IMMANUEL KANT
LEZIONE 1
La filosofia di Kant è un CRITICISMO, in quanto egli fa della critica lo strumento della filosofia. Egli si
interroga circa il fondamento di determinate esperienze umane, chiarendone la possibilità, la validità, i limiti.
Il criticismo si configura come una filosofia del limite, cioè tende a contenere le capacità dell’uomo nei suoi
ambiti.
In questo operazione potrebbe sembrare vicino alle posizioni scettiche di Hume, ma mentre Hume segna il
limite dell’uomo evidenziandone soprattutto che non può raggiungere certe cose, Kant segna il limite entro
cui l’uomo può conoscere. E mentre in Hume nessuna conoscenza è certa, in Kant, se l’uomo sta nel suo
ambito, può avere conoscenze certe.
Kant si chiede su cosa si fondono le scienze, visto che fino alla modernità a fare da fondamento vi era la
metafisica e adesso non c’è più la possibilità di farla (cfr. le critiche dell'empirismo al dogmatismo
razionalistico).
Con prospettiva più ampia, egli si interroga sui fondamenti del sapere, della morale e della esperienza
estetica e sentimentale. In altre parole egli cerca di rispondere a quattro quesiti chiave:
1.Cosa posso conoscere?
2.Cosa debbo fare?
3.Cosa posso sperare?
4.Che valore ha il sentimento del bello e dell’ordine?
A questi quesiti Kant risponde nei rispettivi capolavori: CRITICA DELLA RAGION PURA, CRITICA
DELLA RAGION PRATICA, LA RELIGIONE NEI LIMITI DELLA RAGIONE, CRITICA DEL
GIUDIZIO.
CRITICA DELLA RAGION PURA
E’ sostanzialmente un’analisi critica circa i fondamenti del sapere (scienza e metafisica). Poiché il pensiero
scettico di Hume aveva minato alla base non solo i fondamenti della metafisica, ma anche quelli della
scienza, Kant riteneva necessario un riesame globale della struttura e della validità della conoscenza.
Il problema del filosofo può didatticamente essere sintetizzato in sei domande:
1.Com’è possibile la matematica?
2.Com’è possibile la fisica?
3.E’ possibile la metafisica pura in senso tradizionale (esistenza di Dio, immortalità dell'anima) come
"scienza"?
4.Com’è possibile la metafisica in senso tradizionale non come scienza, ma in quanto disposizione naturale?
5.Com’è possibile la metafisica come scienza nella nuova accezione trascendentale?
6.E’ ancora possibile un riferimento non teoretico ma comunque valido ai temi metafisici tradizionali(Dio,
anima immortale) dai quali dipendono le questioni di senso della vita?
La risposta a queste domande è affrontato da Kant indagando sulle condizioni che rendono possibile la
scienza: dalla soluzione di questo problema, dipenderà la soluzione dei sei quesiti epistemologici.
Paragrafo 8
Kant vuole sapere come fa la mente a fare scienza. Per avere una scienza occorre sia l’esperienza, ma anche
qualcosa che ci permetta di avere conoscenze universali riguardo all’esperienza. Deve esserci nella mente
qualche principio immutabile, necessario con il quale l’uomo può conoscere i fenomeni in modo comune,
universale, necessario.
Kant denomina principi di questo tipo GIUDIZI SINTETICI A PRIORI.
Essi devono essere giudizi in cui il predicato aggiunge qualcosa al soggetto(giudizi espansivi, sintetici), e
inoltre l’espansione del predicato rispetto al soggetto non è contingente, parziale, ma universale e necessario,
pertanto non derivano dall’esperienza ma sono già nella mente.
Per cui la scienza risulta feconda su due livelli: sia per quanto riguarda il contenuto o la materia che deriva
dall'esperienza, sia per la forma, che le deriva dai giudizi sintetici a priori (che rappresentano la vera spina
dorsale) della scienza.
Perciò, tutto ciò che pretende di essere scientifico si basa su questi giudizi sintetici a priori; dunque
eventualmente anche la metafisica. Il problema sarà quello di vedere la vera natura e funzione dei giudizi
sintetici a priori per vedere se funzionano legittimamente anche per la metafisica.
