Radiologia
prof. Bonomo
martedì 6 novembre 2007-11-18
RADIOLOGIA CARDIOVASCOLARE
Tutti sappiamo che lo sviluppo delle tecniche di diagnostica per immagini negli ultimi anni ha
rivoluzionato l’approccio diagnostico (e non solo) della patologia cardiovascolare. In particolar
modo l’angiografia (coronarica, addominale, pelvica, cerebrale, polmonare, degli arti) che negli
ultimi anni ha assistito ad un progressivo contenimento di utilizzo diagnostico, divenendo sempre
più una pratica terapeutica. La diagnosi di coronaropatia per esempio oggi viene effettuata con
sempre maggior fraquenza da tecniche non invasive, gravate quindi da un minore tasso di morbilità
e mortalità rispetto all’angiografia e che tendono a diminuire appunto l’invasività e ad aumentare
l’accuratezza. L’angiografia (sia nella versione convenzionale che in quella digitale a sottrazione
d’immagine) difatti, benché tutt’oggi (e lo puntualizzo) rappresenti ancora il gold standard della
diagnosi di malattia coronaria, presenta un non trascurabile (seppur minimo) rischio di
tromboembolia e dissezione subintimale, di ematoma nella sede di iniezione, specie in pazienti
affetti da discrasie ematiche. Da non dimenticare l’esposizione alle radiazioni ionizzanti, che limita
fortemente la possibilità di ripetizione dell’esame in brevi intervalli di tempo, e gli alti costi. D’altro
canto le tecniche ultrasonografiche - quali il color and power doppler - la spiral TC ANGIOGRAFY
e la MR (risonanza magnetica) ANGIOGRAFY hanno diminuito l’invasività ed aumentato la
rapidità della diagnosi coronarica, nonché diminuito drasticamente i costi delle singole procedure e,
cosa limitata alla MR e alla ultrasonografia, eliminato il rischio connesso alle radiazioni ionizzanti.
In particolar modo l’invasività della Angio-CT si limita alla iniezione nella vena antecubitale del
gomito di 100 ml di mezzo di contrasto alla velocità di 4-5 ml/sec. Pensate che quarant’anni fa le
immagini delle arterie renali per esempio venivano ricavate dall’angiografia, oggi invece dalla TC.
A voi medici clinici interessa però non tanto addentrarvi nella tecnica, quanto conoscere le
indicazioni all’esecuzione di esami radiologici e sapere quali esami richiedere in presenza di un
dubbio diagnostico. Per esempio quale è la patologia più frequente dell’arteria aorta? L’aneurisma.
Di fronte ad un’ipertensione potreste orientarvi verso un’ipertensione nefrovascolare (stenosi di
un’arteria renale per esempio). Un quadro di ascite o ipertensione portale può suggerirvi la ricerca
di trombi nei vasi portali o epatici. Un addome acuto potrebbe farvi sorgere il dubbio di
un’ischemia intestinale a partenza dall’arteria mesenterica. Va precisato però quello che ho detto
all’inizio: l’angiografia oggi sta sempre più sostituendosi alla chirurgia nella patologia
vascolare. Basti pensare al trattamento endovascolare dell’aneurisma aortico. Inoltre la scelta
differenziale tra una angioTC e un’angiografia deve essere sempre fatta alla luce della clinica.
Dovete sempre porvi il dubbio se i pazienti sono adatto a quell’esame che avete in mente di
chiedere. La patologia vascolare ci interessa particolarmente perché con l’allungarsi della vita
media aumentano le patologie degenerative e ovviamente il paziente anziano è particolarmente
fragile, quindi si presenta fortemente il dubbio se effettuare un esame invasivo o meno.
Focalizzandoci sul cuore diciamo che la diagnostica per immagini offre varie tipologie di esami.
Essi sono: la radiografia tradizionale, l’ecografia, la risonanza magnetica, la TC, la medicina
nucleare e la coronarografia (diagnostico-terapeutica). Io vi parlerò della radiografia.
Questo è un esame di primo livello, anche perché abbastanza grossolano, ma permette una visione
globale del cuore che spesso fornisce informazioni diagnostiche preziose al clinico. Chiaramente a
nulla serve se non affiancata alle opportune conoscenze cliniche e alla conoscenza delle possibilità
tecniche.
