Radiologia prof. Bonomo martedì 6 novembre 2007-11-18 RADIOLOGIA CARDIOVASCOLARE Tutti sappiamo che lo sviluppo delle tecniche di diagnostica per immagini negli ultimi anni ha rivoluzionato l’approccio diagnostico (e non solo) della patologia cardiovascolare. In particolar modo l’angiografia (coronarica, addominale, pelvica, cerebrale, polmonare, degli arti) che negli ultimi anni ha assistito ad un progressivo contenimento di utilizzo diagnostico, divenendo sempre più una pratica terapeutica. La diagnosi di coronaropatia per esempio oggi viene effettuata con sempre maggior fraquenza da tecniche non invasive, gravate quindi da un minore tasso di morbilità e mortalità rispetto all’angiografia e che tendono a diminuire appunto l’invasività e ad aumentare l’accuratezza. L’angiografia (sia nella versione convenzionale che in quella digitale a sottrazione d’immagine) difatti, benché tutt’oggi (e lo puntualizzo) rappresenti ancora il gold standard della diagnosi di malattia coronaria, presenta un non trascurabile (seppur minimo) rischio di tromboembolia e dissezione subintimale, di ematoma nella sede di iniezione, specie in pazienti affetti da discrasie ematiche. Da non dimenticare l’esposizione alle radiazioni ionizzanti, che limita fortemente la possibilità di ripetizione dell’esame in brevi intervalli di tempo, e gli alti costi. D’altro canto le tecniche ultrasonografiche - quali il color and power doppler - la spiral TC ANGIOGRAFY e la MR (risonanza magnetica) ANGIOGRAFY hanno diminuito l’invasività ed aumentato la rapidità della diagnosi coronarica, nonché diminuito drasticamente i costi delle singole procedure e, cosa limitata alla MR e alla ultrasonografia, eliminato il rischio connesso alle radiazioni ionizzanti. In particolar modo l’invasività della Angio-CT si limita alla iniezione nella vena antecubitale del gomito di 100 ml di mezzo di contrasto alla velocità di 4-5 ml/sec. Pensate che quarant’anni fa le immagini delle arterie renali per esempio venivano ricavate dall’angiografia, oggi invece dalla TC. A voi medici clinici interessa però non tanto addentrarvi nella tecnica, quanto conoscere le indicazioni all’esecuzione di esami radiologici e sapere quali esami richiedere in presenza di un dubbio diagnostico. Per esempio quale è la patologia più frequente dell’arteria aorta? L’aneurisma. Di fronte ad un’ipertensione potreste orientarvi verso un’ipertensione nefrovascolare (stenosi di un’arteria renale per esempio). Un quadro di ascite o ipertensione portale può suggerirvi la ricerca di trombi nei vasi portali o epatici. Un addome acuto potrebbe farvi sorgere il dubbio di un’ischemia intestinale a partenza dall’arteria mesenterica. Va precisato però quello che ho detto all’inizio: l’angiografia oggi sta sempre più sostituendosi alla chirurgia nella patologia vascolare. Basti pensare al trattamento endovascolare dell’aneurisma aortico. Inoltre la scelta differenziale tra una angioTC e un’angiografia deve essere sempre fatta alla luce della clinica. Dovete sempre porvi il dubbio se i pazienti sono adatto a quell’esame che avete in mente di chiedere. La patologia vascolare ci interessa particolarmente perché con l’allungarsi della vita media aumentano le patologie degenerative e ovviamente il paziente anziano è particolarmente fragile, quindi si presenta fortemente il dubbio se effettuare un esame invasivo o meno. Focalizzandoci sul cuore diciamo che la diagnostica per immagini offre varie tipologie di esami. Essi sono: la radiografia tradizionale, l’ecografia, la risonanza magnetica, la TC, la medicina nucleare e la coronarografia (diagnostico-terapeutica). Io vi parlerò della radiografia. Questo è un esame di primo livello, anche perché abbastanza grossolano, ma permette una visione globale del cuore che spesso fornisce informazioni diagnostiche preziose al clinico. Chiaramente a nulla serve se non affiancata alle opportune conoscenze cliniche e alla conoscenza delle possibilità tecniche. Oggi si tende a considerare la stessa cosa la radiografia cardiaca e il telecuore. E di fatto sono la stessa cosa. Il telecuore, dal greco τελος, viene effettuato alla distanza di 180 cm, cosa praticamente identica alla radiografia convenzionale. Le