Paragrafo 9
Vera natura e funzione dei giudizi sintetici a priori, fanno tutt’uno con la questione fondamentale: “come
sono possibili i giudizi sintetici a priori?”
Infatti se non derivano dall’esperienza, da dove derivano?
Bisogna distinguere tra materia e forma.. La materia è la molteplicità mutevole delle impressioni sensibili
che derivano dall’esperienza. La forma è l’insieme delle modalità fisse attraverso cui la mente umana ordina
tali impressioni. Esse risultano comuni ad ogni soggetto pensante. Come tali queste sono forme a priori e
hanno validità universale e necessaria, in quanto tutti le possiedono e le applicano allo stesso modo.
Quindi se in noi esistono queste forme a priori attraverso cui strutturiamo i dati della realtà i dati della realtà,
resta spiegato come sono possibili i giudizi sintetici a priori, senza timore di essere smentiti dall’esperienza.
Questa nuova impostazione del problema implica la “ rivoluzione copernicana”. Come Copernico ribalta i
rapporti tra Terra e Sole, cosi Kant ribalta i rapporti tra oggetto e soggetto: non è più la mente che si modella
passivamente alla realtà, ma la realtà che si modella sulle forme a priori attraverso cui la percepiamo.
A questo punto la direzione della ricerca di Kant è ben tracciata: indagare la facoltà della mente umana per
constatare se vi siano e quali siano le forme a priori, che rendono possibili i giudizi sintetici a priori
permettendo di risolvere le sei domande chiave, ossia i fondamentali quesiti epistemologici.
LEZIONE 2
PARAGRAFO 10
Kant articola tre livelli di conoscenza, che corrispondono a tre facoltà:
- la sensibilità è la facoltà con cui gli oggetti ci sono dati intuitivamente tramite i sensi e le forme a priori di
spazio e di tempo;
- l’intelletto è la facoltà tramite cui pensiamo i dati sensibili attraverso i concetti puri o categorie;
- la ragione è la facoltà con cui cerchiamo di procedere oltre l’esperienza e di dare le ultime spiegazioni
tramite le tre idee di anima, mondo e Dio.
Su questa tripartizione della facoltà conoscitiva in generale, è basata la divisione della Critica della ragion
pura.
Questa si biforca in: Dottrina degli elementi, che determina gli elementi formali della conoscenza, che Kant
chiama puri o a priori, e La Dottrina del metodo, che determina l’uso possibile degli a priori della conoscenza.
La dottrina degli elementi si divide in Estetica trascendentale e Logica trascendentale.
L’Estetica trascendentale studia la sensibilità e le sue forme a priori, mostrando come su di esse si fonda la
matematica. La logica trascendentale si divide in Analitica trascendentale, che studia l’intelletto e le sue forme
a priori(12 categorie),mostrando come su di esse si fondi la fisica, e Dialettica trascendentale, che studia la
ragione e le tre idee di mondo, anima e Dio, mostrando come su di esse presuma di fondarsi la metafisica.
PARAGRAFO 11
L’ESTETICA TRASCENDENTALE
L’uomo conosce tramite la sensibilità per intuizione. La sensibilità organizza il materiale delle intuizioni
tramite lo spazio e il tempo, che sono le forme a priori della sensibilità.
In un primo momento, Kant si chiede cos’è in senso proprio la natura dello spazio e del tempo
(ESPOSIZIONE METAFISICA);in un secondo momento si chiede come funzionano in senso proprio lo
spazio e il tempo (ESPOSIZIONE TRASCENDENTALE).
Esposizione metafisica
Spazio e tempo sono le rappresentazioni della contiguità e della successione delle cose; lo spazio è la forma
del senso esterno, la rappresentazione che sta a fondamento di tutte le intuizioni esterne e del disporsi l’una
accanto all’altra, il tempo è la forma del senso interno, la rappresentazione che sta a fondamento dei nostri
stati interni, e del loro disporsi l’uno dopo l’altro.
Kant fa emergere il proprio punto di vista confutando sia la visione empiristica di Locke, sia la visione
oggettivistica di Newton, sia la visione concettualistica di Leibniz.
