2.2 I vantaggi del mezzanine finance - Digilander

U N I V E R S I T À D E GL I S T U D I D I V E N E ZI A
FACOLTÀ DI ECONOMIA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE GIURIDICHE
IL MEZZANINE FINANCE
Professore: Leonardo Di Brina
Assistente: Ivan Zanette
Gruppo di studio:
Cristina Loro n.m.803405
Francesco Pellegrini n.m.781126
Laura Polotto n.m.787660
Roberto Marin n.m.802240
Ruggero Piran n.m.780993
ANNO ACCADEMICO 2005/2006
1
INDICE
CAPITOLO 1
ASPETTI INTRODUTTIVI
1.1 La disciplina antecedente la riforma .................................................... 5
1.2 L’intervento del legislatore ................................................................ 10
1.3 Il problema della partecipatività degli strumenti finanziari............... 22
1.4 Diritti Patrimoniali ............................................................................. 25
1.5 Diritti amministrativi ......................................................................... 27
1.6 Il mezzanin finance e la riforma del diritto societario ....................... 29
CAPITOLO 2
MEZZANINE FINANCE: CARATTERISTICHE DELLO
STRUMENTO
2.1 Struttura di un finanziamento mezzanino .......................................... 38
2.2 I vantaggi del mezzanine finance ...................................................... 46
2.3 Forme di postergazione ...................................................................... 48
2.5 Rendimento ........................................................................................ 55
2.6 Diritto di voto nel mezzanine financing ............................................ 60
2.7 Scadenza ............................................................................................ 69
2.8 Covenants........................................................................................... 70
2.9 I vantaggi per i creditori senior .......................................................... 80
2.10 Tecniche di emissione e di negoziazione sui mercati primario e
secondario ................................................................................................ 80
2
CAPITOLO 3
LA CONFIGURAZIONE GIURIDICA DI UN INTERMEDIARIO
DI MEZZANINE FINANCE
3.1 Introduzione ....................................................................................... 83
3.2 Il mezzanine finance: caratteristiche fiscali dello strumento ............. 85
3.3 Organismi di investimento collettivo in valori mobiliari .................. 87
3.4 Fondi chiusi........................................................................................ 88
3.5 Societa’ .............................................................................................. 96
3.6 Conclusioni ........................................................................................ 97
3.7 Alcuni casi pratici ............................................................................ 100
CAPITOLO 4
LA VALUTAZIONE DELLE IMPRESE TARGET E PROFILO DI
RISCHIO E DI RENDIMENTO DI UN INVESTIMENTO
MEZZANINO
4.1 Le imprese target di un finanziamento mezzanino: ......................... 101
caratteristiche economiche e finanziarie. ............................................... 101
4.2 . Criteri economici e finanziari di valutazione di un investimento in
capitale intermedio. ................................................................................ 105
4.3 Valutazione del profilo di rischio .................................................... 109
4.4 .La strutturazione di un investimento mezzanino ............................ 113
4.5 Rischio e rendimento di un investimento mezzanine finance: la teoria
di portafoglio e la teoria delle opzioni ................................................... 115
4.6 Conclusioni ...................................................................................... 119
CAPITOLO 5
IL MERCATO DEL MEZZANINE FINANCE
5.1 Il mercato del mezzanine finance negli stati uniti d’america .......... 123
5.2 Il mercato del mezzanine finance in europa .................................... 125
5.3 Il mercato del mezzanine finance in gran bretagna ......................... 127
5.4 Il mercato del mezzanine finance nei paesi dell’europa continentale
................................................................................................................ 128
5.5 Tendenze evolutive del mercato europeo del mezzanine finance ... 130
3
CAPITOLO 6
IL PROJECT FINANCING
6.1 Project financing: profili economici dell’istituto ............................. 133
6.2 project financing: il caso italiano ..................................................... 134
6.3 Project Financing: il profilo giuridico e la legge merloni ............... 137
6.4 elementi tipici di un operazione di projec finanancing .................... 141
6.5 gli obiettivi del Project Financing.................................................... 144
6.6 i soggetti coinvolti nel Project Financing ........................................ 145
6.7 i rischi del Project Financing ........................................................... 146
6.8 Project Financing: il modulo giuridico della concessione di
costruzione e gestione ............................................................................ 147
CAPITOLO 7
Esempio di contratto mezzanine finance ............................................... 155
ALLEGATO ......................................................................................... 156
ALLEGATO TABELLE ..................................................................... 163
GLOSSARIO ........................................................................................ 171
BIBLIOGRAFIA ................................................................................. 171
4
Capitolo 1
ASPETTI INTRODUTTIVI
L’art. 2346, comma 6, c.c.1 ha consentito l’emissione di “strumenti
finanziari forniti di diritti patrimoniali o di diritti amministrativi, escluso il
voto nell’assemblea generale degli azionisti”, consentendo all’imprenditore
vie alternative al reperimento di finanziamenti. Oggi è possibile non solo
offrire titoli di debito, ma anche strumenti “ibridi”, a metà strada tra i titoli
azionari e i titoli obbligazionari e dotati di un certo grado di partecipatività.
1.1 LA DISCIPLINA ANTECEDENTE LA RIFORMA
In questa materia l'ordinamento interno, pur conoscendo da tempo,
come tutti gli ordinamenti dei paesi a economia avanzata, le obbligazioni
convertibili in azioni2, è apparso fino a poco tempo fa relativamente in
Art 2346, comma 6: Resta salva la possibilità che la società, a seguito dell’apporto da
parte dei soci o di terzi anche di opera o di servizi, emetta strumenti finanziari forniti di
diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell’assemblea
generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di
emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle
prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione.
1
2
Sulle quali per tutti cfr. G. Domenichini, Le obbligazioni convertibili in azioni, Milano,
1993, passim; G.F. Campobasso, voce «Obbligazioni di società», in Digesto delle disc.
priv., sez. comm., Torino, 1994, p. 289; Id., Gli Jtrumenti di finanziamento: le
obbligazioni, in AA.VV., Il diritto delle società per azioni: problemi, esperienze,
progetti, a cura di P. Abbadessa e A. Rojo, Milano, 1993, p. 265; in prospettiva storica,
ma ancora di grande interesse, G. Minervini, Obbligazioni convertibili in azioni e
opzione, in “Riv. dir. comm.”, 1946, I, pp. 499 ss.
5
ritardo, o quantomeno su posizioni piuttosto “conservatrici”, rispetto ai
principali ordinamenti stranieri.
Non conosceva, a livello di diritto positivo (a differenza ad esempio
dell'ordinamento tedesco)3, le obbligazioni “partecipanti”, strumenti che
non sono peraltro rimasti ignoti né alla pratica4 né alla dottrina5, e
manteneva un impianto normativo in tema di obbligazioni (con la sola
eccezione dell'istituto delle convertibili) che era ancora sostanzialmente
quello già delineato nel Cod. Co. del 1865 e poi perfezionato, anche a
seguito dei lavori della Commissione del 18696, dal Cod. Co. 1882.
Titoli “partecipativi” di natura ibrida si sono per vero riscontrati, in Italia,
già sotto la vigenza del Cod. Co. 1882, nella forma tanto delle c.d. “azioni
industriali”7 quanto delle obbligazioni emesse da società le quali
3
221 AktG. (Gewinnschuldverschreibungen). Su tale previsione cfr. almeno M. Luller,
KOlner Kommentar zum Aktiengesetz, K6In-Berlin Bonn-Munchen, 1995, rdn. 3}, pp.
533 ss.; U. Hiiffer, Aktiengesetz, cit., rdn. 221, p. 970; Hirte, Kapitalgesellscha[tsrecht,
cit., rdn. 596, pp. 186 ss.
4
Per un esempio recente, tra i moltissimi, cfr. Emissione Mediobanca, prestito
obbligazionario 1999-2004, indicizzato all'andamento dell'indice azionario MIB 30
Collable, Archivio Prospetti, deposito dell'l 1.3.1999 n. 4478.
5
Cfr. per esempio F. Chiomenti Titoli obbligazionari c.d. “bull and bear”: obbligazioni
o titoli per operazioni di borsa, in “Riv. dir. comm.”, 1987, I, p. 141; Campobasso, voce
“Obbligazioni di società”, ci t. , p. 286; Id., Gli strumenti di finanziamento: le
obbligazioni, cit., p. 257.
6
In tale sede, come è noto, il dibattito si concentrò principalmente sull'opportunità di
superare il limite all'emissione rappresentato dall'ammontare del capitale versato ed
esistente previsto dall'art. 135 Cod. Co. 1865: cfr. in argomento la Relazione Mancini, gli
atti della Commissione del 1869 e la Memoria Castagnola, che si leggono tutti in
Castagnola, Nuovo (codice di commercio, cit., pp. 533 ss. Il risultato dei lavori della
Commissione fu la previsione, al co. 2 dell'art. 171, che le società “possono emettere
obbligazioni anche per una somma maggiore (del capitale versato ed esistente), quando
l'eccedenza sia garantita da titoli nominativi a debito dello Stato, delle Province o dei
Comuni, aventi corrispondente scadenza e depositati nella cassa dei depositi e prestiti
per rima. nervi fino al1'estrazione delle obbligazioni emesse”. Fu poi il r.d.l. 21 aprile
1927, Il. 698 che consentì l'emissione di obbligazioni per somma eccedente il capitale
sociale, quando vi fosse garanzia ipotecaria o ricorresse una ragione di interesse per
l'economia nazionale.
7
Disponeva infatti l'art. 86 del Cod. Co. che: “la partecipazione agli utili concessa agli
impiegati o ad altri dipendenti della società, per rimunerazione totale o parziale dell'opera
6
acquistavano titoli di debito a loro volta emessi da Comuni e Province 8;
titoli questi ultimi spesso dimenticati dalla dottrina più recente, ma a torto,
in quanto essi si presentano come interessanti archetipi dei titoli messi oggi
dalle società veicolo nelle operazioni di cartolarizzazione9.
Successivamente al codice del 1942, gli “ibridi” hanno invece assunto
principalmente
la
forma
di
“certificati
di
partecipazione”,
titoli
rappresentativi di un diritto di associazione in partecipazione.
Solo più di recente l'ordinamento nazionale in adempimento di impegni
internazionali ha espressamente previsto l'ipotesi di titoli “ibridi”
rappresentativi di un prestito subordinato e irredimibile o a lunghissima
scadenza.
Ad essi si sono successivamente affiancati seppur con applicazione
settoriale altri strumenti dotati per più aspetti di carattere ibrido: dai titoli
emessi dalla società cessionaria o dalla società emittente titoli per finanziare
l'acquisto dei crediti” di cui all' art. 5 della legge 30 aprile 1999 n:130 in
loro non attribuisce per sé sola a essi la qualità di soci”. Sulle azioni industriali cfr.
diffusamente G.U. Portale, I conferimenti «atipici» nella società per azioni, Milano,
1974, in particolare pp. 14 ss.
8
Se ne ha notizia dagli Atti della Commissione del 1869, tornata del 19 ottobre 1869:
“Per sovvenire ai bisogni dei Comuni e delle Province si costituirono per esempio delle
società aventi per scopo di raccogliere i titoli creditori emessi da quei corpi morali che
potrebbero incontrare sul mercato delle difficoltà e di sostituirvi dei titoli uniformi, i
quali, più che dal versato capitale sociale, sono garantiti dal complesso dei crediti che
costituiscono il portafoglio della società” (il brano si legge per esteso in Galdi, Il Codice
del Commercio del Regno d'Italia, cit., p. 379)
9
Sulle obbligazioni emesse invece in Francia a partire dal 1850 dalle grandi compagnie
di strade ferrate, cfr. Spolidoro, Il capitale sociale, cit.,p. 206 (ed ivi i riferimenti alla più
antica letteratura), il quale non a torto rileva che “la classica contrapposizione concettuale
tra azioni e obbligazioni nasconde in realtà una parentela assai stretta. Essa si manifesta in
una serie di analogie o, se si preferisce, di coincidenze normative che lasciano intendere
che il processo di avvicinamento fra tali azioni e obbligazioni ha una storia meno breve di
quel che comunemente si pensa e soprattutto non riguarda soltanto il contenuto dei diritti
incorporati nel titolo ma strutture più profonde”.
7
tema di cartolarizzazione10, ai titoli (aventi anche forma di obbligazione, se
emessi ai sensi dell' art. 37 sexies della legge 11 febbraio 1994, n. 109,
come modificata dalla legge 18 novembre 1998, n. 415, c.d. Merloni-ter)
emessi dalla società veicolo per il reperimento dei mezzi necessari alla c.d.
finanza di progetto11, ad altri strumenti innovativi di finanziamento via via
comparsi sul mercato italiano, quali ad esempio i c.d. “riverse
convertible”12.
In linea di massima il nostro ordinamento non pone significative
condizioni alla capacità d’indebitamento delle s.p.a.. Ciò non significa che
non debba essere rispettato il benché minimo principio di equilibrio
sostanziale tra capitale proprio dell’impresa e capitale altrui; vi è tuttavia
una sostanziale tolleranza che il legislatore concede all’imprenditore nel
reperimento dei capitali necessari all’attività d’impresa, anche e soprattutto
in ragione delle mutevoli esigenze di mercato.
Il codice civile del 194213 ha creato una disciplina della s.p.a. cui risulta
estranea una visione dell’impresa come strumento per un’efficiente raccolta
10
Sulla quale cfr. almeno AA.VV., La cartolarizzaziolle dei crediti, a cura di R.
Pardolesi, Milano, 1999,passim (in particolare pp. 155 ss.); A. Sciarrone Alibrandi, Il
credito «cartolarizzato» e le società cessionarie, ed. provv., Milano, 2000, passim
11
Sia consentito rinviare, qui, alla relazione del Lamandini Le scelte inerenti alla
struttura finanziaria delle società di progetto. Gli aspetti giuridici dell'emissione degli
strumenti finanziari, al Convegno di studi dal titolo La legge Merloni ter e il project
financing del settore pubblico: opportunità e problemi per le banche organizzato
dall'Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa, Milano, 12 e 13 giugno
2000.
12
Si tratta di “obbligazioni” caratterizzate da particolari modalità di rimborso: infatti,
qualora alla scadenza del periodo di durata del titolo la quotazione del parametro di
riferimento, costituito da un'azione X sia uguale o maggiore di un prezzo prefissato (c.d.
“Strike”) noto fin dall'emissione dell'obbligazione, viene rimborsato al sottoscrittore
l'intero valore nominale; diversamente, viene consegnato al sottoscrittole un numero di
azioni X pari al rapporto tra il valore nominale sottoscritto e il prezzo “strike”.
13
Da “Le Società”N.8/2004 Gli strumenti finanziari alla luce della riforma del diritto
societario di Sergio Perugino.
8
di capitale14 . Il sistema di finanziamento delle s.p.a., così come previsto dal
suddetto codice civile, presupponeva che i mezzi di finanziamento delle
società fossero forniti in prima istanza dai soci dell’impresa, che si
accollavano il rischio della stessa e successivamente dalle banche per il
reperimento dei capitali che i soci non fossero in grado di procurare. E’
stata altresì trascurata la possibilità che i mezzi di finanziamento potessero
provenire da soggetti che, sebbene non interessati ad un’attiva
partecipazione all’attività d’impresa, sarebbero comunque pronti a
finanziarla, vedendo in essa una forma alternativa d’investimento dei propri
risparmi.
Và da sé che il sistema è entrato ben presto in crisi allorché le società
italiane hanno dovuto confrontarsi con la concorrenza di imprese estere,
non vincolate come le nostre da un ordinamento eccessivamente
penalizzante per quanto riguarda il reperimento di fonti di finanziamento.
La possibilità delle imprese estere di accedere a fonti di finanziamento
alternative al prestito bancario e a costi minori ha permesso loro una
maggiore competitività e ha messo a disposizione degli investitori prodotti
finanziari diversificati15.
Al di là di ciò, era tuttavia auspicabile un allineamento tra l’ordinamento
azionario italiano e quello dei paesi più finanziariamente sviluppati.
D.Preite, “Investitori Istituzionali e Riforma del Diritto delle Società per Azioni” in
riv.soc., 1993, 492-493.
15
La prassi aveva già individuato tra azioni ordinarie e obbligazioni alcune varianti,
dando vita così ad una serie di tipologie intermedie di titoli che hanno consentito alle
società di adattarsi il più possibile alle mutevoli esigenze dei risparmiatori
14
9
1.2 L’INTERVENTO DEL LEGISLATORE
Per regolare la situazione dal punto di vista normativo, il nostro
ordinamento ha pensato bene di rifarsi all’ordinamento dei paesi che per
primi hanno visto il sorgere, in forme assai variegate, queste forme di
finanziamento.
Nel mondo anglosassone il tradizionale strumento per l’emissione di titoli
di debito è quello che si avvale di un trust16, nel Regno Unito però il suo
utilizzo è rimesso interamente all’autonomia negoziale, mentre negli Stati
Uniti è obbligatorio17.
La veicolazione del prestito tramite un trust avviene nel senso che, a fronte
del finanziamento, la società emette debt securities sulle quali per effetto
del contratto di trust che viene contestualmente sottoscritto il sottoscrittore
non ha che una proprietà beneficiaria.
Si prevede cioè, convenzionalmente, che il diritto alla restituzione del
capitale e al pagamento degli interessi spetti al trustee (il quale risulta
anche titolare di ogni eventuale diritto di garanzia), di modo che il trustee,
e non, viceversa, il titolare del titolo, è creditore della società in ipotesi di
liquidazione o di ammissione a procedura concorsuale ed è sul trustee che
grava la responsabilità di imporre alla società l'adempimento delle sue
obbligazioni anche se, nell'ipotesi in cui il trustee dovesse omettere di
assolvere a questo incarico, agli stockholders viene riconosciuto un diritto
residuale, di natura equitativa, a far rispettare le obbligazioni, ponendo il
trustee nella posizione di coobbligato.
16
trust non è invece in genere utilizzato ove il debitore sia uno Stato.
Sia pure con alcune eccezioni, essenzialmente riconducibili alle emissioni garantite
dallo Stato o alle emissioni internazionali che non richiedono il prospetto in base al
Securities Act 1993.
17
10
Il vantaggio principale dello strumento va ovviamente ritrovato in ciò: che,
essendo normalmente il trustee un intermediario finanziario, gli
obbligazionisti (non diversamente da quanto accade agli investitori che si
affidino a fondi comuni) possono contare sull'attività di monitoraggio di un
investitore professionale18.
La relazione tra bondholders e trustee genera dunque un rapporto di
“agenzia” inerente alla gestione del prestito fatto alla società, che non è
governato da regole, quali quelle societarie, incentrate sul potere di nomina
e revoca, quanto piuttosto su vincolanti regole di condotta, la cui
violazione determina obblighi risarcitori e talora sostitutivi.
È muovendo da questa comune radice che gli ordinamenti anglosassoni
sono via via venuti sviluppando, grazie allo strumento contrattuale della
“subordinazione” (o postergazione), strumenti di finanziamento “ibridi”.
Riguardo la vivace controversia circa il carattere perpetuo, il legislatore a
intervenne espressamente evidenziando come la fattispecie di un
finanziamento “perpetuo” sia considerata dal legislatore inglese compatibile
anche con una relazione di debito e non solo con una relazione di
conferimento in senso proprio.
Se ne desume con un ragionamento che di per sé non è tuttavia
completamente trasponibile in Italia, dove si pone anche un problema di
differenziazione tra mutuo e associazione in partecipazione19, che non può
18
Si noti peraltro che, malgrado il silenzio della legge, anche i contratti di trust
prevedono in genere la convocazione di un'assemblea dei bondholders per assumere
decisioni rilevanti nell'interesse collettivo (negli Stati Uniti, tuttavia, la natura
individuale del diritto alla restituzione e al pagamento degli interessi tollera limitazioni
solo in casi tassativamente previsti): in luogo di molti, cfr. Campobasso, Gli strumenti di
finanziamento: le obbligazioni, cit, p. 254.
19
Sul quale diffusamente, in risposta al Perpetual Notes e obbligazioni a lunga e
lunghissima scadenza, Lamandini in “Banca, borsa e tit. cred.”, 1991, I, pp. 606 ss.,
Portale, Prestiti “subordinati e prestiti irredimibili (appunti)”, cit., p. 9. Rileva ora
correttamente Campobasso, Gli strumenti di finanziamento le obbligazioni, cit., p. 226
11
essere risolto facendo leva sul suddetto elemento che, poiché tratto
essenziale del mutuo è il diritto alla restituzione, “le securities qualificate
come perpetue o irredimibili continuano ad essere prestiti, se nella sostanza
è previsto che esse debbano essere rimborsate al verificarsi della
liquidazione della società”.
In base alle istruzioni che la Banca d’Inghilterra emanò nel 1986
consentendo agli emittenti di debiti perpetui di sostituire, alla clausola di
conversione obbligatoria effettiva, una diversa clausola di conversione
convenzionale, lo strumento ibrido viene così a rappresentare un diritto del
titolare al pagamento periodico di interessi ed alla restituzione del capitale
solo in fase di liquidazione dell’ente. Ed è proprio per questo motivo che
questo tipo di security, in genere detta capital security si qualifica come
irredimibile o perpetua.
La pretesa è tuttavia subordinata al massimo grado20, nel senso che non è
assistita da alcuna garanzia, se non quella della decadenza dal beneficio
del termine per il caso di mancato pagamento, una o più volte, degli
interessi maturati e può essere soddisfatta solo dopo che tutti gli altri
creditori della società siano stati integralmente pagati e sempre che le
perdite non eccedano un determinato ammontare. In questa evenienza
operano infatti meccanismi di conversione automatica (effettiva o
nota l che “per quanto riguarda la durata del prestito obbligazionario, la possibilità di
emettere obbligazioni irredimibili è pacificamente ammessa nell'ordinamento inglese e
d'altro canto nulla osta negli altri ordinamenti a che il termine di durata sia
commissariato all'attuale durata della società”.
20
Si legge così, nei regolamenti di emissione, che “the rights of the trustee, the
bondholders and the couponholders in respect of the principal of and the interest on the
bonds and under the guarantee thereof are subordinated to the claims of all senior
creditors [...]”. Si noti peraltro che i portatori di capital securities sono creditori di
ultimo grado anche quando la società abbia emesso altre subordinated debt securities, le
quali normalmente rappresentano pretese sì subordinate ma di grado precedente.
12
convenzionale) dello strumento in azione se la società non provvede al
ripianamento delle perdite.
Ciò non di meno al titolare dello strumento è pur sempre riconosciuto - a
differenza di quanto sembrano invece prevedere in Italia le Istruzioni di
vigilanza della Banca d’Italia il diritto di chiedere la dichiarazione di
fallimento dell'ente per il caso di insolvenza e inadempimento dell'obbligo
di pagamento degli interessi. Ciò che, come vedremo nel seguito, non
sembra privo di rilievo ai fini della qualificazione giuridica.
