Una scuola protagonista e promotrice di vita buona

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Una scuola protagonista
e promotrice di vita buona
“Educare alla vita buona del Vangelo”
Intervento di Sergio Paronetto, vice presidente nazionale di Pax Christi al Convegno
dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici della provincia di Ragusa
27 marzo 2011
Pace a voi, shalom, “vita buona del Vangelo” appunto, che è dono del Cristo, nostro unico vero
maestro, come osserva il capitolo 2 degli Orientamenti del documento decennale Educare alla vita
buona del Vangelo (d’ora in poi EVBV, metterò in corsivo le citazioni ricavate dal documento).
Vi ringrazio per l’invito a stare con voi in questa splendida città costruita sulla roccia, che il vostro
presidente mi ha fatto visitare ieri con tanta pazienza e competenza, una città ricca di colori e di sapori,
di cultura e di umanità. In occasione dei vostri 65 anni, vorrei anzitutto esprimere la mia vicinanza e la
mia stima, perché i docenti sono spesso maltrattati o umiliati da tagli, normative e dichiarazioni
cariche di insulti tanto più inaccettabili quanto più vengono da persone delle istituzioni che dovrebbero
curali come pupilla dei loro occhi e quanto più si prende coscienza della fatica del vostro-nostro
lavoro. Ho letto i risultati di uno studio recente nel quale si dice che i docenti raggiungono il 50% dei
dipendenti pubblici a rischio di patologie da usura psicofisica (“Avvenire” 5.3.2011).
Uno dei motivi che mi ha spinto qui tra voi, e della mia gioia di trovarmi qui, è la figura tormentata e
luminosa, attiva e contemplativa, credibile e autorevole di Carlo Carretto, vostro fondatore con Maria
Badaloni, una delle personalità che ha contribuito alla mia formazione. Anch’io come lui ho sentito il
Concilio Vaticano II come “l’avvenimento religioso più straordinario della nostra epoca, la
dimostrazione evidente della freschezza e della vitalità della Chiesa, un vero momento di profonda
gioia” (“Il Dio che viene”, Città Nuova 1971-1984, 19), “divina assemblea del popolo di Dio” che ha
cercato di sradicare la Chiesa dallo “spirito dei tempi morti”, per infonderle la forza della profezia
(162). Nel 2012 celebreremo il 50° del suo inizio.
Il panorama presente nel documento episcopale EVBV vede alla radice la persona di Gesù Cristo e la
lezione del Concilio, lo “scrutare i segni dei tempi” (7), l’attenzione al desiderio di libertà e al bisogno
di felicità (8), il Giubileo 2000 e il IV Convegno ecclesiale nazionale di Verona, 2006, con le sue
indicazioni a proposito degli ambiti privilegiati: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità, tradizionetrasmissione della fede, cittadinanza responsabile (2, 33, 54).
E’ bene ricordare due contributi che hanno integrano e accompagnano gli “Orientamenti” attuali.
- La Settimana sociale dei cattolici dell’ottobre 2010 a Reggio Calabria con la sua assemblea tematica
“Educare per crescere”, coordinata da Paola Stroppiana, e con l’intervento vibrante di Giuseppe
Savagnone (autore anche di Maestri di umanità alla scuola di Cristo, Cittadella 2010). Nelle
conclusioni del marzo 2011 (“Un cammino che continua dopo Reggio Calabria”) la CEI osserva che la
Settimana sociale di Reggio Calabria deve essere considerata come “il primo dei tanti momenti che
scandiranno il decennio pastorale dedicato all’educazione”. Interessante notare che per la Settimana
sociale la prima emergenza educativa sia “la fragilità dell’adulto” da superare con “percorsi di
sostegno alla genitorialità”. La prima urgenza riguarda il bisogno di “persone solide, credibili,
autorevoli, significative”.
- Il testo episcopale Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno (2010) parla in più punti di
“sfide culturali” (16), di “sfida educativa” (17), di “progetto educativo” (16) a partire da luci e ombre
del costume (6) e dalla “piaga profonda della criminalità organizzata” (9). C’è anche una doverosa
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autocritica. “Si deve riconoscere che le Chiese debbono ancora recepire sino in fondo la lezione
profetica di Giovanni Paolo II e l’esempio dei testimoni morti per la giustizia, come d.Pino Puglisi”
(18). L’invito è deciso: “il cristiano non si rassegna mai alle dinamiche negative della storia; nutrendo
la virtù della speranza, da sempre coltiva la consapevolezza che il cambiamento è possibile (14).
