DALL'ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO ALLA VERITA' DI NOI STESSI. PREMESSA Questo itinerario che iniziamo con voi i vostri figli non dà per scontata la fede. Ognuno ritiene di avere tanta o poca fede, anche a seconda dei momenti particolari della propria vita. E' importante (almeno una volta in vita!) poter "ripartire da zero", riscoprire le radici della fede, senza dare nulla per scontato. Appariranno cose nuove e anche la Parola di Dio e i sacramenti li vivremo in un modo molto diverso da prima. Per i bambini questo modo di affrontare i primi passi del catechismo li aiuta a partire con il piede giusto: la confidenza con un Dio buono che ci ama, e non la paura di un Dio che castiga. 1) IL PUNTO DI PARTENZA Quando ci accostiamo alle tematiche di fede usiamo 2 facoltà umane, la mente e il cuore. A partire da queste realtà cerchiamo dentro di noi stessi, nella nostra interiorità, la luce della presenza di Dio. Quando inizio una ricerca di fede mi lascio illuminare dalla Parola di Dio per conoscere meglio la verità di me stessa. In altre parole mi lascio condurre dai testi biblici che sono come un "filtro" attraverso il quale purifico e rendo trasparente la verità di me stessa. 2) DIO PARLA Qui nasce la fede cristiana. La Parola di Dio è vera COMUNICAZIONE che ci salva dall'inferno della solitudine e della incomunicabilità tra di noi e con Dio stesso. Ma come nasce l'ascolto? Lettura del Salmo 1 Beato l'uomo che non cammina sulla strada dei cattivi, ma trova la sua gioia nel Signore e medita giorno e notte la sua legge. Come un albero che piantato lungo un fiume darà tanti frutti e vivrà in eterna primavera, così, anche lui, porterà a buon termine ogni sua iniziativa. Non così invece i cattivi: saranno come foglie morte, portate via dal vento. Beato chi è buono: perchè il Signore gli sta vicino e cammina con lui. COMMENTO: * Il cattivo è colui che decide di salvarsi da solo. * Il buono è colui che ascolta. Viene proposto un "Esodo" tra un atteggiamento e l'altro. Chi pone la fiducia nel Signore va verso l'unificazione di se stesso e la comunione con gli altri. Quando si entra in comunione con un'altra persona si coglie la ricchezza della diversità. * Il cattivo non ascolta, quindi diventa peccatore e alla fine si trova ad operare invano, perde il suo tempo e non produce frutti. Nella nostra vita abbiamo a che fare spesso con situazioni e periodi di "cattiveria": Quando abbiamo la sensazione di affaticarci per niente... DOMANDE per lo scambio assieme: * Ho chiaro il progetto e l'obiettivo finale delle mie preoccupazioni? * I vari obiettivi che mi pongo sono per una maggior verità di me stessa oppure, anche se buoni in se stessi, favoriscono la dispersione della mia persona, fino all'incapacità di far comunione? 3) IO SONO LA VIA, LA VERITA' E LA VITA Gesù si presenta come pienezza di vita, verità profonda e trasparente di comunicazione e strada (metodo) per raggiungere questa pienezza di comunicazione. * Lungo corsi d'acqua: il rapporto con la vita è un rapporto di ricevere, * il cattivo si stacca come le foglie d'autunno perchè non ascolta. * Il peccato da parte dell'uomo è la pretesa di fare senza Dio. Il sovraccarico delle tante cosa da fare, le relazioni vissute senza quell'umiltà di lasciar crescere la verità, può diventare una realtà di peccato. * Il frutto a suo tempo, è diverso dal consumismo con cui oggi si affronta l'ascolto della Parola di Dio e la preghiera. Consumismo = mi presento a Dio quando ho bisogno. Ad esempio, anche a servire i piccoli non si vede nessun profitto, quando le persone sembrano non crescere, ma nessun genitore si pensa di cambiare il proprio figlio con quello di un altro... 4) PASSAGGIO DA una coscienza morale ad una coscienza di fede: la cattiveria del bastare a se stesso vale anche per la chiesa quando si gonfia di urgenze e piani pastorali e si chiude nella cerchia delle proprie cosa da fare. L'acqua dell'ascolto della Parola di Dio è il punto di partenza per un cammino che porta a fidarsi di Dio. Nuova evangelizzazione, lo slogan del Convegno di Palermo che si sta svolgendo tra tutte le comunità cristiane italiane, ripreso anche dal Vescovo di Treviso come tema dell'anno (Testimoniare il Vangelo nella società contemporanea) vuol dire proprio riconoscersi bisognosi del perdono di Dio, noi per primi che abbiamo ricevuto il battesimo e l'iniziazione cristiana da bambini. 