Oggi si tende a considerare la stessa cosa la radiografia cardiaca e il telecuore. E di fatto sono la
stessa cosa. Il telecuore, dal greco τελος, viene effettuato alla distanza di 180 cm, cosa
praticamente identica alla radiografia convenzionale. Le proiezioni radiografiche sono 4:
1) la postero-anteriore (sul piano frontale) permette di vedere i cinque archi cardiaci;
2) la obliqua anteriore destra permette la visualizzazione delle cavità atrioventricolari
destre;
3) la obliqua anteriore sinistra permette di vedere tutte le cavità cardiache;
4) la laterolaterale (sul piano sagittale) fa visualizzare le cavità sinistre.
La radiografia toracica rappresenta il primo esame di diagnostica per immagini di fronte ad un
acute chest pain poiché non dà solo informazioni sulle dimensioni delle camere cardiache ma
anche sui polmoni e sulla gabbia toracica. In particolar modo può spesso rappresentare l’esame
diagnostico conclusivo per pneumotorace, polmonite, fratture costali, versamento pleurico,
atelettasia polmonare. E’ di ausilio nella diagnosi di malattie come la dissezione aortica (questa può
portare all’insorgenza della cosiddetta sindrome aortica: ematoma intramurale per rottura dei vasa
vasorum e ulcera penetrante). Va detto che il dolore toracico che indirizza il clinico alla richiesta
della radiografia può originare da processi morbosi a carico di vari organi extratoracici come quelli
dell’apparato gastroenterico.
Per quanto riguarda l’ultrasonografia, un esame importante è l’ecocardiografia transtoracica (la
tradizionale) e quella eseguita per via transesofagea. Questa pratica diagnostica offre i tipici
vantaggi della ultrasonografia quali la rapidità, la relativa accuratezza, la mancanza di
controindicazioni o tossicità ma purtroppo è un esame fortemente operatore dipendente. Tengo a
precisare che non è più un esame diagnostico di pertinenza radiologica quanto più cardiologica e in
aggiunta di una nuova branca di operatori sanitari comprendenti medici dell’urgenza e anestesisti
rianimatori, i cosiddetti “intensivisti” come si ama chiamarli oggi.
L’ecografia cardiaca ci permette di osservare segni atipici di ischemia, dissezione aortica o
pericardite e di rapportarli all’indagine clinica, elettrocardiografica e medico-nucleare, specie nella
patologia coronarica, per la quale rappresenta spesso (soprattutto nella sua applicazione sotto
sforzo) un irrinunciabile passo di diagnosi. Per quanto riguarda la risonanza magnetica ve ne parlerà
il dottor Meduri. Io vi dico solo che spesso presenta artefatti in quei pazienti portatori di
tracheotomia o macchinari per la ventilazione assisita, protesi metalliche o pace-maker.
Prima di parlare della TC parliamo un po’ dell’epidemiologia della malattia coronaria, che mi
sembra molto importante ai fini di una corretta comprensione. Il professor Crea vi ha sicuramente
illustrato il problema ma ritengo sia utile ripetere alcuni concetti.
Nel 2000 negli USA circa 13 milioni di persone hanno contratto una patologia coronaria. Ci son
stati 65000 nuovi casi, 450000 recidive e 186 morti su 100000 abitanti. 1,3 milioni di pazienti
hanno subito un cateterismo e di questi 501000, cioè circa il 40%, hanno effettuato un trattamento
terapeutico per cutaneo. Ribadiamo che l’angiografia rappresenta il gold standard per la diagnosi di
patologia coronaria. Dagli anni ’80 al 2000 l’utilizzo di questa tecnica è aumentato del 41%, con un
costo di circa 11000$. Si prevede che nel 2010 si effettueranno oltre 2 milioni di interventi. La
tecnica non è del tutto scevra i rischi, che rappresentano, benché minimi, significativi limiti alla sua
applicazione. La mortalità è dello 0,5% e la morbilità dell’1,5%. La mortalità anche se come vi ho
detto è quasi del tutto trascurabile, è comunque presente, ed è lo sprone ad ampliare la ricerca su
strumenti diagnostici dotati di inferiore invasività. Altre metodiche diagnostiche sono il test da
sforzo (ECG da sforzo), l’eco-stress, la scintigrafia coronaria.