Negli Stati Uniti un ibrido corrispondente alle perpetual notes ha avuto
qualche successo, ai fini del finanziamento dell'industria bancaria, nello
stesso arco di tempo in cui esso è comparso e ha ricevuto regolamentazione
nel Regno Unito. Qui ha tuttavia assunto, almeno inizialmente, la forma di
perpetuai preferred stock e dunque, secondo le nostre categorie, natura di
capitale di rischio.
Meno frequenti, seppur non del tutto assenti, erano anche allora i casi di
irredeemable annuities, i quali, come le perpetuai notes, si presentano come
bonds la cui scadenza coincide con la data di liquidazione della società.
Altri strumenti ibridi presenti già da tempo negli Stati Uniti sono i trust
preferred securities che hanno progressivamente preso il posto delle
perpetual preferred shareres. Si tratta di corporate securities che hanno
caratteristiche comuni sia alle preferred stock sia alle corporate debt
securities. Infatti, pur nell'ampia varietà di forme da esse assunte nella
pratica (conseguenza dell'ampia libertà di regolamentazione rimessa
all'autonomia negoziale negli Stati Uniti), queste securities consistono
essenzialmente in ciò: l'emittente è un trust o una società veicolo allo
scopo costituita (la quale può avere indifferentemente la forma di
corporation o di partnership) che, a fronte del collocamento di titoli
13
“partecipativi” (necessariamente diversi dalle azioni), raccoglie attività
finanziarie
che
a
sua
volta
presta,
sottoscrivendo
un
prestito
obbligazionario a lungo termine munito di clausola di subordinazione, alla
società beneficiaria della complessiva operazione di finanziamento.
Le obbligazioni da quest'ultima emesse, le quali possono essere o non
essere convertibili, sono strutturate in modo tale da consentire al trust o
alla società veicolo di servirsi degli interessi e, alla scadenza, della quota
capitale al fine di onorare gli impegni “incorporati” nei titoli da essi stessi
emessi.
Le obbligazioni hanno durata di 30 anni, normalmente rinnovabile di altri
19 (ma l'obbligazione assume talora carattere perpetuo quando l'emittente
non è una società statunitense). I titoli emessi dal trust o dalla società
veicolo
sono
riscattabili
alla
scadenza
del
sottostante
prestito
obbligazionario (o in ipotesi di sua estinzione anticipata) e, a somiglianza
delle preferred shares, presentano clausole di interest deferral fino a un
massimo di 5 anni per il caso di mancato conseguimento di utili
distribuibili di periodo.
La particolare convenienza dell' operazione per gli emittenti va
rinvenuta sia nel fatto che, fiscalmente, gli interessi pagati dalla società
beneficiaria sono oneri deducibili, sia nella circostanza che le società di
rating considerano questi strumenti equity like.
Per questo dal 1996 negli Stati Uniti vennero ampliamente emesse capital
securities, spesso in luogo del perpetual preferred stock. Esse devono
tuttavia prevedere un differimento, per un periodo della durata minima di
cinque anni consecutivi, nella distribuzione di utilità ai possessori delle
preferred securities e si richiede che il prestito obbligazionario sia
14
subordinato ad ogni altro debito subordinato della società bancaria e che
esso abbia la più lunga durata possibile.
L'arbitraggio finanziario consente alle parti di modellare secondo le
singole esigenze del caso concreto il contenuto contrattuale della relazione
di finanziamento,superando agevolmente, specie quanto alla componente
patrimoniale e reddituale della “partecipazione”, le eventuali indesiderate
esternalità derivanti da scelte regolamentari.
Anche gli “ibridi debt/equity” non costituiscono naturalmente un
trovato della sola fantasia finanziaria anglosassone. Gli ordinamenti
continentali conoscono infatti da tempo per effetto della già rilevata, e
“antica”, circolarità dei modelli - strumenti “ibridi” di finanziamento
suscettibili di cartolarizzazione. Con una differenza però: che essi, in questi
ordinamenti, tendono a ricevere una collocazione sistematica autonoma e
una tipizzazione,seppur minima, sia rispetto al capitale sia rispetto al debito
vero e proprio.
In Francia le loro caratteristiche principali consistono nel fatto che essi non
sono rimborsati che in sede di liquidazione dell'ente, dopo il pagamento di
tutti gli altri creditori; attribuiscono sotto il profilo amministrativo
essenzialmente diritti d'informazione e dal punto di vista patrimoniale
riconoscono al titolare: (i) sia una ,partecipazione agli utili; (ii) sia un
diritto alla quota di liquidazione, subordinatamente peraltro al pagamento
di tutti i creditori sociali, ivi compresi i prestiti partecipativi.
Del fatto che questi certificati di partecipazione equivalessero o meno
all’acquisto di azioni se ne è occupata anche la Commissione dell’Unione
Europea, stabilendo, nel caso Swissair, che tali certificati non
comporteranno alcun diritto di voto, ne conferiranno ai loro detentori alcun
diritto ad una quota delle attività residue dell’impresa in caso di
15
liquidazione; in tal caso essi andranno rimborsati al loro prezzo originario
prima che si proceda ad un qualsiasi rimborso del capitale azionario.
La Commissione è inoltre del parere che tali certificati speciali di
partecipazione costituiscano sostanzialmente una forma di capitale di
credito e non un capitale proprio.
Seguendo (in qualche misura) questi modelli stranieri l'ordinamento
interno, come si è detto, ha visto comparire nella pratica diverse fattispecie
di titoli ibridi21. Tra questi particolare rilevanza sistematica spetta a quelli
che il legislatore ha ritenuto di “tipizzare” con riguardo al settore bancario all'art. 12, ultimo comma testi unico bancario i titoli, che possono assumere
per espressa previsione anche la forma di obbligazioni, rappresentativi di un
prestito subordinato irredimibile.
Come è stato correttamente rilevato, l'adozione della categoria, in
adempimento
degli
impegni
comunitari
derivanti
dalla
direttiva
89/299/CEE, riflette l'adozione di un concetto “materiale di capitale
proprio”, in quanto si riconosce l'esistenza di forme di finanziamento
(caratterizzate da un minimo di durata) da parte di terzi. I tratti tipologici
della fattispecie sono fissati nelle vigenti Istruzioni di vigilanza della Banca
d'Italia al Titolo V, capitolo 3:
Sulla “prima” stagione dei titoli “atipici”, rappresentativi spesso di un’associazione
in partecipazione in iniziative immobiliari, cfr. supra, nota 10. Sulle peculiari «quote»
di partecipazione emesse dalle Casse di Risparmio, cfr. innanzitutto R. Costi, Per la
riforma delle Casse di Risparmio: le indicazioni della Banca d'Italia, in “Giur.
comm.”, 1982,I, p. 283e Id., La riforma delle Casse di Risparmio: problemi giuridici.
ivi, 1982, I,p. 456 e quindi, per la conclusione della vicenda, Cass., sez. un., 27
.10.1994, n. 8836 in “Banca, borsa e tit. cred.”, 1995, II, p. 526 con nota di R.Lener (e
ivi gli altri riff): e si noti che qui la Suprema Corte ha ritenuto giustificata dalla
particolare natura “partecipativa” delle quote la durata perpetua delle stesse.
21
16
prestiti irredimibili […] sono passività il cui contratto prevede le seguenti
condizioni:
a) in caso di perdite di bilancio, le somme rinvenienti dalle suddette
passività e dagli interessi maturati possono essere utilizzate per far fronte
alle perdite, al fine di consentire all'ente emittente di continuare l'attività;
b) in caso di andamenti negativi nella gestione, può essere sospeso il
diritto alla remunerazione nella misura necessaria a evitare o a limitare il
più possibile l'insorgere di perdite;
c) in caso di liquidazione dell' ente emittente, il debito può essere
rimborsato solo dopo che siano stati soddisfatti tutti gli altri ereditari non
egualmente subordinati.
A differenza che nelle precedenti Istruzioni, la Banca d'Italia, ha qui
dovuto, sulla spinta della prassi, ulteriormente approfondire la distinzione
tra “equity” e “quasi equity” distinguendo, anche in punto di disciplina, gli
ibridi di patrimonializzazione indicati dagli “strumenti innovativi di
capitale”, intendendo per tali quei titoli “quali le preference shares” che
“sono titoli emessi da controllate estere incluse nel gruppo bancario” e che,
per la loro prevalente componente “equity” sono computati, per intero, nel
patrimonio di base e non già, come gli ibridi di patrimonializzazione, in
quello supplementare.
La Banca d'Italia ha in particolare precisato che gli strumenti innovativi
di capitale, per poter essere computati a patrimonio, devono: essere
irredimibili. L'eventuale facoltà di rimborso da parte dell’emittente non può
essere prevista prima che siano trascorsi 10 anni dall' emissione; il rimborso
deve essere preventivamente autorizzato dalla Banca d'Italia;
prevedere eventuali clausole di revisione automatica del tasso di
remunerazione (c.d. step up) solo dopo 10 anni di vita del prestito;
17
l'ammontare dello step up non può eccedere, alternativamente, i 100 punti
base oppure il ,50% dello spread rispetto alla base di riferimento al netto del
differenziale tra la base di riferimento iniziale e quella sulla quale si calcola
l'aumento di tasso;
prevedere la possibilità di non corrispondere gli interessi ai detentori dei
titoli se, nell' esercizio precedente, la banca che controlla direttamente o
indirettamente la società emittente non ha avuto profitti distribuibili e/o non
ha pagato dividendi agli azionisti, ordinari e di risparmio;
gli interessi non possono essere cumulabili: qualora non siano pagati, il
diritto alla remunerazione è perso definitivamente;
prevedere che in caso di liquidazione della banca, i possessori dei titoli,
privilegiati rispetto ai detentori di azioni ordinarie e di risparmio, devono
essere subordinati a tutti gli altri creditori;
essere assistiti da apposito contratto, detto di on lending, che determini
il trasferimento delle somme raccolte alla banca a condizioni analoghe a
quelle previste per l'emissione.
Tutto questo ha il merito di evidenziare come la risposta regolamentare,
quand'anche comporti la definizione di condizioni legali per il
riconoscimento di determinati effetti sul piano della disciplina, non debba
(e non possa) più muovere da una prospettiva tipizzante e costrittiva che
disconosca l' elasticità delle fattispecie sia azionarie sia obbligazionarie.
In questo senso l’aggiornamento delle Istruzioni di vigilanza aiuta a
illuminare il tema degli ibridi di patrimonializzazione: spesso muovendo
dal presupposto (in verità coerente con la concezione tipizzante del codice
del 1942 ma per vero non altrettanto coerente con le indicazioni che
18
vengono
dall'esperienza
finanziaria
internazionale,
fortemente
condizionata dal modello concettuale anglosassone) che in tanto gli ibridi
siano ammissibili in quanto in difetto di tipizzazione legale risultino
riconducibili a un rapporto contrattuale sottostante tipico, seppur diverso
dal conferimento e dal prestito.
Questa prospettiva ricostruttiva sembra a sua volta aver risentito
dell'ambiguità della disciplina regolamentare dettata dalla Banca d'Italia.
Questa infatti, nel definire gli ibridi di patrimonializzazione, non sembra
aver attribuito particolare significato sistematico alla circostanza che invece
appare rilevante nell'esperienza della piazza londinese che il titolare dei
perpetuals (o il trustee) conserva in genere il diritto di chiedere la
liquidazione dell' ente per il caso di mancato pagamento degli interessi
dovuti da parte della banca; ciò almeno fin tanto che non scatti il
meccanismo di conversione automatica convenzionalmente pattuito, anche
per gli strumenti, di diritto italiano22 sulla falsariga delle c.d. deeming
provisions.
Non si nega certo che il “tipo” dell'associazione in partecipazione o
della cointeressenza possa in molte situazioni essere di ausilio nella
definizione del regime giuridico degli “ibridi”, specie in quei casi in cui essi
come accade ai prestiti irredimibili definiti dalla Banca d'Italia più si
allontanano dal debito pur senza sconfinare in una situazione azionaria.
22
Cfr. Galletti, «elasticità» della fattispecie obbligazionaria, cit., p.272. La convinzione
dell'ammissibilità di clausole di conversione automatica non sembra possa ritenersi messa
in discussione dall'orientamento manifestato, in tutt'altro contesto, dalla CONSOB,
laddove essa ha ritenuto inammissibili previsioni statutarie di conversione automatica
delle azioni di risparmio in azioni ordinarie in occasione del lancio di un'offerta pubblica
(cfr. “CONSOB informa”, n. 31 del2 agosto 1999). La CONSOB è infatti pervenuta alla
detta conclusione svolgendo considerazioni in ordine all'obiettivo di facilitazione della
contendibilità del controllo, che non hanno qui modo di operare.
19
Non sembra che da ciò possa desumersi la generale riconduzione degli
ibridi alla fattispecie dell' associazione in partecipazione, non fosse altro
perché, a seconda della concreta conformazione dei diritti patrimoniali e
amministrativi nel singolo caso, da un lato vi sono ibridi, quali i perpetuals
nella loro “originaria” e tuttora diffusa versione londinese23, che
mantengono natura (sia pure sui generis) di debito e dall' altro lato vi sono
ibridi nei quali l'apporto è imputato a capitale e che dunque sono assumibili
nel tipo
azionario (da noi, oggi, nella categoria delle azioni di risparmio, intesa
come categoria tipica a contenuto atipico).
In una prospettiva orientata alla regolazione, d'altronde, più di una
perplessità sembrerebbe esservi circa l'opportunità di scelte regolatorie che
non si limitassero a riconoscere l'esistenza di strumenti finanziari
partecipativi e non partecipativi intermedi tra azioni e obbligazioni - in
certo qual modo ponendo rimedio alla solo limitata disponibilità del trust
negli ordinamenti continentali per modulare la fattispecie di finanziamento
ma intendessero fare ampiamente leva sul contratto di associazione in
partecipazione per definire il contenuto di tutte le fattispecie “ibride” di
finanziamento.
Ciò non tanto per il rilievo sistematico pur autorevolmente avanzato, ma in
genere giustamente ritenuto superabile secondo cui “il modello
dell'associazione in partecipazione sarebbe naturalmente funzionale a
vicende nelle quali il rapporto tra le parti resta personalizzato, sicché il
risparmiatore che investe (vuole e) può altrimenti, ed efficacemente,
tutelarsi” mentre non sembra essere disponibile per “l'offerta alla massa
23
cfr. Vanoni, I crediti subordinati, cit., pp. 99 ss.
20
della partecipazione al capitale di rischio o di credito coinvolto in un affare
o in un impresa, nella cui gestione non si possa minimamente intervenire e
con margine di perdita limitato all'investimento effettuato” perché tale
risultato è “ordinato nel codice con gli schemi questa volta tipici delle
azioni di accomandita per azioni o dei titoli obbligazionari”; ma piuttosto
perché
un
simile
atteggiamento,
pur
correttamente
rivendicando
“l'elasticità” della fattispecie obbligazionaria, pretende di estendere i limiti
della fattispecie non con un ampio richiamo al free bargaining (rimettendo
dunque alle parti ampi poteri dispositivi nella definizione del contenuto
della categoria azionaria e obbligazionaria e per le aree più marcatamente
ibride definendo una terza fattispecie residuale a contenuto “atipico”), ma
con l'utilizzo di un (ulteriore) schema tipico: l'atipico si farebbe dunque
tipico
tramite
altre
figure
tipiche
(quelle
dell'associazione
in
partecipazione o quelle dell'interessenza). Ciò che in verità non sembra
assecondare adeguatamente i bisogni dell'economia, perché vale per sua
natura a reiterare solo contenuti predeterminati e sottrae l'opportunità alla
pratica di sviluppare liberamente nuovi strumenti.
Con il D.Lgs. n. 6/200324 il legislatore italiano pone mano al tema del
finanziamento delle società. Per accrescere la competitività delle società
italiane e per consentire loro un più facile accesso ai mercati, è stato
previsto un rafforzamento della struttura finanziaria delle stesse. La legge
delega stabilisce nel dettaglio i criteri di attuazione per singole tipologie di
società. Il legislatore ha così inteso permettere oltre all’offerta di titoli di
debito
anche
l’emissione
di
strumenti
“ibridi”,
che
assimilano
24
Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 "Riforma organica della disciplina delle
societa' di capitali e societa' cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n.
366" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2003 - Supplemento
Ordinario n. 8
21
caratteristiche economiche e giuridiche intermedie tra titoli azionari e titoli
obbligazionari e che presentano inoltre un certo grado di partecipatività
all’organizzazione corporativa delle società, ma non tale da permettere di
qualificare gli stessi come strumenti rappresentativi del capitale di rischio.
1.3 IL
PROBLEMA DELLA PARTECIPATIVITÀ DEGLI STRUMENTI
FINANZIARI
L’art. 2346 c.c.25 offre la possibilità di attribuire diritti patrimoniali e
amministrativi ad alcuni strumenti finanziari: il problema consiste nel
capire se tali diritti siano attribuibili anche agli strumenti finanziari non
partecipativi o siano invece esclusivi di quelli partecipativi. Viene da
chiedersi se solo gli strumenti dotati anche dei diritti amministrativi siano
25
Art. 2346 c.c. :Emissione delle azioni. - La partecipazione sociale è rappresentata da
azioni; salvo diversa disposizione di leggi speciali lo statuto può escludere l'emissione dei
relativi titoli o prevedere l'utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e
circolazione.
Se determinato nello statuto, il valore nominale di ciascuna azione corrisponde ad una
frazione del capitale sociale; tale determinazione deve riferirsi senza eccezioni a tutte le
azioni emesse dalla società.
In mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso
si riferiscono si applicano con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni
emesse.
A ciascun socio è assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale
sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. L'atto
costitutivo può prevedere una diversa assegnazione delle azioni.
In nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore
all'ammontare globale del capitale sociale.
Resta salva la possibilità che la società, a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi
anche di opera o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche
di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti. In tal caso
lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le
sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di
circolazione.
22
riconoscibili come strumenti partecipativi26. Come si evince dall’art. 4,
comma 6, lett. c della legge delega27 si intuisce che il legislatore volesse
riconoscere a questi ultimi la possibilità esclusiva di conferire diritti
amministrativi28.
Oggi è implicitamente abbandonato il principio di bilanciamento tra
l’aspetto amministrativo e l’aspetto patrimoniale del titolo azionario: si
abbandona il principio che subordina la limitazione del diritto di voto al
riconoscimento di un trattamento preferenziale nella partecipazione agli
utili, come pure nella rimborso del capitale in sede di liquidazione. Alla
luce di quanto detto sembra poco realistico classificare gli strumenti
finanziari sulla base della dotazione o meno di diritti amministrativi.
L’opinione prevalente è che non sia la partecipazione al rischio d’impresa
che permette di distinguere lo strumento partecipativo da quello non
partecipativo, il socio dagli altri finanziatori; è il diritto di voto a costituire
l’elemento fondamentale per distinguere i titoli partecipativi da quelli non
partecipativi. A tal fine assume particolare importanza l’art. 2365 c.c.29 che
Ferri jr. “Finanziamento dell’impresa e partecipazione sociale” in riv.dir.comm. 2002,
121
27
la riforma è diretta a “prevede la possibilità, i limiti e le condizioni di emissione di
strumenti finanziari non partecipativi e partecipativi dotati di diversi diritti patrimoniali e
amministrativi”
28
In realtà non mancano interpretazioni differenti della norma atte a garantire la più
ampia autonomia statutaria nell’articolazione della disciplina del finanziamento
dell’impresa.
26
29
Art.2365 c.c. (Assemblea straordinaria). - L'assemblea straordinaria delibera sulle
modificazioni dello statuto, sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori e
su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza. Fermo
quanto disposto dagli articoli 2420-ter e 2443, lo statuto puo' attribuire alla competenza
dell'organo amministrativo o del consiglio di sorveglianza o del consiglio di gestione le
deliberazioni concernenti la fusione nei casi previsti dagli articoli 2505 e 2505-bis,
l'istituzione o la soppressione di sedi secondarie, la indicazione di quali tra gli
amministratori hanno la rappresentanza della societa', la riduzione del capitale in caso di
23
individua nell’assemblea straordinaria l’organo sociale deputato a prendere
decisioni in merito al finanziamento dell’impresa. Pertanto nel momento in
cui un dato finanziamento, tra le altre facoltà, dovesse conferire al titolare
dello stesso anche il diritto di voto nell’assemblea straordinaria, il titolo in
esame è da considerarsi partecipativo. Il finanziamento dello stesso sarà un
finanziamento societario e il relativo titolare dovrà essere qualificato socio
a tutti gli effetti di legge.
Contenuto degli strumenti finanziari
In materia di conferimenti, per quanto riguarda i titoli azionari30, il
legislatore introduce il principio della disponibilità tra i soci del rapporto tra
valore del singolo conferimento e quantità delle azioni da ciascuno di essi
possedute. La non necessaria proporzionalità tra conferimento e numero
delle azioni attribuite al singolo conferente amplia l’autonomia negoziale
dei soci. Tale impostazione permette una maggiore tutela degli apporti del
socio che non possono essere imputati al capitale sociale, ma che comunque
avvantaggiano la società. Ancora oggi sembra che per i titoli azionari, i beni
conferibili restino circoscritti al denaro, ai beni in natura e ai crediti (art.
2342 c.c.31).
recesso del socio, gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative, il trasferimento
della sede sociale nel territorio nazionale. Si applica in ogni caso l'articolo 2436.
Da “Le Società”N.8/2004 Gli strumenti finanziari alla luce della riforma del diritto
societario di Sergio Perugino.
30
31
Art.2342 c.c. (Conferimenti). - Se nell'atto costitutivo non e' stabilito diversamente, il
conferimento deve farsi in danaro. Alla sottoscrizione dell'atto costitutivo deve essere
versato presso una banca almeno il venticinque per cento dei conferimenti in danaro o,
nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare. Per i conferimenti
24
Nell’art. 2346 c.c.32 il legislatore è chiaramente intenzionato ad annoverare
tra i beni conferibili anche “opere e servizi”, ai fini dell’emissione di altri
strumenti finanziari. Ciò lascia supporre che i possibili conferimenti in
relazione agli altri strumenti finanziari comprendano una categoria di beni
sicuramente più ampia rispetto a quella prevista per le azioni e per le
obbligazioni.
1.4 DIRITTI PATRIMONIALI
In tema di diritti particolari attribuibili alle azioni si ravvisa la possibilità,
prevista dall’art. 2350, commi 2 e 3 c.c., che la società, fatto salvo quanto
di beni in natura e di crediti si osservano le disposizioni degli articoli 2254 e 2255. Le
azioni corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento
della sottoscrizione. Se viene meno la pluralita' dei soci, i versamenti ancora dovuti
devono essere effettuati entro novanta giorni. Non possono formare oggetto di
conferimento le prestazioni di opera o di servizi.
32
Art.2346 c.c. (Emissione delle azioni). - La partecipazione sociale e' rappresentata da
azioni; salvo diversa disposizione di leggi speciali lo statuto può escludere l'emissione dei
relativi titoli o prevedere l'utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e
circolazione. Se determinato nello statuto, il valore nominale di ciascuna azione
corrisponde ad una frazione del capitale sociale; tale determinazione deve riferirsi senza
eccezioni a tutte le azioni emesse dalla società.
In mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso si
riferiscono si applicano con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni
emesse.
A ciascun socio e' assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale
sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. L'atto
costitutivo può prevedere una diversa assegnazione delle azioni.
In nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore
all'ammontare globale del capitale sociale.
Resta salva la possibilità che la società, a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi
anche di opera o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche
di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti. In tal caso
lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le
sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di
circolazione.
25
previsto dall’art. 2447 bis, possa emettere azioni fornite di diritti correlati ai
risultati dell’attività sociale in un determinato settore33, con il limite
dell’impossibilità di distribuire utili in mancanza degli stessi in bilancio e
quindi con il conseguente rinvio della distribuzione nel periodo successivo
alla sua approvazione.
Per quanto riguarda le obbligazioni si evince dall’art. 241134 c.c. che il
credito degli obbligazionisti alla restituzione del capitale e agli interessi può
essere in tutto o in parte subordinato alla soddisfazione dei diritti di altri
creditori della società. I tempi e le modalità di rimborso del capitale e del
pagamento degli interessi possono subire delle variazioni in ragione di
parametri oggettivi legati anche alla performance economica dell’azienda.
Viene estesa anche l’entità massima di obbligazioni che l’impresa può
emettere, così come previsto dall’art. 2412 c.c.35, evidenziando la volontà
Da “Le Società”N.8/2004 Gli strumenti finanziari alla luce della riforma del diritto
societario di Sergio Perugino.
34
2411. - Deposito e iscrizione della deliberazione
Il notaio che ha verbalizzato la deliberazione dell'assemblea, entro trenta giorni, verificato
l'adempimento delle condizioni stabilite dalla legge, ne richiede l'iscrizione nel registro
delle imprese contestualmente al deposito e allega le eventuali autorizzazioni richieste.
L'ufficio del registro delle imprese, verificata la regolarità formale della documentazione,
iscrive la delibera nel registro. Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite
dalla legge, ne dà comunicazione tempestivamente, e comunque non oltre il detto
termine, agli amministratori. Gli amministratori, nei trenta giorni successivi e, in
mancanza, ciascun socio a spese della società, possono ricorrere al tribunale per il
provvedimento di cui ai commi secondo e terzo. Tutti i termini previsti in disposizioni
speciali con riferimento all'omologazione della delibera decorrono dalla data
dell'iscrizione nel registro delle imprese.
Comma così sostituito ex art. 32, l. 24-11-2000, n. 340
Il tribunale, verificato l'adempimento delle condizioni richieste dalla legge e sentito il
pubblico ministero, ordina l'iscrizione (2) nel registro delle imprese.
Il decreto del tribunale è soggetto a reclamo davanti alla corte di appello entro trenta
giorni dalla comunicazione.
La deliberazione non può essere eseguita se non dopo l'iscrizione.
33
35
Art.2412 c.c. (Limiti all'emissione). - La societa' puo' emettere obbligazioni al portatore
o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale,
della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. I
26
del legislatore di assottigliare la linea di confine tra capitale di rischio e
capitale di credito36.
1.5 DIRITTI AMMINISTRATIVI
Per quanto riguarda i diritti amministrativi diversi dal diritto di voto di
cui si è detto in precedenza, il nuovo art. 2348, comma 2, c.c., stabilisce che
“si possono tuttavia creare con lo statuto o con successive modificazioni di
questo, categorie di azioni fornite di diritti diversi anche per quanto
concerne l’incidenza delle perdite. In tal caso la società, nei limiti imposti
dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle
varie categorie”.
Per quanto riguarda gli strumenti finanziari, ai possessori di tali
strumenti sembra preclusa la possibilità di partecipare all’assemblea degli
sindaci attestano il rispetto del suddetto limite.Il limite di cui al primo comma puo' essere
superato se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da
parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi
speciali. In caso di successiva circolazione delle obbligazioni, chi le trasferisce risponde
della solvenza della societa' nei confronti degli acquirenti che non siano investitori
professionali. Non e' soggetta al limite di cui al primo comma, e non rientra nel calcolo al
fine del medesimo, l'emissione di obbligazioni garantite da ipoteca di primo grado su
immobili di proprieta' della societa', sino a due terzi del valore degli immobili medesimi.
Il primo e il secondo comma non si applicano all'emissione di obbligazioni effettuata da
societa' le cui azioni siano quotate in mercati regolamentati, limitatamente alle
obbligazioni destinate ad essere quotate negli stessi o in altri mercati regolamentati.
Quando ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale, la societa' puo'
essere autorizzata con provvedimento dell'autorita' governativa, ad emettere obbligazioni
per somma superiore a quanto previsto nel presente articolo, con l'osservanza dei limiti,
delle modalita' e delle cautele stabilite nel provvedimento stesso. Restano salve le
disposizioni di leggi speciali relative a particolari categorie di societa' e alle riserve di
attivita'.
M.Notari,”Azioni e strumenti fianziari:confini delle fattispecie e profili di disciplina”,in
Banca,Borsa tit.cred.2004
36
27
azionisti (art. 2346, comma 637, art. 2349, comma 238). Per quanto riguarda
gli altri diritti amministrativi, il legislatore sembra voler lasciare ampio
margine di manovra: possibilità di ispezionare i libri sociali, di richiedere
relazioni all’organismo amministrativo, di intervenire nelle assemblee, di
votare su argomenti specificamente indicati (art. 2351, ultimo comma).
CONSIDERAZIONI
37
Art.2346 c.c. (Emissione delle azioni). - La partecipazione sociale e' rappresentata da
azioni; salvo diversa disposizione di leggi speciali lo statuto puo' escludere l'emissione
dei relativi titoli o prevedere l'utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e
circolazion.Se determinato nello statuto, il valore nominale di ciascuna azione
corrisponde ad una frazione del capitale sociale; tale determinazione deve riferirsi senza
eccezioni a tutte le azioni emesse dalla societa'. In mancanza di indicazione del valore
nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso si riferiscono si applicano con riguardo
al loro numero in rapporto al totale delle azioni emesse. A ciascun socio e' assegnato un
numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e per un valore
non superiore a quello del suo conferimento. L'atto costitutivo puo' prevedere una diversa
assegnazione delle azioni. In nessun caso il valore dei conferimenti puo' essere
complessivamente inferiore all'ammontare globale del capitale sociale. Resta salva la
possibilita' che la societa', a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera
o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti
amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo
statuto ne disciplina le modalita' e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le
sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di
circolazione.
38
Art.2349 c.c. (Azioni e strumenti finanziari a favore dei prestatori di lavoro). - Se lo
statuto lo prevede, l'assemblea straordinaria puo' deliberare l'assegnazione di utili ai
prestatori di lavoro dipendenti delle societa' o da societa' controllate mediante l'emissione,
per un ammontare corrispondente agli utili stessi, di speciali categorie di azioni da
assegnare individualmente ai prestatori di lavoro, con norme particolari riguardo alla
forma, al modo di trasferimento ed ai diritti spettanti agli azionisti. Il capitale sociale deve
essere aumentato in misura corrispondente.L'assemblea straordinaria puo' altresi'
deliberare l'assegnazione ai dipendenti della societa' o di societa' controllate di strumenti
finanziari, diversi dalle azioni, forniti di diritti patrimoniali o diritti amministrativi,
escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti. In tal caso possono essere previste
norme particolari riguardo alle condizioni di esercizio dei diritti attribuiti, alla possibilita'
di trasferimento ed alle eventuali cause di decadenza o riscatto.
28
Perché il debito di mercato sostituisca i prestiti bancari serve un elevato
livello dell’informazione societaria, tanto più che oggetto della riforma
sono emittenti piccoli e medi. La depenalizzazione e la riduzione delle
sanzioni per reati connessi alla corretta e completa informativa sociale non
vanno nella direzione dell’incentivazione degli strumenti finanziari
alternativi al credito. Vi sono poi problematiche relative alla tutela degli
investimenti connessi all’emissione di questi strumenti, nonché al
ripensamento delle azioni al risparmio per le s.p.a. quotate in borsa39.
1.6 IL MEZZANIN FINANCE E LA RIFORMA DEL DIRITTO SOCIETARIO
In questi ultimi anni, gli scambi di prodotti finanziari innovativi si
sono fortemente sviluppati nei mercati borsistici40 .
Nuovi tipi di contratti vengono frequentemente proposti dagli operatori, a
servizio delle esigenze di diversificazione dei rischi, assecondando il
processo di globalizzazione dei mercati finanziari.
I profili di rischio/rendimento dei prodotti derivati, sia a livello macro che
microeconomico sono complessi e richiedono particolare attenzione.
Da qui la necessità di gestione unitaria del rischio da parte degli
intermediari finanziari e di forme di controllo coordinato, cui sollecitano
anche le direttive recentemente emanate dalle Autorità di Vigilanza41.
Da “Le Società”N.8/2004 Gli strumenti finanziari alla luce della riforma del diritto
societario di Sergio Perugino.
40
Tratto dall’introduzione di Luigi Arcuti al testo “Strumenti Finanziai innovativi e
profili di Rischio” Gruppo IMI edizioni Il Sole 24 Ore
41
Tratto da”Strumenti finanziari innovativi e profili di rischio” a cura di Ranier S.
Masera e Marcello Mentini, Finanza ed industria collana IMI-Il Sole 24 Ore Libri
39
29
Va osservato al riguardo che per molti intermediari tali riflessioni
vengono sempre più stimolate dalle modifiche intervenute negli anni più
recenti nella struttura stessa del loro bilancio, in cui le partite off-balance
tendono a pareggiare se non a superare le più tradizionali attività onbalance. Tutte comunque devono essere ricomprese tra le poste di
bilancio, superando la dicotomia42 on-off, che non ha più ragion d'essere.
Il problema che si pone non è quindi puramente finanziario ma investe
l'esatta misurazione del merito di credito e del relativo rischio. Tale
valutazione risulta peraltro alquanto complessa, in quanto il rapporto
bilaterale che si crea tra due controparti crea, a sua volta, una catena di
interrelazioni
con
altri
intermediari,
che
tende
ad
amplificare
considerevolmente la dimensione delle relative esposizioni creditizie.
La salvaguardia della stabilità del sistema finanziario, nel rispetto
dell'autonomia e dell'efficienza degli enti creditizi, è compito prioritario
delle Autorità di Vigilanza, che tendono a determinare dei ratios
patrimoniali in relazione alle diverse configurazioni assunte dal rischio.
Allo stesso tempo gli intermediari creditizi e finanziari affinano la
formulazione di prodotti sempre nuovi e modificano così in continuazione il
peso del rischio e le relative tecniche di valutazione e controllo. In questo
gioco, che nasce come noto dalle esigenze finanziarie sempre più sofisticate
di diversi soggetti, entrano anche operatori non bancari e società finanziarie
di tanti livelli, spesso facenti parte di gruppi creditizi diversificati43.
42
Divisione in due parti, separazione tra due elementi; divisione di un concetto in due
parti, solitamente contrarie
43
A tale proposito, risulta di primaria importanza la considerazione, da parte di ciascun
operatore, non solo del suo return-on-equity, ma anche del più innovativo concetto del
return-on-risk; in ogni caso, è opportuno che vengano imposte delle regole prudenziali
per evitare di giungere al point of no return.
30
In sintesi, risulta oggi evidente che in questo campo di attività sempre più
innovative e sofisticate, in cui progressi telematici e la caduta delle barriere
ai movimenti internazionali dei capitali tendono a stimolare lo sviluppo
continuo di nuove tecniche, si può continuare a operare con successo solo
se si ha competenza analitica, preparazione professionale, contezza del
limite dei propri poteri, e una attenta valutazione del merito di credito delle
controparti44.
Il
forte
sviluppo
delle
operazioni
di
ristrutturazione
(corporate
restructuring) di imprese commerciali e industriali verificatosi nel mondo
anglosassone nel corso degli anni ottanta ha portato con sé numerose
innovazioni finanziarie. Fra queste ultime un ruolo indubbiamente
particolare, specie per il potenziale utilizzo in altre tipologie di operazioni
finanziarie, è stato svolto dal debito mezzanino o capitale intermedio
(“mezzanine
debt”
o
“intermediate
capital”),
uno
strumento
di
finanziamento che ha trovato larga diffusione nelle operazioni di leverage
buy-out e management buy-out
45
, sia inizialmente negli Stati Uniti, sia
successivamente in Gran Bretagna.
Tale strumento ha invece finora riscontrato minore sviluppo nei paesi
dell'Europa continentale, dove solo a partire dalla fine del decennio scorso
ha cominciato a trovare applicazione in operazioni di acquisizione e
ristrutturazione finanziaria di imprese industriali e commerciali di alcuni
paesi46.
Il debito mezzanino47 è uno strumento finanziario che si colloca in una
Tratto da”Strumenti finanziari innovativi e profili di rischio” a cura di Ranier S.
Masera e Marcello Mentini, Finanza ed industria collana IMI-Il Sole 24 Ore Libri
45
D’ora in poi indicati con le sigle “LBO-MBO”.
46
I paesi europei in cui viene fatto uso di questo strumento sono principalmente: Francia,
Italia, Svezia, Germania e Belgio.
47
Tratto da il Mezzanine finance di Giancarlo Forestieri e Roberto Tasca
44
31
posizione intermedia, in termini di rischio e conseguentemente di costo48,
fra il capitale di debito49 (“ senior debt”) e il capitale di rischio (“ equity”).
Tale posizione intermedia deriva dal fatto di essere, in forme e misure
differenti, subordinato al debito senior in sede di rimborso delle quote
capitale durante la gestione ordinaria dell'impresa mutuataria e/o di
liquidazione in caso di insolvenza dell'emittente.
Nonostante i vantaggi che il debito mezzanino presenta per investitori,
emittenti e altre categorie di finanziatori (senior lenders ed equity investors)
di un'impresa, e l'ampia gamma di situazioni nelle quali esso avrebbe
potenziale applicazione, tale strumento ha finora trovato una diffusione
relativamente limitata nel mercato europeo, specie al di fuori delle
operazioni di LBO/ MBO50. Ciò è in parte legato a problemi di carattere
istituzionale, relativi alla diversa configurazione dei sistemi finanziari
europei e anglosassoni, e a problemi di carattere strettamente tecnico, quali
l'eccessiva rigidità, in termini di rendimento, di covenants, e di richieste di
garanzie reali (security), presentata dalla maggioranza dei mezzanine
players europei51.
La struttura tecnica adottata dai finanziamenti mezzanine in numerosi casi
nel mercato europeo riflette infatti una concezione dello strumento che
potrebbe definirsi di “superloan”
52
. Tale concezione distorta dello
48
Inteso come rendimento atteso per l'investitore.
Tratto da “Corporate & Investment Banking” a cura di Giancarlo Forestieri Egea
editrice
50
Leverage buy-out e management buy-out.
51
Tale rigidità ha finito per generare una percezione dello strumento, da parte delle
banche commerciali e degli azionisti, più vicina a quella di capitale di debito a costo
elevato, piuttosto che di capitale di rischio a basso costo.
52
Per superloan si intende una forma di prestito con rendimento e rischio più elevato,
piuttosto che di effettivo capitale intermedio, capace di coniugare, mediante un elevato
grado di flessibilità, i vantaggi del capitale di debito con quelli propri del capitale di
rischio.
49
32
strumento mezzanine si è inoltre riflessa in un'eccessiva enfasi posta da
parte dei finanziatori/investitori sulle garanzie reali offerte dall'impresa
finanziata. A questo proposito è opportuno segnalare fin d'ora come un
finanziamento mezzanino, per la sua stessa posizione intermedia, debba di
fatto considerarsi una forma di finanziamento cash-flow lending 53.
Un secondo tipo di problema è invece connesso alla recente situazione di
mercato che, di fronte alla contrazione dell'offerta di credito bancario nella
maggioranza dei paesi europei, ha visto un parallelo incremento dell'offerta
di capitale di rischio da parte degli equity funds, disposti a rivedere al
ribasso le proprie aspettative di rendimento, allo scopo di incrementare il
volume di investimenti. Ne è seguita una diminuzione delle opportunità di
impiego per le istituzioni specializzate nell'offerta di debito mezzanino,
costrette a competere con gli investitori in capitale di rischio per un numero
ridotto di potenziali investimenti.
Il successo registrato dal debito mezzanino nel corso dell'ultimo
decennio nei paesi anglosassoni non si è dunque tradotto, così come l'analisi
delle sue caratteristiche tecniche e dei vantaggi ad esse connessi potrebbe
logicamente far pensare, in un sostanziale ampliamento geografico e
operativo delle sue opportunità di utilizzo. La diminuzione delle operazioni
di LBO/MBO54 nei primi anni novanta si è di fatto tradotta in una
contrazione del mercato del debito mezzanino, sia nei paesi anglosassoni,
sia nei paesi dell'Europa continentale55. A tale contrazione si contrappone
53
Cash-flow lending: ossia di finanziamento basato prevalentemente sui flussi di cassa
attesi dell'impresa finanziata come strumento per il rimborso delle quote d’interessi e
capitale dello stesso, e non dunque su eventuali garanzie reali.
54
Leverage buy-out e management buy-out.
A tale proposito si veda “Gli intermediari finanziari e le operazioni di Leverage buyout” di Pierpaolo Ferrari.
55
33
tuttavia la recente nascita di un numero ristretto di istituzioni specializzate
nell'offerta di debito mezzanino, principalmente operanti nel mercato
britannico, le quali si propongono di estendere il campo di applicazione
dello strumento di finanziamento in esame. L'analisi della struttura
finanziaria/operativa e delle modalità gestionali di tali istituzioni presenta
dunque un notevole interesse al fine di trarre utili indicazioni di carattere
normativo per la costituzione di fondi mezzanine operanti nei paesi
dell'Europa continentale56.
Le attuali difficoltà del mercato del capitale intermedio in Europa, se
analizzate e comprese nelle loro motivazioni di fondo, possono inoltre
rappresentare un utile punto di partenza per disegnare in modo efficace le
modalità tecnico-operative e in generale la strategia di un potenziale fondo
mezzanino operante nei paesi dell'Europa continentale. Lo stato embrionale
del mercato dell'Europa continentale, infatti, se da un lato costringe a
riflettere circa le prospettive future dello stesso; dall'altro rappresenta un
vantaggio rispetto ai mercati più maturi, caratterizzati da prassi operative
ormai consolidate e diffuse, in quanto consente di disegnare le
caratteristiche tecniche dello strumento e la strategia di un potenziale fondo
mezzanino in modo da minimizzare i problemi recentemente incontrati nei
mercati più sviluppati.
La presente ricerca è suddivisa in sei parti principali.
Successivamente a questo primo capitolo ,di carattere introduttivo alla
forma dello strumento mezzanino, l'analisi si è concentrata sulle
caratteristiche tecniche e giuridiche del mezzanine finance. Si analizzano in
particolare le diverse forme che il finanziamento mezzanino può assumere,
56
Da materiale gentilmente fornito via e-mail dal prof. Giancarlo Foresteri
34
sia in termini di strumenti tecnici utilizzati, sia in termini di forme di
postergazione, rendimento, scadenza, covenants e garanzie. Un'enfasi
particolare è posta sulla caratteristica di flessibilità dello strumento, legata
alla pluralità di configurazioni tecniche che esso può assumere, specie per
ciò che concerne la struttura dei flussi di cassa.
In oltre tale capitolo è altresì dedicato all'esame dei vantaggi che lo
strumento offre alle diverse parti coinvolte: investitori, imprese emittenti e
altri finanziatori dell'impresa (azionisti e creditori senior). È interessante
osservare come tali vantaggi trovino applicazione non solo nei casi di
acquisizioni caratterizzate da un elevato grado di leva finanziaria
(LBO/MBO), ma anche in numerose altre situazioni. Questo è in particolare
vero per ciò che concerne le imprese di piccole-medie dimensioni, non
quotate in borse valori, il cui ricorso al mercato dei capitali per il
finanziamento di progetti di crescita è stato, ed è tuttora, tradizionalmente
limitato nella maggioranza dei paesi dell'Europa continentale. Il secondo
capitolo esamina più in dettaglio la tipologia di imprese ideali destinatarie
dei finanziamenti mezzanine. Si illustrano in particolare, ponendosi
nell'ottica di un investitore mezzanino, le caratteristiche ideali di un'impresa
target di un investimento in capitale intermedio e i criteri economicofinanziari che devono guidare la valutazione del merito creditizio di tale
impresa. Nell'ambito di questi ultimi, un'enfasi particolare è posta sul
concetto di “debt capacity” dell'impresa finanziata, a sua volta strettamente
connesso all'esame dei flussi di cassa attesi di quest'ultima.
Il terzo capitolo della ricerca, ponendosi nell'ottica di un potenziale
investitore in debito mezzanino, esamina il problema del pricing57.
57
Pricing inteso come il problema della determinazione del grado di rischio e del
conseguente livello di rendimento atteso di un investimento mezzanino.
35
Si evidenziano i problemi che emergono da un'applicazione rigida e
meccanicistica dei modelli teorici più diffusi per la valutazione delle attività
finanziarie rischiose, cercando tuttavia di trarre utili indicazioni dalle
conclusioni che essi propongono con riferimento ad altre tipologie di
attività finanziarie. Come si avrà modo di osservare, entrambe le teorie
analizzate, la teoria moderna di portafoglio e la teoria delle opzioni, sono in
grado di fornire utili indicazioni in relazione al problema del pricing di un
investimento mezzanino.
Il quinto capitolo della ricerca è dedicato all'analisi della situazione del
mercato del debito mezzanino in Europa. Si esaminano in particolare le
recenti tendenze evolutive, sia in termini di caratteristiche degli strumenti,
sia in termini di istituzioni attive in tale mercato, che hanno caratterizzato il
mercato del mezzanine financing nei primi anni novanta. Un'attenzione
particolare è posta ai problemi che attualmente caratterizzano il mercato e
che occorre tenere presente nel disegnare la struttura tecnico-operativa sia
dello strumento, sia di un potenziale fondo mezzanino destinato a operare
prevalentemente nei mercati dell'Europa continentale.
Ponendosi più direttamente dal punto di vista di una costituenda
istituzione specializzata nell'investimento in capitale intermedio in Europa,
il sesto capitolo esamina le possibili configurazioni giuridiche che il fondo
potrebbe assumere in quattro paesi: Italia, Francia, Regno Unito,
Lussemburgo58.
L'opportunità delle diverse alternative viene valutata soprattutto in base
58
Le motivazioni della scelta di questi paesi sono diverse: Francia e Italia vengono
analizzate in quanto mercati dell'Europa continentale più sviluppati per ciò che concerne
l'utilizzo del debito mezzanino; il Lussemburgo è stato scelto soprattutto per ragioni di
tipo fiscale, in quanto in questo paese la normativa dei fondi e delle società di
investimento è molto favorevole; il Regno Unito, infine, è stato preso in considerazione in
quanto sede di istituzioni finanziarie specializzate nell'offerta di finanziamenti mezzanine.
