Quesito Civilistico n. 443-2012/C PRELAZIONE URBANA E SOCIETÀ DI LEASING Si pone un quesito in tema di prelazione urbana. Si chiede, in particolare, se il conduttore di immobile ad uso diverso da quello abitativo, una volta esercitata la prelazione a lui riconosciuta dall’art. 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392, possa procedere all’acquisto del bene mediante l’intervento di una società di leasing. In altri termini, attesa la funzione del contratto di leasing e la facoltà di riscatto riconosciuta all’utilizzatore, si chiede se l’acquisto da parte della società di leasing “per conto” dell’utilizzatore possa costituire valido atto di esercizio della prelazione da parte del conduttore. Per rispondere occorre, anzitutto, considerare il fondamento del diritto di prelazione riconosciuto al conduttore di immobile ad uso non abitativo. Dottrina e giurisprudenza individuano la funzione della prelazione in esame essenzialmente nella tutela dell’impresa. Si tratta «di favorire l’acquisizione della proprietà dell’immobile da parte di chi svolge nell’immobile medesimo un’attività produttiva e ciò a tutela di finalità di interesse generale (il consolidamento, in un unico soggetto, della proprietà dell’immobile e della titolarità dell’impresa costituisce elemento di stabilità e sicurezza nonché incentivo per un più accentuato sviluppo, aspetti di essenziale rilevanza nell’economia nazionale)» (Cass., 17 febbraio 1994, n. 1519 in Foro it., 1994, I, 2774). Dalla ratio della norma discende che il diritto di prelazione non può che spettare al solo soggetto conduttore dell’immobile che in esso eserciti la sua attività di impresa ed ha, per conseguenza, natura personale, nel senso che può essere esercitato unicamente dal soggetto titolare (o dal suo rappresentate legale o volontario), ma non da altri in sua sostituzione (CAPUTO, Il diritto di prelazione nella nuova disciplina delle locazioni urbane, Padova, 1987, p. 116; FANTACCHIOTTI, Prelazione e riscatto nella locazione di immobili urbani, Padova, 1991, p. 138). Analizzando il caso in esame risulta evidente che la società di leasing è un soggetto formalmente e sostanzialmente diverso rispetto al conduttore, unico titolare del diritto di prelazione, in quanto unico soggetto rispetto al quale si pone l’esigenza di tutela dell’impresa che – come si è visto – costituisce il fondamento della normativa in commento. Da ciò consegue che il conduttore non può esercitare la prelazione “a mezzo” della società di leasing, in quanto così si realizzerebbe l’acquisto del bene da parte di un soggetto distinto dal prelazionario. Del resto, anche esaminando il contenuto del contratto di leasing si evince che un’operazione come quella prospettata va a frustrare l’esigenza di tutela che il legislatore ha voluto soddisfare con la disciplina della prelazione urbana. Nel contratto di leasing, difatti, è certamente vero che è previsto il diritto di riscatto in favore dell’utilizzatore, il quale, al termine del rapporto, avrà il diritto potestativo di acquistare la proprietà del bene, pagando il prezzo predeterminato; ma è altrettanto vero che il riscatto è una mera facoltà dell’utilizzatore medesimo, il quale potrà liberamente decidere di non acquistare il bene alla scadenza del rapporto, bensì di rinnovare lo stesso ovvero di porvi fine. È evidente, allora, che in caso di mancato esercizio del riscatto, la società di leasing rimarrebbe unica ed esclusiva titolare del diritto di proprietà sull’immobile, pur non essendo mai stata conduttrice dell’immobile né aver in esso esercitato alcuna attività di impresa. Prima dell’esercizio della prelazione, dunque, se le parti sono d’accordo, è ben possibile che il conduttore rinunzi al diritto di prelazione ed il locatore alieni l’immobile in favore della società di leasing, la quale a sua volta ne concederà il godimento al conduttore-prelazionario, in virtù di un diverso rapporto contrattuale (il contratto di leasing). Il locatore, infatti, pur avendo contratto con terzi, è sempre libero di decidere la controparte contrattuale, che se non è il conduttore (per rinuncia alla prelazione), può essere un qualunque terzo, anche la società di leasing (salva un’eventuale responsabilità precontrattuale nei confronti di altri soggetti con cui erano in corso trattative per l’acquisto del bene, se ne ricorrono i presupposti, e salvo il caso in cui con un terzo diverso dalla società di leasing fosse stato stipulato un contratto preliminare condizionato al mancato esercizio della prelazione). Una volta esercitata la prelazione, invece, il conduttore dovrà acquistare personalmente l’immobile alle condizioni individuate