Una stenosi coronarica, per essere significativa deve essere uguale o maggiore del 75%. E’ curioso
che solo un terzo degli infarti è causato da una stenosi significativa, che invece è alla base della
angina pectoris (che presenta un test da stress positivo). L’infarto è invece sostenuto dalla
formazione di un trombo su rottura della placca ateromasica. Le tecniche di diagnostica per
immagini che possono permetterci la visualizzazione delle tenosi non significative sono la Electron
Bean CT, la Spiral CT, la MR, la Multidetector Spiral CT. L’ultima frontiera tecnologica è
rappresentata dalla possibilità di creare ricostruzioni multiplanari che consentono una
visualizzazione tridimensionale che facilita enormemente l’atto diagnostico.
Una corretta esecuzione di un esame TC parte da una corretta preparazione del paziente:
1) colloquio;
2) controllo della frequenza cardiaca (se supera i 65 battiti al minuto si prescrivono βbloccante);
3) accesso venoso su vena antecubitale destra;
4) applicazione di elettrodi per ECG;
5) invito al paziente a mantenere l’apnea respiratoria.
Gli attuali limiti della TC sono:
- la scarsa sicurezza in corso di tachicardia e di alterazioni del ritmo;
- l’apnea respiratoria (molti pazienti non riescono a trattenere il respiro);
- un limite non legato al paziente è la variabilità.
Medicina nucleare cardiovascolare
prof. Giordano
L’applicazione della medicina nucleare alla patologia cardiaca permette una valutazione funzionale
del muscolo cardiaco, pertanto mira a identificare le conseguenze funzionali della stenosi e non ad
osservare l’aspetto anatomico della stessa, come invece può fare l’angiografia o la angioTC. Va
specificato che non solo le indagini medico-nucleari permettono l’indagine funzionale cardiaca ma
anche la MR-stress e l’eco-stress rappresentano un valido e sempre più preciso mezzo diagnostico.
Una procedura molto usata in medicina nucleare è la SPECT-stress (Single Photones Emission
Computerised Tomography). Per stress si intende una condizione di sovraccarico dinamico imposta
al muscolo cardiaco che può essere di tipo ergometrico o di tipo farmacologico. Qui abbiamo un
grafico in cui si pone la richiesta di ossigeno da parte del miocardio in funzione dell’entità dello
sforzo imposto (exercise tredmill test).
Myocardial O2
Demand
Angina
ST depressed
Global Left Ventricle dysfunction
Regional systolic dysfunction
Regional diastolic disfunction
Abnormal perfusion
Normal perfusion
Exercise treadmill test
Notiamo come la curva in corrispondenza dei valori riferiti all’angina pectoris presenti la massima
inclinazione, indice del fatto che in tale condizione morbosa il flusso coronarico non può
aumentare, non riesce a perfondere il tessuto data la stenosi dell’arteria interessata dal processo
aterosclerotico. Tale deficit rappresenta il primum movens della patologia e l’indice che noi
riusciamo a quantificare con le indagini di medicina nucleare. (commenta brevemente i punti del
grafico. Mi sono permesso di non riportare tutte le parole perché banale traduzione dei termini in
inglese).
Le apparecchiature di cui ci serviamo sono le “gamma camere”, ossia strumenti sensibili alla
radioattività corporea che l’organismo emana in seguito alla iniezione di un tracciante di perfusione.
Essi sono anche in grado di riprodurre un tomografia (come nella SPECT), permettendoci l’analisi
di ogni sezione del muscolo cardiaco.
La dinamica dell’indagine scintigrafica è articolata in due momenti sostanziali:
- l’induzione dello stress della durata di 15-60 minuti;
- la fase di riposo che dura 1-2 ore.
L’iniezione del tracciante viene effettuata all’apice dello stress, nel momento di massima
prestazione del paziente (ripeto ergometrica o indotta da farmaci). Nel momento di massima
perfusione miocardica di tracciante avviene la registrazione delle immagini.
La semeiotica medico-nucleare si basa sulla analisi di:
- omogeneità di distribuzione del tracciante,
- analisi di deficit reversibili;
- analisi di deficit irreversibili (necrosi).
Gated-SPECT = Esame da cui si ricavano immagini sincronizzate con l’elettrocardiogramma
ricostruite in tre dimensioni.
Lo spettro delle condizioni cliniche del paziente entro il quale si orienta la diagnosi mediconucleare è:
- paziente asintomatico senza storia di coronaropatia;
- sospetta angina (con tutte le tipologie di angina);
Esame medico-nucleare a scopo
- NSTEMI;
diagnostico e per la stratificazione
- STEMI.
del rischio
Lo STEMI è molto importante per quanto riguarda i fenomeni della vitalità miocardia e no
reflow e per l’elevato rischio clinico.