“Contro ogni tentazione di torpore e di inerzia abbiamo il dovere di annunciare che i cambiamenti sono
possibili”(19). “Cultura del bene comune, della cittadinanza, del diritto, della buona amministrazione e
della sana impresa nel rifiuto dell’illegalità: sono i capisaldi che attendono di essere sostenuti e
promossi all’interno di un grande progetto educativo” (16). “Sin dal 1996 i vescovi siciliani hanno
additato la sfida educativa come la più decisiva per lo sviluppo integrale del Sud. La questione
scolastica deve essere affrontata come espressione della questione morale e culturale che preoccupa
tutti in Italia e che nel Mezzogiorno raggiunge livelli drammatici” (17).
Rilevo anche una certa sintonia tra EVBV e un testo programmatico dell’AIMC che contiene già le
premesse della vita buona del Vangelo cui ci richiamano i vescovi. “L’impegno dei soci AIMC è di
testimoniare (specialmente oggi in una società spesso connotata da varie forme di individualismo e di
cultura del mercato, dell’usa e getta, del frammento, dell’effimero e dell’apparire) l’alto valore
dell’associazionismo, del farsi comunità ove le persone (accompagnate da un progetto chiaro e
condiviso) maturano in competenza, in responsabilità, in spirito di servizio. L’associazionismo, infatti,
specialmente se vissuto sin da piccoli, educa la persona alla progettualità, alla costanza, alla
relazionalità, ad una cittadinanza responsabile, alla democrazia, a volare in alto “con e per gli altri”
verso orizzonti sempre più luminosi”. Volare alto con la scuola e sulla scuola, diceva un vostro
documento del 2010. Il testo episcopale parte proprio dal volo d’aquila di Dt 32, 10-12.
Fisso rapidamente le principali tappe di EDVB per terminare con una visione “epistolare”.
1. Emergenza. Cogliere l’emergenza come problema e sfida.
EVBV parte dai nodi critici radicali, fondamentali, esistenziali. «Le persone fanno sempre più fatica a
dare un senso profondo all’esistenza. Ne sono sintomi il disorientamento, il ripiegamento su se stessi e
il narcisismo, il desiderio insaziabile di possesso e di consumo, la ricerca del sesso slegato
dall’affettività e dall’impegno di vita, l’ansia e la paura, l’incapacità di sperare, il diffondersi
dell’infelicità e della depressione. Ciò si riflette anche nello smarrimento del significato autentico
dell’educare» (9). Per molti giovani vuol dire «sofferenza interiore, solitudine, chiusura narcisistica
oppure omologazione al gruppo, paura del futuro» (32). Per ricominciare a camminare, per «educare
a scelte responsabili», occorre «contrastare l’assimilazione passivanti modelli ampiamente divulgati,
superarne l’inconsistenza promuovendo la capacità di pensare e l’esercizio critico della ragione»,
attivare relazioni ma «i giovani si trovano spesso a confronto con figure adulte demotivate e poco
autorevoli, incapaci di testimoniare ragioni di vita che suscitino amore e dedizione»(12), «pecore
senza pastore» (17), bisognose di formazione (30). Don Ciotti il 19 marzo scorso a Potenza, nel
chiudere la Giornata della memoria e dell’impegno contro le mafie, osservava che i giovani “hanno
bisogno di adulti veri, credibili e coerenti”.
2. Avere coscienza di andare in controtendenza. E’ in gioco la nostra felicità.
Davanti allo squallore emergente dalla legittima (e doverosa) inchiesta della Procura di Milano,
anch’io mi chiedo: in che Italia viviamo? Perché tanti genitori, padri ruffiani e madri mezzane (ha
scritto un giornalista), sembrano approvare la prostituzione delle loro figlie? Perché tanta voglia di
partecipare ai “grandi fratelli”, ai concorsi di “bellezza”, ai laboratori di chirurgia estetica, a
spettacolini alquanto volgari? Senza dilungarmi in disquisizioni, preferisco guardare con occhi
progettuali. Ritengo fondamentale ripartire proprio dai giovani che, aiutati dai loro “buoni maestri”,
possono maturare un’altra idea della bellezza. Quando parliamo di emergenza educativa dovremmo
capire che i soggetti emergenti-generatori di novità dovrebbero essere proprio loro. Senza il loro
protagonismo non c’è salvezza. E’ in gioco la ricerca della felicità di tutti. Per questo, trovo molto
bello l’intervento di Benedetto XVI il 2 settembre 2007 a Loreto. E’ un’esortazione ai giovani che gli
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adulti dovrebbero meditare e “tradurre”. Il papa indica un nuovo cammino (“la pienezza di umanità”),
propone una ribellione nonviolenta, decisa e mite, che può accompagnare il progetto ecclesiale sulla
vita buona del Vangelo:
«Andate controcorrente: non ascoltate le voci interessate e suadenti che oggi da molte parti
propagandano modelli di vita improntati all’arroganza e alla violenza, alla prepotenza e al successo ad
ogni costo, all’apparire e all’avere, a scapito dell’essere. Di quanti messaggi, che vi giungono
soprattutto attraverso i mass media, voi siete destinatari! Siate vigilanti! Siate critici! Non andate
dietro all’onda prodotta da questa potente azione di persuasione. Non abbiate paura, cari amici, di
preferire le vie "alternative" indicate dall’amore vero: uno stile di vita sobrio e solidale; relazioni
affettive sincere e pure; un impegno onesto nello studio e nel lavoro; l’interesse profondo per il bene
comune. Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente o
fuori moda: i vostri coetanei, ma anche gli adulti, e specialmente coloro che sembrano più lontani dalla
mentalità e dai valori del Vangelo, hanno un profondo bisogno di vedere qualcuno che osi vivere
secondo la pienezza di umanità manifestata da Gesù Cristo». Anche nell’ottobre 2010 a Palermo il
papa esclamava. «Cari giovani di Sicilia, siate alberi che affondano le loro radici nel "fiume" del bene!