5) COME RISPONDIAMO A DIO CHE PARLA? La fede è ascolto di Dio con tutta me stessa. Si tratta di fare esperienza di Dio con tutto noi stessi. Il nostro corpo fa da cassa di risonanza per quello che succede dentro di noi. Ecco i passaggi o tappe dall'ascolto della Parola di Dio verso la verità di noi stessi: a. Ascolto le risonanze dentro di me, come la mia coscienza coglie la Parola di Dio e quali echi rimanda di essa tutta la mia persona. b. Dò un nome ed esprimo attraverso gesti, parole, sentimenti, atteggiamenti e scelte, cosa c'è dentro. Rendo presente a me stessa quali reazioni vivo di fronte alla Parola ascoltata. c. Confronto con altri le mie risonanze, ecco il circuito della comunione e della comunicazione di fede. Esso genera la comunione e fa crescere la verità e la trasparenza reciproca. 6) LO STILE dell'ascolto Lo stile è stato dato da Gesù con quella affermazione di Mt 18,3-4: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.” La fede è anzitutto entrare in un mondo propostoci dalla Parola di Dio accogliendolo così com'è, secondo la disponibilità del bambino che lascia lavorare dentro di sè la parola di Dio. Tante volte abbiamo raccontato ai nostri bambini i fatti della Bibbia : questo ci riporta all'inizio della tradizione biblica. E' interessante studiare gli schemi mentali che accompagnano la memorizzazione di un racconto da parte dei bambini. In particolare: * la ripetitività nelle situazioni, * la tipicità dei personaggi, * la corrispondenza tra fatto narrato e realtà di oggi (è vero il lupo?) caratteristica della fase mentale infantile che rimane un punto di riferimento nella lettura ed interpretazione della Parola di Dio. Non che la Bibbia ci domandi di non pensare da adulti, ma nello stesso tempo ci costringe a recuperare tutta la nostra storia, compreso il modo di pensare da bambini che non è poi così stupido... 2) Dall'ASCOLTO della Bibbia all'ESPERIENZA del Battesimo. UN METODO NUOVO: Esperienza di RAPPRESENTAZIONE DEL BRANO BIBLICO come strumento PER LA LETTURA DELLA BIBBIA E PER L'APPROFONDIMENTO DELLA FEDE. Quando ci immedesimiamo nell'episodio biblico attraverso la RAPPRESENTAZIONE facciamo questi passaggi: 1. Inseriamo il nostro corpo per intero nel dialogo con Dio: non ci viene più il mal di testa come quando ci poniamo i molti interrogativi sulla fede semplicemente come problemi intellettuali. 2. Ci coinvolgiamo nell'episodio biblico restituendogli quello spessore umano che la lettura superficiale e cristallizzata nel sacrale gli aveva tolto. 3. Ci diamo la possibilità di rivivere i passaggi umani, i sentimenti, provati dai personaggi biblici, tanto da metterci in discussione noi con la nostra fede di oggi. 4. Usciamo dal mito secondo cui le figure bibliche hanno capito tutto per immediata rivelazione divina, e non a partire da una lettura di fede della loro realtà umana come ciascuno di noi può fare anche oggi, illuminato dalla Parola di Dio. 5. Diamo fiducia alla Parola di Dio come forte e capace di far accadere in noi oggi ciò che annuncia nel brano letto. 6. Mettiamo in contatto con Dio che guarisce, consola, chiama... le nostre paure e i nostri bisogni per sperimentare l'azione della Parola di Dio nella nostra vita. UN ESEMPIO: NAAMAN IL SIRO, DALLA LEBBRA AL GESTO DI IMMERSIONE; DAL PECCATO AL BATTESIMO Perché Dio parla? Dio parla per comunicare con l’uomo. E non solo, parla non per chiederci qualcosa, per imporre qualcosa, ma parla per farci un dono. Dio non parla per farci fare dei sacrifici. Ci fa fare dei passi per aiutarci ad accogliere il dono. Abbiamo invece paura di ascoltare, perché siamo convinti che Dio vorrà chiedere qualcosa da noi, sicuramente esigerà qualcosa da noi Invece la promessa è per farci un dono e basta. Tutto il cammino che ci pone davanti non è altro che una preparazione all’accoglienza del dono. Così possiamo riconoscere nell'episodio della guarigione di Naaman il dono gratuito di Dio e la fatica che facciamo ad accoglierlo nella fede. Inizio l'esperienza di lettura attiva della Bibbia. Mi immedesimo in un personaggio che non conosco e di cui non ho forse mai sentito parlare. Esprimo quello che provo senza tanti ragionamenti. Manifesto le mie sensazioni anche se contrastanti. Naaman è una grande stratega, un uomo che viene esaltato, un