Art. 86, comma 2 - Confindustria Vicenza

D.LGS. 10 SETTEMBRE 2003, N. 276
ATTUAZIONE DELLE DELEGHE IN MATERIA DI
OCCUPAZIONE E MERCATO DEL LAVORO
DI CUI ALLA LEGGE 14 FEBBRAIO 2003, N. 30
- NOTA ILLUSTRATIVA -
Ottobre 2003
INDICE
PREMESSA
CAPITOLO 1 - Regime autorizzatorio e accreditamenti
(artt. 4-7)
Pag.
9
1.1
Agenzie per il lavoro
Pag. 13
Pag. 13
1.1.1
1.1.2
1.1.3
Autorizzazione
Altri soggetti autorizzabili e competenze delle Regioni
Accreditamento
Pag. 13
Pag. 15
Pag. 18
CAPITOLO 2 - Tutele sul mercato e disposizioni speciali con
riferimento ai lavoratori svantaggiati (artt.8-14) Pag. 19
2.1
Tutele sul mercato del lavoro
Pag. 19
2.1.1
2.1.2
2.1.3
2.1.4
Diritti dei lavoratori
Modalità delle comunicazioni per la ricerca di personale
Divieti a carico delle Agenzie per il lavoro
Fondi per la formazione ed integrazione del reddito
dei lavoratori con contratto di somministrazione
Pag. 19
Pag. 20
Pag. 21
2.2
Disposizioni speciali per i lavoratori svantaggiati
Pag. 23
2.2.1
2.2.2
Iniziative sociali per il lavoro
Inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati in
cooperative sociali
Pag. 23
CAPITOLO 3 - Borsa continua nazionale per il lavoro
e monitoraggio statistico (artt. 15-17)
Pag. 21
Pag. 24
Pag. 27
3.1
Borsa nazionale
Pag. 27
3.1.1
3.1.2
Finalità e articolazione della “Borsa”
Standard tecnici
Pag. 27
Pag. 27
3.2
Monitoraggio statistico
Pag. 28
3.2.1
Monitoraggio e valutazione delle politiche per il lavoro
Pag. 28
CAPITOLO 4 - Regime sanzionatorio (artt. 18 e 19)
Pag. 28
4.1
Sanzioni penali
Pag. 29
4.1.1
4.1.2
Distinzione tra esercizio abusivo e esercizio senza
autorizzazione
Somministrazione fraudolenta
Pag. 29
Pag. 31
4.2
Sanzioni amministrative
Pag. 32
4.2.1
4.2.2
Violazione delle disposizioni sugli “annunci”
Obblighi di comunicazione a carico dei datori di lavoro
Pag. 33
Pag. 33
CAPITOLO 5- Somministrazione di lavoro (artt. 20-28)
Pag. 38
5.1
Definizione
Pag. 39
5. 2
Regime transitorio
Pag. 40
5. 3
Condizioni di liceità
Pag. 41
5.3.1
5.3.2
5.3.3
5.3.4
5.3.5
Soggetti titolati
Somministrazione a tempo indeterminato
Somministrazione a tempo determinato
Limiti al controllo giudiziario
Divieti
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
5.4
Forma del contratto di somministrazione
Pag. 45
5.4.1
Somministrazione irregolare
Pag. 46
5.5
Disciplina dei rapporti di lavoro
Pag. 47
5.5.1
5.5.2
5.5.3
Lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato
Lavoratori assunti con contratto a tempo determinato
Computabilità dei lavoratori e assunzioni obbligatorie
Pag. 47
Pag. 48
Pag. 49
5.6
Tutela del prestatore di lavoro - Esercizio del potere disciplinare
- Regime della solidarietà
Pag. 50
5.6.1
Trattamento economico e normativo
Pag. 50
5.7
Diritti sindacali e garanzie collettive
Pag. 51
5.8
Norme previdenziali
Pag. 52
41
42
44
44
44
CAPITOLO 6 - Appalto (art. 29)
Pag. 55
6.1
Definizione
Pag. 55
6.1.1
6.1.2
6.1.3
6.1.4
Appalto di servizi
Cambi di appalto
Certificazione
Abrogazione della l. n. 1369 del 1960
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
56
56
57
57
CAPITOLO 7 - Distacco (art. 30)
Pag. 57
CAPITOLO 8 -Gruppi di impresa (art. 31)
Pag. 59
CAPITOLO 9 - Trasferimento d’azienda – Modifica all’art. 2112,
comma 5, c.c. (art. 32)
Pag. 59
CAPITOLO 10- Lavoro intermittente (artt. 33-40)
Pag. 61
10.1
Definizione
Pag. 61
10.2
Ipotesi soggettive
Pag. 61
10.3
Divieti
Pag. 62
10.4
Forma
Pag. 62
10.5
Indennità di disponibilità
Pag. 63
10.6
Computo dei lavoratori intermittenti
Pag. 65
10.7
Contrattazione collettiva e d.m. per l’individuazione delle ipotesi
"oggettive”
Pag. 65
CAPITOLO 11 - Lavoro ripartito (artt. 41-45)
Pag. 67
11.1
Definizione
Pag. 67
11.2
Regolamentazione del rapporto
Pag. 68
11.3
Forma
Pag. 69
11.4
Principio di non discriminazione
Pag. 69
11.5
Disposizioni previdenziali
Pag. 70
CAPITOLO 12 - Lavoro a tempo parziale (art. 46)
Pag. 71
12.1
Il lavoro supplementare
Pag. 71
12.1.1
12.1.2
12.1.3
12.1.4
L’intervento della contrattazione collettiva
Gli accordi individuali – Il consenso
Diritto al consolidamento
Disciplina transitoria
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
12.2
Le clausole flessibili ed elastiche
Pag. 74
12.2.1
12.2.2
12.2.3
12.2.4
Le clausole flessibili
Le clausole elastiche
Gli accordi individuali
Il risarcimento del danno
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
12.3
La trasformazione del rapporto a tempo pieno in rapporto
a tempo parziale
Pag. 78
12.4
L’assunzione di personale a tempo pieno
Pag. 79
12.5
L’assunzione di personale a tempo parziale
Pag. 79
12.6
La comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro
della stipula del contratto part-time
Pag. 80
12.7
Il contratto part-time con assunzione a termine
Pag. 80
12.8
Gli incentivi economici
Pag. 81
12.9
I criteri di computo dei lavoratori a part-time
Pag. 81
12.10
La definizione di “tempo pieno” e il lavoro straordinario
Pag. 82
12.11
Le sanzioni
Pag. 82
71
72
73
73
74
76
77
77
12.12
Conclusioni
Pag. 82
12.12.1
Il ruolo della contrattazione collettiva e quello
sostitutivo affidato agli accordi individuali
Pag. 82
CAPITOLO 13 - Apprendistato (artt. 47-53)
Pag. 87
13.1
Il nuovo apprendistato
Pag. 87
13.2
Tipologie e limiti quantitativi dell’apprendistato
– Autonomie nelle singole regolamentazioni
Pag. 88
13.2.1
13.2.2
13.2.3
Tipologie
Limiti quantitativi
Autonomia nella regolamentazione delle tre tipologie di
apprendistato
Pag. 88
Pag. 88
Pag. 89
Il contratto di apprendistato per l’espletamento del
diritto-dovere di istruzione-formazione
Pag. 89
13.3.1
13.3.2
13.3.3
13.3.4
Limiti di età
Campo di applicazione e durata
Forma del contratto
Regolamentazione dei profili formativi
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
13.4
Il contratto di apprendistato professionalizzante
Pag. 91
13.4.1
13.4.2
Limiti di età e campo di applicazione
Pag.
Deroga ai limiti di età e durata del contratto di apprendistato
professionalizzante
Pag.
Forma del contratto
Pag.
Regolamentazione dei profili formativi
Pag.
13.3
13.4.3
13.4.4
13.5
13.6
Il contratto di apprendistato per l’acquisizione di un
diploma o per percorsi di alta formazione
Incentivi economici e normativi
89
90
90
90
91
92
92
93
Pag. 94
Pag. 94
CAPITOLO 14 - Contratti di inserimento (artt. 54-59)
Pag. 96
14.1
Dai c.f.l. ai contratti di inserimento
Pag. 96
14.1.1
14.1.2
14.1.3
14.1.4
14.1.5
14.1.6
Campo di applicazione
Condizioni per le assunzioni
Competenze delle parti sociali
Sanzioni
Elementi del contratto
Benefici economici e normativi
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
Pag.
96
98
98
99
99
100
CAPITOLO 15 - Tirocini estivi di orientamento (art. 60)
Pag. 103
CAPITOLO 16 - Lavoro a progetto e lavoro occasionale
(artt. 61-69)
Pag. 104
16.1
Campo di applicazione
Pag. 104
16.1.1
16.1.2
Prestazioni occasionali – Definizione
Lavoro a progetto e a programma – Definizioni
Pag. 105
Pag. 105
16.2
Divieto di rapporti atipici e conversione del contratto
Pag. 107
16.3
Forma del contratto
Pag. 107
16.3.1
Forme di coordinamento
Pag. 108
16.4
Corrispettivo
Pag. 108
16.5
Obblighi di riservatezza e invenzioni
Pag. 109
16.6
Altri diritti del collaboratore a progetto
Pag. 109
16.6.1
Gravidanza – Malattia – Infortunio
Pag. 109
16.7
Estinzione del contratto
Pag. 110
16.7.1
Preavviso e altre causali e modalità
Pag. 110
16.8
Rinunzie e transazioni
Pag. 111
16. 9
Norme transitorie
Pag. 111
CAPITOLO 17 - Procedure di certificazione (artt. 75-84)
Pag. 114
17.1
Definizione
Pag. 114
17.2
Organi, competenze ed attività
Pag. 115
17.3
Procedimento ed effetti della certificazione
Pag. 115
17.4
Impugnazioni
Pag. 117
17.5
Altre ipotesi di certificazione
Pag. 117
CAPITOLO 18 – Abrogazioni (art. 85)
Pag. 119
CAPITOLO 19 - Norme transitorie e finali (art. 86)
Pag. 121
19.1
Associazione in partecipazione
Pag. 121
19.2
Certificato di regolarità contributiva nell’edilizia
Pag. 123
19.3
Commissione regionale dell’impiego
Pag. 123
19.4
Accordi interconfederali
Pag. 124
19.5
Monitoraggio dell’I.n.p.s.
Pag. 124
ALLEGATI
PREMESSA
Il 24 ottobre 2003 entrerà in vigore il d.lgs. 10 settembre
2003, n. 276 (recante “Attuazione delle deleghe in materia
di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14
febbraio 2003, n. 30”) aprendo una delicata fase di
transizione e messa in opera della riforma alla cui
realizzazione parteciperanno – ancora una volta – anche le
parti sociali.
Già il 16 ottobre scorso – in largo anticipo sui tempi
concessi - il Ministro del Lavoro, in attuazione di quanto
previsto dall’art. 86, comma 13, del decreto, ha avviato le
prime consultazioni con le confederazioni di
rappresentanza delle imprese e dei lavoratori al fine di
verificare la possibilità di affidare a uno o più Accordi
interconfederali la gestione della messa a regime della
normativa, anche con riferimento al regime transitorio ed
alla attuazione dei rinvii alla contrattazione collettiva.
Quanto sopra, nella evidente prospettiva della
realizzazione del dialogo sociale, chiaramente indicato nel
Patto per l’Italia e che il decreto stesso provvede ad
assecondare, in tutte le sue soluzioni operative, sul piano
normativo.
Il provvedimento, infatti, nel presupposto di individuare
nuove tecniche regolatorie per un ampio e convinto
coinvolgimento degli attori sociali a tutti i livelli opportuni,
eleva la contrattazione collettiva nazionale, territoriale e
aziendale a principale veicolo di attuazione delle
innovazioni proposte dal legislatore in materia di mercato
del lavoro, nel pieno rispetto del collaudato metodo del
dialogo sociale.
La autonomia responsabile degli attori del dialogo sociale
risulta dunque valorizzata dal frequente rinvio al loro
diretto negoziato in un disegno di sussidiarietà orizzontale
ove le norme di legge fanno solo da cornice.
Il decreto sottolinea la veridicità di tale affermazione
soprattutto con riferimento alle forme contrattuali volte a
garantire l’adattabilità dei lavoratori alle imprese ed alle
misure sulla occupabilità.
I rinvii alla contrattazione collettiva renderanno, infatti,
possibile (più che nel passato) intese locali per
l’occupabilità e l’adattabilità, permettendo di coniugare
tipologie contrattuali nuove (lavoro intermittente, staff
leasing) o vecchie (interinale, lavoro a tempo parziale) con
interventi mirati in formazione.
A garanzia di tutto ciò è stata introdotta una nuova tecnica
di selezione dei soggetti sindacali, cui viene affidata la
gestione delle novità apportate dalla Riforma, per la
legittimazione di intese sottoscritte soltanto da alcune
organizzazioni sindacali.
E’ infatti attraverso il ricorso alla espressione “contratti
collettivi stipulati da associazioni dei datori di lavoro e dei
prestatori
di
lavoro
comparativamente
più
rappresentative”, piuttosto che alla consueta espressione
“contratti collettivi stipulati dalle…..” che si intende
evitare che si registrino strumentalizzazioni tali da
impedire l’attuazione piena della Riforma Biagi.
Il rinvio alla contrattazione collettiva, per quanto ampio e
convinto, non può essere infatti tale da paralizzare
l’attuazione della riforma e il ruolo del legislatore nella
regolazione dei fenomeni economici e sociali.
Vanno pertanto valutate positivamente le disposizioni “di
chiusura” riportate nel provvedimento che daranno modo
di avviare la procedura di consultazione delle parti sociali.
Come pure vanno apprezzati i richiami agli Accordi
interconfederali di cui agli artt. 40 e 55, comma 3,
anch’essi destinati a colmare il vuoto eventualmente
prodotto da difficoltà che si dovessero incontrare nella
contrattazione collettiva.
Ma il decreto non si limita a sollecitare uno stretto
raccordo tra legge e autonomia collettiva. Esso intende
anche valorizzare le competenze e le funzioni dei cosiddetti
enti bilaterali, organismi con funzioni coadiuvanti alla
realizzazione degli obiettivi della riforma.
L’operatività degli istituti richiamati nell’articolato
varierà, ovviamente, in funzione degli strumenti attuativi
prescelti dal legislatore. Di conseguenza, tanto i rinvii alla
contrattazione
collettiva
(nazionale,
territoriale,
aziendale), quanto i rinvii all’intervento amministrativo (di
tipo ministeriale ovvero regionale), determineranno, ove
previsti, uno “slittamento” della operatività delle novità
introdotte dal d.lgs. n. 276/2003 (v. tabella sulle
“operatività” riportata in allegato).
In tale contesto assume una valenza particolare l’apertura
offerta agli accordi individuali introdotti in funzione
sostitutiva dell’intervento contrattuale di tipo collettivo (v.
part-time e lavoro ripartito) i quali permetteranno, ove
previsti, l’immediato “decollo” degli istituti interessati
dalla Riforma.
* * *
Si rammenta comunque che, entro 24 mesi dalla data di
entrata in vigore del d.lgs. n. 276/2003, il Governo potrà
emanare – ex art. 8, comma 5 della legge delega n. 30 del
2003 - eventuali disposizioni modificative e correttive della
legge delegata.
*
* *
Capitolo 1 - REGIME AUTORIZZATORIO
E ACCREDITAMENTI
(artt. 4-7)
Il Titolo II reca norme relative alla "Organizzazione e disciplina del mercato del
lavoro".
Il Titolo si suddivide in quattro Capi, rispettivamente riguardanti:
1) "Regime autorizzatorio e accreditamenti" (artt. da 4 a 7)
2) "Tutele sul mercato e disposizioni speciali con riferimento ai soggetti
svantaggiati" (artt. da 8 a 14)
3) "Borsa continua nazionale del lavoro e monitoraggio statistico" (artt. da 15
a 17)
4) "Regime sanzionatorio" (artt. 18 e 19)
L'art. 3 individua le finalità del titolo, cioè la realizzazione di un sistema efficace e
coerente di strumenti intesi a garantire trasparenza ed efficienza del mercato del
lavoro e migliorare le capacità di inserimento professionale dei disoccupati, con
particolare riferimento alle fasce deboli del mercato del lavoro.
1.1 Agenzie per il Lavoro
1.1.1 Autorizzazione
Viene integralmente rivisto il sistema di autorizzazione e di accreditamento delle
società abilitate all'attività di mediazione, ora definite "agenzie per il lavoro".
La definizione di "autorizzazione" è contenuta nell'art. 2 (Definizioni), comma 1, lett.
e) che individua come autorizzazione il: "provvedimento mediante il quale lo Stato
abilita operatori, pubblici e privati, di seguito denominati «agenzie per il lavoro»,
allo svolgimento delle attività di cui alle lettere da a) a d)"; cioè, rispettivamente: la
"somministrazione di lavoro"; la "intermediazione"; la "ricerca e selezione del
personale"; il "supporto alla ricollocazione professionale".
In ossequio al principio di delega dell'identificazione di un unico regime
autorizzatorio e di accreditamento, differenziato in ragione dell'attività svolta, viene
istituito (art. 4) un apposito albo delle agenzie per il lavoro abilitate allo svolgimento
delle attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale,
supporto alla ricollocazione professionale, articolato nelle seguenti cinque sezioni:
a) agenzie di somministrazione di lavoro abilitate allo svolgimento di tutte le
attività di cui al successivo art. 20 (per tale caratteristica in seguito definite
anche "generaliste");
b) agenzie di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato abilitate a
svolgere esclusivamente una delle attività specifiche previste al comma 3,
lettere da a) ad h), del successivo art. 20;
c) agenzie di intermediazione;
d) agenzie di ricerca e selezione del personale;
e) agenzie di supporto alla ricollocazione professionale.
L'esatta individuazione delle funzioni che possono essere svolte dalle diverse agenzie
è contenuta nell'art. 2 , lettere da a) a d).
Per l'esercizio delle attività, va presentata al Ministero del Lavoro una specifica
richiesta. Il Ministero rilascia, entro sessanta giorni una autorizzazione provvisoria,
provvedendo contestualmente alla iscrizione delle agenzie nell'albo. Decorsi due
anni, su richiesta del soggetto autorizzato, il Ministero stesso rilascia, entro i novanta
giorni successivi alla richiesta, l’autorizzazione a tempo indeterminato,
subordinatamente alla verifica del corretto andamento della attività svolta (art. 4,
comma 2).
Il decreto precisa che entrambe le domande devono intendersi accettate, qualora
decorrano inutilmente i predetti termini di sessanta e novanta giorni (art. 4, comma
3).
Le modalità di presentazione delle istanze ed i criteri attraverso i quali il Ministero
del Lavoro controllerà il corretto esercizio della attività verranno stabiliti con d.m.,
da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 276/2003
(art. 4, comma 5).
Le agenzie "generaliste" autorizzate all'esercizio della somministrazione potranno
svolgere tutte le attività di mediazione previste; le agenzie autorizzate all'esercizio
della attività di intermediazione potranno esercitare anche le attività di selezione e
supporto alla ricollocazione professionale.
L'art. 5 stabilisce i requisiti richiesti per l’iscrizione all’albo, prevedendo al comma 1
una serie di requisiti "generali", ed ai commi successivi requisiti specifici, collegati
alla attività per la quale si chiede l'autorizzazione all'esercizio.
Nell'ambito dei requisiti "specifici", va segnalato che per le agenzie "generaliste"
individuate dalla richiamata lettera a) del comma 1 dell'art. 4, i requisiti richiesti
ripropongono sostanzialmente le previsioni dettate dall'art. 2 della l. n. 196 del 24
giugno 1997 per l'esercizio della fornitura di lavoro temporaneo. Viene, però, elevato
a 600.000 euro in luogo dei precedenti 516.000 il limite minimo del capitale sociale
versato.
Inoltre, relativamente alle agenzie "generaliste" ed alle agenzie di intermediazione, si
segnala, in termini di novità rispetto ai previgenti criteri, che nell'oggetto sociale deve
sempre essere indicata l'attività autorizzata, ma la stessa deve rivestire caratteristiche
di mera prevalenza (quindi non più esclusività dell'oggetto) rispetto ad altre attività
esercitate dall'agenzia (per un evidente refuso tipografico, il testo pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale non riporta l’avverbio “non” tra le parole “se” ed “esclusivo”,
peraltro presente nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri il 31 luglio scorso).
Anche per le agenzie di selezione e di ricollocazione professionale viene meno il
criterio dell'esclusività dell'oggetto sociale, ma nell'indicazione dello stesso non deve
necessariamente evidenziarsi la prevalenza dell'attività autorizzata rispetto ad altre
attività esercitate dalla agenzia.
Sul punto va ancora evidenziato che il comma 6 dell'art. 86, recante norme transitorie
e finali, prevede, l'emanazione, entro trenta giorni dalla entrata in vigore del d.lgs. n.
276/2003, di un decreto del Ministro del Lavoro che detterà una disciplina transitoria
e di raccordo con le nuove disposizioni che interesserà le società di
somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale, ricollocamento
professionale già autorizzate ai sensi della normativa previgente. In attesa della
emanazione della disciplina transitoria restano in vigore le norme di legge e
regolamento vigenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 276/2003.
1.1.2 Altri soggetti autorizzabili e competenze delle Regioni
Con la disposizione dell'art. 6, viene sensibilmente allargata la platea dei soggetti
abilitati a svolgere attività di intermediazione, per via della estensione della
possibilità di esercizio dell'attività ad una serie di soggetti istituzionalmente addetti ad
altre attività, quali:
 le università pubbliche e private, comprese le fondazioni universitarie che
hanno come oggetto l’alta formazione con specifico riferimento alle
problematiche del mercato del lavoro, a condizione che svolgano la predetta
attività senza finalità di lucro.
Il mancato richiamo di procedure di autorizzazione deve far ritenere che per i
suddetti soggetti l’autorizzazione sia ope legis, senza cioè l’obbligo di
iscrizione all’albo. Tali istituti restano comunque obbligati al rispetto degli
adempimenti di interconnessione alla borsa continua nazionale del lavoro (di
cui al successivo art. 15), nonché degli adempimenti informativi relativi al
funzionamento del mercato del lavoro, ai sensi di quanto disposto al successivo
art. 17.
 i comuni, le camere di commercio e gli istituti di scuola secondaria di secondo
grado, statali e paritari, a condizione che svolgano attività di intermediazione
senza finalità di lucro e che siano rispettati i requisiti di cui alle lettere c)
(disponibilità di locali idonei), f) (interconnessione con la Borsa nazionale del
lavoro) e g) (diritto del lavoratore ad indicare l'ambito di diffusione dei propri
dati) di cui all’art. 5, comma 1, nonché l’invio di ogni informazione relativa al
funzionamento del mercato del lavoro ai sensi di quanto disposto al successivo
art. 17.
 le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative che siano firmatarie di contratti
collettivi nazionali di lavoro, le associazioni in possesso di riconoscimento
istituzionale di rilevanza nazionale ed aventi come oggetto sociale la tutela e
l’assistenza delle attività imprenditoriali o del lavoro e gli enti bilaterali (tra i
quali ultimi vanno ricompresi Fondimpresa e Fondirigenti, cioè i Fondi per la
formazione continua costituiti tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil e tra
Confindustria e Federmanager).
L'attività può essere esercitata a condizione che siano rispettati i requisiti
individuati alle lettere c), f), g) dell’art. 5, comma 1, nonché delle lettere d)
(assenza di carichi penali in capo ad amministratori e dirigenti) ed e) (distinte
divisioni operative) del medesimo articolo.
Anche per questi soggetti la norma (comma 3) non fa menzione di procedure
autorizzative.
Considerato, tuttavia, che il Ministero del Lavoro emanerà entro tempi brevi i
decreti di individuazione delle modalità di autorizzazione, appare opportuno
attenderne la definizione per formulare valutazioni definitive circa gli
adempimenti richiesti.
Una interpretazione letterale della norma sembrerebbe limitare la possibilità di
autorizzazione alle sole Associazioni Nazionali di Categoria titolari di contratti
collettivi nazionali di lavoro.
Di conseguenza, verrebbero escluse dal campo di applicazione le Associazioni
territoriali di livello provinciale, che invece dovrebbero essere le naturali
destinatarie della disposizione.
Proprio per la illogicità di tale esclusione, riteniamo che con l'espressione
adoperata il legislatore abbia inteso ricomprendere nel campo di applicazione
della disposizione il complesso del sistema associativo facente capo alle
Associazioni nazionali comparativamente più rappresentative.
 apposita fondazione o altro soggetto giuridico dotato di personalità giuridica
costituito nell’ambito del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro per lo
svolgimento a livello nazionale di attività di intermediazione.
Anche per tale soggetto l'iscrizione è subordinata al rispetto dei requisiti di cui
alle lettere c), d), e), f), g) dell’art. 5, comma 1.
Il comma 6 prevede, inoltre che le Regioni e le Province autonome possono
concedere, "con esclusivo riferimento al proprio territorio", l'autorizzazione allo
svolgimento delle attività di cui all’art. 2, comma 1, lett. b), c), d), cioè le attività di
intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione
professionale.
Condizione per l'autorizzazione è la sussistenza dei requisiti di cui agli artt. 4 e 5,
fatta eccezione per il requisito di cui all’art. 5, comma 4, lettera b), cioè la
distribuzione dell'attività, da parte delle agenzie di intermediazione, in un ambito
nazionale che interessi almeno quattro regioni.
Anche in tale fattispecie l’autorizzazione provvisoria all’esercizio deve essere
rilasciata dalla Regione o dalla Provincia autonoma entro sessanta giorni dalla
richiesta.
Contestualmente la Regione o la Provincia autonoma devono comunicare al
Ministero del lavoro l'autorizzazione concessa, per l’iscrizione della agenzia, in una
apposita sezione regionale, nell’albo di cui all’art. 4, comma 1.
Decorsi due anni, su richiesta del soggetto autorizzato, la Regione o la Provincia
autonoma rilasciano, entro i sessanta giorni successivi l’autorizzazione a tempo
indeterminato, subordinatamente alla verifica del corretto andamento della attività
svolta.
Con apposito decreto, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore
del d.lgs. n. 276/2003, il Ministero del Lavoro, d’intesa con la Conferenza Unificata
Stato-Regioni, stabilisce le modalità di costituzione della apposita sezione regionale
dell’albo di cui all’art. 4, comma 1, e delle procedure ad essa connesse.
1.1.3 Accreditamento
L'ultimo articolo del Capo I, cioè l'art. 7, dispone in materia di "accreditamenti".
Ai sensi della lettera f) dell'art. 2 del decreto, si intende per "accreditamento" il
"provvedimento mediante il quale le Regioni riconoscono a un operatore, pubblico o
privato, l’idoneità a erogare i servizi al lavoro negli ambiti regionali di riferimento,
anche mediante l’utilizzo di risorse pubbliche, nonché la partecipazione attiva alla
rete dei servizi per il mercato del lavoro con particolare riferimento ai servizi di
incontro fra domanda e offerta".
Viene prevista l'istituzione, da parte delle Regioni, di appositi elenchi per
l’accreditamento degli operatori pubblici e privati che operano nel proprio territorio,
nel rispetto degli indirizzi dalle stesse definiti ai sensi dell’art. 4 del d.lgs n. 297 del
19 dicembre 2002, nonché di alcuni principi e criteri previsti al comma 1, tra i quali:
 la salvaguardia di standard omogenei a livello nazionale nell’affidamento di
funzioni relative all’accertamento dello stato di disoccupazione e al
monitoraggio dei flussi del mercato del lavoro;
 l'obbligo della interconnessione con la borsa continua nazionale del lavoro,
nonché l’invio alla autorità concedente di ogni informazione strategica per un
efficace funzionamento del mercato del lavoro.
I provvedimenti regionali istitutivi dell’elenco dei soggetti accreditati, disciplinano
altresì:
 le forme della cooperazione tra i servizi pubblici e operatori privati
autorizzati, ovvero accreditati ai sensi del presente articolo, per le funzioni
di incontro tra domanda e offerta di lavoro, prevenzione della
disoccupazione di lunga durata, promozione dell’inserimento lavorativo dei
lavoratori svantaggiati, sostegno alla mobilità geografica del lavoro;
 i requisiti minimi richiesti per l’iscrizione in termini di capacità gestionali e
logistiche, competenze professionali, situazione economica, esperienze
maturate nel contesto territoriale di riferimento;
 le procedure per l’accreditamento;
 le modalità di misurazione dell’efficienza e della efficacia dei servizi
erogati;
 le modalità di tenuta dell’elenco e di verifica del mantenimento dei
requisiti.
Capitolo 2 - TUTELE SUL MERCATO E DISPOSIZIONI
SPECIALI CON RIFERIMENTO AI
LAVORATORI SVANTAGGIATI
(artt. 8-14)
2.1 Tutele sul mercato del lavoro
Gli artt. da 8 a 10 danno attuazione ai principi di delega previsti dall'art. 1, comma 2,
lett. g) della l. n. 30 del 14 febbraio 2003.
2.1.1 Diritti dei lavoratori
In particolare, l'art. 8 dispone che i soggetti che svolgono attività di intermediazione
devono assicurare ai lavoratori il diritto di indicare i soggetti o le categorie di soggetti
ai quali i propri dati devono essere comunicati, e garantiscono l’ambito di diffusione
dei dati medesimi indicato dai lavoratori stessi.
Un decreto del Ministro del Lavoro definirà le modalità di trattamento dei dati
personali di cui al d.lgs. n. 276/2003.
2.1.2 Modalità delle comunicazioni per la ricerca di personale
L'art. 9 stabilisce il divieto di comunicazioni relative ad ogni attività di mediazione di
personale effettuate in forma anonima o comunque provenienti da soggetti, pubblici o
privati, non autorizzati o accreditati all'esercizio della suddetta attività.
Non rientrano nell'ambito del divieto le comunicazioni che facciano esplicito
riferimento, in quanto "potenziali datori di lavoro", ai soggetti interessati alle
assunzioni o ad altri ad essi collegati perché facenti parte dello stesso gruppo di
imprese o in quanto controllati o controllanti.
Pur se la terminologia adottata (potenziali datori di lavoro), potrebbe indurre a
ritenere che le suddette comunicazioni esenti da divieto possano riferirsi solo ad
occasioni di lavoro subordinato, ci sentiamo, peraltro, di escludere, alla luce
dell'intento di modernizzazione perseguito, che il legislatore abbia, di fatto, stabilito
l'impossibilità di pubblicare annunci di ricerca di personale interessati alla
costituzione di differenti tipologie di lavoro.
In tutte le comunicazioni verso terzi, anche a fini pubblicitari, nonché nelle inserzioni
o annunci di ricerca di personale, le agenzie e gli altri soggetti autorizzati o
accreditati devono indicare gli estremi del provvedimento di autorizzazione o di
accreditamento al fine di consentire la corretta e completa identificazione.
Infine il comma 3 dell'art. 9 dispone che se le comunicazioni verso terzi sono
effettuate mediante annunci pubblicati su quotidiani e periodici o mediante reti di
comunicazione elettronica, e non recano un facsimile si domanda comprensivo
dell’informativa di cui all’art. 13, d.lgs. n. 196 del 30 giugno 2003 (sul “Codice in
materia di protezione dei dati personali”), indicano il sito della rete di comunicazioni
attraverso il quale il medesimo facsimile è conoscibile in modo agevole.
Tale disposizione recepisce l’orientamento in tal senso espresso dal Garante per la
protezione dei dati personali con pronuncia del 10 gennaio 2002.
Per completezza di informazione si rende noto che l’art. 111 del d.lgs. n. 196/2003
(Codice in materia di protezione dei dati personali) dispone che il Garante per la
privacy promuoverà “la sottoscrizione di codici di deontologia e di buona condotta
per i soggetti pubblici e privati interessati al trattamento dei dati personali effettuato
per finalità previdenziali o per la gestione del rapporto di lavoro, prevedendo anche
specifiche modalità per l’informativa all’interessato e per l’eventuale prestazione del
consenso relativamente alla pubblicazione degli annunci per finalità di occupazione
di cui all’art. 113 e alla ricezione di curricula contenenti dati personali sensibili”.
2.1.3 Divieti a carico delle Agenzie per il lavoro
L'art. 10 prevede, al comma 1, il divieto, per le agenzie per il lavoro e per gli altri
soggetti autorizzati o accreditati, di effettuare indagini sulle opinioni dei lavoratori o
di praticare trattamenti discriminatori.
Le suddette disposizioni non possono in ogni caso essere di impedimento alle
agenzie ed agli altri soggetti che intendano fornire specifici servizi o svolgere azioni
mirate per assistere le categorie di lavoratori svantaggiati nella ricerca di una
occupazione.
L'art. 11, in conformità a quanto previsto alla lettera l) dell'art. 1, comma 2 della l. n.
30/2003, fa divieto ai soggetti autorizzati o accreditati all'intermediazione di esigere o
comunque di percepire, direttamente o indirettamente, compensi dal lavoratore.
I contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di
lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale o territoriale
possono derogare a tale divieto, per specifiche categorie di lavoratori altamente
professionalizzati o per specifici servizi offerti dai soggetti autorizzati o accreditati.
2.1.4 Fondi per la formazione ed integrazione del reddito dei lavoratori con
contratto di somministrazione
L'art. 12 introduce disposizioni in materia di Fondi per la formazione e l’integrazione
del reddito dei lavoratori assunti, a tempo determinato o indeterminato, dai soggetti
autorizzati alla somministrazione di lavoro.
La nuova disciplina, riprende, per limitati aspetti, le previsioni del soppresso art. 5, l.
n. 196/1997 (come modificato dall'art. 64 della l. n 488 del 1999), e si configura
come totalmente innovativa riguardo alla disciplina della somministrazione a tempo
indeterminato.
In particolare viene previsto (comma 1), a carico dei soggetti autorizzati alla
somministrazione di lavoro, il versamento "ai fondi di cui al comma 4" di un
contributo pari al 4 per cento della retribuzione corrisposta ai lavoratori assunti con
contratto a tempo determinato per l’esercizio di attività di somministrazione.
Tali risorse sono destinate ad interventi mirati, in particolare, a promuovere percorsi
di qualificazione e riqualificazione anche in funzione di continuità di occasioni di
impiego e a stabilire specifiche misure di carattere previdenziale.
Finalità e misura del contributo sono identiche a quelle già previste dalla analoga
disciplina della l. n. 196/1997.
Il comma 2 introduce, sempre per i soggetti autorizzati alla somministrazione di
lavoro, l'obbligo del versamento "ai fondi di cui al comma 4" di un contributo pari al
4 per cento della retribuzione corrisposta ai lavoratori assunti con contratto a tempo
indeterminato. Non vi è, al riguardo, l'espresso riferimento ai lavoratori assunti per
l’esercizio di attività di somministrazione, ma riteniamo che vada comunque escluso
il versamento per i dipendenti "strutturali", il cui rapporto non è soggetto alle vicende
organizzative che caratterizzano il diretto svolgimento dell'attività di
somministrazione. Tale conclusione è rafforzata dall’esame delle finalità cui è diretto
il contributo, tutte volte a costituire una serie di tutele a favore dei lavoratori che
svolgono la loro attività in virtù di un contratto di somministrazione.
Le contribuzioni sono, infatti, utilizzate per: a) iniziative comuni finalizzate a
garantire l’integrazione del reddito dei lavoratori assunti con contratto a tempo
indeterminato in caso di fine lavori; b) iniziative comuni finalizzate a verificare
l’utilizzo della somministrazione di lavoro e la sua efficacia anche in termini di
promozione della emersione del lavoro non regolare e di contrasto agli appalti
illeciti; c) iniziative per l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro di
lavoratori svantaggiati; d) la promozione di percorsi di qualificazione e
riqualificazione professionale.
Gli interventi e le misure di cui sopra sono attuati nel quadro di politiche stabilite nel
contratto collettivo nazionale delle imprese di somministrazione di lavoro ovvero, in
mancanza, stabilite con decreto del Ministro del Lavoro.
Ai sensi del comma 4, entrambi i contributi sono rimessi a un fondo appositamente
costituito, anche nell’ente bilaterale, dalle parti stipulanti il contratto collettivo
nazionale delle imprese di somministrazione di lavoro, attivabile a seguito di
autorizzazione del Ministro del Lavoro.
Lo stesso Ministro può adeguare la misura delle contribuzioni in parola, previa
verifica con le parti sociali da effettuare decorsi due anni dalla data di entrata in
vigore del d.lgs. n. 276/2003, ma, ai sensi del comma 9, trascorsi dodici mesi dalla
entrata in vigore del decreto, il Ministro del Lavoro con proprio decreto, sentite le
associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale, può ridurre i contributi di cui ai commi 1 e 2 in
relazione alla loro congruità con le finalità dei relativi fondi.
Il comma 7 dell'articolo prevede che i contributi versati al Fondo in parola devono
intendersi non compresi nella base imponibile dell'IVA.
Richiamiamo inoltre il comma 8, che dispone circa le sanzioni a carico dei datori di
lavoro che omettano di versare - anche parzialmente - i contributi al Fondo,
prevedendo che, oltre al contributo omesso ed alle relative sanzioni, venga versata al
Fondo medesimo, a titolo di sanzione amministrativa, una somma di importo pari a
quella del contributo omesso.
In merito alle illustrate disposizioni dell'art. 12, va innanzitutto rilevato che, pur in
presenza di alcune incertezze determinate dalla lettera dell'art. 5, appare ipotizzabile
che al versamento dell'onere per i lavoratori "somministrati a tempo indeterminato"
siano tenute tutte le società autorizzate alla somministrazione, ivi comprese quelle
autorizzate all'esercizio delle attività specifiche di cui alle lettere da a) ad h) del
comma 3 del successivo art. 20.
2.2 Disposizioni speciali per i lavoratori svantaggiati
2.2.1 Iniziative sociali per il lavoro
Le disposizioni dell'art. 13 mirano ad incentivare il raccordo tra soggetti pubblici e
privati in vista di iniziative "sociali" per il lavoro.
Viene previsto che le agenzie autorizzate alla somministrazione, ai fini
dell’inserimento o del reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori
svantaggiati (per la categoria dei soggetti rientranti nella nozione di “lavoratore
svantaggiato” v. art. 2, comma 1, lett. k) del presente d.lgs. n. 276/2003 ed il
Regolamento (CE), 2204/2002 di cui si riporta il testo in allegato) possano operare in
deroga al regime generale della somministrazione per quanto attiene al trattamento
economico e normativo, a condizione che venga predisposto un piano individuale di
inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, con interventi formativi idonei e
il coinvolgimento di un tutore con adeguate competenze e professionalità, e che il
lavoratore venga assunto dall'agenzia con contratto di durata non inferiore a sei mesi.
La previsione di un tutor fa ritenere che il piano di inserimento o reinserimento possa
contemplare anche specifici periodi di formazione presso imprese disponibili ad
accogliere il lavoratore.
Inoltre, in caso di assunzione con contratto di durata non inferiore a nove mesi, le
agenzie potranno determinare il compenso del lavoratore, per un periodo massimo di
dodici mesi, detraendo quanto eventualmente percepito dal lavoratore medesimo a
titolo di indennità previdenziale o assistenziale.
Il comma 2 detta una specifica disciplina di decadenza dai trattamenti previdenziali
del lavoratore destinatario delle suddette iniziative, che opera allorquando lo stesso:
a) rifiuti di essere avviato a un progetto individuale di reinserimento ovvero a un
corso di formazione professionale autorizzato dalla Regione o non lo frequenti
regolarmente, fatti salvi i casi di impossibilità derivante da forza maggiore;
b) non accetti l’offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore
del 20 per cento rispetto a quello delle mansioni di provenienza;
c) non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla competente sede
I.n.p.s. del lavoro prestato ai sensi dell’art. 8, commi 4 e 5 della l. n. 160 del 20
maggio 1988.
Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano, altresì, quando le attività lavorative o
di formazione offerte al lavoratore siano congrue rispetto alle competenze e alle
qualifiche del lavoratore stesso e si svolgano in un luogo raggiungibile in 80 minuti
con mezzi pubblici da quello della sua residenza. Le disposizioni di cui al comma 2,
lettere b) e c) non si applicano ai lavoratori inoccupati.
Fino alla data di entrata in vigore di norme regionali che disciplinino la materia, le
iniziative potranno attuarsi solo qualora vengano stipulate specifiche convenzioni tra
agenzie ed enti locali (ivi compresa la Regione) o centri per l'impiego.
Le disposizioni dei commi da 1 a 5 possono applicarsi anche ad appositi soggetti
giuridici costituiti ai sensi delle normative regionali a seguito di convenzione con le
agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro, previo accreditamento dei
soggetti medesimi.
In tale ipotesi, le agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro si assumono gli
oneri delle spese per la costituzione e il funzionamento dei predetti soggetti. Le
Regioni, i centri per l’impiego e gli enti locali possono concorrere alle spese di
costituzione e funzionamento nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie.
2.2.2 Inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati in cooperative sociali
Il d.lgs. n. 276/2003 individua all’art. 14 misure mirate volte a sostenere
l’inserimento e la permanenza nel mercato del lavoro dei lavoratori svantaggiati (per
la categoria di soggetti rientranti nella nozione di lavoratore svantaggiato v. art. 2,
comma 1, lett. k) del predetto decreto legislativo e l’art. 4, comma 1, l. n. 381 dell’ 8
novembre 1991, il cui testo è riportato in allegato alla presente circolare) e dei
soggetti disabili, favorendo in tal modo l’integrazione sociale e la valorizzazione
delle relative capacità lavorative.
Nel decreto legislativo si incentiva una logica promozionale dei soggetti interessati
mediante il ricorso all’ausilio delle parti sociali a livello locale che, in quanto più
prossime al livello territoriale di riferimento, possono più efficacemente analizzare e
comprendere i bisogni delle singole comunità e predisporre gli strumenti e le strategie
più utili a realizzare l’obiettivo in parola.
A tal fine si prevede una particolare valorizzazione del ruolo delle cooperative
sociali, destinate, in raccordo con le associazioni datoriali e le organizzazioni
sindacali, a definire convenzioni-quadro a livello locale. In un’ottica promozionale
sono inoltre previste misure volte a incrementare il grado di interesse per le imprese.
Relativamente ai disabili la norma risolve, una volta per tutte, le innumerevoli
lacunosità contenute nell’art. 12, l. n. 68 del 12 marzo 1999, regolante il meccanismo
delle convenzioni tra datori di lavoro e cooperative sociali dirette a favorire
l’inserimento lavorativo dei lavoratori disabili.
L’intervento proposto, diretto a lasciare inalterato l’art. 12, l. n. 68/1999, introduce
nel nostro ordinamento una diversa disciplina della materia nei confronti dei disabili
che presentano - in base alla esclusiva valutazione dei servizi di cui all’art. 6, comma
1, l. n. 68/1999 - particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo
lavorativo ordinario.
Attraverso il conferimento, da parte delle imprese interessate, di commesse di lavoro
alle cooperative sociali l’art. 14 del d.lgs. n. 276/2003 consente di inserire
stabilmente i lavoratori disabili interessati presso le predette cooperative
considerando tali inserimenti utili ai fini della copertura della quota di riserva cui
sono tenute le imprese conferenti ex art. 3, l. n. 68/1999.
Diversamente da quanto previsto dall’art. 12, l.n. 68/99, la nuova fattispecie
disciplinata dall’articolo 14 del presente decreto legislativo riconduce la titolarità del
rapporto di lavoro in capo alla cooperativa sociale.
Il tutto viene regolamentato attraverso la stipula di una convenzione-quadro
territoriale tra i servizi di cui all’art. 6, comma 1, l. n. 68 del 1999, le associazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative a livello nazionale, le associazioni di rappresentanza, assistenza e
tutela delle cooperative di cui all’art. 1, comma 1, lett. b), l. n. 381 del 1991 e i
consorzi di cui all’art. 8, l. ult. cit.
La convenzione, che dovrà essere validata dalla Regione, sentiti gli organismi di
concertazione di cui al d.lgs. n. 469 del 23 dicembre 1997, disciplinerà i seguenti
aspetti:
 le modalità di adesione da parte delle imprese interessate;
 i criteri di individuazione dei lavoratori svantaggiati da inserire al lavoro in
cooperativa. L’individuazione dei disabili sarà curata dai servizi di cui all’art.
6, comma 1, l. n. 68/99;