proiezioni radiografiche sono 4: 1) la postero-anteriore (sul piano frontale) permette di vedere i cinque archi cardiaci; 2) la obliqua anteriore destra permette la visualizzazione delle cavità atrioventricolari destre; 3) la obliqua anteriore sinistra permette di vedere tutte le cavità cardiache; 4) la laterolaterale (sul piano sagittale) fa visualizzare le cavità sinistre. La radiografia toracica rappresenta il primo esame di diagnostica per immagini di fronte ad un acute chest pain poiché non dà solo informazioni sulle dimensioni delle camere cardiache ma anche sui polmoni e sulla gabbia toracica. In particolar modo può spesso rappresentare l’esame diagnostico conclusivo per pneumotorace, polmonite, fratture costali, versamento pleurico, atelettasia polmonare. E’ di ausilio nella diagnosi di malattie come la dissezione aortica (questa può portare all’insorgenza della cosiddetta sindrome aortica: ematoma intramurale per rottura dei vasa vasorum e ulcera penetrante). Va detto che il dolore toracico che indirizza il clinico alla richiesta della radiografia può originare da processi morbosi a carico di vari organi extratoracici come quelli dell’apparato gastroenterico. Per quanto riguarda l’ultrasonografia, un esame importante è l’ecocardiografia transtoracica (la tradizionale) e quella eseguita per via transesofagea. Questa pratica diagnostica offre i tipici vantaggi della ultrasonografia quali la rapidità, la relativa accuratezza, la mancanza di controindicazioni o tossicità ma purtroppo è un esame fortemente operatore dipendente. Tengo a precisare che non è più un esame diagnostico di pertinenza radiologica quanto più cardiologica e in aggiunta di una nuova branca di operatori sanitari comprendenti medici dell’urgenza e anestesisti rianimatori, i cosiddetti “intensivisti” come si ama chiamarli oggi. L’ecografia cardiaca ci permette di osservare segni atipici di ischemia, dissezione aortica o pericardite e di rapportarli all’indagine clinica, elettrocardiografica e medico-nucleare, specie nella patologia coronarica, per la quale rappresenta spesso (soprattutto nella sua applicazione sotto sforzo) un irrinunciabile passo di diagnosi. Per quanto riguarda la risonanza magnetica ve ne parlerà il dottor Meduri. Io vi dico solo che spesso presenta artefatti in quei pazienti portatori di tracheotomia o macchinari per la ventilazione assisita, protesi metalliche o pace-maker. Prima di parlare della TC parliamo un po’ dell’epidemiologia della malattia coronaria, che mi sembra molto importante ai fini di una corretta comprensione. Il professor Crea vi ha sicuramente illustrato il problema ma ritengo sia utile ripetere alcuni concetti. Nel 2000 negli USA circa 13 milioni di persone hanno contratto una patologia coronaria. Ci son stati 65000 nuovi casi, 450000 recidive e 186 morti su 100000 abitanti. 1,3 milioni di pazienti hanno subito un cateterismo e di questi 501000, cioè circa il 40%, hanno effettuato un trattamento terapeutico per cutaneo. Ribadiamo che l’angiografia rappresenta il gold standard per la diagnosi di patologia coronaria. Dagli anni ’80 al 2000 l’utilizzo di questa tecnica è aumentato del 41%, con un costo di circa 11000$. Si prevede che nel 2010 si effettueranno oltre 2 milioni di interventi. La tecnica non è del tutto scevra i rischi, che rappresentano, benché minimi, significativi limiti alla sua applicazione. La mortalità è dello 0,5% e la morbilità dell’1,5%. La mortalità anche se come vi ho detto è quasi del tutto trascurabile, è comunque presente, ed è lo sprone ad ampliare la ricerca su strumenti diagnostici dotati di inferiore invasività. Altre metodiche diagnostiche sono il test da sforzo (ECG da sforzo), l’eco-stress, la scintigrafia coronaria. Una stenosi coronarica, per essere significativa deve essere uguale o maggiore del 75%. E’ curioso che solo un terzo degli infarti è causato da una stenosi significativa, che invece è alla base della angina pectoris (che presenta un test da stress positivo). L’infarto è invece sostenuto dalla formazione di un trombo su rottura della placca ateromasica. Le tecniche di diagnostica per immagini che possono permetterci la visualizzazione delle tenosi non significative sono la Electron