Non abbiate paura di contrastare il male! Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa,
ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra!».
3. Vedere l’emergenza anche come emergere del bene.
Emergenza può essere intesa come fioritura di novità dentro il lavoro quotidiano di tante scuole e di
tanti docenti; come fare luce sulla bontà che emerge da tanti programmi formativi, da percorsi di
educazione alla pace e alla legalità, dal sussulto etico di tanta gioventù: penso ai giovani di Reggio
Calabria nel settembre 2010, alle esperienze di Libera, dell’AC ragazzi o dell’Agesci. Faccio solo due
riferimenti, il primo riguarda coloro che si sono opposti a fare una gita senza il loro compagno down a
Catanzaro, il secondo i bambini della scuola elementare di Montecchio maggiore (VI) che hanno
condiviso il loro cibo con nove compagni di famiglie inadempienti, rimasti col piatto vuoto per
decisione comunale.
Non esistono, dunque, schematicamente contrapposti, i ragazzi spaesati da educare e gli adulti maturi
educatori. Urge un lungo, profondo, comune lavoro formativo, etico, politico, ecclesiale, ecumenico.
Siamo tutti in gioco, tutti coinvolti: genitori, docenti, operatori sociali, famiglie, scuole, istituzioni,
comunità. Nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, l’educazione si realizza nella
relazione-comunione (osservava il pedagogista brasiliano Paulo Freire per il quale l’educazione è
pratica permanente di libertà). Dobbiamo tutti educarci a vincere le paure e la solitudine, soprattutto le
solitudini da isolamento, le solitudini dell’anima. Per non restarne prigionieri, è bene vederle con
lucidità, attraversarle e curarle strappandole al loro uso strumentale. Superare la logica del nemico. Lo
scrive bene l’israeliano David Grossman che proprio da un luogo di alta conflittualità ci invita a
immaginare un futuro senza nemici, a resuscitare la persona dentro l’armatura, al piacere di respirare
perché abbiamo scoperto un linguaggio fiducioso e l’esistenza del volto oltre ogni pregiudizio (Con gli
occhi del nemico, Milano 2007). Se abbiamo, in sostanza, incontrato educatori credibili o un ambiente
che sappia riconoscere-gestire i conflitti, abbiamo capito che ogni popolo è frutto di varietà, che ogni
cultura è plurale, sintesi di un cammino sempre aperto, che i simili di oggi erano i diversi di ieri, che i
diversi di oggi saranno i simili di domani, che ognuno è simile e diverso, che siamo tutti uguali e tutti
differenti. Tutti in relazione, appartenenti gli uni agli altri, membri della famiglia umana che è la
famiglia di Dio, famiglia di uguali e di differenti (nel capitolo 5° della Caritas in veritate si mette al
centro il concetto di inclusione relazionale). Chi ha paura di tutto e di tutti, ha paura, soprattutto, di se
stesso. Coltiva le sue “radici” come unica parte di un albero senza produrre “fiori” e “frutti”. E’
doveroso coltivare le radici. Ma il Dio di Gesù Cristo è Dio che riaccende la nostra giovinezza, la
ravviva o la resuscita. Non ha solo a che fare con la memoria e la tradizione. È un Dio delle fioriture e
delle fronde. Anzi, dei frutti e del grano di senape che sembrava nulla e un giorno, all’improvviso,
diventa immensa chioma di foglie, folta di grida e canti, dimora per tutti gli uccelli del cielo. ‘Dai
frutti li riconoscerete’ dice una frase evangelica che è stata il titolo di un convegno in ricordo di Maria
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Badaloni. E’ nascere per rinascere. Essere generati per generare. “Esiste un nesso stretto tra educare e
generare”(27)
4. Accendere la passione educativa. Essere credibili, autorevoli, amorevoli e affidabili.
«La passione educativa è una vocazione che si manifesta come un’arte sapienziale acquisita nel tempo
attraverso un’esperienza maturata alla scuola di altri maestri […]. L’educatore si impegna a servire
nella gratuità ricordando che “Dio ama chi dona con gioia” (2 Cor 9,7). Nessuno è padrone di ciò
che ha ricevuto, ma ne è custode e amministratore, chiamato a edificare un mondo migliore, più
umano e più ospitale» (29).