uomo che è stimato come leader e proprio al momento apice della sua gloria scopre di essere lebbroso. L’euforia del successo, di essere invincibile, di poter gestire le cose e anche gli altri come vuole, si scontra con una realtà di morte. La lebbra è l’esperienza della disgregazione dell’essere, dal corpo e dal ruolo sociale. Ho una scelta, o vivo come se non mi riguardasse, o cerco di eliminarlo! Di fronte al mio limite, alle mie debolezze come vivo? Mi ritrovo di aver vissuto una vita di successo, ma alla fine non trovo nessuno disposto ad accogliermi nella mia malattia. Sono stimato e valutato per quello che faccio, per le mie doti migliori, ma non posso comunicare quello che ho dentro. Il mio ruolo mi impedisce di mostrarmi debole perchè sono io quello che deve illuminare e guidare gli altri. Naaman va dai maghi, santoni, le cliniche, ma niente da fare, la lebbra ha il sopravvento sulla sua esistenza; è imprigionato in un corpo che non gli permette di vivere le sue aspirazioni v. 2ss È una giovinetta, una ragazzina che rappresenta la debolezza, la piccolezza di Israele di fronte alle grandi nazioni, che si accorge gradualmente della fragilità di questo suo Signore e della sua casa tutta organizzata per nascondere i fatti. È una casa avvolta dalla tristezza. Che tipo di rapporto nasce fra lei e la moglie di Naaman? Come arriva a voler fare del bene per quest’uomo? Lo fa per interesse? per un senso di generosità? Immaginiamo il dialogo fra la giovinetta e la padrona di casa -- “la giovane che proviene dal paese di Israele ha detto così e così” -- il capo dell’esercito si lascia guidare dalle parole di una schiava, ma rimane ben barricato nella sua logica di potere. Entrare infatti nel mondo dei piccoli significa diventare piccolo, significa mettersi nella prospettiva di ricevere. Naaman invece vuole la sicurezza della guarigione e secondo lui la può garantire solo attraverso i rapporti di potere, quindi passa attraverso il suo re. Anche una schiava si permette di darmi consigli, non ho più il potere che avevo prima! Inoltre Naaman si equipaggia: v. 5 dieci talenti d’argento... Porta la lettera al re d’Israele e quel re riconosce solo l’assurdità della richiesta. Lui non ha potere per risolvere i veri problemi dell’uomo. Anche lui si trova IMPOTENTE. v. 9 Naaman però non arrende il suo potere perché per lui è l’unica scelta vincente. Arriva con i suoi cavalli e carro da Eliseo. Ma gli viene incontro solo un messaggero, uno scugnizzo, mentre Eliseo nemmeno si presenta. Non solo, ma quello che gli chiede di fare per guarire è fuori di ogni logica di potere. Bagnarsi in un fiume? Spogliarsi? Far vedere ciò che ha nascosto, con tanta attenzione, per tutto questo tempo? Naaman rifiuta il dono della guarigione perché non è secondo le sue attese! Pagando la guarigione lui non vuole dipendere dal nessuno. Parte con carri e cavalli come un condottiero per conquistarsi la guarigione. È possibile che la potenza di Dio passi attraverso un gesto così povero? Un segno così umano, banale? Mc. 16, 16 presenta questo segno dell'immersione, parola che in greco si dice "battesimo", come la sintesi di tutta l’opera di Gesù fino alla fine dei tempi. Naaman accetta di compiere questo gesto piccolo con molta fatica. Accetta di bagnarsi, di spogliarsi che significa mostrare la sua morte, la sua debolezza, ammette la sua impotenza e quindi il suo bisogno di essere salvato!! Egli si apre al dono, non una, ma ben sette volte; quante sono necessarie per liberarsi dal male dentro di sè. La Parola di Dio ci apre alla verità di noi stessi. Finchè mascheriamo la verità come nascondere qualcosa di vergognoso, non potremo mai incontrare il Dio della vita. E' lo spogliarsi per entrare nel fiume il gesto che apre alla salvezza per quest'uomo. Gesù stesso si è spogliato sulla croce. La sua carne diventa quella di un giovinetto! Ora riconosce Dio solo in Israele. Si spoglia della sua idolatria ma rimane ancora legato all’uomo vecchio perché desidera ricambiare il dono, desidera stabilire una relazione contrattuale che conservi la sua auto-sufficienza. Rifiuta la dipendenza. Eppure sulle cose che valgono come la salute, l'amore, la vita stessa, l'uomo non riesce a fare nulla da solo. Lo dimostrano ancora i servi con la loro presenza discreta e persuasiva. Poi di fronte a Eliseo, nel momento