Bean CT, la Spiral CT, la MR, la Multidetector Spiral CT. L’ultima frontiera tecnologica è rappresentata dalla possibilità di creare ricostruzioni multiplanari che consentono una visualizzazione tridimensionale che facilita enormemente l’atto diagnostico. Una corretta esecuzione di un esame TC parte da una corretta preparazione del paziente: 1) colloquio; 2) controllo della frequenza cardiaca (se supera i 65 battiti al minuto si prescrivono βbloccante); 3) accesso venoso su vena antecubitale destra; 4) applicazione di elettrodi per ECG; 5) invito al paziente a mantenere l’apnea respiratoria. Gli attuali limiti della TC sono: - la scarsa sicurezza in corso di tachicardia e di alterazioni del ritmo; - l’apnea respiratoria (molti pazienti non riescono a trattenere il respiro); - un limite non legato al paziente è la variabilità. Medicina nucleare cardiovascolare prof. Giordano L’applicazione della medicina nucleare alla patologia cardiaca permette una valutazione funzionale del muscolo cardiaco, pertanto mira a identificare le conseguenze funzionali della stenosi e non ad osservare l’aspetto anatomico della stessa, come invece può fare l’angiografia o la angioTC. Va specificato che non solo le indagini medico-nucleari permettono l’indagine funzionale cardiaca ma anche la MR-stress e l’eco-stress rappresentano un valido e sempre più preciso mezzo diagnostico. Una procedura molto usata in medicina nucleare è la SPECT-stress (Single Photones Emission Computerised Tomography). Per stress si intende una condizione di sovraccarico dinamico imposta al muscolo cardiaco che può essere di tipo ergometrico o di tipo farmacologico. Qui abbiamo un grafico in cui si pone la richiesta di ossigeno da parte del miocardio in funzione dell’entità dello sforzo imposto (exercise tredmill test). Myocardial O2 Demand Angina ST depressed Global Left Ventricle dysfunction Regional systolic dysfunction Regional diastolic disfunction Abnormal perfusion Normal perfusion Exercise treadmill test Notiamo come la curva in corrispondenza dei valori riferiti all’angina pectoris presenti la massima inclinazione, indice del fatto che in tale condizione morbosa il flusso coronarico non può aumentare, non riesce a perfondere il tessuto data la stenosi dell’arteria interessata dal processo aterosclerotico. Tale deficit rappresenta il primum movens della patologia e l’indice che noi riusciamo a quantificare con le indagini di medicina nucleare. (commenta brevemente i punti del grafico. Mi sono permesso di non riportare tutte le parole perché banale traduzione dei termini in inglese). Le apparecchiature di cui ci serviamo sono le “gamma camere”, ossia strumenti sensibili alla radioattività corporea che l’organismo emana in seguito alla iniezione di un tracciante di perfusione. Essi sono anche in grado di riprodurre un tomografia (come nella SPECT), permettendoci l’analisi di ogni sezione del muscolo cardiaco. La dinamica dell’indagine scintigrafica è articolata in due momenti sostanziali: - l’induzione dello stress della durata di 15-60 minuti; - la fase di riposo che dura 1-2 ore. L’iniezione del tracciante viene effettuata all’apice dello stress, nel momento di massima prestazione del paziente (ripeto ergometrica o indotta da farmaci). Nel momento di massima perfusione miocardica di tracciante avviene la registrazione delle immagini. La semeiotica medico-nucleare si basa sulla analisi di: - omogeneità di distribuzione del tracciante, - analisi di deficit reversibili; - analisi di deficit irreversibili (necrosi). Gated-SPECT = Esame da cui si ricavano immagini sincronizzate con l’elettrocardiogramma ricostruite in tre dimensioni. Lo spettro delle condizioni cliniche del paziente entro il quale si orienta la diagnosi mediconucleare è: - paziente asintomatico senza storia di coronaropatia; - sospetta angina (con tutte le tipologie di angina); Esame medico-nucleare a scopo - NSTEMI; diagnostico e per la stratificazione - STEMI. del rischio Lo STEMI è molto importante per quanto riguarda i fenomeni della vitalità miocardia e no reflow e per l’elevato rischio clinico. L’impiego della medicina nucleare è utile anche per quanto riguarda il follow up dopo terapia medica o dopo intervento