le modalità di attestazione del valore complessivo del lavoro annualmente
conferito da ciascuna impresa e la correlazione con il numero dei lavoratori
svantaggiati inseriti al lavoro in cooperativa;
 la determinazione del coefficiente di calcolo del valore unitario delle
commesse, secondo criteri di congruità con i costi del lavoro derivanti
dai contratti collettivi di categoria applicati dalle cooperative sociali;
 la promozione e lo sviluppo delle commesse di lavoro a favore delle
cooperative sociali;
 l’eventuale costituzione di una struttura tecnico-operativa senza scopo di lucro
a supporto delle attività previste dalla convenzione;
 i limiti di percentuali massime di copertura della quota d’obbligo da realizzare
con lo strumento della convenzione.
Il numero delle coperture per ciascuna impresa è dato dall’ammontare annuo delle
commesse dalla stessa conferite diviso per il coefficiente richiamato al quarto punto
di cui sopra e nei limiti di percentuali massime stabilite con le predette convenzioniquadro. Tali limiti percentuali non hanno effetto nei confronti delle imprese che
occupano da 15 a 35 dipendenti. Quest’ultimo inciso sta a significare che nei
confronti di tali imprese la copertura della quota d’obbligo (che è pari ad un disabile.
V. art. 3, comma 1, lett. c, l.n. 68/99) può avvenire interamente attraverso lo
strumento introdotto dal presente art. 14. La congruità della computabilità dei
lavoratori inseriti in cooperativa sociale sarà verificata dalla Commissione
provinciale del lavoro.
La possibilità di assumere il disabile attraverso la convenzione di cui sopra è, tuttavia,
subordinata all’adempimento degli obblighi di assunzione di lavoratori disabili
imposti ai fini della copertura della restante quota d’obbligo determinata ex art. 3, l.
n. 68/1999. Tale requisito può ritenersi soddisfatto anche nel caso in cui l’azienda
abbia stipulato convenzioni di programma ex art. 11, l. n. 68/99 e stia portando a
compimento il relativo programma ovvero abbia ottenuto l’esonero parziale ex art.
art. 5, l.n. 68/99.
Nei limiti del rispetto della ricorrenza delle condizioni sopra richieste, l’operatività
della norma è immediata.
Capitolo 3 - BORSA CONTINUA NAZIONALE PER IL
LAVORO E MONITORAGGIO STATISTICO
(artt. 15-17)
3.1 Borsa nazionale
3.1.1 Finalità e articolazione della “Borsa”
L'art. 15 prevede la costituzione della borsa continua nazionale del lavoro, sistema
telematico "aperto e trasparente" di incontro tra domanda e offerta di lavoro.
La "borsa" è articolata in due ambiti di operatività, uno nazionale, principalmente
finalizzato a garantire standard informativi univoci, ed uno regionale; il
coordinamento dei due ambiti deve in ogni caso garantire, nel rispetto degli artt. 4 e
120 della Costituzione, la piena operatività della borsa continua nazionale del lavoro
in ambito nazionale e comunitario.
La "borsa" è liberamente accessibile da parte di lavoratori e di imprese e deve essere
consultabile da un qualunque punto della rete. I lavoratori e le imprese hanno facoltà
di inserire nuove candidature o richieste di personale direttamente e senza rivolgersi
ad alcun intermediario, da qualunque punto di rete, attraverso accessi appositamente
dedicati da tutti i soggetti pubblici e privati, autorizzati o accreditati.
Tutti gli operatori - pubblici e privati, accreditati o autorizzati - hanno l'obbligo di
conferire alla "borsa" i dati acquisiti in base alle indicazioni rese dai lavoratori ai
sensi dell'art. 8 del decreto, e dalle imprese riguardo l'ambito territoriale prescelto.
Non viene enunciato alcun principio circa la eventuale tutela della "paternità
economica" dei dati che le agenzie devono obbligatoriamente inserire.
Bisognerà quindi attendere il decreto di cui al comma 2 dell'art. 8 per poter meglio
valutare se e in che misura è ammessa una tutela della dei dati immessi (e quindi in
precedenza “lavorati”) dall'agenzia, ovvero se sia possibile un incondizionato e
generalizzato utilizzo dei dati presenti nella "borsa".
3.1.2 Standard tecnici
L'art. 16 prevede l'emanazione di un decreto del Ministro del Lavoro che stabilirà gli
standard tecnici e i flussi informativi di scambio tra i sistemi, nonché le sedi tecniche
finalizzate ad assicurare il raccordo e il coordinamento del sistema a livello
nazionale.
Condizione per l'emanazione del decreto è l'intesa con Regioni e Province autonome.
3.2 Monitoraggio statistico
3.2.1 Monitoraggio e valutazione delle politiche per il lavoro
L'art. 17 individua i criteri di riferimento per le attività di monitoraggio statistico e di
valutazione delle politiche del lavoro attuate in base alla riforma.
Viene, tra l'altro, prevista la costituzione, presso il Ministero del Lavoro, di una
Commissione di esperti della materia, con il compito di fornire al Ministro
indicazioni circa l'adozione dei decreti di cui agli artt. 1bis e 4bis del d.lgs. n.
181/2000 e la definizione di tutti i flussi informativi che rientrano nell'ambito della
borsa continua nazionale del lavoro.
La medesima Commissione, integrata con rappresentanti delle parti sociali, dovrà
altresì definire, entro sei mesi dall'entrata in vigore, una serie di indicatori di
monitoraggio delle diverse misure attuate con il d.lgs. n. 276/2003.
E' ancora prevista, in materia di apprendistato, la costituzione, sempre presso il
Ministero del Lavoro, di una Commissione di sorveglianza, con compiti di
valutazione in itinere della riforma.
La Commissione è composta da rappresentanti dei Ministeri del Lavoro e della
Pubblica Istruzione, delle Regioni e delle Province Autonome, di I.n.p.s. ed I.s.f.o.l.,
delle parti sociali.
Capitolo 4 - REGIME SANZIONATORIO
(artt. 18 e 19)
Per quanto riguarda le violazioni della disciplina in materia di somministrazione,
intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione
professionale, il decreto legislativo definisce un sistema di sanzioni penali ed
amministrative.
4.1 Sanzioni penali
4.1.1 Distinzione tra esercizio abusivo e esercizio senza autorizzazione
Rispetto allo schema di decreto legislativo, approvato in prima lettura dal Consiglio
dei Ministri il 6 luglio u.s., che sanzionava in uguale misura tutte le violazioni delle
attività di cui all’art. 4, comma 1, il testo definitivo distingue (cfr. art. 18, comma 1)
fra la fattispecie dell’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione (pena
dell’arresto fino a 6 mesi e dell’ ammenda da euro 1.500 a euro 7.500 e la sanzione
accessoria della confisca del mezzo di trasporto eventualmente utilizzato) e la
fattispecie dell’esercizio non autorizzato delle attività di somministrazione, di
intermediazione, di ricerca e selezione del personale, di supporto alla ricollocazione
professionale (pena dell’ammenda di 5 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni
giornata di lavoro e confisca del mezzo di trasporto eventualmente utilizzato).
Tale distinzione è stata operata dal legislatore delegato in ossequio ai principi ed ai
criteri direttivi di delega contenuti nella l. 14 febbraio 2003, n. 30, laddove l’art. 1,
comma 2, lett. m), n. 6, imponeva l’abrogazione della l. 23 ottobre 1960, n. 1369, e la
sua sostituzione con una nuova disciplina, che confermasse il regime sanzionatorio,
civilistico e penalistico, previsto per i casi di violazione della disciplina della
mediazione privata.
L’art. 1 prescriveva, inoltre, al legislatore delegato la definizione di specifiche
sanzioni penali per le ipotesi di esercizio abusivo di intermediazione privata e pene
più severe nel caso di sfruttamento del lavoro minorile.
Il d.lgs. n. 276/2003 ha, pertanto, configurato l’esercizio abusivo dell’attività di
intermediazione privata come illecito penale contravvenzionale autonomo, punito più
severamente rispetto all’esercizio senza autorizzazione delle altre attività di cui
all’art. 4, comma 1.
La diversità terminologica dei due reati (“esercizio abusivo”, “esercizio senza
autorizzazione”) non sembra corrispondere ad una diversità sostanziale delle
condotte delineate dalle fattispecie incriminatrici.
In realtà, l’art. 18, comma 1, ricollega l’applicabilità delle sanzioni penali
all’esercizio di una delle attività previste dall’art. 4 (somministrazione,
intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione
professionale) qualora manchi la condizione essenziale che legittima all’esercizio di
tali attività, ovvero il rilascio di un atto autorizzativo.
E’ solo la mancanza dell’autorizzazione che rileva ai fini dell’irrogazione delle
sanzioni e non l’accertamento della mancanza di altri requisiti e ciò vale tanto per
l’attività di intermediazione quanto per l’attività di somministrazione, di ricerca e
selezione del personale, di supporto alla ricollocazione professionale.
Pertanto, salve diverse indicazioni che potranno pervenire dal Ministero del Lavoro, è
corretto attribuire ai due termini (“esercizio abusivo”, “esercizio senza
autorizzazione”) un significato pressoché equivalente, e ritenere che il legislatore
abbia voluto punire più severamente l’esercizio non autorizzato (rectius “abusivo”)
dell’attività di intermediazione, nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi contenuti
nella legge delega.
Se l’esercizio abusivo dell’intermediazione avviene senza scopo di lucro, la pena è
ridotta di un terzo (ammenda da euro 500 a euro 2.500); se vi è sfruttamento di
minori le sanzioni sono più gravi (arresto fino a 18 mesi ed ammenda da euro 9.000
ad euro 45.000).
In merito, occorre precisare che la circostanza attenuante dell’esercizio dell’attività
senza fine di lucro e la circostanza aggravante dello sfruttamento di minori
riguardano esclusivamente la fattispecie dell’esercizio abusivo dell’intermediazione e
non si applicano alla diversa fattispecie dell’esercizio non autorizzato delle attività di
cui all’art. 4, comma 1.
Ciò perché la diminuzione delle pene è calcolata avendo come riferimento la pena
base che è soltanto quella prevista per l’esercizio abusivo dell’intermediazione. Di
conseguenza, anche l’aggravamento della pena deve essere riferito esclusivamente
alla medesima fattispecie.
Per quanto concerne la somministrazione, essa non può comportare oneri a carico del
prestatore di lavoro in quanto l’art. 11, comma 1, vieta ai soggetti autorizzati o
accreditati di esigere o percepire direttamente o indirettamente compensi dal
lavoratore, tranne nei casi in cui la contrattazione collettiva nazionale o territoriale
individui specifiche categorie di lavoratori altamente professionali o specifici servizi
offerti per i quali è ammessa la corresponsione del compenso
Tale divieto è sanzionato dall’art. 18, comma 4, con la pena alternativa dell’arresto
non superiore a dodici mesi o dell’ammenda da euro 2.500 ad euro 6.000 e con la
sanzione accessoria della cancellazione dall’albo.
Sul punto è da precisare che, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 11, comma 1
”... divieto ai soggetti autorizzati o accreditati di esigere o comunque di percepire,
direttamente o indirettamente..”, si applicano le sanzioni anche nel caso in cui la
corresponsione del compenso avvenga non da parte del lavoratore, ma da parte di
terzi.
Inoltre, secondo l’art.18, comma 2, l’impresa utilizzatrice che ricorra alla
somministrazione da parte di soggetti diversi dalle agenzie di somministrazione di
lavoro abilitate allo svolgimento di tutte le attività di cui all’art. 20 e diversi dalle
agenzie di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato abilitate a svolgere
esclusivamente una delle attività specifiche di cui all’art. 20, comma 3, lett. da a) ad
h), è punito con l’ ammenda di 5 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni
giornata di lavoro.
Identica sanzione è prevista per l’impresa utilizzatrice che ricorra alla
somministrazione “...al di fuori dei limiti ivi previsti...”.
Deve ritenersi che la condotta sanzionata sia quella dell’impresa utilizzatrice /datore
di lavoro, il quale ricorra alla somministrazione da parte di soggetti che, pur essendo
abilitati a svolgere una sola attività di cui all’ art. 20, comma 3, lett. da a) ad h),
svolgano una o più delle altre attività senza averne titolo.
Pertanto, salve diverse indicazioni che potranno intervenire dal Ministero del Lavoro,
l’espressione “limiti ivi previsti”, deve essere riferita alla limitazione per lo
svolgimento di altre attività, prevista dall’art. 4, comma 1, lett. b).
La sanzione è aggravata se vi è sfruttamento di minori (arresto fino a 18 mesi e
ammenda aumentata fino al sestuplo ovvero 30 euro per ogni lavoratore occupato e
per ogni giornata di lavoro).
La violazione delle condizioni di liceità della somministrazione di lavoro, previste
dall’art. 20, commi 1, 3, 4, 5, e la violazione della forma del contratto di
somministrazione, prevista dall’art. 21, commi 1 e 2, comporta sia per il
somministratore che per l’impresa utilizzatrice l’applicazione della sanzione
amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 1.250.
La stessa sanzione amministrativa è irrogata nei confronti del somministratore che,
all’atto di stipulazione del contratto ovvero dell’invio del lavoratore presso l’impresa
utilizzatrice, ometta di comunicare, per iscritto, al prestatore di lavoro le informazioni
riguardanti gli elementi del contratto di cui all’art. 21, comma 1, la data di inizio, la
durata prevedibile dell’attività lavorativa presso l’impresa utilizzatrice.
4.1.2 Somministrazione fraudolenta
Occorre, inoltre, ricordare che l’art. 28 configura il reato contravvenzionale della
somministrazione fraudolenta che ricorre quando la somministrazione viene posta in
essere al fine specifico di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo
applicato al lavoratore (al somministratore ed all’utilizzatore si applica l’ammenda di
20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione).
Tale fattispecie incriminatrice è diversa rispetto alla fattispecie delineata dall’art. 18,
comma 1, per cui, qualora ricorrano sia gli estremi della somministrazione
fraudolenta che quelli della somministrazione senza autorizzazione, si applicheranno
entrambe le relative sanzioni.
Trattasi di una “norma di chiusura” ossia di una disposizione che si applica a tutte le
ipotesi di somministrazione intenzionalmente preordinata al fine di “aggirare”
l’applicazione di norme inderogabili di legge o di contratto collettivo.
La violazione del divieto di indagini sulle opinioni e del divieto di trattamenti di dati
discriminatori, che l’art. 10 prevede per le agenzie per il lavoro e per gli altri soggetti
pubblici e privati autorizzati o accreditati, è sanzionata dall’art. 18, comma 5.
In tal caso si applicano le disposizioni penali stabilite dall’art. 38, l. n. 300 del 20
maggio 1970 e, pertanto, la violazione del divieto di cui all’art. 10 è punita, salvo che
il fatto non costituisca più grave reato, con la pena alternativa dell’ammenda da euro
154 ad euro 1.549 o dell’arresto da quindici giorni ad un anno.
Nei casi più gravi, dispone l’art. 38 l. n. 300/1970, le pene dell’ammenda e
dell’arresto sono applicabili congiuntamente e l’autorità giudiziaria ordina la
pubblicazione della sentenza penale di condanna secondo l’art. 36 del codice penale.
Qualora le condizioni economiche del reo siano tali da far presumere l’inefficacia
afflittiva dell’ammenda, il giudice può applicare la pena dell’ammenda fino a 7.745
euro.
L’art. 18, comma 5, prevede altresì, sempre nei casi più gravi, l’applicazione della
sanzione accessoria della sospensione dell’autorizzazione di cui all’art. 4 e, in caso di
recidiva, la revoca dell’ autorizzazione medesima.
Il comma 6 dell’art. 18 prevede che, entro sei mesi dall’entrata in vigore del d.lgs. n.
276/2003, il Ministro del lavoro emani un decreto contenente “criteri interpretativi
certi per la definizione delle varie forme di contenzioso in atto riferite al pregresso
regime in materia di intermediazione e interposizione nei rapporti di lavoro”.
4.2 Sanzioni amministrative
L’art. 19 prevede una serie di sanzioni amministrative, con particolare riferimento
alle norme in tema di comunicazioni dei datori di lavoro introdotte dall'art. 6 del
d.lgs. n. 297/2002, che detta norme modificative ed integrative del d.lgs. n. 181 del
21 aprile 2000, relativo alla promozione dell'incontro tra domanda e offerta di
lavoro, nonché dell'art. 9bis della l. n. 608 del 28 novembre 1996, che reca
disposizioni in materia di collocamento, e dell'art. 21 della l. n. 264 del 29 aprile
1949, relativo alla disciplina dell'avviamento al lavoro.
4.2.1 Violazione delle disposizioni sugli “annunci”
Viene innanzitutto disposta una sanzione da 4.000 a 12.000 euro nei confronti degli
editori, dei direttori responsabili e dei gestori di siti sui quali siano pubblicati annunci
in violazione delle disposizioni di cui al già illustrato art. 9.
Le sanzioni stabilite ai commi da 2 a 5 fanno, invece, riferimento alle violazioni degli
obblighi di comunicazione dell'instaurazione, cessazione e trasformazione del
rapporto di lavoro, posti a carico dei datori di lavoro dall'art. 6 del d.lgs. n. 297/2002.
4.2.2 Obblighi di comunicazione a carico dei datori di lavoro
Il comma 2 dispone che la violazione dell'obbligo di consegna al lavoratore, all'atto
dell'assunzione, di una dichiarazione sottoscritta con i dati del libro matricola,
nonché della comunicazione di cui al d.lgs. n. 152 del 26 maggio 1997 (obbligo
stabilito dal comma 2 dell'art. 4bis del d.lgs. n. 181/2000, introdotto dall'art. 6,
comma 1, d.lgs. n. 297/2002) è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da
250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato.
La norma conferma la sanzione già prevista dal comma 3 dell'art. 9bis della l. n.
608/1996, abrogato dall'art. 85 del d.lgs. n. 276/2003, il quale prevedeva analoghi
adempimenti a carico del datore di lavoro.
Il comma 3 detta disposizioni per la violazione degli obblighi di:
 comunicazioni di "trasformazione" del rapporto di lavoro e rispetto delle
modalità di comunicazione definite dal Ministero del Lavoro (art. 4bis,
commi 5 e 7, del d.lgs., n. 181/2000);
 comunicazione contestuale dell'instaurazione di rapporto di lavoro
subordinato o in forma coordinata e continuativa (art. 9bis, comma 2, della
l. n. 608/1996, così come sostituito dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. n.
297/2002);
 comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro (art. 21, comma 1, della
l. n. 264/1949, così come sostituito dall’art. 6, comma 3, del d.lgs. n.
297/2002 ).
Nelle suddette ipotesi è applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a
500 euro per ogni lavoratore interessato.
In precedenza, la violazione dell'obbligo di comunicazione dell'instaurazione di un
rapporto di lavoro (obbligo, peraltro, diverso dall'attuale nei termini e nelle modalità)
era punita con la sanzione amministrativa da 258 a 1.549 euro; la violazione
dell'obbligo di comunicazione della cessazione del rapporto era punita con la
sanzione amministrativa da 51 a 154 euro; le sanzioni per la violazione degli obblighi
di comunicazione delle "trasformazioni" del rapporto sono state introdotte dal d.lgs.
n. 297/2002 (che non prevedeva eventuali sanzioni).
Il comma 4 stabilisce le sanzioni per la violazione degli obblighi di comunicazione a
carico delle imprese fornitrici di lavoro temporaneo, tenute a comunicare al servizio
per l'impiego competente per territorio, entro il giorno 20 del mese successivo,
l'assunzione, la proroga e la cessazione dei lavoratori temporanei assunti nel corso del
mese precedente. Tale disposizione va letta in combinato disposto con la norma
transitoria di cui all’art. 86, comma 7, che prevede che l’obbligo di comunicazione di
cui al comma 4 dell’art. 4bis del d.lgs. n. 181/2000, si intende riferito a tutte le
imprese di somministrazione, sia a tempo indeterminato che a tempo determinato.
Per la suddetta violazione è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria 50 a 250
euro per ogni lavoratore interessato.
Infine, il comma 5 prevede che nel caso di omessa comunicazione contestuale di
instaurazione del rapporto, omessa comunicazione di cessazione e omessa
comunicazione di trasformazione, è ammesso il pagamento della sanzione minima
ridotta della metà, qualora l’adempimento della comunicazione venga effettuato
spontaneamente entro il termine di dieci giorni dalla data di inizio dell’omissione.
Evidenziamo, peraltro, che le disposizioni del d.lgs. n. 297/2002, che hanno
introdotto nuovi obblighi di comunicazione a carico dei datori di lavoro, e modificato
altri preesistenti (con l'eccezione dell'obbligo di consegna al lavoratore della predetta
dichiarazione sottoscritta, previsto dal comma 2 del nuovo art. 4bis del d.lgs. n.
181/2000), non esplicano, a tutt'oggi, efficacia operativa.
L'art. 7 del d.lgs. n. 297/2002 ha, infatti, previsto che le disposizioni che hanno
introdotto i suddetti obblighi di comunicazione saranno applicabili dalla data che
verrà stabilita da uno specifico d.m., ma tale decreto non è stato ancora emanato.
Ne consegue che anche le sanzioni recate dal d.lgs. n. 276/2003 saranno irrogabili a
partire dalla data di applicabilità dei suddetti adempimenti di comunicazione a carico
delle imprese.
Regime sanzionatorio
- sanzioni penali ed amministrative Scheda riepilogativa
Esercizio non autorizzato delle attività di
somministrazione, intermediazione, ricerca e
selezione
del
personale,
ricollocazione
professionale (art. 18, comma 1)