Locke considerava spazio e tempo come nozioni tratte dall’esperienza, ma Kant afferma che spazio e tempo
non possono derivare dall’esperienza, perché per fare una qualsiasi esperienza dobbiamo già presupporre le
rappresentazioni originarie di spazio e tempo. Newton considerava spazio e tempo come entità a sé stanti,
con una natura universale o come recipienti vuoti. Contro questa interpretazione Kant sostiene che qualora
spazio e tempo fossero assoluti a sé stanti, allora dovrebbero esistere anche nell’ipotesi che in essi non vi
fossero oggetti. Ma non si può concepire qualcosa che senza un oggetto “reale” sarebbe tuttavia un reale.
Kant puntualizza che spazio e tempo non sono dei contenitori in cui vi sono gli oggetti, ma dei quadri
mentali entro cui connettiamo i dati fenomenici. Secondo Leibniz spazio e tempo sono concetti che
esprimono i rapporti tra cose. Ma Kant dice che non possono essere considerati concetti, perché hanno una
natura intuitiva non discorsiva, e noi non astraiamo il concetto di spazio dalla constatazione dei vari spazi,
ma intuiamo i vari spazi come parti di un unico spazio, pressupponendo la rappresentazione originaria di
spazio, che quindi risulta pura a priori.
Esposizione trascendentale
Quindi il punto d’appoggio delle costruzioni sintetiche a priori delle matematiche risiede nelle intuizioni di
spazio e di tempo. La validità della matematica e della geometria non dipende dall’esperienza ma dalle
intuizioni pure. La loro universalità è perciò giustificata.
La geometria è la scienza che dimostra sinteticamente a priori, le proprietà delle figure mediante l’intuizione
pura di spazio.
La matematica è la scienza che dimostra sinteticamente a priori le proprietà delle serie numeriche , mediante
l’intuizione pura di tempo.
Quindi geometria e matematica sono possibili come scienze universali, perché la mente umana ha dentro di
sé le forme a priori di spazio e tempo che sono universali e necessarie, e costituiscono i giudizi sintetici a
priori della matematica e della geometria.
LEZIONE 3
Paragrafo 12
ANALITICA TRASCENDENTALE
Essa ha come oggetto di indagine l’origine, l’estensione e la validità oggettiva delle conoscenze a priori che
sono proprie dell’intelletto.
Anche per le cose mondane (fisica) , l’uomo conosce grazie agli a priori; per avere una conoscenza effettiva
non basta l’esperienza sensibile. Conoscere il mondo vuol dire relazionare gli oggetti fra di loro. A collegare
i fenomeni c’è la facoltà dell’INTELLETTO che agisce sulle intuizioni empiriche ( spazio- temporali) e
produce giudizi.
Kant adesso, riguardo all’intelletto, si chiede quali sono le forme a priori che presiedono all’attività
dell’intelletto di connettere i fenomeni.
Le forme a priori dell’intelletto sono le categorie e Kant, come già per le intuizioni pure dello spazio e del
tempo, si chiede qual è la loro natura in senso proprio (esposizione metafisica) e la loro funzione in senso
proprio (esposizione trascendentale).
Esposizione metafisica
Le categorie sono operazioni attive, che consistono nell’unificare diverse rappresentazioni sotto un’unica
rappresentazione; sono i concetti basilari della mente che rappresentano le supreme funzioni unificartici
dell’intelletto. E poiché un concetto è un predicato di un giudizio possibile, le categorie coincidono con i
predicati primi, ossia con quelle grandi caselle entro cui rientrano tutti i predicati possibili. Ci saranno tante
categorie, quante sono le modalità di giudizio (12 categorie). Grazie a questi connettivi dell'intelletto le
intuizioni spazio-temporali divengono oggetti conosciuti in reciproca relazione. E' questa l'effettiva
conoscenza del mondo: sia l'esperienza comune sia quella particolare esperienza "oggettiva" e universale
quale è la scienza naturale (la FISICA in primis).
Esposizione trascendentale
Il problema delle categorie è: perché le categorie, pur essendo forme soggettive della mente, pretendono di
valere anche per gli oggetti? Che cosa ci garantisce di diritto che la natura obbedirà alle categorie,
manifestandosi, nell’esperienza, secondo il nostro modo di pensarla?
Per lo spazio e per il tempo, questo problema non si affaccia.