di rivascolarizzazione. Presenta un algoritmo diagnostico: No angina Angina ECG-stress Negativo Positivo Follow up Negativo Eco-stress; SPECT-stress AngioTC Negativo Positivo ECG-stress Positivo Ischemia Stratificazione del rischio Risonanza Magnetica del cuore prof. Meduri L’esame di RM cardiaco viene effettuato tramite l’iniezione di 10 cc di mezzo di contrasto paramagnetico (il più importante è il gadolinio) che modifica l’intensità di segnale emessa dal tomografo. I parametri esaminati dalla risonanza sono: 1) l’anormalità di perfusione (che corrisponderà ad una anormalità cromatica della regione interessata alla diminuzione del flusso); 2) la condizione del muscolo cardiaco in corso di contrazione sistolica; 3) l’entità del rilasciamento diastolico; 4) la morte cellulare. Un esame del genere viene considerato normale in base alla regolarità e all’uniformità dell’enhencement, ossia della progressiva impregnazione del tessuto di mdc percepibile visivamente come un aumento di contrasto cromatico. La risonanza cardiaca viene eseguita anche in condizioni di stress. Considerando che il paziente è costretto a rimanere immobile durante l’esame e non ha spazio per effettuare un esercizio fisico che permetta di documentare la risposta cardiaca ad uno stress ergometrico, lo sforzo del muscolo cardiaco viene evocato farmacologicamente. I farmaci più comunemente usati sono adenosina e dipiridamolo. I vantaggi della risonanza rispetto alla medicina nucleare sono: - migliore risoluzione spaziale; - assenza di esposizione a radiazioni ionizzanti; - maggior velocità di esecuzione; - possibilità di osservare le aree colpite dall’ischemia nel contesto della visione diretta della dinamica sisto-diastolica in CINE-RM, pertanto di vedere un filmato ricostruito al computer del battito cardiaco. (Mostra un’immagine in cine-RM in cui si apprezza un’area di acinesia del muscolo miocardio, la parete anteriore in particolare). Dagli anni ‘90 ad oggi la tecnologia di RM è andata sempre più crescendo. Si è passati dall’acquisire immagini di cine-RM in minuti alla creazione di un filmato in cui ogni scansione viene effettuata nell’arco di pochissimi secondi, premettendo così una fedele riproduzione del movimento del muscolo. In particolar modo nel 2004 si è arrivati alla formulazione di un nuovo programma detto Tagging myocardial velocity mapping. Esso permette di seguire istante per istante la funzionalità del miocardio tramite la diretta osservazione del movimento e di quantificare il danno eventuale tramite un apposito programma computerizzato. Ogni qual volta si deve analizzare la funzionalità cardiaca lo stress farmacologico necessario si raggiunge tramite l’iniezione di un β-agonista, la dobutamina. Essa aumenta le richieste metaboliche del miocardio. Una positività a questo test permette di definire nuove o aumentate anomalie cinetiche di parete. In quanto ad accuratezza e specificità l’ecocardiogramma rappresenta ancora il gold standard per l’analisi della cinetica di parete, ma la risonanza magnetica si sta facendo largo spazio nello studio della contrattilità e dei volumi cardiaci (in particolare la frazione di eiezione). Essa in particolare offre uno studio abbastanza accurato della vitalità miocardia. Viene definito studio con riserva contrattile (significa che è stato utilizzato un farmaco inotropo positivo come la dobutamina, non attiva sul miocardio non vitale) ed è applicato al paziente ischemico con disfunzioni cinetiche. Esso è correlato direttamente all’infarto, poiché la lesione infartuale rappresenta l’area non vitale per eccellenza. E’ fondamentale conoscere la distribuzione del mezzo di contrasto all’interno dell’area infartuata, poiché di norma il mdc non penetra nell’interstizio, mentre in caso di infarto riesce a raggiungerlo in virtù dell’edema infiammatorio che si è creato! Questo fenomeno viene chiamato (con un termine anglosassone per altro molto poco elegante) delayed enhancement. Questo reperto viene trovato se l’iniezione del mdc viene effettuata almeno 15 minuti primi dopo l’insulto, altrimenti si sovrastimerebbe la lesione. Peraltro si correla molto bene all’esame istologico. Considerando che l’edema permane per molto tempo, la