L’impiego della medicina nucleare è utile anche per quanto riguarda il follow up dopo terapia
medica o dopo intervento di rivascolarizzazione.
Presenta un algoritmo diagnostico:
No angina
Angina
ECG-stress
Negativo
Positivo
Follow up
Negativo
Eco-stress; SPECT-stress
AngioTC
Negativo
Positivo
ECG-stress
Positivo
Ischemia
Stratificazione del rischio
Risonanza Magnetica del cuore
prof. Meduri
L’esame di RM cardiaco viene effettuato tramite l’iniezione di 10 cc di mezzo di contrasto
paramagnetico (il più importante è il gadolinio) che modifica l’intensità di segnale emessa dal
tomografo. I parametri esaminati dalla risonanza sono:
1) l’anormalità di perfusione (che corrisponderà ad una anormalità cromatica della regione
interessata alla diminuzione del flusso);
2) la condizione del muscolo cardiaco in corso di contrazione sistolica;
3) l’entità del rilasciamento diastolico;
4) la morte cellulare.
Un esame del genere viene considerato normale in base alla regolarità e all’uniformità
dell’enhencement, ossia della progressiva impregnazione del tessuto di mdc percepibile visivamente
come un aumento di contrasto cromatico.
La risonanza cardiaca viene eseguita anche in condizioni di stress. Considerando che il paziente è
costretto a rimanere immobile durante l’esame e non ha spazio per effettuare un esercizio fisico che
permetta di documentare la risposta cardiaca ad uno stress ergometrico, lo sforzo del muscolo
cardiaco viene evocato farmacologicamente. I farmaci più comunemente usati sono adenosina e
dipiridamolo.
I vantaggi della risonanza rispetto alla medicina nucleare sono:
- migliore risoluzione spaziale;
- assenza di esposizione a radiazioni ionizzanti;
- maggior velocità di esecuzione;
- possibilità di osservare le aree colpite dall’ischemia nel contesto della visione diretta della
dinamica sisto-diastolica in CINE-RM, pertanto di vedere un filmato ricostruito al computer del
battito cardiaco. (Mostra un’immagine in cine-RM in cui si apprezza un’area di acinesia del
muscolo miocardio, la parete anteriore in particolare).
Dagli anni ‘90 ad oggi la tecnologia di RM è andata sempre più crescendo. Si è passati
dall’acquisire immagini di cine-RM in minuti alla creazione di un filmato in cui ogni scansione
viene effettuata nell’arco di pochissimi secondi, premettendo così una fedele riproduzione del
movimento del muscolo. In particolar modo nel 2004 si è arrivati alla formulazione di un nuovo
programma detto Tagging myocardial velocity mapping. Esso permette di seguire istante per
istante la funzionalità del miocardio tramite la diretta osservazione del movimento e di quantificare
il danno eventuale tramite un apposito programma computerizzato.
Ogni qual volta si deve analizzare la funzionalità cardiaca lo stress farmacologico necessario si
raggiunge tramite l’iniezione di un β-agonista, la dobutamina. Essa aumenta le richieste
metaboliche del miocardio. Una positività a questo test permette di definire nuove o aumentate
anomalie cinetiche di parete. In quanto ad accuratezza e specificità l’ecocardiogramma rappresenta
ancora il gold standard per l’analisi della cinetica di parete, ma la risonanza magnetica si sta
facendo largo spazio nello studio della contrattilità e dei volumi cardiaci (in particolare la frazione
di eiezione). Essa in particolare offre uno studio abbastanza accurato della vitalità miocardia.
Viene definito studio con riserva contrattile (significa che è stato utilizzato un farmaco inotropo
positivo come la dobutamina, non attiva sul miocardio non vitale) ed è applicato al paziente
ischemico con disfunzioni cinetiche. Esso è correlato direttamente all’infarto, poiché la lesione
infartuale rappresenta l’area non vitale per eccellenza. E’ fondamentale conoscere la distribuzione
del mezzo di contrasto all’interno dell’area infartuata, poiché di norma il mdc non penetra
nell’interstizio, mentre in caso di infarto riesce a raggiungerlo in virtù dell’edema infiammatorio
che si è creato! Questo fenomeno viene chiamato (con un termine anglosassone per altro molto
poco elegante) delayed enhancement. Questo reperto viene trovato se l’iniezione del mdc viene
effettuata almeno 15 minuti primi dopo l’insulto, altrimenti si sovrastimerebbe la lesione. Peraltro si
correla molto bene all’esame istologico. Considerando che l’edema permane per molto tempo, la
positività è ottenibile anche 2 settimane dopo.