Infatti un oggetto non può essere percepito se non mediante queste forme.
Invece per quanto concerne le categorie, non è per nulla evidente che gli oggetti debbano sottostare ad esse.
La soluzione Kantiana può venire articolata nei seguenti punti:
1)Conoscere vuol dire unificare; l’unificazione del molteplice non deriva dalla molteplicità stessa, ma da
un’attività sintetica che ha sede nell’intelletto.
2)Distinguendo fra unificazione e unità stessa, Kant identifica la suprema UNITA' FONDATRICE DELLA
CONOSCENZA, con quel centro mentale unificatore, che egli chiama “io penso”.
L'io penso deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni.
3)Ora, l’attività dell’io penso si attua tramite i giudizi, i quali sono i modi concreti con cui il molteplice
dell’intuizione viene pensato.
4)Ma i giudizi si basano sulle categorie, che sono le diverse maniere di agire dell’io penso, ovvero le dodici
funzioni unificatrici in cui si concretizza l’attività sintetica.
5)Di conseguenza gli oggetti non possono venir pensati senza essere categorizzati.
Quindi, poiché tutti i pensieri presuppongono l’io penso e poiché l’io penso pensa tramite le categorie, tutti
gli oggetti pensati presuppongono le categorie.
Quindi alla domanda “come funzionano in senso proprio le categorie”, Kant risponde dicendo che le
categorie funzionano come articolazioni di un’originaria istanza unificatrice (l’IO PENSO). Un istanza
“unificatrice” e non “fondatrice”, per cui le categorie si applicano solo ad oggetti di possibile esperienza.
Se nell’analitica dei concetti, Kant si è occupato delle categorie e della loro legittimazione, nell’analitica dei
principi, indaga come esse si possono applicare ai fenomeni. Ciò avviene innanzitutto con la dottrina dello
schematismo.
Infatti come è possibile che l’intelletto condizioni effettivamente le intuizioni e quindi gli oggetti sensibili?
Se la sensibilità e l’intelletto sono due facoltà eterogenee, quale sarà l’elemento unificatore il quale fa si che
l’intelletto possa applicare i propri concetti a priori alle intuizioni?
Kant risolve il problema affermando che l’intelletto, non potendo agire direttamente sugli oggetti della
sensibilità, agisce indirettamente su di essi tramite il tempo, che è il medium universale attraverso cui gli
oggetti sono percepiti.
Se il tempo condiziona gli oggetti, l’intelletto , condizionando il tempo, condizionerà anche gli oggetti.
L’intelletto determina la rete del tempo secondo degli SCHEMI che corrispondono ognuno a delle categorie.
Tali schemi sono le prefigurazioni intuitive (temporali) delle categorie, ovvero le regole tramite cui
l’intelletto condiziona il tempo i conformità ai propri concetti a priori. Il tempo è quindi la forma globale dei
fenomeni sulla quale applico le categorie, per predisporre i fenomeni nel tempo.
I PRINCIPI dell'intelletto, a loro volta, sono le regole di fondo tramite cui applico le categorie agli oggetti
con la mediazione degli schemi.
Il principio di causalità, per esempio, afferma che tutti i mutamenti accadono secondo la legge di
connessione di causa ed effetto; lo schema della causalità mi dice che i fenomeni avvengono in una
successione necessaria; la categoria di causa è la specifica istanza unificatrice propria dell'intelletto che esige
un tipo di connessione unitaria dei dati di esperienza, in questo caso la connessione di dipendenza.
Quindi, l’istanza unificatrice originaria (l’io penso) unifica i dati dell’esperienza, relazionandoli
secondo un rapporto di dipendenza (giudizio di causa \ categoria di causa), che si esplica
predisponendo i fenomeni in una successione temporale irreversibile (schema di causa) e leggendo i
fenomeni alla luce della legge della connessione di causa ed effetto ( principio di causalità).
Con questo apparato trascendentale Kant sostiene perciò di avere superato le obiezioni di Hume e di avere
trovata la giustificazione epistemologica della validità "oggettiva" e universale delle scienze (la FISICA in
primis).
Quando conosco, dunque, io regolo, ordino i dati di esperienza con le forme a priori della mente.