positività è ottenibile anche 2 settimane dopo. RADIOLOGIA INTERVENTISTICA dr. Rollo La volta precedente abbiamo disertato perchè non eravamo a conoscenza del giorno della lezione. Perciò ci scusiamo. In questa lesione indicheremo quando e come è nata la radiologia interventistica, quali sono gli scopi che si prefigge. Tutti sappiamo che la figura del radiologo è caratterizzata dalla esclusiva competenza diagnostica, servendosi di Rx, TC, RM, termografia, ecografia. Da quando è nata la branca interventistica il radiologo ha disposizione anche gli strumenti per praticare un atto terapeutico sul paziente, sfruttando metodiche quali l’angiografia. Il periodo di grande attività scientifica che ha permesso il grande progresso dell’interventistica fu quello dei secondi 5 anni degli anni ’80 (per altro anni in cui si assistette alla nascita dell’eco e della TC). Difatti tramite l’ecografia e la TC si iniziarono a praticare le prime biopsie guidate dalle immagini. La medicina tende sempre a cambiare e oggi, in virtù di questa dinamica inevitabile, le tecniche chirurgiche (e non solo) sono progressivamente sostituite (nell’ambito di alcune indicazioni terapeutiche) da presidi meno invasivi, più rapidi e meno costosi, ma altrettanto efficaci (come l’endoscopia per esempio, che con la nascita delle fibre ottiche ha rivoluzionato la gastroenterologia, la pneumologia e la chirurgia). La CPRE, da strumento diagnostico è diventato uno terapeutico (ad esempio si riesce a rimuovere calcoli nell’ampolla duodenale, a inserire endoprotesi, a disostruire tratti stenotici del tubo digerente). Le metodiche in questione: - sono meglio tollerate dal paziente; - necessitano di minore intervento anestesiologico; - sono gravate da poche complicanze; - abbassano i tempi di degenza; - spesso esse sostituiscono le pratiche terapeutiche tradizionali o semplicemente si affiancano ed hanno talvolta ad esse una funzione preparatoria. Non solo alcuni atti chirurgici sono sostituiti dalla radiologia interventistica ma anche atti medici: la chemioembolizzazione del carcinoma epatocellulare primario per esempio consiste nella iniezione nell’arteria che irrora la regione affetta dalla lesione cancerosa di alte dosi di chemioterapico e di una sostanza embolizzante che chiude definitivamente il vaso stesso. Il fatto che il medico radiologo abbia dovuto progressivamente adattare un’impostazione fortemente diagnostica ad una anche terapeutica, l’ha obbligato a rivalorizzare la clinica, poiché chi esegue interventi di questo tipo non può non conoscere cosa si sta curando, quali sono le indicazione, quali le complicanze o le controindicazioni a tale intervento. Per esempio il clippaggio dell’aneurisma cerebrale, anche se non si effettua più va comunque ricordato, come le tecniche di radioterapia col carboplatino. In particolare io vi parlerò della responsabilità del medico verso il paziente. “Perché hai fatto quella terapia e non un’altra?” potrebbe chiedervi il degente, nel caso in cui si verifichi qualche complicanza. Proietta un grafico che orbene vi illustrerò). 1) Definizione: La radiologia interventistica è una branca della diagnostica per immagini che utilizza la strumentazione radiologica come GUIDA e CONTROLLO per l’attuazione di un atto terapeutico. Facciamo un esempio: due pazienti con noduli tiroidei: il primo è superficiale e palpabile, perciò faccio una biopsia senza troppi problemi. Il secondo è profondo e non palpabile, perciò utilizzo una tecnica per immagini per farmi guidare nel prelievo bioptico. Stesso vale per l’angiografia, la pielografia o l’intervento di nefrostomia, un intervento relativamente semplice: si punge sotto guida ecografia un calice dilatato a causa di un’idronefrosi per esempio e si crea una derivazione esterna con un catetere per permettere l’emissione di urina. In tal caso non solo si guida ma si controlla anche che il tubicino non si arricci, o che non si pungano strutture limitrofe. Va anche detto che le tecniche possono essere associate, non solo attuate da sole. 2) La competenza di un atto terapeutico implica la responsabilità: per esempio per una fibrinolisi periferica di un vaso messa in atto per una claudicatio, benché il radiologo attualmente non abbia la possibilità di ricoverare il paziente, è comunque responsabile dell’atto che compie. Parlando della fibrinolisi, si può utilizzare un catetere a fori multipli che rilascia in maniera continuata, per circa due giorni la sostanza fibrinolitica, permettendone una perfusione continua. Ciò lo dico perché implica che il radiologo conosca la farmacologia dei fibrinolitici, la loro cinetica e dinamica, le complicanze emorragiche surrenaliche e cerebrali, le controindicazioni e le interazioni. 