di ringraziarlo, ancora un gesto simile alle nostre lunghe preghiere quando aspettiamo qualcosa. Sono io che voglio meritare la guarigione, che voglio conquistarmi in qualche modo il favore di Dio. Eliseo invece respinge il pagamento del dono per mettere Naaman al servizio del dono. Naaman vuole rimettersi alla pari v. 15, vuole ritenere il suo orgoglio e quindi anche dopo l’accoglienza c’è da imparare l’abbandono. Se il dono è gratuito io sono spiazzato e non sono più protagonista. Il rifiuto del dono equivale a mettersi nelle mani di una potenza più grande che è quella di Dio. Nella RAPPRESENTAZIONE anche noi sperimentiamo la forza della Parola di Dio che infiamma la nostra ricerca, non più come uno sterile ripetersi di ragionamenti, ma come un collocare Dio che agisce nel cuore delle nostre paure e dei nostri bisogni. 3) Le promesse di Cristo e le paure dell'uomo Ripresa del cammino fatto: L'esperienza di RAPPRESENTAZIONE ci ha fatto toccare con mano un aspetto della ricerca di fede a partire dalla Bibbia. Questo elemento, che per alcuni di noi può essere una scoperta, è la partecipazione di tutta me stessa in questo cammino di ricerca. In altre parole la via biblica dell'incontro con Dio è fatta di tre elementi: la comprensione, ho capito che cosa dice la Bibbia; l'immedesimazione, mi ci trovo dentro, sono io quell'uomo, quella donna che...; il confronto, cosa posso fare per portare nella vita quotidiana questo nuovo modo di vedere le cose, attraverso il confronto con quello che provano gli altri sulla stesa cosa. Questo cammino ci fa incontrare la PROMESSA di Dio. Perchè la Parola di Dio è normalmente una promessa? Perchè l'uomo non si fida subito di Dio. Ha bisogno di metterlo alla prova, di verificare se è vero quello che Dio dice, ha bisogno di aprire il cuore alla fiducia per poter ricevere il dono promesso. In ciascuno di noi la fede è risvegliata da una persona concreta che per me diventa come un profeta. Attraverso dei segni che mi aiutano a prestare attenzione, ma che in sè non hanno la capacità di convincere a credere, mi introduco in un cammino di fede un po' alla volta. Al fondo di ogni esperienza di fede c'è il sentirsi amati che porta alla vera fiducia e all'abbandono a Dio. LE PROMESSE DI CRISTO: 1. VERITA' E LIBERTA' Giovanni 8,31-32 31Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; 32conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Gesù ci pone davanti la chiamata di fondo che è nascosta nella nostra vita umana: essere se stessi, seguirela via del giusto che si riconosce creatura, cercare la vera libertà che è la fecondità in Dio, non la sterilità dell'empio che vuole fare da solo. Gesù non è paternalista, ma ci dà il perchè della nostra realtà umana, non solo il "come" e non ci nasconde la via della croce. Sentiamo questo desiderio di conoscere chi veramente siamo? In che termini? 2. CONSOLAZIONE E PRESENZA Matteo 11,28-30 28Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”. Ascoltiamo l'invito di Isaia 55: perchè spendete le vostre energie per ciò che non sazia, perchè seguire strade che non portano a Dio, ma a noi stessi? La nostra umanità è un giogo, lo possiamo portare con Cristo, quando riconosciamo la nostra realtà di bisognosi. In pratica lasciamo come Naaman la lotta, il combattere con violenza ciò che di violento esiste dentro e fuori il cuore umano, per riconoscere la nostra impotenza di fondo di fronte alla morte e poter affrontarla non più da soli, ma con Cristo. Sappiamo comunicare quella verità che scopriamo in noi stessi? Diamo fiducia agli altri che ci ascoltano? Ci sono luoghi privilegiati per questa accoglienza e questo ascolto tra persone? 3. ANNUNCIO ED ADESIONE Marco 16, 15-16 15Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato...". Poi c'è la sorpresa del dono della vita dopo l'esperienza di morte (Pasqua di resurrezione). Si chiama salvezza perchè ricorda proprio un essere tirati su mentre stavamo sicuramente per affogare. La promessa è che saremo liberati dalle schiavitù che ci impediscono di credere ed affidarci al nostro Salvatore. E' come se queste parole che siamo abituati a sentire (salvezza, redenzione, battesimo...) incominciassero a suonare in modo nuovo alle nostre orecchie: non più una cosa già accaduta, un fatto sepolto nella memoria, ma una vita che zampilla dalle crepe di ogni