazione Mondiale della Sanità, che negli anni '70 organizzarono in Europa numerosi meetings nel corso dei quali si delinearono le raccomandazioni per la valutazione e la riabilitazione dei pazienti colpiti da infarto del miocardio. Venne successivamente organizzata una ricerca controllata a livello europeo per valutare gli effetti di tale politica. A quell'epoca risalgono i primi tentativi di riabilitazione in Italia da parte del gruppo di Rulli a Roma. Così sorsero i primi centri italiani. Nel 1978 fu deciso di costituire il Gruppo Italiano di Valutazione Funzionale e Riabilitazione del Cardiopatico (GIVFRC) che in tutti questi anni ha svolto un’efficace opera di diffusione della metodica su tutto il territorio nazionale. Grazie a tale opera i Centri sono diventati sempre più numerosi. Nel 1984 venne fondato da Vincenzo Ceci il Giornale di Riabilitazione. Grazie alla Riabilitazione si è stabilito un nuovo approccio nella gestione dei pazienti con infarto del miocardio che ha condotto ad un’ottimizzazione dei protocolli cardiologici, riduzione della degenza ospedaliera in fase acuta, stratificazione più precoce, migliore impatto psicologico nei confronti della malattia da parte dei pazienti e dei familiari. 9 Negli anni successivi sono stati estesi i criteri di riabilitazione grazie all’identificazione di nuovi utenti (affetti da altre malattie cardiovascolari). Da un lato la riabilitazione è diventata un intervento più omnicomprensivo per cui oltre al training fisico sono state incluse nei programmi misure contemporanee o consecutive dirette a valutare ed eventualmente a correggere gli aspetti comportamentali, sociali ed occupazionali dei pazienti, ivi compresi gli interventi di prevenzione secondaria. Pertanto il fine della riabilitazione all’inizio del XXI secolo sarà anche quello di ridurre il rischio di sviluppare successivi eventi coronarici dopo l'attacco acuto. In definitiva, in accordo con le linee guida del Gruppo Europeo, la riabilitazione definisce la cura a lungo termine dei cardiopatici. Infatti, nel caso in cui non si possa migliorare lo stato fisico, psicologico degli utenti per limitata compliance, sarà sicuramente possibile ottenere un soddisfacente grado di qualità di vita, che a volte può rappresentare una valida alternativa alla terapia. Anche gli utenti sono diventati più numerosi. Infatti se negli anni '70 la riabilitazione aveva come scopo principale il recupero degli infartuati più giovani per favorire il ritorno al lavoro, oggi vengono inclusi nei programmi riabilitativi anche i soggetti affetti da ischemia, aritmie, quelli con 10 disfunzione ventricolare, gli operati di by-pass aortocoronarico, quelli sottoposti ad angioplastica coronarica ed a trapianto cardiaco. 1.2 Definizione ed Obiettivi La riabilitazione cardiologia è tradizionalmente definita come “la somma di attività richieste per garantire le migliori condizioni fisiche, emotive e sociali in modo che i pazienti possano con i propri sforzi riassumere un ruolo il più normale possibile nella vita della comunità”. Questa definizione è ancora valida, anche se tuttavia è limitata ad un intervento in pazienti dopo un evento acuto. Attualmente, il concetto di riabilitazione per pazienti cardiopatici sta subendo una rapida trasformazione in rapporto a nuove strategie d’intervento che si sono realizzate negli ultimi anni e che descriveremo qui di seguito. L'uso diffuso della trombolisi e di altri trattamenti raccomandati nelle sindromi coronariche acute, associata all' incremento della rivascolarizzazione miocardica in soggetti affetti da cardiopatia ischemica acuta e cronica, ha portato ad una significativa riduzione della mortalità (e di conseguenza ad un aumento delle problematiche mediche) in queste importanti aree di salute pubblica. 11 Sebbene l' incidenza di cardiopatia ischemica sia in calo in alcuni paesi, l' aumentata sopravvivenza dopo eventi acuti, associata ad una sostanziale crescita dell'aspettativa di vita media nel mondo occidentale, sta conducendo ad un aumento della prevalenza della malattia. L’ evidenza che la progressione della malattia aterosclerotica coronarica è variabile e che l' insorgenza di eventi clinici improvvisi è spesso inaspettata ha rafforzato la convinzione che la prevenzione è l' approccio più realistico ed efficace. I pazienti che richiedono particolare attenzione sono i più anziani, quelli con aterosclerosi multidistrettuale e disfunzione ventricolare, a più alta probabilità di sviluppare eventi cardiovascolari e quelli con maggior numero di fattori di rischio per progressione della coronaropatia. Lo scompenso cardiaco, visto fino a pochi anni fa come lo stadio terminale di molte patologie cardiache progressive è adesso esaminato sotto una differente prospettiva per molte diverse ragioni: la prima riguarda una più profonda analisi fisiopatologica del problema, dimostrando che la progressione è almeno parzialmente evitabile controllando una serie di circoli viziosi che sono scatenati dal deficit di pompa, ma che esitano in un ulteriore peggioramento della funzione cardiaca stessa; il secondo fattore è ovviamente il trapianto cardiaco, che permette ai pazienti di continuare a 12 vivere e richiede da un lato un attento esame del crescente numero di potenziali candidati al trapianto, dall'altro delle strategie terapeutiche che permettano di mantenere, a volte per anni, condizioni cliniche accettabili mentre i pazienti attendono il trapianto. Ultimo ed importantissimo fattore è rappresentato dal fatto che le cause della maggior parte delle malattie cardiovascolari sono ancora in larga parte sconosciute (per esempio coronaropatie, cardiomiopatie, ipertensione arteriosa essenziale), rendendo impossibile una terapia eziologica e quindi la guarigione. Queste malattie hanno un decorso cronico, di solito di lunga durata, con improvvisi episodi di riacutizzazione potenzialmente letali (infarto acuto, instabilità dell'angina con necessità di rivascolarizzazione, ingravescenza dello scompenso, ecc.) che solo una efficace strategia a lungo termine può prevenire e controllare adeguatamente. Per questo insieme di ragioni credo che le strutture cardiologiche, così fortemente orientate all'intervento in acuto ed a strategie a breve termine dovranno riorganizzarsi sul piano culturale ed operativo per affrontare in modo più efficace e continuativo le problematiche del paziente cronico. L'opportunità di una strategia fondata sulla continuità osservazionale ed assistenziale è la logica conseguenza quindi, da una parte, della incertezza della nostra capacità 13 predittiva e, dall'altra, della convinzione che sia l' unico mezzo a nostra disposizione per controllare l'evoluzione della malattia e prevenire le instabilizzazioni soprattutto negli ammalati a più alto rischio, con evidenti effetti favorevoli sui costi sanitari. Un'attività cardiologica così orientata definisce la cardiologia riabilitativa degli anni futuri. In linea con questi concetti, il Working Group on Cardiac Rehabilitation della Società Europea di Cardiologia e le recenti linee-guida ANMCO-SIC-GIVFRC hanno modificato la definizione di riabilitazione citata in precedenza. Quella definizione in primo luogo identifica il soggetto della riabilitazione nell’utente con cardiopatia post-acuta o cronica, ed in secondo luogo definisce l'obiettivo dell'intervento, ossia riassumere e conservare una condizione la più vicina possibile allo “stato di salute”, prevenendo effettivamente la progressione della malattia, promuovendo quindi la riduzione degli eventi cardiovascolari (prevenzione secondaria), favorendo contemporaneamente il processo di recupero. La riabilitazione cardiovascolare (RCV), combinando la prescrizione dell'attività fisica con la modificazione del profilo di rischio dei pazienti, ha come fine ultimo quello di favorire la stabilità clinica, di ridurre il rischio di successivi eventi vascolari e le disabilità conseguenti alla cardiopatia. 14 Gli obiettivi della RCV sono quindi di ridurre i sintomi legati alla malattia, di migliorare la capacità funzionale, ridurre la disabilità, favorire il reinserimento lavorativo, in altri termini migliorare la qualità di vita, ma anche definire e ridurre il rischio di nuovi eventi cardiovascolari. Questi obiettivi si realizzano mediante un globale approccio diagnostico-valutativo e di trattamento, di cui l'esercizio fisico costituisce solo una componente. La complessità e l'intensità di tale approccio devono essere commisurate alle caratteristiche cliniche dei pazienti. I pazienti complicati e ad alto rischio dovrebbero pertanto essere indirizzati alle strutture riabilitative degenziali a più alto livello diagnostico ed organizzativo. I pazienti a medio o basso rischio possono essere efficacemente gestiti presso strutture riabilitative di livello organizzativo intermedio o ambulatoriale. I programmi riabilitativi si basano sui seguenti punti: 1. Stima del rischio cardiovascolare globale mediante valutazione clinica ed indagini strumentali anche complesse; 2. Identificazione di obiettivi specifici per ciascun fattore che influenza il rischio; 3. Formulazione di un piano di trattamento individuale che includa: 15 a) Interventi terapeutici finalizzati a realizzare specifici obiettivi di riduzione di rischio; b) Cambiamento dello stile di vita (abolizione del fumo, dieta appropriata, controllo del peso corporeo, dello stato d'ansia e della depressione) da ottenere soprattutto mediante programmi educazionali strutturati; c) Prescrizione dell'attività fisica; 4.) Intervento di mantenimento a lungo termine per ciascun paziente, allo scopo di consolidare i risultati ottenuti, valutando nel tempo l' opportunità di modificare il trattamento. E’ documentato che la RCV ritarda la progressione della malattia, riduce la mortalità, morbilità e la frequenza di riospedalizzazioni, previene il deterioramento clinico e la progressione delle disabilità conseguenti alla malattia, migliora allo stesso tempo sensibilmente la qualità di vita dei cardiopatici ed i costi sociali della malattia. È necessario, tuttavia, che molteplici competenze professionali siano coinvolte nella realizzazione dei programmi riabilitativi: cardiologo, infermiere, terapista della riabilitazione, psicologo, dietologo ed altre figure pertinenti. 16 A questo proposito il Comitato degli Esperti dell' OMS 1 ha fornito nel l993 le seguenti raccomandazioni: 1. La RCV deve costituire parte integrante del trattamento a lungo termine di tutti i cardiopatici; 2. Il programma riabilitativo deve essere elaborato e condotto da personale competente e dedicato, capace non solo di prescrivere esercizi fisici appropriati, ma anche di promuovere educazione sanitaria e garantire supporti sociali ed attitudinali; 3. Deve essere sollecitato il coinvolgimento anche dei familiari dei pazienti; 4. I programmi riabilitativi devono essere inseriti nel contesto del sistema sanitario vigente, attuati all'interno di dipartimenti ospedalieri o in centri di riabilitazione specifici, con la responsabilità di personale medico dedicato; 5. Il programma di RCV deve essere delegato a figure professionali mediche e parasanitarie esperte; 6. I programmi devono prevedere un controllo per la valutazione della loro efficacia. 