nella denuntiatio, non potendo far intervenire soggetti diversi per realizzare l’acquisto (salvo ovviamente il caso di un procuratore, legale o volontario). Ciononostante, sembra comunque possibile una soluzione per far acquistare l’immobile da parte della società di leasing. Il diritto di prelazione spettante al conduttore di immobili ad uso non abitativo è, infatti, rinunziabile (si veda per tutti DI ROSA, La prelazione legale e volontaria, in Il diritto privato nella giurisprudenza, a cura di CENDON, III, I contratti in generale, Torino, 2000, p. 325-326). Gli interpreti escludono, concordemente, che la rinunzia possa intervenire in via preventiva (es. in sede di stipulazione del contratto di locazione), ma ammettono la sua possibilità una volta che il diritto possa essere fatto valere a seguito della denuntiatio. Inoltre, la giurisprudenza di legittimità ha ammesso che la rinunzia possa intervenire anche successivamente alla dichiarazione del conduttore di volersi avvalere della prelazione (Cass., 16 dicembre 1992, n. 13274, in Vita not., 1993, 242). Si è affermato, al riguardo, che «è anche accaduto che il conduttore, regolarmente noviziato dal locatore, abbia dichiarato in prima battuta di voler esercitare la prelazione, ma successivamente vi abbia rinunciato. La giurisprudenza ha precisato che in tal caso la rinuncia del conduttore ad esercitare la prelazione opera come proposta di scioglimento del vincolo giuridico nel quale si sostanzia l’accordo sull’esercizio della prelazione e può, come tale, essere revocata prima della dichiarazione di accettazione della controparte» (CASU, Prelazione urbana, Studio n. 226-2006/C, approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 9 gennaio 2006, in CNN Notizie del 25 luglio 2006, p. 13-14). Più in generale, si è affermato in dottrina che è vero che il contento del contratto che le parti sono obbligate a stipulare, a seguito dell’esercizio della prelazione, deve uniformarsi al regolamento negoziale contenuto nella denuntiatio, ma «tutto ciò non significa che alle parti sia precluso di introdurre delle modifiche alla disciplina contrattuale alla quale hanno prestato adesione. Fino a quando non si addivenga alla stipula, è sempre possibile una rinegoziazione delle intese in precedenza raggiunte. Resta comunque da osservare che, quando il contenuto della stipulazione differisca dalla denuntiatio, ciò può avere delle conseguenze nel distinto rapporto intercorrente tra il locatore ed il terzo. Se tra essi è stato raggiunto un accordo, in ordine alle condizioni alle quali il contratto sarebbe stato concluso in caso di mancato esercizio delle prelazione, il locatore risulterà inadempiente nei confronti del terzo ove dia corso alla vendita a condizioni diverse» (CAPUTO, Il diritto di prelazione, cit., p. 125). Tutto ciò premesso, sembra potersi concludere nel senso che, nel caso in esame, le parti, d’accordo tra loro, potrebbero sciogliere il vincolo alla stipulazione del contratto sorto a seguito dell’esercizio della prelazione. Successivamente, il locatore potrebbe liberamente alienare l’immobile alla società di leasing, la quale a sua volta lo concederà in godimento al conduttore. Resta da considerare, infine, la posizione del terzo con cui il locatore abbia eventualmente contrattato prima dell’esercizio della prelazione da parte del conduttore. Nel caso in cui il bene sia acquistato personalmente dal conduttore medesimo nulla potrà invocare il terzo, in quanto «gli impegni [in suo favore] contratti sono destinati a rimanere inoperanti nel caso in cui il soggetto preferito ritenga di valersi del diritti che per legge gli compete» (CAPUTO, Il diritto di prelazione, cit., p. 32). Nel diverso caso in cui, a seguito della “rinunzia” alla prelazione, il bene sia alienato alla società di leasing, comunque il terzo non potrà avanzare alcuna pretesa relativa al bene, dal momento che, esclusa la prelazione, il locatore è libero di alienare al soggetto che preferisce, potendo solo configurarsi una responsabilità precontrattuale nei confronti del terzo con cui egli aveva in precedenza contrattato, purché ne ricorrano gli estremi. Laddove, infine, il terzo avesse stipulato con il locatore un preliminare di acquisto dell’immobile condizionato al mancato esercizio della prelazione, in caso di alienazione alla società di leasing si avrà inadempimento del suddetto preliminare con la possibilità per il terzo di agire in via giudiziale ex art. 2932 c.c. per ottenere l’esecuzione in forma specifica, comunque possibile solo ove il preliminare sia stato trascritto prima della trascrizione dell’acquisto da parte della società di leasing. Marco Bellinvia