ammenda di 5 euro per ogni lavoratore
occupato e per ogni giornata di lavoro

confisca del mezzo di trasporto
Esercizio
abusivo
dell’attività
intermediazione (art. 18, comma 1)

arresto fino a 6 mesi e ammenda da euro
1.500 a euro 7.500

confisca del mezzo di trasporto

ammenda da euro 500 a euro 2.500

confisca del mezzo di trasporto

arresto fino a 18 mesi e ammenda
aumentata fino al sestuplo (da euro 9.000
ad euro 45.000)

confisca del mezzo di trasporto
Utilizzatore che ricorre alla somministrazione
da parte di soggetti diversi da quelli cui all’art 4
lett. a) e b) o al di fuori dei limiti previsti nella
lett. b)
(art. 18, comma 2)

ammenda di 5 euro per ogni lavoratore
occupato e per ogni giornata di lavoro
Utilizzatore che ricorre alla somministrazione
da parte di soggetti diversi da quelli cui all’art 4
lett. a) e b) o al di fuori dei limiti previsti nella
lett. b, con sfruttamento di minori (art. 18,
comma 2)

arresto fino a 18 mesi e ammenda
aumentata fino al sestuplo (30 euro per
ogni lavoratore occupato e per ogni
giornata di lavoro)
di
Esercizio
abusivo
dell’attività
di
intermediazione senza scopo di lucro (art. 18,
comma 1)
Esercizio
abusivo
dell’attività
di
intermediazione con sfruttamento di minori (art.
18, comma 1)
Avviamento a prestazioni di lavoro oggetto di
somministrazione dietro richiesta o percezione
di compenso da parte del lavoratore (escluse le
ipotesi previste dall’art. 11, comma 2) (art. 18,
comma 4)

arresto non superiore a 12 mesi o, in
alternativa, ammenda da euro 2.500 a
euro 6.000

cancellazione dall’albo
Violazione delle condizioni di liceità del
contratto di somministrazione di cui all’art. 20,
commi 1, 3, 4, 5 (art. 18, comma 3)

al somministratore ed all’utilizzatore si
applica la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 250 a euro 1.250
Violazione della forma del contratto di
somministrazione di cui all’art. 21, commi 1 e 2
(art. 18, comma 3)

al somministratore ed all’utilizzatore si
applica la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 250 a euro 1.250
Omissione da parte del somministratore delle
informazioni al lavoratore di cui all’art. 21,
comma 3 (art. 18, comma 3)

al somministratore si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro 250 a
euro 1.250
Somministrazione fraudolenta (finalizzata ad
eludere norme inderogabili di legge o di
contratto collettivo) (art. 28)

al somministratore ed all’utilizzatore si
applica l’ammenda di 20 euro per ciascun
lavoratore coinvolto e ciascun giorno di
somministrazione
Somministrazione
fraudolenta
e
senza
autorizzazione (art. 18, comma 1, e art. 28)

al somministratore ed all’utilizzatore si
applica l’ammenda di 20 euro per ciascun
lavoratore coinvolto e ciascun giorno di
somministrazione

ammenda di 5 euro per ogni lavoratore
occupato e per ogni giornata di lavoro

confisca del mezzo di trasporto

ammenda da euro 154 a euro 1.549 euro
o arresto da 15 giorni ad un anno

nei casi più gravi, le pene dell’ammenda
e
dell’arresto
sono
applicabili
congiuntamente ed è disposta la
pubblicazione della sentenza penale di
condanna

in caso di condizioni economiche del reo
particolarmente
agiate,
possibile
applicazione di un’ammenda da euro 154
ad euro 7745

nei casi più gravi, sanzione accessoria
della sospensione dell’autorizzazione di
cui all’art. 4 e, in caso di recidiva, la
revoca
Pubblicazione di annunci in violazione delle
disposizioni riguardanti le comunicazioni a
mezzo stampa, internet, televisione o altri
mezzi di informazione di cui all’art. 9 (art. 19,
comma 1)

agli editori, direttori responsabili ed ai
gestori di siti sui quali sono pubblicati gli
annunci si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro 4.000
a euro 12.000
Violazione dell’obbligo di consegna di cui
all’art. 4 bis, comma 2, del d.lgs. n. 181/2000,
come modificato dall’art. 6, comma 1 del d.lgs.
n. 297/2002 (obbligo di consegnare ai lavoratori,
all’atto dell’assunzione, una dichiarazione
sottoscritta contenente i dati di registrazione
effettuata nel libro matricola, nonché la
comunicazione di cui al d.lgs. n. 152/1997) (art.
19, comma 2)

sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 250 a euro 1.500 per ogni
lavoratore interessato
Violazione degli obblighi di comunicazione a
carico delle imprese (ex fornitrici di lavoro
temporaneo) di somministrazione (cfr. art. 86,
comma 7) cui all’art. 4bis, comma 4, del d.lgs.
n. 181/2000, come modificato dall’art. 6, comma
1 del d.lgs. n. 297/2002 (art. 19, comma 4)

sanzione amministrativa da euro 50 a
euro 250 per ogni lavoratore interessato
Violazione del divieto di indagine sulle
opinioni e trattamenti discriminatori di cui
all’art. 10 (art. 18, comma 5)
Violazione degli obblighi di comunicazione
delle variazioni del rapporto di lavoro di cui
all’art. 4bis, commi 5 e 7, del d.lgs. n. 181/2000,
come modificato dall’art. 6, comma 1 del d.lgs.
n. 297/2002 (art. 19, comma 3)

sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 100 a euro 500 per ogni lavoratore
interessato

ammissione al pagamento della sanzione
amministrativa di euro 50 se la
comunicazione è effettuata entro 5 giorni
dalla data di inizio della omissione
Violazione degli obblighi di comunicazione
contestuale dell'instaurazione di rapporto di
lavoro o di tirocinio di cui all’art. 9 - bis,
comma 2, l. n. 608/1996, come sostituito dall’art.
6, comma 2, del d.lgs. n. 297/2002 (art. 19,
comma 3)

sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 100 a euro 500 per ogni lavoratore
interessato

ammissione al pagamento della sanzione
amministrativa di euro 50 se la
comunicazione è effettuata entro 5 giorni
dalla data di inizio della omissione
Violazione degli obblighi di comunicazione
della cessazione del rapporto di lavoro di cui
all'art. 21, comma 1, l. 24 aprile 1949, n. 264,
come sostituito dall'art.6, comma 3 del d.lgs. n.
297/2002 (art. 19, comma 3)

sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 100 a euro 500 per ogni lavoratore
interessato

ammissione al pagamento della sanzione
amministrativa di euro 50 se la
comunicazione è effettuata entro 5 giorni
dalla data di inizio della omissione
▪
Capitolo 5 - SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO
(artt. 20-28)
Le disposizioni di cui al Titolo III del d.lgs. n. 276/2003 (Somministrazione di lavoro,
appalto, distacco) rivestono carattere sperimentale. In tal senso dispone l’art. 86,
comma 12, dello stesso d.lgs., il quale prevede che, decorsi diciotto mesi dall’entrata
in vigore, il Ministro del Lavoro proceda a una verifica delle disposizioni in esso
contenute con le organizzazioni sindacali dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e ne riferisca al
Parlamento entro tre mesi, ai fini della valutazione della sua ulteriore vigenza.
5.1 Definizione
Gli artt. da 20 a 28 disciplinano il contratto di somministrazione di lavoro,
intendendosi per tale, secondo la definizione contenuta nell’art. 2, comma 1, lettera
a), la fornitura professionale di manodopera, a tempo indeterminato o a termine.
Si tratta, in sostanza, di un contratto che sostituisce due istituti fra loro
complementari: il “contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo” (e cioè
quello che intercorreva tra l’impresa fornitrice e l’impresa utilizzatrice) e il “contratto
per prestazioni di lavoro temporaneo” (e cioè quello che intercorre tra l’impresa
fornitrice e singolo lavoratore), previsti e disciplinati dai primi 11 articoli della l. n.
196/1997, dei quali l’art. 85, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 276/2003 dispone
l’abrogazione.
Va osservato che la nuova disciplina riproduce largamente i contenuti, anche letterali,
della normativa abrogata, conferendo comunque alla materia un diverso assetto
sistematico e introducendo importanti semplificazioni.
Una previsione di forte rilevanza innovativa è nel comma 3 dell’art. 20, secondo cui
il contratto di somministrazione di lavoro può essere legittimamente concluso anche a
tempo indeterminato, laddove la normativa abrogata (art. 1, comma 1, della l. n.
196/1997) ammetteva il contratto di fornitura solo per esigenze di carattere
temporaneo dell’impresa utilizzatrice.
E’ inoltre significativa l’eliminazione di un ulteriore profilo di rigidità, che riduceva
le potenzialità operative della fornitura di lavoro temporaneo disciplinata dalla l. n.
196/1997.
Infatti, la legge del 1997 collegava il contratto di fornitura non soltanto al
soddisfacimento di esigenze di carattere temporaneo dell'impresa utilizzatrice, ma
specificava che tali esigenze dovevano corrispondere ad alcune categorie tipologiche,
indicate dalla stessa legge (anche mediante rinvio alla contrattazione collettiva), al di
fuori delle quali la stipulazione del contratto di fornitura non era consentita.
Il d.lgs. n. 276/2003, elimina la necessità di individuare specifiche esigenze di
carattere temporaneo e, dunque, conferisce all’istituto una maggiore elasticità
strutturale, abbandonando, per la somministrazione a tempo determinato, il criterio
limitativo della “nominatività” dei casi in cui la stessa è ammissibile, e sostituendolo,
come si vedrà, con quello delle causali giustificanti le ordinarie assunzioni a termine.
5.2 Regime transitorio
Il regime precedente (e, in particolare, l’art. 1, comma 2, lettera a), della l. n.
196/1997, che affidava ai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza
dell’impresa utilizzatrice l’individuazione di casi in cui era ammessa la conclusione
di contratti di fornitura di lavoro) conserva, comunque, una transitoria efficacia.
Infatti, per disposizione dell’art. 86, comma 3, primo periodo, del d.lgs. n. 276/2003,
le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro, stipulate ai sensi dell’art. 1,
comma 2, lettera a), della normativa del 1997, e vigenti alla data di entrata in vigore
del d.lgs. n. 276/2003 mantengono, salve diverse intese, la loro efficacia fino alla data
di scadenza dei contratti stessi, con esclusivo riferimento alla determinazione per via
contrattuale delle esigenze che consentono la somministrazione di lavoro a termine.
La portata di tale disposizione transitoria è esplicitamente ed esclusivamente ristretta,
come si è visto, al provvisorio mantenimento in vigore di quelle clausole contrattuali
che stabilivano i casi di ammissibilità della fornitura (oggi somministrazione) di
lavoro a termine.
L’inequivoco tenore del testo dell’art. 86, comma 3, (“con esclusivo riferimento alla
determinazione per via contrattuale delle esigenze di carattere temporaneo che
consentono la somministrazione di lavoro a termine”) pertanto, fa concludere che
soltanto le clausole della contrattazione collettiva nazionale che determinano le
esigenze che consentono la somministrazione di lavoro a termine conservano, in via
transitoria, la loro efficacia.
Conseguentemente, sono da considerare non più efficaci, con l’entrata in vigore del
d.lgs. n. 276/2003 le clausole contrattuali, prefigurate dall’art. 1, comma 8, della l. n.
196/1997, con le quali veniva fissato il rapporto percentuale massimo fra prestatori di
lavoro temporaneo e lavoratori occupati dall’impresa utilizzatrice con contratto a
tempo indeterminato. Resta fermo che i contratti collettivi allorché daranno
attuazione alla somministrazione a tempo determinato potranno, comunque,
determinare limiti quantitativi (art. 20, comma 4).
Sarà, inoltre, possibile concludere contratti di somministrazione a tempo determinato,
laddove ricorrano ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo
che configurino fattispecie nuove e diverse rispetto a quelle previste dalle
disposizioni contrattuali transitoriamente rimaste in vigore.
Altra disposizione transitoria è quella dettata dall’art. 86, comma 5, che si limita a
precisare, anche con riferimento al lavoro portuale, che i riferimenti alla l. n.
196/1997, contenuti nell’art. 17, comma 1, della l. n. 84 del 28 gennaio 1994, come
modificato dall’art. 3 della l. n. 186 del 30 giugno 2000, si intendono riferiti alla
disciplina della somministrazione, come disciplinata nel d.lgs. n. 276/2003.
Sempre con riferimento alle disposizioni di diritto intertemporale, il comma 6
dell’art. 86 del d.lgs. n. 276/2003 prevede, per le società di somministrazione
autorizzate ai sensi della normativa pregressa, una disciplina di raccordo emanata dal
Ministro del Lavoro, con apposito decreto, entro trenta giorni dall’entrata in vigore
del d.lgs. n. 276/2003.
In attesa di tale disciplina transitoria, è previsto il mantenimento in vigore delle
norme di legge e regolamento vigenti alla data di entrata in vigore del medesimo
decreto legislativo. Ciò significa, anzitutto, che fino a quando non sarà emanato il
decreto di cui al comma 6 dell’art. 86, si continueranno ad applicare le disposizioni di
legge e regolamentari relative al lavoro interinale.
Tale conclusione non è contraddetta dall’art. 85, comma 1, lett. f), che dispone
l’abrogazione degli articoli 1-11 della l. n. 196/97 dal momento dell’entrata in vigore
del d. lgs. n. 276/2003. Ed infatti, anche se le due disposizioni di legge non risultano
pienamente coordinate, non v’è dubbio che l’unica interpretazione coerente, dal
punto di vista sistematico, è quella secondo cui la disciplina previgente, abrogata in
via generale dall’art. 85, viene fatta temporaneamente salva al solo scopo di
consentire l’emanazione del decreto ministeriale che disciplinerà compiutamente la
fase transitoria.
5.3 Condizioni di liceità
5.3.1 Soggetti titolati
Il comma 1 dell’art. 20 non definisce in modo diretto la causa del contratto di
somministrazione di lavoro, ma indica i soggetti che hanno titolo a concluderlo,
rispettivamente denominati “somministratore” e “utilizzatore”: terminologia alla
quale, nella l. n. 196/1997, corrispondevano le denominazioni (di portata più ridotta
quanto ad estensione tipologica) di “impresa fornitrice” e “impresa utilizzatrice”.
In sostanza, dal combinato disposto del comma 1 dell’art. 20 e del comma 1, lettera
a), dell’art. 2, si ricava che il soggetto utilizzatore si rivolge al soggetto
somministratore al fine di ottenere una fornitura professionale di manodopera, a
tempo indeterminato o a termine (cfr. anche art. 20, comma 3).
Privo di una denominazione propria resta il contratto, precedentemente definito “per
prestazioni di lavoro temporaneo”, intercorrente fra il somministratore e i lavoratori
subordinati da questo assunti.
L’attività del somministratore è subordinata ad un particolare regime autorizzatorio
che, ai fini dello svolgimento delle attività di somministrazione, nonché delle attività
di intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione
professionale, comprende l’iscrizione in un albo delle agenzie per il lavoro, istituito
presso il Ministero del Lavoro (art. 4 del decreto legislativo) e il possesso di una
articolata serie di requisiti giuridici e finanziari, richiesti quale condizione per
l’iscrizione all’albo (art. 5 del d.lgs.).
Fra tali agenzie vanno menzionate, in particolare, l’agenzia di somministrazione di
lavoro abilitata a svolgere tutte le attività di cui all’art. 20 ( vale a dire, le attività di
somministrazione a tempo indeterminato e a termine) e l’agenzia di somministrazione
di lavoro abilitata a svolgere esclusivamente le specifiche attività per cui il medesimo
art. 20 prevede l’ammissibilità del contratto a tempo indeterminato.
Per quanto riguarda le sanzioni penali, previste per l’esercizio non autorizzato
dell’attività di somministrazione, si rinvia a quanto precedentemente detto a
commento dell’art. 18.
5.3.2 Somministrazione a tempo indeterminato
Il contratto di somministrazione di lavoro può essere concluso a tempo determinato o
a tempo indeterminato (comma 3 dell’art. 20).
Il contratto a tempo indeterminato – esplicitamente previsto dalla legge delega –
costituisce una delle principali novità rispetto alla disciplina del lavoro temporaneo di
cui alla l. n. 196/1997, la quale, come già rilevato, identificava la causa del contratto
di fornitura con il soddisfacimento di esigenze “di carattere temporaneo” dell’impresa
utilizzatrice.
La legge indica le fattispecie in presenza delle quali è ammessa la somministrazione
di lavoro a tempo indeterminato.
L’elencazione, che comprende una articolata e “nominata” serie di attività (comma 3
dell’art. 20, lettere da a) ad h ), termina con un rinvio a “tutti gli altri casi” previsti dai
contratti collettivi di lavoro, nazionali o territoriali, stipulati da associazioni dei datori
e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative.
Le suddette attività, alla cui esecuzione è consentito provvedere mediante contratti di
somministrazione a tempo indeterminato, sono:
a)
servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la
progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet,
sistemi informatici, sviluppo di software applicativo, caricamento dati;
b)
c)
d)
e)
f)
g)
h)
i)
servizi di pulizia, custodia, portineria;
servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e
movimentazione di macchinari e merci (tale definizione, nella sua ultima
parte, ben si presta a ricomprendere anche l’attività di facchinaggio);
la gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché
servizi di economato;
attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione,
programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento,
gestione del personale, ricerca e selezione del personale;
attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione
commerciale;
la gestione di call-center (tra le cui attività ben può ricomprendersi la
gestione del servizio di centralino), nonché l’avvio di nuove iniziative
imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al Regolamento (CE) n.
1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni
generali sui Fondi strutturali;
costruzioni edilizie all’interno degli stabilimenti, installazioni o
smontaggio di impianti e macchinari, particolari attività produttive, con
specifico riferimento all’edilizia e alla cantieristica navale, le quali
richiedano più fasi successive di lavorazione, l’impiego di manodopera
diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata
nell’impresa;
in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o
territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative.
L’art. 20, lett. h), si interpreta nel senso che “le particolari attività produttive” non si
riducono all’edilizia ed alla cantieristica navale, ma comprendono anche le attività
che presentino le caratteristiche organizzative indicate dalla norma.
Tale interpretazione si fonda su argomenti di natura sistematica, derivanti dal
raffronto tra la rigorosa disciplina (ora abrogata) di cui all’art. 5 della l. n. 1369 del
23 ottobre 1960 e gli obiettivi di elasticità cui si ispira il d.lgs. n. 276/2003.
Ed infatti nella lettera h) è unificato e riprodotto, in maniera pressoché letterale, il
testo dell’art. 5, lettere a), b) ed e), della l. n. 1369/1960, ora abrogata, concernente
ipotesi di appalto “consentito” e non presidiato dal principio della parità di
trattamento economico e normativo fra dipendenti dell’appaltatore e dipendenti
dell’appaltante, di cui all’art. 3 della medesima legge. Orbene, tra quelle ipotesi c’era,
appunto, quella della lettera e) che era genericamente riferita “a particolari attività
produttive…”, senza limitazioni di sorta. Ne deriva che, coerentemente, occorre
interpretare in modo non limitativo il disposto della lettera h) dell’art. 20.
5.3.3 Somministrazione a tempo determinato
La somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa, come si è accennato,
per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo – anche se
riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore, e quindi prive di qualsiasi connotato di
temporaneità, straordinarietà, eccezionalità, imprevedibilità e simili – cioè per le
stesse ragioni che, secondo l’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 6 settembre 2001, legittimano
l’apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato.
Sempre in conformità a quanto previsto dalla disciplina di legge in materia di
contratto di lavoro a termine (art. 10, comma 7, del d.lgs. n. 368/2001), viene affidata
ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più
rappresentativi l’individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi
di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato (comma 4 dell’art. 20 ).
Viene così recuperata, in versione più elastica, la previsione contenuta nell’ultimo
comma dell’art. 1 della l. n. 196/1997 (secondo cui i prestatori di lavoro temporaneo
non potevano superare la percentuale dei lavoratori, occupati presso l’impresa
utilizzatrice con contratto a tempo indeterminato, stabilite dai contratti collettivi
nazionali), e viene, nel contempo, definita una serie di ipotesi (ricavabili
dall’espresso richiamo all’art. 10 del d.lgs n. 368/2001) in relazione alle quali non è
prevista alcuna limitazione quantitativa.
5.3.4 Limiti al controllo giudiziario
Con riferimento alla valutazione delle ragioni che consentono e giustificano la
somministrazione di lavoro, sia a tempo indeterminato che a termine, il comma 3
dell’art. 27 dispone che l’eventuale controllo giudiziario è limitato al mero
accertamento dell’esistenza delle ragioni suddette e non può estendersi al merito (cioè
all’opportunità o alla maggiore o minore utilità ) delle valutazioni e scelte tecniche,
organizzative o produttive che competono solo ed esclusivamente all'impresa
utilizzatrice.
5.3.5 Divieti
L’art. 20 si conclude, al comma 5, con la previsione dei casi in cui il contratto di
somministrazione di lavoro è vietato.
Sono casi modellati, anche nella formulazione testuale, sulle disposizioni dell’art. 3,
lettere a), b), c), d) del d.lgs. n. 368/2001, e dell’art.1, comma 4, lettere b), c), d), e)
della l. n. 196/1997, in tema, rispettivamente, di inammissibilità dell’apposizione di
un termine al contratto di lavoro subordinato e di divieto di fornitura di lavoro
temporaneo.
Più specificamente, è vietato ricorrere alla somministrazione di lavoro:
- per sostituire lavoratori in sciopero;
- quando, nell’unità produttiva, si sia proceduto, nei sei mesi precedenti, a
licenziamenti collettivi riguardanti lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si
riferisce il contratto di somministrazione;
- quando, nell’unità produttiva, è in corso una sospensione dei rapporti o una
riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che
interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di
somministrazione;
- da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi
dell’art. 4 del d.lgs. n. 626 del 19 settembre 1994.
In particolare, riguardo a quest’ultimo divieto, viene in sostanza confermato il divieto
per l’impresa utilizzatrice di stipulare contratti di somministrazione in assenza della
prescritta valutazione dei rischi ai sensi del d.lgs. n. 626/1994.
Da rilevare che, con la nuova disciplina di legge, viene soppresso il divieto,
precedentemente in vigore per il contratto di fornitura, di ricorrere alla
somministrazione di manodopera per le mansioni, individuate dalla contrattazione
collettiva nazionale, il cui svolgimento poteva rappresentare maggiore pericolo per la
sicurezza del lavoratore o di soggetti terzi (cfr. art. 64 della l. n. 488 del 23 dicembre
1999, che aveva modificato l’art. 1, comma 4, lett. a) della l. n. 196/1997).
5.4 Forma del contratto di somministrazione
L’art. 21, al comma 1, dopo aver stabilito che il contratto di somministrazione è
stipulato in forma scritta, enuncia l’insieme degli elementi che le parti, recependo le
indicazioni contenute nei contratti collettivi (comma 2), devono inserire nel contratto
stesso.
Tali elementi riuniscono e compendiano i requisiti già prescritti dalla l. n. 196/1997
(art. 1, comma 5 e art. 3, comma 3) rispettivamente, per il contratto di fornitura e il
contratto di prestazione di lavoro temporaneo.
Oltre ai primi cinque elementi, la cui omissione, come si vedrà subito, produce la
nullità del contratto, possono citarsi i seguenti:
- assunzione, da parte del somministratore, dell’obbligazione del pagamento diretto
al lavoratore del trattamento economico, nonché del versamento dei contributi
previdenziali;
- assunzione, da parte dell’utilizzatore, dell’obbligo di rimborsare al
somministratore gli oneri retributivi e previdenziali da questo effettivamente
sostenuti in favore dei prestatori di lavoro (per tale aspetto, l’art. 86, comma 4, del
decreto legislativo ha provveduto ad “aggiornare” il comma 5ter dell’art. 2751
c.c., con la precisazione che hanno privilegio generale sui mobili i crediti delle
agenzie di somministrazione di lavoro abilitate, per gli oneri retributivi e
previdenziali addebitati all’utilizzatore ai sensi dell’art. 21, comma 1, del d.lgs. n.
276/2003);
- assunzione, da parte dell’utilizzatore, in caso di inadempimento del
somministratore, dell’obbligo del pagamento diretto al lavoratore del trattamento
economico nonché del versamento dei contributi previdenziali, fatto salvo il diritto
di rivalsa verso il somministratore.
Tra gli obblighi previdenziali, anche se la norma fa espresso riferimento ai soli
”contributi previdenziali”, deve ritenersi incluso anche il versamento dei premi per
l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (anche in considerazione della
espressione “oneri assicurativi” contenuta nel successivo art. 25, comma 1).
Da notare il riferimento, fra gli elementi da inserire nel contratto, alla data di inizio e
alla durata prevista del contratto stesso, mentre la l. n. 196/1997, sia per il contratto di
fornitura che per il contratto per prestazioni di lavoro temporaneo, prescriveva
l’indicazione della data di inizio e del termine, senza alcuna possibilità di precisare la
durata di questo mediante semplice previsione.
La mancanza di forma scritta, o la mancata indicazione degli elementi di cui alle
prime cinque lettere del comma 1 (estremi dell’autorizzazione rilasciata al
somministratore; numero dei lavoratori da somministrare; casi in cui, a norma del
comma 3 dell’art. 20, è ammessa la somministrazione di lavoro a tempo
indeterminato; ragioni, di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo,
giustificanti la stipulazione a tempo determinato; indicazione della presenza di
eventuali rischi per l’integrità e la salute del lavoratore e delle misure di prevenzione
adottate; data di inizio e durata prevista del contratto) determinano la nullità del
contratto di somministrazione, e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle
dipendenze dell’utilizzatore (comma 4 dell’art. 21).
5.4.1 Somministrazione irregolare
A questo proposito, il comma 1 dell’art. 27 stabilisce che, quando la
somministrazione avvenga fuori dei limiti e delle condizioni di cui alle citate lettere
a), b), c) d) ed e) dell’art. 21 (come pure fuori dei limiti e delle condizioni di cui
all’art. 20), il lavoratore può chiedere, mediante ricorso a norma dell’art. 414 c.p.c.,
notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la
costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto
dall’inizio della somministrazione.
Il comma 2 del medesimo art. 27 dispone che, nell’ipotesi di cui al comma 1, le
retribuzioni e le contribuzioni previdenziali, incluse le somme versate a titolo di
assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, pagate dal somministratore liberano
l’utilizzatore dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma pagata, e che,
per il periodo in cui la somministrazione ha avuto luogo, tutti gli atti compiuti dal
somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto si intendono compiuti
dall’utilizzatore. Del contenuto del terzo comma dell’art. 27 si è detto
precedentemente, al paragrafo relativo ai limiti del controllo giudiziario.
Il somministratore, all’atto della stipulazione del contratto di lavoro col singolo
lavoratore, ovvero all’atto dell’invio di quest’ultimo presso l’utilizzatore, deve
comunicargli per iscritto tutti gli elementi contenuti nel contratto di
somministrazione, nonché la data di inizio e la durata prevedibile dell’attività
lavorativa presso l’utilizzatore (comma 3 dell’art. 21).
5.5 Disciplina dei rapporti di lavoro
5.5.1 Lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato
In caso di somministrazione a tempo indeterminato, i lavoratori assunti dal
somministratore sono soggetti alla disciplina generale di cui al codice civile e alle
leggi speciali (comma 1 dell’art. 22). Ciò significa che i lavoratori potranno essere
assunti a tempo indeterminato ma anche a termine. In entrambe le ipotesi, inoltre, le
assunzioni potranno essere effettuate a tempo pieno o a tempo parziale.
Durante i periodi in cui non operano presso un utilizzatore, i lavoratori assunti a
tempo indeterminato restano a disposizione del somministratore, salvo, ovviamente,
il caso in cui sopravvenga una giusta causa o un giustificato motivo di licenziamento
(comma 2, secondo periodo, dell’art. 20).
I periodi di disponibilità, nei quali il lavoratore rimane in attesa di assegnazione, sono
remunerati da una specifica indennità mensile (divisibile in quote orarie), esclusa dal
computo di ogni istituto legale o contrattuale, che il somministratore eroga al
lavoratore, nella misura stabilita dal contratto collettivo nazionale applicabile al
somministratore stesso (ossia, quello ora applicabile alle agenzie di lavoro
temporaneo), e indicata nel contratto individuale.
Tale misura non può essere inferiore a quella prevista e periodicamente aggiornata
con decreto del Ministro del Lavoro, ed è proporzionalmente ridotta in caso di
assegnazione del lavoratore ad attività a tempo parziale, anche presso il
somministratore (art. 22, comma 3).
Il comma 4 dell’art. 22 precisa che, nel caso di fine dei lavori connessi alla
somministrazione a tempo indeterminato, la risoluzione dei rapporti individuali di
lavoro è disciplinata non dall’art. 4 della l. n. 223 del 23 luglio 1991 (disciplina da
applicarsi in caso di licenziamento collettivo), bensì dall’art. 3 della l. n. 604 del 15
luglio 1966 ( licenziamento individuale plurimo per giustificato motivo oggettivo),
trovando altresì applicazione, in tale fattispecie, le disposizioni di cui all’art. 12 dello
stesso d.lgs. n. 276/2003, che, per il caso di fine lavori, prevedono, fra l’altro,
l’istituzione di fondi per l’integrazione del reddito dei lavoratori assunti con contratto
a tempo indeterminato.
5.5.2 Lavoratori assunti con contratto a tempo determinato
Se la somministrazione è a tempo determinato, il rapporto di lavoro fra
somministratore e lavoratore è disciplinato dalla normativa di legge in tema di
assunzioni a termine, “in quanto compatibile”.
In tal senso si esprime il comma 2 dell’art. 22, il quale specifica che, in ogni caso,
non si applicano le previsioni di cui all’art. 5, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 368/2001.
Tale disposizione non impedisce, comunque, che l’agenzia di somministrazione possa
utilizzare lavoratori assunti a tempo indeterminato per far fronte a contratti di
somministrazione a tempo determinato.
Le disposizioni del d.lgs. n. 368/2001, dichiarate inapplicabili al contratto di
somministrazione a tempo determinato, riguardano, rispettivamente, la conversione
automatica in contratti a tempo indeterminato dei contratti a termine stipulati a breve
distanza di tempo rispetto a precedenti contratti a termine intercorsi con lo stesso
lavoratore, e la riduzione ad un unico rapporto a tempo indeterminato di due contratti
a termine stipulati con lo stesso lavoratore senza alcuna soluzione di continuità.
Dunque, a differenza della normativa disciplinante il contratto a termine, il
somministratore potrà concludere più contratti a termine con lo stesso lavoratore
senza il rispetto di alcun intervallo di tempo e, pertanto, effettuare rinnovi del
contratto senza limitazioni.
Il comma 2 dell’art. 22 prevede anche una speciale disciplina della proroga del
termine apposto al contratto fra somministratore e lavoratore: in base a tale disciplina,
che risponde a criteri meno rigidi rispetto a quella contenuta nell’art. 4 del d.lgs. n.
368/2001, la proroga è “in ogni caso” ammissibile, con il consenso del lavoratore e
mediante atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato
dal somministratore.
Per motivi di connessione, possono a questo punto citarsi le previsioni racchiuse nei
commi 8 e 9 dell’art. 23.
Il comma 8 sancisce la nullità di ogni clausola che, anche indirettamente, tenda a
limitare la facoltà dell’utilizzatore di assumere il lavoratore al termine del contratto di
somministrazione a tempo determinato.
Tale previsione non trova applicazione – e, quindi, la clausola in questione mantiene
la propria validità – qualora al lavoratore sia corrisposta un’adeguata indennità
(comma 9), in funzione di ristoro economico della diminuita possibilità di assunzione
al termine del contratto di somministrazione, secondo quanto stabilito dal contratto
collettivo applicabile al somministratore .
5.5.3 Computabilità dei lavoratori e assunzioni obbligatorie
Il comma 5 dell’art. 22 esclude la computabilità del lavoratore “somministrato”
nell’organico dell’utilizzatore ai fini dell’applicazione di normative di legge o di
contratto collettivo, ad eccezione delle normative in materia di igiene e sicurezza del
lavoro (cfr., ad esempio, art. 18 d.lgs. n. 626/1994, relativamente ai profili
dimensionali dell’azienda o dell’unità produttiva, connessi alla nomina del
rappresentante per la sicurezza).
Il comma 6 esclude, in caso di somministrazione, sia a tempo determinato che a
tempo indeterminato, l’applicabilità della disciplina delle assunzioni obbligatorie e
della riserva di cui all’art. 4bis, comma 3, del d.lgs. n.181/2000, introdotto dall’art. 6,
comma 1, del d.lgs. n. 297/2002, secondo cui le Regioni possono prevedere che una
quota delle assunzioni effettuate dai datori di lavoro privati e dagli enti pubblici sia
riservata a particolari categorie di lavoratori a rischio di esclusione sociale. Pertanto, i
lavoratori assunti dalle agenzie di somministrazione al fine di essere avviati presso gli
utilizzatori non concorrono a determinare l’organico dell’agenzia al fine
dell’applicazione delle disposizioni suddette.
Il successivo comma 4 del citato art. 4bis, pone a carico delle imprese fornitrici di
lavoro temporaneo (oggi “somministratori”) l’obbligo di comunicare, entro il giorno
20 del mese successivo alla data di assunzione, al servizio competente nel cui ambito
è ubicata la loro sede operativa, l’assunzione, la proroga e la cessazione dei lavoratori
temporanei assunti nel corso del mese precedente.
Al riguardo, l’art. 86, comma 7, del d.lgs. n. 276/2003 chiarisce che tale obbligo di
comunicazione va riferito a tutte le imprese di somministrazione, sia a tempo
indeterminato che a tempo determinato. La violazione degli obblighi posti dal comma
4 dell’art. 4bis è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 250 euro
per ogni lavoratore interessato (art. 19, comma 4, del d.lgs. n. 276/2003).
5.6 Tutela del prestatore di lavoro - Esercizio del potere disciplinare Regime della solidarietà
5.6.1 Trattamento economico e normativo
Il comma 1 dell’art. 23 va letto in collegamento sistematico con la prima parte del
comma 2 dell’art. 20, a norma del quale, per tutta la durata della somministrazione, i
lavoratori svolgono la propria attività nell’interesse nonché sotto il controllo e la
direzione dell’utilizzatore. In relazione a ciò, il menzionato comma 1 dell’art. 23,
sulla base del criterio prescritto dalla legge delega, attribuisce ai lavoratori dipendenti
dal somministratore il diritto a un trattamento economico e normativo
complessivamente non inferiore a quello dei dipendenti di pari livello
dell’utilizzatore, a parità di mansioni.
Restano in ogni caso salve le clausole contrattuali stipulate ai sensi della disposizione
dell’art. 1, comma 3, della l. n. 196/1997 che, nel settore dell’edilizia, hanno
consentito l’introduzione dei contratti di “fornitura di lavoro temporaneo”.
A quest’ultimo riguardo, la disposizione transitoria di cui all’art. 86, comma 3,
secondo periodo, del d.lgs. n. 276/2003, precisa che le relative clausole, vigenti alla
data d’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo, mantengono la loro efficacia
fino a diversa determinazione delle parti stipulanti o a recesso unilaterale.
Il comma 2 dell’art. 23 esclude l’applicabilità della disposizione di cui al comma 1,
concernente la parità di trattamento economico e normativo fra dipendenti del
somministratore e dipendenti dell’utilizzatore, ai contratti di somministrazione
conclusi da soggetti privati autorizzati nell’ambito di specifici programmi di
formazione, inserimento e riqualificazione professionale, erogati a favore dei
lavoratori svantaggiati, ai sensi e nei limiti di cui all’art. 13 dello stesso decreto
legislativo.
In attuazione del precetto contenuto nella delega, i trattamenti retributivi e i contributi
previdenziali spettanti ai lavoratori sono oggetto di obbligazione solidale fra
utilizzatore e somministratore (comma 3 dell’art. 23).
Vengono, infine, confermate alcune prescrizioni già contenute nella l. n. 196/1997.
 Modalità e criteri per la determinazione e l’erogazione ai lavoratori somministrati
dei cosiddetti premi di risultato vengono stabiliti dai contratti collettivi applicati
dall’utilizzatore. I medesimi lavoratori hanno diritto alla parità di trattamento coi
dipendenti dell’utilizzatore operanti nella stessa unità produttiva, per quanto
riguarda la fruizione di tutti i servizi sociali e assistenziali goduti da questi ultimi,
con esclusione di quei servizi il cui godimento non sia “aperto”, ma condizionato
all’iscrizione ad associazioni o società cooperative oppure al raggiungimento di
un’anzianità di servizio determinata (comma 4).
 Il somministratore è tenuto ad informare i lavoratori sui rischi che le attività
produttive in generale possono comportare per la sicurezza e la salute e, in
conformità alle disposizioni del d.lgs. n. 626/1994, svolge opera di formazione e
addestramento sull’uso delle attrezzature necessarie allo svolgimento dell’attività
per la quale i lavoratori stessi vengono assunti. L’adempimento di tale obbligo può
essere trasferito sull’utilizzatore ove il contratto di somministrazione così preveda.
In tal caso, la variazione del soggetto obbligato va annotata nel contratto
individuale con il lavoratore (prima parte del comma 5).
 Ulteriori incombenze a carico dell’utilizzatore sono stabilite dagli ultimi due
periodi del comma 5, dal comma 6 e dal comma 7 dell’art. 23. Si tratta
dell’obbligo, previsto dal combinato disposto del d.lgs. n. 626/1994 (in particolare
artt. 16, 55, 69, 72decies, 86) e della l. n. 196/1997 (art. 6, comma 1), di informare
il lavoratore qualora le mansioni cui questi è adibito richiedano una sorveglianza
medica speciale o comportino rischi specifici. L’utilizzatore è tenuto altresì ad
osservare, nei confronti del lavoratore stesso, tutti gli obblighi di protezione
previsti a tutela dei propri dipendenti, ed è responsabile per la violazione degli
obblighi di sicurezza individuati dalla legge e dai contratti collettivi.
 In caso di assegnazione al lavoratore di mansioni superiori, o comunque non
equivalenti a quelle dedotte nel contratto, l’utilizzatore deve darne immediata
comunicazione scritta al somministratore e consegnare copia della comunicazione
al lavoratore. Qualora non adempia a tale obbligo, l’utilizzatore è tenuto in via
esclusiva a corrispondere al lavoratore le differenze retributive connesse allo
svolgimento di mansioni superiori nonché l’eventuale risarcimento del danno
derivante dallo spostamento del lavoratore a mansioni inferiori (comma 6).
 Infine, qualora venga addebitata al lavoratore una mancanza disciplinare,
l’utilizzatore è tenuto a trasmettere al somministratore, cui compete la titolarità del
potere sanzionatorio, gli estremi dei fatti che formeranno oggetto di contestazione
ai sensi dell’art. 7, secondo comma, della l. n. 300/1970 (comma 7).
 L’utilizzatore è responsabile nei confronti dei terzi dei danni ad essi arrecati dal
lavoratore nell’esercizio delle sue mansioni (art. 26).
5.7 Diritti sindacali e garanzie collettive
L’art. 24 riconosce ai lavoratori dipendenti dalle società o imprese di
somministrazione e dagli appaltatori la spettanza dei diritti sindacali di cui alla l. n.
300/1970 (comma 1). Tale articolo conferma i contenuti dei primi tre commi dell’art.
7, l. n. 196/1997.
In particolare il lavoratore, per tutta la durata della somministrazione, esercita presso
l’utilizzatore i diritti di libertà e di attività sindacale e può partecipare alle assemblee
dei dipendenti dello stesso utilizzatore (comma 2).
Uno specifico diritto di riunione, secondo la normativa vigente (art. 20, l. n.
300/1970) e con modalità demandate alla contrattazione collettiva, è riservato ai
dipendenti di uno stesso somministratore che operano presso diversi utilizzatori
(comma 3).
Il comma 4, secondo l’analoga procedura fissata dalla l. n. 196/1997, pone a carico
dell’utilizzatore l’obbligo di comunicare alla r.s.u., ovvero alle r.s.a. e, in mancanza,
alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale:
- prima della stipula del contratto col somministratore, il numero e i motivi del
ricorso alla somministrazione di lavoro; ove ricorrano motivate ragioni di urgenza
e necessità di stipulare il contratto, tali comunicazioni possono essere fornite
dall’utilizzatore, anziché in via preventiva, entro i cinque giorni successivi alla
stipula del contratto di somministrazione;
- il numero, i motivi e la durata dei contratti di somministrazione conclusi, e il
numero e la qualifica dei lavoratori interessati. Per questa ulteriore comunicazione
è prevista una periodicità di dodici mesi.
5.8 Norme previdenziali
Il comma 1 dell’art. 25 pone a carico del somministratore gli oneri contributivi,
previdenziali, assicurativi e assistenziali (con obbligazione solidale dell’utilizzatore:
art. 23, comma 3). Viene mantenuto l’inquadramento del somministratore nel settore
terziario, ai sensi e per gli effetti dell’art. 49, l. n. 88 del 9 marzo 1989, analogamente
a quanto già previsto per le imprese di fornitura di lavoro temporaneo dall’art. 9,
comma 1, l. n. 196/1997. Sull’indennità di disponibilità i contributi sono versati per il
loro effettivo ammontare, anche in deroga alla vigente normativa in materia di
minimale contributivo.
Il comma 2 esonera il somministratore dal versamento del contributo integrativo per
l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, di cui all’art. 25,
comma 4, della l. n. 845 del 21 dicembre 1978.
Il comma 3 stabilisce che gli obblighi per l’assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro (da intendersi riferiti al versamento dei premi) sono determinati in relazione al
tipo ed al rischio delle lavorazioni svolte, vale a dire secondo la classificazione delle
lavorazioni alla corrispondente voce della tariffa relativa alla sottogestione terziario
nella quale è inquadrato il somministratore.”
In concreto i premi sono determinati in relazione al tasso medio nazionale (art. 8 d.m.
12 dicembre 2000) o medio ponderato (in caso di esercizio di attività complesse,
ipotesi ora diversamente disciplinata dall’art. 6 del medesimo d.m.) stabilito dalla
tariffa del settore terziario per l’attività corrispondente a quella svolta dall’impresa
utilizzatrice ovvero, in alternativa, sono determinati in base al tasso medio o medio
ponderato corrispondente alla lavorazione effettivamente svolta dal lavoratore
qualora tale lavorazione non sia già stata denunciata ai fini assicurativi da parte
dell’impresa utilizzatrice.
SOMMINISTRAZIONE (ARTT. 20–28)
Scheda riepilogativa