1 Organizzazione Mondiale della Sanità 17 Indicazioni La RCV costituisce una componente essenziale in un moderno programma assistenziale per tutti i cardiopatici. Non vi sono controindicazioni all'intervento riabilitativo nella sua globalità: le limitazioni devono essere riferite al solo training fisico, non alle altre componenti del programma riabilitativo, in dei casi particolari. Tutti i pazienti con patologia cardiaca nota dovrebbero essere coinvolti in un programma di riabilitazione al momento dell'evento acuto o quando la cardiopatia si rende nota: in particolare i pazienti con cardiopatia ischemica che presentino molteplici fattori di rischio modificabili, pazienti con ridotta o inadeguata tolleranza allo sforzo per le necessità della vita quotidiana e professionale, pazienti con angina o ischemia da sforzo che non necessitano di rivascolarizzazione miocardica, pazienti con infarto miocardico, pazienti che hanno subito una rivascolarizzazione mediante CABG o PTCA2, pazienti dopo chirurgia valvolare o con patologia valvolare cronica, 2 CABG= by pass aortocoronarico PTCA= Angioplastica Coronarica Transluminale Percutanea 18 pazienti con scompenso cardiaco cronico e pazienti con trapianto cardiaco e cuorepolmone. Per gli ultimi tre gruppi di pazienti la RCV dovrebbe essere iniziata durante la fase di ricovero ospedaliero, con successivo avvio a un programma ambulatoriale subito dopo la dimissione. Sebbene non sia ancora del tutto definita quale sia la modalità ottimale di training in pazienti con scompenso cardiaco, un programma di allenamento supervisionato, di intensità lieve-moderata, dovrebbe essere considerato utile nel trattamento di pazienti stabili in classe I-III. Esistono ancora pochi studi specifici sul significato della RCV dopo angioplastica coronarica o dopo chirurgia valvolare, tuttavia l'avvio di tali pazienti alla riabilitazione appare ragionevole. I pazienti che hanno subito una PTCA, specialmente se con fattori di rischio modificabili, scarsa capacità lavorativa, rivascolarizzazione incompleta, pregresso o recente infarto miocardico o scompenso cardiaco, sembrerebbero potere beneficiare di un intervento riabilitativo. L'effetto di tali programmi sulla restenosi dopo PTCA non è noto, ma merita di essere valutato. I pazienti sottoposti a chirurgia valvolare possono essere debilitati fisicamente in modo simile, o anche maggiore, rispetto ai coloro che sono stati sottoposti a by-pass 19 aortocoronarico. Inoltre essi possono presentare una disfunzione ventricolare sinistra residua che potrebbe ulteriormente compromettere il loro stato funzionale. Per questi motivi la RCV potrebbe essere molto utile dopo un intervento di chirurgia valvolare. Fase post-acuta Infarto miocardico. L'approccio riabilitativo in pazienti reduci da infarto miocardico acuto è definito da linee-guida nazionali ed internazionali. Negli anni passati è stato difficile disporre di dati epidemiologici sul numero di pazienti trattati negli ospedali. Attualmente con l'analisi delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO), in prospettiva di attribuzione dei Disease Related Groups (DRGs), sono emerse alcune indicazioni che vale la pena segnalare. Secondo i dati del Ministero della Sanità relativi al 1995 e riportati in confronto con i dati ANMCO-EARISA è possibile stimare il numero infarti miocardici acuti (IMA) dimessi in 35-40 mila/anno. Il numero dei DRGs relativo a IMA complicato è stato del 23,3% (il criterio DRG di IMA complicato è differente dal criterio clinico), il DRG 122 relativo a IMA non complicato è stato del 61,5% e il DRG 123 relativo a IMA dimessi morti è stato del 29%. L'IMA viene dimesso nel 60 % da reparti cardiologici e per il 40% da reparti internistici. 20 La modalità di dimissione sicuramente influisce sulla stratificazione prognostica e sulla programmazione della riabilitazione. Altri parametri che influiscono sulla indicazione al programma riabilitativo sono il sesso femminile (il 22% dei pazienti con IMA) e l'età avanzata (34% con età superiore a 70 anni). Il 68% dei pazienti con IMA presenta un decorso complicato da problemi aritmici e/o ischemici e/o con disfunzione ventricolare sinistra. Negli Stati uniti d'America si verificano 1,5 milioni di IMA all'anno, dei quali circa 500 mila sono fatali. Pertanto un milione di IMA/anno sono i potenziali candidati alla riabilitazione. Di questi il 5% hanno età inferiore a 40 anni. Il 55% hanno età superiore a 65 anni. L'identificazione del livello di rischio (basso, medio o alto) che scaturisce dalle valutazioni funzionali pre-dimissione sarà importante per impostare il programma riabilitativo in regime ambulatoriale o degenziale. Angioplastica Coronarica. Negli ultimi anni è cresciuto notevolmente il numero di pazienti sottoposti a procedure di angioplastica anche complesse (associate a impianti di stent multipli) che avrebbero bisogno quindi di afferire ad un programma riabilitativo per la verifica dei risultati della procedura e per l'impostazione di 21 interventi di prevenzione secondaria specie in pazienti portatori di fattori di rischio multipli. Per incrementare l'accesso di queste patologie ai centri di riabilitazione bisognerebbe, tuttavia, superare alcuni errati luoghi comuni (il paziente che ha eseguito PTCA ha risolto i suoi problemi ed ha eliminato la malattia) ed attivare una maggiore collaborazione con i cardiologi interventisti. In Italia, secondo i dati del GISE (Gruppo italiano Studi Emodinamici), le procedure di PTCA nel 96 sono state 19.560 (5140 nel 1990) con una percentuale di procedure con applicazione di stent del 53%. A fronte di questi numeri sempre in aumento bisogna riconoscere che la percentuale di pazienti sottoposti a PTCA che hanno partecipato ad un programma di riabilitazione è irrisoria. By-pass aortocoronarico. Negli ultimi anni con l'incremento delle procedure di angioplastica si è assistito ad un’estensione delle indicazioni alla rivascolarizzazione miocardica chirurgica in pazienti con frazione d’eiezione (EF) depressa, anziani, o con patologie associate (valvole, carotidi, patologia all'aorta). Questa estensione del trattamento a patologie più complesse e tra loro associate ha accresciuto maggiormente il ruolo dei programmi riabilitativi degenziali in fase post- 22 chirurgica. Tale atteggiamento ha portato il grosso beneficio di una dimissione precoce dai reparti di cardiochirurgia (5 -7^ giornata). Negli USA, nel 1993, il numero di interventi di by-pass è stato di 309 mila, il45% con età inferiore a 65 anni. In Italia, secondo i dati del registro Gruppo di Riabilitazione - censimento 1995 - sono stati avviati a programmi riabilitativi il 40% dei pazienti bypassati. Questa stretta collaborazione tra reparti di cardiochirurgia e centri di riabilitazione sottolinea la necessità di attivare nuovi centri o servizi di riabilitazione degenziale in stretta connessione con strutture cardiochirurgiche. Cardiochirurgia valvolare. Esiste ancora un numero importante di pazienti che annualmente viene sottoposto a interventi di correzione valvolare conservativa o sostitutiva, per patologie congenite o acquisite. In Italia questo tipo di intervento presenta il 20% di tutti gli interventi di cardiochirurgia. Bisogna. tuttavia, considerare che alcune patologie valvolari comportano importanti limitazioni funzionali sia per la gravità della malattia, che per L'età dei pazienti. Infatti l'età comporta la presenza di patologie concomitanti (diabete, bronchite cronica, arteriopatia sistemica) che peggiorano la prognosi di questi pazienti. La possibilità di seguire tali pazienti in riabilitazione permette di 23 intervenire in maniera importante sul ricondizionamento fisico, controllare le complicanze del postoperatorio (malfunzionamento di protesi, tachicardie atriali, infezioni alle ferite, versamento pleurico o pericardico), verificare l'impostazione della terapia (in particolare quella anticoagulante) ed avere necessario supporto psicologico. Maggiore attenzione meriterebbero i soggetti sottoposti a interventi di cardiochirurgia in età pediatrica. Anche costoro dovrebbero beneficiare di un programma riabilitativo con modalità organizzative ancora da identificare. Trapianto cardiaco. Il numero di pazienti che annualmente viene sottoposto a trapianto cardiaco è, purtroppo, limitato (345 pazienti nel 1999). In considerazione del forte impegno organizzativo e della necessità di disporre di figure professionali diverse con competenze specifiche, questo tipo di intervento riabilitativo dovrebbe essere assicurato in pochi centri di riferimento collocati strategicamente nelle vicinanze dei centri di cardiochirurgia che effettuano il maggior numero di trapianti. Scompenso cardiaco instabilizzato. Strettamente legato al discorso del trapianto cardiaco è quello che riguarda utenti con scompenso cardiaco cronico in fase di instabilità. 24 E’ difficile quantizzare il numero dei pazienti che vanno incontro a fasi di instabilità ma è chiaro che si avverte l'esigenza di trovare dei modelli organizzativi (unità di cura intermedia, unità per lo scompenso cardiaco) nell’ambito della struttura riabilitativa in modo da garantire un protocollo di intervento multidisciplinare (dietologo, psicologo, internista, pneumologo) ed un rapporto privilegiato con il centro per il trapianto cardiaco. Queste strutture non possono trovare posto negli ospedali per acuti (UTIC, divisioni di cardiologia, divisioni internistiche), ma dovrebbero trovare una più convinta diffusione nelle strutture riabilitative demenziali, sull'esempio dei modelli organizzativi già sviluppati presso i centri della Fondazione "Salvatore Maugeri" (Veruno, Montescano, Gussago, Tradate, Cassano). La migliore organizzazione delle strutture riabilitative e gli sviluppi scientifici nel settore dello scompenso potrà dare, sicuramente, risposte più adeguate ai problemi clinici rilevanti di questi malati. Defibrillatori impiantabili e pacemaker definitivi. Questo tipo di indicazione alla riabilitazione è nuova e richiede maggiore approfondimento culturale ed organizzativo. 