RADIOLOGIA INTERVENTISTICA
dr. Rollo
La volta precedente abbiamo disertato perchè non eravamo a conoscenza del giorno della lezione.
Perciò ci scusiamo. In questa lesione indicheremo quando e come è nata la radiologia
interventistica, quali sono gli scopi che si prefigge. Tutti sappiamo che la figura del radiologo è
caratterizzata dalla esclusiva competenza diagnostica, servendosi di Rx, TC, RM, termografia,
ecografia. Da quando è nata la branca interventistica il radiologo ha disposizione anche gli
strumenti per praticare un atto terapeutico sul paziente, sfruttando metodiche quali l’angiografia. Il
periodo di grande attività scientifica che ha permesso il grande progresso dell’interventistica fu
quello dei secondi 5 anni degli anni ’80 (per altro anni in cui si assistette alla nascita dell’eco e della
TC). Difatti tramite l’ecografia e la TC si iniziarono a praticare le prime biopsie guidate dalle
immagini. La medicina tende sempre a cambiare e oggi, in virtù di questa dinamica inevitabile, le
tecniche chirurgiche (e non solo) sono progressivamente sostituite (nell’ambito di alcune
indicazioni terapeutiche) da presidi meno invasivi, più rapidi e meno costosi, ma altrettanto efficaci
(come l’endoscopia per esempio, che con la nascita delle fibre ottiche ha rivoluzionato la
gastroenterologia, la pneumologia e la chirurgia). La CPRE, da strumento diagnostico è diventato
uno terapeutico (ad esempio si riesce a rimuovere calcoli nell’ampolla duodenale, a inserire
endoprotesi, a disostruire tratti stenotici del tubo digerente).
Le metodiche in questione:
- sono meglio tollerate dal paziente;
- necessitano di minore intervento anestesiologico;
- sono gravate da poche complicanze;
- abbassano i tempi di degenza;
- spesso esse sostituiscono le pratiche terapeutiche tradizionali o semplicemente si affiancano
ed hanno talvolta ad esse una funzione preparatoria.
Non solo alcuni atti chirurgici sono sostituiti dalla radiologia interventistica ma anche atti medici: la
chemioembolizzazione del carcinoma epatocellulare primario per esempio consiste nella
iniezione nell’arteria che irrora la regione affetta dalla lesione cancerosa di alte dosi di
chemioterapico e di una sostanza embolizzante che chiude definitivamente il vaso stesso.
Il fatto che il medico radiologo abbia dovuto progressivamente adattare un’impostazione fortemente
diagnostica ad una anche terapeutica, l’ha obbligato a rivalorizzare la clinica, poiché chi esegue
interventi di questo tipo non può non conoscere cosa si sta curando, quali sono le indicazione, quali
le complicanze o le controindicazioni a tale intervento. Per esempio il clippaggio dell’aneurisma
cerebrale, anche se non si effettua più va comunque ricordato, come le tecniche di radioterapia col
carboplatino.
In particolare io vi parlerò della responsabilità del medico verso il paziente. “Perché hai fatto quella
terapia e non un’altra?” potrebbe chiedervi il degente, nel caso in cui si verifichi qualche
complicanza. Proietta un grafico che orbene vi illustrerò).
1) Definizione: La radiologia interventistica è una branca della diagnostica per immagini che
utilizza la strumentazione radiologica come GUIDA e CONTROLLO per l’attuazione di un atto
terapeutico. Facciamo un esempio: due pazienti con noduli tiroidei: il primo è superficiale e
palpabile, perciò faccio una biopsia senza troppi problemi. Il secondo è profondo e non palpabile,
perciò utilizzo una tecnica per immagini per farmi guidare nel prelievo bioptico. Stesso vale per
l’angiografia, la pielografia o l’intervento di nefrostomia, un intervento relativamente semplice: si
punge sotto guida ecografia un calice dilatato a causa di un’idronefrosi per esempio e si crea una
derivazione esterna con un catetere per permettere l’emissione di urina. In tal caso non solo si guida
ma si controlla anche che il tubicino non si arricci, o che non si pungano strutture limitrofe. Va
anche detto che le tecniche possono essere associate, non solo attuate da sole.