indurimento del cuore. Il nostro battesimo possiamo rileggerlo come esperienza di IMMERSIONE nella morte di Cristo per una vita nuova? Attraverso il profeta, voce umana del Dio invisibile, Dio comunica con l'uomo, annuncia la sua Parola, fa la sua promessa di offrire la vera vita, la vita eterna, oggi come un tempo, all'uomo di oggi come al tempo del Vangelo, con la stessa carica, con lo stesso desiderio di essere ascoltato, accolto e soddisfatto. Ma l'uomo è capace di entrare in vero dialogo e quindi in un autentico rapporto interpersonale con Dio? GLI OSTACOLI ALL'ASCOLTO Ci sono delle paure che ci impediscono di fidarci della promessa di Cristo. Come è descritto in modo espressivo nel Libro della Genesi (Gen 3,8-13) 8Poi (Adamo ed Eva) udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 9Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: “Dove sei?”. 10Rispose: “Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perchè sono nudo, e mi sono nascosto”. 11Riprese: “Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?”. 12Rispose l’uomo: “La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato”. 13Il Signore Dio disse alla donna: “Che hai fatto?”. Rispose la donna: “Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato”. La paura emerge dalla disobbedienza perché l’uomo vuole seguire un suo progetto di realizzazione, che non ottiene i risultati voluti. In qualche modo cerca di tirarsi fuori dal suo essere creatura e quando ne vede le conseguenze non accetta la propria incoerenza. Ha bisogno, in altre parole di pare esperienza del suo limite e del suo progetto per poterlo valutare. Quando poi l’esperienza manifesta l’errore, l’uomo cerca un parafulmine per non addossarsi la colpa di questa ricerca sbagliata. Non vuole prendersi le sue responsabilità. Allora tira fuori: “La donna che tu mi hai dato...” e così aggredisce Dio, poi si nasconde, si cerca di difendere ma non vuole riconoscere la propria colpa perché desidera realizzarsi da sè, non vuole riconoscere la necessità di Dio per la propria realizzazione. Facciamoci queste domande: * Ma perchè ci lasciamo SE-DURRE, tirar fuori da noi stessi, cosa mi attira distante dalla verità di me stesso? *Su quali PAURE fa leva la seduzione per tirarci fuori da noi stessi? *Cos'è che dentro di me mi ostacola nell'adesione di cuore alle promesse di Cristo? * Se ho chiaro dentro di me il contenuto della fede, perchè mi pongo sempre dei dubbi e dei problemi? LE PAURE DELL'UOMO: Ci siamo interrogati su ciò che può bloccare nell'incontro con Dio e nella comunicazione di fede. Possiamo riassumere in 6 elementi questo che possiamo definire l'imbuto che blocca la coscienza: * Mi sento in rivalità, in antagonismo con la realtà e le persone che mi circondano: dissimulo, sminuisco l'importanza di chi mi circonda, perchè non voglio ammettere, mi vergogno di dipendere da qualcuno o da qualcosa. * Sono geloso di me stesso, della mia sensibilità e di ciò che mi mette in crisi: non voglio condividere i miei segreti, non per paura degli altri, ma perchè voglio essere io il padrone di me stesso. * Ho paura della verità: sono in rifiuto e in difesa verso ciò che fa luce su quei meccanismi e strumentalizzazioni che caratterizzano il mio rapporto con me stesso e con gli altri. * Sono preso da torpore o frenesia di fronte alle cose da fare: mi lascio trasportare dal circolo vizioso del movimento, dell'agire, per non fermarmi di fronte a me stesso. * Ho paura di farmi conoscere, che gli altri sappiano quello che io so di me stesso: colgo la diversità degli altri come un ostacolo insormontabile. Mentre la comunicazione è libertà, vengo preso dalla paura di presentarmi debole e non voglio restare da solo. Per questo divento schiavo dei modelli e del dover essere. * Alla radice di tutte queste paure c'è comunque che non accetto la fatica di crescere. Ho paura in fondo di essere me stesso, di seguire fino in fondo la mia strada. E se poi non ci arrivo? E se sbaglio strada? Mi blocca il fatto che crescere vuol dire in qualche misura soffrire, se accolgo e riconosco, do' un nome a TUTTO quello che nasce dentro di me. Lo descrivo come un imbuto perchè ogni paura chiama l'altra, ogni risposta successiva alle paure precedenti sembra la soluzione ideale che invece ci fa preecipitare sempre più nell'indurimento del cuore, nell'incapacità di riconoscersi creatura e farsi accogliere da Dio. Questo indurimento di cuore, che genera il non ascolto e il rifiuto della salvezza di Cristo, non è comunque la verità del mio essere. La buona notizia del Vangelo è proprio che posso ascoltare la Parola di Dio e la verità di me stesso. 