25 I defibrillatori impiantabili rappresentano una modalità terapeutica nei pazienti ischemici e non, a rischio di morte per aritmie ventricolari maligne. L’indicazione sta avendo sempre più conferma alla luce dei risultati di recenti trials internazionali. In fase post-acuta di impianto di defibrillatore il supporto che può essere dato da un protocollo riabilitativo si può sviluppare sulla verifica delle modalità di funzionamento del pacemaker e sugli aspetti psicologici connessi con il funzionamento del defibrillatore. Anche per quanto riguarda i pacemaker più sofisticati (bicamerale. rate responsive) un momento di verifica del funzionamento in rapporto all’attività fisica e alcuni sforzi legati ad un tipo particolare di attività lavorativa sarebbe necessario. Fase Cronica I benefici (fisico, clinico, psicologico) di un programma di riabilitazione intensiva si perdono se alla fase post-acuta non segue una costante fase di mantenimento che nella maggior parte dei soggetti deve essere gestita al di fuori della struttura riabilitativa (domicilio, palestra, club coronarici). Tuttavia nella fase cronica della malattia può trovasi indicazione un programma di riabilitazione in regime di ricovero o ambulatoriale per la verifica delle condizioni di 26 stabilità clinica mediante valutazioni funzionali (eco, Holter, test ergometrico) e valutazione del grado di compliance terapeutica (sia farmacologici che fisica). Questo momento trova particolare indicazione nei pazienti con cardiopatia ischemica cronica nelle fasi di variazioni cliniche (i pazienti con sindrome coronarica acuta devono essere ricoverati in reparti intensivi cardiologici) o in quei pazienti nei quali non siano state prospettate soluzioni meccaniche di rivascolarizzazione (by-pass, angioplastica) sia per controindicazioni, che per impossibilità tecnica a eseguire la procedura. Questi pazienti devono poter disporre della massima terapia farmacologia tollerata. La verifica terapeutica richiede un'osservazione che, a volte, le strutture per acuti non possono garantire. Questa categoria di pazienti possono, periodicamente, accedere ad un programma di riabilitazione con l'obiettivo di verificare la compliance terapeutica e verificare o reimpostare adeguate misure di prevenzione secondaria . Questo discorso può essere esteso a tutti i pazienti con valvulopatia acquisita o congenita per una valutazione del timing chirurgico e per una preparazione respiratoria in fase pre-operatoria. I pazienti con scompenso cardiaco cronico necessitano di una gestione del follow-up in modo da verificare la posologia terapeutica (alcuni farmaci vanno aumentati 27 gradualmente), la classe funzionale e le condizioni cliniche che permettono l'inserimento nella lista d'attesa per trapianto cardiaco. Il follow-up del paziente con scompenso cardiaco può essere gestito, nella maggior parte dei casi, in forma ambulatoriale riservando la possibilità di gestione degenziale in pazienti con peggioramento clinico (fase d’instabilità) o per problemi logistici (distanza da una struttura riabilitativa). Altre categorie di pazienti meriterebbero maggiore attenzione da parte delle strutture riabilitative. I soggetti con arteriopatia obliterante cronica periferica possono avere un netto miglioramento soggettivo dopo un programma riabilitativo mirato. Oltre ai risultati fisici, obiettivo importante della riabilitazione in questi soggetti è quello di mettere in atto un efficace programma di prevenzione per ridurre la progressione del processo aterosclerotico che ha un coinvolgimento pluridistrettuale. Anche i soggetti con ipertensione arteriosa ed obesità potrebbero accedere ad un programma riabilitativo in funzione dei già noti effetti benefici del training fisico sulla pressione arteriosa e sul sovrappeso. I pazienti anziani dovrebbero avere un motivo in più per accedere ad un programma di riabilitazione. 28 Circa il 25-30 % dei pazienti sopravvissuti ad un infarto miocardico acuto ha età superiore a 70 anni e presenta una frequenza più alta di complicanze e comorbilità. Da qui la necessità di intensificare l'accesso ai programmi riabilitativi dei pazienti anziani in fase di cronicità della malattia, per contrastare le complicanze cliniche e psicologiche connesse all’immobilità e alla presenza di comorbilità, oltre a favorire l'autonomia funzionale. I benefici di un programma fisico in pazienti anziani non cardiopatici sono noti ed ampiamente diffusi, anche se si avverte la necessità di inserirli in un contesto più medico che sportivo per evitare una superficialità valutativa ed osservazionale che può influenzare i rischi connessi con l'attività fisica. 1.4 Dimensioni dell’utenza Se, com’è stato previsto anche dal Gruppo di studio europeo, la riabilitazione cardiaca deve essere intesa come un intervento diretto alla cura a lungo termine del cardiopatico tutti pazienti avrebbero la necessità e il diritto di usufruirne. Ciò comporterebbe però un carico di lavoro estremamente oneroso per i Centri. Per ragioni di gestione, almeno per la fase attuale, sarà possibile assicurare l’intervento riabilitativo ai pazienti ischemici (stato post infartuale) e a quelli reduci da interventi 29 cardiochirurgici (by-pass aortocoronarico, sostituzione valvolare, trapianto cardiaco) o di rivascolarizzazione con angioplastica. Non sono disponibili dati attendibili sulla reale dimensione di questa popolazione. In base alle estrapolazioni si può ipotizzate per l’immediato futuro che nel nostro Paese si realizzeranno: 1. Nuovi casi d’infarto del miocardio 150.000 2. Interventi di cardiochirurgia 30.000 3. Interventi di angioplastica 3.000 4. Interventi di trapianto cardiaco 200 Tenendo conto dei pazienti che per diverse ragioni non possono essere ammessi ai programmi riabilitativi, nei prossimi anni sono necessarie strutture riabilitative per almeno 100.000 pazienti anno. A questi sarebbero da aggiungere i pazienti affetti da scompenso cardiaco cronico il cui numero attualmente non è definibile. I dati americani in questo senso riferiscono: - incidenza annuale: 0.37% nei maschi o 0,25% nella donna con ampi range a seconda dell'età - da 45 a 54 anni, 0,18% per i maschi e 0,08 per le donne 30 - da 65 a 75 anni, 0,82% per i maschi e 0,64% per le donne - La prevalenza è del 1% con un massimo del 10% in età superiore a 75 anni - La mortalità a 5 anni è di circa il 60% per gli uomini e di circa il, 45% per le donne. 31 Capitolo secondo Nursing in cardiologia riabilitativa Il paziente arriva in un Centro di riabilitazione in accordo con le cardiologie per acuti della zona o su segnalazione del medico di medicina generale, dove viene definito il progetto riabilitativo in base alla tipologia e alle condizioni del paziente, vengono posti degli obiettivi e si procede alla costruzione del percorso sanitario attraverso l’attuazione di un programma di intervento riabilitativo che si articola in intervento clinico-terapeutico: nutrizionale, fisioterapico, psicologico ed educazionale nel quale l’infermiere riveste una figura di grande importanza . Al termine di tale percorso si programmano i follows-up che servono a fornire continuità assistenziale attraverso il controllo e l’eventuale integrazione della terapia, il controllo dell’attività fisica, la gestione di esami periodici, il supporto psicologico; tale intervento può essere svolto a livello ambulatoriale o attraverso il Day-Hospital che rispetto al regime ambulatoriale ha la possibilità di meglio integrare tutti gli interventi terapeutici. 32 2.1 Organizzazione del team infermieristico Il team nursing è basato sulla pianificazione e realizzazione di obiettivi assistenziali attraverso l'azione di gruppo. Il team è guidato da un infermiere (leader) che pianifica, coordina, supervisiona e valuta l'assistenza infermieristica, stabilisce obiettivi e priorità, centralizza le informazioni attraverso l'uso della cartella infermieristica informatizzata. Per motivi organizzativi questa funzione è svolta dalla caposala. Ogni membro dell'equipe assiste un numero limitato di utenti per i quali eroga una assistenza completa, consentendo una conoscenza approfondita dei bisogni individuali. Fondamentale caratteristica del team nursing è la riunione infermieristica. La riunione ha la durata di circa 30 minuti e coincide con il momento del passaggio delle consegne fra il personale del turno del mattino e del pomeriggio. Durante la riunione vengono discussi i piani di assistenza dei pazienti più problematici; vengono confrontati le condizioni reali dell'utente con quelle individuate come ideali e vengono discusse prestazioni infermieristiche che prevedono l'utilizzo di strumenti nuovi o poco frequenti. Il luogo in cui si svolge è la sala infermieri; durante la riunione viene garantita la continuità dell'assistenza in reparto dall'infermiere fuori turno. L'utilizzo dei piani assistenziali è l'altra caratteristica fondamentale di questo 33 modello organizzativo. Viene attuato attraverso l'utilizzo della cartella infermieristica informatizzata che prevede la valutazione dei bisogni e l'applicazione dei piani di assistenza da porre in essere per il soddisfacimento del bisogno stesso. Il piano deve essere realistico con obiettivi realizzabili a breve, medio e lungo termine. La valutazione alla dimissione del paziente e il raggiungimento o meno degli obiettivi previsti, consente una revisione critica dei piani. A seguito della diagnosi infermieristica viene emessa la pianificazione delle azioni che l'infermiere deve porre in essere per raggiungere il soddisfacimento del bisogno. Il processo di pianificazione del nursing comprende l'insieme delle procedure dedicate alla scelta e alla realizzazione degli interventi che nel contesto dell'interprofessionalità del programma riabilitativo, l'infermiere è chiamato a condurre. La pianificazione adottata dal gruppo infermieristico è stata costruita utilizzando il processo di nursing e tradotta attraverso algoritmi di supporto alla decisione. I piani di assistenza hanno due tipi di scopi professionali, uno gestionale e uno clinico. 34 I fini di carattere amministrativo-gestionale sono: 1. Definire il centro di attenzione dell'assistenza infermieristica da fornire alla persona 2. Distinguere le responsabilità dell'infermiere da quelle degli altri membri dell'equipe sanitaria 3. Fornire dei criteri per la revisione e la valutazione dell'assistenza orientata ad un miglioramento della qualità 4. In alcuni paesi fornire i criteri per il rimborso finanziario. I fini di carattere clinico essenzialmente sono: 1. Fornire uno schema di documentazione 2. Comunicare al personale infermieristico cosa insegnare, cosa osservare e cosa mettere in atto. Perché possa orientare l'assistenza infermieristica e favorire la valutazione, il piano di assistenza deve contenere i seguenti elementi: Enunciazione diagnostica Obiettivi Interventi infermieristici Valutazione 35 Relativamente al paziente ricoverato si sottolinea che le caratteristiche cliniche del paziente con i dati raccolti nella cartella infermieristica dall'infermiere integrati con i dati raccolti nella cartella clinica dal medico, vanno a costituire la base sulla quale, non solo valutare il paziente all'ingresso, ma anche verificare l'evoluzione a breve, medio e lungo termine. Risultati. I metodi utilizzati per la valutazione dei risultati sono: il questionario del grado di soddisfazione dell'utente distribuito in reparto e la valutazione dei bisogni alla dimissione. L’Infermiere che esercita nell’area riabilitativa deve essere convinto che gli individui con limiti funzionali abbiano un valore intrinseco che trascende le loro disabilità. L’attività infermieristica in riabilitazione deve mettere in atto e supportare gli interventi che riducono il marchio della disabilità ed aiutano gli utenti a ristabilire e mantenere il controllo su tutti gli aspetti della propria vita. L’infermiere è vero e proprio tessuto connettivo del lavoro in team all’interno di una Unità Riabilitativa di degenza. Egli è il professionista che segue la persona nell’arco dell’intera giornata. 