La somministrazione di lavoro è il contratto con il quale un soggetto munito di autorizzazione
(somministratore) fornisce, a tempo indeterminato o a termine, manodopera ad un altro
soggetto (utilizzatore).

La somministrazione a tempo determinato è ammessa per ragioni di carattere tecnico,
organizzativo, produttivo, sostitutivo. Viene affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro
stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi l’individuazione, anche in misura
non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato
(art. 20, comma 4).

La somministrazione a tempo indeterminato è ammessa per le ipotesi previste dall’art. 20,
comma 3 e in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali.

Il contratto deve essere stipulato in forma scritta e contenere gli elementi di cui all’art. 21,
comma 1. , per i quali le parti dovranno recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi.
La mancanza di forma scritta, o la mancata indicazione degli elementi di cui alle prime cinque
lettere del comma 1 (estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore; numero dei
lavoratori da somministrare; casi in cui a norma del comma 3 dell’art. 20 è ammessa la
somministrazione di lavoro a tempo indeterminato; ragioni, di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo, giustificanti la stipulazione a tempo determinato; indicazione della
presenza di eventuali rischi per l’integrità e la salute del lavoratore e delle misure di
prevenzione adottate; data di inizio e durata prevista del contratto) determinano la nullità del
contratto di somministrazione, e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze
dell’utilizzatore (art. 21, comma 4).

L’attività del somministratore è subordinata ad un particolare regime autorizzatorio che, ai fini
dello svolgimento delle attività di somministrazione, comprende l’iscrizione in un albo delle
agenzie per il lavoro, istituito presso il Ministero del lavoro (art. 4 del d.lgs. n. 276/2003) e il
possesso di una articolata serie di requisiti giuridici e finanziari, richiesti quale condizione per
l’iscrizione all’albo (art. 5 del d.lgs. n. 276/2003).

Le agenzie di somministrazione di lavoro sono di due tipi: le agenzie abilitate a svolgere tutte le
attività di cui all’art. 20 ( vale a dire, le attività di somministrazione a tempo indeterminato e a
termine) e le agenzie abilitate a svolgere esclusivamente le specifiche attività per cui il
medesimo art. 20 prevede l’ammissibilità del contratto a tempo indeterminato.

I periodi di disponibilità, nei quali il lavoratore rimane in attesa di assegnazione, sono
remunerati da una specifica indennità mensile (divisibile in quote orarie) che il somministratore
eroga al lavoratore, nella misura stabilita dal contratto collettivo nazionale applicabile al
somministratore stesso, e indicata nel contratto individuale (art. 22).

E’ vietato ricorrere alla somministrazione di lavoro (art. 20, comma 5) :
 per sostituire lavoratori in sciopero;
 quando, nell’unità produttiva, si sia proceduto, nei sei mesi precedenti, a
licenziamenti collettivi riguardanti lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si
riferisce il contratto di somministrazione;
 quando, nell’unità produttiva, è in corso una sospensione dei rapporti o una
riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che
interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di
somministrazione;
 da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai
sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 626 del 19 settembre 1994.

Il lavoratore “somministrato” non è computato nell’organico dell’utilizzatore ai fini
dell’applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, ad eccezione delle normative in
materia di igiene e sicurezza sul lavoro (art. 22, comma 5).

I lavoratori dipendenti dal somministratore hanno diritto ad un trattamento economico e
normativo complessivamente non inferiore a quello dei dipendenti di pari livello
dell’utilizzatore, a parità di mansioni svolte (cfr. art. 23, comma 1).

I contratti collettivi stabiliscono modalità e criteri per la corresponsione delle erogazione
economiche legate ai risultati collegati con l’andamento economico dell’impresa (cfr. art. 23,
comma 4).

Il somministratore assolve agli obblighi derivanti dalla legge n. 626/1994 ma il contratto di
somministrazione può prevedere che tali obblighi siano adempiuti dall’utilizzatore.

Ai lavoratori dipendenti dalle società o imprese di somministrazione e dagli appaltatori sono
riconosciuti i diritti sindacali di cui alla l. n. 300/1970 (art. 24 comma 1). In particolare il
lavoratore, per tutta la durata della somministrazione, esercita presso l’utilizzatore i diritti di
libertà e di attività sindacale e può partecipare alle assemblee dei dipendenti dello stesso
utilizzatore (art. 24, comma 2). Uno specifico diritto di riunione, secondo la normativa vigente
(art. 20, l. n. 300/1970) e con modalità demandate alla contrattazione collettiva, è riservato ai
dipendenti di uno stesso somministratore che operano presso diversi utilizzatori (art. 24, comma
3).

L’utilizzatore ha l’obbligo di comunicare alla r.s.u., ovvero alle r.s.a. e, in mancanza, alle
associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (art. 24, comma 4):
 prima della stipula del contratto col somministratore, il numero e i motivi del
ricorso alla somministrazione di lavoro; ove ricorrano motivate ragioni di urgenza
e necessità di stipulare il contratto, tali comunicazioni possono essere fornite
dall’utilizzatore, anziché in via preventiva, entro i cinque giorni successivi alla
stipula del contratto di somministrazione;
 il numero, i motivi e la durata dei contratti di somministrazione conclusi, e il
numero e la qualifica dei lavoratori interessati. Per questa ulteriore comunicazione
è prevista una periodicità di dodici mesi.

Sono posti a carico del somministratore gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi e
assistenziali, con obbligazione solidale dell’utilizzatore (art. 25, comma 1, art. 23, comma 3).
Capitolo 6 - APPALTO
(art. 29)
6.1 Definizione
L’art. 29, al comma 1, come prescritto in sede di delega, individua i caratteri che
distinguono dalla somministrazione il contratto di appalto, previsto dall’art. 1655 c.c.,
secondo cui l’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione
dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di
un servizio verso un corrispettivo in danaro.
Sulla scorta della definizione formulata dall’art. 1655, gli elementi distintivi rispetto
alla somministrazione vengono identificati nell’organizzazione dei mezzi necessari
da parte dell'appaltatore e con l'assunzione del rischio d’impresa da parte dello stesso.
L’organizzazione dei mezzi necessari può anche risultare, in relazione alle esigenze
dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e
direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, cioè dall’esercizio di un
mero potere interpersonale, indipendente da ogni intervento organizzativo sui mezzi
materiali occorrenti all’esecuzione dell’opera o del servizio.
Tale disposizione, mettendo in valore la gestione dell’elemento umano quale forma di
organizzazione dei “mezzi” nel senso voluto dall’art. 1655, si colloca in una
prospettiva nuova e differente rispetto a quella che caratterizzava la legge n. 1369.
Questa, infatti, fondava una presunzione assoluta di illiceità dell’appalto proprio
sull’impiego, da parte dell’appaltatore, di mezzi – capitali, macchine, attrezzature –
forniti dall’appaltante (cfr. art. 1, comma 3, dell’abrogata legge n. 1369/1960).
Per contro, la nuova disciplina svaluta i profili attinenti alla titolarità e
all’organizzazione dei mezzi materiali, assegnando rilevanza, nella verifica della
legittimità dell’appalto, all’esercizio del potere organizzativo.
Né a diversa conclusione può giungersi sulla scorta dell’art. 84 del d.lgs. n. 276/2003,
che, al comma 2, prevede l’adozione, mediante decreto ministeriale, di codici di
buone pratiche e indici presuntivi in materia di interposizione illecita e appalto
genuino, che, in conformità alla delega, tengano conto, fra l’altro, “della rigorosa
verifica della reale organizzazione dei mezzi…da parte dell’appaltatore”.
Infatti, poiché il comma 1 dell’art. 29 è molto chiaro nell’attribuire specifico ed
autonomo rilievo “legittimante” all’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei
confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, ragioni di evidente coerenza
interpretativa e sistematica comportano che la “reale organizzazione dei mezzi”, di
cui all’art. 84 comma 2, vada intesa nella stessa accezione adottata dall’art. 29, vale a
dire “anche” come potere di organizzare e dirigere “mezzi” immateriali che possono
essere costituiti, ad esempio, da un insieme di energie lavorative individuali ovvero
dal know - how.
I codici e gli indici presuntivi di cui all’art. 84 comma 2, dovranno recepire, se
esistenti, le indicazioni contenute negli accordi interconfederali o di categoria
stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale.
A questo riguardo, le parti sociali, nel formulare le indicazioni relative alle buone
pratiche ed agli indici presuntivi, dovranno fornire criteri univoci al fine di tracciare
una netta demarcazione tra appalto genuino ed interposizione illecita.
6.1.1 Appalto di servizi
In caso di appalto di servizi, committente e appaltatore sono obbligati in solido, entro
il limite di un anno dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere le retribuzioni e i
contributi previdenziali spettanti ai lavoratori (incluse le somme versate a titolo di
assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), secondo il settore di inquadramento
dell’appaltatore (art. 29, comma 2).
6.1.2 Cambi di appalto
Qualora un nuovo appaltatore subentri nell’appalto, l’acquisizione del relativo
personale, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola
del contratto d’appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda
(comma 3) e non comporta l’applicabilità della relativa disciplina di legge.
6.1.3 Certificazione
Le procedure di certificazione di cui al Capo primo del Titolo VIII del d.lgs. n.
276/2003 possono essere utilizzate sia in sede di stipulazione del contratto di appalto
di cui all’art. 1655 c.c., sia nelle fasi di attuazione del relativo programma negoziale,
anche ai fini della distinzione tra somministrazione di lavoro e appalto ai sensi delle
disposizioni contenute nel Titolo III dello stesso decreto legislativo (art. 84, comma
1).
6.1.4 Abrogazione della legge n. 1369 del 1960
Con l’eliminazione del taglio drasticamente limitativo e repressivo che caratterizzava
la normativa sul divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di
lavoro, l’art. 85, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 276/2003, in adempimento alla
prescrizione contenuta nella legge delega, ha abrogato la legge 25 ottobre 1960, n.
1369. Di conseguenza, cessano di avere efficacia quelle disposizioni della
contrattazione collettiva che, sulla base dell’ormai abrogata l. n. 1369/1962 ovvero
sul presupposto della vigenza di tale legge, abbiano previsto l’esclusione dagli appalti
di talune attività.
APPALTO (ART. 29)
Scheda riepilogativa

Il contratto di appalto, previsto dall’art. 1655 c.c., è il contratto col quale una parte assume, con
organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera
o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.

Gli elementi distintivi dell’appalto rispetto alla somministrazione vengono identificati
nell’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore e nell'assunzione del rischio
d’impresa da parte dell’appaltatore.

Adozione, con decreto del Ministro del Lavoro, di codici di buone pratiche ed indici presuntivi
in materia di interposizione illecita ed appalto genuino, recependo le indicazioni eventualmente
contenute negli accordi interconfederali o di categoria.
Capitolo 7 - DISTACCO
(art. 30)
L’art. 30 del d.lgs. n. 276/2003, sempre in conformità ai criteri indicati dalla legge
delega, disciplina l’istituto del distacco, che ricorre, in conformità alla nozione
costantemente accolta dalla giurisprudenza, quando un datore di lavoro, valendosi del
proprio potere direttivo e in funzione del soddisfacimento di un suo interesse, pone
temporaneamente uno o più dipendenti a disposizione di altro soggetto per
l’esecuzione di una determinata attività lavorativa, restando responsabile del
trattamento economico e normativo spettante ai lavoratori distaccati.
Il consenso del lavoratore è necessario se il distacco comporta un mutamento di
mansioni (art. 30, comma 3, primo periodo). Tenuto conto delle previsioni dell’art.
2103 c.c., si deve ritenere che il consenso del lavoratore, in caso di distacco, ricorra
solo quando le nuove mansioni attribuitegli non siano equivalenti rispetto a quelle
precedentemente svolte.
Infatti, a norma dell’art. 2103, l’assegnazione al lavoratore di mansioni equivalenti
non incontra alcun limite, se non quello, messo in luce dalla giurisprudenza, della
relazione di coerenza che deve sussistere fra le nuove mansioni e le precedenti sotto il
profilo professionale. L’ultimo comma dell’art. 2103 prevede, però, la nullità di ogni
patto che non rispetti il principio dell’equivalenza delle mansioni.
L’ipotesi disciplinata dall’art. 30, comma 3, va, pertanto, interpretata come una
deroga al rigido disposto dell’art. 2103, ultimo comma, cod. civ., deroga che
legittima, con il consenso del lavoratore, il trasferimento con contestuale attribuzione
di mansioni anche non equivalenti.
Comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive devono
sussistere quando dal distacco derivi un trasferimento del lavoratore ad un’unità
produttiva distante più di 50 km da quella di provenienza (art. 30, comma 3, secondo
periodo).
DISTACCO (ART. 30)
Scheda riepilogativa

Ricorre quando il datore di lavoro, in funzione del soddisfacimento di un suo
concreto interesse, pone temporaneamente uno o più dipendenti a disposizione
di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa,
restando responsabile del trattamento economico e normativo spettante ai
lavoratori distaccati.

Consenso del lavoratore necessario solo se il distacco comporta un mutamento
di mansioni (art. 30, comma 3, primo periodo).

Il trasferimento del lavoratore ad un’unita produttiva distante più di 50 km da
quella in cui è adibito può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche,
organizzative, produttive o sostitutive (art. 30, comma 3).
Capitolo 8 - GRUPPI DI IMPRESA
(art. 31)
Il legislatore, in ottemperanza ai criteri fissati dall’art. 1, comma 2, lett. n) della legge
n. 30 del 2003, ha attribuito ai gruppi di impresa, individuati ai sensi dell’art. 2359
del codice civile e del d.lgs. n. 74 del 2 aprile 2002, la facoltà di delegare alla
capogruppo lo svolgimento degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed
assistenza sociale dei lavoratori dipendenti.
Secondo l’art. 31, infatti, l’impresa controllante potrà svolgere tali adempimenti per
conto di tutte le società controllate e collegate, ferma restando la titolarità delle
obbligazioni contrattuali e legislative in capo alle singole società datrici di lavoro
(comma 3).
Il secondo comma attribuisce ai consorzi la facoltà di svolgere gli adempimenti per
conto dei soggetti consorziati o di delegare l’esecuzione ad una società consorziata.
GRUPPI DI IMPRESA (ART. 31)
Scheda riepilogativa

La capogruppo può svolgere degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed
assistenza sociale dei lavoratori dipendenti per conto di tutte le società controllate e
collegate (comma 1).

I consorzi hanno la facoltà di svolgere tali adempimenti per conto dei soggetti consorziati o
di delegarne l’esecuzione ad una società consorziata (comma 2).
Capitolo 9 - TRASFERIMENTO D’AZIENDA – MODIFICA
ALL’ART. 2112 , COMMA 5, C.C.
(art. 32)
L’art. 32 del d.lgs. n. 276/2003, in attuazione di una delega particolarmente
dettagliata, introduce una modifica alla disciplina del mantenimento dei diritti dei
lavoratori in caso di trasferimento d’azienda (art. 2112 c.c., come sostituito, in
attuazione della direttiva 98/50/CE, dall’art. 1 del d.lgs. n. 18 del 2 febbraio 2001),
modificando il comma quinto dello stesso art. 2112 e inserendo un nuovo comma
finale.
La modifica si è resa necessaria con particolare riguardo al trasferimento di “parte
dell’azienda” (già previsto nel testo introdotto dal d.lgs. n. 18/2001), e
all’individuazione del momento in cui il requisito dell’autonomia funzionale di tale
parte deve venire ad esistenza affinché la fattispecie si configuri come una vera e
propria cessione, con conseguente applicabilità delle procedure di cui all’art. 47, l. n.
428 del 29 dicembre 1990 e successive modifiche, nonché delle previsioni di cui allo
stesso art. 2112 c.c. limitandosi a richiedere che tale requisito sussista, e sia
identificato come tale dal cedente e dal cessionario, nel momento in cui il
trasferimento si realizza.
La disciplina della materia rinviene in tal modo spazi di maggiore elasticità, in
quanto, per la riconduzione della fattispecie nel campo di applicazione dell’art. 2112
c.c., non è necessario che il ramo d’azienda oggetto della cessione sia dotato di
oggettiva e precostituita esistenza, ma è sufficiente che il ramo stesso acquisti
consistenza organizzativa e funzionale “all’atto” in cui viene alienato.
Infatti, ai sensi del d.lgs. n. 18/2001 – che sotto questo profilo è rimasto immutato –
per “parte dell’azienda” deve intendersi una “articolazione funzionalmente
autonoma” dell’attività economica organizzata, dove il requisito dell’autonomia
funzionale riassume le condizioni perché la parte, o “ramo” d’azienda possa avere
una “vita” propria ed essere, così, separabile dal complesso aziendale.
All’autonomia funzionale il legislatore delegato del 2001 aveva poi aggiunto, quale
necessario complemento, il requisito della “preesistenza” del ramo al trasferimento, e
quello della conservazione, nel trasferimento, della sua identità.
L’innovazione apportata dall’art. 32 incide proprio su questo aspetto, eliminando la
necessità che l’autonomia funzionale dell’attività economica ceduta preesista al
trasferimento.
Il comma 2 dell’art. 32 dispone che, qualora l’alienante e l’acquirente stipulino un
contratto d’appalto, per la cui esecuzione venga utilizzato il ramo d’azienda ceduto, si
applica l’art. 1676 c.c., a norma del quale i dipendenti dell’appaltatore che hanno
eseguito l’opera o prestato il servizio possono proporre azione diretta contro
l’appaltante per conseguire quanto loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che
lo stesso appaltante ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la
domanda.
TRASFERIMENTO D’AZIENDA (ART. 32)
Scheda riepilogativa

E’ trasferimento d’azienda qualsiasi operazione (cessione contrattuale, fusione, usufrutto,
affitto) che comporti il mutamento nella titolarità di una attività economica organizzata.

E’ ammissibile il trasferimento di ramo d’azienda, quando il cedente e il cessionario
identifichino quella parte di azienda come una articolazione funzionalmente autonoma, al
momento del suo trasferimento.