36
al trattamento fiscale previsto dai vari ordinamenti. Nell'analisi si
esaminano anche i vantaggi in termini di flessibilità al momento della
sottoscrizione la possibilità di ricorrere a forme di debito piuttosto che
unicamente a capitale proprio e quelli legati al grado di autonomia l'opportunità di aumentare liberamente il capitale del fondo che tali
alternative offrono.
Infine nel sesto capitolo si analizza la possibilità di sfruttare uno
strumento alternativo al finanziamento Mezzanino,ma comunque legato ad
esso,configurando l’utilizzazione di un finanziamento in forma di project
financing.
37
Capitolo 2
MEZZANINE FINANCE: CARATTERISTICHE
DELLO STRUMENTO
SOMMARIO: 2.1 Struttura di un finanziamento mezzanino, 2.2 Forme di postergazione,
2.3 Rendimento, 2.4 Scadenza, 2.5 Covenants, 2.6 Tecniche di emissione e di
negoziazione sui mercati primario e secondario.
2.1 STRUTTURA DI UN FINANZIAMENTO MEZZANINO
Il mezzanine financing rientra nella categoria degli strumenti finanziari
partecipativi venutasi a creare con la nuova formulazione dell’art. 2346 c.c.
Il legislatore, in coerenza anche con quanto previsto dall’art. 4, co. 2, lett. a,
d.lgs. n. 366/01, ha inteso garantire alla categoria degli strumenti finanziari
parteciapativi, e quindi anche al finanziamento mezzanino la più ampia
autonomia statutaria. Con il termine “mezzanine financing” o “intermediate
capital” si fa generalmente riferimento a un insieme di strumenti finanziari
che presentano caratteristiche tecniche differenti. In generale è possibile
identificare, nell'ambito di un finanziamento mezzanino, due componenti
distinte: il debito subordinato, che generalmente presenta la forma di un
vero e proprio prestito, caratterizzato da un tasso di interesse fisso o
indicizzato a un parametro di mercato emesso mediante ricorso alla tecnica
del private placement; ed il cosiddetto “equity kicker”, che consente
all'offerente debito mezzanino di beneficiare di eventuali apprezzamenti del
valore di mercato del capitale di rischio dell'impresa finanziata.
38
La seconda componente è generalmente rappresentata da warrants o da
opzioni call sui titoli rappresentativi del capitale di rischio dell'impresa
finanziata, con un prezzo di esercizio calcolato in modo da soddisfare le
esigenze
di
rendimento
dei
sottoscrittori
di
debito
subordinato,
compatibilmente con il grado di rischio assunto. I warrants hanno
generalmente una scadenza media di circa dieci anni, anche se l'orizzonte
temporale di esercizio dei warrants (“exit horizon”) è generalmente molto
inferiore, compreso fra tre e sei anni.
Associata alla seconda componente, l'equity kicker nella forma di
warrants, vi è spesso un'opzione put, connessa dall'impresa finanziata
all'investitore mezzanino, che consente a quest'ultimo di cedere i warrants
prima della scadenza (generalmente al termine del quarto anno) a un prezzo
di esercizio predeterminato, funzione del reddito operativo o del cash-flow
operativo dell'impresa (solitamente un multiplo di una delle due variabili).
A fronte della concessione di tale opzione put, l'impresa finanziata ottiene
generalmente l'opzione call, esercitabile un anno dopo la scadenza
dell'opzione put, che consente alla stessa di riacquistare prima della
scadenza i warrants emessi, a un prezzo di esercizio anch'esso
predeterminato.
Le due componenti di un finanziamento mezzanino, debito subordinato
ed “equity kicker”, possono essere racchiuse nel medesimo strumento,
mediante il ricorso a titoli di debito o di capitale quali: obbligazioni
subordinate
convertibili
(convertible
subordinated
bonds);
titoli
rappresentativi del capitale di rischio, quali le azioni privilegiate italiane, le
redeemable preference shares59 britanniche o le stille beteiligung tedesche,
59
Titoli rappresentativi del capitale di rischio
39
caratterizzati da alcune fondamentali differenze rispetto alle azioni
ordinarie, presenti e combinate in modo variabile, quali: la partecipazione
agli utili con esclusione dalla partecipazione alle perdite; l'assenza del
diritto di voto; il rimborso a scadenza; un rendimento minimo garantito
(generalmente di 5 punti percentuali superiore al tasso di mercato monetario
della valuta di riferimento); l'assenza della possibilità di partecipare alle
decisioni di gestione, ad eccezione di alcuni limitati poteri di controllo (es.
revisione del bilancio). In questo senso il finanziamento mezzanino, come
altri strumenti finanziari partecipativi, presenta caratteristiche comuni alla
disciplina delle obbligazioni: esso attribuisce ai titolari diritti verso la
società , ma non configura la partecipazione alla formazione del capitale
sociale. Esso rappresenta posizioni contrattuali nei confronti della società
emittente e, conseguentemente la disciplina dello stesso non può che
connotarsi per avere pochi punti di contatto con quella delle azioni. Gli
argomenti
che
possono
giustificare
la
scelta
legislativa
sono
fondamentalmente due: il fatto che possa essere riservata ai portatori dello
strumento finanziario in questione la facoltà di concorrere alla formazione
della volontà sociale, con riferimento a individuate materie, mediante
l’esercizio di diritti amministrativi (di voto o di altro tipo) e la circostanza
che l’apporto di essi possa anche andare a costituire patrimonio della
società (non imputato a capitale) ed essere ricondotto nell’alveo dell’equity
nell’accezione più condivisa del termine60.
I titoli di debito rappresentano ciascuno di essi una frazione di egual valore
di una operazione di finanziamento a titolo di mutuo, secondo una
regolamentazione stabilita dalla società emittente. Essi sono emessi in sede
“Struttura finanziaria e governo nelle società di capitali.Le prospettive di riforma”. Di
Lamadini Marco Ediz. Il Mulino 2003 pag 103 e ss.
60
40
nell'ambito di una operazione finanziaria e costituiscono perciò titoli di,
massa61; in quanto tali, i titoli di debito presentano il carattere della
fungibilità, in relazione ad una unità, tipo, con possibilità di emettere titoli
multipli e, correlativamente, di procedere al loro raggruppamento o
frazionamento. Quel che importa, per la qualificazione della fattispecie, è
che la causa dell'emissione di tali titoli sia costituita da un'unica operazione
economica, con unicità di condizioni (pur potendovi essere una pluralità di
emissioni, anche a condizioni diverse).
A differenza delle obbligazioni di società per azioni, per i titoli di debito
non è prevista una specifica disciplina legislativa, restando così pienamente
operante l'autonomia negoziale. La decisione di emissione perciò deve
determinare il tipo di titoli da emettere, il loro numero e valore nominale,
nonché le modalità di circolazione.
Circa il tipo di titoli da emettere, si deve riconoscerne l'appartenenza al
genus “strumenti finanziari”, ai sensi dell'art. 1 t.u.f, e della disciplina
regolamentare (art. 39 delibera Consob 1.7.1998, n. 11522, c.d.
regolamento sugli intermediari).
61
Ha poco senso perciò ipotizzare “l'emissione di un unico titolo di debito, privo del
carattere della serialilà” (così, invece, TASSINARI, 137). Secondo un'analoga
opinione, i titoli di debito non sono necessariamente titoli di massa: così: G.
GIANNELLI, Le operazioni sul capitale nella società a responsabilità limitata, in La
nuova disciplina della società a responsabilità limitata, a cura di V. Santoro, Milano,
2003, 278. Invece, PORZIO, .sub art. 2483, 230, esprime soltanto un dubbio circa la
qualificazione necessaria dei titoli di debito come titoli di massa.
Tuttavia, non si può seguire tale opinione. siccome la pur scarna disciplina legislativa dei
titoli di debito presuppone la serialità della loro emissione: in particolare, disponendo che
possa essere prevista la modificabilità circa le condizioni del prestito solo con il consenso
della maggioranza dei possessori (vedi, infra, § 9). Al riguardo merita considerare che la
norma in commento si giustifica proprio per l'intento legislativo di superare la preclusione
codicistica all'emissione delle obbligazioni da parte delle s.r.l. e di consentire, quindi,
l'emissione di analoghi titoli, che non possono non essere caratterizzati dalla serialità,
propria delle obbligazioni; d'altronde, l'emissione di titoli a carattere individuale (sia
documenti di legittimazione, sia titoli di credito) da parte delle società a responsabilità
non richiedeva - e non richiede tuttora - alcuna specifica regolamentazione.
41
La genericità62 della categoria “titoli di debito” sembra consentire alle
società a responsabilità limitata di emettere titoli di varia natura: titoli
rappresentanti semplici documenti di legittimazione63 (per facilitare al
sottoscrittore l'esercizio del diritto alla riscossione degli interessi o altro
corrispettivo ed al rimborso del capitale; ovvero per consentire, come nei
titoli impropri, il trasferimento di tale diritto senza osservanza delle forme
proprie della cessione, ma con gli effetti di quest'ultima), nonché titoli
corrispondenti alle obbligazioni64, eventualmente anche per richiamare la
regolamentazione prevista per tali titoli dalla disciplina delle società per
azioni. Nel caso in cui siano emessi titoli obbligazionari, se ne deve
62
Cfr. Buonocore, La riforma, 177, che ritiene la locuzione volutamente generica. La
Associazione Preite, Il nuovo, 244, parla di “atipicità” dei titoli di debito.
63
Cfr. SPADA, L'emissione, 805, secondo cui è possibile , anche se poco conveniente
nella pratica, finanziamenti , che l'operazione sia frazionata in unità omogenee non
documentate da titoli circolari. Vedi pure TASSINARI,137.
64
Invece, secondo V. Salafia, Il nuovo modello di società a responsabilità limitata, in
Società, 2003, 12, la riforma avrebbe tenuto fermo “il divieto di emissione di titoli di
obbligazionari di massa”, probabilmente nella considerazione che i titoli di debito
possono essere sottoscritti solo da determinati soggetti. Cfr. pure B. Ianniello, La riforma
del diritto societario, Milano, 2003, 206. Secondo V. Vaccini, I titoli rappresentativi di
un debito e il nuovo diritto societario, in www.dirittobancario.it, le srl non potrebbero
emettere titoli obbligazionari in quanto la delibera CICR, relativamente all’emissione di
obbligazioni da parte di soggetti diversi dalle banche, si riferisce esclusivamente alle
società per azioni ed in accomandita per azioni: al riguardo si deve ricordare che la
gerarchia delle fonti non consente ad un regolamento ( qual è la delibera del CICR) di
derogare ad una disposizione di livello legislativo, ossia all’art. 2483, che, pur non
prevedendo espressamente l’emissione di obbligazioni per le srl, consente alle srl di
emettere titoli di debito e comunque ha soppresso il divieto di emissione di obbligazioni
stabilito dall’art. 2486, co.3, nel testo previgente.
Peraltro, il decreto correttivo della riforma societaria (d.lgs. 6.2.2004, n. 37) ha stabilito
che la Banca d'Italia e la Consob emanino le disposizioni regolamentari, in attuazione del
t.u.b. c del t.u.f, ed in adeguamento alla nuova disciplina delle società di capitali (art. 6
del decreto correttivo). Gli emanandi regolamenti dovranno poi tener conto della legge
sugli interventi per la tutela del risparmio, attualmente all’esame del Parlamento (disegno
di legge n. C,4705, presentato il 16.2.2004) e che ridisegna le competenze della Banca
d'Italia e, in sostituzione della Consob, dell'Autorità per la tutela del risparmio.
Il superamento del divieto. per le società a responsabilità limitata, di emettere
obbligazioni è affidato da Porzio, sub art. 2483, 229; G.E Campobasso, La riforma delle
società di capitali e delle cooperative, Torino, 2003, 197.
42
riconoscere la natura di titoli di credito, circolanti secondo le regole dei
titoli di credito nominativi resta salva comunque la possibilità che la società
emittente decida di non incorporare le quote del prestito in titoli di credito65
ovvero le incorpori in titoli di credito diversi dalle obbligazioni66.
Alla stregua all'esperienza formatasi per le obbligazioni nelle società
per azioni, è ammissibile che la società emetta titoli di debito diversi per
ciascun prestito, fermo restando, tuttavia, che devono essere identici , in
relazione alla standardizzazione dell'operazione , tutti i titoli (nonché le
condizioni del prestito e le modalità del rimborso) emessi per ciascun
prestito; in particolare, l'uniformità deve riguardare il tipo dei titoli ed il
loro valore nominale, essendo questi i caratteri essenziali di un'operazione
di massa, qual è l'emissione dei titoli di debito. La serializzazione dei titoli
di debito e la loro conseguente fungibilità li rendono idonei , qualora
ricorrano gli altri presupposti , alla immissione nei mercati finanziari67, ad
opera, tuttavia, non della società emittente, bensì dei sottoscrittori.
65
Cfr. pure GIANNELLI, Le operazioni. 278 s. Invece, secondo ASSOCIAZIONE
PREITE, Il nuovo, 245, invece l’espressione “titoli” di debito farebbe ritenere che debba
trattarsi necessariamente di ,documenti incorporanti un diritto alla restituzione”. Tuttavia,
la dizione legislativa, proprio per la sua genericità, non impone che il diritto sia
“incorporato” nel titolo, potendo la delibera di emissione attribuire ai titoli di debito come spiegato nel testo , la natura di semplici documenti di legittimazione.
66
Secondo SPADA, L'emissione, 245, potrebbero essere emesse cambiali finanziarie ai
sensi della I.994, n. 43; vedi pure T. Pietraforte. sub art. 2483, in La riforma Lo Cascio, 8,
2003, 322. Si deve rilevare, tuttavia, che titoli di credito diversi dalle obbligazioni
potrebbero essere utilizzati dalle srl per l'emissione dei titoli di debito a condizione che
utilizzati dalle srl per l'emissione dei titoli di debito a condizione che vengano eliminate
le preclusioni legislative finora esistenti (l'emissione di cambiali finanziarie è tuttora
espressamente qualificata come raccolta di risparmio: art. 1, co. 3, 1.n. 43/1994): in tal
senso vedi ora, la modificazione dell'art. 11 del t.u.b. con l'art. 9.2, lett. b), del d.lgs. n.
6/2003 (introdotto dal decreto correttivo. d.lgs. n. 37/2004).
67
Cfr. Associazione Preite, Il nuovo, 245
43
E’ opportuno precisare fin d'ora come il debito mezzanino sia uno
strumento di finanziamento caratterizzato da un elevato grado di flessibilità,
presentandosi di fatto in diverse configurazioni per quanto concerne la
struttura dei flussi di cassa previsti, in modo da adattarsi nel migliore dei
modi alle esigenze dell'impresa finanziata. Se si considera la componente
debito subordinato, ad esempio, sovente il finanziamento mezzanino
assume la configurazione tipica di uno zero coupon bond. Le modalità di
determinazione e di pagamento di quest’ultimo sono senza cedole,
rappresentano ossia un caso estremo rispetto a quello a cedola ridotta e non
prevedono il pagamento di alcuna cedola. Il rendimento per il possessore è
dato esclusivamente dalla differenza tra il prezzo di acquisto e di rimborso,
tenuto conto del periodo di investimento68. Oppure ancora, può assumere la
configurazione dello “stepped interest”, ossia di una passività che paga
interessi a tassi inferiori a quelli di mercato per un periodo iniziale (2 o 3
anni), uguali ai tassi di mercato per un periodo successivo (2 anni), e infine
superiori ai tassi di mercato69 per il periodo residuo fino alla scadenza. Tale
configurazione risulta particolarmente conveniente per quelle imprese
caratterizzate da un elevato tasso di crescita e dunque da elevati fabbisogni
di cassa per i primi anni. Alternativamente, un finanziamento mezzanino
può prevedere una quota di pagamenti più elevata per i primi anni nel caso
di cash-generative companies, ossia di imprese con elevati flussi di cassa.
Infine, il debito subordinato può anche assumere la configurazione di
“payment in kind debt”70 (d’ora in poi pik debt), ossia pagare interessi non
Tratto da Piccolini A. Stagno d’Alcontres, “Società di capitali” commentario art.2411.
Tale struttura consente di far fronte in modo migliore al periodo critico di
un’operazione di MBO/LBO, tipicamente i primi 2-3 anni.
70
In alcuni Paesi esiste anche la possibilità di emettere particolari azioni privilegiate a
remunerazione differita, caratterizzate dall'accumulo dei dividendi, anziché dalla
distribuzione degli stessi: si pensi al caso delle Pik Preferred Shares statunitensi.
68
69
44
nella forma di flussi monetari, ma piuttosto come semplice incremento del
valore nominale del debito sul quale sono calcolati.
La scelta della forma tecnica di un finanziamento mezzanino assume
particolare rilevanza per ciò che concerne la percezione dello stesso da
parte dei restanti soggetti finanziatori dell'impresa (azionisti e banche
creditrici) come capitale di debito a costo elevato o, alternativamente, come
capitale di rischio a basso costo. Se infatti l'enfasi, in termini di
determinazione del rendimento atteso, viene posta sulla prima componente
(interessi
sul
debito
subordinato),
il
capitale
intermedio
viene
automaticamente assimilato a una forma di debito a costo elevato. Se,
viceversa, l'enfasi viene posta sulla seconda componente (guadagno in
conto capitale legato alle aspettative di buon andamento dell'impresa
finanziata), e conseguentemente l'onere finanziario fisso a carico
dell'impresa viene ridotto, il finanziamento mezzanino viene più facilmente
percepito come capitale di rischio a costo ridotto.
Prima di passare ad analizzare più in dettaglio le caratteristiche tecniche
dello strumento in esame, è opportuno rilevare come nel corso dei primi
anni novanta il debito mezzanino71 abbia subito una tendenza verso la
semplificazione. Sono infatti venute progressivamente a mancare le
complicate strutture finanziarie che avevano caratterizzato le operazioni di
Leverage buy-out e di Management buy-out (d’ora in poi verranno indicati
con la seguente sigla LBO e MBO) della fine degli anni ottanta72, quando
71
Il debito mezzanino ha trovato sinora impiego prevalente in operazioni di leveraged
buy-out, anche se il suo utilizzo può in concreto rispondere ad altre finalità.
72
Una rassegna delle principali operazioni di Lbo realizzate negli anni Ottanta e novanta
è contenuta rispettivamente in: Banca Commerciale Italiana, Il leverage buy-out:
esperienze internazionali e prospettive per l’Italia, in “Tendenze Reali”, 1990; A. FOSSATI
-S. PALEARI, Le peculiarità dei buy-out in Italia negli anni Novanta, in Notiziario
Economico della Banca San Paolo di Brescia, Brescia ,1996.
45
nello strutturare il passivo di un'impresa si ricorreva a diverse gradazioni di
juniority (“diferent layers”): si avevano così, ad esempio, oltre ai
tradizionali senior debt ed equity, il senior subordinated debt, il junior
subordinated debt, ed eventuali altre forme di capitale intermedio.
Più recentemente, anche nelle operazioni più complesse la struttura
finanziaria è stata generalmente limitata a tre diversi gradi della scala
rischio-rendimento: i) debito senior, ii)debito mezzanino e iii) capitale di
rischio (equity).
2.2 I VANTAGGI DEL MEZZANINE FINANCE
Le caratteristiche di flessibilità e il peculiare profilo di rischiorendimento del debito mezzanino rendono quest'ultimo uno strumento
finanziario particolarmente vantaggioso, non solo per gli investitori che lo
sottoscrivono, ma anche per gli altri soggetti finanziatori73 dell'impresa
emittente. Tali vantaggi sono prevalentemente connessi alla natura di
strumento di finanziamento/investimento che si colloca in posizione
intermedia, in termini di rischio e di costo/rendimento, fra capitale di debito
e capitale di rischio, e come tale capace di completare il quadro delle
opportunità sia per le unità in avanzo, potenziali investitrici, sia per quelle
in disavanzo, potenziali debitrici.
I vantaggi offerti dal debito mezzanino sono risultati particolarmente
significativi ed evidenti nei casi di acquisizioni finanziate mediante un
elevato grado di leva finanziaria (LBO e MBO), per le quali tale strumento
73
intermediari creditizi in veste di creditori senior e investitori in capitale di rischio.
46
ha finora trovato prevalente applicazione74. Più in particolare, le
caratteristiche del debito mezzanino che ne hanno favorito l'iniziale
introduzione e il successivo sviluppo in queste tipologie di operazioni sono
legate ad alcuni aspetti principali: la possibilità per l'impresa di
diversificare, in termini di costo, le fonti di finanziamento, non limitandosi
unicamente a due livelli75, ma attraendo una gamma più vasta di potenziali
finanziatori; la possibilità di sfruttare una struttura di cash-flows attesi che
supera, in termini di capacità di sostenere oneri finanziari (debt capacity),
l'ammontare di debito senior offerto dalle banche, sovente basato sul valore
delle attività a garanzia più che sui flussi di cassa attesi; la possibilità di
sfruttare una struttura di flussi di cassa attesi che consenta di remunerare
una passività, addizionale rispetto al debito senior, che preveda un periodo
di grazia iniziale, nel corso del quale non vi è rimborso delle quote capitale;
ciò in quanto si prevedono flussi di cassa superiori dopo un periodo iniziale,
legati alla progettata liquidazione di attività sussidiarie superflue, alla
quotazione in borsa dell'impresa o alla sua ristrutturazione; la flessibilità
offerta dal debito mezzanino in termini di utilizzo successivo all' operazione
di buy-out. I vantaggi offerti risultano particolarmente evidenti nel caso in
cui un'impresa oggetto di un'operazione di buy-out disponga dell'
opportunità di effettuare un’acquisizione successiva. In questo caso, le
banche finanziatrici (senior lenders) non sono generalmente disposte, dato
l'elevato livello di leva finanziaria già esistente, ad aumentare la propria
esposizione, specie in considerazione del fatto che i potenziali benefici della
stessa verrebbero interamente a ricadere sui detentori del capitale di
Tratto da “Corporate & investment Banking” a cura di Giancarlo Forestieri edizioni
EGEA Vignate(MI) 2000.
75
capitale di debito a rischio e costo ridotti e capitale azionario a rischio e costo elevati
74
47
rischio76. Analogamente, le prospettive di rendimento dell'acquisizione sono
generalmente al di sotto del rendimento richiesto dai venture capitalists.
Tale contrasto può dunque essere agevolmente superato mediante il
ricorso ulteriore agli investitori mezzanine.
A fianco di tali peculiarità del debito mezzanino, il cui effetto benefico
trova esclusiva applicazione alle operazioni menzionate (LBO/MBO), vi
sono tuttavia dei vantaggi di carattere generale offerti dallo strumento alle
diverse categorie di soggetti finanziatori di un'impresa: creditori senior,
equity investors e mezzanine investors. Ancora una volta, tali vantaggi
risultano particolarmente significativi ed evidenti nel caso di un'impresa
caratterizzata da un sensibile fabbisogno finanziario, legato a un processo di
crescita interna77 o esterna78, o dalla necessità/opportunità di una
ristrutturazione. Essi permangono tuttavia anche per ordinarie situazioni di
gestione finanziaria di un'impresa, e come tali presentano una rilevanza di
carattere generale.