Più che padroni esclusivi, siamo tutti ospiti del luogo in cui viviamo, affidato alla nostra custodia
responsabile. Siamo ospiti a casa nostra. Ospiti della nostra umanità, di una terra da umanizzare, di una
sola famiglia umana (diceva il titolo della Giornata Mondiale dei Migranti 2011) che è una famiglia
trinitaria attenta a garantire la differenza personale, l’uguaglianza sociale, la relazione conviviale. La
Trinità è l’archetipo morale della famiglia umana. Ad ogni essere umano va riconosciuta la dignità
della persona, la radicalità dell’uguaglianza e l’originalità della distinzione.
Le divisioni, le ingiustizie “non sono solo causa di tutte le guerre, ma sono anche eresie trinitarie”
(Tonino Bello, Alla finestra la speranza, 85 e 89)
«Ravvivare il coraggio, anzi la passione per l’educare» (30) vuol dire «assumere come scelta di vita
la passione per i ragazzi e i giovani, disposta ad ascoltarli, accoglierli e accompagnarli, a far loro
proposte esigenti anche in contrasto con la mentalità corrente»(34 e 32). Vivere- realizzare «l’arte
sovrana dell’educare» (Paolo VI) come «esperienza liberante della continua ricerca della verità,
dell’adesione al bene e della contemplazione della bellezza» (13). Il contesto in cui ci troviamo dà
ancora più forza alle parole di papa Montini «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni
che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (34). Educare è certo un dovere
ma anche un piacere, quello di cogliere una scintilla di luce negli occhi degli alunni, di vederli attenti e
impegnati. Voluntas presenta una parentela con voluptas, il verbo volere indica una tensione intima
verso ciò che si ama perché buono e bello, volontà è anche forza vitale, slancio d’amore. Direi: essere
educatori credibili (coerenti), autorevoli (convinti, persuasi, cercatori di verità), amorevoli
(relazionali, appassionati, forti della propria mitezza alternativa), affidabili (fiduciosi, leali, percepiti
come amici veraci). Direi anche curare i piccoli gesti, la gentilezza; si può essere determinati, severi e,
contemporaneamente, amichevoli.
5. Costruire relazioni e ambienti ricchi di umanità. Educarsi all’amicizia liberatrice.
E’ tutta la società che deve diventare educante: «favorendo condizioni e stili di vita sani e rispettosi dei
valori, è possibile promuovere lo sviluppo integrale della persona, educare all’accoglienza dell’altro e
al discernimento della verità, alla solidarietà e al senso della festa, alla sobrietà e alla custodia del
creato, alla mondialità e alla pace, alla legalità, alla responsabilità etica nell’economia e all’uso
saggio delle tecnologia» (50)
Le indicazioni sono belle, motivanti. «Curare relazioni aperte all’ascolto, al riconoscimento, alla
stabilità dei legami e alla gratuità”(53), «promuovere l’incontro e l’accoglienza tra gli uomini”.
“L’opera educativa deve aiutare a superare le paure, pregiudizi e diffidenze, promuovendo la mutua
conoscenza, il dialogo e la collaborazione»(14). Costruire «una comunità accogliente e dialogante»
per instaurare «rapporti di amicizia e offrire risposte alla sete di Dio che è presente nel cuore
dell’uomo» (41). Interessante questo legame tra la ricerca di Dio e l’amicizia. Non vi chiamo più servi
ma amici. Oltre l’ideale di fraternità, sbandierato spesso in modo retorico, occorre riscoprire il calore
dell’amicizia, il ministero dell’amicizia (frère Christian ucciso con sei monaci di Tibhirine nel marzo
1996). Nonviolenza è movimento dell’amicizia liberatrice, diceva il vescovo Proaño che ho conosciuto
in Ecuador. E’ dinamismo di gratuità. E’ lo splendido invito di Gesù: “Non vi chiamo più servi, ma
amici” (Gv 15,15). Amicizia è anche “figliolanza”, siamo amici-figli di uno stesso Padre. Ognuno può
recuperare il suo volto “grazioso” (capace di gratuità), abitare nello sguardo amichevole di qualcuno,
vedere l’altro nel proprio sguardo. Nel proprio sorriso. In un tratto gentile. Nella capacità di suscitare
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«ambienti ricchi di umanità»(31) dove è possibile fare «esperienze di condivisione» (32) «all’interno
delle relazioni fondamentali dell’esistenza» (33).