36 L’infermiere deve, perciò, conoscere le proprie attribuzioni legate al lavoro in collaborazione mirato al benessere dell’utente ed altrettanto deve per quelle degli altri operatori coinvolti. 2.2 Ruolo dell’infermiere La figura infermieristica, rappresenta uno snodo cruciale del progetto riabilitativo. L’infermiere si occupa della gestione ed aggiornamento della lista ricoveri e dimissioni del reparto. All’arrivo del paziente si occupa di informare lui ed i famigliari delle caratteristiche e delle usanze dell’Unità operativa. La funzione infermieristica si articola in un processo sanitario che riconosce le seguenti componenti organizzative: ACCETTAZIONE, DEGENZA E DIMISSIONE. In tutte le fasi del processo, la figura infermieristica interagisce con le altre figure professionali affinché sia prestato un servizio di alta qualità. La fase dell’accettazione si concretizza mediante i seguenti punti: Provvedere alla compilazione della cartella infermieristica computerizzata. Tale computa permette una prima analisi dei bisogni assistenziali del paziente con successiva pianificazione dell’assistenza. L’infermiere si occupa dell’aggiornamento quotidiano della cartella infermieristica e della scheda di monitoraggio degli esami. 37 Eseguire la registrazione dell’ ECG (è importante che l’infermiere che presta servizio in reparti di cardiologia sia in grado di riconoscere le variazioni elettrocardiografiche), eseguendo il controllo e la gestione dei parametri vitali e delle ferite chirurgiche. Questa osservazione permette la presa in carico del paziente e, nello stesso tempo la pianificazione di un planing gestionale del paziente con identificazione di una serie di priorità clinico-gestionali condivise con le altre figure professionali. La fase della degenza è il momento centrale per la realizzazione del progetto riabilitativo individualizzato. In funzione del percorso sanitario è possibile identificare le seguenti funzioni di pertinenza del personale infermieristico: Gestione e monitoraggio delle medicazioni su prescrizione medica. In relazione alla tipologia gestionale ( in ricovero o in DH) è possibile, mediante utilizzo di algoritmi gestionali condivisi e regolamentati da linee guida predefinite, eseguire la titolazione di interventi farmacologici ( titolazione di beta-bloccante, statine) o non farmacologici ( attività fisica domiciliare, training fisico, rilevazione di indici di funzione d’organo e/o fattori di rischio coronarico). si occupa della gestione di eventuali cateteri venosi periferici o centrali. 38 Somministrazione di terapia orale, IM, SC, EV, infusionale applicando le proprie conoscenze in riferimento ai farmaci prescritti (in base al farmaco sa quali controlli effettuare e come gestirli). Attuazione di procedure e protocolli per il mantenimento dell’efficienza di apparecchi elettromedicali e dei carrelli necessari a medicazioni, urgenze. Assistenza del medico nella definizione iniziale ed attuazione del progetto riabilitativo del paziente Organizzazione degli esami e della corretta preparazione del paziente. Interazione con le diverse figure assistenziali per concorrere alla riuscita degli obiettivi prefissati (presta supporto psicologico, dietologico.) Programmazione su indicazione medica del follow-up del paziente. Applicazione del programma di “miglioramento continuo della Qualità”. In merito l’infermiere opera la raccolta statistica degli interventi attuati durante il processo di cura; identifica inoltre, dando un ordine di priorità, una serie di criticità dell’organizzazione e degli snodi del processo gestionale. Svolge inoltre un importante ruolo di educazione sanitaria, estremamente importante per il paziente affinché possa acquisire quelle norme necessarie a variare le sue abitudini di vita ed affrontare con serenità la propria malattia. Questo è uno dei punti 39 che differenzia l’attività svolta dall’infermiera nei reparti d’urgenza rispetto a quelli di riabilitazione. Educazione sanitaria L’intervento di educazione sanitaria costituisce un processo che ha lo scopo di fornire al paziente la conoscenza della malattia, degli esami necessari per monitorare un’eventuale evoluzione, delle strategie necessarie per favorire l’aderenza alla terapia prescritta e promuovere l’attenzione alle proprie cure . Le lezioni di educazione sanitaria vengono normalmente svolte a piccoli gruppi di pazienti a cui possono aggregarsi i famigliari. E’ importante creare dei gruppi omogenei affinché ci si possa focalizzare su conoscenze e capacità di cui il paziente necessita. Il personale infermieristico deve creare un ambiente adatto all’insegnamento. L’informazione deve avere contenuti sufficientemente chiari, volgarizzati e facilmente comprensibili. L’interazione con il paziente deve essere empatica, dimostrare sensibilità ed attenzione per i problemi sollevati, condividendoli e prospettando strumenti e metodi per il loro superamento. L’educazione avviene mediante sedute bisettimanali della durata di circa 1 ora. La seduta comprende due fasi: la prima fase, mediante la presentazione di diapositive è finalizzata a mettere a fuoco il contesto clinico in cui il paziente ed il gruppo si 40 trovano, familiarizzandoli a concetti e conoscenze nuove; la seconda fase, di discussione aperta, ha l’obiettivo di evidenziare le discrepanze conoscitive e la gestione di aspetti e problematiche dal singolo paziente, vissute come critiche. Le sedute trattano i seguenti argomenti: Conoscenza della malattia, gestione della terapia medica, consigli dietologici autogestione della malattia (per i pazienti con SCC3) e attività fisica domiciliare. L’intervento educativo è completato da manuali riportanti gli argomenti trattati, affinché il paziente abbia la possibilità di meglio approfondire l’argomento che più lo interessa e possa anche in un secondo tempo rivolgersi all’operatore per eventuali chiarimenti. L'infermiere, oltre ad assistere i pazienti durante la fase acuta e subacuta della malattia cardiaca, deve: 1. Favorire la progressione dei pazienti nelle attività della vita quotidiana; 2. Aiutare i malati e i familiari ad assumere un adeguato stile di vita. 3. Sviluppare la capacità di rapporto fra i pazienti e la famiglia per migliorare la loro di vita 4. Insegnare ai malati a prevenire la progressione della malattia. 3 Scompenzo cardiaco congestizio 41 Capitolo terzo Programmi di Riabilitazione Cardiologica La RCV associa il momento puramente clinico alla prescrizione di training fisico, alla modificazione dei fattori di rischio per coronaropatia, in soggetti con diagnosi accertata di cardiopatia. Il fine ultimo della riabilitazione cardiologica è di ridurre i sintomi propri della malattia e di ripristinare e mantenere al livello migliore possibile le condizioni fisiche, psicosociali e lavorative di ciascun paziente. La riabilitazione cardiologica deve essere quindi considerata come una terapia standard integrata nel trattamento globale del paziente cardiopatico in fase post-acuta o cronica. Particolare importanza sta assumendo l'intervento riabilitativo in pazienti anziani e con scompenso cardiaco cronico nei quali il fine ultimo della riabilitazione è quello di limitare e prevenire il deterioramento clinico, favorendo il più alto grado d’autonomia funzionale. La RCV non può prescindere da un'attenta valutazione clinica che comprende l’ottimizzazione della terapia per il controllo dei sintomi e dalla valutazione 42 funzionale che è la base per una corretta stratificazione del rischio e pianificazione dell'intervento. Le componenti fondamentali dell'intervento riabilitativo sono: 1. Assistenza clinica, valutazione del rischio e corretta impostazione terapeutica; 2. Training fisico e prescrizione di programmi d’attività fisica. 3. Educazione sanitaria specifica rivolta alla correzione dei fattori di rischio. 4. Valutazione psicosociale ed occupazionale con interventi specifici. 5. Follow-up clinico-strumentale individualizzato e supporto per il mantenimento di un adeguato stile di vita e un’efficace prevenzione secondaria. L'abitudine a praticare un training fisico e le modalità comportamentali atte a ridurre i fattori di rischio dovrebbero essere continuate per tutta la vita. I programmi di riabilitazione cardiologica dovrebbero essere mirati a fini specifici per ciascun paziente. Il tempo di partecipazione ad un programma attivo, formale e supervisionato dovrebbe essere basato non solo sui problemi legati alla capacità funzionale. ma anche sulla necessità di un intervento su comportamenti ad alto rischio come ad esempio il fumo e scorrette abitudini alimentari. 43 Idealmente, un'attiva partecipazione a programmi supervisionati dovrebbe essere continuata fino ad avere stabilito un programma di training da svolgere autonomamente con sicurezza ed avere raggiunto la correzione dei principali fattori di rischio. Ciò ovviamente implicherà delle differenze in relazione ai pazienti considerati. Le prescrizioni riabilitative non dovrebbero essere uniformi, perché non tutti i pazienti richiederanno la stessa intensità di intervento. Periodici controlli da parte del medico o dello staff riabilitativo possono risultare utili al raggiungimento di un'aderenza a lungo termine. Un test da sforzo può essere eseguito le prime sei settimane di training per riprogrammare l'intensità dell'allenamento, mentre la rivalutazione annuale sarà poi utile in seguito. Inoltre, lo staff riabilitativo dovrebbe collaborare con il medico personale del paziente perché gli sia dato un appropriato supporto per la ripresa dell'attività lavorativa. Poiché il training fisico e la correzione dei fattori di rischio hanno ruoli complementari, i programmi di riabilitazione devono fornire interventi multipli. Programmi che offrono il training fisico come un intervento isolato non sono sinonimo di riabilitazione cardiologica. 