3) l’atto interventistico implica un attento esame del rapporto costo beneficio: ad esempio, una resezione colica ha un suo beneficio ma anche un costo biologico (nonché economico) molto rilevante. Stesso dicasi per l’assunzione di aspirina: ha i suoi benefici ma anche un costo biologico rappresentato dall’emorragia gastrointestinale o in altra sede. 4) conoscenza della storia naturale della malattia da trattare: un paziente con epilessia per esempio, sottoposto ad una risonanza magnetica presenterà una malformazione artero-venosa cerebrale. La questione è che, benché il trattamento embolizzante abbia una efficacia del 45%, vale a dire che il 60% della malformazione resterà intatto, comunque un paziente portatore di tale affezione presenta un notevole rischio di emorragia. In tal caso la conoscenza della storia naturale delle malformazioni artero-venose cerebrali porta a preferire di intervenire piuttosto che somministrare un farmaco antidolorifico o un antiepilettico soltanto, benché il rischio intraoperatorio (2%) sia notevole. Inoltre un caso come questo permette di introdurci al quarto punto: 4) associazione di più tecniche terapeutiche: nel caso di una malformazione artero-venosa cerebrale si possono associare varie terapie: radiochirurgia (un trattamento radioterapico che si avvale della tecnologia γknife, acceleratori lineari eccetera), applicata a malformazioni non più grandi di 2 centimetri, terapia endovascolare e chirurgia. In questo caso la terapia endovascolare riduce le dimensioni della malformazione permettendo poi al raioterapista di intervenire (l’efficacia in questo modo aumenta dal 35 al 90%). Nel caso invece dell’epilessia farmacoresistente che non può essere curata con la radiochirurgia,la terapia endovascolare ha la sola funzione di ridurre i sintomi. Nel costo della terapia va annoverato anche il tempo cioè il tempo trascorso dal ricovero alla fine dell’intervento. L’embolizzazione delle malformazioni artero-venose per esempio necessita di più sedute, articolate nel giro di almeno 300 giorni. E’ una terapia frazionata. Se a questo aggiungete il tempo delle sedute di radioterapia si arriva a 1 anno e 6 mesi! Inoltre va detto che si perviene a guarigione completa (quindi all’abbattimento del rischio di emorragia) in quattro anni. Vale a dire che per ben quattro anni il rischio persiste! E mettete che il paziente in questione presenti comorbidità (ad esempio un tumore polmonare)! Si possono aspettare quattro anni per abbattere il rischio di emorragia in un paziente a rischio per un’altra grave patologia concomitante? Certamente no! 5) va tenuto presente il consenso informato: questo sia per una tutela medico-legale di chi effettua l’intervento sia per la piena collaborazione del paziente che è pienamente informato sulla procedura. Della terapia nello specifico non parlo perché non c’è tempo però mi preme sottolineare il followup. Perché è importante? Perché quando si effettuano terapie frazionate è necessario valutare se il trattamento è stato realmente efficace. Un esempio: l’aneurisma aortico: oggi l’approccio è prettamente interventistico, ma va comunque tenuto presente che la recidiva dell’aneurisma in pazienti complessi è un evento molto frequente. Pertanto il medico che effettua questo tipo di trattamento deve necessariamente controllare nel tempo l’andamento della malattia, perché il rapporto di responsabilità non cessa nemmeno dopo la guarigione. Un paziente operato di stenosi arteriosa che sviluppa una ristesosi dopo due anni dall’intervento verrà a chiedere spiegazioni a voi che l’avete effettuato. Perciò, in una branca emergente come questa tenete sempre conto delle vostre responsabilità. Giuseppe Sabino