E’ un lavoro immenso di valenza teologale, ecclesiale. «In Gesù noi siamo coinvolti nell’opera
educatrice del Padre e siamo generati come uomini nuovi, capaci di stabilire relazioni vere con ogni
persona»(25). L’azione educativa matura nella-con la Chiesa comunità educante. «L’intera vita
ecclesiale ha una forte valenza educativa» (53). In EVBV tra le dimensioni dell’educazione
(missionaria, ecumenica-dialogica, escatologica) spicca quella caritativa e sociale. «Con la sua opera
educativa la Chiesa intende essere testimone dell’amore di Dio nell’offerta di se stessa;
nell’accoglienza del povero e del bisognoso; nell’impegno per un mondo più giusto, pacifico e
solidale; nella difesa coraggiosa e profetica della vita e dei diritti di ogni donna e di ogni uomo, in
particolare di chi è straniero, immigrato ed emarginato; nella custodia di tutte le creature e nella
salvaguardia del creato» (24)/
6. Esercitare una cittadinanza responsabile per «spingere la storia verso un futuro di speranza»
(32). Cioè aprire percorsi di vita buona. «Nella visione cristiana l’uomo non si realizza da solo, ma
grazie alla collaborazione con gli altri e ricercando il bene comune. Per questo appare necessaria una
seria educazione alla socialità e alla cittadinanza, mediante un’ampia diffusione dei principi della
dottrina sociale della Chiesa, anche rilanciando le scuole di formazione all’impegno sociale e
politico. Una cura particolare andrà riservata al servizio civile e alle esperienze di volontariato in
Italia e all’estero. Si dovrà sostenere la crescita di una nuova generazione di laici capaci di
impegnarsi a livello politico con competenza e rigore morale» (54b). Cittadinanza matura e
responsabile è promuovere azioni di pace.
7. Educare alla pace in una scuola dei volti. Tra i percorsi di vita buona l’educazione alla pace
diventa, quindi, necessaria. Per fortuna in molti luoghi la scuola è laboratorio dove è possibile studiare
le mappe della triade pace-giustizia-salvaguardia del creato, esplorare i percorsi della nonviolenza,
conoscere associazioni o movimenti, attivare progetti centrati sulla Costituzione e su vari temi:
mortalità infantile e materna; bambini soldato, infanzia negata, condizione femminile, pena di morte,
malattie e accesso ai farmaci essenziali, guerre dimenticate, mine antipersona, disarmo chimico o
nucleare, immigrazione, intercultura, diritto internazionale, “Manifesto dell’acqua”, commercio equo e
solidale, stili di vita. Si può partire con poco, da una “campagna”, da una rivista o articolo; dalla
visione di un film; da un Rapporto internazionale; dall’adozione “a distanza” o “a vicinanza” di una
persona, di una comunità, di un diritto, di un progetto; da un’iniziativa di solidarietà o di scambio; da
un volto di pace.
Nell’omelia del 1 gennaio 2010, Benedetto XVI affermava che «meditare sul mistero del volto di Dio
e dell’uomo è una via privilegiata che conduce alla pace. Questa, infatti, incomincia da uno sguardo
rispettoso, che riconosce nel volto dell’altro una persona, qualunque sia il colore della sua pelle, la sua
nazionalità, la sua lingua, la sua religione. Fin da piccoli, è importante essere educati al rispetto
dell’altro, anche quando è differente da noi. Ormai è sempre più comune l’esperienza di classi
scolastiche composte a bambini di varie nazionalità, ma anche quando ciò non avviene, i loro volti
sono una profezia dell’umanità che siamo chiamati a formare: una famiglia di famiglie e di popoli
[….]. I volti dei bambini sono come un riflesso della visione di Dio sul mondo». Soprattutto i «volti
scavati dalla fame e dalle malattie, volti sfigurati dal dolore e dalla disperazione. I volti dei piccoli
innocenti sono un appello silenzioso alla nostra responsabilità: di fronte alla loro condizione inerme,
crollano tutte le false giustificazioni della guerra e della violenza. Dobbiamo semplicemente
convertirci a progetti di pace, deporre le armi di ogni tipo e impegnarci tutti insieme a costruire un
mondo più degno dell’uomo». Oggi, alla vigilia della sua beatificazione, ritengo importante recuperare
il magistero di pace (inascoltato anche nella Chiesa) di Giovanni Paolo II per il quale è necessario
ripartire dalla Pacem in terris, «l’inizio di una rivoluzione spirituale», «frutto della saggezza e
dell’esperienza accumulata lungo la storia mediante innumerevoli gesti di pace, posti da uomini e