44 Si dovrebbe sviluppare un sistema di controllo di qualità, interno ed esterno dei servizi di riabilitazione cardiologica, in modo che il paziente riceva comunque alti standard di trattamento. Le controindicazioni alla componente fisica della riabilitazione (controindicazioni al training) sono relativamente poche e comprendono: scompenso cardiaco instabile ed incontrollato, aritmie incontrollabili, angina instabile, stenosi aortica significativa, malattie respiratorie severe, malattie muscolo-scheletriche invalidanti, ictus invalidante o altre malattie sistemiche invalidanti. La sola controindicazione ai programmi d’intervento sui fattori di rischio e sullo stile di vita è un atteggiamento di rottura o conflittuale. Per questi pazienti possono essere sviluppati programmi specifici personalizzati che tengano conto delle necessità individuali e del contesto familiare e sociale. Dal punto di vista logistico purtroppo i programmi di riabilitazione cardiologica non sono sempre facilmente accessibili. Modalità alternative (come per esempio la telemetria a domicilio o programmi di training non supervisionato, servizi indipendenti per la consulenza dietologica, per la sospensione del fumo e/o per il supporto psicosociale) che mirino a raggiungere tali 45 finalità dovrebbero essere ricercate e prescritte dal medico, basandosi sulle necessità individuali dell’utente e valutando il rischio di un training non supervisionato. Nell’insieme, la riabilitazione richiede una varietà di approcci interdisciplinari ed un supporto tecnico per assistere soggetti con profilo di rischio e gravità clinica diversi, come i pazienti in buone condizioni soggettive generali da una lato, per i quali si può semplicemente pianificare e seguire nel tempo un programma di prevenzione e, dall’altro pazienti più severamente compromessi, quali i candidati al trapianto cardiaco. L’identificazione del profilo di rischio dei soggetti con patologia cardiovascolare è parte fondamentale della riabilitazione e l’intervento riabilitativo stesso assumerà modelli organizzativi diversi a seconda del profilo di rischio definito. 46 3.1 Le Fasi Riabilitative L'intervento riabilitativo viene distinto a seconda del timing della malattia in: FASE I FASE II FASE III Esaminiamo i caratteri peculiari di ognuna di esse. Fase I: interessa il periodo acuto della malattia, ossia dal ricovero ospedaliero (UTIC e terapia subintensiva) alla dimissione dell’utente. Gli “addetti ai lavori” sono medici e personale infermieristico del reparto di degenza, unitamente a terapisti riabilitativi, dietologi e psicologi della struttura ospedaliera. Gli obiettivi da raggiungere in Fase I possono così essere riassunti: 1. Valutazione clinica dell’utente in fase acuta ed in quella subacuta della malattia; 2. Accurata stratificazione funzionale e prognostica 3. Pianificazione di programmi rieducativi sia fisici che personali 47 4. Informazione dell’utente sulla sua malattia, iter diagnostico e prognostico, affrontando possibili ripercussioni depressive causate dalla stessa (evenienza molto frequente soprattutto tra i più giovani utenti); 5. Educazione sui principali fattori di rischio cardiovascolari con finalità di contenimento e/o loro correzione 6. Riabilitazione professionale dell’utente e delle sue attività ricreative. Gli strumenti impiegati per raggiungere tali obiettivi si avvalgono della fisiokinesiterapia e colloqui individualizzati. Fase II. Ha inizio dalla dimissione dell’utente fino ad un periodo di 6 – 8 settimane: si svolge presso un ambulatorio di riabilitazione divisionale o un centro di degenza. Il personale dedicato è lo stesso della Fase I, con l’ausilio anche di un Medico del Lavoro. Le finalità di questa fase sono le seguenti: 1. Valutazione della funzione cardiovascolare e stratificazione prognostica. 2. Istituzione di un’idonea terapia farmacologica, fisica, meccanica o chirurgica per migliorare la qualità della vita e la prognosi. 3. Attenuazione dei potenziali risvolti psicologici indotti dalla malattia. 48 4. Eliminazione degli effetti negativi del decondizionamento fisico derivante da una vita sedentaria ed accentuato dalla limitazione imposta dalla cardiopatia. 5. Informazione del paziente e dei suoi familiari sulla malattia, sull'iter diagnostico-terapeutico e sulla prognosi. 6. Correzione dei fattori di rischio con l' educazione ad un adeguato stile di vita. 7. Favorire ed assistere il ritorno all' attività lavorativa e del tempo libero. Fase III: è quella a lungo termine, che può svolgersi presso il domicilio stesso dell’utente o clubs. Prevede come protagonista assoluto un terapista della riabilitazione (linee guida della Società Europea di Cardiologia). I suoi obiettivi ruotano attorno alla continuità ed al miglioramento dei risultati ottenuti nelle precedenti fasi riabilitative, sia in chiave funzionale, che psichica. La Fase III ha come strumenti operativi la fisiokinesiterapia, oltre a periodiche verifiche clinico-strumentali. 49 3.2 La compliance del paziente L'aderenza alle procedure di riabilitazione a lungo termine è il risultato dell’interazione fra diversi elementi che condizionano la motivazione ad iniziare e proseguire il programma. Infatti, la motivazione non è permanente ma si modifica con il tempo. Nell' Ontario Heart Study la compliance dei pazienti a 12 mesi è risultata del 60% e del 55% a 24 mesi, mentre nello studio di Oldrige l' aderenza dei pazienti è stata del 40% La compliance è condizionata da numerosi fattori: - Adeguata informazione dei pazienti, dei familiari e dei medici curanti sugli scopi della procedura. - Tendenza dei pazienti a fare attività fisica - Impegni di lavoro e di tempo libero - Atteggiamento del medico curante e della famiglia - Percezione soggettiva del beneficio della procedura - Procedura non gravata da incidenti - Procedura varia e divertente 50 - Spirito di gruppo - Facilitazioni (orario di apertura del Centro, mezzi di trasporto, distanze dal Centro, costi). - Età e presenza di altre affezioni che possono aggravarsi con training. Pertanto un’attenta selezione preliminare dei pazienti, un programma piacevole e gratificante che viene periodicamente rivalutato, uno spirito di gruppo che facilita l' ingresso del nuovo paziente, la regolarità delle sessioni, un atteggiamènto positivo del medico curante e della famiglia rappresentano altrettanti fattori condizionanti il successo del programma riabilitativo. 51 Capitolo Quarto Metodi La terapia riabilitativa differisce in relazione alle patologie da cui è affetto il paziente: tuttavia gli esercizi sono molto simili per cui riporterò la metodologia utilizzata nella più diffusa patologia (IMA), nonché delle tabelle che includono, in base alla giornata di degenza del paziente, la tipologia di esercizi consigliata . Il primo approccio al malato deve essere necessariamente di tipo esplicativo al fine di collaborare, il paziente deve essere informato sul tipo di malattia che l’ha colpito e sul significato e gli obiettivi delle tecniche di mobilizzazione. Tale spiegazione abitualmente è fornita dal medico dell' UTIC 4, ma, in alternativa, anche un terapista esperto potrà, iniziare un'opera di informazione ed educazione sanitaria che proseguirà poi nel corso della riabilitazione. La terapia riabilitativa sarà graduale e correlata con l’andamento clinico del paziente. Essa potrà essere suddivisa in vari livelli, può essere buona norma segnare su un grafico, del tipo riportato il livello raggiunto nelle varie giornate di ricovero in modo da avere un costante riscontro dell' attività fisica svolta dal malato. Il passaggio di livello potrà essere seguito in 4 Unità terapia intensiva coronarica 52 telemonitoraggio elettrocardiografico in modo da evidenziare e segnalare eventuali risposte negative: aritmie, modificazioni ischemiche dell' ecg con o senza dolore. 4.1 Trainig fisico Il training fisico è una componente fondamentale della riabilitazione cardiologica. La riabilitazione cardiaca dopo IMA, in trials randomizzati, mostra la tendenza ad una maggiore sopravvivenza nei pazienti arruolati nei programmi di riabilitazione. I risultati di questi studi presentano dei limiti a causa del ridotto numero di pazienti reclutati, dall'elevata quota di pazienti passata al gruppo in trattamento e dell'alto drop-out. Tuttavia, procedure di metanalisi applicati a questi trials randomizzati hanno mostrato una significativa riduzione della mortalità (20-25%) cardiovascolare senza alcuna differenza nell'incidenza di reinfarto non fatale in pazienti sottoposti a programmi di training. I risultati di questa metanalisi si riferiscono a studi svoltisi prima dell'uso dei trombolitici e dei beta-bloccanti nel trattamento dell'IMA. Poiché questi farmaci hanno migliorato la sopravvivenza dopo IMA, l'effetto di mortalità rispetto a prima del loro impiego potrebbe essere di dimensioni diverse. In questi trials riabilitativi erano reclutati prevalentemente maschi di età inferiore ai 70 anni. 53 Gli specifici benefici in termini di sopravvivenza per le donne e i soggetti in età più avanzata, sono fino ad ora non determinati, sebbene i benefici fisiologici dell'allenamento sono simili in entrambi i sessi e per ampi ambiti di età sia in soggetti normali sani che in individui affetti da coronaropatie. L'uso di uno schema di stratificazione del rischio, come quello proposto dall'American Heart Association per valutare i pazienti che entrano i pazienti che rientrano in un programma di riabilitazione fisica, è un mezzo essenziale per ottimizzare il trattamento dei pazienti e minimizzare il loro rischio potenziale. Il training fisico migliora la capacità funzionale attraverso diversi meccanismi come adattamenti emodinamici e cardiaci, modificazioni delle risposte neuro-ormonali e della cessione di ossigeno a livello periferico nei muscoli scheletrici. In pazienti cardiopatici un training fisico di 3-6 mesi induce incrementi del VO2 picco del 11-66% con i maggiori risultati per i pazienti più decondizionati. Tuttavia un miglioramento della capacità aerobica nell'immediato post-infartuale e dopo un intervento di by-pass aorto-coronarico, può essere spontaneo. Dopo allenamento appare aumentata la capacità di endurance sottomassimale, con la possibilità di tollerare più a lungo un dato carico di lavoro, con frequenza cardiaca e 54 PA più basse rispetto al periodo pre-training. Quest'ultimo effetto è particolarmente utile nei cardiopatici, poiché, manifestandosi l'ischemia a più alti carichi di lavoro, i pazienti possono svolgere meglio e più a lungo attività submassimali. Alcuni lavori hanno documentato con tecnica elettrocardiografica (sottoslivellamento dell'S-T) o di perfusione con miocardioscintigrafia con tallio una riduzione dell’ischemia da sforzo a pari doppio prodotto dopo un anno di allenamento. Sebbene non sia stato identificato con certezza nessun meccanismo che spieghi le modificazioni della soglio ischemica, questi dati implicano un aumentato apporto di ossigeno a livello miocardico e/o una ridotta utilizzazione di ossigeno dopo training. Un miglioramento della capacità funzionale è strettamente correlato con una maggiore possibilità da parte del paziente di recuperare una propria produttività ed autosufficienza. Tuttavia è difficile stabilire un rapporto diretto tra training fisico e ritorno a lavoro, poiché molti altri fattori di ordine emozionale, socio-economico e culturale possono condizionare la ripresa della propria attività lavorativa. Il ritorno al lavoro in pazienti che hanno avuto un IMA varia dal 49 al 93%. Il training fisico facilita il metabolismo dei grassi e dei carboidrati ed aiuta così nel controllo dei fattori di rischio per la cardiopatia ischemica. L'attività fisica induce, in media, un 55 aumento del 15-16 % del colesterolo HDL ed è un fattore complementare nel controllo di altri fattori di rischio coronarico, come l'obesità, il diabete e l'ipertensione. Sebbene non sia stata del tutto definita quale possa essere la modalità ottimale di training in pazienti con scompenso cardiaco, un programma di allenamento supervisionato di intensità lieve-moderata, dovrebbe essere considerato utile nei pazienti con scompenso stabile in classe II-III NYHA5. I programmi di riabilitazione cardiologica dovrebbero essere mirati a fini specifici per ciascun paziente. Il tempo di partecipazione ad un programma attivo, formale, e supervisionato dovrebbe essere basato non solo sui problemi legati alla capacità funzionale, ma anche sulla necessità di un intervento su comportamenti ad alto rischio quali ad esempio il fumo e la dieta. Periodici controlli da parte dello staff riabilitativo possono essere utili al mantenimento di un’aderenza a lungo termine. 