4) La coscienza dell'incontro con Dio attraverso il corpo. si comunica DALLA BIBBIA AI SACRAMENTI: Alla base della nostra ricerca sulla fede abbiamo posto il fatto che Dio si comunica a noi e lo fa attraverso parole umane. Questa iniziativa di Dio dovrà quindi fare i conti con tutti i problemi di comunicazione sopra descritti. Ci sono come delle resistenze in noi: paura di sè, degli altri, indolenza, gelosia di sè, paura della verità, della realtà ecc... Lo abbiamo descritto come un IMBUTO: il peccato non è tanto l'atto in sè, che difficilmente è fatto di cattiveria pura, ma è il VOLER FARE DA SOLI, cercando sempre nuove strade per uscire dai nostri problemi, ma senza volerci riconoscere figli di Dio. Per questa strada si cade sempre più nell'imbuto dell'autosufficenza, dell'egoismo e dell'incomunicabilità con Dio e con gli altri. L'angosciante esperienza del peccato è molto di più di un semplice senso di colpa. E' il ritrovarsi incapaci di crescere, di essere noi stessi, confusionati dai nostri tentativi di salvarci da soli e di evitare le fatiche del cambiamento che è invece la vita stessa. Ma se Dio parla, non lo fa per arenarsi nei problemi della comunicazione, ma per risolverli. La Parola di Dio è viva ed efficace proprio per ridare all'uomo gli strumenti di una comunicazione nella verità. Il punto di partenza diventa l'uomo in quanto sordo e muto, non sa ascoltare veramente, parlare veramente... e c'è il bisogno che Dio, l'unico che sa veramente comunicare, intervenga su queste realtà dell'uomo per trasformarle. I SACRAMENTI, GESTI DI GESU': Ricapitoliamo i vari modi che ha Gesù per esprimersi verso di noi: nella Bibbia i gesti sono fatti per provocare la coscienza perché l’incontro con il Signore passa attraverso il cuore e i gesti. Il prostrarsi è buttare se stesso dentro il mistero di Dio, abbandonandosi a Lui. Si butta a terra con la faccia rivolto in giù. È l’atteggiamento tipico dell’adorazione come Mosè in Esodo, 3. Oggi è stilizzato con la genuflessione. L’imposizione delle mani è una benedizione, un dire bene, un gesto di trasmissione della missione, di un compito, un progetto. È un’implorazione di potere dall’alto, un gesto che abbraccia tutta la persona e tutto il creato. Il gesto di levare le mani e le braccia è un gesto di lode, per benedire e ringraziare il Signore, durante l’Osanna del Santo. Le palme verso l’alto è il gesto di chi si dispone ad accogliere, il giusto atteggiamento del cuore di fronte alla realtà; aperto ad accogliere e donarsi. È un gesto che spesso accompagna rappresentazioni del Gesù bambino e del Gesù in croce ed è il movimento che il sacerdote fa durante il Padre Nostro. Lo stare in mezzo è la comunicazione massima della parità, della solidarietà, l’interpersonalità. Quando sto in mezzo sono tutto per il gruppo ed il gruppo è tutto per me. Quando invece resto in disparte o uguale agli altri il mio corpo esprime un'atteggiamento di vergogna, arrossisco perché se mi metto al centro è il momento della massima vulnerabilità... In mezzo faccio più fatica del solito. Stare in mezzo però può muovere la coscienza e la verità in me, può diventare un momento prezioso per comunicare chi sono. Può essere un atto d’esistenza cioè ammetto di aver bisogno degli altri per crescere e fare la fatica di cambiare qualcosa della mia vita o di me stesso. DAL GESTO AL CUORE E VICEVERSA: La storia di Israele è segnato da questo movimento continuo. Il gesto è sempre una risposta alla Parola. Attraverso i vari gesti traspare un affidamento al Signore. Si tratta di un movimento dello Spirito della vita: la Parola muove il cuore a rispondere, il cuore muove il gesto, il gesto si apre alla Parola. Il gesto di affidamento diventa una remissione dei peccati, un gesto che libera dalla divisione, che vi rimette in comunione, che predispone a ricevere lo Spirito Santo. Il sacramento della confessione esprime allora la possibilità concreta di uscire dall'imbuto del voler fare da soli, dal peccato che mi impedisce di affidarmi a Dio. Nel battesimo troviamo tutto l’insieme