Se al trasferimento segue la conclusione di un contratto di appalto, opera il regime di
solidarietà di cui all’art. 1676 c.c.
Capitolo 10 - LAVORO INTERMITTENTE
(artt. 33-40)
10.1 Definizione
Il contratto di lavoro intermittente, che può essere stipulato sia a tempo determinato
che senza prefissione di termine, viene definito dall’art. 33 come il contratto col quale
un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, il quale è legittimato ad
utilizzarne l’attività per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o
intermittente (cioè soggette ad intervalli di inattività), destinate al soddisfacimento di
esigenze individuate in sede di contrattazione collettiva nazionale o territoriale o, in
via “provvisoriamente sostitutiva”, dal Ministro del Lavoro, mediante decreto da
emanarsi “trascorsi sei mesi” dall’entrata in vigore del decreto legislativo (comma 1
dell’art. 34 ).
10.2 Ipotesi soggettive
E’ altresì previsto che, in via sperimentale, il contratto possa stipularsi sulla base di
taluni presupposti di carattere soggettivo, senza che sia necessaria l’individuazione,
da parte della contrattazione collettiva, delle prestazioni di carattere discontinuo o
intermittente.
Il comma 2 dell’art. 34 menziona, a questo specifico riguardo, i disoccupati
infraventicinquenni ovvero i lavoratori ultraquarantacinquenni che siano stati espulsi
dal ciclo produttivo o siano iscritti alle liste di mobilità e di collocamento. A questo
riguardo, la delega precisa che l’espulsione dal ciclo produttivo è correlata a processi
di riduzione o trasformazione di attività o di lavoro. Ne consegue che, per quanto
riguarda gli ultraquarantacinquenni, la possibilità di stipulare contratti di lavoro
intermittente è generalizzata.
10.3 Divieti
Il divieto di stipulare contratti di lavoro intermittente (comma 3 dell’art. 34) si
riferisce a casi identici, anche sotto il profilo letterale, a quelli in cui non è consentita
la stipulazione di contratti di somministrazione di lavoro (cfr. art. 20, comma 5).
10.4 Forma
L’art. 35 disciplina i caratteri formali del contratto, indicando una serie di elementi
per i quali, a fini meramente probatori, viene disposto l’uso della scrittura.
Tali elementi, in relazione ai quali le parti devono recepire eventuali previsioni della
contrattazione collettiva (comma 2), sono:
- la durata (con evidente riferimento al caso di contratto a tempo determinato; è
tuttavia consentita, come accennato, la stipulazione a tempo indeterminato) e la
specificazione dell’ipotesi per cui viene fatto ricorso al contratto di lavoro
intermittente;
- qualora sia stata convenuta la garanzia della disponibilità, il luogo in cui il
lavoratore deve rendersi disponibile e le modalità del preavviso di chiamata, la cui
durata non può essere inferiore a un giorno lavorativo, il che esclude che possa
ritenersi “utilmente dato” un preavviso coincidente, ad esempio, con la domenica;
- il trattamento economico e normativo e l’importo dell’indennità di disponibilità,
se pattuita;
- le forme e le modalità con cui il datore di lavoro può chiedere l’esecuzione della
prestazione, nonché le modalità di rilevazione della stessa;
- i tempi e le modalità di corresponsione della retribuzione e dell’indennità di
disponibilità (se pattuita): le parti, pertanto, sono libere di concludere patti
specifici in ordine alla cadenza di pagamento dell’indennità di disponibilità, salvo
il rispetto delle eventuali disposizioni contenute nella contrattazione collettiva;
- le eventuali misure di sicurezza specifiche richieste dal tipo dell’attività dedotta in
contratto in analogia con quanto già previsto dall’art. 3, comma 3, lett. h, della l.
n. 196/1997.
Il datore di lavoro (comma 3) è tenuto ad informare annualmente le r.s.a., ove
esistenti (o la r.s.u., ove costituita), sull’andamento del ricorso al lavoro intermittente.
10.5 Indennità di disponibilità
L’art. 36, nel disciplinare l’indennità di disponibilità, precisa, nella prima parte del
comma 6, che l’istituto ha carattere facoltativo, e che la relativa regolamentazione,
prevista dai primi 5 commi del medesimo art. 36, in tanto è applicabile, in quanto il
lavoratore sia contrattualmente obbligato a rispondere alla chiamata del datore di
lavoro (la eventuale facoltatività della risposta alla chiamata è prevista dalla legge
delega).
Qualora il lavoratore decida di assumere l’obbligo di reperibilità, il comma 6
prevede, in caso di ingiustificato inadempimento (rifiuto), le sanzioni che “possono”
derivarne a carico del lavoratore: risoluzione del contratto, restituzione della quota di
indennità di disponibilità riferibile al periodo successivo al rifiuto di rispondere alla
chiamata, “congruo” risarcimento del danno in conformità alle previsioni del
contratto collettivo o di quello individuale.
L’indennità, che ha cadenza mensile ed è divisibile in quote orarie (vedi, per il
contratto di somministrazione, art. 22, comma 3), viene erogata al lavoratore per i
periodi in cui questo, in attesa di utilizzazione, garantisce la propria disponibilità.
Il relativo ammontare, che deve essere indicato nel contratto individuale (vedi art. 35,
comma 1, lettera c), è fissato dai contratti collettivi, e non può essere inferiore alla
misura stabilita (e periodicamente aggiornata) con decreto del Ministro del Lavoro,
da emettersi dopo aver sentito le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative (comma 1 dell’art. 36).
Anche in mancanza della determinazione della misura dell’indennità di disponibilità
da parte dei contratti collettivi ovvero da parte del d. m., le parti potranno comunque
stipulare contratti di lavoro intermittente senza, tuttavia, prevedere un obbligo di
disponibilità del lavoratore nei confronti del datore di lavoro. Infatti, come detto,
l’indennità non costituisce un requisito indispensabile del contratto di lavoro
intermittente, ma deve essere indicata nel contratto solo ove il lavoratore abbia
assunto l’obbligo di rispondere alla chiamata.
Il comma 3 esclude l’indennità dal computo di ogni istituto di legge o di contratto
collettivo.
In ipotesi di malattia o di altro giustificato impedimento (tra cui è da ritenere siano
compresi anche gli infortuni e le malattie professionali incorse al lavoratore in
occasione di altro rapporto di lavoro instaurato contestualmente con altro datore di
lavoro), che comporti la temporanea impossibilità di rispondere alla chiamata, il
lavoratore deve tempestivamente avvertire il datore di lavoro, comunicando la durata
dell’impedimento, nel corso del quale il diritto all’indennità non matura (comma 4)
L’inottemperanza del lavoratore all’obbligo di informare tempestivamente il datore di
lavoro circa il sopravvenuto impedimento è sanzionata con la perdita dell’indennità
per un periodo di quindici giorni, ove il contratto individuale non disponga
diversamente (comma 5).
A norma del comma 2, i contributi sull’indennità di disponibilità sono versati per il
loro effettivo ammontare, anche in deroga alla previsioni di legge in materia di
minimale contributivo. Ciò comporta che, in alcuni casi, potrebbe non essere
garantita la copertura previdenziale piena per l’intero anno.
Per porre parziale rimedio a tale problema, il comma 7 consente al lavoratore di
versare volontariamente una contribuzione integrativa su base convenzionale (base
che deve essere fissata da un apposito decreto interministeriale) fino a concorrenza
del parametro contributivo che assicuri la copertura piena. Questo meccanismo vale
sia nel caso in cui il lavoratore abbia percepito una retribuzione inferiore a quella
convenzionale, sia nel caso in cui abbia usufruito dell’indennità di disponibilità.
Vale la pena ricordare che tale forma di prosecuzione volontaria era già prevista dalla
disciplina del contratto di lavoro interinale (art. 9 della l. n. 196/1997, cui è stata data
attuazione con il d.m. 18 dicembre 2001)
L’art. 37 dispone che, qualora le prestazioni di lavoro intermittente siano state
pattuite per il fine settimana, le ferie estive, le vacanze natalizie o pasquali,
l’indennità di disponibilità è corrisposta solo in caso di chiamata effettiva (comma 1),
cumulandosi, quindi, con la retribuzione percepita dal lavoratore a compenso delle
prestazioni eseguite.
La suddetta disciplina può essere estesa ad ulteriori periodi predeterminati, previsti
dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative (comma 2).
L’art. 38 , al comma 1, prescrive, a favore del lavoratore intermittente, e in relazione
ai periodi lavorati, la corresponsione di un trattamento economico e normativo che,
complessivamente, non deve essere meno favorevole rispetto a quello percepito dal
lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte.
E’ previsto, altresì, che il suddetto trattamento, nonché quello previdenziale, sia
oggetto di riproporzionamento in ragione della prestazione effettivamente eseguita,
sia per quanto riguarda la retribuzione globale e le relative componenti, sia per
quanto riguarda le ferie, i trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro e malattia
professionale, maternità e congedi parentali (comma 2 dell’art. 38).
Durante il tempo in cui il lavoratore si trova in attesa di chiamata, ha diritto
all’indennità di disponibilità senza maturazione di alcun altro trattamento economico
e normativo (comma 3 dell’art. 38), ma ciò sempre e soltanto nel caso in cui si sia
obbligato contrattualmente a rispondere alla chiamata.
10.6 Computo dei lavoratori intermittenti
Per quanto riguarda
il calcolo dell’organico del datore di lavoro ai fini
dell’applicazione di normative (contrattuali) e di legge, l’art. 39 stabilisce che il
lavoratore intermittente sia computato in proporzione all’orario di lavoro
effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre. La periodizzazione semestrale e
le fluttuazioni che possono derivarne nella misura del computo sono in evidente
correlazione con il carattere intermittente della prestazione.
10.7 Contrattazione collettiva e decreto
l’individuazione delle ipotesi “oggettive”.
ministeriale
per
L’art. 40, in riferimento alle disposizioni dell’art. 34, comma 1, e dell’art. 37, comma
2, che attribuiscono alla contrattazione collettiva la definizione dei casi in cui è
ammissibile il ricorso al lavoro intermittente, istituisce una procedura destinata ad
ovviare all’eventuale mancato accordo, quando tale situazione si protragga oltre un
certo limite.
La norma dispone che, se l’accordo sindacale non sia stato raggiunto entro i cinque
mesi dall’entrata in vigore del d.gs. n. 276/2003, il Ministro del Lavoro convoca le
parti stesse e le assiste al fine di promuovere l’accordo.
Se, entro i quattro mesi successivi, l’accordo non sia stato concluso, il Ministro del
Lavoro emette un decreto con cui individua, in via provvisoria, i casi di ricorso al
lavoro intermittente, tenuto conto delle indicazioni contenute nell’eventuale accordo
interconfederale concluso ai sensi dell’art. 86, comma 13, e delle prevalenti posizioni
espresse da ciascuna delle due parti interessate.
Occorre però rilevare che il disposto dell’art. 40 non è coordinato con il contenuto
della disposizione di cui all’art. 34, comma 1, che prevede l’emanazione di un
decreto decorso un termine di sei mesi dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 276/2003,
laddove i contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di
lavoro comparativamente più rappresentative non abbiano provveduto in merito.
LAVORO INTERMITTENTE (ARTT. 33–40)
Scheda riepilogativa

Casi di ricorso al lavoro intermittente
 Ipotesi oggettive:
a) i contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale individuano
le esigenze che legittimano il ricorso al lavoro intermittente per le prestazioni di
carattere discontinuo o intermittente. In difetto, verrà emanato un decreto dal
Ministro del Lavoro.
 Ipotesi soggettive, indipendentemente dalle esigenze di carattere discontinuo o
intermittente:
a) disoccupati infraventicinquenni;
b) lavoratori ultraquarantacinquenni che siano stati espulsi dal ciclo produttivo o siano
iscritti alle liste di mobilità e di collocamento.

Divieti
a) per sostituire lavoratori in sciopero
b) in aziende che hanno sospeso o licenziato lavoratori con le stesse mansioni;
c) in aziende che non hanno effettuato la valutazione dei rischi.

Forma scritta a fini meramente probatori
a) le parti devono recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi sui elementi
del contratto di lavoro intermittente.

Indennità di disponibilità “in attesa di chiamata”
a) solo se il lavoratore sia contrattualmente obbligato a rispondere alla chiamata;
b) la misura di tale indennità è stabilita dai contratti collettivi (e comunque non
inferiore alla misura prevista con decreto del Ministro del Lavoro);
c) è un importo mensile divisibile in quote orarie;
d) è soggetta a contributi senza il rispetto del minimale contributivo;
e) è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto;
f) in caso di malattia o altro impedimento non spetta. Se il lavoratore non comunica
l’evento perde l’indennità per 15 giorni;
g) in caso di rifiuto a rispondere, il contratto può essere risolto, il lavoratore è tenuto
alla restituzione dell’indennità e deve pagare i danni nella misura fissata dai contratti
collettivi o, in mancanza, dal contratto individuale.

Periodi predeterminati nei quali l’indennità di disponibilità è corrisposta al lavoratore solo in
caso di effettiva chiamata
a) i contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale possono

prevedere, in aggiunta ai periodi indicati dall’art. 37, comma 1 (fine settimana, ferie
estive, vacanze natalizie e pasquali), ulteriori periodi predeterminati nei quali
l’indennità di reperibilità è corrisposta solo in caso di effettiva chiamata.
Informazioni annuale alle r.s.a sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente
a) i contratti collettivi possono prevedere disposizioni più favorevoli.

Trattamento economico e normativo
a) il lavoratore intermittente che lavora ha gli stessi diritti del lavoratore di pari livello,
a parità di mansioni svolte, riproporzionati in ragione della prestazione
effettivamente eseguita, sia per quanto riguarda la retribuzione globale e le relative
componenti, sia per quanto riguarda le ferie, i trattamenti per malattia, infortunio sul
lavoro e malattia professionale, maternità e congedi parentali (comma 2 dell’art. 38);
b) se il lavoratore intermittente non lavora non ha alcun diritto, salvo, eventualmente,
l’indennità di disponibilità

Il lavoratore intermittente è computabile nel numero dei dipendenti in proporzione
all’attività svolta.
Capitolo 11 - LAVORO RIPARTITO
(artt. 41-45)
11.1 Definizione
La causa del contratto di lavoro ripartito - che aveva trovato un principio di disciplina
solo in virtù di una circolare del Ministero del Lavoro del 1998 - consiste nello
scambio fra una prestazione lavorativa unica ed identica, svolta da due lavoratori con
vincolo di solidarietà, a favore di un datore di lavoro, dietro corresponsione di una
retribuzione da parte di quest’ultimo.
Unica è dunque la prestazione di lavoro dedotta nel contratto, ed identica, nel senso
che entrambi i lavoratori sono obbligati, ciascuno per l’intero, al relativo
adempimento.
In sostanza, si tratta di un contratto di lavoro la cui specialità va ravvisata nel fatto
che una delle parti è sdoppiata in due componenti omologhe e fungibili, ognuna delle
quali, pur espletando una quota soltanto della prestazione complessivamente pattuita
(prestazione che viene perciò suddivisa, cioè “ripartita” fra i due soggetti), è tuttavia
debitrice, in solido con l’altra componente, dell’intera prestazione.
Tanto si desume dai profili definitori formulati dai commi 1 e 2 dell’art. 41. In
particolare, il comma 2 sancisce la “personale e diretta” responsabilità di ogni
lavoratore – salva una diversa intesa fra le parti contraenti – nell’adempimento
dell’intera prestazione lavorativa e in conformità a quanto la legge prevede.
11.2 Regolamentazione del rapporto
L’art. 43 rimette alla contrattazione collettiva, subordinatamente alle previsioni di
legge, la regolamentazione del rapporto. In assenza di contrattazione, sarà applicabile
la normativa generale in materia di lavoro subordinato, nei limiti della compatibilità
con la particolare natura del rapporto di lavoro ripartito.
Il comma 3 dell’art. 41 accorda ai lavoratori ampi spazi di autonomia per quanto
riguarda la gestione “interna” dell’obbligazione contrattuale. Gli interessati, infatti,
sono legittimati, discrezionalmente e in qualsiasi momento, a disporre sostituzioni fra
di loro, e a modificare consensualmente la collocazione temporale dell’orario di
lavoro (vale a dire la distribuzione dell’orario di lavoro individuale all’interno
dell’orario complessivo predisposto dal datore di lavoro). In quest’ultimo caso,
aggiunge la norma, la sopravvenuta impossibilità dell’adempimento per causa
imputabile ad uno dei coobbligati comporta il trasferimento dell’obbligo relativo in
capo all’altro coobbligato.
L’insieme di previsioni di cui al comma 3 è comunque suscettibile di diversa
disciplina ad opera di intese fra le parti contraenti, o mediante contratti o accordi
collettivi.
Con riferimento alla facoltà di modificare la collocazione temporale dell’orario di
lavoro, ed al fine della possibilità di certificare le assenze, il comma 2 dell’art. 42
pone a carico dei lavoratori l’obbligo di informare preventivamente il datore di
lavoro, almeno ogni settimana, in merito all’orario di lavoro praticato dai due
coobbligati.
Il comma 4 dell’art. 41 subordina al preventivo consenso del datore di lavoro la
sostituzione da parte di terzi di uno o di entrambi i lavoratori che si trovino
nell’impossibilità di adempiere. Occorre evidenziare che, nel caso in cui il terzo
“sostituto” dovesse essere estraneo all’organico dell’impresa, si porrebbero notevoli
problemi gestionali (ad es: assicurazione I.n.a.i.l., posizione previdenziale) che
consigliano particolare cautela nella prestazione del consenso da parte del datore di
lavoro.
Il rapporto di lavoro ripartito – salvo diversa intesa fra le parti – si estingue in caso di
licenziamento o di dimissioni di uno dei lavoratori coobbligati. E’ tuttavia possibile
che l’altro lavoratore, su richiesta del datore di lavoro, assuma a proprio carico
l’adempimento, totale o anche parziale, dell’obbligazione lavorativa. Ove ciò
avvenga, si verifica la trasformazione del contratto di lavoro ripartito in un ordinario
contratto di lavoro subordinato (comma 5).
Salvo diversa intesa fra le parti, la normativa di legge in tema di estinzione del
rapporto per impossibilità sopravvenuta della prestazione non imputabile al debitore
(art. 1256 c.c.) si applica in ipotesi di impedimento di entrambi i lavoratori
coobbligati (comma 6).
11.3 Forma
L’art. 42 disciplina i requisiti formali del contratto, di cui prevede la redazione scritta,
ai fini della prova di una serie di elementi:
- la ripartizione della prestazione fra i due coobbligati, in conformità alle intese fra
loro intercorse, con l’indicazione della quantità, espressa in percentuale, e della
distribuzione del lavoro nel giorno, nella settimana, nel mese o nell’anno (viene
replicata la previsione di cui al comma 3 dell’art. 41, relativamente alla
discrezionalità dei lavoratori quanto alla possibilità di disporre sostituzioni
reciproche e di modificare la collocazione temporale dei rispettivi orari di lavoro);
- il luogo di lavoro e il trattamento economico e normativo;
- le eventuali misure di sicurezza specifiche che si rendano necessarie in relazione
all’ attività dedotta in contratto.
11.4 Principio di non discriminazione
E' evidente l'errore di stampa a causa del quale l’art. 44, comma 1, dispone che, per i
periodi lavorati, il lavoratore coobbligato “deve ricevere” un trattamento economico e
normativo, nel suo complesso, meno favorevole rispetto a quello di cui fruisce, a
parità di mansioni, il lavoratore di pari livello (comma 1 dell’art. 44). Il testo
approvato dal Consiglio dei Ministri del 31 luglio riportava, ovviamente, la negazione
“non” prima della parola “deve”. Di conseguenza, anche in attuazione del principio di
non discriminazione invocato all'inizio dello stesso comma 1, la disposizione va letta
nel senso che il lavoratore coobbligato “non deve ricevere” un trattamento
economico e normativo, nel suo complesso, meno favorevole rispetto a quello di cui
fruisce, a parità di mansioni, il lavoratore di pari livello.
Nel quadro dei rapporti “interni” fra lavoratori, il trattamento economico e normativo
compete ad ognuno dei soggetti in proporzione all’apporto lavorativo effettivamente
reso, in particolare per quanto riguarda la retribuzione globale e i singoli elementi che
la compongono, le ferie e i trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro, malattia
professionale, congedi parentali (comma 2 dell’art. 44).
I due lavoratori hanno diritto di partecipare alle assemblee di cui all’art. 20 della l. n.
300/1970, entro il limite complessivo di dieci ore annue, e con ripartizione del
relativo trattamento economico in proporzione alla prestazione lavorativa
effettivamente eseguita (comma 3 dell’art. 44).
11.5 Disposizioni previdenziali
I lavoratori contitolari del contratto di lavoro ripartito, ai fini delle prestazioni
previdenziali ed assistenziali (comprensive anche di quelle assicurative
antinfortunistiche) e della relativa contribuzione, vengono assimilati ai lavoratori a
tempo parziale.
Al fine di rendere possibile l’individuazione dell’esatto ammontare dei contributi e
delle prestazioni per ciascun lavoratore, si prevede l’effettuazione del calcolo mese
per mese, salvo conguaglio a fine anno a seguito dell’effettivo svolgimento della
prestazione lavorativa.
LAVORO RIPARTITO (ARTT. 41-45)
Scheda riepilogativa

Speciale contratto di lavoro con il quale due lavoratori assumono in solido l’adempimento di
un’unica ed identica obbligazione lavorativa.

E’ stipulato in forma scritta e deve contenere, ai fini della prova, i seguenti elementi:
 la ripartizione della prestazione tra i due coobbligati con l’indicazione della quantità
e della distribuzione del lavoro nel giorno, nella settimana, nel mese, nell’anno;
 il luogo di lavoro e il trattamento economico e normativo;
 le eventuali misure di sicurezza specifiche che si rendano necessarie in relazione
all’attività dedotta in contratto.

I due lavoratori sono legittimati, discrezionalmente ed in qualsiasi momento, ed a modificare
consensualmente la collocazione temporale dell’orario.

La regolamentazione del rapporto di lavoro ripartito è rimessa alla contrattazione collettiva nel
rispetto delle previsioni contenute nel d.lgs. n. 276/2003.

Salvo diversa intesa delle parti, il rapporto di lavoro ripartito si estingue in caso di
licenziamento o di dimissioni di uno dei lavoratori coobbligati.
Capitolo 12 - LAVORO A TEMPO PARZIALE
(art. 46)
Numerose ed importanti sono le modifiche apportate dall’art. 46 al d.lgs. n. 61 del 25
febbraio 2000 (nel testo modificato dal d.lgs. n. 100 del 26 febbraio 2001) il quale
restituisce alla contrattazione collettiva ed alle pattuizioni individuali piena
operatività nella gestione delle flessibilità in esso richiamate (v. i testi normativi a
raffronto riportati nel documento allegato alla presente circolare).
La norma è volta infatti a favorire un maggiore ricorso al lavoro a tempo parziale
semplificando, in particolare, la possibilità di utilizzo del lavoro supplementare e
delle clausole elastiche nonché eliminando quegli appesantimenti burocratici che
hanno ingiustificatamente compresso l’autonomia delle parti sociali e quella dei
soggetti titolari dei rapporti di lavoro.
Su tali presupposti le misure contenute nel provvedimento sono orientate secondo gli
interventi appresso illustrati, nel rispetto delle indicazioni contenute nei criteri di
delega dettati dall’art. 3, l. n. 30 del 14 febbraio 2003.
12.1 Il lavoro supplementare
12.1.1 L’intervento della contrattazione collettiva
Con riguardo al lavoro supplementare (ammesso solo nel part-time orizzontale, art.
46, comma 1, lett. d), l’esigenza di flessibilità viene principalmente soddisfatta
attraverso la valorizzazione dell’autonomia negoziale, tanto collettiva quanto
individuale.
Quanto alla contrattazione collettiva (nazionale, territoriale, aziendale), la nuova
disciplina affida alla stessa il compito di stabilire:
 il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili;
 le causali di ricorso;
 le conseguenze derivanti dal superamento delle ore di lavoro supplementare
consentite dai contratti collettivi stessi.
Rispetto alla vecchia disciplina che, per vero, già rinviava tali compiti alla disciplina
contrattuale, le novità introdotte possono così riassumersi.
Relativamente alle ore di lavoro supplementare effettuabili, la contrattazione dovrà
ora limitarsi ad indicare il numero massimo delle ore consentite, senza più l’obbligo
di riferire tale limite nell’arco temporale dell’anno nonché nell’ambito della singola
giornata lavorativa. In proposito, il d.lgs n. 276/2003 abolisce anche la norma
transitoria in base alla quale, in attesa del previsto intervento contrattuale, il ricorso al
lavoro supplementare è ammesso nella misura massima del 10% della durata
dell’orario di lavoro a tempo parziale.
In ordine alle causali di ricorso al lavoro supplementare, la contrattazione collettiva
potrà individuare anche causali di tipo soggettivo mentre, circa le conseguenze
derivanti dal superamento delle ore di lavoro supplementare contrattualmente
consentite, la stessa non dovrà più indicare l’entità della maggiorazione retributiva
bensì sarà tenuta a definire le “conseguenze” (eventualmente anche di natura non
economica) derivanti da tale superamento. Con quest’ultima modifica è stata altresì
eliminata la maggiorazione retributiva del 50% imposta dalla vecchia disciplina in
ipotesi di assenza del disposto intervento contrattuale.
12.1.2 Gli accordi individuali - Il consenso
In assenza di accordo collettivo il ricorso a prestazioni supplementari sarà possibile
solo previo consenso del lavoratore interessato (art. 46, comma 1, lett. f), sia esso
reso in maniera espressa che per fatti concludenti, in ciò innovando rispetto alla
previgente disciplina la quale, invece, imponeva che il consenso venisse reso in ogni
caso, anche in ipotesi di lavoro supplementare previsto e regolamentato dal contratto
collettivo.
Sul punto val la pena ricordare le considerazioni al riguardo espresse dal Ministero
del Lavoro con circolare n. 46 del 30 aprile 2001 la quale affermava che, in analogia
alla giurisprudenza intervenuta sul lavoro straordinario nel contratto di lavoro
subordinato a tempo pieno (Cass. n. 2073 del 1992; Cass. n. 1484 del 1989, etc.), le
previsioni in materia di lavoro supplementare contenute nel contratto collettivo
manifestano anche il “preventivo assenso” del lavoratore interessato all’effettuazione
del lavoro supplementare, nei limiti stabiliti dallo stesso contratto collettivo.
In mancanza, invece, di una espressa indicazione nella contrattazione collettiva degli
elementi richiesti dalla legge, deve ritenersi ammissibile – proseguiva la circolare
ministeriale, la quale in tal senso anticipava, in via interpretativa, le soluzioni accolte
nel d.lgs. n. 276/2003 – che il “consenso” del lavoratore all’effettuazione di
prestazioni supplementari possa manifestarsi anche tacitamente, attraverso
l’accettazione in via di fatto della richiesta datoriale di svolgimento delle medesime.
Ad avviso del Ministero del Lavoro tale soluzione interpretativa permetteva di fatto
al lavoratore – in ipotesi, beninteso, di lavoro supplementare non disciplinato dal
contratto collettivo – di “rifiutare” ex art. 3, comma 3, d.lgs. n. 61/2000, le relative
prestazioni richieste dal datore di lavoro, con conseguente impossibilità per
quest’ultimo di adottare sanzioni disciplinari, o di licenziare (neppure per giustificato
motivo oggettivo) il lavoratore.
Quest’ultima affermazione risulta ora recepita dall’art. 46, comma 1, lett. f) il quale
precisa che “Il rifiuto da parte del lavoratore non può integrare in nessun caso gli
estremi del giustificato motivo di licenziamento”.
Concludiamo sul punto sottolineando la circostanza che l’interpretazione letterale
della norma in esame lascia intendere che l’eventuale accordo individuale non è
anch’esso tenuto - come già la contrattazione collettiva - ad individuare i limiti di
ricorso al lavoro supplementare, il quale potrà pertanto essere prestato secondo le
diverse intese intervenute tra le parti individuali.
12.1.3 Diritto al consolidamento
La lettera i) dell’art. 46, comma 1, elimina il c.d. “diritto al consolidamento”,
nell’orario di lavoro, del lavoro supplementare svolto in via meramente non
occasionale, i cui criteri e modalità erano tra l’altro affidati alla contrattazione
collettiva.
12.1.4 Disciplina transitoria
La disciplina transitoria introdotta dal comma 15, art. 3, d.lgs. n. 61/2000, viene
abrogata. Da ciò consegue che all’atto della entrata in vigore del nuovo part-time
decadono tutte le clausole dei contratti collettivi (nazionali, territoriali, aziendali) in
materia di lavoro supplementare vigenti alla predetta data ed in contrasto con la
nuova disciplina introdotta dall’art. 46, decreto legislativo in esame.
PART-TIME / LAVORO SUPPLEMENTARE (ART. 46)
Scheda riepilogativa
MODIFICHE INTRODOTTE

E’ ammesso solo nel part-time orizzontale.

Il numero massimo delle ore effettuabili non deve essere più ricondotto nell’arco temporale
dell’anno e della singola giornata lavorativa.

Le causali di ricorso possono essere anche soggettive.

Il superamento delle ore di lavoro supplementare consentite dal contratto collettivo dà diritto
non più solo ad una maggiorazione economica bensì eventualmente a “conseguenze” d’altra
natura (v. riposi compensativi).

In assenza di disciplina collettiva, può essere introdotto per accordo individuale (in tal caso
il consenso del lavoratore può essere reso anche per fatti concludenti).
NORME ELIMINATE
 Soppresso il “limite transitorio” del 10% posto alla prestazione supplementare.

Soppresso il “limite transitorio” del 50% posto alla maggiorazione retributiva.

Soppresso il c.d. “diritto al consolidamento”, nell’orario di lavoro, del lavoro supplementare
svolto in via meramente non occasionale.

Abrogata la disciplina transitoria in virtù della quale le norme contrattuali conservano la loro
efficacia sino alla scadenza prevista.
12.2 Le clausole flessibili ed elastiche
Per il lavoro a tempo parziale di tipo verticale e misto è prevista la possibilità di
variare in aumento la durata della prestazione (c.d. clausole elastiche) anche
attraverso una più ampia valorizzazione dell’autonomia individuale.
Con riferimento alle clausole di flessibilità, il d.lgs. n. 276/2003 precisa che per
clausole “flessibili” (prima denominate, dall’art. 3, comma 7, d.lgs. n. 61/2000,
“elastiche”) si intendono le clausole che consentono, entro limiti predeterminati, una
variazione della distribuzione dell’orario di lavoro nel contratto di lavoro part-time.
Sono invece “elastiche” le clausole che permettono una variabilità in aumento della
estensione temporale della prestazione lavorativa dedotta in contratto (art. 46, comma
1, lett. j).
Il legislatore è quindi intervenuto non ritenendo condivisibile, per gli equivoci
terminologici e di sostanza che possono scaturire dalla mancanza di chiarezza
analitica, l’opzione accolta a suo tempo dal d.lgs. n. 61/2000 che, nel riconoscere la
legittimità delle clausole elastiche solo con riferimento alla collocazione temporale
della prestazione lavorativa, pareva assimilare sul piano concettuale due ipotesi sino
ad allora tenute distinte nel dibattito dottrinale.
12.2.1 Le clausole flessibili
Quanto alle clausole “flessibili” - introdotte dalla previgente disciplina sotto il nome
di clausole “elastiche” - il d.lgs. n. 276/2003 prevede:
 in tema di condizioni e modalità, il rinvio alla contrattazione collettiva
(nazionale, territoriale ed aziendale) per la fissazione di limiti in relazione ai
quali si può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa da rendersi in regime di part-time - rispetto a quella inizialmente concordata
con il lavoratore (art. 46, comma 3, lett. j, punto 1). Sul punto la previsione di
legge è identica a quella contenuta nella precedente disciplina;
 in tema di preavviso, la riduzione, ad almeno due giorni lavorativi, del relativo
periodo (prima fissato in almeno dieci giorni), “fatte salve le intese tra le parti”
(cfr. art. 46, comma 1, lett. k);
 in tema di copertura retributiva - ed in stretto raccordo con le modifiche sul
punto introdotte in materia di lavoro supplementare - la individuazione di
specifiche compensazioni (di natura eventualmente anche non economica),
nella misura ovvero nelle forme fissate dai contratti collettivi (nazionali,
territoriali, aziendali). Cfr. art. 46, comma 1, lett. k). Sul punto la precedente
disciplina imponeva la corresponsione di una maggiorazione retributiva, nella
misura fissata dai contratti collettivi;
 in tema di consenso, la conservazione della previsione, contenuta all’art. 3,
comma 9, d.lgs. n. 61/2000, la quale impone il rilascio da parte del lavoratore
del consenso alla disponibilità allo svolgimento delle clausole flessibili,
formalizzato attraverso specifico patto scritto, anche contestuale al contratto di
lavoro part-time (art. 46, comma 1, lett. l). Viene invece introdotto il diritto
all’assistenza, all’atto della stipula del patto e su richiesta del lavoratore, di un
rappresentante sindacale indicato dallo stesso lavoratore. Risulta altresì
confermata la previsione in ordine alla quale l’eventuale rifiuto del lavoratore
di stipulare lo specifico patto scritto non integra gli estremi del giustificato
motivo di licenziamento;
 in tema di “diritto di denuncia o di ripensamento”, la soppressione della
relativa disciplina, richiamata all’art. 3, commi 10, 11 e 12, d.lgs. n. 61/2000.
PART-TIME / CLAUSOLE FLESSIBILI (ART. 46)
(clausole che consentono la variazione della distribuzione dell’orario di lavoro)
Scheda riepilogativa
MODIFICHE INTRODOTTE

Il preavviso minimo non è più di 10 giorni bensì di 2 giorni lavorativi.

La prestazione resa attraverso l’adozione di clausole flessibili dà diritto non più solo ad una
maggiorazione economica bensì, eventualmente, a “conseguenze” d’altra natura (v. riposi
compensativi).

Assistenza, all’atto della stipula dello “specifico patto scritto” ed a scelta del lavoratore
interessato, di un rappresentante sindacale.