2.3 FORME DI POSTERGAZIONE
Come accennato in precedenza, il capitale intermedio è postergato
rispetto al debito senior. Occorre precisare cosa si intende esattamente con
il termine postergazione. Ciò sta ad indicare che in caso di insolvenza e
“I vantaggi del mezzanine finance per i diversi soggetti finanziatori” di Sironi A.
EGEA Milano 1994.
77
finanziamento di un progetto di investimento.
78
Finanziamento di un'acquisizione.
76
48
conseguente liquidazione dell’impresa emittente/mutuataria, i creditori
junior (subordinati), sono soddisfatti in modo residuale rispetto ai creditori
senior. In altre parole, le entrate derivanti dalla liquidazione delle attività
dell'impresa insolvente vengono utilizzate, fino a totale disfacimento, per il
rimborso dei creditori senior. Se vi sono disponibilità residue, e solo in tal
caso, i creditori subordinati possono ottenere un rimborso parziale o totale
del capitale investito.
Il piano di rimborso del debito subordinato è generalmente strutturato in
modo tale che, a fronte del normale pagamento di quote d’interesse e quote
di capitale ai creditori senior, il solo pagamento delle quote interesse ai
creditori junior, questi ultimi vengono cioè rimborsati del capitale solo
quando il debito senior è stato interamente ripagato. In pratica è come se il
debito subordinato fosse dotato di un “grace period”, nel corso del quale
non vi è rimborso delle quote capitale pari alla scadenza del debito senior.
Si possono anche avere casi particolari in cui, oltre a non ricevere alcun
rimborso di quote capitale, i creditori junior non ricevono alcun flusso di
interesse. In questo caso il debito subordinato viene in pratica a coincidere,
in termini di struttura dei flussi di cassa, a uno zero coupon bond con
scadenza pari alla data di completo rimborso dei creditori junior. Le
condizioni specifiche di juniority del debito subordinato in termini di
rimborso variano da caso a caso e sono generalmente indicate nell’
“intercreditor agreement”, un documento che rappresenta il frutto della
negoziazione fra creditori senior (generalmente banche commerciali) e
creditori junior.
Il debito subordinato - noto anche come debito junior o, in presenza di
determinate caratteristiche, come debito mezzanino è costituito dall'insieme
dei finanziamenti il cui rimborso e la cui remunerazione sono postergati
49
rispetto al debito senior, ossia, in caso di dissesto della società, avvengono
solo dopo il totale soddisfacimento dei creditori senior. Si tratta di prestiti a
media-lunga scadenza, con una durata oscillante in genere fra i 5 e i 12
79
anni e in grado di assumere, in concreto, svariate forme tecniche80.
In termini di combinazione rischio/rendimento, il debito subordinato si
trova una posizione intermedia fra il capitale di rischio e il debito senior. In
comune con il capitale di rischio, il debito subordinato ha il fatto che, in
caso di defauit della società, può essere restituito solo dopo che sono stati
rimborsati integralmente tutti i creditori senior. In comune con il capitale di
debito, possiede schemi contrattuali che, nella maggior parte dei casi, sono
riconducibili a quelli dei prestiti obbligazionari, caratterizzati da una
remunerazione certa e predefinita81.
Le forme tecniche del debito subordinato sono assai varie: prestiti a
medio-lungo termine non “titolarizzati”, obbligazioni ordinarie, prestiti
obbligazionari con il pagamento differito degli interessi, obbligazioni
convertibili e con warrant per la sottoscrizione di azioni dell'emittente
oppure azioni privilegiate.
Il debito subordinato è generalmente dotato, analogamente al debito senior,
di una garanzia reale (collateral) nei confronti delle attività dell'impresa
debitrice. Tale garanzia è tuttavia residuale rispetto a quella del debito
senior (“second security”). In caso di inadempienza dell'impresa, i creditori
senior si rifanno sulle attività in considerazione, e solo se il ricavato della
liquidazione supera il valore nominale del debito senior il debito
79
Allo scopo di garantire all'operazione una maggior flessibilità, nella maggior parte dei
casi è prevista la possibilità di rimborso anticipato su iniziativa del debitore
80
J. Allen, “Lbos. The Evolution of Financial Structures and Strategies”, in Chew D. Jr
(a cura di), The New Corporate Finance, Irwin, McGraw-Hill, 1999.
81
. J. Willis e D. Clark, An lntroduction to Mezzanine Finance and Private Equity, in
“journal of Applied Corporate Finance”, 1989.
50
subordinato viene rimborsato parzialmente o totalmente. Tale caratteristica
del debito subordinato presenta implicazioni di rilevanza superiore a quelle
che possono apparire a prima vista. La presenza di una second security
fornisce, infatti, ai creditori junior il potere di influire nelle decisioni circa il
comportamento da adottare in caso di insolvenza dell'impresa debitrice. Si
possono infatti avere casi in cui, in presenza dell'inadempienza del
mutuatario, i creditori senior valutano conveniente la liquidazione
dell'attivo in quanto quest'ultimo presenta un valore di mercato prossimo al
valore nominale del debito senior, e quindi sufficiente a garantire il
rimborso dello stesso. La soluzione della liquidazione può invece non
risultare conveniente per i creditori junior, ai quali non sarebbe possibile
ottenere il rimborso del capitale investito. Per questi ultimi si presenta
maggiormente conveniente la soluzione di una rinegoziazione delle
condizioni complessive del passivo (debito senior e debito junior) con lo
scopo di mettere nuovamente l'impresa finanziata in condizioni di produrre
reddito. In casi particolari come questo la presenza della second security
rende impossibile ai creditori senior di decidere autonomamente per la
liquidazione senza il preventivo consenso dei creditori junior. È dunque
questo un motivo che rende poco gradito il debito mezzanino, dotato di una
second security, ai creditori senior.
Nonostante la presenza di una garanzia reale sulle attività dell'impresa
finanziata, è bene tuttavia precisare fin d'ora come il debito subordinato sia
un tipo di finanziamento prevalentemente basato sui flussi di cassa attesi
(cash-flow lending). Risulta infatti evidente come, nella maggioranza dei
casi, il fatto che la garanzia sia “subordinata” a quella di cui usufruiscono i
creditori senior, i quali applicano spesso margini di valutazione (“shrinkage
margins”) relativamente ridotti al valore di mercato delle attività oggetto
51
della garanzia, rende impossibile basarsi sulle aspettative di liquidazione di
queste ultime come fonte di rimborso dell'investimento.
E’possibile osservare come nella realtà esistano due principali tipologie
di clausole di subordinazione: la subordinazione completa e quella parziale
(“inchoate”). Nel primo caso il creditore junior è dotato di una posizione di
subordinazione esclusivamente nei confronti di uno specifico creditore,
definito senior, e dunque con riferimento a un determinato ammontare di
finanziamento. È questo il caso tipico di un finanziamento subordinato
sottoscritto dalla casa madre di un'impresa o dal management in
un'operazione di MBO. In tali casi la subordinazione fa infatti esclusivo
riferimento ai creditori senior che entrano inizialmente nell'operazione.
Viceversa, nel caso di subordinazione parziale, il creditore junior riconosce
di essere subordinato nei confronti della totalità degli altri creditori
dell'impresa finanziata, compresi quelli che eventualmente finanzieranno
l'impresa in futuro82.
Ulteriori differenze fra le due tipologie di subordinazione fanno
riferimento alla struttura dei flussi di cassa (interessi e rimborso delle quote
capitale) durante la gestione ordinaria e al rimborso in caso di liquidazione
dell'impresa. Nel caso di subordinazione completa, non vi è generalmente
rimborso delle quote capitale, e a volte nemmeno pagamento degli interessi,
fino al completo rimborso dei creditori senior. Inoltre, in caso di
liquidazione, gli specifici creditori senior ricevono la propria quota
dell'attivo e quella relativa ai creditori subordinati. Viceversa, nel caso di
82
Tale apparente contraddizione terminologica deriva dal fatto che la tipologia di
subordinazione trae la propria denominazione dalla condizione dei creditori senior, e non
da quella dei creditori subordinati. Così nel caso di subordinazione completa, i creditori
senior sono dotati di “seniority” nei confronti di tutti gli altri creditori dell’impresa.
Viceversa, nel caso di subordinazione parziale, i creditori senior godono di seniority
unicamente nei confronti di una specifica categoria di creditori, quelli subordinati.
52
subordinazione parziale vi è generalmente pagamento sia di quote interessi
che di quote capitale durante la gestione ordinaria e in sede di liquidazione i
creditori senior ricevono esclusivamente la propria quota dell'attivo.83
2.4 DIFFERENZE
ITALIANO) ED I
TRA LA POSTERGAZIONE LEGALE
(DI DIRITTO
FINANZIAMENTI CON FUNZIONE SOSTITUTIVA DEL
CAPITALE (DI DIRITTO TEDESCO).
Innanzitutto, è opportuno segnalare che la disciplina in esame, sebbene
contenga un generico riferimento a situazioni di squilibrio tra capitale di
rischio e capitale di credito che non si sono necessariamente tradotte in una
crisi finanziaria dell'impresa è, tuttavia, molto diversa da quella individuata
dalla giurisprudenza tedesca84.
Come si è detto, infatti, quest'ultima ritiene che i prestiti concessi dai soci
alla
società
non
possono
essere
rimborsati
(proprio
in
quanto
kapitalersetzende), se il bilancio non mostra una plusvalenza dell'attivo
rispetto al passivo, almeno pari al capitale" sociale. La giurisprudenza
tedesca, in altri termini, poiché adotta la già vista tecnica della
riqualificazione del rapporto, non può fare a meno di riconoscere l'esistenza
di quegli effetti di natura sostanziale, di cui si è parlato nei precedenti
paragrafi.
Nulla di tutto ciò è previsto dalla riforma del nostro diritto societario. La
norma qui esaminata si limita a dire che i finanziamenti dei soci debbono
essere postergati, qualora siano stati erogati in determinate circostanze. Ma
non dice che il prestito deve essere riqualificato come apporto in conto
83
Vedi note tabella 1.1
53
capitale, e quindi non impone che, prima del rimborso ai soci, si sia
assicurato un margine di garanzia a favore dei creditori: non impone, cioè,
che la società mantenga un patrimonio netto d'importo almeno pari al
capitale.
Non possono sfuggire le differenze pratiche, oltre che concettuali, tra i due
sistemi:
i) secondo la giurisprudenza tedesca, gli amministratori qualora sussistano
le accennate condizioni non solo hanno l'obbligo di rifiutare la restituzione
dei finanziamenti in parola; ma possono anche tenere conto della
postergazione di una parte del passivo nella situazione patrimoniale che
sono chiamati a redigere per stabilire se la società è sovra indebitata e se,
pertanto, è venuto il momento d'accedere alla procedura d'insolvenza;
ii) nel nostro ordinamento, invece, gli amministratori si trovano di fronte ad
un'alternativa assai più drastica, giacché delle due l'una: o la società è in
grado di pagare, ed allora non si può negare il rimborso al socio richiedente;
oppure non è in grado di farlo, ma allora, se non si riesce ad ottenere nuovo
capitale di rischio ci si deve rivolgere al tribunale.
La soluzione accolta dalla riforma si colloca, dunque, a metà strada tra
quella indicata dal testo novellato del Gmbh,Gesetz, e quella ribadita dalla
giurisprudenza della Corte federale tedesca: sul piano della fattispecie è più
rigorosa della prima, giacché consente di postergare anche i finanziamenti
effettuati quando la società non si trovava ancora in una situazione di crisi
finanziaria; sul piano della disciplina, tuttavia, è meno rigorosa della
seconda, per il semplicissimo motivo che non impone agli amministratori di
bloccare il rimborso del prestito, ogni qual volta il capitale sociale risulti
intaccato da una perdita, di qualunque ammontare.
84
Un cenno in Abbadessa,Il problema 499ss.
54
Il legislatore italiano sembra aver assunto un atteggiamento intermedio:
per un verso, precisa che le somme rimborsate ai soci debbono essere
restituite alla massa (sulla base di un'inefficacia ex lege, sotto molti aspetti
assimilabile a quella disposta per le attribuzioni gratuite dall'art. 64 1. fall.)
solo nell'ipotesi in cui il fallimento venga dichiarato nell'anno successivo
all'atto; per altro verso, però, non si spinge ad affermare che la
postergazione abbia come necessario presupposto l'apertura del concorso, e
quindi lascia aperto il dubbio se la norma non debba fungere, innanzi tutto,
da criterio. direttivo per gli amministratori ed i liquidatori85
2.5 . RENDIMENTO
Il rendimento del debito mezzanino riflette il fatto che lo strumento
stesso è composto da due diversi elementi. Si hanno così due componenti di
reddito che sono il flusso di interessi connesso al debito subordinato e l'utile
in conto capitale connesso all'equity kicker nell’esercizio dell'opzione
warrant.
È evidente come i due valori siano fra loro dipendenti. Un maggiore
interesse connesso al debito subordinato comporta, dato un certo grado di
rischio dell'operazione, l'accettazione di un minore rendimento sul fronte
dell' equity kicker, e viceversa.
Dal punto di vista normativo l’art. 2414 n.4, l’art. 2411 e la stessa
Relazione al D. lgs. N. 6/2003 che si riferiscono alle varie modalità di
85
In realtà, la circostanza che si sia prevista come specifica sanzione della restituzione del
prestito postergato una vera e propria inefficacia di diritto del rimborso potrebbe far
pensare che il legislatore abbia ritenuto inapplicabile la disciplina dell'indebito. Se così
fosse, la norma conterrebbe un'implicita conferma della tesi, per così dire processualista.
55
rimborso e di rendimento di obbligazioni e strumenti finanziari ibridi,come
il finanziamento mezzanino, concedono che si possa partecipare anche
giuridicamente al rischio di impresa contribuendo ad assottigliare la linea di
confine tra capitale di rischio e capitale di debito.
La possibilità di rendere questi partecipi del rischio di impresa è nei
limiti del loro rendimento (art. 2411 co. 2) e nei tempi di rimborso del
capitale (co.1).
A differenza della disciplina riguardante le obbligazioni, per gli
strumenti finanziari ibridi l’art. 2411 nel terzo comma riferisce che
l’incidenza del rischio d’impresa negli strumenti finanziari ibridi può essere
convenzionalmente integrale (“strumenti finanziari… che condizionano…
l’entità del rimborso del capitale all’andamento economico della società”).
Riguardo ai limiti alle modalità di determinazione, il rimborso del
capitale è un diritto non sopprimibile da parte dell'emittente. Tant'è che
questi può disporre dell'entità (partecipandola al rischio d'impresa) del
pagamento degli interessi (art.2411 co.2) di obbligazioni e di titoli ibridi,
ma non già del capitale delle obbligazioni.
L'autonomia contrattuale è piena in ordine alla remunerazione del
prestito obbligazionario, potendola correlare nei tempi e nell'entità ai
risultati economici della società o ad un comparto di essa o a settori
economici ovvero a indici di riferimento .
L’art. 2411 co.3 estende le norme di disciplina degli artt. 2410-2420ter, ad alcune categorie di strumenti finanziari ibridi, in particolare a quelli
per i quali il diritto al rimborso è correlato ai risultati economici della
società, come il finanziamento mezzanino, per quanto concerne il capitale
56
di rischio (c.d. con clausola di “cointeressenza”86 o senza garanzia di
rimborso)87. Emerge dunque un principio di tutela secondo cui l'assunzione
del rischio di impresa postula l'applicazione delle norme in esame volte a
costituire, tra l'altro, una disciplina organizzativa dei portatori di codesti
titoli, analoga a quella prevista per gli obbligazionisti: le prerogative che ne
derivano
costituiscono
il
bilanciamento
all'assunzione
del
rischio
imprenditoriale senza acquisto della qualità di socio. Per gli strumenti
finanziari del patrimonio di destinazione (art. 2447-ter, co. 1, lett. e), i quali
ex lege sono muniti di clausola di “cointeressenza” poiché partecipano
all'affare del patrimonio destinato, tale principio trova anche espressa
menzione nell'art. 2447-octies, che al co. 1 prevede l'assemblea speciale dei
portatori dei titoli e ai co. 2 e 3 richiama espressamente gli artt. da 2415
(escluso il co. 1) a 2419. La disposizione del co. 3 art. 2411 è applicabile
alle altre categorie di strumenti finanziari ibridi, se partecipanti al rischio di
impresa; quindi, qualora ricorra tale presupposto, anche agli strumenti
finanziari emessi a fronte di apporti non di capitale (2346, co. 6) ed a quelli
emessi in favore di dipendenti (art. 2349, co. 2).
Tuttavia si pongono alcuni problemi di coordinamento fra le
disposizioni richiamate; in particolare, la limitazione all'emissione sino al
doppio del capitale e delle riserve legali e disponibili (art. 2412) opera, per
gli strumenti finanziari del patrimonio dedicato, in concorso con un
ulteriore limite, dovendo tali strumenti finanziari rapportarsi ai limiti
dimensionali del patrimonio (2447 bis, ult. co.), il quale non può essere
86
Partecipazione di più individui agli interessi, agli utili e anche alle perdite di un affare o
di un’azienda.
87
Essi ricomprendono anche gli strumenti finanziari partecipativi, i quali tuttavia
prevedono diritti amministrativi che nel caso in esame possono anche non ricorrere.
57
superiore ad un decimo del patrimonio netto della società. Inoltre gli
strumenti finanziari di cui agli artt. 2346, co. 6 e 2349, co. 2: possono essere
muniti di diritto di voto su argomenti di competenza dell'assemblea sociale
(da esercitarsi fuori da essa), possono essere dotati di ulteriori diritti
amministrativi e, in particolare, ad essi può essere riservata la nomina di un
amministratore indipendente (art. 2351, co. 4). Ne consegue che le
competenze dell'assemblea speciale dei portatori di strumenti finanziari
dotati di diritti amministrativi e partecipanti al rischio d'impresa saranno più
estese di quelle previste all'art. 2415 (e v. anche art. 2376), ricomprendendo
l'esercizio di tali diritti amministrativi. Inoltre, potrebbe determinarsi una
concorrenza tra i poteri di impugnativa del rappresentante comune (art.
2418) e dei titolari di strumenti finanziari muniti di diritti amministrativi o
di diritto di voto su argomenti di competenza dell'assemblea sociale. Il
grave inconveniente può essere superato ove si ritenga che codesti diritti
possano essere esercitati dai titolari esclusivamente col metodo collegiale,
vale a dire mediante delibera dell'assemblea speciale ex art. 2415 e,
conseguentemente, attribuendo legittimazione al rappresentante comune ex
art. 2418, co. 1 ed un residuale potere di azione dei singoli portatori dei
titoli, nei limiti dell'art. 2419;confermando che tale tipologia di strumenti
finanziari sono di regola titoli di massa emessi in serie.
La postergazione, dato che produce effetti solo nei confronti dei creditori,
finisce con l'assumere caratteristiche molto simili, se non identiche, alle
varie forme d'integrazione straordinaria della responsabilità patrimoniale,
ove tra di esse s'includano le previsioni normative volte a rafforzare la
posizione dei credi tori concorsuali tramite l'eliminazione (o la
postergazione) di alcune poste dal passivo: viene a collocarsi, cioè, accanto
alle azioni revocatorie e alle altre ipotesi d'inefficacia relativa, che servono
58
a modificare la consistenza del patrimonio responsabile (e dei debiti ad esso
correlati) ai fini del concorso esecutivo88.
Ciò non significa che gli amministratori o i liquidatori della società non
siano in qualche modo vincolati dalle norme in esame. La loro eventuale
responsabilità, però, è uno strumento accessorio di tutela dei creditori,
mentre lo strumento primario, la postergazione, può realizzarsi solo
all'interno di un concorso esecutivo, e cioè solo in un ambiente protetto da
uno sbarramento ideale (si pensi al pignoramento, o al vincolo di
destinazione imposto sul patrimonio del debitore dalla dichiarazione di
fallimento), che fa assumere a certi effetti giuridici quel carattere di
relatività, dianzi evidenziato.
I presupposti e gli effetti della postergazione non divergono in maniera così
netta e sensibile da quelli dell'azione revocatoria (un credito postergato ha
ben poche probabilità d'essere soddisfatto, se la società è in solvente) e sono
perfettamente compatibili con lo schema generale delle integrazioni
straordinarie della responsabilità patrimoniale.
Al riguardo, basta andare col pensiero al co. 2 dell'art. 44 I. fall., che priva
d'effetti nei confronti della massa anche i pagamenti ricevuti dal fallito
dopo l'apertura del fallimento; o basta, ancora, ricordare le altre forme
d'inopponibilità (l'ari. 56, co. 2, l'art. 68, ultima parte, e l'art. 70, vecchio
88 Le espressioni utilizzate nel testo possono sembrare imprecise e discutibili, dato che,
nel caso della postergazione, non s'incrementa l'attivo, ma si elimina (nel senso
attribuibile alla parola nel contesto qui esaminato) una posta dell'attivo: non si dovrebbe
parlare, pertanto, di una .forma d'integrazione straordinaria della responsabilità
patrimoniale, bensì di uno specifico .strumento di tulela dei creditori in sede di concorso..
Come si può capire, ai nostri fini cambierebbe poco o nulla; e si potrebbe replicare,
inoltre, che i creditori sociali vengono comunque soddisfatti con risorse aggiuntive:
quelle lasciate libere, appunto, dalla postergazione delle pretese dei soci.
È evidente, però, che la terminologia utilizzata nel testo è stata scelta per ben altri scopi:
fare riferimento a istituti già noti nella nostra letteratura giuridica, per i quali si rinvia alle
opere , tra le tante di A. DE MARTINI, Il patrimonio del debitore nelle procedure
59
testo, I. fall.; l'art.6 della legge per la cessione dei crediti d'impresa, e così
via elencando), che non si limitano a rendere espropriabili dei beni usciti
dal patrimonio del debitore, ma dettano regole assai più articolate e
penetranti per l'attuazione del concorso esecutivo.
Come si vede, il legislatore ha disegnato una molteplicità di strumenti, tutti
volti a rendere la sanzione il più possibile adeguata all'interesse da tutelare.
Tra i predetti strumenti non sembra un fuor d'opera annoverare, d'ora in poi,
anche l'istituto di cui ci stiamo occupando
2.6 DIRITTO DI VOTO NEL MEZZANINE FINANCING
Un'attenzione particolare merita il tema del diritto di voto di cui possono
essere forniti gli strumenti finanziari partecipativi.
Nell’art. 2346, ult. co.89, il legislatore detta una disciplina riferita
esclusivamente a strumenti finanziari ossia a strumenti “negoziabili sul
mercato dei capitali”, ricompresi fra quelli individuati dall’art. 1, co. 2, del
d.lgs. n. 58/9890 e prefigura, per contrapposizione, che diritti propri
concorsuali, 1956,di E.F. RICCI, Lezioni sul fallimento, I, Milano, 1997
89
2346. ult.co.: Resta salva la possibilità che la società, a seguito dell'apporto da
parte dei soci o di terzi anche di opera o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di
diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea
generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di
emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle
prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione.