tra parola, cuore e gesto. Tutti i sacramenti partono dalla Parola che è il riconoscimento che Gesù ci da’ la possibilità di perdonare, di vivere la comunione, ecc. La parola promette, prospetta ed il cuore risponde prima interiormente e poi con il gesto del corpo. Sono gesti semplici per rispettare la nostra libertà. Sono segni dell’amore che Gesù ha per noi perché non richiede grandi sforzi di comprensione né grandi energie a partire dalla nostra volontà. Il Signore prende l'iniziativa e richiede da noi solo l'atteggiamento di RICEVERE un dono. Questo è l’unico vero impegno dell’uomo ed è l’ascolto. IL SORDOMUTO: Il corpo che soffre per non poter comunicare impara a pregare e riceve il dono gratuito dell'ascolto e della lode a Dio. (MARCO 7,31-37) Di ritorno dalla regione di Tiro, Gesù passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. 33E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: “Effatà” cioè: “Apriti!”. 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!”. Esperienza di RAPPRESENTAZIONE: Mi immedesimo nel bambino che non gioca assieme con gli altri. Mi colloco nel ricordo del mio rapporto con i coetanei d'infanzia e guardo i bambini della mia scuola come fossi io da piccola al posto loro. Essere sordomuto è una situazione di mancanza di strumenti di comunicazione che rendono i rapporti sociali alterati, sempre tesi. La situazione diffusa è quella di emarginazione, sofferenza e conflitto con gli altri e con se stesso. C'è un movimento pendolare che possiamo rivivere: - da una parte il RIFIUTO degli altri - dall'altra parte il BISOGNO degli altri. La conseguenza di questa altalena è un rapporto conflittuale con la realtà tanto da sentirsi diviso dentro, spezzato nella personalità. "Voi non volete stare con me, siete pigri e non volete fare la fatica di capirmi, e io non voglio stare con voi, non vi conosco, non vi guardo più in faccia, me ne sto per i fatti miei, stobenissimo da solo, basto a me stesso, me ne vado...!!!" Questo primo movimento di RIFIUTO porta ad autoemarginarsi, comincio a stare da solo, faccio finta di divertirmi lo stesso, ma con la coda dell'occhio spio i miei compagni per vedere che gioco fanno, per giocare anch'io con loro, perchè il mio cuore muore dalla rabbia di non poter comunicare, dalla nostalgia, dal desiderio di giocare con loro. "Devono venir loro da me. Io sono stato rifiutato, non tornerò mai più da loro. Ma non vengono. Loro non hanno bisogno di me, Resto solo davvero. Ci resto male! Devo trovare un sistema per attirare la loro attenzione... FARO' UN DISPETTO!!" Il bisogno di sabotare il gioco degli altri, perchè io mi sento escluso. Gli altri, se gli porto via il gioco, saranno costretti a fare il gioco che voglio io. Se vogliono il gioco, devono domandare a me, allora sarò io a comandare. Quindi ritorno con loro, perchè ho BISOGNO di loro, fino a quando le cose andranno ancora male, allora sarò costretto a partire di nuovo "in esilio". E' un'altalena programmata, deliberata, il bisogno di stare con gli altri mi spinge a cercarli, la difficoltà di stare con loro come voglio io, mi costringe a rifiutarli. GESU' E IL SORDOMUTO: Gesù nel Vangelo si pone in relazione con le nostre paure, con la nostra incapacità di comunicare e di ascoltare. E lo fa attraverso il corpo. Porta in disparte il sordomuto, lo tira via dal circolo vizioso di bisogno e di rifiuto della folla. Di quell'anonima solidarietà che sottolinea la sua emarginazione. Gesù avvia con lui un rapporto personale basato sulla gratuità dell'attenzione prestata perchè ancora non ci sono gli elementi per una comunicazione alla pari. Esperimento di comunicazione con uno che non sente e non parla. La difficoltà di comunicare precede la nostra volontà e le nostre decisioni. Non l’abbiamo programmato. L’incomunicabilità viene amplificata dalla nostra diversità, singolarità, che ci porta a uno stato d’emarginazione. A volte abbiamo voglia di mandare tutti a quel paese proprio perché non ci sentiamo accolti in questa nostra individualità, anzi siamo spesso sotto pressione per conformarci a un modello imposto dall’esterno; più delle volte attraverso le attese altrui. Allo stesso tempo però non possiamo fare a meno degli altri perché la solitudine è una minaccia costante alla stabilità del nostro essere: non siamo fatti per essere soli. Perciò oscilliamo