In assenza di disciplina collettiva la clausola flessibile può essere introdotta per accordo
individuale.
NORME ELIMINATE

Soppressione del “diritto di denuncia o di ripensamento”.
12.2.2 Le clausole elastiche
Relativamente alla disciplina introdotta con riferimento alle clausole “elastiche” –
nuovo istituto non previsto dalla previgente disciplina - il d.lgs. n. 276/2003 dispone:
 in tema di condizioni e modalità, in relazione alle quali il datore di lavoro può
variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, il rinvio – similmente
a quanto già previsto dalla stessa norma di legge con riferimento alle
clausole”flessibili” - alla contrattazione collettiva (nazionale, territoriale,
aziendale) per la fissazione di tali limiti (art. 46, comma 3, lett. j, punto 2);
 in tema di limiti di massima variabilità in aumento della durata della
prestazione lavorativa, il rinvio alle indicazioni che dovranno essere in tal
senso definite dalla contrattazione collettiva (nazionale, territoriale, aziendale).
Art. 46, comma 3, lett. j), punto 3;
 in tema di preavviso e di specifiche compensazioni, una disciplina identica a
quella prevista per l’applicazione delle clausole”flessibili” (art. 46, comma 1,
lett. k);
 in tema di consenso, la richiesta al lavoratore della disponibilità allo
svolgimento delle predette clausole, attraverso il rilascio del consenso da parte
di quest’ultimo secondo modalità identiche a quelle previste dalla disciplina
dettata per le clausole “flessibili”, ivi inclusa l’eventuale assistenza di un
rappresentante sindacale e la tutela imposta in caso di rifiuto del lavoratore
(Art. 46, comma 1, lett. l).
PART-TIME / CLAUSOLE ELASTICHE (ART. 46)
(clausole che consentono di variare in aumento la durata della
prestazione lavorativa)
Scheda riepilogativa
DISCIPLINA DELL’ISTITUTO
- Sono ammesse nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto.
- È rimessa alla contrattazione collettiva la individuazione di:
 condizioni e modalità di adozione della clausola
 limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa
 specifiche compensazioni (anche di natura non economica).
- Il lavoratore ha diritto ad un preavviso di almeno due giorni lavorativi (fatte salve le diverse intese
intervenute tra le parti).
- Assistenza, all’atto della stipula dello “specifico patto scritto” ed a scelta del lavoratore
interessato, di un rappresentante sindacale.
- In assenza di contratti collettivi datore di lavoro e prestatore di lavoro possono concordare
direttamente l’adozione della clausola. Gli accordi individuali dovranno comunque contenere le
indicazioni sopra richieste (condizioni e modalità; limiti massimi di variabilità; specifiche
compensazioni).
12.2.3 Gli accordi individuali
Secondo quanto già previsto relativamente al lavoro supplementare, anche per la
adozione di clausole elastiche e flessibili, si può intervenire – in assenza dei contratti
collettivi di lavoro nazionali, territoriali, aziendali – con accordi individuali stipulati
direttamente tra datore di lavoro e prestatore di lavoro (sempre previo specifico patto
scritto, ex art. 46, comma 1, lett. l).
Stante il tenore letterale della norma di legge, tali accordi dovranno comunque
stabilire: condizioni e modalità di accesso alle predette clausole; limiti massimi di
variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa; specifiche
compensazioni (art. 46, comma 1, lett. s).
12.2.4 Il risarcimento del danno
Il d.lgs. n. 276/2003 prevede inoltre che lo svolgimento di prestazioni elastiche o
flessibili senza il rispetto delle disposizioni riguardanti:
 la stipula dello specifico patto scritto;
 le condizioni e modalità di adozione delle predette clausole;
 i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione
lavorativa;
 il diritto a specifiche compensazioni;
comporta a favore del lavoratore il diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla
corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno.
12.3 La trasformazione del rapporto a tempo pieno in rapporto a
tempo parziale
La trasformazione del rapporto a tempo pieno in rapporto a tempo parziale continuerà
ad essere convalidata dalla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio
senza che sia più richiesta l’assistenza di un rappresentante sindacale (art. 46, comma
1, lett. n).
Viene, per la prima volta, introdotta una specifica ed eccezionale ipotesi che impone
la trasformazione del rapporto a tempo pieno in rapporto a tempo parziale.
Tale diritto è riconosciuto ai lavoratori affetti da patologie oncologiche per i quali
residui una ridotta capacità lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti di
terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l’azienda unità
sanitaria locale territorialmente competente. A richiesta del lavoratore, il rapporto di
lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a
tempo pieno (art. 46, comma 1, lett. t).
TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO FULL-TIME IN RAPPORTO PART-TIME
(ART. 46)
Scheda riepilogativa
NORME ELIMINATE


MODIFICHE INTRODOTTE
La trasformazione non prevede più
l’assistenza, neppure eventuale, di un
rappresentante sindacale.
Viene riconosciuto il diritto alla
trasformazione ex lege del rapporto per i
lavoratori
affetti
da
patologie
oncologiche per i quali residui una ridotta
capacità lavorativa, anche a causa degli
effetti invalidanti di terapie salvavita,
accertata da una commissione medica
istituita presso l’azienda unità sanitaria
locale territorialmente competente. A
richiesta del lavoratore, il rapporto di
lavoro a tempo parziale deve essere
trasformato nuovamente in rapporto di
lavoro a tempo pieno.
12.4 L’assunzione di personale a tempo pieno
E’ stato eliminato il c.d. diritto di precedenza posto a favore dei lavoratori part-time
in caso di assunzione di personale a tempo pieno. Con esso era stato introdotto il
diritto del lavoratore part-time - in attività presso unità produttive site entro 50 km.
dall’unità produttiva interessata dalla programmata assunzione - a vedersi
riconosciuto il diritto alla trasformazione del proprio rapporto di lavoro in rapporto a
tempo pieno, nel rispetto degli ulteriori limiti di legge (equivalenza delle mansioni e
criteri di priorità).
Sul punto, tuttavia, il d.lgs. n. 276/2003 precisa che è data comunque facoltà agli
accordi individuali di intervenire sulla materia disponendo un diritto di precedenza in
favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività presso unità produttive site
nello stesso ambito comunale e adibiti alle stesse mansioni o a mansioni equivalenti
rispetto a quelle con riguardo alle quali è prevista l’assunzione (art. 46, comma 1, lett.
n).
PART-TIME / ASSUNZIONE DI LAVORATORI A TEMPO PIENO (ART. 46)
Scheda riepilogativa

NORME ELIMINATE
Eliminato il c.d. “diritto di precedenza”
posto a favore dei lavoratori assunti a
tempo parziale. Un accordo individuale
in tal senso può disciplinare la materia,
nel rispetto tuttavia dei nuovi limiti di
legge.
MODIFICHE INTRODOTTE
12.5 L’assunzione di personale a tempo parziale
Viene abolito l’obbligo per il datore di lavoro di motivare, su richiesta del lavoratore
interessato, il rifiuto opposto dal primo alla domanda di trasformazione a tempo
parziale del rapporto a tempo pieno in caso di assunzione di personale a tempo
parziale (art. 46, comma 1, lett. n).
ASSUNZIONE DI LAVORATORI PART-TIME (ART. 46)
Scheda riepilogativa

NORME ELIMINATE
Eliminato l’obbligo per il datore di lavoro
di motivare il rifiuto opposto alla
domanda di trasformazione a tempo
parziale del lavoro a tempo pieno.
MODIFICHE INTRODOTTE
12.6 La comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro della
stipula del contratto part-time
Con l’abrogazione della relativa indicazione contenuta nell’art. 2, comma 1, d.lgs. n.
61/2000 scompare l’obbligo per il datore di lavoro di dare comunicazione
dell’assunzione a tempo parziale alla Direzione provinciale del lavoro competente per
territorio mediante invio di copia del contratto (art. 85, comma 2, decreto legislativo
in esame).
Resta comunque l’obbligo di comunicare nei cinque giorni seguenti la trasformazione
del contratto da tempo parziale a tempo pieno, previsto dall’art. 4bis, comma 5, lett.
c), d.lgs n. 181/2000, mod. dall’art. 6 del d.lgs. n. 297/2002.
COMUNICAZIONE ALLA D.p.l. DELLA STIPULA DEL CONTRATTO PART-TIME
(ART. 85, comma 2)
Scheda riepilogativa

NORME ELIMINATE
Scompare
l’obbligo
di
dare
comunicazione alla D.p.l. dell’assunzione
a tempo parziale
MODIFICHE INTRODOTTE
12.7 Il contratto part-time con assunzione a termine
Innovando sulla materia (art. 1, comma 4, e art. 3, comma 13, d.lgs. n. 61/2000), il
ricorso al part-time è ora consentito in tutte le ipotesi di contratto a termine (d.lgs. n.
368/2001; art. 8, l. n. 223/1991; art. 4, d.lgs. n. 151 del 26 marzo 2001) con in
aggiunta la facoltà di accedere anche a prestazioni supplementari e straordinarie,
nonché a clausole flessibili ed elastiche.
In precedenza, il ricorso a prestazioni supplementari e straordinarie, ovvero a
clausole che consentono una diversa distribuzione dell’orario di lavoro, era ammesso
solo in presenza delle assunzioni a termine di cui all’art. 1, comma 2, lett. b), l. 18
aprile 1962, n. 230. Alla contrattazione collettiva era tuttavia lasciata la facoltà di
richiedere prestazioni lavorative supplementari o straordinarie anche in relazione ad
altre ipotesi di assunzione con contratto a termine, legislativamente previste.
12.8 Gli incentivi economici
Gli incentivi economici all’utilizzo del lavoro a tempo parziale, anche a tempo
determinato, richiamati tra i criteri di delega di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), l. n.
30/2003, saranno definiti, compatibilmente con la disciplina comunitaria in materia di
aiuti di Stato, nell’ambito della riforma del sistema agli incentivi all’occupazione (v.
d.d.l. 848bis, contente “Delega al Governo in materia di incentivi alla occupazione, di
ammortizzatori sociali, di misure sperimentali a sostegno dell’occupazione regolare e
delle assunzioni a tempo indeterminato nonché di arbitrato nelle controversie
individuali di lavoro”, attualmente all’esame, in prima lettura, della Commissione
Lavoro del Senato).
12.9 I criteri di computo dei lavoratori a part-time
In base alle modifiche apportate all’art. 6, d.lgs. n. 61/2000, in tutte le ipotesi in cui,
per disposizione di legge o di contratto collettivo, si renda necessario l’accertamento
della consistenza dell’organico, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel
complesso del numero dei lavoratori dipendenti in proporzione all’orario svolto,
rapportato al tempo pieno (principio del pro rata temporis). A tali fini, precisa la
norma, l’arrotondamento opera per le frazioni di orario eccedenti la somma degli
orari individuati a tempo parziale corrispondente a unità intere di orario a tempo
pieno.
Sul punto è stata cancellata dalla norma l’eccezione di legge in base alla quale, ai soli
fini dell’applicabilità della disciplina di cui al Titolo III, l. n. 300/1970, i lavoratori a
tempo parziale si computavano come unità intere, quale che fosse la durata della loro
prestazione lavorativa.
CRITERI COMPUTO DEI LAVORATORI A PART-TIME
(ART. 46)
Scheda riepilogativa
NORME ELIMINATE

MODIFICHE INTRODOTTE
Estensione del principio del pro rata
temporis ad ogni disposizione di legge o
di contratto collettivo che renda
necessario
l’accertamento
della
consistenza dell’organico, senza più
alcuna deroga di legge.
12.10 La definizione di “tempo pieno” e il lavoro straordinario
La definizione di “tempo pieno” di cui all’art 1, comma, 2, d.lgs. n. 61/2000, viene
aggiornata per essere rapportata alla definizione di “orario normale di lavoro” di cui
all’art. 3, comma 1, d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 (art. 46, comma 1, lett. a) ovverosia
alle 40 ore settimanali, con conseguente espressa abrogazione, quanto alla
individuazione del lavoro straordinario prestato nell’ambito del part-time (verticale o
misto), di ogni riferimento alle giornate interessate dalla relativa prestazione (art. 46,
comma 1, lett. h).
12.11 Le sanzioni
Le modifiche apportate al comma 2 dell’art. 8, d.lgs. n. 61/2000 sono dirette
unicamente ad adeguare le disposizioni contenute nel penultimo periodo della norma,
alla nuova tipologia di clausole introdotte dalla nuova normativa sul part-time (art.
46, comma 1, lett. r).
12.12 Conclusioni
12.12.1 Il ruolo della contrattazione collettiva e quello sostitutivo affidato agli
accordi individuali
Ad eccezione dell’affidamento alla sola contrattazione nazionale della facoltà di
prevedere, in relazione a specifiche figure o livelli professionali, modalità particolari
di attuazione delle discipline rimesse alla contrattazione collettiva dalla normativa sul
part-time, tutti i rinvii alla contrattazione collettiva contenuti nella predetta normativa
sono parimenti rivolti – come già nella vecchia disciplina - tanto alla contrattazione
nazionale, quanto alla territoriale, quanto alla aziendale.
Sul punto, l’unica innovazione introdotta all’art. 1, comma 3, d.lgs. n. 61/2000,
riguarda i criteri di individuazione dei contratti collettivi aziendali, chiamati dalla
nuova disciplina ad intervenire ogniqualvolta consentito anche agli altri contratti
collettivi. I contratti collettivi aziendali sono quelli “stipulati dalle r.s.a. di cui all’art.
19, l. n. 300/1970, ovvero dalle r.s.u.”. Quest’ultime, rispetto alla vecchia disciplina,
non dovranno più essere assistite dai sindacati che hanno negoziato e sottoscritto il
contratto collettivo nazionale applicato.
* * *
Riepilogando, con l’entrata in vigore della nuova disciplina del part-time, la
contrattazione collettiva (nazionale, territoriale e aziendale) è chiamata a ridefinire i
seguenti profili per l’adozione delle modifiche contenute nell’art. 46:
 nuovi limiti - numero massimo delle ore effettuabili e relative causali di ricorso
- da richiamare per lo svolgimento di lavoro supplementare (lett. e);
 individuazione delle conseguenze derivanti dal superamento delle ore di lavoro
supplementare consentite dagli stessi contratti collettivi (lett. e);
 determinazione della misura ovvero delle forme da dare alle specifiche
compensazioni che spettano al lavoratore a fronte della stipulazione di
clausole flessibili (lett. k).
Si rammenta in proposito che, in tema di lavoro supplementare, nell’ipotesi in cui il
contratto collettivo non sia mai intervenuto sulla materia ovvero sia stato fatto ricorso
alla - oramai abrogata - disciplina transitoria di cui all’art. 3, comma 15, d.lgs. n.
61/2000, tale prestazione potrà essere richiesta previo consenso del lavoratore (v. sub
12.1.4).
Parimenti, si potrà ricorrere all’accordo individuale anche per l’adozione di clausole
flessibili semprechè, tuttavia, i contratti collettivi nulla dispongano al riguardo.
* * *
La contrattazione collettiva (nazionale, territoriale e aziendale) potrà inoltre
intervenire, nell’ambito del part-time di tipo verticale o misto, per disciplinare ex
novo i seguenti profili:
 condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può variare in
aumento la durata della prestazione lavorativa - c.d. clausole elastiche – (lett. j,
punto 2);
 limiti massimi della variabilità in aumento della durata della prestazione
lavorativa (lett. j, punto 3);
 determinazione della misura ovvero delle forme da dare alle specifiche
compensazioni che spettano al lavoratore a fronte della stipulazione di
clausole elastiche (lett. k).
Fintanto che la contrattazione collettiva non interverrà sulla materia, è data facoltà
alle parti individuali di concludere accordi per l’adozione di clausole elastiche (v. sub
12.2.3).
L’INTERVENTO DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA E INDIVIDUALE NEL
PART-TIME
- Scheda ricognitiva ISTITUTO
DISCIPLINA PREVIGENTE
Clausole
flessibili
(ex clausole
elastiche)

Individuazione da parte dei
contratti collettivi:

Individuazione da parte dei
contratti collettivi:
-
delle condizioni e delle
modalità in relazione alle quali
il datore di lavoro può
modificare la collocazione
temporale della prestazione
lavorativa;
-
delle condizioni e delle modalità
in relazione alle quali il datore di
lavoro può modificare la
collocazione temporale della
prestazione lavorativa;
-
delle maggiorazioni retributive
alle quali il lavoratore ha diritto
in virtù dell’esercizio da parte
del datore di lavoro del potere
di variare la collocazione
temporale della prestazione;
-
delle compensazioni alle quali il
lavoratore ha diritto in virtù
dell’esercizio da parte del datore
di lavoro del potere di variare la
collocazione temporale della
prestazione;
-
di un preavviso inferiore
rispetto a quello previsto dalla
legge in presenza dell’esercizio
da parte del datore di lavoro del
potere di variare la collocazione
temporale della prestazione.
Variazione
della
collocazione
temporale della
prestazione
lavorativa
Clausole
elastiche

Impossibilità
di
adottare
clausole elastiche in assenza di
contratti collettivi.

Individuazione, da parte dei
contratti collettivi, dei criteri,
delle modalità nonché delle
ragioni obiettive per l’esercizio
da parte del lavoratore del
“diritto di denuncia o di
ripensamento”
del
patto
attraverso il quale offre la
propria
disponibilità
allo
svolgimento del rapporto di
lavoro a tempo parziale.
ART. 46, D.LGS. n. 276/2003
Individuazione, da parte dell’accordo
individuale, di un preavviso inferiore
rispetto a quello previsto dalla legge in
presenza dell’esercizio da parte del
datore di lavoro del potere di variare la
collocazione temporale della prestazione.

Possibilità, da parte di un
accordo individuale, di adottare
clausole flessibili in assenza di
contratti collettivi.

Soppresso il “diritto di denuncia
o di ripensamento” del patto.

Individuazione, da parte dei
contratti collettivi:
-
delle condizioni e delle modalità
in relazione alle quali il datore di
lavoro può variare in aumento la
durata
della
prestazione
lavorativa
(con
riferimento
esclusivo ai rapporti di lavoro a
tempo parziale di tipo verticale o
misto);
-
dei limiti massimi di variabilità in
aumento della durata della
prestazione lavorativa;
-
delle compensazioni alle quali il
lavoratore ha diritto in virtù
dell’esercizio da parte del datore
di lavoro del potere di variare in
aumento
la
durata
della
prestazione lavorativa.

Individuazione,
da
parte
dell’accordo individuale, di un
preavviso inferiore rispetto a
quello previsto dalla legge in
presenza dell’esercizio da parte
del datore di lavoro del potere di
variare in aumento la durata della
prestazione lavorativa.

Possibilità, da parte di un
accordo individuale, di adottare
clausole elastiche in assenza di
contratti collettivi.
Variazione in
aumento della
durata della
prestazione
lavorativa
(ammesse solo
nel part-time
verticale o
misto)
Lavoro
supplementare
(ammesso solo
nel part-time
orizzontale)

Individuazione da parte dei
contratti collettivi:
-
del numero massimo di ore di
lavoro
supplementare
effettuabili in ragione d’anno
-
del numero massimo di ore di
lavoro
supplementare
effettuabili
nella
singola
giornata lavorativa;
-
delle causali obiettive in
relazione alle quali si consente
di richiedere ad un lavoratore a

Individuazione da parte dei
contratti collettivi:
-
del numero massimo di ore di
lavoro supplementare effettuabili
(senza più alcun riferimento
all’anno nonché alla singola
giornata lavorativa e senza più
l’influenza della misura massima
del 10% prevista dalla legge);
-
delle causali in relazione alle
quali si consente di richiedere ad
un lavoratore a tempo parziale lo
svolgimento
di
lavoro
tempo parziale lo svolgimento
di lavoro supplementare;
Diritto di
precedenza
supplementare (senza più alcun
riferimento esclusivo alle causali
obiettive);
-
delle
conseguenze
del
superamento delle ore di lavoro
supplementare consentite (senza
più
alcuna
influenza
determinatala
da
limiti
legislativamente predeterminati).
dei criteri e delle modalità per
assicurare al lavoratore, su
richiesta del medesimo, il
consolidamento nel proprio
orario di lavoro, in tutto o in
parte, del lavoro supplementare
svolto in via non meramente
occasionale.

Soppresso
il
consolidamento”.
 L'effettuazione di prestazioni di
lavoro supplementare, richiede in ogni
caso il consenso del lavoratore
interessato:

L'effettuazione di prestazioni di
lavoro supplementare, richiede il
consenso (prestato in qualunque
forma) del lavoratore interessato
solo ove non regolamentata dal
contratto collettivo.
In caso di assunzione di
personale a tempo pieno, il diritto
di precedenza in favore dei
lavoratori assunti a tempo
parziale in attività presso unità
produttive site nello stesso
ambito comunale (e non più site
entro 50 km), adibiti alle stesse
mansioni
od
a
mansioni
equivalenti rispetto a quelle con
riguardo alle quali è prevista
l'assunzione, può essere previsto
dall’accordo individuale (non
costituisce più, pertanto un
obbligo per il datore di lavoro).
-
delle maggiorazioni retributive
alle quali il lavoratore ha diritto
in caso di superamento delle ore
di
lavoro
supplementare
consentite;
-

In caso di assunzione di
personale a tempo pieno il
datore di lavoro è tenuto a
riconoscere un diritto di
precedenza in favore dei
lavoratori assunti a tempo
parziale in attività presso unità
produttive site entro 50 km
dall'unità produttiva interessata
dalla programmata assunzione,
adibiti alle stesse mansioni od a
mansioni equivalenti rispetto a
quelle con riguardo alle quali è
prevista l'assunzione.


Nel dare attuazione al diritto di
precedenza il datore di lavoro
deve rispettare le priorità
indicate dalla legge.

“diritto
al
Nel dare attuazione, attraverso
l’accordo individuale, al diritto
di precedenza il datore di lavoro
non deve rispettare alcuna
priorità di legge.
Capitolo 13 - APPRENDISTATO
(artt. 47-53)
13.1 Il nuovo apprendistato
L'istituto dell'apprendistato viene significativamente riformato dal d.lgs. n. 276/2003.
La sua operatività non è immediata, salvo quanto espressamente abrogato dallo stesso
d.lgs. n. 276/2003.
Pertanto, in attesa della prevista regolamentazione di livello regionale, della
contrattazione collettiva e dell’eventuale accordo interconfederale (previsto dall’art.
86, comma 13 del d.lgs. 276/2003), si continua ad applicare la normativa vigente, con
l’eccezione di quanto disposto dall’art. 85, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 276/2003,
che abroga l’art. 2, comma 2, e l’art. 3, l. n. 25/1955.
Tali abrogazioni hanno da subito il seguente effetto in merito alle assunzioni di
apprendisti:
 per instaurare un rapporto di apprendistato, il datore di lavoro non deve più
ottenere l’autorizzazione della Direzione del Lavoro competente;
 viene cancellato, ex lege, l’obbligo per il datore di lavoro di assumere gli
apprendisti per il tramite dell’Ufficio di collocamento.
Dal momento in cui le ulteriori disposizioni del d.lgs. n. 276/2003 saranno operative,
si avranno una serie di novità inerenti al rapporto di lavoro, poiché:
 viene meno il rinvio alla contrattazione collettiva per la determinazione della
misura della retribuzione spettante all'apprendista;
 viene elevata, per tutti i settori di attività, l'età massima di ammissibilità al
contratto di apprendistato (professionalizzante o per l'acquisizione di diploma),
fissata ora in 29 anni laddove la precedente disciplina prevedeva una età
massima di 24 anni, elevabile a 26 anni nelle Regioni dell'Obiettivo 1.
Di particolare interesse anche le novità circa lo svolgimento della formazione, poiché
sarà possibile, a scelta dell’azienda, realizzare il pacchetto formativo non solo presso
centri esterni, ma anche all'interno dell'azienda stessa.
APPRENDISTATO (ART. 47)
Scheda riepilogativa
MODIFICHE INTRODOTTE


Viene elevata, per tutti i settori di attività, l'età massima di ammissibilità al contratto di
apprendistato (professionalizzante o per l'acquisizione di diploma), fissata ora in 29 anni
laddove la precedente disciplina prevedeva una età massima di 24 anni, elevabile a 26 nelle
Regioni dell'Obiettivo 1.
Viene meno il rinvio alla contrattazione collettiva per la determinazione della misura della
retribuzione spettante all'apprendista.
NORME ELIMINATE


Abrogata la norma che prevedeva per il datore di lavoro l’autorizzazione della Direzione del
Lavoro competente per instaurare un rapporto di apprendistato.
Abrogata la norma che prevedeva l’obbligo per il datore di lavoro di assumere gli
apprendisti per il tramite dell’Ufficio di collocamento.
13.2 Tipologie e limiti quantitativi dell’apprendistato – Autonomia
nelle singole regolamentazioni
13.2.1 Tipologie
Dal momento in cui le ulteriori disposizioni del d.lgs. n. 276/2003 saranno operative,
si avranno tre tipologie di apprendistato (art. 47), e cioè:
a) il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione
e formazione;
b) il contratto di apprendistato professionalizzante;
c) il contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di
alta formazione.
L’introduzione di queste nuove tipologie non compromette le disposizioni in materia
di diritto-dovere di istruzione e di formazione, ivi compresi i percorsi della cosiddetta
“formazione in alternanza” individuati dalla Riforma Moratti (l. n. 53/2003) per il
sistema scolastico.
13.2.2 Limiti quantitativi
Viene confermato il limite “numerico”: ossia, fatta eccezione per le aziende artigiane,
il numero degli apprendisti non può essere superiore al 100% dei lavoratori
qualificati e specializzati in forza; se i lavoratori qualificati o specializzati sono
inferiori a tre, gli apprendisti non potranno essere più di tre.
APPRENDISTATO / TIPOLOGIE E LIMITI QUANTITATIVI (ART. 47)
Scheda riepilogativa
MODIFICHE INTRODOTTE
1- Si avranno tre tipologie di apprendistato, e cioè:
d) il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
e) il contratto di apprendistato professionalizzante;
f)
il contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta
formazione.
NORME ELIMINATE

Nessuna
13.2.3 Autonomia nella regolamentazione delle tre tipologie di apprendistato
Il comma 3 dell’art. 47 precisa che, in attesa della regolamentazione del contratto di
apprendistato ai sensi del d.lgs. n. 276/2003, continua ad applicarsi la vigente
normativa in materia.
Occorre tuttavia precisare che l’avvio delle singole forme di apprendistato non
presuppone l’avvenuta regolamentazione delle tre tipologie. Invero, le nuove forme,
in quanto dotate di percorsi procedurali autonomi, possono essere singolarmente
attivate, indipendentemente dalla circostanza che non siano state emanate le altre
regolamentazioni.
13.3 Il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere
di istruzione e formazione
13.3.1 Limiti di età
Con tale contratto possono essere assunti i giovani che abbiano già compiuto quindici
anni (art. 48) mentre l’età massima è di 18 anni (v. art. 2, l.n. 53/2003).
13.3.2 Campo di applicazione e durata
Come nella precedente disciplina, viene confermato che possono assumere lavoratori
con contratto di apprendistato i datori di lavoro appartenenti a qualunque settore
produttivo, mentre la novità consiste nel finalizzare questa specifica tipologia di
apprendistato al conseguimento di una qualifica professionale. La durata massima
potenziale è di tre anni. Quella effettiva sarà determinata caso per caso in
considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio e dei crediti
formativi acquisiti.1
13.3.3 Forma del contratto
Come nella precedente disciplina, è necessaria la forma scritta del contratto, che deve
contenere l'indicazione della prestazione lavorativa oggetto del contratto, nonché
della qualifica, che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro. Rispetto
alla vecchia disciplina, invece, la forma scritta del contratto deve contenere anche il
piano formativo individuale.
Il decreto conferma alcuni principi già stabiliti dalla precedente disciplina, in
particolare che è vietato stabilire il compenso dell’apprendista secondo tariffe di
cottimo e che il contratto di apprendistato è un contratto a tempo indeterminato con
facoltà però per il datore di lavoro di risolvere il rapporto di lavoro, dandone
preavviso al lavoratore, al termine del periodo di apprendistato, ai sensi dell’art. 2118
c.c. e cioè senza la necessità che ci sia una giusta causa o un giustificato motivo. La
giusta causa o il giustificato motivo sono invece indispensabili per recedere dal
rapporto prima che sia concluso il periodo di apprendistato.
13.3.4 Regolamentazione dei profili formativi
La regolamentazione dei profili formativi è rimessa alle Regioni ed alle Province
autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con il Ministero del Lavoro e con il Ministero
dell’Istruzione e sentite le parti sociali, sulla base, però, di una serie di criteri e
principi direttivi, tra i quali la previsione di un monte ore di formazione interna o
esterna all'azienda, congruo al conseguimento della qualifica professionale, ed il
rinvio ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni comparativamente più
rappresentative per la determinazione delle modalità di erogazione della formazione
in azienda.
L’art. 2 della l. n. 53/2003 definisce “credito formativo per il passaggio tra i diversi sistemi
formativi” una competenza certificata conseguente a qualsiasi segmento della formazione
scolastica, professionale e dell’apprendistato.
1
Rispetto allo schema di decreto legislativo, approvato in prima lettura dal Consiglio
dei Ministri il 6 luglio u.s., che prevedeva 1200 ore di formazione nell’arco dei tre
anni, il testo definitivo rinvia, quanto alla definizione del monte ore, ad una
successiva regolamentazione da emanarsi da parte delle Regioni e delle Province
autonome, d'intesa con il Ministero del Lavoro e sentite le parti sociali. Inoltre il testo
originario non prevedeva l’alternatività tra formazione interna ed esterna. Il principio
di alternatività, di contro, non obbliga il datore di lavoro ad accedere esclusivamente
alla formazione esterna, ma lo lascia libero di scegliere tra l’una o l’altra opzione.
Dall’analisi di questa prima tipologia del contratto di apprendistato emerge la volontà
del legislatore di valorizzare la formazione degli apprendisti. Ciò è ulteriormente
confermato dal cosiddetto “libretto formativo” del lavoratore, istituito dal Ministero
del Lavoro e dal MIUR. Libretto, in cui verranno registrate le competenze acquisite
durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la
formazione specialistica e quella continua svolta durante l’arco della vita lavorativa.
APPRENDISTATO PER L’ESPLETAMENTO DEL DIRITTO-DOVERE
ALL’ISTRUZIONE E ALLA FORMAZIONE (ART. 48)
Scheda riepilogativa
MODIFICHE INTRODOTTE







Creazione di questo nuovo istituto con le seguenti caratteristiche:
Limiti di età 15-18 anni.
Il contratto scritto deve contenere anche un piano formativo individuale.
Il contratto è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale.
Regolamentazione dei profili formativi rimessa alle regioni.
Rinvio ai contratti collettivi per la determinazione delle modalità di erogazione della
formazione in azienda.
Previsione di un monte ore di formazione interna ed esterna all'azienda, non quantificato e
che sarà successivamente stabilito dalle regioni, sentite le parti sociali; tale monte ore dovrà
essere congruo al conseguimento della qualifica professionale.
13.4 Il contratto di apprendistato professionalizzante
13.4.1 Limiti di età e campo di applicazione
Come nella precedente disciplina, viene confermato che possono assumere lavoratori
con contratto di apprendistato i datori di lavoro appartenenti a qualunque settore
produttivo, mentre la novità consiste nel finalizzare questa specifica tipologia di
apprendistato al conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul
lavoro e l’acquisizione di competenze di base (art. 49).
Con il contratto di apprendistato professionalizzante possono essere assunti tutti i
giovani che hanno concluso il loro percorso formativo (anche attraverso
l’apprendistato per il diritto-dovere di istruzione e formazione). La sola limitazione
soggettiva è quella relativa all’età che non può essere inferiore a diciotto anni, né
superiore a ventinove anni.
L’apprendistato professionalizzante può essere considerato l’unico erede, per quanto
riguarda il segmento dell’occupazione giovanile (18-29 anni), delle due precedenti
forme contrattuali di tipo formativo, ossia contratto di apprendistato e di formazione e
lavoro, in quanto è l’unico istituto che mantiene la contemporanea presenza delle
agevolazioni economiche e dell’obbligatorietà di un intervento formativo.
13.4.2 Deroga ai limiti di età e durata del contratto di apprendistato
professionalizzante
Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale il contratto di apprendistato
professionalizzante può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età. Il
contratto può avere una durata massima di sei anni (compresi i periodi di
apprendistato per il diritto-dovere di istruzione e formazione). La durata potenziale
pertanto è maggiore non solo del contratto di formazione e lavoro (due anni), ma
anche del vecchio contratto di apprendistato (quattro anni). Saranno comunque i
contratti collettivi a stabilire la durata effettiva in relazione alla professionalità da
conseguire. La durata minima, che precedentemente era fissata in 18 mesi, non può
ora essere inferiore a due anni.
13.4.3 Forma del contratto
Come nella precedente disciplina ed analogamente al contratto di apprendistato per
l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, è necessaria la forma
scritta del contratto, che deve contenere l'indicazione della prestazione lavorativa
oggetto del contratto, nonché della qualifica, che potrà essere acquisita al termine del
rapporto di lavoro. Rispetto alla vecchia disciplina, invece, anche per il contratto di
apprendistato professionalizzante, il contratto deve contenere il piano formativo
individuale.
Il decreto, analogamente al contratto di apprendistato per l’espletamento del dirittodovere di istruzione e formazione, conferma alcuni principi già stabiliti dalla
precedente disciplina, in particolare che è vietato il compenso dell’apprendista
secondo tariffe di cottimo e che il contratto di apprendistato è un contratto a tempo
indeterminato con facoltà però per il datore di lavoro di risolvere il rapporto di
lavoro, al termine del periodo di apprendistato, ai sensi dell’art. 2118 c.c.. La giusta
causa o il giustificato motivo sono invece indispensabili per recedere dal rapporto
prima che sia concluso il periodo di apprendistato.
13.4.4 Regolamentazione dei profili formativi
La regolamentazione dei profili formativi è rimessa alle Regioni ed alle Province
autonome di Trento e Bolzano, ma è necessaria l'intesa con le associazioni dei datori
e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale. I
criteri, ai quali le regioni devono fare riferimento, sono abbastanza simili a quelli
previsti per l’apprendistato per il diritto-dovere di istruzione e formazione, con
l’eccezione della cosiddetta “formazione formale”, che è finalizzata all’acquisizione
di competenze di base e tecnico-professionali. Si tratta di una formazione un po’ più
generale rispetto a quella che, in situazione lavoro, è destinata alla qualificazione
professionale. Questa formazione può essere svolta, a scelta dell’azienda, sia
all’interno che all’esterno dell’azienda stessa e deve durare almeno 120 ore annue.2
Le Regioni sono altresì tenute a rispettare alcuni altri principi direttivi, tra i quali:
 il rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale
o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative, per la determinazione delle modalità di erogazione e
dell’articolazione della formazione;
 la presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate.
APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE (ART. 49)
Scheda riepilogativa
MODIFICHE INTRODOTTE








Creazione di questo nuovo istituto con le seguenti caratteristiche:
Limiti di età 18-29 anni.
Il limite inferiore può essere spostato a 17 anni per i soggetti già in possesso di una qualifica
professionale ai sensi della l. 53/2003.
Il contratto scritto deve contenere anche un piano formativo individuale.
Il contratto è finalizzato al conseguimento di una qualificazione professionale.
Regolamentazione dei profili formativi rimessa alle regioni.
Rinvio ai contratti collettivi per la determinazione delle modalità di erogazione della
formazione in azienda.
Previsione di un monte ore di formazione interna o esterna all'azienda, di almeno 120 ore
per anno.
Il Ministero del Lavoro dovrà fornire un’interpretazione in merito al concetto e alle caratteristiche
della formazione “formale”.
2
13.5 Il contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o
per percorsi di alta formazione
Del tutto innovativa questa tipologia di apprendistato per la quale occorrerà
probabilmente più tempo per la sua pratica attuazione. Questi contratti si inseriscono
infatti nell’ambito della riforma del sistema scolastico di cui alla l. n. 53/2003.
Con tale contratto possono essere assunti dai datori di lavoro appartenenti a
qualunque settore produttivo i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni, per il
conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, per il conseguimento di
titoli di studio universitari e dell’alta formazione, nonché per la specializzazione
tecnica superiore (art. 50).
La regolamentazione e la durata dell’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o
per percorsi di alta formazione è rimessa alle Regioni, in accordo con le associazioni
territoriali dei datori di lavoro, le Università e le altre istituzioni formative.
La qualifica professionale conseguita attraverso il contratto di apprendistato
costituisce credito formativo per il proseguimento nei percorsi di istruzione e di
istruzione e formazione professionale.
APPRENDISTATO PER L’ALTA FORMAZIONE (ART. 50)
Scheda riepilogativa
MODIFICHE INTRODOTTE