90
Per "strumenti finanziari" si intendono:
a) le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato
dei capitali;
b) le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei
capitali;
c) le quote di fondi comuni di investimento;
d) i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;
e) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti
indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici;
60
dell’azionista possano essere attribuiti ai portatori degli strumenti finanziari
partecipativi. Tali indicazioni trovano completamento logico nel disposto
dell’art. 2376, che prevede la costituzione di un’assemblea speciale nei casi
in cui gli strumenti finanziari attribuiscono diritti corporativi e nell’ultimo
comma dell’art. 235191, che regola l’esercizio del diritto di voto dei
portatori laddove esso sia attribuito.
Come si è avuto modo di sottolineare, l'ultimo comma dell'art. 2346,
nell'indicare i diritti di partecipazione, amministrativi e patrimoniali, di cui
possono essere forniti gli strumenti finanziari dei quali si ammette
l'emissione da parte della s.p.a., fa salvo espressamente il diritto di voto
nell'assemblea generale degli azionisti.
A fronte di tale disposizione l'art. 2351, ult. co., precisa che “gli
strumenti finanziari di cui agli artt. 2346, sesto com ma, e 2349, secondo
comma, possono essere dotati del diritto di voto su argomenti
f) i contratti "futures" su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e
sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di
differenziali in contanti;
g) i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su
merci nonchè su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga
attraverso il pagamento di differenziali in contanti;
h) i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi di interesse, a valute, a
merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di
differenziali in contanti;
i) i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti
lettere e i relativi indici, nonchè i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su
merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di
differenziali in contanti;
j) le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.
91
2351. - Diritto di voto
Ogni azione attribuisce il diritto di voto.
L'atto costitutivo può tuttavia stabilire che le azioni privilegiate nella ripartizione degli
utili e nel rimborso del capitale allo scioglimento della società abbiano diritto di voto
soltanto nelle deliberazioni previste nell'articolo 2365. Le azioni con voto limitato non
possono superare la metà del capitale sociale.
Non possono emettersi azioni a voto plurimo.
61
specificatamente indicati e in particolare può essere ad essi riservata,
secondo modalità stabilite in statuto, la nomina di un componente
indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di
sorveglianza o di un sindaco”
Questa regola è da porre in relazione: (i) con quattro disposizioni
specificative ossia gli artt. 2383. 2400, 2409-duodecies, co. 2, e 2409noviesdecies. quest'ultimo in quanto operante un richiamo applicativo del
disposto dell'art. 2383 all'organo gestori o nel sistema monistico; (ii) con il
disposto dell'art. 2376, che prevede la costituzione dell'assemblea speciale
dei portatori di strumenti finanziari partecipativi. nel (solo) caso in cui
questi siano forniti di diritti amministrativi.
Queste norme hanno indotto la dottrina a porsi il problema di
individuare l'ambito entro il quale l'autonomia statutaria può attribuire agli
strumenti finanziari il diritto di voto ex art. 2351 e, quindi, le modalità di
secondo le quali tale diritto può essere esercitato.
Prioritario, rispetto alla soluzione da dare al problema, è accertare se il
divieto posto dall'ultimo co. dell'art. 2346 di attribuire agli strumenti
finanziari il voto nell'assemblea “generale” degli azionisti, abbia carattere
dispositivo o, al contrario, sia inderogabile.
In realtà il carattere preliminare di tale accertamento è solo apparente,
in quanto la portata precettiva della regola in esame non può desumersi che
dal complesso della normativa.
Una normativa che ha dato luogo, in dottrina, a tre interpretazioni diverse.
Una parte della dottrina ha ritenuto che l'interpretazione più coerente, al
di là della pessima formulazione dell'art. 2351, ult. co., è quella di ritenere il
principio de quo inderogabile; con la conseguenza che ai titolari di
strumenti finanziari può essere riservato esclusivamente il voto nell'ambito
62
della propria assemblea speciale. Tale conclusione si deriva (a) dal fatto che
l'art. 2411, rende applicabili le norme codicistiche dettate in tema di
obbligazioni agli strumenti finanziari che condizionano i tempi e l'entità del
rimborso del capitale all'andamento economico della società; (b) dalla
circostanza che l'art. 2447-octies disciplina le assemblee speciali dei
portatori degli strumenti finanziari di partecipazione all'affare cui è dedicato
uno specifico patrimonio; (c) dal dato che la legge (art. 2541) disciplina le
assemblee speciali di portatori di strumenti finanziari nelle cooperative92.
La correttezza di tale lettura troverebbe, poi, conferma testuale nel fatto
che l'art. 2351, ult. co., prevede che, ai portatori di strumenti finanziari, può
essere attribuito il diritto di nominare un componente degli organi sociali ivi
indicati e non dell'intero organo; dal che si desume che l'atto di nomina
debba essere separato rispetto a quello dell'assemblea (la delibera
dell'assemblea speciale) ed a questo sovrapporsi93. Deve inoltre desumersi
che il diritto di nomina dei dirigenti della società, nonché il diritto di
ottenere rendiconti periodici analoghi a quelli cui hanno diritto, ex art. 2381
gli amministratori non esecutivi non sia ascrivibile ai portatori si strumenti
finanziari94. I diritti amministrativi cui fa riferimento il 2346, ult. co. sono
esclusivamente quelli che competono ai soci, individualmente, per
partecipazioni di misura predeterminata o in assemblea.
I diritti ed i compiti riservati agli amministratori restano esclusi
pertanto dal novero di quanto può competere ai portatori di strumenti
finanziari; ciò anche in coerenza con la più marcata e rigida distinzione di
compiti di organo gestori o ed assemblea delineata dagli artt. 2364, 2380bis, 2381 e 2392, nel nuovo testo. Sorge quindi il problema della
92
Santoro, sub art. 2351, 152, nt.21.
Santoro, sub art. 2351, 151, Desana, Le azioni, 124.
94
Si veda in proposito A. Stagno D’Alcontres, Società di capitali
93
63
conflittualità che può derivare dalla violazione da parte dell'assemblea
generale dei diritti riservati all'assemblea speciale95.
Altra parte della dottrina, pur riconoscendo il significato sistematico del
disposto dell'art. 2376, che prevede espressamente la costituzione di
assemblee speciali dei portatori di strumenti finanziari partecipativi che
conferiscano diritti amministrativi, ha sottolineato come l'interpretazione
secondo la quale il voto può essere espresso dai titolari strumenti finanziari
esclusivamente nell'ambito della propria assemblea speciale, deve essere
valutata con cautela in quanto qualche disposizione codicistica che adombra
la possibilità di un voto da esprimersi nell'ambito dell'assemblea generale
degli azionisti96. Il riferimento è all'art. 2506-ter, co. 4, che richiede il
consenso unanime dei portatori degli strumenti finanziari per l'esonero degli
amministratori dalla redazione dei documenti prodromici alla scissione e
all'art. 2526, co. 2, che prevede che, nelle cooperative, non possa essere
riservato ai portatori degli strumenti finanziari più di un terzo dei voti.
Da ultimo un'autorevole dottrina97 ha attribuito al divieto espresso dall'art.
2346, ult. co., il carattere di regola di natura dispositiva, ritenendo che essa
sia derogabile da parte dell'autonomia statutaria, in forza del disposto
dell'art. 2351, la cui portata precettiva sarebbe quella di ammettere che ai
Non è da escludere pero aprioristicamente che la formulazione del co. 2 dell’art. 2377
osti all’impugnazione da parte dei portatori degli strumenti finanziari nel rispetto dei
presupposti indicati dalla norma. Il fatto che il riferimento sia operato esclusivamente in
favore dei portatori di speciali categorie di azioni non necessariamente esclude che la
norma possa esprimere un principio generale. Restano salvi comunque i diritti derivanti
da vizi ex art. 2379 ed i poteri che competono al rappresentante comune eletto
dall’assemblea speciale.
96
Sul punto v.A. STAGNO D’ALCONTRES, Le azioni e gli altri strumenti finanziari
partecipativi, Relazione al Convegno L.U.I.S.S. su La riforma del diritto societario, del
9-10.5.2003, 13 del dattiloscritto.
97
F. Galgano, Il nuovo diritto societario, in Trattato Galgano, 2003, 135; nello stesso
senso cfr. Associazione Preite, Il nuovo diritto, 100 e F. Dimundo, sub art. 2346, ne La
Riforma Lo Cascio, 4, 2003, 13.
95
64
portatori di strumenti finanziari partecipativi possa essere riconosciuto il
diritto di esprimere voto nell'assemblea generale degli azionisti; ciò in
quanto la competenza dell'assemblea straordinaria non potrebbe essere
ampliata fino a comprendere argomenti diversi da quelli inerenti il
pregiudizio dei diritti di categoria. E’ altresì da ritenersi riconosciuta senza
alcuna esitazione ai portatori legittimati di strumenti finanziari il diritto
d’intervento nell’assemblea generale, considerato che la disposizione del
co. 1 di cui all’art. 2370 sembra avere la funzione di assicurare a tutti i
votanti il diritto d’intervento più che quella di escludere la partecipazione al
dibattito assembleare di non soci, ammesso che ciò sia consentito dallo
statuto. In questa prospettiva non può dubitarsi del fatto che gli strumenti
finanziari possano essere dotati, in forza di espressa previsione statutaria,
dei diritti d'informazione propri dei soci, primo fra tutti quello di consultare
i libri sociali. Ciò anche in considerazione di due circostanze: (i) che
l'attribuzione di tale diritto appare coerente con la possibilità di “fornire” gli
strumenti finanziari del diritto ad una partecipazione agli utili; (ii) che dal
disposto degli artt. 2421 e 2422 si ricava che il diritto all'informazione è
disciplinato dal codice civile esclusivamente con riferimento agli strumenti
finanziari emessi ai sensi dell'art. 2447 ter, lett e98.
La pluralità delle letture dimostra di per sé l'opinabilità di ognuna delle
soluzioni prospettate. In questo quadro credo che ogni ipotesi interpretativa
debba tener conto del complesso dei dati ricavabili dall'ordinamento.
Questi sono molteplici e, pertanto, può essere utile riassumerli:
il primo è il divieto di attribuire il diritto di voto nell'assemblea generale
98
Si veda in merito A. Stagno D’Alcontres, Società di Capitali
65
degli azionisti ai portatori di strumenti finanziari, posto dell'art. 2346, ult.
co.; il secondo è il riconoscimento all'autonomia statutaria del potere di
riservare agli strumenti finanziari il diritto di voto su argomenti specifici ed
in particolare la nomina di un componente gli organi sociali; il terzo è la
configurazione di un'assemblea speciale dei portatori strumenti finanziari
che conferiscono diritti amministrativi all'art. 2376; il quarto è la
precisazione che ai componenti gli organi sociali nominati dai portatori
strumenti finanziari si applicano le medesime norme previste per gli altri
componenti l'organo cui partecipano; il quinto è la precisazione, operata
dagli artt. 2383, co. 1, (richiamato dall'art. 2409-noviesdecies) e dall'art.
2400, che la nomina, rispettivamente, degli amministratori e dei sindaci
compete all'assemblea salvo il caso di cui all'art. 2351, che è equiparato a
quello di designazione extrassembleare dei componenti degli organi sociali
da parte dello Stato o di enti pubblici ed infine il sesto è l'adozione da parte
del legislatore della stessa tecnica espositivo cui si è fatto cenno al punto
precedente, all'art. 2409-novies, co. 3, che riserva al consiglio di
sorveglianza la nomina dei componenti il consigli di gestione, salvi quelli
nominati ex art. 2351.
Queste regole implicano una serie di considerazioni derivate: la prima è
che, con riferimento ai portatori di strumenti finanziari forniti di diritti
amministrativi, la legge prevede direttamente la costituzione d'una specifica
assemblea speciale; la seconda è che la nomina di componenti degli organi
sociali costituisce uno degli specifici argomenti in ordine ai quali
l'autonomia statutaria può attribuire il diritto di voto ai portatori di
strumenti finanziari partecipativi, dal momento che detta ipotesi è indicata
con la locuzione in particolare e perciò come ipotesi esemplificativa; la
terza è che la nomina di amministratori e/o sindaci, operata ai sensi dell'art.
66
2351, dai titolari di strumenti finanziari è equiparata dalla legge alla
designazione operata dallo Stato o dagli enti pubblici in via extrassembleare
ed è per questo considerata derogatoria rispetto alla regola generale di
elezione in assemblea generale degli azionisti (nella specie, in sede
ordinaria); la quarta è che la precisazione di cui all'ultimo inciso dell'art.
2351, ult. co., per la quale si applicano alle persone così nominate
medesime norme previste per gli altri componenti gli organi sociali, è
confermativa della superiore considerazione e mira ad escludere che, in via
interpretativa, possano essere estesi ai componenti gli organi così designati
le regole (in tema di revoca, ad es.) proprie di quelli nominati dallo Stato o
da altri enti pubblici; la quinta ed ultima è che, conferimento agli argomenti
rispetto ai quali lo statuto prevede il voto degli strumenti finanziari, diverse
di quelle di competenza “fisiologica” dell'assemblea straordinaria, la
delibera relativa, pur ponendosi all'interno di un più complesso
procedimento deliberativo, che si concreta nella delibera dell'assemblea
della società, assume una rilevanza propria ed autonoma, tanto da poter
assumere, come nei casi di nomina agli organi sociali, un'efficacia propria
ed autonoma rispetto all'organizzazione sociale.
Da queste considerazioni sembra potersi desumere un dato certo e,
cioè, che il voto dei portatori degli strumenti finanziari, allorché previsto
dallo statuto, deve concretarsi in una manifestazione collettiva di volontà
espressa nell'ambito di un'assemblea settoriale. Altro discorso è affermare
che quest'assemblea sia coincidente con quella di cui al 2376. La
disposizione si limita a prevedere che l'intervento dell'assemblea speciale è
necessario esclusivamente rispetto alle delibere dell'assemblea che
pregiudicano i diritti di una categoria di azioni o di strumenti finanziari
partecipativi che attribuiscono diritti amministrativi ed (ii) ad imporre che
67
la deliberazione della assemblea speciale, quando essa sia dichiarata ad
assicurare determinazioni in ordine a tali materie, sia assoggettata
all'applicazione delle regole proprie della celebrazione dell'assemblea
straordinaria.
Al di fuori dell'ambito delineato dall'art. 2376, co. 1, non si versa
nell'ipotesi di assemblea speciale delineata dal legislatore e non trovano
applicazione in conseguenza le relative regole procedimentali.
D'altro canto la volontà collettiva della categoria (di azionisti o
portatori di strumenti finanziari partecipativi) deve pur formarsi, quando sia
riservato ai portatori di diritto di voto ai sensi dell'art. 2351, ult. co.
Sicuramente potrà disciplinare la materia lo statuto sociale prevedendo che
le regole in conformità delle quali la decisione deve essere assunta. Queste
potranno essere le più diverse, purché assicurino il rispetto del diritto
attribuito alla categoria. Nulla osta a che si preveda l'estensione delle regole
procedimentali (quelle proprie dell'assemblea straordinaria) richiamate
dall'art. 2376. Ma del pari non si può ritenere che non sia ammesso il
ricorso ad altre forme di formazione della volontà collettiva che possono
andare da ipotesi in cui si mutuano modelli già adottati, con riferimento ad
altre fattispecie, dall'ordinamento, come quella di una decisione assunta, nel
rispetto del metodo collegiale, con maggioranze analoghe a quelle
dell'assemblea ordinaria; ad altre che prevedano, tecniche del tutto
particolari, come, ad esempio, la comunicazione in via autonoma del voto
di ogni singolo azionista o portatore di altri strumenti finanziari
partecipativi agli amministratori della società.
68
2.7 SCADENZA
Come osservato in precedenza, il debito subordinato non viene
generalmente rimborsato prima del completo rimborso del debito senior99.
Tale condizione rende inevitabilmente lo strumento in esame una forma di
finanziamento a lungo termine, caratterizzata da una scadenza superiore a
quella media del debito senior. Tale scadenza, variabile fra quattro e dieci
anni, presenta una certa differenza a seconda del mercato considerato. In
generale, infatti, il debito mezzanino presenta una scadenza media più
prolungata, mediamente compresa fra otto e dieci anni, negli Stati Uniti.
Viceversa, la scadenza è più ridotta, mediamente compresa fra quattro e
otto anni, nei mercati europei.
Nonostante la natura a lungo termine dello strumento in esame, occorre
tuttavia rilevare come l'elevato grado di rischio delle operazioni tipicamente
oggetto dei finanziamenti composti di debito senior e debito junior
comporti sovente una rinegoziazione della struttura del passivo nell'arco di
pochi anni, con possibilità di rimborso anticipato (3-4 anni) del debito
mezzanino. Ne segue una scadenza effettiva generalmente più ridotta di
quella originariamente negoziata.
99
Per debito senior si intende il complesso dei finanziamenti a medio-lungo termine a
fronte dell'operazione di buy-out, recanti una clausola di rimborso privilegiato rispetto
agli altri debiti. La durata dei finanziamenti senior è compresa fra i 5 e gli 8 anni e il loro
totale rimborso precede sempre l'ammortamento del debito subordinato e dell'eventuale
debito mezzanino impiegati per completare il finanziamento dell'operazione.
69
2.8 COVENANTS
Le restrizioni imposte alle imprese che ricorrono al finanziamento
mezzanino dai sottoscrittori dello stesso strumento sono generalmente
assimilabili, nonostante la maggiore assunzione di rischio e il connesso
maggiore rendimento atteso, a quelle tipicamente imposte dai senior
lenders. Fra le più comuni si possono ricordare (tali covenants possono
naturalmente presentarsi in forme e combinazioni differenti): divieto di
effettuare operazioni di finanza straordinaria (acquisizione di imprese,
cessione di attività, riacquisto di azioni proprie, ecc.) senza il preventivo
assenso dei creditori junior; divieto di pagare dividendi senza il preventivo
assenso dei creditori junior; obbligo di mantenere un rapporto minimo fra
capitale di rischio (equity) e capitale di debito (debito senior e debito
subordinato); obbligo di conservare un grado minimo di liquidità (rapporto
fra attività correnti e passività correnti).
È evidente come, a fronte di maggiori restrizioni richieste imposte dagli
investitori in capitale intermedio, vi sia una minore flessibilità offerta
all'impresa finanziata dallo strumento in esame, e dunque minori siano le
concrete possibilità di sviluppo dello stesso. Ragionando in termini della
scala rischio-rendimento che va dal capitale di debito (senior) al capitale di
rischio, l'imposizione di covenants più restrittivi spinge il debito mezzanino
verso il gradino più basso (debito senior) e ne comporta un'inevitabile
diminuzione di attrattiva.
Essendo il debito mezzanino uno strumento finanziario partecipativo,
vediamo in concreto come vengono redatti tali tipologie di strumenti
finanziari ed eventuali loro restrizioni:
70
CLAUSOLA GENERALE
La società, a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opera
o servizi, può emettere strumenti finanziari ai sensi dell' art 2346 u.c.c.c..
DIRITTO ALLA RESTITUZIONE DELL'APPORTO
I sottoscrittori di tali strumenti finanziari avranno il diritto alla restituzione
dell'apporto allo scioglimento della società sempreché siano stati soddisfatti
i creditori sociali;eventualmente nel caso in cui l’apporto consista nella
prestazione di opera o di servizi i sottoscrittori avranno diritto alla
restituzione del valore dell'apporto ove la delibera di emissione lo consenta,
dettando criteri per la determinazione del valore dell'opera o del servizio
apportati, oppure i sottoscrittori di tali strumenti finanziari non avranno il
diritto alla restituzione dell'apporto allo scioglimento della società.
LIQUIDAZIONE ANTICIPATA DELL'APPORTO
La società e/o il sottoscrittore hanno facoltà di effettuare od ottenere la
liquidazione
anticipata
dell'apporto
sempreché
al
momento
della
liquidazione sussista la relativa riserva iscritta al passivo del bilancio ed
essa non risulti erosa da perdite.
A tal fine le eventuali perdite, una volte erose le riserve di utili devono
essere ripartite proporzionalmente tra il capitale e le riserve da capitale
formatesi a seguito dei conferimenti dei soci da un lato e la riserva relativa
agli apporti dei sottoscrittori di strumenti finanziari dall'altro.
La decisione inerente alla liquidazione su richiesta della società è assunta
dall'organo
amministrativo
(eventualmente
previa
autorizzazione
71
dell'assemblea ordinaria) con determinato preavviso. Tale decisione deve
essere pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
La liquidazione su istanza del titolare degli strumenti finanziari deve essere
chiesta mediante lettera raccomandata indirizzata alla società con
l'indicazione delle generalità del titolare che chiede il rimborso, del
domicilio per le comunicazioni inerenti al procedimento, del numero e della
categoria degli strumenti finanziari per i quali si chiede il rimborso. Gli
strumenti finanziari per i quali si chiede il rimborso non possono essere
ceduti e devono essere depositati presso la sede sociale. Il rimborso dei
relativi strumenti finanziari deve essere eseguito entro determinati giorni
dalla ricezione della richiesta da parte della società.
DIRITTO AGLI UTILI ED A PLUSVALENZE PATRIMONIALI
I sottoscrittori degli strumenti finanziari avranno diritto a percepire
complessivamente una percentuale degli utili netti risultanti dal bilancio
regolarmente approvato, dedotto quanto per legge debba essere accantonato
a riserva legale; oppure i sottoscrittori degli strumenti finanziari avranno
diritto a percepire complessivamente una percentuale
degli utili netti
risultanti dal bilancio regolarmente approvato, di cui l'assemblea
deliberi la distribuzione.
Eventualmente i sottoscrittori degli strumenti finanziari avranno diritto
inoltre a percepire, allo scioglimento della società, complessivamente una
percentuale delle plusvalenze patrimoniali residuate una volta pagati i
creditori sociali e rimborsati gli apporti dei soci e dei titolari di strumenti
finanziari.
72
In ogni caso detta quota di utili (e di plusvalenze) sarà ripartita tra i
possessori degli strumenti finanziari partecipativi in proporzione al numero
dei titoli da ciascuno posseduti.
STRUMENTI FINANZIARI DI PARTECIPAZIONE AD UN
AFFARE EX ART. 2447-Bis
I sottoscrittori degli strumenti finanziari emessi a fronte del patrimonio
destinato di cui alla delibera avranno diritto a percepire complessivamente
una percentuale degli utili netti prodotti dall'affare di cui trattasi risultanti
dal bilancio regolarmente approvato, dedotto quanto per legge debba essere
accantonato a riserva legale; oppure i sotto scrittori degli strumenti
finanziari emessi a fronte del patrimonio destinato di cui alla delibera
avranno diritto a percepire complessivamente una percentuale degli utili
netti prodotti dall'affare di cui trattasi risultanti dal bilancio regolarmente
approvato, di cui l'assemblea deliberi la distribuzione.
In ogni caso detta quota di utili sarà ripartita tra i possessori dei predetti
strumenti finanziari in proporzione al numero dei titoli da ciascuno
posseduti.