Le categorie, come tutti i trascendentali, visto che la mente dell’uomo dà ordine alle cose ma non le crea,
funziona soltanto in riferimento ad una possibile esperienza.
Non posso fare delle categorie un uso trascendentale; non posso usare i trascendentali per conoscere ciò che
non è sperimentabile, non posso applicarli alla totalità dei fenomeni, che come tale non è sperimentabile, ma
solo agli oggetti di esperienza determinata.
L’ambito della conoscenza umana è limitato al fenomeno, poiché la cosa in sé no può divenire oggetto di
un’esperienza sensibile.
La conoscenza umana è FENOMENICA: conosco solo ciò che mi appare e nelle forme in cui l’uomo
organizza l’esperienza. Insomma la conoscenza dell'uomo è fenomenica: i contenuti di conoscenza sono, in
questo senso, "soggettivi" in quanto conosciamo le cose così come esse ci appaiono tramite gli a-priori della
mente. E' dunque evidente che Kant pensa ormai la "oggettività" delle conoscenze scientifiche in riferimento
alla loro universalità grazie ai trascendentali.
La delimitazione alla conoscenza del fenomeno, comporta un rimando alla conoscenza della cosa in sé
(noumeno).
A proposito del noumeno, ha un significato positivo e uno negativo. In senso positivo, è la realtà in sé che
un intelletto infinito potrebbe intuire direttamente (intelletto di Dio). In senso negativo, il noumeno è l’in
sé, a cui un intelletto finito non può pervenire.
Quest’ultimo è l’uso corretto del noumeno, un concetto-limite che serve ad arginare le nostre pretese
conoscitive, rammentandoci che ciò che ci viene dato nell’intuizione spazio-temporale non è la realtà in
assoluto. L’intelletto non può conoscere le cose in sé, esse possono solo venire pensate. Il noumeno è solo
pensabile, non conoscibile.
LEZIONE 4
PARAGRAFO 13
LA DIALETTICA TRASCENDENTALE
Nella Dialettica, Kant affronta il problema se la metafisica possa anch'essa costituirsi come scienza. Per
dialettica trascendentale Kant intende l’analisi e lo smascheramento dei ragionamenti fallaci della metafisica
qui il problema si complica e la risposta non può non articolarsi se non su diversi livelli.
La RAGIONE è il terzo momento della mente umana, dove l’intelletto vorrebbe applicare i suoi principi non
solo all’esperienza, ma a tutti i fenomeni, cercando i fondamenti ultimi.
Kant ritiene che questo voler procedere oltre i dati dell’esperienza deriva dalla nostra innata tendenza
all’incondizionato e alla totalità.
La nostra ragione, non paga del mondo fenomenico, è attratta dal mondo dell’assoluto e quindi verso una
spiegazione globale di ciò che esiste.
Spiegazione che fa leva sulle tre idee trascendentali che sono proprie della ragione.
Infatti, questa è portata a unificare i dati del senso interno mediante l’idea di anima, che è l’idea della totalità
assoluta dei fenomeni interni, ad unificare i dati del senso esterno tramite l’idea di mondo, che è l’idea della
totalità assoluta dei fenomeni esterni; infine ad unificare i dati interni ed esterni tramite l’idea di Dio, inteso
come fondamento di tutto ciò che esiste.
L’errore della metafisica consiste nel trasformare queste tre esigenze di unificazione dell’esperienza in
altrettante realtà, dimenticando che noi non abbiamo mai a che fare con la cosa in sé, ma con il dato non
oltrepassabile del fenomeno.
Dicevamo nell'Analitica che gli a priori non possono avere un uso trascendentale, ma l’uso deve essere
empirico. Così com'è fatta la mente umana si deve dire che il tentativo di fare metafisica è un bisogno; ma
finché rimane una tendenza è accettabile, però quando voglio effettivamente conoscere questi oggetti non
sensibili, è chiaro che faccio un’operazione non fondata e la metafisica non è possibile come scienza.
Per dimostrare l’infondatezza della metafisica (ma a questo punto sarebbe meglio dire per "confermare" tale
infondatezza), Kant prende in considerazione le tre pretese scienze che storicamente ne costituiscono
l’ossatura: la psicologia razionale, che studia l’anima, la cosmologia razionale , che studia il mondo, la
teologia razionale, che specula su Dio, e ne smaschera la falsa logica.