Creazione di questo nuovo istituto con le seguenti caratteristiche:
Limiti di età 18-29 anni.
Il limite inferiore può essere spostato a 17 anni per i soggetti già in possesso di una qualifica
professionale ai sensi della l. 53/2003.
Il contratto è finalizzato al conseguimento di un titolo di studio secondario o universitario o
dell’alta formazione o della specializzazione tecnica superiore.
La regolamentazione e la durata sono rimesse alle regioni in accordo con le associazioni
datoriali, le università e le altre istituzioni formative.
13.6 Incentivi economici e normativi
Relativamente agli incentivi economici e normativi, è previsto che durante il rapporto
di apprendistato, la categoria di inquadramento del lavoratore non potrà essere
inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto
collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che
richiedono qualificazioni corrispondenti (art. 53).
Restano fermi, in attesa della riforma del sistema degli incentivi all’occupazione, gli
attuali sistemi di incentivazione economica, la cui erogazione sarà tuttavia soggetta
all’effettiva verifica della formazione svolta secondo le modalità definite con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d’intesa con la conferenza StatoRegioni.
In caso di inadempimento nell’erogazione della formazione di cui sia esclusivamente
responsabile il datore di lavoro (non penalizzano pertanto il datore di lavoro
omissioni e/o ritardi delle altre strutture eventualmente coinvolte nel processo
formativo) che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità previste dal
legislatore3, il datore di lavoro sarà tenuto a versare la quota dei contributi agevolati
maggiorati del 100 per cento (e quindi raddoppiati). La particolare severità di tale
sanzione esclude, pena una palese irrazionalità nel sistema sanzionatorio, che ad essa
possano aggiungersi le sanzioni ordinarie, previste in caso di omissione contributiva.
APPRENDISTATO / INCENTIVI ECONOMICI E NORMATIVI (ART. 53)
Scheda riepilogativa
MODIFICHE INTRODOTTE



Durante il rapporto di apprendistato, la categoria di inquadramento del lavoratore non potrà
essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto
collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono
qualificazioni corrispondenti.
L’erogazione degli incentivi sarà soggetta all’effettiva verifica della formazione svolta
secondo le modalità definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
d’intesa con la conferenza Stato-Regioni.
In caso di inadempimento nell’erogazione della formazione di cui sia esclusivamente
responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità
previste dal Legislatore agli artt. 48, 49 e 50, il datore di lavoro sarà tenuto a versare la
quota dei contributi agevolati maggiorati del 100 per cento.
Si tratta delle seguenti finalità, così come definite agli artt. 48, 49 e 50: conseguimento di una
qualifica professionale nel caso dell’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione
e formazione, di una qualificazione nel caso dell’apprendistato professionalizzante, di un diploma,
una laurea o un percorso di alta formazione nel caso dell’apprendistato per l’acquisizione di un
diploma o per percorsi di alta formazione.
3
Capitolo 14 - CONTRATTI DI INSERIMENTO
(artt. 54-59)
14.1 Dai c.f.l. ai contratti di inserimento
Il contratto di inserimento, la cui disciplina è contenuta negli artt. da 54 a 59,
sostituisce l'istituto del contratto di formazione e lavoro, del quale viene
espressamente prevista la inapplicabilità al settore privato, a partire dalla data di
entrata in vigore del decreto di riforma (art. 86, comma 9, seconda parte).
Il legislatore ha inteso confermare, nel nuovo istituto, soprattutto le caratteristiche di
flessibilità del c.f.l., valorizzando essenzialmente, alla luce anche della funzione di
reimpiego ora attribuita all'istituto, l'attrattiva dello strumento in termini di
flessibilità e di acquisizione di professionalità on the job.
Ma il minor rilievo dell'attività formativa teorica ha, altresì, determinato un riduzione
sia della durata massima del contratto (da 24 a 18 mesi), sia dei soggetti beneficiari
di sgravi contributivi, atteso che non spettano per le assunzioni di giovani da 18 a 29
anni.
14.1.1 Campo di applicazione
Il nuovo istituto è diretto a realizzare, mediante un progetto individuale di
adattamento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto
lavorativo, l’inserimento ovvero il reinserimento nel mercato del lavoro delle
seguenti categorie di persone:
a) soggetti di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni;
b) disoccupati di lunga durata da ventinove fino a trentadue anni;
c) lavoratori con più di cinquanta anni di età che siano privi di un posto di
lavoro;
d) lavoratori che desiderino riprendere una attività lavorativa e che non
abbiano lavorato per almeno due anni;
e) donne di qualsiasi età residenti in una area geografica in cui il tasso di
occupazione femminile, determinato con apposito d.m. entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sia inferiore
almeno del 20 per cento di quello maschile o in cui il tasso di
disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello maschile;
f) persone riconosciute affette, ai sensi della normativa vigente, da un
grave handicap fisico, mentale o psichico.
Si tratta di una platea di beneficiari ben più ampia di quella stabilita dal comma 1
dell'art. 16 della l. n. 451 del 19 luglio 1994, che prevedeva la possibilità di
assunzione di "soggetti di età compresa tra i sedici ed i trentadue anni".
I contratti di inserimento possono essere stipulati da: a) enti pubblici economici,
imprese e loro consorzi; b) gruppi di imprese; c) associazioni professionali, socioculturali, sportive; d) fondazioni; e) enti di ricerca, pubblici e privati; f)
organizzazioni e associazioni di categoria.
Rispetto alla previgente platea di datori di lavoro ammessi alla stipula dei contratti di
formazione e lavoro, va innanzitutto rilevato che viene espressamente ammessa la
possibilità di assunzione da parte delle organizzazioni e associazioni di categoria.
Non sono invece ricompresi i datori di lavoro iscritti negli albi professionali.
Quanto alle "associazioni professionali", ricordiamo che con circolare n. 20, del 17
febbraio 1997, il Ministero del Lavoro ha precisato che "nella nozione di associazioni
professionali possono considerarsi incluse anche le associazioni sindacali, sia
datoriali che dei lavoratori, anche sulla base della disciplina legislativa contenuta nel
libro V Titolo I e II del codice civile, dalla quale emerge che il legislatore utilizza il
termine “associazioni professionali” con riferimento alle associazioni sindacali tanto
dei datori di lavoro che dei lavoratori".
E' confermata la possibilità di "stipulare" contratti di inserimento da parte di "gruppi
di imprese".
Tale facoltà appariva particolarmente opportuna in passato, atteso che la normativa
prevedeva la preventiva autorizzazione di un "progetto", e nel caso di gruppi di
imprese la autorizzazione di un unico progetto, di norma presentato dalla capogruppo,
con titolarità dei rapporti in capo a più imprese del raggruppamento, poteva senz'altro
semplificare la fase procedurale.
Il nuovo istituto del contratto di inserimento, non prevede, peraltro, fasi di
autorizzazione preventiva.
La possibilità di assunzione in capo al "gruppo", può comunque tornare utile per
legittimare, ad esempio, lo svolgimento dei singoli piani di inserimento/reinserimento
nell'ambito di programmi a tratto generale, organizzati e realizzati da imprese del
gruppo diverse da quella che ha la titolarità del rapporto.
14.1.2 Condizioni per le assunzioni
Con disposizione similare a quella già prevista per i c.f.l., il comma 3 conferma che,
per poter assumere con contratto di inserimento, è necessario avere mantenuto in
servizio almeno il sessanta per cento dei lavoratori il cui contratto di inserimento sia
venuto a scadere nei diciotto mesi precedenti (la disciplina dei c.f.l. faceva
riferimento ai contratti scaduti nei 24 mesi precedenti). Nello stesso comma vengono
previste specifiche modalità di determinazione della suddetta percentuale.
Peraltro, tale limitazione non trova applicazione quando, nei diciotto mesi precedenti
alla assunzione del lavoratore, sia venuto a scadere un solo contratto di inserimento.
Restano in ogni caso applicabili, se più favorevoli, le disposizioni di cui all’art. 20
della l.n. 223/1991, in materia di contratto di reinserimento dei lavoratori disoccupati.
Ai sensi dell'art. 55, per poter procedere alla assunzione, è necessaria la
predisposizione, con il consenso del lavoratore, di un progetto individuale di
inserimento, finalizzato a garantire l’adeguamento delle competenze professionali del
lavoratore stesso al contesto lavorativo.
14.1.3 Competenze delle parti sociali
Prima di poter dare corso all'assunzione, è necessario, tuttavia, che si sia proceduto
alla determinazione delle modalità di definizione dei piani individuali di inserimento,
con particolare riferimento alla realizzazione del progetto, anche attraverso il ricorso
ai fondi interprofessionali per la formazione continua, in funzione dell’adeguamento
delle capacità professionali del lavoratore.
A tale determinazione possono provvedere i contratti collettivi nazionali o territoriali
stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle
rappresentanze sindacali aziendali di cui all’art. 19 della l. n. 300/1970, e successive
modificazioni, ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie, anche all’interno degli
enti bilaterali.
Con le stesse modalità può procedersi alla definizione e sperimentazione di
orientamenti, linee-guida e codici di comportamento diretti ad agevolare il
conseguimento dell’obiettivo di adeguamento della professionalità dei lavoratori.
Il comma 3 regolamenta la procedura di implementazione della nuova normativa,
stabilendo che in caso di mancata definizione da parte dei contratti collettivi nazionali
di lavoro, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo,
delle modalità di definizione dei piani individuali di inserimento, il Ministro del
Lavoro convoca le organizzazioni sindacali interessate dei datori di lavoro e dei
lavoratori e le assiste al fine di promuovere l’accordo.
In caso di mancata stipulazione dell’accordo entro i quattro mesi successivi, il
Ministro individua in via provvisoria e con proprio decreto, tenuto conto delle
indicazioni contenute nell’eventuale accordo interconfederale di cui all’art. 86,
comma 13 del d.lgs. n. 276/2003, e delle prevalenti posizioni espresse da ciascuna
delle due parti interessate, le modalità di definizione dei piani individuali di
inserimento di cui al comma 2.
La norma è coerente con il principio adottato dal Governo e fortemente sostenuto da
Confindustria, di evitare che il corretto equilibrio, individuato nella legge fra parti
direttamente disciplinate dal legislatore e parti affidate all’autonomia collettiva, possa
essere vanificato dal mancato raggiungimento di intese o da scelte di “non esercizio”
delle prerogative attribuite alle parti sociali.
La formazione eventualmente effettuata durante l’esecuzione del rapporto di lavoro
dovrà essere registrata nel libretto formativo (vedi art. 2, lett. i) del d.lgs. n.
276/2003).
14.1.4 Sanzioni
In caso di gravi inadempienze nella realizzazione del progetto individuale di
inserimento il datore di lavoro è tenuto a versare, in base al comma 5, la quota dei
contributi agevolati (ossia la quota della minor contribuzione versata) maggiorata del
100 per cento. La particolare severità di tale sanzione esclude, pena una palese
irrazionalità nel sistema sanzionatorio, che ad essa possano aggiungersi le sanzioni
ordinarie, previste in caso di omissione contributiva.
14.1.5 Elementi del contratto
L'art. 56 prevede l'obbligo della forma scritta per la stipulazione del contratto di
inserimento, in mancanza della quale il contratto è nullo e il lavoratore si intende
assunto a tempo indeterminato.
Anche la durata del contratto di inserimento, regolata dall'art. 57, si differenzia dalle
disposizioni che regolavano i contratti di formazione e lavoro.
E' prevista, infatti, una durata non inferiore a nove mesi e non superiore a diciotto
mesi. In caso di assunzione di lavoratori di cui all’art. 54, comma 1, lettera f)
(persone affette, da un grave handicap fisico, mentale o psichico) la durata massima
può essere estesa fino a trentasei mesi.
Nel computo del limite massimo di durata non si tiene conto degli eventuali periodi
dedicati allo svolgimento del servizio militare o di quello civile, nonché dei periodi di
astensione per maternità.
Viene, altresì, espressamente previsto che il contratto di inserimento non può essere
rinnovato tra le stesse parti. Ne consegue la possibilità di stipulare successivi contratti
di inserimento da parte del singolo lavoratore, purché gli stessi si realizzino con
differenti datori di lavoro. La norma risolve il contenzioso con le Direzioni del lavoro
che ha caratterizzato, negli anni passati la vicenda della stipula di successivi c.f.l. da
parte dello stesso lavoratore.
Eventuali proroghe del contratto di inserimento sono ammesse entro il limite
massimo di durata indicato, cioè 18 mesi.
L'art. 58 dispone che, al contratto di inserimento si applicano, per quanto compatibili,
le disposizioni di cui al d.lgs. n. 368/2001 (disciplina del contratto a termine), fatte
salve diverse previsioni dei contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale e dei contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze
sindacali aziendali di cui all’art. 19 della l. n. 300/1970, ovvero dalle rappresentanze
sindacali unitarie.
Gli stessi contratti possono stabilire percentuali massime dei lavoratori assunti con
contratto di inserimento.
14.1.6 Benefici economici e normativi
Ultime disposizioni relative alla disciplina del contratto di inserimento sono quelle
contenute nell'art. 59 che stabilisce gli "incentivi economici e normativi" correlati
all'istituto, incentivi che differiscono, in modo rilevante, da quelli previsti per i c.f.l..
Viene previsto che:
1. durante il rapporto di inserimento, la categoria di inquadramento del lavoratore
non può essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in
applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a
mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al
conseguimento delle quali è preordinato il progetto di inserimento dei
lavoratori oggetto del contratto.
Di fatto, la norma ripropone la clausola sul punto contenuta nell'accordo
interconfederale Confindustria Cgil, Cisl e Uil del 18 dicembre 1988, che la
successiva intesa del 31 gennaio 1995 aveva modificato in esecuzione del
disposto dell'art. 16, comma 3, l. n. 451/1994.
2. fatte salve specifiche previsioni di contratto collettivo, i lavoratori assunti con
contratto di inserimento sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti
da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e
istituti (con l'eccezione dell'inciso iniziale, la norma ripropone il medesimo
precetto di cui all'art. 3, comma 10, l. n. 863 del 19 dicembre 1984).
3. in attesa della riforma del sistema degli incentivi alla occupazione, gli incentivi
economici previsti dalla disciplina vigente in materia di contratto di
formazione e lavoro trovano applicazione con esclusivo riferimento ai
lavoratori di cui all’art. 54, comma, 1, lettere b), c), d), e) ed f).
In altri termini, nessun beneficio previdenziale spetta per i giovani (da 18 a 29
anni, ai sensi della lettera a) dell'art, 54, comma 1, del decreto) assunti con
contratto di inserimento.
Si tratta di una ulteriore sostanziale differenziazione rispetto alla normativa del
c.f.l., che prevedeva l'ammissibilità ai benefici contributivi (sia pure con la
modulazione stabilita dai criteri enunciati nella Decisione della Commissione
UE dell'11 maggio 1999) dei giovani sino a 29 anni.
La non ammissibilità dei giovani ai benefici previdenziali è collegata alla evidente
scelta di razionalizzare le normative esistenti, valorizzando il "parallelo" istituto
dell'apprendistato professionalizzante (art. 49, d.lgs. n. 276/2003), ritenuto
caratterizzato da un più rilevante impegno formativo, e del quale il d. lgs ha
ampiamente esteso il campo di applicazione, ammettendone la praticabilità in tutti i
settori di attività, e individuandone come beneficiari i soggetti di età compresa tra i
diciotto e i ventinove anni.
CONTRATTI DI INSERIMENTO (ARTT. 54-59)
Scheda riepilogativa
Campo di applicazione
Possono essere assunti con contratto di inserimento:
a)
b)
c)
d)
soggetti di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni;
disoccupati di lunga durata da ventinove fino a trentadue anni;
lavoratori con più di cinquanta anni di età che siano privi di un posto di lavoro;
lavoratori che desiderino riprendere una attività lavorativa e che non abbiano lavorato
per almeno due anni;
e) donne di qualsiasi età residenti in una area geografica in cui il tasso di occupazione
femminile, da determinare con d.m., sia inferiore almeno del 20 per cento di quello
maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello
maschile;
f) persone riconosciute affette, ai sensi della normativa vigente, da un grave handicap
fisico, mentale o psichico.
Possono effettuare le assunzioni:
a) enti pubblici economici, imprese e loro consorzi;
b) gruppi di imprese;
c) associazioni professionali, socio-culturali, sportive;
d) fondazioni;
e) enti di ricerca, pubblici e privati;
f) organizzazioni e associazioni di categoria.
Condizioni per le assunzioni

Aver mantenuto in servizio almeno il sessanta per cento dei lavoratori il cui contratto di
inserimento sia venuto a scadere nei diciotto mesi precedenti.

Predisposizione, con il consenso del lavoratore, di un progetto individuale di inserimento.
Competenze delle parti sociali

Determinazione delle modalità di definizione dei piani individuali di inserimento, con
particolare riferimento alla realizzazione del progetto.

Definizione e sperimentazione di orientamenti, linee-guida e codici di comportamento diretti
ad agevolare il conseguimento dell’obiettivo di adeguamento della professionalità dei
lavoratori.
La determinazione può effettuarsi da parte dei contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale e dei contratti collettivi aziendali stipulati dalle r.s.a. di cui all’art. 19, l. n. 300/1970, e
successive modificazioni, ovvero dalle r.s.u, anche all’interno degli enti bilaterali.
Sanzioni

Versamento da parte del datore di lavoro, in caso di gravi inadempienze nella realizzazione del
progetto individuale di inserimento, della quota dei contributi agevolati maggiorata del 100 per
cento.
Elementi del contratto

Obbligo della forma scritta.

Durata non inferiore a nove mesi e non superiore a diciotto mesi, estensibile fino a trentasei
mesi in caso di assunzione di lavoratori affetti da grave handicap fisico, mentale o psichico.

Non rinnovabilità tra le stesse parti.

Eventuali proroghe, ma solo entro il limite massimo di 18 mesi.
 Applicabilità, per quanto compatibile, della disciplina del contratto a termine, fatte salve
diverse previsioni dei contratti.
Benefici economici e normativi

Categoria di inquadramento inferiore, per non più di due livelli, alla categoria spettante, in
applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o
funzioni corrispondenti.

Fatte salve specifiche previsioni di contratto collettivo, esclusione dal computo dei limiti
numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e
istituti.
 In attesa della riforma del sistema degli incentivi alla occupazione, applicazione, con
esclusione dei "giovani" di cui alla lettera a), degli incentivi economici previsti dalla
disciplina vigente in materia di contratto di formazione e lavoro.
Capitolo 15 - TIROCINI ESTIVI DI ORIENTAMENTO
(art. 60)
L'art. 60, ultimo articolo del Capo II del Titolo VI, riguarda la materia dei tirocini, e
prevede l'ipotesi di specifici "tirocini estivi di orientamento".
Sul piano concettuale va innanzitutto rilevato che la norma conferma l’ammissibilità
di tirocini di puro orientamento, cioè non strettamente connessi allo svolgimento di
attività formativa in senso stretto.
I tirocini possono essere promossi, con soli fini orientativi e di addestramento pratico,
a favore di adolescenti o di giovani regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso
l’università o presso un istituto scolastico di ogni ordine e grado.
I tirocini non possono avere durata superiore a tre mesi, e vanno svolti nel periodo
compreso tra la fine dell’anno accademico e scolastico e l’inizio di quello successivo.
E' possibile erogare borse lavoro a favore del tirocinante, ma le stesse non possono
superare l’importo massimo mensile di 600 euro.
In assenza di diversa previsione dei contratti collettivi, non sono previsti limiti
percentuali massimi per l’impiego di adolescenti o giovani nel tirocinio estivo di
orientamento.
Salvo quanto previsto ai commi precedenti, ai tirocini estivi si applicano le
disposizioni di cui all’art. 18 della l. n. 196/1997 e al decreto del Ministro del Lavoro
25 marzo 1998, n. 142.
Ricordiamo, al riguardo, che l'art. 1, comma 2, del citato d.m. (di attuazione dei
principi stabiliti nell'art. 18 della l. n. 196/1997) prevede che i tirocini instaurati ai
sensi della normativa ivi contenuta non costituiscono rapporti di lavoro, mentre il
successivo art. 3 pone l’obbligo dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro in
capo ai soggetti promotori dei tirocini.
Capitolo 16 -LAVORO A PROGETTO E LAVORO
OCCASIONALE
(artt. 61-69)
Le disposizioni di cui al Titolo VII, Capo I, del d.lgs. n. 276/2003 (Lavoro a progetto
e lavoro occasionale), costituiscono una delle novità di maggior rilievo della riforma.
Con tali disposizioni, infatti, si porta a compimento un disegno riformatore che era
stato già delineato nel Libro Bianco (cfr. paragrafo II. 3. 6) e che è stato, poi, accolto
nella legge delega n. 30/2003 (cfr. art. 4, comma 1, lett. c), volto ad individuare e
disciplinare alcuni elementi essenziali del “nuovo” rapporto di collaborazione che
dovrebbero consentire di circoscrivere i fenomeni di abuso nell’utilizzo dell’istituto
delle collaborazioni coordinate e continuative.
16.1 Campo di applicazione
Proprio a ragione di tale ratio, la nuova disciplina del lavoro a progetto non si applica
a quei rapporti che per la particolare qualità delle parti ovvero per motivi oggettivi,
non si ritengono esposti a possibili abusi. E così, da un lato, le nuove disposizioni non
si applicano (art. 61, comma 3) alle professioni intellettuali per l’esercizio delle quali
è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in
vigore del d.lgs. n. 276/2003, ne ai componenti degli organi di amministrazione e
controllo delle società, ai partecipanti a collegi e commissioni, a coloro che
percepiscono la pensione di vecchiaia (ivi compresi i pensionati di anzianità nel
momento in cui raggiungono l’età prevista per la pensione di vecchiaia), e ai rapporti
e le attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e utilizzate a
fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate
alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di
promozione sportiva riconosciute dal C.o.n.i., come individuate e disciplinate dall’art.
90 della l. n. 289 del 27 dicembre 2002.
Restano, altresì, fuori dall’ambito di applicazione della nuova disciplina i rapporti
intercorrenti tra committenti e agenti e rappresentanti di commercio (art. 61, comma
1).
16.1.1 Prestazioni occasionali - Definizione
D’altro lato, la nuova disciplina non si applica a quelle che vengono definite
“prestazioni occasionali” (art. 61, comma 2) intendendosi per tali i rapporti di durata
complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso
committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno
solare sia superiore a 5 mila euro. Ove tali parametri vengano superati, e si tratti
pertanto di un rapporto caratterizzato da un apprezzabile grado di continuità, trovano
applicazione le disposizioni contenute nel Capo I per il lavoro a progetto. Occorre,
però, distinguere l’ipotesi di chi percepisce un compenso superiore a 5 mila euro da
uno stesso committente nel medesimo anno solare, ma per una o più prestazioni del
tutto singolari ed episodiche, ovviamente non riconducibili a uno o più progetti
specifici o a programmi di lavoro: tale ipotesi non rientra né in quella di cui all’art.
61, comma 2, né in quella del lavoro a progetto ma, semmai, nell’ipotesi del contratto
d’opera ex art. 2222 c.c..
16.1.2 Lavoro a progetto e a programma - Definizioni
Precisato l’ambito dei rapporti esclusi, la nuova disciplina prevede, all’art. 61,
comma 1, del d.lgs. n. 276/2003, che “i rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui
all’art. 409, n. 3, c.p.c. devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o
programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti
autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del
coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal
tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa”.
La definizione utilizzata per identificare i collaboratori a progetto intende ricondurre
questa tipologia di rapporti nell'area del lavoro autonomo propriamente inteso, come
si evince dalla marcata accentuazione posta sull’elemento della gestione autonoma
del progetto, da parte del collaboratore, in funzione del risultato, nonché dalla
tendenziale “irrilevanza”, ai fini della qualificazione del rapporto, del tempo
impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.
Peraltro tale definizione, con il richiamo espresso all’art. 409 c.p.c., non intende
costituire una categoria di rapporti del tutto nuova bensì, più propriamente, affinare e
precisare i caratteri delle collaborazioni coordinate e continuative soggette alla nuova
disciplina. E così, i collaboratori a progetto saranno comunque tenuti, come prevede
l’art. 409, n. 3, c.p.c., a rendere una prestazione prevalentemente personale, ossia
senza prevalenza, qualitativa o quantitativa, dell’eventuale apporto di terzi. Allo
stesso modo, la loro prestazione d’opera rimane “continuativa e coordinata”, anche se
i caratteri della continuità e della coordinazione, a ragione della disciplina dettata
dagli artt. da 61 a 69, risultano maggiormente definiti e circoscritti.
Non v’è dubbio, infatti, che la necessaria individuazione, da parte del committente, di
un progetto specifico o di un programma di lavoro o di una fase di esso, da affidare al
collaboratore, contribuisce a definire, in maniera più chiara e certa rispetto al passato,
non solo il requisito della continuità (che è connaturato ad ogni progetto o
programma), ma anche quello della coordinazione tra l’attività svolta dal committente
e la prestazione resa dal collaboratore.
Per quanto concerne il significato da attribuire alle espressioni “progetto specifico” e
“programma di lavoro”, per “progetto specifico” può intendersi l’individuazione, da
parte del committente, di una ben determinata attività, volta al raggiungimento di un
risultato concreto, la cui realizzazione segna la risoluzione del contratto (art. 67,
comma 1). Il progetto ben può attenere ad una attività diversa da quella usualmente
svolta dal committente, il quale, appunto, affida al collaboratore il raggiungimento di
quel risultato che costituirà il “contenuto caratterizzante” del progetto (cfr. art. 62,
comma 1, lett. b).
Per “programma di lavoro”, invece, può intendersi un “piano” che riguardi anche la
stessa attività ordinariamente svolta dal committente, ma il cui sviluppo richiede
l’apporto di un collaboratore dotato di peculiari attitudini professionali, le quali
caratterizzano la sua prestazione e, di conseguenza, caratterizzano il programma al
quale egli è addetto per il raggiungimento del risultato assegnatogli. In tale ipotesi,
l’elemento della coordinazione presenta un rilievo maggiore rispetto a quello
riscontrabile nella collaborazione a progetto, in quanto risulta più intensa la necessità
che la prestazione d’opera sia pienamente inerente al programma di lavoro che
costituisce l’oggetto del contratto.
Sulla base di tale distinzione si comprende perché il legislatore abbia limitato alla
sola ipotesi del programma, la possibilità che questo venga individuato per “fasi”.
Dalla necessità che in entrambe le fattispecie la prestazione del collaboratore sia volta
al raggiungimento di un risultato, previamente individuato, deriva che non è
consentito al committente l’esercizio del c.d. ius variandi, ossia l’esercizio della
facoltà di chiedere al collaboratore prestazioni non concordate e non mirate alla
realizzazione di quel risultato.
16.2 Divieto di rapporti atipici e conversione del contratto
La particolare rilevanza dell’individuazione del progetto o del programma è
sottolineata dalla disposizione di cui all’art. 69, comma 1, che prevede che “i rapporti
di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno
specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso ai sensi dell’art. 61, comma 1,
sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data
di costituzione del rapporto”. Pertanto, la previa definizione, da parte del
committente, del “programma di lavoro” da affidare al collaboratore diventa
essenziale al fine di instaurare correttamente il futuro rapporto di collaborazione
coordinata e continuativa. Resta che la “conversione” del rapporto dovrà, comunque,
essere oggetto di un accertamento giudiziale.
L’art. 69 prevede poi, al comma 2, che quando un rapporto a progetto venga a mutare
natura in corso di attuazione, configurandosi come un rapporto di lavoro subordinato,
e tale mutamento sia accertato in giudizio, la trasformazione sarà “corrispondente alla
tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti”. Ciò comporta che la sentenza di
accertamento potrebbe non contenere, necessariamente, la dichiarazione della
costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato
bensì, ad esempio, l’accertamento della sussistenza, tra le parti, di un rapporto parttime e a tempo determinato.
Il comma 3 dell’art. 69, infine, precisa che “ai fini del giudizio di cui al comma 2”
(ossia ai fini dell’accertamento giudiziale sulla - eventuale - mutata configurazione
del rapporto sorto come lavoro a progetto), il controllo giudiziale è “limitato
esclusivamente, in conformità ai principi generali dell’ordinamento, all’accertamento
della esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso e non può essere
esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche,
organizzative o produttive che spettano al committente”. L’intento del disposto è
quello di limitare l’accertamento in sede giudiziaria alla sola verifica che tra le parti è
effettivamente intercorso un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa a
progetto, e che, pertanto, le parti non hanno posto in essere un negozio simulato o in
frode alla legge.
16.3 Forma del contratto
L’art. 62 prevede, in attuazione di uno specifico criterio previsto dalla legge delega,
che le parti contraenti il nuovo contratto di lavoro a progetto adottino la forma scritta
e che, ai soli fini della prova, il contratto contenga i seguenti elementi:
a)
indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione
di lavoro;
b)
c)
d)
e)
indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso,
individuato nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in
contratto;
il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le
modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente
sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in
ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l’autonomia nella
esecuzione dell’obbligazione lavorativa;
le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del
collaboratore a progetto, fermo restando quanto disposto dall’art. 66,
comma 4.
La previsione che gli elementi del contratto devono essere indicati “ai fini della
prova”, comporta che il difetto di uno di essi non determina automaticamente la
nullità del contratto, potendosi provare la clausola mancante anche mediante
giuramento, confessione o per testimoni, in caso di perdita incolpevole del
documento (art. 2725 c.c.). E’, comunque, del tutto evidente che, tenendo anche a
mente la disposizione particolarmente rigida contenuta nell’art. 69, comma 1, è
certamente preferibile redigere con cura il contratto di lavoro a progetto.
Gli elementi del contratto rispondono a quelli, sin qui, generalmente inseriti nei
contratti di collaborazione, a parte l’individuazione del progetto e l’indicazione delle
eventuali misure a tutela della salute e sicurezza del collaboratore.
16.3.1 Forme di coordinamento
Quanto alle forme di coordinamento del lavoratore a progetto all’organizzazione del
committente, la previsione espressa che deve tenersi conto anche dei tempi della
prestazione, costituisce una precisazione del concetto contenuto nell’art. 61, comma
1. In sostanza, premessa la piena autonomia del collaboratore nel rendere la
prestazione, anche con riguardo ai tempi di esecuzione, resta che tale autonomia non
può esplicarsi al punto da rendere “inutile” la prestazione per il committente. Onde, il
committente ben potrà concordare con il collaboratore, nell’ambito di attuazione del
programma pattuito, tempi e modalità della prestazione, rimanendo il collaboratore
libero di determinare autonomamente, nel rispetto degli accordi raggiunti, ogni
ulteriore modalità attuativa della prestazione.
16.4 Corrispettivo
Ulteriore elemento di novità è costituito dalla disposizione di cui all’art. 63, in tema
di corrispettivo. L’adozione di un parametro di proporzionalità alla qualità e quantità
del lavoro svolto, che era già inserito dalla legge delega, ha una forte assonanza con il
disposto dell’art. 36 Cost.. La differenza con il lavoro subordinato (in relazione al
quale, da sempre, i minimi previsti dai c.c.n.l. sono ritenuti idonei ad assolvere il
criterio della retribuzione adeguata e sufficiente) consiste in ciò che, nel caso del
collaboratore a progetto, il parametro di riferimento per la determinazione della
retribuzione non sarà costituito dal livello di retribuzione minima fissato da eventuali
accordi collettivi stipulati per quei collaboratori bensì, come espressamente previsto
dall’art. 63, dai “compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di
lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto”.
16.5 Obblighi di riservatezza e invenzioni
L’art. 64 prevede, al comma 1, che, salvo diverso accordo tra le parti, il collaboratore
è libero di svolgere la sua attività a favore di più committenti. Il comma 2,
ricostruisce gli obblighi di riservatezza e fedeltà del collaboratore a progetto sulla
falsariga del disposto dell’art. 2105 c.c., così come anche la disciplina delle
invenzioni (art. 65) è stata dettata alla stessa stregua di quella esistente per i lavoratori
subordinati.
16.6 Altri diritti del collaboratore a progetto
16.6.1 Gravidanza – Malattia - Infortunio
Il successivo art. 66 detta, in applicazione dei principi contenuti nella legge delega, la
disciplina in materia di gravidanza, malattia ed infortunio, prevedendo che tali eventi
non comportano l’estinzione del rapporto (come, a rigore, sarebbe potuto accadere in
costanza della disciplina previgente), che invece rimane sospeso, senza erogazione
del corrispettivo. Inoltre, e salva diversa pattuizione, gli eventi malattia ed infortunio
non comportano la proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza.
La seconda parte dell’art. 66, comma 2, prevede che, comunque, ove la sospensione
si protragga per un periodo superiore ad un sesto della durata stabilita nel contratto
(quando essa sia determinata), ovvero per un periodo superiore a trenta giorni
(quando la durata è determinabile), il committente può recedere dal rapporto.
Soltanto in caso di gravidanza è prevista una proroga del contratto per un periodo di
180 giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale (comma 3). Il
periodo di 180 giorni comprende il periodo massimo (pari a cinque mesi) durante il
quale le lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della l. n.
335 dell’8 agosto 1995, possono usufruire dell’indennità di maternità cui al decreto
del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali del 4 aprile 2002, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 2002, n.136.
Il comma 4 dell’art. 66, da un lato, opera una sorta di ricognizione delle disposizioni
di legge già vigenti a tutela dei collaboratori (come le norme sul processo del lavoro,
le norme a tutela della maternità, ex art. 64 del d.lgs. n. 151/2001, le norme a tutela
degli infortuni e malattie professionali e della malattia, in caso di degenza
ospedaliera), confermandone l’applicazione anche per i collaboratori a progetto.
D’altro lato, con disposizione innovativa, introduce, attuando un principio di delega,
il principio dell’applicabilità ai collaboratori delle norme sulla sicurezza e igiene del
lavoro, di cui al d.lgs. n. 626/1994, ma ciò soltanto “quando la prestazione lavorativa
si svolga nei luoghi di lavoro del committente”, intendendosi fare riferimento, con
tale espressione, al disposto dell’art. 30 del medesimo d.lgs. n. 626/1994.
E’ da rilevare a riguardo che il previsto rinvio al d. lgs n. 626/1994, sia pure limitato
ai soli casi di svolgimento della collaborazione nei luoghi di lavoro del committente,
comporta oggettive incongruenze ed il rischio di effetti ingiustificatamente
penalizzanti per i committenti, tenuto conto della ratio di detto provvedimento,
essenzialmente orientata ad instaurare un regime di tutela prevenzionistica per i
lavoratori subordinati e di corrispondenti responsabilità a carico dei datori di lavoro.
Pertanto risulta ulteriormente confermata la necessità ed urgenza di un intervento di
riassetto normativo della materia, secondo i principi di delega recentemente approvati
con la Legge di semplificazione per il 2001, art. 3.
16.7 Estinzione del contratto
L’art. 67, comma 1, prevede la risoluzione del contratto al momento della
realizzazione del progetto (o del programma o della fase di esso) che costituisce
l’oggetto del contratto.
16.7.1 Preavviso e altre causali e modalità
Al comma 2 è, poi, fatta salva l’ipotesi del recesso prima del termine per giusta
causa, “ovvero secondo le diverse causali o modalità, incluso il preavviso, stabilite
dalle parti nel contratto individuale”. Ne consegue che l’autonomia negoziale potrà
liberamente esplicarsi in ordine alle ipotesi di recesso anticipato, prevedendo, ad
esempio, eventi “oggettivi” al verificarsi dei quali non sussiste più l’interesse delle
parti alla prosecuzione del rapporto ovvero periodi di preavviso (ed eventuali
indennità sostitutive di esso) che consentono di liberarsi dalle obbligazioni derivanti
dal rapporto in essere, a prescindere da una qualsiasi motivazione, soggettiva od
oggettiva.
16.8 Rinunzie e transazioni
Infine l’art. 68 prevede che “i diritti derivanti dalle disposizioni contenute nel
presente capo possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di
certificazione del rapporto di lavoro di cui al Titolo V del presente decreto
legislativo”. La disposizione va interpretata nel senso che ove le parti del rapporto di
lavoro a progetto intendano avvalersi della procedura di certificazione quando il
rapporto sia già in essere, esse potranno, in sede di certificazione, disporre dei diritti
ad esse attribuite dalla legge, ponendo in essere un negozio transattivo ovvero un atto
di rinuncia, conformemente al disposto dell’art. 82 del medesimo decreto legislativo.
Va, peraltro, evidenziata una imprecisione nel testo del decreto, ove riferisce al titolo
V la “sede” della disciplina della certificazione che è, invece, contenuta nel titolo
VIII.
16.9 Norme transitorie
Le disposizioni di cui agli artt. da 61 a 69 sono immediatamente applicabili, in quanto
non necessitano di particolari disposizioni attuative. Stanti le rilevanti novità
contenute nel decreto legislativo è stata, però, dettata una norma transitoria (art. 86,
comma 1) che, da un lato, consente che i contratti di collaborazione in essere alla data
di entrata in vigore del decreto, e che non possano essere ricondotti ad un progetto,
rimangono in vigore fino alla loro scadenza e, comunque, non oltre un anno
dall’entrata in vigore del provvedimento.
D’altro lato, la seconda parte del comma 1, dell’art. 86 prevede che “termini diversi,
anche superiori all’anno, di efficacia delle collaborazioni coordinate e continuative
stipulate ai sensi della disciplina vigente potranno essere stabiliti nell’ambito di
accordi sindacali di transizione al nuovo regime di cui al presente decreto, stipulati in
sede aziendale con le istanze aziendali dei sindacati comparativamente più
rappresentativi sul piano nazionale.”
LAVORO A PROGETTO (ARTT. 61-69)
Scheda riepilogativa
Non si applica:
-
-
alle professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in
appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 276/2003;
ai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società;
ai partecipanti a collegi e commissioni;
a coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia;
ai rapporti e le attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e
utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive
dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive
associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.o.n.i., come individuate e
disciplinate dall’art. 90 della l. n. 289/2002;
ai rapporti intercorrenti tra committenti e agenti e rappresentanti di commercio;
alle “prestazioni occasionali” ossia ai rapporti di durata complessiva non superiore a
trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il
compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila
euro.