COMPENSI NON CORRELATI AGLI UTILI
I sottoscrittori degli strumenti finanziari avranno diritto a percepire
compenso pari ad una percentuale del valore dell'apporto da essi effettuato;
oppure i sottoscrittori degli strumenti finanziari avranno diritto ad uno
sconto di una determinata percentuale sull’acquisto dei beni o dei servizi
prodotti dalla società.
73
DIRITTO DI INTERVENTO IN ASSEMBLEA
I sottoscrittori degli strumenti finanziari hanno diritto di intervento senza
diritto di voto nelle assemblee dei soci.
COMPETENZA ALLA EMISSIONE
La decisione di emettere gli strumenti finanziari è di competenza di un
organo amministrativo o un’assemblea, che potrà adottarla in presenza per
esempio delle seguenti condizioni, come particolari necessità di bilancio o
esigenza di finanziare il compimento di determinate operazioni, o
limitazioni riferite all'ammontare dell'emissione o al tempo della stessa.
DIRITTO ALLA NOMINA DI UN COMPONENTE DEGLI ORGANI
AMMINISTRATIVI O DI CONTROLLO.
Ai titolari di strumenti finanziari è riservata la nomina di un componente
indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di
sorveglianza e di un sindaco.
A tal fine la nomina di cui sopra sarà effettuata dall'assemblea speciale dei
portatori di strumenti finanziari regolata dall'art. 2376 c.c..
I membri così nominati sono revocabili dall'assemblea dei soci, nel rispetto
delle condizioni di legge, fermo restando che il nuovo membro da sostituire
a quello revocato va comunque nominato dai titolari di strumenti finanziari
secondo le disposizioni sopra dettate.
DIRITTO DI VOTO
I titolari di strumenti finanziari hanno diritto di voto su determinati
argomenti. Detto voto sarà espresso in seno all'assemblea generale degli
azionisti ed a tal fine la relativa deliberazione, oltre a riportare
74
l'approvazione dei soci con i quorum previsti nel determinato statuto, dovrà
altresì essere approvata dai titolari di strumenti finanziari che rappresentino
almeno una percentuale determinata degli strumenti finanziari emessi dalla
società ovvero
almeno una percentuale determinata degli strumenti finanziari presenti in
assemblea.
Ciascun sottoscrittore di strumenti finanziari, ha diritto di impugnare le
deliberazioni assembleari nelle quali ha diritto di voto indipendentemente
dalle quantità sottoscritte, oppure dovranno essere approvate dall'assemblea
speciale dei titolari di strumenti finanziari regolata dall'art. 2376 c.c. le
deliberazioni dell'assemblea relative a determinati argomenti:
DIRITTO DI IMPUGNARE LE DELIBERAZIONI DEL CONSIGLIO DI
AMMINISTRAZIONE
Ciascun sottoscrittore di strumenti finanziari ha diritto di impugnare le
deliberazioni del consiglio di amministrazione lesive dei suoi diritti
indipendentemente dalle quantità sottoscritte e di ispezionare i libri sociali
ed ottenerne estratti a proprie spese.
NOMINA DI UN RAPPRESENTANTE COMUNE
I titolari di strumenti finanziari possono nominare un rappresentante
comune secondo le disposizioni e con i compiti di cui all'art. 2541 c.c..
ASSEMBLEA SPECIALE
Le deliberazioni dell'assemblea dei soci che pregiudicano i loro diritti
devono essere approvate dall'assemblea speciale dei titolari di strumenti
finanziari.
75
DIRITTO DI OPZIONE
Ai titolari di strumenti finanziari è riservato il diritto di opzione per la
sottoscrizione di nuove emissioni di strumenti finanziari, da esercitarsi in
conformità alle disposizioni di cui all'art. 2441 commi 1, 2 e 3 c.c. in quanto
compatibili.
Ai medesimi è riservato il diritto di opzione per la sottoscrizione di azioni
di nuova emissione e di obbligazioni convertibili, da esercitarsi in
conformità alle disposizioni di cui all'art. 2441 in quanto compatibili,
sempreché tale diritto non sia esercitato dai soggetti ivi indicati.
SANZIONI PER INADEMPIMENTO
Se il sottoscrittore che non abbia interamente liberato il titolo al momento
della sottoscrizione non esegue i pagamenti dovuti, decorsi quindici giorni
dalla pubblicazione di una diffida nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica,
gli amministratori, se non ritengono utile promuovere azione per
l'esecuzione dell'apporto, offrono gli strumenti finanziari relativi agli altri
sottoscrittori, in proporzione ai titoli da ciascuno detenuti, per un
corrispettivo non inferiore al valore degli apporti ancora dovuti. In
mancanza di offerte possono far vendere i titoli a rischio e per conto del
sottoscrittore, a mezzo di una banca o di un intermediario autorizzato alla
negoziazione nei mercati regolamentati. Qualora la vendita non possa aver
luogo per mancanza di compratori, gli amministratori possono dichiarare
decaduto il sottoscrittore, trattenendo le somme riscosse, salvo il
risarcimento dei maggiori danni. I titoli non venduti, se non possono essere
rimessi in circolazione entro l'esercizio in cui fu pronunziata la decadenza
76
del sottoscrittore moroso, devono essere estinti con la corrispondente
riduzione della relativa riserva. Il sottoscrittore in mora nei versamenti non
può esercitare i diritti di voto eventualmente allo stesso spettanti in forza
del presente statuto nell'assemblea speciale o in quella dei soci.
Finché lo strumento finanziario non è interamente liberato non possono
essere emessi titoli al portatore.
DECADENZA
La decadenza del sottoscrittore, oltre che nel caso sopra indicato, può aver
luogo per l'interdizione o l'inabilitazione del sottoscrittore o per la sua
condanna ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai
pubblici uffici;
qualora il sottoscrittore, senza il consenso dell'organo amministrativo,
eserciti per conto proprio o altrui un'attività concorrente con quella della
società direttamente o a mezzo di soggetti interposti; a tal fine si
considerano in ogni caso soggetti interposti, salva la possibilità di provare
la qualità di soggetto interposto di altre persone, i parenti in linea diretta ed
il coniuge nonché le società nelle quali il sottoscrittore detenga una quota di
partecipazione superiore ad una percentuale determinata del capitale ovvero
rivesta la carica di amministratore;
in caso di inadempimento o impossibilità di adempimento dell'apporto
d'opera o di servizi eventualmente effettuato;
in caso di scomparsa o dichiarazione di assenza del sottoscrittore ai sensi
degli art. 49 e segg. c.c. ovvero qualora questi per almeno un determinato
numero di anni consecutivi non eserciti alcun diritto sociale ad esso
spettante; e nel solo caso in cui l'atto costitutivo preveda la necessità di
77
determinati requisiti soggettivi, nell'ipotesi in cui vengano meno i requisisti
soggettivi richiesti per l'acquisto degli strumenti finanziari.
E’decaduto di diritto il sottoscrittore che sia dichiarato fallito.
La decadenza, quando non opera di diritto, deve essere deliberata dagli
amministratori o con decisione adottata con il voto favorevole dei soci che
rappresentano più di una percentuale determinata del capitale sociale.
La relativa deliberazione deve essere motivata e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica o comunicata al sottoscrittore con lettera
raccomandata con avviso di ricevimento).
Contro la deliberazione di esclusione il sottoscrittore può proporre
opposizione al tribunale, nel termine di sessanta giorni dalla pubblicazione
della deliberazione di decadenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica o
dalla comunicazione della deliberazione di decadenza.
Il sottoscrittore decaduto ha/non ha diritto alla liquidazione dell'apporto (in
caso affermativo sempreché al momento della liquidazione sussista la
relativa riserva iscritta al passivo del bilancio ed essa non risulti erosa da
perdite).
È condizione necessaria del valido esercizio del diritto di conversione che la
prestazione d'opera o di servizi o anche di beni in natura costituente
l'oggetto dell'apporto sia stata effettivamente eseguita. Se invece l'apporto
relativo agli strumenti finanziari da convertire è in denaro, è necessario che
esso al momento della conversione sia stato eseguito almeno per il 25%.
Se la riserva relativa all'apporto sia stata erosa da perdite al momento
dell'esercizio del diritto di conversione, tale diritto potrà essere esercitato
soltanto per il minore importo risultante al netto delle perdite subite.
TRASFERIMENTO DI TITOLI NON INTERAMENTE LIBERATI
78
Coloro che hanno trasferito gli strumenti finanziari non liberati sono
obbligati in solido con gli acquirenti per l'ammontare dei versamenti ancora
dovuti, per il periodo di tre anni dal trasferimento, oppure è vietata la
circolazione del titolo non liberato.
TECNICHE DI CIRCOLAZIONE
Gli strumenti finanziari sono rappresentati da titoli nominativi o al
portatore o all'ordine oppure non sono rappresentati da titoli e si
trasferiscono a mezzo dell'iscrizione del trasferimento su apposito libro
tenuto a cura della società, ove, previa identificazione a cura dell'organo
amministrativo, verrà raccolta la sottoscrizione del cedente e del
cessionario.
Eventualmente la circolazione degli strumenti finanziari non è consentita.
STRUMENTI FINANZIARI CONVERTIBILI
Possono essere emessi anche strumenti finanziari convertibili in
partecipazioni azionarie. Essi devono essere offerti in opzione agli azionisti
ai sensi dell'art. 2441 c.c..
In tal caso si applica, in quanto compatibile, l'art. 2420-bis c.c..
Ove l'apporto del sottoscrittore sia rappresentato dalla prestazione di opera
o di servizio, la conversione può avvenire solo se sia stato attribuito ai
sottoscrittori il diritto alla restituzione del valore dell'apporto, secondo i
criteri per la determinazione del valore dell'opera o del servizio apportati
stabiliti dalla delibera di emissione.
79
2.9 I VANTAGGI PER I CREDITORI SENIOR
Dal punto di vista dei creditori di un'impresa, i vantaggi del debito
mezzanino emergono in relazione alla sua capacità di migliorare, se
utilizzato come strumento di finanziamento di un processo di crescita
dell'attivo, o di mantenere inalterato, se utilizzato come strumento di
finanziamento sostitutivo del capitale di rischio, il merito creditizio
dell'impresa finanziata. Ipotizzando una clausola di subordinazione
parziale, i vantaggi connessi alla situazione dei creditori senior variano a
seconda che il debito mezzanino si configuri come risorsa finanziaria
addizionale per il finanziamento di un nuovo investimento o come risorsa
finanziaria sostitutiva di parte del capitale di rischio100.
Nel primo caso la posizione dei creditori viene migliorata, nel senso che il
merito creditizio dell'impresa finanziata viene positivamente influenzato. Di
fatto, è come se il rapporto di capitalizzazione dell'impresa venisse
incrementato.
Nel secondo caso invece i creditori senior mantengono inalterata la
propria posizione, permettendo peraltro alle imprese mutuatarie di
finanziare progetti di investimento che presentano adeguati profili di
redditività e/o temporaneamente di ottenere una riduzione del costo dei
liquidi.
2.10 TECNICHE
DI EMISSIONE E DI NEGOZIAZIONE SUI MERCATI
Da la “La ricerca del valore. Una guida per il management e per gli azionisti” Bennett
Stewart III G. Milano, Egea, 1998
100
80
PRIMARIO E SECONDARIO
Dal punto di vista strettamente operativo, l'emissione di debito
mezzanino sul mercato primario avviene attraverso la tecnica del private
placement. In seguito alla determinazione della struttura finanziaria ottimale
di un'impresa, l'istituzione che svolge il ruolo di arranger si incarica di
contattare, in forma privata, i potenziali offerenti di debito mezzanino
(equity funds, mezzanine funds, investitori istituzionali o dipartimenti
specializzati di banche internazionali) al fine di negoziare con questi ultimi
le migliori condizioni di tasso, scadenza, juniority. Il ruolo di arranger può
anche essere direttamente svolto da un'istituzione specializzata come un
fondo mezzanino, il quale si limiterà a contattare i potenziali senior lenders
ed eventualmente a cedere parte della quota di capitale intermedio
sottoscritto a un'altra istituzione.
È interessante osservare come, quando l'istituzione che sottoscrive
inizialmente la quota di mezzanine financing non è un fondo mezzanino o in
generale un'istituzione specializzata in tale strumento, si abbia sovente il
tentativo di cedere sul mercato secondario parte, o tutta, la quota
sottoscritta. Ciò avviene contattando quelle istituzioni potenzialmente
interessate e dotate della competenza necessaria a valutare lo strumento. La
scarsa diffusione del capitale intermedio in Europa si riflette anche in una
limitata liquidità del mercato secondario.
È inoltre importante sottolineare come tale scarsità di spessore e
liquidità del mercato secondario in Europa riguardi in particolare le fasi
successive alla conclusione della transazione.
L'eventuale cessione della quota di debito mezzanino sottoscritta
avviene infatti esclusivamente nella fase immediatamente successiva la
81
conclusione di un'operazione. Trattandosi in genere di operazioni
caratterizzate da un elevato grado di rischio, se le condizioni economicofinanziarie dell'impresa debitrice seguono il percorso originariamente
formulato in sede di proiezioni, l'istituzione che ha sottoscritto la quota di
debito mezzanino non ha più interesse a cederla e conserva dunque in
portafoglio l'investimento. Se invece tali condizioni si deteriorano in
seguito a fattori specifici dell'impresa finanziata (management prodotti,
ecc.) o generici di mercato (tassi di interesse, ciclo macroeconomico, ecc.),
diviene praticamente impossibile trovare una controparte disposta a rilevare
la quota.
Ù
82
Capitolo 3
LA CONFIGURAZIONE GIURIDICA DI UN
INTERMEDIARIO DI MEZZANINE FINANCE
SOMMARIO: 3.1. Introduzione, 3.2 Caratteristiche fiscali dello strumento di
mezzanine finance, 3.3 Organismi di investimento collettivo in valori
mobiliari 3.4 Fondi chiusi, 3.5 Società, 3.6 Conclusioni, 3.7 Casi pratici,
3.1 INTRODUZIONE
La scelta della configurazione giuridica di un fondo mezzanine, ossia di
un organismo intermediario che intervenga a favore di imprese target
nell'organizzazione e nell'offerta di finanziamenti mezzanine, non si
presenta facile. A tal fine risulta utile analizzare quanto già acquisito dalla
prassi in materia, premettendo sin da ora che la diffusione di questi
intermediari in Europa è ancora relativamente limitata: come si è potuto
notare in precedenza, infatti, sinora ha avuto maggiore sviluppo il debito
mezzanino, ossia lo strumento di finanziamento utilizzato dagli investitori
istituzionali soprattutto per il finanziamento di operazioni di LBO e MBO.
La scelta delle possibili configurazioni giuridiche va effettuata tenendo
conto soprattutto di due fattori.
In primo luogo una configurazione giuridica efficiente deve in primo luogo
soddisfare le esigenze di operatività del fondo, fornendo allo stesso un
elevato grado di autonomia ossia l'opportunità di aumentare liberamente il
capitale del fondo e flessibilità ossia la possibilità di ricorrere a forme di
debito piuttosto che unicamente al capitale proprio.
83
In secondo luogo vanno valutate le implicazioni di natura civilistica e
soprattutto i vantaggi e gli svantaggi di natura fiscale che una forma
giuridica piuttosto che un'altra possono comportare: a questo scopo occorre
considerare non solo la normativa del paese nel quale si intende collocare il
fondo ma anche la normativa del paese in cui risiedono o hanno sede legale
i partecipanti al fondo e la normativa del paese in cui il fondo effettua i
propri investimenti, ossia il paese sede delle imprese target.
Atteso il fatto che non esistono quasi termini di confronto o esperienze che
possano suggerire la soluzione più efficiente, si è ritenuto necessario fornire
una gamma di possibilità piuttosto ampia, anche se, come si vedrà, le
condizioni sopra esplicitate vengono soddisfatte soprattutto da una
configurazione giuridica di tipo societario. Le principali alternative sono
comunque tre:
1. organismo di investimento collettivo di tipo aperto;
2. organismo di investimento collettivo di tipo chiuso;
3. società.
Gli aspetti fondamentali della normativa che regola le varie tipologie di
fondi considerate sono stati esaminati in 4 paesi membri dell'Unione
Europea, ossia Francia, Italia, Lussemburgo e Regno Unito. La scelta è
ricaduta su Francia e Italia in quanto paesi dell'Europa continentale nei
quali lo strumento del debito mezzanino è attualmente maggiormente
sviluppato; la scelta del Lussemburgo è motivata soprattutto da ragioni di
tipo fiscale, in quanto in questo paese la normativa dei fondi e delle società
di investimento è molto favorevole; il Regno Unito, infine, è stato preso in
considerazione perché, come si è visto, in esso sono presenti da tempo
istituzioni finanziarie specializzate nell' offerta di finanziamenti mezzanine.
84
3.2 IL
MEZZANINE FINANCE: CARATTERISTICHE FISCALI DELLO
STRUMENTO
Obiettivo di quest'ultimo paragrafo è quello di presentare le caratteristiche
fiscali che lo strumento finanziario “mezzanine financing” assume nella
normativa italiana e in quella francese.
Le due componenti del finanziamento mezzanino, rappresentate dal debito
subordinato e dall' equity kicker, possono sia essere tenute distinte che
racchiuse in un medesimo strumento finanziario.
Nel primo caso la componente di debito subordinato può essere
rappresentata sia da obbligazioni subordinate che da zero coupon bonds;
contestualmente, per quanto concerne la componente di equity kicker,
vengono emessi warrants.
La componente reddituale del debito subordinato che viene assoggettata a
tassazione in capo al soggetto creditore è rappresentata dall'interesse attivo
corrisposto dall'impresa finanziata. In capo a quest’ultima invece l'interesse
corrisposto costituisce un onere deducibile dal reddito d'impresa. Sia in
Italia che in Francia il regime di tassazione degli interessi generati dal
debito subordinato non differisce da quello generalmente previsto per gli
interessi obbligazionari; pertanto, trattandosi di tassazione di interessi in
capo ad organismi societari, l'aliquota applicata in Italia è sensibilmente
superiore a quella applicata in Francia.
Nel caso di emissione di zero coupon bonds sia la normativa italiana che
quella francese prevedono che la differenza tra prezzo di emissione e prezzo
di rimborso sia assoggettata allo stesso regime impositivo degli interessi.
In Italia non esiste una regolamentazione specifica sui warrants. La Francia
invece ha elaborato una normativa apposita. È previsto che l'emissione di
85
warrants dia origine ad un provento tassabile in capo alla società emittente
soltanto nell' esercizio in cui scade il diritto di sottoscrizione dell' azione e
parimenti, alla stessa scadenza, rappresenti una perdita netta per il
detentore. Qualora venga esercitata l'opzione call, che consente all'impresa
emittente di riacquistare prima della scadenza i warrants emessi ad un
prezzo di esercizio predeterminato, l'eventuale guadagno (perdita) che la
stessa può realizzare è tassato (dedotto). L'esercizio dell' opzione put
concessa al detentore del warrant, che consiste nella cessione del titolo
prima della scadenza, può parimenti generare una plusvalenza tassabile o
una minusvalenza deducibile. Il detentore, qualora eserciti il diritto
contenuto nel warrant, è tassato sulla differenza tra il prezzo di mercato
dell'azione sotto stante e il prezzo determinato per l'acquisto dell' azione più
il premio versato per l'acquisto del warrant.
In Italia generalmente si ritiene che i warrants rientrino tra i beni relativi
all'impresa la cui cessione dà origine a plusvalenze tassabili o minusvalenze
deducibili, in quanto la legislazione tributaria non assimila espressamente i
warrants ai titoli la cui cessione dà origine a ricavi.
Quando le due componenti del finanziamento mezzanino vengono
racchiuse nel medesimo strumento finanziario, si fa più frequentemente
ricorso all' emissione di obbligazioni subordinate convertibili o titoli
rappresentativi del capitale di rischio, quali le azioni privilegiate.
La tassazione delle obbligazioni subordinate convertibili è, sia in Italia che
in Francia, la stessa delle obbligazioni ordinarie; allo stesso modo le azioni
privilegiate sia in Italia che in Francia ricevono lo stesso trattamento fiscale
delle azioni ordinarie.
86
3.3 ORGANISMI
DI
INVESTIMENTO
COLLETTIVO
IN
VALORI
MOBILIARI
Una configurazione possibile può essere quella di un fondo comune di
investimento aperto, ossia di un organismo di investimento collettivo in
valori mobiliari aperto alla pubblica sottoscrizione, individuato ai sensi
delle direttive CEE 611/1985 e 220/1988.
Tale struttura esiste in tutti i 4 paesi considerati: in Italia vi sono i “fondi
comuni di investimento mobiliare” introdotti dalla Legge 77/1983, seguiti
dalla recente introduzione delle SICAV, che si differenziano dai primi in
quanto costituite come società per azioni; in Francia i “Fonds Commun de
Placement Collective en Valeurs Mobiliers” aperti al pubblico, introdotti
con una Legge del 13 luglio 1979, nel Regno Unito gli “unit trusts”, in
Lussemburgo gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari, da
ultimo disciplinati dalla Legge 30 marzo 1988.
Tutti gli organismi considerati hanno una configurazione giuridica simile:
esiste infatti una separazione tra il fondo, definito come un insieme di
risorse finanziarie fornite da una pluralità di soggetti, e il “gestore” del
fondo stesso che investe tali disponibilità in forma collettiva (generalmente
si tratta di una società di gestione). Tali organismi hanno caratteristiche
comuni
In primo luogo si tratta di organismi il cui oggetto esclusivo è
l'investimento collettivo in valori mobiliari dei capitali raccolti presso il
pubblico e che adottano nella propria gestione il principio della ripartizione
dei rischi.
87
In secondo luogo le quote sottoscritte dai partecipanti al fondo devono
essere riacquistabili o rimborsabili, direttamente o indirettamente a carico
del patrimonio degli organismi stessi su richiesta dei portatori.
Le suddette caratteristiche lasciano intuire che un fondo di questo genere
ben difficilmente potrà attagliarsi alle esigenze proprie di un fondo
mezzanino.
Nel caso del mezzanino è infatti improbabile che il finanziamento del
fondo, per la parte che residua dopo il finanziamento dei promotori del
fondo stesso, sia aperto alla pubblica sottoscrizione; né sembra plausibile
che il principio informatore della gestione sia quello, tipico dei fondi aperti,
di minimizzare il rischio assunto dai sottoscrittori (si rammenta ad esempio
che in Italia solo il 10% del patrimonio dei fondi comuni può essere
investito in titoli non quotati).
3.4 FONDI CHIUSI
Una seconda alternativa è rappresentata dai fondi chiusi (closed-end funds).
Si tratta di fondi comuni di investimento che si differenziano da quelli
aperti in quanto in essi il patrimonio gestito è predeterminato e pertanto
l'ingresso è possibile, a titolo originario, soltanto al momento dell'
emissione delle quote ovvero, a titolo derivativo, durante la vita del fondo,
acquistando le quote dai sottoscrittori originari. Il grado di autonomia e
flessibilità di questa tipologia di fondo è dunque assai ridotto.