fra solitudine da una parte e falsa comunione dall’altra per rivendicare la nostra individualità e per non cadere nell’isolamento. I GESTI DI GESU': Scatta tra i due un primo livello di comprensione in cui il sordomuto capisce che in Gesù c'è la preoccupazione di fare qualcosa per lui, per il suo problema, per rompere il muro della sua diversità e renderlo simile agli altri. La saliva, il soffio di vita di Gesù entrano in contatto con il sordomuto e questi gesti diventano un comando preciso: APRITI! Poter vivere liberi dalle paure è una esperienza unica, che conosciamo solo accanto a persone che ci trasmettono una loro vita interiore libera e liberata. "E' vero, mi sentivo minacciato da voi, mi prendevate in giro, ma oggi parlo anch'io! Ora posso dimenticare, perchè sento di aver una fiducia nuova nei rapporti umani, una fiducia donatami proprio dall'esperienza del dono vissuto." Gesù di Nazareth è intervenuto e ha ristabilito le relazioni nel giusto ordine, c'è un passato da digerire, però c'è la forza di questo dono gratuito, arrivato quando meno me lo aspettavo, che ha creato un rapporto nuovo ed in esso è possibile digerire anche il passato. ATTUALIZZAZIONE: Tutti noi abbiamo problemi di comunicazione. In essi ci dibattiamo oscillando tra il rifiuto degli altri, il rancore, il risentimento verso di loro e il bisogno di essere accolti. Solo Gesù di Nazareth fa uscire dal carcere della solitudine il sordomuto e lo fa entrar enella comunione. DOMANDE: Mi posso identificare nel sordomuto? Che tipo di rapporto ho con gli altri, conosciuti e sconosciuti? In mezzo agli altri mi sento a casa mia o uno di troppo? Riconosco un circolo vizioso tra incapacità di comunicare ed indurimento della coscienza: l'uno crea l'altro e viceversa. In conclusione non esiste intervento umano che possa sbloccare questa situazione. Non bastano le parole degli amici, dei vicini, dei genitori, dei guaritori... Solo una PAROLA, la parola di qualcuno che sa parlare davvero, sa penetrare nella coscienza attraverso il corpo, è capace di sbloccare l'ascolto e la comunicazione in quest'uomo e quindi di strapparlo dalla sua solitudine e dal suo conflitto con la realtà. LA STRADA DELLA FEDE PASSA ATTRAVERSO IL CORPO: Le promesse di Cristo ci interpellano, ma quando si realizzerà per noi questa promessa, quando potremo dire: "Sì, ci credo, è vero che c'è un Dio che parla e la sua parola è capace di liberare dalla solitudine e dall'incomunicabilità ciascuno di noi?" Ciò avverrà quando potremo sperimentare nel nostro corpo la stessa cosa capitata a quel sordomuto. In altre parole si tratta di ripercorrere alla rovescia il circolo vizioso che ci porta alla chiusura del cuore e al non ascolto. Attraverso le Parole e i gesti che le esprimono diamo voce in noi ad una INVOCAZIONE, diamo fiducia che possa esistere fuori di noi la trasparenza, la libertà di coscienza e il vero dialogo interpersonale, al di là di ogni equivoco. La liturgia e i sacramenti cristiani sono questo circolo benefico che comunica la Parola attraverso dei gesti e poi arricchisce il cuore di nuovi significati ogni volta che ci si immerge in questo circuito. Il sacramento del BATTESIMO (che vuol dire immersione) sottolinea questo atteggiamento di fondo che caratterizza la vita del credente. L'ESPERIENZA DI IMMERSIONE: Concludendo ritorniamo all'esperienza vissuta dal sordomuto. Posto in mezzo alla comunità, finalmente degno di un'attenzione a lui come persona umana che non aveva mai sperimentato, ammette il proprio stato di miseria e di incapacità di salvarsi da solo. Questo vale per tutti noi, anche se siamo bravi ad aiutare gli altri... Di fronte ad un povero gesto di Cristo, che in apparenza delude, si apre una via di affidamento a Dio, un abbandonarsi totale e completo al Dono di Dio, attraverso la mediazione di una persona , che accoglie questo gesto del corpo che dà voce al grido, all'invocazione del cuore. Immersione vuol dire leggere la propria esperienza di fede come una possibilità dataci, non solo di CAPIRE alcune cose e di METTERLE IN PRATICA, ma soprattutto di VIVERLE IN LIBERTA', IN PRIMA PERSONA, CI SONO IO, MI RICONOSCO IN QUESTA VERITA'. Faremo questa esperienza di immersione ripercorrendo le tappe della via di Gesù verso la croce, e con esse rivivendo il mistero della nostra salvezza in Cristo, fino alla Pasqua.