donne che hanno saputo sperare senza cedere mai allo scoraggiamento[…]. Gesti di pace creano una
tradizione e una cultura di pace» (1 gennaio 2003). Egli ha affidato il suo messaggio ai giovani:
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«Scriviamo a voi giovani perché sappiate che in voi Cristo vuole operare cose grandi: rivestitevi perciò
di speranza e costruite la casa comune nel vincolo dell’amore fraterno e nella fede salda»; l’ 8 luglio
2001 “Voi non vi rassegnerete a un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano
analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi
sforzerete con ogni energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti”
8. Cambiare è possibile. «Anima dell’educazione è una speranza affidabile» (5) che consente di
seminare «germi di resurrezione capaci di rendere buona la vita» (6). Riprendo un attimo il testo
citato all’inizio sul Mezzogiorno. «Svelare la verità di un disordine abilmente celato e saturo di
complicità, far conoscere la sofferenza degli emarginati e degli indifesi, annunciando ai poveri, in
nome di Dio e della sua giustizia, che un mutamento è possibile, è uno stile profetico che educa a
sperare» (Per un paese solidale, n. 19). Lo stile profetico più credibile è quello della nonviolenza che
è, anzitutto, liberazione delle paure e costruzione della cittadinanza umana, che chiamiamo con Tonino
Bello convivialità delle differenze. “La predicazione profetica di Gesù suscitava stupore perché
annunciava un’esistenza degna, diversa, rinnovata, una moralità più giusta e praticabile, attivando
energie altrimenti trascurate e sprecate, innescando l’attesa di una trasformazione possibile”(n.19).
Sulla strada del Vaticano II, possiamo diventare tessitori di un pensiero creativo, di una pratica di
liberazione e di conversione al Vangelo.
9. Curare la bellezza. Se si ha cura del bene delle persone occorre esercitare «la specifica
responsabilità di educare al gusto e alla bellezza autentica della vita» (5). Vivere è essere
responsabili della bellezza. Non stare altrove o fare dell’altro. E’ vivere diversamente la vita
quotidiana trasfigurando i contesti più normali (scuola, ufficio, fabbrica, cultura, sport, consumi,
famiglia, quartiere, parrocchia, politica, economia, teologia, linguaggio). Ecco l’importanza di gruppi
artistici, musicali, teatrali, di danza, di canto, di lettura, di poesia, di celebrazione (c’è anche una
poetica della liturgia). Nelle piccole cose e nei gesti quotidiani che per la loro unicità e intensità,
osservava Romano Guardini possono aprirci all’infinito. La bellezza è il migliore antidoto alla
banalità, alla volgarità, all’arroganza, al pregiudizio, alla rassegnazione, al cinismo. E’ “trasformare la
vita in canto”, anzi in atto di invocazione (D.M:Turoldo, Canti ultimi, 1991, p.150).
Bellezza è vedere il ramo di mandorlo. «Cosa stai vedendo, Geremia? Risposi: “un ramo di
mandorlo”. Il Signore mi rispose: “Hai visto bene: infatti sto vigilando sulla mia parola per eseguirla”»
(Ger 1, 11-12). La visione del profeta non è solo contemplazione della primavera imminente, ma è,
come suggerisce in ebraico la parola mandorlo, vigilanza, discernimento, attesa operante, cuore
pensante aperto ai segni dei tempi, fioritura di umanità condivisa.
10. Le prime tappe della nuova frontiera educativa
«La frontiera educativa è il luogo per un’ampia convergenza di intenti», osservava Benedetto XVI
(27.5.2010), immensa, attraversabile ed esplorabile con fiducia ed entusiasmo. Nel 2011-2012 ci
accompagnano, a tal fine, alcune tappe/eventi da vivere e da far risuonare.
In ambito ecclesiale, la beatificazione di Giovanni Paolo II può essere l’occasione per sviluppare una
robusta teologia della pace e un cammino evangelico di nonviolenza; importanti al riguardo sono
anche l’incontro internazionale ecumenico di Kingston in Giamaica (maggio), preparato
dall’assemblea di Roma; il Congresso eucaristico nazionale di Ancona; l’Assemblea delle religioni di
Assisi 25 anni dopo il primo incontro voluto da Giovanni Paolo II; la celebrazione della Mater et
Magistra (50 anni dopo) per una ripresa della Dottrina sociale della Chiesa. Nel 2012 faremo memoria
operativa del Concilio Vaticano II 50 anni dopo. In ambito civile accenno alla marcia di settembre
Perugia-Assisi in ricordo di Capitini, le belle iniziative di Libera e delle comunità di
resistenza/liberazione sulla legalità con giovani che “intrecciano nodi e imparano l’arte della libertà”.