5 Classi funzionali dello scompenso cardiaco 56 4.1.1 Training fisico autogestito La riabilitazione autogestita, indicata come "home rehabilitation", rappresenta un modello organizzativo controverso ma d’indubbia importanza per le possibilità applicative. Proposta all'inizio degli anni '80 e successivamente applicata ampiamente negli Stati Uniti, prevede che il paziente esegua un programma di allenamento secondo le indicazioni fornite al momento della dimissione utilizzando sistemi di controllo della risposta allo sforzo o in maniera autonoma, mediante la rilevazione del polso, o attraverso la trasmissione dell'ECG con un cardiotelefono al Centro di riabilitazione. Il metodo si è dimostrato efficace e sicuro, consentendo una decisa riduzione dei costi e dell'impegno assistenziale delle strutture sanitarie. Tuttavia è intuibile che mancando il rapporto diretto con lo staff sanitario, vengono disattesi alcuni tra gli scopi centrali della riabilitazione stessa, dal momento che non sono concretizzabili i programmi di counseling e di educazione sanitaria e viene meno il rapporto psicoterapeutico, considerati fondamentali per realizzare concrete e persistenti modificazioni dello stile di vita del paziente. 57 Se ne deduce che questa modalità organizzativa è riservata a pazienti selezionati e prevalentemente nei casi in cui sia impossibile la partecipazione ad un programma controllato. Il training fisico a domicilio può rappresentare comunque una valida alternativa al training supervised a condizione che alla prescrizione dell'attività fisica da svolgere autonomamente, segua un programma di istruzione ed educazione all'autogestione dell'attività fisica che garantisca un apprendimento reale da parte del paziente. Infatti abitualmente vengono fornite istruzioni generiche sulle modalità di esecuzione del programma, talvolta supportate da illustrazioni o presentazioni in videotape, ma non sono verificate le capacità di autogestione ed autocontrollo. Elemento questo di rilevante importanza, se consideriamo che il training domiciliare ha come particolare indicazione il trattamento di pazienti cronici e la prosecuzione dell'attività fisica dopo il termine del ciclo riabilitativo. 58 4.1.2 Prescrizione dell'esercizio Non esiste una formula per adattare il programma ad ogni singolo paziente. Ogni soggetto differisce per condizione fisica e per le conseguenze della malattia. L'esercizio fisico, per determinare un effetto allenante, deve essere basato su attività caratterizzate da peculiari tipologie, con diverse combinazioni di frequenza, intensità e durata, e con una specifica progressione nel tempo. Frequenza Non esiste un unico protocollo, e le differenti modalità che si trovano utilizzate possono dipendere sia da particolari esigenze organizzative del Centro, che da protocolli differenziati sulla base degli obiettivi stabiliti per le diverse categorie di pazienti. In generale, la frequenza di esecuzione del programma di esercizio fisico è quotidiana o trisettimanale. Quando il programma è quotidiano (preferibile nelle prime settimane di training, nei soggetti anziani o con peggiore adattamento allo sforzo per cause muscolari o cardiache) è articolato in sedute alternate di ginnastica a corpo libero e di esercizio su cyclette o treadmill; il programma trisettimanale prevede nella stessa seduta parte delle due attività. 59 Intensità L'intensità dell'attività deve essere tale da produrre un incremento dell'allenamento fisico in misura proporzionata con il grado di tolleranza allo sforzo e con il periodo di tempo in cui si è protratta l'immobilizzazione determinata dall'evento acuto. Il paziente che per le complicanze dell’evento è stato a lungo allettato, al momento della ripresa dell'attività fisica ha la percezione di un lavoro muscolare molto leggero come assai impegnativo e faticoso. L'intensità dell'esercizio deve pertanto essere graduata per ogni paziente e messa in relazione con la durata: infatti risultati analoghi, in termini di incremento di capacità funzionale, possono essere ottenuti con periodi prolungati a bassa intensità e viceversa. Un esercizio a bassa intensità ha minore rischio di determinare effetti negativi su muscoli ed articolazioni ed una eccessiva sensazione soggettiva di fatica. E' ampiamente noto che l'esercizio allenante dovrebbe essere effettuato di poco al di sotto della soglia anaerobia, e che una attività a bassa intensità è considerata quella inferiore al 40% del VO2 max, moderata pari a circa il 60% del VO2 max. Dal momento che abitualmente non è possibile misurare il VO2 max del paziente, viene utilizzata come parametro di riferimento la frequenza cardiaca massima raggiunta al test ergometrico. Per la valutazione dell'intensità dell'allenamento, il range di 60 frequenza cardiaca entro il quale effettuare il programma in condizioni di sicurezza (Target Heart Rate o THR) è calcolato secondo: 1. la percentuale della massima frequenza cardiaca raggiunta 2. la formula di Karvonen Nel primo caso, se si seguono le raccomandazioni della American Heart Association il training viene eseguito mantenendo la frequenza cardiaca tra 50% ed 80% della massima frequenza raggiunta; se si applica la formula di Karvonen, si deve sottrarre alla massima frequenza raggiunta la frequenza a riposo, moltiplicare il risultato per 50% e 80%, e sommare i due valori ottenuti alla frequenza basale per ottenere il range di allenamento Le diverse modalità di calcolo portano ad un programma più leggero, che è consigliabile riservare a soggetti con peggiore adattamento allo sforzo per età avanzata o gravità della compromissione cardiaca, oppure più pesante (con la formula di Karvonen) da riservare a soggetti non complicati e con buon adattamento allo sforzo, o già allenati. L'intensità dell'esercizio può essere anche calcolata sulla stima del consumo energetico, se vengono utilizzati come riferimento i METS6, per ottenere un carico di 6 Consumo di ossigeno a riposo, pari a 3.5 ml di O2/Kg/min 61 allenamento o una intensità di lavoro Valutazione soggettiva dell'intensità Il metodo più semplice è l'autovalutazione del polso, che deve sempre essere insegnata al paziente affinché possa controllare la propria risposta allo sforzo anche dopo il termine del programma riabilitativo. A questo scopo deve essere esercitato a rilevare i battiti al polso per i primi 10 o 15 secondi immediatamente dopo l'interruzione di un esercizio, verificando la correttezza della rilevazione. Modalità La singola seduta di training inizia con una fase di riscaldamento, nella quale vengono eseguiti esercizi a corpo libero di mobilizzazione articolare e di stiramento muscolare, oppure, se la sessione prevede l'utilizzo di attrezzi, un lavoro al minimo carico di resistenza (ad esempio pedalare sul cicloergometro meccanico con minima resistenza o camminare sul treadmill a pendenza 0% e velocità "di conversazione", etc.) Le fasi successive d’allenamento vengono svolte con modalità dette di endurance o di interval training. L'esercizio intermittente (interval) eseguibile sia a corpo libero che con attrezzi, alterna periodi di lavoro all'intensità prestabilita a fasi di recupero 62 con lavoro assente o molto lieve. L'applicazione del carico di lavoro per brevi periodi determina un adattamento allo sforzo utile nei pazienti con angina da sforzo, nei quali può essere ottenuto il migliore incremento della soglia ischemica, e nei pazienti più decondizionati, negli anziani, o in quelli con disfunzione di pompa, i quali nelle prime sessioni di training sopportano con difficoltà l'applicazione di un carico di lavoro continuo. Il principio generale di tutti i programmi a corpo libero è quello di determinare una mobilizzazione dei maggiori gruppi muscolari, con varie ripetizioni per la durata di 1 - 3 minuti ad esercizio e con impegno crescente approssimativamente da 1.5 a 8 METS. Esistono molte presentazioni degli schemi di esecuzione del corpo libero, tra loro sostanzialmente equivalenti: bisogna tuttavia sottolineare che non esiste l'esercizio "per il cardiopatico", ma possono essere utilizzate le più diverse modalità di ginnastica calistenica, purché vengano seguiti i criteri esposti nella quantificazione dell'intensità. Il training di resistenza o continuo (endurance), è la forma più usata perché consente il massimo incremento della capacità aerobia; tradizionalmente sono preferite le attività con componente dinamica effettuate mediante cicloergometri, ergometri a braccia, tappeti scorrevoli, con l'intensità dell'esercizio calcolata secondo le modalità 63 descritte in precedenza. Negli ultimi anni sono state applicate anche modalità di lavoro che prevedono esercizi con pesi, atti a determinare un aumento della potenza muscolare. Durata Una singola sessione di training ha in media la durata di un'ora, in cui sono compresi 10' di riscaldamento, 40' di training effettivo e 10' di raffreddamento (recupero). Periodi più prolungati d’esercizio non sono giustificati, mentre è invece possibile suddividere la sessione in due parti (ad esempio 30' al mattino e 30' al pomeriggio). La durata complessiva del programma di training deve essere programmata in funzione degli obiettivi posti per ciascun paziente: i protocolli standard dei principali Centri italiani ed esteri prevedono da un minimo di 12 ad un massimo di 40 sessioni, in periodi compresi tra le 2 e le 8 settimane. Affinché si possano perseguire obiettivi concreti, la durata ottimale non può essere comunque inferiore alle 4 settimane. Progressione L'incremento progressivo in intensità, durata e modalità di allenamento è funzione di una molteplicità di variabili che rendono difficile la rappresentazione di uno schema guida. Tuttavia In assenza di complicanze durante le sessioni di esercizio (ad 64 esempio comparsa di sintomi, disturbi del ritmo, modificazioni ST, alterato comportamento della pressione arteriosa, etc) al miglioramento della risposta allo sforzo segue un minore incremento di FC per carico equivalente che consente di incrementare il carico di lavoro fino a riportare la Target Heart Rate nel range prefissato. Pertanto è la frequenza cardiaca il più semplice e diretto riferimento per regolare la progressione del programma. Come già detto in precedenza, dopo le prime 2 settimane di adattamento del paziente al protocollo di lavoro e di sorveglianza sulle modalità di risposta cardiocircolatoria all'esercizio, è possibile (e talora necessario) differenziare le attività. 