CRITICA DELLLA PSICOLOGIA E DELLA COSMOLOGIA RAZIONALE
Kant ritiene che la psicologia razionale sia fondata su un ragionamento errato, che consiste nell’applicare la
categoria di sostanza all’io penso, trasformandolo in una realtà permanente chiamata anima.
Ma l’io penso non è un oggetto empirico, a cui non possiamo applicare quindi nessuna categoria.
L’errore sta nella pretesa di identificare l’io penso con un’anima immateriale, incorruttibile, immortale, che è
invece la condizione formale suprema del costituirsi dell’esperienza.
Noi, invece, non possiamo conoscere l’io noumenico, ma solo l’io quale appare a noi tramite le forme a
priori, quindi l’io fenomenico.
Anche la cosmologia razionale , che pretende di far uso della nozione del mondo intesa come la totalità
assoluta dei fenomeni cosmici, è destinata secondo Kant a fallire. Infatti l’idea di mondo cade al di là di ogni
esperienza possibile, in quanto la totalità dell’esperienza non è mai un’esperienza e noi possiamo
sperimentare solo questo o quel fenomeno.
I metafisici, quando fanno discorsi intorno al mondo nella sua totalità, cadono nelle cosiddette antinomie,
che sono coppie di affermazioni opposte, una che afferma (tesi), l’altra che nega (antitesi), ma tra le quali, in
assenza di un’esperienza corrispondente non è possibile decidere.
PRIMA ANTINOMIA
- Tesi: il mondo ha avuto un inizio e avrà una fine.
- Antitesi: il mondo è infinito sia rispetto al tempo che allo spazio.
SECONDA ANTINOMIA
- Tesi: nel mondo le cose sono semplici e non c’è niente che non sia fatto di parti semplici.
- Antitesi: nel mondo non vi è niente di semplice, tutto è composto e divisibile.
TERZA ANTINOMIA
- Tesi: la causalità in base alle leggi della natura non è l’unica da cui sia possibile far derivare tutti i
fenomeni del mondo. Si rende necessaria l’ammissione d’una causalità mediante libertà..
- Antitesi: non c’è libertà alcuna ma tutto accade secondo le leggi di natura.
QUARTA ANTINOMIA
- Tesi: nel mondo c’è qualcosa di necessario che esiste da sé.
- Antitesi: nel mondo tutto è contingente.
Kant dice che le prime due antinomie sono false entrambe, le altre due possono essere entrambe vere, purché
pensate su un differente piano: se prendo il mondo come fenomenico, tutto ciò che accade è necessitato da
una previa condizione ed è perciò anche contingente, ma se lo considero realtà non fenomenica allora vi
possono essere cose libere e anche autosufficienti. Queste antinomie mostrano dunque l’illegittimità di una
cosmologia metafisica-razionale come scienza.
Tuttavia la distinzione sopra operata tra piano fenomenico e piano noumenico permette di concludere che i
temi della libertà e dell'essere autosufficiente e necessario, non sono concetti assurdi, essi sono pensabili e
possibili per cui la loro eventuale realtà effettiva rimane, a livello teorico, problema aperta.
LA CRITICA ALLE PROVE DELL’ESISTENZA DI DIO
Anche la teologia razionale risulta priva di valore conoscitivo.
Dio rappresenta l’ideale della ragion pura, concepito come l’Essere da cui derivano e dipendono tutti gli
esseri
Ora, poiché tale ideale ci lascia nella totale ignoranza circa la sua realtà effettiva, la tradizione ha elaborato
una serie di prove all’esistenza di Dio, che Kant raggruppa in tre classi: prova ontologica, cosmologica, e
teleologica.
1) La prova ontologica pretende di ricavare l’esistenza di Dio dal solo concetto di Dio, affermando che, in
quanto tale, è perfetto e non può mancare dell’attributo dell’esistenza, quindi Dio esiste. Ma Kant obbietta
che si fa un salto dal piano logico al piano ontologico. L'esistenza non è proprietà concettuale ma un dato che
ha bisogno della testimonianza dell'esperienza.
2) La prova cosmologica afferma che se qualcosa esiste deve esistere anche un essere assolutamente
necessario.