2) La competenza di un atto terapeutico implica la responsabilità: per esempio per una
fibrinolisi periferica di un vaso messa in atto per una claudicatio, benché il radiologo attualmente
non abbia la possibilità di ricoverare il paziente, è comunque responsabile dell’atto che compie.
Parlando della fibrinolisi, si può utilizzare un catetere a fori multipli che rilascia in maniera
continuata, per circa due giorni la sostanza fibrinolitica, permettendone una perfusione continua.
Ciò lo dico perché implica che il radiologo conosca la farmacologia dei fibrinolitici, la loro cinetica
e dinamica, le complicanze emorragiche surrenaliche e cerebrali, le controindicazioni e le
interazioni.
3) l’atto interventistico implica un attento esame del rapporto costo beneficio: ad esempio, una
resezione colica ha un suo beneficio ma anche un costo biologico (nonché economico) molto
rilevante. Stesso dicasi per l’assunzione di aspirina: ha i suoi benefici ma anche un costo biologico
rappresentato dall’emorragia gastrointestinale o in altra sede.
4) conoscenza della storia naturale della malattia da trattare: un paziente con epilessia per
esempio, sottoposto ad una risonanza magnetica presenterà una malformazione artero-venosa
cerebrale. La questione è che, benché il trattamento embolizzante abbia una efficacia del 45%, vale
a dire che il 60% della malformazione resterà intatto, comunque un paziente portatore di tale
affezione presenta un notevole rischio di emorragia. In tal caso la conoscenza della storia naturale
delle malformazioni artero-venose cerebrali porta a preferire di intervenire piuttosto che
somministrare un farmaco antidolorifico o un antiepilettico soltanto, benché il rischio
intraoperatorio (2%) sia notevole. Inoltre un caso come questo permette di introdurci al quarto
punto:
4) associazione di più tecniche terapeutiche: nel caso di una malformazione artero-venosa
cerebrale si possono associare varie terapie: radiochirurgia (un trattamento radioterapico che si
avvale della tecnologia γknife, acceleratori lineari eccetera), applicata a malformazioni non più
grandi di 2 centimetri, terapia endovascolare e chirurgia. In questo caso la terapia endovascolare
riduce le dimensioni della malformazione permettendo poi al raioterapista di intervenire (l’efficacia
in questo modo aumenta dal 35 al 90%). Nel caso invece dell’epilessia farmacoresistente che non
può essere curata con la radiochirurgia,la terapia endovascolare ha la sola funzione di ridurre i
sintomi. Nel costo della terapia va annoverato anche il tempo cioè il tempo trascorso dal ricovero
alla fine dell’intervento. L’embolizzazione delle malformazioni artero-venose per esempio necessita
di più sedute, articolate nel giro di almeno 300 giorni. E’ una terapia frazionata. Se a questo
aggiungete il tempo delle sedute di radioterapia si arriva a 1 anno e 6 mesi! Inoltre va detto che si
perviene a guarigione completa (quindi all’abbattimento del rischio di emorragia) in quattro anni.
Vale a dire che per ben quattro anni il rischio persiste! E mettete che il paziente in questione
presenti comorbidità (ad esempio un tumore polmonare)! Si possono aspettare quattro anni per
abbattere il rischio di emorragia in un paziente a rischio per un’altra grave patologia concomitante?
Certamente no!
5) va tenuto presente il consenso informato: questo sia per una tutela medico-legale di chi
effettua l’intervento sia per la piena collaborazione del paziente che è pienamente informato sulla
procedura.
Della terapia nello specifico non parlo perché non c’è tempo però mi preme sottolineare il followup. Perché è importante? Perché quando si effettuano terapie frazionate è necessario valutare se il
trattamento è stato realmente efficace. Un esempio: l’aneurisma aortico: oggi l’approccio è
prettamente interventistico, ma va comunque tenuto presente che la recidiva dell’aneurisma in
pazienti complessi è un evento molto frequente. Pertanto il medico che effettua questo tipo di
trattamento deve necessariamente controllare nel tempo l’andamento della malattia, perché il
rapporto di responsabilità non cessa nemmeno dopo la guarigione. Un paziente operato di
stenosi arteriosa che sviluppa una ristesosi dopo due anni dall’intervento verrà a chiedere
spiegazioni a voi che l’avete effettuato. Perciò, in una branca emergente come questa tenete sempre
conto delle vostre responsabilità.
Giuseppe Sabino