4.1.3 Mobilizzazione precoce Infarto La mobilizzazione precoce del paziente infartuato inizia dopo 24 ore dall'ingresso in UTIC nell' infarto non complicato oppure 24 ore dopo la risoluzione delle complicanze maggiori quali: Scompenso cardiaco congestizio grave e non controllato farmacologicamente; Persistenza di dolore toracico di tipo ischemico; Shock cardiogeno; 65 Aritmie ventricolari gravi (tachicardia ventricolare e fibrillazione ventricolare recidivanti). TABELLA 1 Mobilizzazione precoce Tipologie di Ginnastica Giorni All’ingresso Respiratoria + passiva a letto Primo Attiva (movimenti distali) Secondo Attiva a letto Terzo Attiva seduto Quarto Attiva seduto + passeggiata attorno al letto Quinto Attiva seduto + passeggiata ai servizi Sesto Attiva in piedi Settimo Attiva in piedi + 6 gradini Ottavo Attiva in piedi +20 gradini Nono Prova da sforzo al cicloergometro Il monitoraggio ECG telemetrico od a cavo è considerato una sicurezza e talora è stato prescritto indiscriminatamente. Probabilmente non più del 20-25% dei pazienti richiede, durante il programma riabilitativo, il monitoraggio ECG con l’attuale possibilità di stratificare i pazienti in gruppi a basso, medio ed alto rischio. Non sono disponibili i dati di confronto su complicazioni o morti e fra pazienti sottoposti a training con e senza monitoraggio ECG. Sino a che nuovi dati non saranno 66 disponibili, si raccomanda di monitorizzare e supervisionare i pazienti definiti ad alto rischio. Comunque prima e dopo la seduta di mobilizzazione sarà utile almeno la misurazione della frequenza cardiaca al polso. La pressione arteriosa potrà essere controllata dopo la mobilizzazione, ma sarà indispensabile la prima volta che il paziente si alza per evidenziare eventuali tendenze all' ipotensione ortostatica. Le raccomandazioni dell'American College of Cardiology sulla Riabilitazione Cardiovascolare, relativamente ai criteri per il monitoraggio ECG (validi anche,per la fase II), propongono che questo dovrebbe essere attivato di elezione nei seguenti casi: Severa riduzione della Frazione di Eiezione ( < 30%). Aritmie ventricolari complesse a riposo (Lown classe 4 o 5). Comparsa od accentuazione di aritmie durante esercizio. Calo pressorio durante esercizio. Sopravissuti da arresto cardiaco improvviso. Pazienti con Infarto complicato, in fase acuta, da insufficienza cardiaca, shock cardiogeno e/o aritmie ventricolari minacciose. Pazienti con severa coronaropatia dall'esercizio. 67 e marcata ischemia indotta Impossibilità ad autocontrollo della frequenza cardiaca per problemi fisici o psichici. Febbre superiore a 39°. 4.1.5 La ginnastica calistenica La ginnastica calistenica a corpo libero rappresenta il metodo elettivo di terapia fisica che può ovviare al decondizionamento. Non richiede infatti particolari attrezzature e può quindi essere svolta anche al domicilio da pazienti non complicati, dopo un adeguato periodo di addestramento in regime controllato. Un indiscusso vantaggio è rappresentato dalla possibilità di allenare un gran numero di masse muscolari degli arti e del tronco, sia contemporaneamente che in successione. Questa modalità di intervento rappresenta la forma fisiologica per migliorare, flessibilità articolare, forza muscolare e resistenza. Sono riportate di seguito tabelle educative con degli esercizi molto semplici da poter eseguire. 68 Esercizi Tabella 1 1) BRACCIA LUNGO I FIANCHI DENTRO L'ARIA ALZARE IN AVANTI LE BRACCIA FUORI L'ARIA ABBASSARLE RIPETERE 8 VOLTE 2) BRACCIA LUNGO I FIANCHI DENTRO L'ARIA ALZARE LE BRACCIA LATERALMENTE FUORI L'ARIA ABBASSARLE LUNGO I FIANCHI RIPETERE 8 VOLTE 3) BRACCIA LUNGO I FIANCHI 4) BRACCIA LUNGO I FIANCHI DENTRO L'ARIA DENTRO L'ARIA ALZARE LE BRACCIA IN AVANTI FIN SOPRA LA ALZARE LE BRACCIA LATERALMENTE TESTA FUORI L'ARIA FUORI L'ARIA ABBASSARLE IN AVANTI ABBASSARLE LATERALMENTE RIPETERE 8 VOLTE RIPETERE 8 VOLTE 6) 5) DITA INCROCIATE GOMITI DRITTI DENTRO L'ARIA ALZARE LE BRACCIA CON IL PALMO DELLE MANI VERSO L'ALTO FUORI L'ARIA ABBASSARLE RIPETERE 8 VOLTE 69 DITA INCROCIATE DIETRO LA NUCA DENTRO L'ARIA ALLARGARE I GOMITI FUORI L'ARIA AVVICINARLI RIPETERE 8 VOLTE Tabella 2 7) BRACCIA INCROCIATE AL PETTO DENTRO L'ARIA ALLARGARE LE BRACCIA (vedi figura) FUORI L'ARIA RITORNARE IN POSIZIONE DI PARTENZA RIPETERE 8 VOLTE 8) BRACCIA DISTESE LUNGO I FIANCHI DENTRO L'ARIA RUOTARE IL BUSTO VERSO DESTRA FUORI L'ARIA RITORNARE AL CENTRO ALTERNARE 8 VOLTE A DESTRA E 8 VOLTE A SINISTRA 9)BRACCIA DISTESE LUNGO I FIANCHI DENTRO L'ARIA INCLINARE IL BUSTO VERSO DESTRA FUORI L'ARIA RITORNARE AL CENTRO ALTERNARE 8 VOLTE A DESTRA E 8 VOLTE A SINISTRA 10)GAMBE APERTE E CORPO APPOGGIATO AL MURO DENTRO L'ARIA PIEGARE UN PO' LE GINOCCHIA FUORI L'ARIA RITORNARE IN POSIZIONE DI PARTENZA RIPETERE 8 VOLTE 11. GAMBA DESTRA AVANTI DENTRO L'ARIA PIEGARE IL GINOCCHIO DESTRO (vedi figura) FUORI L'ARIA RITORNARE IN POSIZIONE DI PARTENZA RIPETERE 12. DISTESI SUL LETTO A PANCIA IN ALTO DENTRO L'ARIA ALZARE LA GAMBA DESTRA FUORI L'ARIA ABBASSARLA RIPETERE 8 VOLTE CON LA DESTRA 8 VOLTE CON LA DESTRA E E 8 VOLTE CON LA SINISTRA 8 VOLTE CON LA SINISTRA ALTERNATIVAMENTE 70 Tabella 3 13. DENTRO L'ARIA ALZARE VERSO DESTRA LA GAMBA SINISTRA FUORI L'ARIA ABBASSARLA RIPETERE 8 VOLTE CON LA DESTRA E 8 VOLTE CON LA SINISTRA. 14. DENTRO L'ARIA ALZARE VERSO SINISTRA LA GAMBA DESTRA FUORI L'ARIA ABBASSARLA RIPETERE 8 VOLTE CON LA DESTRA E 8 VOLTE CON LA SINISTRA ALTERNATIVAMENTE 15. DENTRO L'ARIA PIEGARE LA GAMBA DESTRA FUORI L'ARIA RADDRIZZARLA RIPETERE 8 VOLTE CON LA DESTRA E 8 VOLTE CON LA SINISTRA ALTERNATIVAMENTE 17. DISTESI SUL LETTO A PANCIA IN ALTO CON LE GINOCCHIA PIEGATE DENTRO L'ARIA ALZARE I GLUTEI FUORI L'ARIA ABBASSARLI RIPETERE 8 VOLTE 16. DENTRO L'ARIA PIEGARE TUTTE E DUE LE GAMBE FUORI L'ARIA RADDRIZZARLE RIPETERE 8 VOLTE 18. DISTESI SUL LETTO A PANCIA IN ALTO CON LE GINOCCHIA PIEGATE DENTRO L'ARIA ALZATE A 90° LE GAMBE FUORI L'ARIA ABBASSARLE RIPETERE 8 VOLTE 71 4.1.5 Ginnastica respiratoria La ginnastica respiratoria arreca al paziente cardio-operato numerosi benefici. La sua utilità consiste nel permettere un pieno utilizzo dei polmoni. La ginnastica respiratoria ha come obiettivi: 1) Un aumento della quantità d'aria inspirata con un conseguente maggiore afflusso di ossigeno a tutti i tessuti e quindi anche al cuore. 2) La completa riespansione dei polmoni. 3) Lo scarico di tensione fisica e psichica attraverso un aumentato afflusso di sangue al cervello. Esistono varie tecniche di ginnastica respiratoria ho creato di seguito delle schede di alcune di esse. 72 Scheda 1 Respirazione Diaframmatica Espirare (8-10 sec.) L’aria esce dalla bocca e l’addome si “gonfia”. Con le mani si percepisce l’abbassamento dell’addome. Scheda 2 Inspirare (3-5 sec.) L’aria entra dal naso e l’addome si “gonfia”. Con le mani si percepisce l’innalzamento dell’addome. Respirazione toracica Supini, gambe piegate mani sul torace. Inspirazione: l’aria entra dal naso e la gabbia toracica si espande. Con le mani si percepisce lo spostamento del torace. Espirazione: l’aria esce dalla bocca e il torace torna nella posizione di partenza. 73 Scheda 3 Respirazione costale Tenere i gomiti piegati a 90°. e le braccia appoggiate all'altezza dell'epigastrio con i pugni chiusi. Scheda 4 Inspirare profondamente dal naso portando nello stesso tempo le braccia sempre piegate lateralmente e in avanti. Espirare soffiando e portando le braccia alla posizione di partenza e cercando con esse di favorire l'espirazione. Respirazione degli apici Far mettere le mani dietro la nuca con i gomiti in avanti e all'altezza delle spalle. Inspirare profondamente dal naso portando gradualmente i gomiti lateralmente il più possibile. Espirare dalla bocca soffiando e portando le braccia alla posizione di partenza. Nota: gli esercizi vanno ripetuti 5 volte 74 4.2 Il Training psicocomportamentale Se l'approccio al paziente cardiopatico si articola in più livelli sequenziali, ovvero attraverso una valutazione psicometrica ed un colloquio clinico individuale, è possibile fare una pianificazione degli obiettivi terapeutici e delle strategie più funzionali alla riduzione delle problematiche emerse. Il pull di informazioni che deriva da un corretto assessment fornisce una serie di indicatori da cui si individuano i principali goals terapeutici che noi descriviamo in comportamenti da aumentare (conoscenza e coscienza della malattia, abilità nel comunicare i propri diritti e nel rispettare il prossimo, autocontrollo, miglioramento dello stile di vita, gestione dello stress) e comportamenti da diminuire (ansia, tensione, aggressività, passività, depressione, paure, isolamento cognitivo-sociale, fattori di rischio comportamentali, fumo, disordini alimentari, sedentarietà). Le strategie terapeutiche che hanno ottenuto un consenso scientifico ed una validazione sociale nell’ambito della riabilitazione cardiologica, sono cosidette a breve termine e sono fondate sulle tecniche di ristrutturazione cognitiva e modificazione del comportamento. Esse possono essere volte al singolo paziente o a piccoli gruppi di pazienti e strutturate con una cadenza massima (5-6 sedute la settimana) per i pazienti in degenza o ad intervallo (1-2 sedute la settimana) per pazienti ambulatoriali. 