Secondo Kant si fa un uso illegittimo del concetto di causa, in quanto esso partendo dai contingenti, pretende
di innalzarsi oltre l’esperienza, al Necessario. Ma il principio di causa è una regola con cui connettiamo i
fenomeni tra di loro e non può essere usato per connettere i fenomeni con qualcosa di trans-fenomenico.
Inoltre con questa prova ricado nella prova ontologica: io penso l’essere Necessario, ma non posso affermare
che esiste, perché dal concetto di Necessario, dire che esiste è un salto dal piano logico a quello ontologico.
3) La prova teleologica afferma che tutto ciò che è ordinato prevede un’intelligenza ordinatrice; il mondo è
ordinato, pertanto vi è una mente ordinatrice, identificata con un Dio creatore perfetto ed infinito.
Innanzitutto essa parte dall’esperienza dell’ordine del mondo, ma pretende di elevarsi subito all’idea di una
causa ordinante trascendente, dimenticando che l’ordine della natura potrebbe essere nella natura stessa.
Inoltre noi non possiamo affermare che la causa del mondo è infinitamente perfetta e che perciò stesso deve
esistere, perché ricadremmo nell’argomento ontologico.
Pertanto l’esistenza di Dio, a livello teorico non è razionalmente dimostrabile, ma, come si evince dalla
precedente discussione riguardo le antinomie della ragione, rimane un problema aperto. A livello teoretico
non posso dire né che Dio esista , né che non esista.
Quindi vedo che psicologia, cosmologia e teologia, in quanto presuntuosamente "scienze del trascendente"
(metafisica razionale e dogmatica!) non sono valide.
Pertanto le tre idee sono ideali della mente, che cercano spiegazioni sempre più adeguate. Hanno una
funzione regolativa per cercare le altre conoscenze, ma se a queste tre idee voglio dare una realtà effettiva ,
un’effettiva conoscenza, facendone un uso costitutivo, faccio un’operazione illegittima.
Se a livello pratico non posso dire né che Dio esiste, né che Dio non esiste, lo possiamo trovare a livello
dell’esperienza morale, come Colui che unisce virtù e felicità morale. L’uomo infatti non è solo conoscenza,
ma anche morale e all’interno della morale Dio deve esistere.
A questo punto è possibile rispondere alle sei domande epistemologiche fondamentali.
1) Com’è possibile la matematica? È possibile perché ci sono i trascendentali di spazio e di tempo, che
presiedono ai giudizi sintetici a priori della matematica.
2) Com’è possibile la fisica? È possibile in quanto ci sono i trascendentali delle categorie che presiedono i
giudizi sintetici a priori della fisica.
3) È possibile la metafisica pura in senso tradizionale come scienza? Non è possibile come scienza perché
le tre idee della ragione sono solo regolative e l’intelletto usa le categorie solo in modo empirico.
4) Com’è possibile la metafisica in senso tradizionale ma in quanto disposizione naturale? Se per metafisica
intendo che l’uomo ha "bisogno" di cercare una soluzione definitiva, essa è "soggettivamente" possibile.
È possibile perché la ragione è dotata delle tre idee che, per così dire, qualificano il software della
ragione umana. Dio è l'esigenza suprema della mente umana.
5) Com’è possibile la metafisica come scienza nella nuova accezione di trascendentale? È possibile perché
facendo l’analisi della mente trovo quei trascendentali con cui l’uomo può conoscere. Questi
trascendentali sono i principi a priori già presenti nella mente prima di ogni possibile esperienza.
6) È ancora possibile un riferimento non teoretico, comunque valido, ai temi metafisici tradizionali dai
quali dipendono le questioni di senso della vita? Per Kant è possibile arrivare ad una particolare certezza
che Dio esiste, ma non a partire dalle facoltà teoretiche (che esprimono le loro potenzialità solo
nell'ambito delle matematiche e dello sperimentabile), bensì a partire dall'esperienza morale. Come si
vedrà nella CRITICA DELLA RAGION PRATICA, l’uomo ha dentro di sé una legge morale con la
quale si sente spinto ad agire in modo disinteressato. Questa dimensione gli può annunciare che c’è un
mondo di valori che valgono per se stessi, al centro dei quali c’è Dio.