E’ comunque un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente
personale e senza vincolo di subordinazione.

Devono essere individuati uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso
determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del
risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e
indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa.

In difetto dell’individuazione del progetto o del programma i rapporti sono considerati di
lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto (art. 69,
comma 1).

Quando un rapporto a progetto venga a mutare natura in corso di attuazione, configurandosi
come un rapporto di lavoro subordinato, e tale mutamento sia accertato in giudizio, la
trasformazione sarà “corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti”
(art. 69, comma 2).

Forma scritta del contratto, ai soli fini della prova, con i seguenti elementi:
a) indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro;
b) indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuato nel suo
contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto;
c) il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di
pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
d) le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione,
anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali
da pregiudicarne l’autonomia nella esecuzione dell’obbligazione lavorativa;
e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto,
fermo restando quanto disposto dall’art. 66, comma 4.

Corrispettivo proporzionato alla qualità e quantità del lavoro svolto, che tenga conto dei
compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di
esecuzione del rapporto.

Il collaboratore è libero di svolgere la sua attività a favore di più committenti, ma con obblighi
di riservatezza e fedeltà.

La disciplina delle invenzioni (art. 65) è stata dettata alla stessa stregua di quella esistente per i
lavoratori subordinati.

Gravidanza, malattia ed infortunio non comportano l’estinzione del rapporto che rimane
sospeso, senza erogazione del corrispettivo. Salva diversa pattuizione, malattia ed infortunio
non comportano la proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza.

Comunque, ove la sospensione si protragga per un periodo superiore ad un sesto della durata
stabilita nel contratto (quando essa sia determinata), ovvero per un periodo superiore a trenta
giorni (quando la durata è determinabile), il committente può recedere dal rapporto.

Soltanto in caso di gravidanza è prevista una proroga del contratto per un periodo di 180 giorni,
salva più favorevole disposizione del contratto individuale.

Ai collaboratori continuano ad applicarsi le disposizioni di legge già vigenti sul processo del
lavoro, a tutela della maternità, a tutela degli infortuni e malattie professionali e della malattia,
in caso di degenza ospedaliera. D’ora in poi si applicheranno anche le norme di cui al d.lgs. n.
626/1994, ma ciò soltanto “quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del
committente”.

Il contratto si risolve al momento della realizzazione del progetto (o del programma o della
fase di esso.

E’ fatta salva l’ipotesi del recesso prima del termine per giusta causa, “ovvero secondo le
diverse causali o modalità, incluso il preavviso, stabilite dalle parti nel contratto individuale”.

I diritti attribuiti possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di
certificazione.
I contratti di collaborazione in essere alla data di entrata in vigore del decreto, e che non possano
essere ricondotti ad un progetto, rimangono in vigore fino alla loro scadenza e, comunque, non oltre un
anno dall’entrata in vigore del provvedimento ma termini diversi, anche superiori all’anno, di efficacia
delle collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi della disciplina vigente possono essere
stabiliti nell’ambito di accordi sindacali di transizione stipulati in sede aziendale con le istanze
aziendali dei sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.
Capitolo 17 - PROCEDURE DI CERTIFICAZIONE
(artt. 75-84)
Le disposizioni che disciplinano le procedure di certificazione, di cui al Titolo VIII
del decreto legislativo, rivestono carattere sperimentale. In tal senso dispone l’art. 86,
comma 12, il quale prevede che il Ministero del Lavoro, entro diciotto mesi
dall’entrata in vigore del decreto legislativo, “procede ad una verifica con le
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale degli effetti delle
disposizioni in esso contenute e ne riferisce al Parlamento entro tre mesi ai fini della
valutazione della sua ulteriore vigenza”.
17.1 Definizione
La certificazione dei contratti di lavoro, istituto di carattere volontario introdotto per
la prima volta dal d.lgs. n. 276/2003, è una speciale procedura di qualificazione del
rapporto di lavoro attraverso la quale si attesta che il programma negoziale
sottoscritto dalle parti, presenta i requisiti di forma e contenuto di uno dei contratti di
lavoro individuati dall’art. 75, ossia i contratti di lavoro intermittente, ripartito, a
tempo parziale, a progetto, i contratti di associazione in partecipazione di cui agli artt.
2549-2554 c.c. ed infine, (vedi art. 84) i contratti di appalto come definiti dal decreto
in parola.
La legge non dà una definizione generale dell’istituto, ma si limita a descriverne la
finalità.
Infatti la certificazione, che conferisce al contratto certificato efficacia anche verso i
terzi, mira a salvaguardare l’interesse delle parti alla stabilità e alla certezza del
programma negoziale, quantomeno finché, in seguito ad impugnazione, non venga
accertata dal giudice l’invalidità della certificazione (art. 79).
La qualificazione, mediante certificazione, delle diverse tipologie negoziali deve
tener conto dei criteri giurisprudenziali prevalenti in materia di qualificazione del
contratto di lavoro come autonomo o subordinato, che verranno recepiti in appositi
moduli e formulari predisposti con decreto dal Ministero del Lavoro (art. 78, comma
5).
Inoltre, è previsto un ulteriore decreto del Ministero del Lavoro (da adottare entro sei
mesi dall’entrata in vigore della legge), che dovrà definire i “codici di buone
pratiche” <<per l’individuazione delle clausole indisponibili in sede di certificazione
dei rapporti di lavoro, “con specifico riferimento ai diritti e ai trattamenti economici
e normativi>>. La disposizione si riferisce a quei diritti e trattamenti economici che
non possono formare oggetto di accordo dispositivo tra le parti (per es.
l’assicurazione obbligatoria sugli infortuni, la contribuzione previdenziale ecc.). Tali
clausole, quindi, una volta individuate dal Ministero, costituiranno il contenuto
minimo e indispensabile del contratto di lavoro ai fini della certificazione.
17.2 Organi, competenza ed attività
Il legislatore ha lasciato alle parti un’ampia facoltà di scelta circa le autorità innanzi
alle quali esperire il procedimento di certificazione (art. 76). Infatti, nello stesso
ambito territoriale di riferimento, possono essere presenti più sedi di certificazione
(presso le D.p.l., Province, Enti bilaterali, Università), sebbene preveda anche la
possibilità che le singole Commissioni costituiscano, mediante convenzione, una
commissione di certificazione unitaria.
La diversa composizione degli organi abilitati alla certificazione non incide sugli
ambiti di competenza territoriale. Le parti interessate, infatti, si devono rivolgere, nel
caso delle commissioni istituite presso le D.p.l. o le Province, a quelle situate nella
circoscrizione in cui ha sede l’azienda alla quale è addetto il lavoratore. Per le
commissioni presso gli enti bilaterali, che risultano abilitate ex lege a svolgere tale
funzione, l’istanza di avvio della procedura deve essere presentata alle commissioni
costituite dalle rispettive associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro.
Nulla viene specificato quanto alle università o alle Fondazione universitarie.
Il legislatore ha sostanzialmente equiparato le attività delle singole Commissioni di
certificazione, riconoscendo, a tutte indistintamente, non solo le funzioni
certificatorie in senso stretto, ma anche la facoltà di fornire consulenza e assistenza
(art. 81) alle parti, con la possibilità, però, per i soli enti bilaterali, di certificare anche
le rinunzie e le transazioni di cui all’art. 2113 c.c. (art. 82).
Gli organi sopra individuati sono abilitati, altresì, all’elaborazione delle procedure di
certificazione, all’atto di costituzione delle singole Commissioni, nel rispetto dei già
ricordati codici di buone pratiche.
17.3 Procedimento ed effetti della certificazione
Il procedimento di certificazione deve in ogni caso rispettare i seguenti principi:
1) volontarietà del procedimento. L’istanza di certificazione del contratto di
lavoro deve essere oggetto di una libera scelta delle parti e va presentata
congiuntamente (“ istanza comune delle parti”) mediante atto scritto.
2) Obbligo di comunicazione alla D.p.l. L’inizio del procedimento deve essere
comunicato alla direzione provinciale del lavoro che provvederà ad inviare la
comunicazione alle autorità pubbliche ( enti previdenziali e fiscali) nei cui
confronti l’atto è destinato a produrre effetti. La legge, inoltre, prevede che tali
soggetti possono presentare osservazioni alle Commissioni di certificazione.
3) Perentorietà del termine di conclusione del procedimento. Entro 30 giorni dal
ricevimento dell’istanza, la competente commissione di certificazione dovrà
concludere il procedimento.
L’atto di certificazione, inoltre, deve contenere una motivazione, il termine e
l’autorità cui è possibile fare ricorso per impugnare l’atto (art. 80 commi 1 e 5), gli
effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali, in relazione ai quali le parti
chiedono la certificazione.
L’atto certificato, ai sensi dell’art. 5, lett. e) della legge delega n. 30/2003, “ha piena
forza di legge”. Pertanto, indipendentemente dalla sede che l’ha effettuata, la
certificazione conferisce “certezza” alle scelte delle parti e, gli effetti di tale
accertamento, ai sensi dell’art. 79 “permangono” anche verso i terzi, fino alla
pronuncia della sentenza di merito con la quale sia stato accolto uno degli eventuali
ricorsi esperibili ai sensi del successivo art. 80 contro la certificazione.
La disposizione, quindi, non esclude la possibilità, per le parti e i terzi nella cui sfera
giuridica l’atto è destinato a produrre effetti, di contestare la certificazione davanti ad
un giudice; tuttavia, introduce una clausola di salvaguardia “relativa” degli effetti del
contratto certificato. Relativa perché la certificazione non comporta una “sanatoria”
degli effetti del contratto certificato prima dell’accertamento giudiziale e, quindi, non
incide sull’efficacia retroattiva della pronuncia del giudice, qualora accerti
l’invalidità della certificazione.
La certificazione, dunque, avrà soltanto l’effetto di impedire che, solo sulla base di
eventuali accertamenti, gli enti previdenziali possano validamente ottenere dal
giudice l’emissione di provvedimenti monitori provvisoriamente esecutivi.
Ed infatti, come si è detto, gli effetti dell’accertamento permangono, anche verso i
terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi
giurisdizionali esperibili contro l’atto di certificazione (art. 79).
Va precisato che il principio della “permanenza” degli effetti della certificazione ,
come sopra specificato, trova, a norma dell’art. 79, un’eccezione nel caso di
provvedimenti cautelari (“fatti salvi i provvedimenti cautelari”). Questa
precisazione, che si riferisce alle ordinanze emesse in via provvisoria nei ricorsi
d’urgenza ex art. 700 c.p.c., è posta a salvaguardia di quei diritti che, al verificarsi di
certe condizioni, necessitano di tutela anche prima della pronuncia sul merito che
dichiari l’invalidità della certificazione. In tali casi, quindi, la certificazione non è
opponibile ai terzi.
17.4 Impugnazioni
L’atto può essere impugnato davanti al giudice del lavoro per erronea qualificazione
del contratto, oppure per difformità tra il programma certificato e la sua successiva
attuazione nonché per vizi del consenso (art. 80, comma 1), oppure, in sede
amministrativa, per violazione del procedimento o eccesso di potere (art. 80, comma
5).
Nel caso in cui il giudizio di merito si risolva in un accertamento di erronea
qualificazione del contratto, i relativi effetti si produrranno sin dal momento della
conclusione dell’accordo contrattuale. Invece, l’accertamento giudiziale della
difformità tra il programma negoziale certificato e quello effettivamente realizzato ha
efficacia ex nunc, ossia dal momento in cui la sentenza accerta che ha avuto inizio la
difformità (art. 80, comma 2)
Per quanto riguarda l’impugnazione per vizi del consenso, in assenza di previsioni
specifiche, si applica la disciplina generale in tema di annullabilità del contratto
(artt.1425 – 1446 c.c.).
L’impugnazione della certificazione deve essere, in ogni caso, preceduta da un
tentativo obbligatorio di conciliazione innanzi alla stessa commissione di
certificazione (art. 80, comma 4). Dal riferimento all’art. 410 c.p.c. si ricava che gli
effetti dell’atto di conciliazione concluso in tale sede sono quelli previsti in generale
per le conciliazioni davanti al giudice.
Il comportamento tenuto dalle parti sia in sede di certificazione che in sede
conciliativa verrà comunque valutato dal giudice in relazione alla condanna alla spese
e al risarcimento del danno per lite temeraria (art. 80, comma 3).
17.5 Altre ipotesi di certificazione
L’art. 82 attribuisce agli enti bilaterali di cui all’art. 76, comma 1, lett. a) la
competenza a certificare le rinunce e le transazioni di cui all’art. 2113 c.c..
Lo specifico richiamo all’art. 2113 denota che le rinunce e le transazioni oggetto di
possibile certificazione sono quelle aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro
derivanti da disposizioni inderogabili della legge o dei contratti o accordi collettivi.
Le suddette rinunce e transazioni sono invalide e impugnabili nel termine previsto dal
secondo comma dell’art. 2113 c.c..
E’ evidente che su tale regime di invalidità-impugnazione non può interferire
l’attività di certificazione prevista dall’art. 82, alla quale, nel silenzio della norma,
non può attribuirsi un’efficacia “convalidante” di portata così incisiva.
Si deve, invece ritenere che, con la disposizione in questione, il legislatore abbia
voluto istituire un’altra sede di accertamento degli atti di rinuncia e dei negozi
transattivi, alla quale le parti possono rivolgersi “per confermare la loro volontà
abdicativa o transattiva”.
E’ il caso di osservare che la suddetta “conferma”, conseguente all’atto di
accertamento, non è parificabile all’inoppugnabilità che, con l’osservanza delle
procedure indicate dall’ultimo comma dell’art. 2113 c.c., deriva alle rinunce e
transazioni. Ciò in quanto non si ravvisa nessun elemento, né d’ordine sistematico, né
d’ordine ricostruttivo, che permetta di giungere a questa conclusione.
Come già evidenziato nel paragrafo dedicato all’appalto, si ricorda che le procedure
di certificazione possono essere utilizzate, sia in sede di stipulazione del contratto di
appalto, sia nelle fasi di attuazione del relativo programma negoziale, anche ai fini
della distinzione concreta tra somministrazione di lavoro e appalto (art. 84).
PROCEDURE DI CERTIFICAZIONE (ARTT. 75-84)
Scheda riepilogativa


Carattere volontario e sperimentale della certificazione.
Procedura con la quale si attesta che il programma negoziale sottoscritto dalle parti, presenta
i requisiti di forma e contenuto di uno dei seguenti contratti :
a)
b)
c)
d)
e)
f)
contratti di lavoro intermittente
contratti di lavoro ripartito
contratti di lavoro a tempo parziale
contratti di lavoro a progetto
contratti di associazione in partecipazione (ex artt. 2549-2554 c.c.)
contratti di appalto.

La certificazione avviene sulla base di appositi moduli e formulari predisposti con decreto
dal Ministero del lavoro e dei “codici di buone pratiche” definiti anch’essi con decreto del
Ministero del lavoro (art. 78, commi 4 e 5).

Gli effetti della certificazione “permangono” anche verso i terzi, finché, in seguito ad
impugnazione, non venga accertata dal giudice l’invalidità della certificazione .

Commissioni di certificazione possono essere costituite presso le D.p.l., Province, Enti
bilaterali, Università. Possibilità che le singole Commissioni costituiscano, mediante
convenzione, una commissione di certificazione unitaria.

L’istanza di certificazione deve essere presentata congiuntamente dalle parti, mediante atto
scritto. L’inizio del procedimento deve essere comunicato alla D.p.l.. Il procedimento deve
essere concluso entro 30 giorni dal ricevimento dell’istanza.

L’atto di certificazione deve contenere:
a) una motivazione
b) il termine e l’autorità cui è possibile fare ricorso per impugnare l’atto
c) gli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali, in relazione ai quali le parti
chiedono la certificazione.

L’atto può essere impugnato davanti al giudice del lavoro
a) per erronea qualificazione del contratto
b) per difformità tra il programma certificato e la sua successiva attuazione
c) per vizi del consenso
oppure, in sede amministrativa
a) per violazione del procedimento
b) eccesso di potere

Effetti della pronuncia di invalidità del giudice:
a) nel caso di erronea qualificazione del contratto, i relativi effetti si produrranno sin
dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale.
b) Nel caso di difformità tra il programma negoziale certificato e quello effettivamente
realizzato l’accertamento giudiziale ha efficacia dal momento in cui la sentenza
accerta che ha avuto inizio la difformità.
c) Per l’impugnazione per vizi del consenso, si applica la disciplina generale in tema di
annullabilità del contratto (artt.1425 – 1446 c.c.).

L’impugnazione deve essere preceduta da un tentativo obbligatorio di conciliazione innanzi
alla stessa commissione di certificazione, ai sensi dell’art. 410 c.p.c..

Il comportamento tenuto dalle parti sia in sede di certificazione che in sede conciliativa
verrà comunque valutato dal giudice in relazione alla condanna alla spese e al risarcimento
del danno per lite temeraria (art. 80, comma 3).
Le Commissioni presso gli enti bilaterali sono competenti a certificare le rinunce e le
transazioni di cui all’art. 2113 c.c. “a conferma della volontà abdicativa o transattiva delle
parti”.

Capitolo 18 - ABROGAZIONI
(art. 85)
Le disposizioni abrogate indicate nell’art. 85 sono :
a) L’art. 27, della l. n. 264/1949 ( “Provvedimenti in materia di avviamento al
lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati”): sanzioni
penali e amministrative per la violazione della disposizioni relative alla
mediazione e all’obbligo di comunicazione, della cessazione del rapporto di
lavoro alla Commissione per l’impiego.
b) L’art. 2, comma 2, e l’art. 3 della
dell'apprendistato”). L’art. 2 conteneva
dell'ispettorato del lavoro per l’instaurazione
L’art. 3 della medesima legge si riferisce
dell’apprendista.
l. n. 25/1955 (“Disciplina
l’obbligo di autorizzazione
del rapporto di apprendistato.
alle modalità di assunzione
c) La l. n. 1369/1960 (“Divieto di intermediazione ed interposizione nelle
prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di manodopera negli
appalti di servizi”).
d) L’art. 21, comma 3 della l. n. 56 del 28 febbraio 1987 (“Norme
sull'organizzazione del mercato del lavoro”): facoltà per le imprese artigiane di
assumere l’apprendista con richiesta nominativa.
e) L’art. 9bis, comma 3 della l. n. 608/1996 (“Conversione in legge, con
modificazioni, del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, recante disposizioni urgenti in
materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel
settore previdenziale”) : obblighi di comunicazione agli uffici di collocamento
all’atto di assunzione e relative sanzioni in caso di inadempimento. L’art. 9
quater “Registro d'impresa nel settore agricolo”, commi 4 e 18 della legge
citata: obblighi di comunicazione nel settore agricolo.
f) Gli artt. da 1 a 11 della l. n. 196/1997 (“Norme in materia di promozione
dell’occupazione”): prestazioni di lavoro temporaneo.
g) L’art. 4, comma 3 del d.lgs n. 72 del 25 febbraio 2000 (“Attuazione della
direttiva 96/71/CE in materia di distacco dei lavoratori nell’ambito di una
prestazione di servizi”): obbligo per le imprese di lavoro temporaneo con sede
in uno Stato europeo che distaccano il lavoratore in un’impresa di ottenere, dal
parte del Ministero del Lavoro, l’attestazione di equivalenza
dell’autorizzazione concessa dall’autorità competente nel proprio Stato.
h) L’art. 3 del d.p.r. n. 442 del 7 luglio 2000 (“Regolamento recante norme per la
semplificazione del procedimento per il collocamento ordinario dei lavoratori,
ai sensi dell'art. 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59”): tutela dei dati
personali.
i) Tutte le disposizioni legislative e regolamentari incompatibili con il presente
decreto.
j) L’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 61/2000 (“Attuazione della direttiva 97/81/CE
relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE,
dal CEEP e dalla CES”) limitatamente alle parole da “Il datore di lavoro” a
“dello stesso”: obblighi di comunicazione alla D.p.l.
Capitolo 19 - NORME TRANSITORIE E FINALI
(art. 86)
Del contenuto delle norme transitorie si è dato conto in relazione ai singoli istituti cui
esse si riferivano. Restano, pertanto, da trattare soltanto quelle disposizioni che hanno
contenuto autonomo.
19.1 Associazione in partecipazione
L’art. 86, comma 2, è diretto a reprimere i fenomeni di elusione delle norme di legge
o di contratto collettivo relativi alla disciplina del contratto di associazione in
partecipazione (art. 2549 c.c.), mediante il quale l’associante attribuisce all’associato
la partecipazione agli utili dell’impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di
un determinato apporto, che può consistere anche in una prestazione di lavoro.
La disposizione in esame qualifica come elusivi i rapporti di associazione in
partecipazione nei quali il giudice accerti, con sentenza, che l’associato, il cui apporto
consista nella prestazione di attività lavorativa, non abbia un’effettiva partecipazione
e non percepisca adeguate erogazioni.
Per quanto riguarda l’effettiva partecipazione e la conseguente distinzione fra
l’associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa e il contratto di
lavoro subordinato, occorre ricordare che la giurisprudenza ha costantemente
individuato - quale elemento caratterizzante la “genuina” associazione in
partecipazione – l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante in relazione al
potere di controllo sulla gestione economica dell’impresa esercitato dall’associato, e
l’esistenza, in capo a quest’ultimo, di un rischio di impresa, ove non sia pattuito
diversamente.
Un ulteriore elemento di distinzione dal lavoro subordinato si ravvisa nel potere
generico dell’associante di impartire direttive ed istruzioni all’associato senza, però,
che sussistano quegli specifici poteri disciplinari e di controllo connaturati, invece, ad
un vincolo di subordinazione (cfr. Cass. n. 2693/2001; Cass. n. 290/2000).
Per quanto concerne l’altro requisito dell’adeguatezza dell’erogazione, di cui al
comma 2, la giurisprudenza ha chiarito che nell’associazione in partecipazione con
apporto della sola attività lavorativa non trova applicazione il principio della
retribuzione sufficiente, di cui all’art. 36 Cost (Cass. n. 12052/1992).
Pertanto, l’indagine circa l’adeguatezza dell’erogazione, nelle ipotesi in cui
l’associato presti la propria attività lavorativa, non può limitarsi a valutare solo il
profilo economico di tale compenso, ma deve avere ad oggetto la struttura del
rapporto di associazione in partecipazione nel suo complesso, ossia prendere in
considerazione il requisito dell’effettiva partecipazione.
Di qui, dovrà giudicarsi adeguato quel compenso che, a prescindere dalla entità
dell’erogazione, consegua ad un effettivo esercizio, da parte dell’associato, del potere
di controllo sulla gestione dell’impresa.
Ed infatti, per quanto attiene alla commisurazione del compenso, l’unica garanzia
posta dalla legge a tutela dell’associato è costituita da quella disposizione (art. 2553
c.c.) che consente a quest’ultimo, mediante una espressa pattuizione, di essere del
tutto escluso dalla partecipazione alle perdite.
La disciplina dettata dall’art. 86, comma 2, attribuisce al datore di lavoro o
committente o utilizzatore la possibilità di vincere la presunzione dell’esistenza di
lavoro subordinato, che il giudice è solito operare laddove il confine tra lavoro
subordinato e associazione in partecipazione sia labile ed emerga una sostanziale
disparità tra le parti.
Infatti, il datore di lavoro potrà dimostrare, mediante idonee attestazioni o
documentazioni, che la prestazione, oggetto dell’accertamento giudiziale, non sia
necessariamente da ricondurre all’alveo delle varie tipologie del lavoro subordinato,
ben potendo trattarsi di un contratto di lavoro autonomo o di altro contratto
espressamente previsto nell’ordinamento.
Art. 86, comma 2
Associazione in partecipazione

Sono elusivi delle norme di legge i rapporti di associazione in partecipazione nei quali il
giudice accerti che l’associato, il cui apporto consista nella prestazione di attività lavorativa,
non abbia un’effettiva partecipazione e non percepisca adeguate erogazioni.
19.2 Certificato di regolarità contributiva nell’edilizia
L’art. 86, al comma 10, contiene una serie di norme che modificano l’art. 3, comma 8,
del d.lgs. n. 494 del 14 agosto 1996.
In analogia a quanto disciplinato per gli appalti pubblici, e nell’ottica di inserire una
verifica della regolarità contributiva delle imprese del settore delle costruzioni anche
per quel che attiene ai lavori privati, è previsto che il committente o il responsabile dei
lavori chieda all’impresa esecutrice, tra i vari documenti, anche un certificato di
regolarità contributiva.
Il suddetto certificato può essere rilasciato dall’I.n.p.s. e dall’I.n.a.i.l. ma, per le
imprese iscritte alla Cassa edile, è sufficiente la presentazione del documento unico di
regolarità contributiva emesso da quest'ultima.
La documentazione di cui sopra deve essere presentata, prima dell’inizio dei lavori o
all’atto della denuncia di inizio attività, all’amministrazione concedente unitamente al
nominativo dell’impresa esecutrice i lavori.
La norma, che recepisce quanto le parti sociali nazionali dell'edilizia hanno pattuito
con l'accordo del 29 gennaio 2002, concretizza una agevolazione per le imprese
iscritte alla Cassa edile in quanto prevede l'unicità della documentazione attestante la
regolarità contributiva.
Art. 86, comma 10
Certificato di regolarità contributiva per le imprese del settore delle costruzioni

Per le imprese iscritte alla Cassa edile è sufficiente la presentazione del documento unico di
regolarità contributiva emesso da quest’ultima
19.3 Commissione regionale dell’impiego
L’art. 86, al comma 11, dispone che l’abrogazione della disciplina dei compiti della
commissione regionale dell’impiego, disposta dall’art. 8 del d.lgs. n. 297/2002, non
opera (“…non si intende riferita…”) per quelle Regioni a statuto speciale per le quali
non sia ancora avvenuto il trasferimento delle funzioni in materia di lavoro, ai sensi
del d.lgs. n. 469/1997.
19.4 Accordi interconfederali
L’art. 86, al comma 13, prevede che entro i cinque giorni successivi all’entrata in
vigore del decreto legislativo, il Ministro del Lavoro convocherà le associazioni dei
datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale, allo scopo di verificare la possibilità di affidare ad uno o più accordi
interconfederali, la gestione della messa a regime delle novità introdotte dalla riforma
stessa, anche con riferimento al regime transitorio e all’attuazione dei rinvii alla
contrattazione collettiva contenuti nella nuova legge.
La disposizione, risponde all’esigenza di evitare che alcuni degli istituti più
significativi della riforma, che offrono nuove opportunità di organizzazione
dell’attività dell’impresa, possano rimanere inattuati o risultare inapplicabili per la
mancata definizione, da parte della contrattazione collettiva, della disciplina di rinvio.
A tal fine, la legge invita le parti sociali a definire, a livello interconfederale, una
disciplina di riferimento, destinata a consentire non solo l’immediata applicabilità dei
nuovi istituti, ma anche una adeguata definizione di normative transitorie.
Art. 86, comma 13
Accordi interconfederali

Per la gestione della fase transitoria e per l’attuazione dei rinvii alla contrattazione collettiva,
è prevista la possibilità della sottoscrizione di appositi accordi interconfederali
19.5 Monitoraggio dell’I.n.p.s.
L’art. 86, al comma 14, affida all’I.n.p.s. il compito di monitorare gli effetti derivanti
dalle misure del decreto e di comunicare i risultati al Ministero del Lavoro e a quello
dell’Economia, anche al fine dell’adozione, da parte di quest’ultimo, dei
provvedimenti correttivi che si rendano necessari nel caso in cui nel corso
dell’attuazione del decreto si verifichino scostamenti rispetto alle previsioni di spesa
o di entrata.
Nelle more dell’adozione dei suddetti provvedimenti correttivi, alle eventuali
eccedenze di spesa, rispetto alle previsioni a legislazione vigente, si provvede
mediante decreto del Ministero del Lavoro, di concerto con quello dell’Economia,
con rideterminazione degli stanziamenti a favore del Fondo per l’occupazione, ex
lege n. 236/1993.
ALLEGATI