75 Quando siano applicate al gruppo possono essere assimilate ai training di self-help poiché si basano sul principio di dare al soggetto l'abilità a riconoscere la propria problematica attraverso esercizi di auto-osservazione e mediante tecniche di problemi sciving, ad identificare le strategie più adeguate per fronteggiare i comportamenti disfunzionali. È opportuno che i gruppi siano formati sull'omogeneità dei pazienti relativamente alla problematica da affrontare in quanto si crea tra i pazienti un escludono, comunque, un supporto individuale quando necessario. processo di identificazione collettiva e di modeling che diminuisce l'isolamento cognitivo in cui spesso si trova il paziente ospedalizzato. Da questo emerge ancora una volta la necessità di utilizzare valutazioni psicologiche standard poiché l'efficacia degli interventi terapeutici è direttamente correlata a: 1) L'accurato assessment della disfunzione psicocomportamentale in atto; 2) La selezione dell'appropriata tecnica di controllo della disfunzione rilevata; 3) La motivazione del paziente che è proporzionale a quanto riconosce come propria la disfunzione psicocomportamentale per la quale viene proposto un correttivo. Su queste basi, un approccio terapeutico sufficientemente standardizzato, generalizzabile ai diversi livelli socioculturali dei pazienti e ripetibile nei più diversi presidi ospedalieri, dovrebbe prevedere uno o più dei seguenti interventi che non escludono, comunque, un supporto individuale quando necessario. Capitolo Quinto Prospettive della riabilitazione Le possibilità della riabilitazione cardiologica offrono molti potenziali sbocchi, che necessitano di ricerche future. La possibilità che la riabilitazione possa avere un ruolo significativo sulla prevenzione secondaria, sulla riduzione della disabilità, sul miglioramento della qualità della vita e sui costi associati della Sanità, dovrebbe incoraggiare tutti i settori interessati ad aumentare il supporto e la presenza sul territorio di queste aree. L'effetto del training fisico sulla reattività vasomotrice coronarica, sulla reologia del flusso ematico e sui meccanismi della coagulazione non sono ancora ben noti. E’ necessario valutare gli effetti di questi interventi sul realizzarsi dell'ischemia (silente e sintomatica), sull’aritmogenesi, sul riassetto della funzione dei baroriflessi dopo infarto miocardico e sulle alterazioni neuro-ormonali connesse con il training fisico. Richiedono altresì maggiori verifiche gli effetti della riabilitazione sulla restenosi e sul mantenimento della pervietà dei vasi dopo angioplastica coronarica. Sono necessari studi per valutare l'effetto dell'allenamento fisico sul rimodellamento ventricolare dopo IMA, specificamente rimane aperto il problema sul fatto che vi sia un effetto differenziato dell'esercizio sul rimodellamento per infarti che colpiscano diverse aree del miocardio o in relazione al miocardio vitale presente. Dovranno essere valutati con ulteriori studi gli effetti del training sul rimodellamento ventricolare in pazienti trattati con diverso approccio terapeutico, le interrelazioni tra 78 esercizio fisico e modificazione dei fattori di rischio (frequenza, intensità e durata dell'esercizio) utile ad influenzare positivamente i livelli lipidici plasmastici, l'insulino-resistenza, la pressione ematica e la risposta neuro-ormonale. Sono necessari ulteriori studi sugli aspetti psico-sociali e comportamentali in pazienti arruolati in programmi di riabilitazione cardiologica. La produttività dovrebbe essere valutata non solo in base alla percentuale di reinserimento nel settore lavorativo, ma anche in termini d’incremento dell'autosufficienza e dell'indipendenza nelle persone rese disabili dalla malattia cardiaca; ciò considerando le necessità di supporto da parte dei familiari che lavorano, di servizi d’assistenza a domicilio o di altri sistemi di supporto sociale. 79 Conclusioni Le patologie cardiovascolari rappresentano una delle maggiori cause di morbilità e mortalità nei Paesi Industrializzati. Il conseguente incremento di domanda sanitariaha determinato la necessità di creare nuove strategie e modelli operativi che garantiscano, mediante interventi multidisciplinari, la continuità assistenziale. Questi modelli permettono la crescita di nuove figure professionali dedicate, la costituzione di una rete gestionale tra Reparti per acuti, centri di riabilitazione e Medici di famiglia. In tale contesto gli infermieri diventano dei “Professionisti Sanitari” responsabili dell’assistenza del paziente. Tale Responsabilità è autonoma ed è governata dalla competenza che include tre aspetti peculiari: preparazione, formazione e collaborazione con altri operatori sanitari, al fine di dare una risposta adeguata al bisogno di salute del paziente. Questa modalità operativa consente di esercitare il diritto/dovere di un diretto coinvolgimento della figura infermieristica nel percorso sanitario, nel processo di cura e nell’uso degli strumenti informativi che migliorino l’efficacia della gestione sanitaria del paziente, con il diretto impegno della figura infermieristica nello sviluppo di nuove politiche sanitarie. Gli obiettivi della Riabilitazione Cardiologica sono di migliorare lo stato fisiologico e psico-sociale, di ridurre il rischio cardiovascolare, di prevenire il deterioramento clinico, in ultima analisi, di promuovere e mantenere un miglior stato di salute. 80 Questi obiettivi si raggiungono attraverso un processo multifattoriale che include: La valutazione del rischio in tutte le sue componenti. La stabilizzazione clinica e la ottimizzazione dei trattamenti farmacologici raccomandati. Il training fisico. Un programma educazionale per la riduzione del rischio e la modificazione dello stile di vita. Un intervento psicocomportamentale. Adeguato follow-up. Tali attività devono essere integrate in un intervento multifattoriale per la cura globale del paziente cardiopatico. Sulla base delle evidenze scientifiche, si riconosce che la combinazione di esercizio fisico e di interventi educazionali e psico-sociali è la forma più efficace di Riabilitazione Cardiologica. L'esercizio fisico favorisce il recupero e migliora gli aspetti fisici, riducendo la disabilità e la dipendenza funzionale particolarmente, specie nei pazienti anziani ed in quelli con ridotta tolleranza allo sforzo, senza rischi aggiuntivi; tuttavia, come singolo intervento non è sufficiente ad ottimizzare il profilo di rischio cardiovascolare e ad incidere in modo significativo su morbilità e mortalità. Nonostante si sottolinei l'importanza e l'urgenza di sviluppare programmi strutturati di riabilitazione e prevenzione per cardiopatici, molti pazienti non ricevono alcuna forma di intervento in questo senso. La competenza e la professionalità degli 81 operatori coinvolti nel programma di riabilitazione è fondamentale ai fini dei risultati. Questi modelli organizzativi potrebbero essere molto utili per l’organizzazione e lo sviluppo della Riabilitazione Cardiologica. 82 Bibliografia N. Basaglia, “ Progettare la Riabilitazione, il lavoro in team interprofessionale” Ed. Ermes, Milano,2001. Pagg. 3, 61, 65, 66, 67 N. Basaglia – L. Gamberoni, “ L’Infermiere della Riabilitazione” Ed. Ermes, Milano,1998. Pagg. 60, 61 F. Raineri, M. Colaiacomo “La Disabilità vissuta e raccontata dagli attori che partecipano ad un vivere diverso che non è malattia” - Relazione al seminario rivolto agli Studenti del CdL Università del Piemonte Orientale,2004. Beretta A. Anguissola “Trattato delle malattie cardiovascolari” Vol.1, Vol.3 Ed.UTET Bagnoli P. Fabbri D. Fattiroli F. “Il Cuore degli Esercizi” Programmi per la riabilitazione cardiovascolare e l’attivita’ fisica di adulti e anziani. Ed. Attila 2000 Bloker William P. “La Riabilitazione dopo un infarto miocardico” Ed.CIBAGEYGY Ellestad Myrvin H. M.D F.A.C.C. “Prove da sforzo ed altri test provocativi in cardiologia” Ed.Centro Scientifico Torinese, 1998 Giannuzzi P. Ignone G. “Riabilitazione nelle malattie cardiovascolari” Ed.UTET, 1999 Guyton A. C. “Trattato di fisiologia medica” Ed. Piccin, 1995 Official Journal of the Italian Federation of Cardiology “Italian Heart Journal” Ed.Attilio Maseri, Marzo 2000, Vol. 1/No. 3 Societa’ Italiana di Cardiologia dello Sport “Attivita’ Sportiva nel Cardiopatico” Ed. Carlo Erba, 1998 Tavazzi L. “La riabilitazione dopo un evento coronarico acuto” Ed. Bayer, Italia, 1991 83 Giampaoli S, Diego V. Atlante Italiano delle malattie cardiovascolari Ed. Ital Heart J, 2003. Riccio C. Il ruolo del nursing nella prevenzione cardiovascolare. Ed. Ital Heart J, 2004; pagg.102-109. Ed. Griffo R. Le buone ragioni per proporre al cardiopatico un programma di riabilitazione cardiologia. Ital Heart J, 2000, pagg. 888-896. Fattirolli F, Burgisser C, Agresti C, Guarducci L, Lumini A, Malin N. “ Il trattamento non farmacologico”. Centro Regionale di Riferimento per la Riabilitazione Cardiologica, Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, Firenze. Ed. Ital Heart J 2004; pagg. 97-101. Tavazzi L. Qualche considerazione sull'organizzazione dell'assistenza cardiologica. Il Problema del cardiopatico cronico. Ed. G Ital Cardiol 1991; pagg 769-72. Giannuzzi P. Strategie operative per la valutazione: quali procedure, in quali pazienti e che tempi. Ed. G Riabilitaz 1994, pagg. 183-84. Stipping J., Berg A., Keul J., La terapia riabilitativa nella cardiopatia coronarica Martinucci Mediserve,Napoli 1990 pagg. 395-396-398 Linee guida ANMCO-SIC-GIVFRC sulla riabilitazione cardiologica. Ed. G Ital Cardiol . Istituto Nazionale di Statistica. ISTAT. AnnuarioStatistico Italiano 2004, Roma CORTINI S: Metodologia generale del training fisico e protocolli di intervento nel post-infarto. Aggiornamenti in riabilitazione del cardiopatico. Ed. Marrapese , Roma, 1990 pagg. 61-76. MARCHIOLI R, VALAGUSSA F, VANUZZO D, GIANNUZZI P, PEDE S, SCHWEIGER C: Il trattamento dell’ipercolesterolemia in prevenzione secondaria. Statement dell’ANMCO. Ed. G Ital Cardiol 1998; pag. 409 84 OPASICH C, GARBARINI G, FEBO O, TRAVERSI E, COBELLI F, TAVAZZI L:Lo scompenso cardiaco cronico grave: un’esperienza assistenziale. Ed. G Riabilitaz 1993;pag. 57-60. COBELLI F, OPASICH C, FEBO O, TRAVERSI E, TAVAZZI L, CASATI PERUGINIC:Continuità assistenziale dello scompenso cardiaco grave: problemi organizzativi. Ed. Scientific Press, 1993, pagg. 295-308 . BETTINARDI O, GIANNUZZI P, ZOTTI AM, Variazioni psicologiche, comportamentali e di status professionale dopo intervento di by-pass aortocoronarico. Ed. G Ital Cardiol 1995, pagg. 289-300. Sitografia www.infermierionline.net www.italheartj.org www.cardiolink.it www.heartcarefound.org www.pneumonet.it www.gicr.it www.dica33.it www.annodelcuore.it www.cuore.iss.it. www.cardiocare.it www.pnlg.it www.italiasalute.it www.iss.it www.mormannocardioriab.cardionet.it www.odv.bo.it www.geriatriaonline.it www.angina.cardionet.it www.conacuore.it www.anmco.it www.ausl.vda.it www.cuoreprevenzione.it www.capitanata.it www.inps.it www.tuttocuore.it 85 www.riacinfo.net www.gicr.it www.sicardiologia.it www.istitutofiorentinoanalisi.it www.ancecardio.it www.disabili.it www.infermieri.com www.sanita.fvg.it www.ipasvi.it www.nursesarea.it www.infermieriribelli.it www.multimedica.it www.aniarti.it www.libriscientifici.com www.nurse3000.it www.tuttocuore.it www.sicardiologia.it www.dongnocchi.it www.nursesofemergency.org 86 87