Si stanno organizzando i movimenti per l’acqua bene comune, le reti diocesane degli stili di vita, i
movimenti per il disarmo contro i cacciabombardieri F-35 e contro il pericoloso costosissimo nucleare
civile.
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Finisco cercando di legare alcune espressioni di Carlo Carretto al vostro incontro. Voi pensate di
concludere ma state cominciando!. Immagino una sua “lettera dal deserto”.
Io incomincio.
Una “lettera dal deserto” per una scuola amica.
“Cari maestri e care maestre, vorrei darvi appuntamento in uno dei tanti angoli meravigliosi del Sahara
verso sera al calar del sole e ritrovarvi tutti come ci siamo trovati allora quel giorno quando abbiamo
deciso di dare inizio alla bella avventura dei maestri cattolici o come quella sera famosa del settembre
1948 nella piazza S. Pietro. Ricordate? Qui non ci sarebbe bisogno di fiaccole, tanto il cielo è chiaro di
stelle. Ci sederemmo sulla sabbia e trascorreremmo la notte a raccontarci la vita di questi anni, le tappe
compiute, le prove subite. Penso che la stella del mattino ci troverebbe ancora a conversare. (“Lettere
dal deserto”, La Scuola 1969, 10). Oggi torno a parlarvi brevemente per farci coraggio.
E’ difficile credere ma posso dire che “sono rimasto sorretto dalla speranza. Ho capito che Dio è il Dio
che viene. E ho atteso pregando e attendendolo. Sulla frontiera del mio limite, nella tensione del mio
amore…Lui viene in maniera sempre nuova, perché è sempre ‘novità’, ed è l’eterna molteplicità, pur
nell’infinita unità della sua Natura”(“Il Dio che viene”, 250).
Tutta la Bibbia termina con un’invocazione “Vieni Signore Gesù” (Ap 22,20). E’ un appello urgente,
visto che “tutto è rimesso in questione, ripensato, giudicato alla luce di una nuova presa di coscienza e
di una fede più adulta”(10). Sappiamo anche la bella misteriosa risposta: “Sì vengo presto” (Ap 22.20).
La storia della salvezza è la storia di un Dio che viene (77).
Noi possiamo attenderlo e accoglierlo ogni giorno nel nostro lavoro silenzioso per costruire una scuola
autorevole, credibile, affidabile, amorevole…Non c’è bisogno di proclamare direttamente il Vangelo,
osservava S. Giovanni Crisostomo. Se la fede vive nei gesti più umili e negli atti più semplici della via
quotidiana, il maestro credente diventa Vangelo vivente.
Qui sta la meraviglia della nostra azione. “Quanto avete fatto a uno dei più piccoli tra questi fratelli
l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Voi operate coi piccoli, voi operate con il Dio della vita, voi avete il
dono di preparare il futuro del mondo. Voi abitate già il futuro del mondo. Con i piccoli voi rendete
presente il Dio sempre nuovo. “Quando cerco il volto di Dio, trovo la novità. Dio è l’eternamente
nuovo. Dio non si ripete mai. Quando prego, cerco la novità di Dio; quando contemplo respiro (aspiro)
la sua novità. Ed è l’unica cosa che non mi annoia mai. Per questo capisco che se non prego sono
contro il muro della mia vecchiezza, se non contemplo sono senza profezia, se non succhio la vita
divina perdo il carisma. E chi sono io senza la novità di Dio?Chi sono io senza profezia? Chi sono io
senza carisma?”(63). Il Vangelo va sempre oltre, ci chiama alla conversione del cuore, alla quotidiana
profezia (162-169).
“Ecco, faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 5). In Lui siamo creature che iniziano sempre una vita
nuova. Ogni giorno possiamo scrivere sul nostro taccuino: io incomincio (81-82). Anche oggi, dopo
tanti anni, ognuno può dire: io incomincio. Siamo nati per rinascere, “esseri natali”, donati per donare.
Il nostro carisma è fare della scuola un “ambiente divino” (84, 90) abitato dalla gratuità, per vivere
assieme come amici. Apparteniamo gli uni agli altri. Penso che il compito di una scuola seria e serena
sia quello di educarci alla pace, cioè a una vita bella e buona, utile e sana.
Dio viene nel nostro lavoro quotidiano per una scuola tanto più cristiana quanto più densa di umanità,
una scuola dei volti. I diritti dei piccoli non sono diritti piccoli ma il sale della democrazia, il seme del
futuro. Dio viene nel nostro lavoro per aiutarci a insegnare l’alfabeto del nuovo secolo, la grammatica
della convivenza. Per non rassegnarci alle ragioni della forza e della disperazione cui vogliamo
opporre la forza della ragione e la potenza del cuore. Dio viene in una scuola che viene, in una scuola
che organizza la speranza, che educa a costruire il futuro, che forma al bene comune (scuola, cultura,
ambiente, l’acqua, l’aria, il mare, la giustizia, il disarmo), alla cittadinanza attiva e responsabile. Una
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scuola amica che educa al conoscersi e al riconoscersi, al prendersi cura delle persone (la prima verità
da difendere), alla difesa dei più deboli (la gloria del diritto).
E’ possibile, quindi, affermare un principio fondamentale scritto nella Dichiarazione universale dei
diritti umani e nella nostra Costituzione: il rispetto della persona umana sempre e ovunque, l’idea che
chi difende e salva una vita difende e salva il mondo.
L’Italia che compie 150 anni ha una gran bella Costituzione che va sviluppata come la carta del bene
comune e dell’unità nazionale, come espressione della civiltà del diritto. Essa ripudia la guerra, smette
di fare guerra in Afghanistan e in Libia, costruisce ponti di pace in Medio Oriente. Lotta contro le
povertà, le disuguaglianza sociali e promuove un lavoro dignitoso per tutti. Taglia le spese militari, in
particolare i 15 miliardi programmati per produrre 131 cacciabombardieri F35 e smette di vendere
armi a paesi dove si violano i diritti umani. Rispetta i diritti umani a cominciare dai più deboli, dai
nostri giovani, dalle donne, dai nostri anziani e dai migranti. Cura la terra e i beni comuni. Si batte
contro le mafie, la corruzione e ogni altra forma di violenza e di razzismo. Antonino Caponnetto, che
ha dato una svolta alle indagini antimafia, osservava che “la mafia teme più la scuola che la giustizia”,
quella scuola che forma coscienze libere, informate, responsabili!
Il nostro Giorgio La Pira sognava un Mediterraneo trasformato in un grande lago di Tiberiade e quindi
le sue coste come una nuova Galilea delle genti. E’ difficile oggi crederlo ma noi possiamo continuare
il suo sogno, ripreso poi da Tonino Bello che vedeva le terre del Sud come ponti di dialogo lanciati sul
mare a costruire convivenza. E’ un sogno ad occhi aperti, sofferto e drammatico ma proprio per questo
credibile, profondo, cosciente di tanti problemi ma anche della bellezza di movimenti giovanili che
hanno lottato e lottano al di qua e al di là del Mediterraneo con la nonviolenza per la libertà e la
dignità: un evento nuovo che emerge dalla terra di molti padri della Chiesa, di Charles De Foucauld
con i suoi fratelli e le sue sorelle, di tanti martiri come i monaci di Thibirine più forti di ogni odio,
uccisi nel marzo 1996, e di tanti maestri di vita buona, testimoni di Cristo nostra pace.
Il Dio della pace viene se cerchiamo di insegnare il gusto di una vita ricca di relazioni, animata dalla
fresca energia della nonviolenza e di tanti volti di pace come Gandhi e Martin L. King, Giovanni
XXIII e Giovanni Paolo II, Mazzolari e Milani, Giuseppe Puglisi e Rosario Livatino, Aldo Capitini e
Danilo Dolci (lui diceva che per crescere un bambino deve essere sognato),…e poi La Pira e Charles
de Foucauld, Madre Teresa, Andrea Santoro, Luigi Padovese, Annalena Tonelli, Ilaria Alpi, donne
africane meritevoli del prossimo Nobel per la pace e tanti oscuri testimoni di speranza. Nonviolenza è
azione permanente, è via-verità-vita, cammino formativo, cittadinanza attiva, ricerca della nostra
profonda inesplorata umanità.
So bene che fare scuola è dovere ma è anche il piacere di realizzare un ambiente ricco di umanità dove
si parla un linguaggio pulito, nutrito di fiducia e di pazienza, di passione e di tenerezza, di amore per la
bellezza e il bene. Così fiorisce la buona notizia. Così risplende il lieto annuncio.
So bene che fare scuola è fatica ma è anche gioia. Lo Spirito santo, che vive in noi, è lo sguardo
d’amore di Dio sui bambini e su di noi, il sorriso di Dio, la gioia di Dio, l’esultanza di Dio, la sua
fantasia, la luce nei nostri cuori che ci rende capaci di amare (211-212) che vuole giocare alla vita e far
festa. Per crescere abbiamo tutti bisogno di essere sognati. I bambini e le bambine a noi affidati sono
dentro il sogno dell’amore divino, sono come il bacio di Dio, conservano il suo profumo, coltivano
speranza. Buon cammino”.
Buon cammino
Sergio Paronetto
Vice Presidente Nazionale di Pax Christi
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