Il fondo chiuso investe generalmente in titoli non quotati, anche se esistono
numerosi fondi, specie negli USA e nel Regno Unito, che investono in titoli
quotati. L'investimento in titoli non avviene, come nel caso dei fondi aperti,
88
per negoziazione, bensì al fine di “ partecipare” alle imprese di cui vengono
sottoscritti i titoli. Obiettivo del fondo è infatti quello di assumere
partecipazioni in società che possono crescere in modo che la successiva
alienazione delle quote (alla vecchia proprietà o ai nuovi soci) permetta di
realizzare una plusvalenza distribuibile ai partecipanti al fondo o
reinvestibile nel fondo stesso.
Nel modello europeo-continentale i fondi chiusi vengono promossi da una
società di gestione, così come accade per i fondi aperti; gli obblighi, le
politiche d'investimento e le caratteristiche giuridiche e operative del fondo
sono contenute in un documento denominato “regolamento”. I mezzi
raccolti dal fondo vengono depositati direttamente dal sottoscrittore in una
banca denominata “depositaria” (custodian) la quale terrà a dossier i titoli
quotati e non quotati acquistati dal fondo e vigilerà sulla regolarità delle
operazioni effettuate. Nel caso di un fondo mezzanino avente la
configurazione giuridica di un fondo chiuso è probabile che il procedimento
di costituzione sia inverso, ossia che una volta raccolti i mezzi finanziari tra
le banche e le altre istituzioni finanziarie, ferma restando la possibilità per
altre persone fisiche o giuridiche di contribuire per la restante parte, si
proceda ad affidare l'incarico della gestione ad una società appositamente
costituita.
Sinora si è descritto un primo modello, di natura contrattuale, di fondo
chiuso. Esiste anche un secondo modello, la cui struttura è di tipo statutario
anziché contrattuale101, diffuso soprattutto nei paesi anglosassoni (ad
101
Come indicato nella Direttiva CEE del 20 dicembre 1985 n. 611,gli O.I.C.V.M.
possono assumere due forme giuridiche diverse; natura contrattuale: in tale caso sono
solitamente privi di personalità giuridica e di soggettività tributaria. All'interno di questa
categoria si possono distinguere: organismi per i quali il possesso del capitale investito e
dei redditi da questo fruttati compete all'organismo stesso (possesso legale) e,
contemporaneamente, ai sottoscrittori di quote, come nel caso degli unit trust del Regno
89
esempio gli investment trusts inglesi). Questo secondo modello prevede la
costituzione, da parte dei promotori, di un organismo dotato di personalità
giuridica (solitamente una società), il cui fine esclusivo è quello di
raccogliere un determinato ammontare di mezzi da investire in imprese non
quotate, per le quali vi siano ragionevoli prospettive di crescita nel mediolungo periodo. I conferimenti vanno a costituire un patrimonio di cui
diviene titolare la società stessa e i cui certificati sono costituiti da azioni
quotate102.
Fatte queste premesse esaminiamo le principali tipologie di fondi chiusi
presenti in :Francia,Lussemburgo,Regno Unito ed Italia.
In Francia esistono dal 1983 i fonds communs de placement a risque
(FCPR) e dal 1985 le sociétés de capital-risque.
I primi non hanno personalità giuridica, sono costituiti sulla base di uno
Statuto approvato dalla Commissione degli Operatori di Borsa e devono
essere amministrati da un gestore persona fisica o giuridica (spesso il
gestore è una filiale di una società finanziaria).
I sottoscrittori possono essere persone fisiche e giuridiche. La quota minima
di sottoscrizione varia da un minimo di 100 Franchi Francesi ad un
massimo di 100.000 Franchi Francesi, a seconda del tipo di sottoscrittore
cui il fondo è destinato (persone fisiche o investitori istituzionali). Il
Unito,ed organismi basati su una comproprietà del capitale investito e dei redditi da esso
fruttati da parte di tutti i sottoscrittori, noti anche come mutual funds.; natura statutaria:
sono dotati di personalità giuridica e, almeno in linea di principio, di soggettività
tributaria. In questo caso gli O.I.C.V.M. assumono la forma legale di società per azioni, in
cui il possesso del capitale investito e dei redditi da esso fruttati è della società, mentre i
sottoscrittori sono azionisti e possiedono pertanto la società stessa.
102
La partecipazione del management nella società è di solito limitata all'l %; esso
tuttavia percepisce una commissione di gestione (management fee) che si aggira sul 2-3%
del patrimonio. Il vero profitto sta però nella clausola che riserva al manager il diritto di
trattenere, di solito, un quinto delle plusvalenze realizzate all'atto della liquidazione,
mentre i restanti 4/5 vengono distribuiti agli altri “soci-sottoscrittori”.
90
patrimonio massimo gestito dai fondi chiusi è di 500 milioni di franchi. Nel
caso di un fondo destinato a investitori istituzionali, istituzioni finanziarie,
imprese industriali, francesi ed esteri, quale potrebbe essere il fondo
mezzanino, il gestore del fondo deve detenere almeno 1'1 % del capitale del
fondo stesso. I sottoscrittori non possono chiedere il riscatto della propria
quota per un periodo di tempo che può andare da un minimo di tre anni ad
un massimo di dieci. Il portafoglio di questi fondi, entro il termine di un
anno, deve essere investito per almeno il 40% in partecipazioni, azioni,
obbligazioni convertibili di società non quotate né sul mercato ufficiale, né
sul Second Marché. Inoltre il fondo non può detenere più del 10% dei titoli
di una stessa società.
Le sociétés de capital-risque si differenziano dai fondi comuni per la natura
statutaria, cui consegue una diversa disciplina civilistica e fiscale; tuttavia
una Legge del 23/12/1988, destinata a ricostruire il quadro giuridico
generale applicabile a tutti gli organismi di investimento collettivo, ha
accentuato la convergenza degli statuti dei fondi e delle società a rischio.
La normativa fiscale si differenzia per i due tipi di organismi considerati.
I fonds communs de placement à risque beneficiano di un regime fiscale
che assicura la piena trasparenza del fondo, per cui tutti i redditi percepiti
dallo stesso (dividendi, interessi, capital gains) non subiscono imposizione
in capo allo stesso, ma vengono tassati in capo ai partecipanti, con
normative diverse a seconda che si tratti di persone fisiche o giuridiche .
Le sociétés de capital risque, invece, vengono tassate secondo il diritto
comune per cui subiscono l'imposta del 33,33 % sugli interessi percepiti,
godono di esenzione sui dividendi qualora rientrino nel campo di
applicazione della direttiva società madri-società figlie (partecipazioni
91
superiori al 10%), oppure, qualora i dividendi siano tassati, godono del
credito d'imposta (avoir fiscal). Le plusvalenze sono tassate al 15 % se si
tratta di plusvalenze a lungo termine (ossia se realizzate su titoli detenuti
per più di 2 anni), al 33,33 % se si tratta di plusvalenze a breve termine.
L'esperienza lussemburghese di fondi chiusi è molto simile a quella
francese. Tali organismi possono essere sia a struttura contrattuale che a
struttura societaria; mentre i primi devono investire essenzialmente in titoli
quotati in borsa, i secondi possono investire una quota rilevante del loro
patrimonio in titoli non quotati, in crediti, e in altri strumenti del mercato
monetario. Si segnalano, tra i fondi considerati, gli organismes de
placement collectif dont l'objet principal est le placement dans de capitaux
à risques élevés. Anche questi ultimi possono essere costituiti sia come
società che come fondo. Tali organismi devono investire almeno il 50% del
proprio capitale in titoli di società non quotate, di nuova costituzione o
meno. La percentuale può essere raggiunta in un tempo indeterminato, a
differenza di quanto previsto generalmente negli altri paesi. Inoltre il
patrimonio non può essere investito in misura superiore al 20% in titoli di
un'unica società. I fondi a rischio elevato, a differenza degli altri fondi di
investimento, possono contrarre prestiti fino al 25 % del proprio attivo. La
quota minima che il partecipante al fondo deve sottoscrivere è di 500.000
Franchi Lussemburghesi103. Inoltre è possibile procedere a nuove emissioni
purché le precedenti quote siano state interamente sottoscritte e pagate.
Viste le peculiarità della normativa - possibilità di indebitamento,
possibilità di aumento del capitale, investimenti a rischio relativamente
elevato - una struttura di questo genere, preferibilmente in forma societaria,
103
Valore che risale al 1990
92
potrebbe
rappresentare
una
valida
alternativa
nella
scelta
della
configurazione del fondo mezzanino.
Anche in Lussemburgo, come in Francia, con testualmente all'istituzione
dei fondi chiusi104, si è proceduto alla creazione di un secondo mercato, in
cui possono essere smobilizzate le quote, al fine di facilitare 1'accesso delle
imprese partecipate dai fondi.
Nel Regno Unito i fondi chiusi assumono la forma tipica di investment
trust. Va comunque rimarcato che in questo paese si riscontra una pluralità
di istituzioni pubbliche e private che operano genericamente nell' apporto di
capitale di rischio, sviluppatesi sull'impulso di una tradizione ormai
secolare in questo settore, ma recentemente alimentata dall'ingresso di
società di venture capital statunitensi. A tale proposito, occorre brevemente
sottolineare come la distinzione tra fondi chiusi e società di venture capital
abbia perso gran parte del suo valore nei paesi anglosassoni (e soprattutto
negli Stati Uniti) dove l' osmosi tra fondi chiusi in forma statutaria e società
di venture capital si è definitivamente completata e il fondo chiuso è
diventato quasi esclusivamente lo strumento operativo attraverso il quale si
perseguono obiettivi di venture capital.
Nell'Europa continentale, invece, la distinzione tra fondi chiusi e società di
venture capital è ancora netta non solo sotto il profilo teorico, ma anche dal
punto di vista operativo. Infatti le società per azioni che gestiscono il
venture capital hanno natura di finanziarie di partecipazione e intervengono
soprattutto nel finanziamento dell'impresa nel suo stadio iniziale (seed e
start-up financing); di norma invece i fondi chiusi intervengono in una fase
più adulta dell'impresa e non possono assumere il ruolo di azionisti di
maggioranza.
104
Legge 30 marzo 1988
93
Nella fase più adulta dell'impresa entrano in gioco anche le banche d'affari
(merchant banks) le quali sono le principali operatrici nelle manovre di
finanza straordinaria. Esse hanno un coinvolgimento finanziario sia in
termini di equity che di senior money, assumono spesso posizioni di
azionisti di maggioranza relativa, hanno un coinvolgimento strategico nell'
azienda.
Gli investment trust, come si è detto, rappresentano l'espressione tipica di
fondo chiuso, a natura statutaria, presente nel Regno Unito: si tratta di
società di investimento che devono soddisfare determinati requisiti (sezione
842 dell'Income and Corporation Taxes Act del 1988); uno di questi
consiste nel divieto di distribuire sotto forma di dividendo i proventi
maturati durante l'esistenza del fondo. Inoltre non devono investire più del
15 % dell' attivo in titoli di una singola società. Per ottenere l'ammissione
delle proprie azioni al listino ufficiale non devono investire più del 25 %
dell' attivo in società non quotate105. A differenza dei fondi aperti (unit
trust) gli investment trust possono ricorrere all'indebitamento per ottenere
una certa leva finanziaria: essi infatti possono emettere obbligazioni e
azioni privilegiate; questa caratteristica conferisce agli investment trust
interessanti vantaggi in termini di sottoscrizione e li rende attraenti come
possibile configurazione di un fondo mezzanino.
Non esistono particolari agevolazioni fiscali106: il regime fiscale ad essi
applicato è quello delle società in generale (imposta sul reddito del
33%);così pure i proventi erogati ai partecipanti al fondo subiscono in capo
105
Qualora il limite del 25% sia superato si può comunque ottenere l'ammissione al
listino con la qualifica di investment companies, per le quali è prevista una normativa più
rigida riguardo all'informativa di bilancio.
106
Fino al 1980 era prevista l'esenzione sui guadagni di capitale realizzati sulle azioni
di partecipazione all'investment trust.
94
ad essi l'imposizione prevista dalle norme generali della tassazione del
reddito delle persone fisiche e delle persone giuridiche.
Italia i fondi chiusi sono stati introdotti con la recente Legge del 1517/1993.
La normativa prevede che il Ministero del Tesoro, sentita la Banca d'Italia,
possa autorizzare l'istituzione di fondi chiusi da parte di società con un
capitale minimo di 5 miliardi, nel caso in cui la gestione sia esclusivamente
di fondi chiusi, ovvero di 7 nel caso in cui sia congiunta di fondi chiusi ed
aperti. Il fondo deve avere una durata compresa tra i 5 e i 10 anni (estesa ad
8 per i fondi le cui quote di partecipazione siano quotate). L'ammontare
minimo di ogni singola sottoscrizione non può essere inferiore a 100
milioni (400 milioni se la sollecitazione al pubblico risparmio è effettuata al
di fuori dei canali tradizionali). La società di gestione deve investire il
proprio patrimonio in quote dei fondi dalla stessa gestiti, nelle misura
minima del 5% e massima del 10% dell'ammontare di ciascun fondo.
Il patrimonio del fondo può essere investito esclusivamente in valori
mobiliari non quotati, limitatamente alle azioni, alle quote, alle obbligazioni
convertibili o cum warrant dello stesso emittente, in misura non inferiore al
40% e non superiore all'80% del valore complessivo del patrimonio stesso,
in titoli di Stato italiano o esteri in misura inferiore al 20% del patrimonio,
in valori mobiliari quotati nei mercati regolamentati nazionali e in quelli
esteri riconosciuti (il limite massimo per le azioni quotate in borsa o al
mercato ristretto è del 20%).
L'investimento in titoli emessi da una stessa società non può superare il
20% del patrimonio del fondo; inoltre il patrimonio del fondo non può
essere investito in valori mobiliari ceduti da un altro fondo gestito dalla
95
medesima società di gestione ovvero emessi o collocati da soggetti facenti
parte del gruppo di appartenenza della società di gestione.
Ulteriori limiti concernono l'acquisto, da parte della società di gestione, per
ciascun fondo da essa gestito, di azioni o quote con diritto di voto emesse
da una stessa società (30% del valore nominale se società non quotata, 5%
se quotata); in ogni caso non è consentito accumulare partecipazioni per un
ammontare tale da consentire di esercitare il controllo sull'emittente (art.
10,6° comma, Legge 15/7/1993).
La
disciplina
tributaria
di
questi
fondi
agevola
principalmente
l'investimento in valori mobiliari non quotati. Essa si ispira a quella prevista
per i fondi comuni di investimenti aperti: vi è dunque un'imposta
patrimoniale sul fondo la cui aliquota si riduce dallo 0,25% allo 0,1 % nel
caso in cui l'ammontare del valore netto del fondo sia investito
prevalentemente in titoli non quotati; al fondo inoltre sono applicate
ritenute a titolo d'imposta sui redditi derivanti dagli investimenti effettuati. I
proventi erogati alle persone fisiche sono esenti; quelli erogati a persone
giuridiche subiscono la normale imposizione, ma hanno diritto ad un credito
d'imposta del 25%
3.5 SOCIETA’
Un'ulteriore configurazione adottabile da un fondo mezzanino è quella
societaria, per certi aspetti simile a quella dei fondi chiusi di tipo statutario
presenti nei paesi anglosassoni.
96
Rispetto ai fondi chiusi, le forme societarie presentano un maggior grado di
autonomia/flessibilità, dovuto al fatto che in ogni momento è possibile
procedere ad un aumento di capitale della società stessa. In tal caso, la
normativa rilevante è quella che regolamenta le società nel paese
considerato, fatte salve specifiche disposizioni qualora la società rivesta
caratteristiche particolari disciplinate da una normativa apposita (ad
esempio le sociétés de capital risque in Francia, società che hanno per
oggetto sociale l'acquisizione di partecipazioni in società non quotate,
devono soddisfare particolari condizioni e godono di agevolazioni fiscali).
L'utilizzo di società di venture capital tuttavia può rivelarsi non proficuo
per un fondo mezzanino, che, per le sue peculiari caratteristiche, può non
rientrare nelle griglie normative che disciplinano le suddette società.
3.6 CONCLUSIONI
Le configurazioni giuridiche che può assumere il fondo mezzanine variano
notevolmente tra i paesi considerati; come si è visto infatti in ciascun paese
le tre categorie analizzate (fondi aperti, fondi chiusi e società) si
differenziano tra di loro sia a livello strutturale che a livello di normativa
fiscale, risultando quindi più o meno attraenti per il tipo di fondo che si
intende realizzare. Non è perciò possibile individuare una struttura comune
che, a prescindere dal paese in cui la si intenda localizzare, rappresenti la
struttura giuridica ottimale, ma la scelta va compiuta singolarmente per
ciascun paese.
Una struttura giuridica ottimale per il fondo mezzanino deve soddisfare
alcune delle seguenti condizioni; godere di un elevato grado di flessibilità
97
consentendo quindi di effettuare liberamente aumenti di capitale qualora
risulti opportuno; presentare vantaggi e opportunità in sede di
sottoscrizione, offrendo la possibilità di ricorrere a forme di debito piuttosto
che unicamente alla raccolta di capitale; risultare un investimento attraente
in grado di garantire un elevato rendimento sia lordo che netto, dove per
netto si intende quanto residua dopo le imposte pagate sia dal fondo che dal
sottoscrittore;infine offrire ai promotori del fondo la possibilità di
discriminare 1'accesso di eventuali ulteriori partecipanti.
In Italia le prime due condizioni e la quarta sono soddisfatte unicamente da
una struttura societaria, per la quale non esistono vincoli stringenti alla
struttura patrimoniale né in sede di costituzione, né in fasi successive.
Tuttavia tale configurazione giuridica non appare altrettanto opportuna ai
fini della terza condizione, in quanto né la normativa fiscale italiana sui
profitti societari (aliquota del 52,2%), né quella riservata ai non residenti sui
dividendi ricevuti (ritenuta d'imposta del 32,4 % senza concessione del
credito d'imposta) si presenta molto vantaggiosa. Il rendimento netto
dell'investimento non è quindi in prima analisi molto attraente; tuttavia
questa valutazione può essere modificata in presenza di Convenzioni contro
la doppia imposizione che riducono 1'ammontare della ritenuta in capo ai
non residenti e concedono il credito d'imposta (un esempio a questo
proposito è rappresentato dalla recente nuova Convenzione tra Italia e
Francia che, oltre a ridurre l'aliquota, concede anche il credito d'imposta);
inoltre la recente Direttiva società madri-società figlie, recepita in Italia col
Decreto Legislativo 5 marzo 1993, consente, in presenza di partecipazioni
superiori al 25 % detenute per più di 1 anno, l'esenzione totale sui
dividendi.
98
Per la Francia valgono le stesse considerazioni effettuate per l'Italia, tranne
l'esistenza di un'imposizione sui profitti societari più contenuta di quella
prevista nel nostro paese (33,33 %). Inoltre in Francia esiste una particolare
tipologia di fondo chiuso, avente forma societaria, rappresentata dalle
sociétés de capital-risque, che potrebbe essere appropriata per un fondo
mezzanino.
In Lussemburgo la forma più idonea sembra essere quella degli organismes
de placement collectif dont l’objet principal est le placement dans de
capitaux à risques élevés, organismi di tipo chiuso aventi come oggetto
principale il collocamento in capitali a rischio elevato, costituibili sia come
fondi che come società. Il trattamento fiscale di cui godono unito alla
possibilità di indebitamento, a quella di procedere ad aumenti di capitale e a
quella di effettuare investimenti a rischio relativamente elevato, rendono
tale forma una valida alternativa per il fondo mezzanino.
Anche nel Regno Unito la configurazione giuridica migliore per il fondo
mezzanino sembra essere quella del fondo chiuso, ossia dell' investment
trust. Si segnala tuttavia come molto spesso, per la costituzione di fondi di
venture capital e di management buy out, sia stata utilizzata la struttura
giuridica della limited partnership. Questa struttura infatti consente agli
investitori che abbiano esigenze diverse e che provengano da paesi diversi
di investire volta per volta attraverso la partecipazione diretta nelle società
target, attuabile mediante la detenzione diretta delle azioni delle stesse. Dal
punto di vista fiscale il vantaggio è indubbio: la totale trasparenza
dell'organismo societario, che non subisce autonoma tassazione, né è
considerato stabile organizzazione di investitore estero, fa sì che ciascun
investitore sia tassato sui proventi e sui guadagni di capitale realizzati dalla
società in cui ha investito come se li avesse ricevuti direttamente.
99
Se non esistono particolari vincoli alla localizzazione in uno piuttosto che in
un altro paese, la soluzione che, ad una prima analisi, risulta preferibile è
quella offerta dal Lussemburgo. Tale paese infatti rappresenta uno dei centri
europei in cui i fondi di investimento hanno maggiore diffusione e
detengono una quota di mercato pari a circa il 15 %. Questo successo deriva
non solo dai vantaggi fiscali concessi, ma anche dall'esistenza di un
apparato normativo flessibile che ben si adatta alle esigenze e alle nuove
iniziative degli operatori e alla presenza di infrastrutture molto sofisticate
(1'authority lussemburghese - Luxemburg Monetary lnstitute - consente una
certa flessibilità pur esercitando un rigido controllo).
Inoltre la partecipazione di non residenti al fondo non risulta penalizzata
dalla presenza di eventuali doppie imposizioni:l'orientamento più recente è
infatti quello di consentire l'applicabilità delle Convenzioni bilaterali contro
la doppia imposizione anche ai fondi comuni di investimento.
3.7 ALCUNI CASI PRATICI
Trattato in allegato.
100
Capitolo 4
LA VALUTAZIONE DELLE IMPRESE TARGET
E PROFILO DI RISCHIO E DI RENDIMENTO
DI UN INVESTIMENTO MEZZANINO
SOMMARIO: 4.1 Le imprese target di un finanziamento mezzanino : caratteristiche
economico-finanziarie, 4.2 Criteri economico finanziari di valutazione di un
investimento in capitale intermedio 4.3 Valutazione del profilo di rischio 4.4 La
strutturazione di un investimento mezzanino, 4.5. Rischio e rendimento di un
investimento in mezzanine finance: la teoria di portafoglio e la teoria delle
opzioni, 4.7 Conclusioni.
4.1 LE IMPRESE TARGET DI UN FINANZIAMENTO MEZZANINO:
CARATTERISTICHE ECONOMICHE E FINANZIARIE.
Per individuare i candidati ideali per un investimento mezzanino ci si
basa su un duplice ordine di considerazioni: da un lato le esigenze delle
imprese, ossia l'individuazione delle situazioni in cui si ha effettivamente
un fabbisogno di capitale intermedio; dall'altro la capacità delle imprese,
ossia l'identificazione degli attributi che queste ultime debbono possedere
affinché siano in grado di far fronte ai maggiori oneri finanziari che un
finanziamento mezzanino inevitabilmente comporta.
Per quanto concerne il primo aspetto, è possibile rilevare come un
finanziamento mezzanino, per la propria posizione intermedia fra debito
senior e capitale di rischio, risulti uno strumento di finanziamento capace di
soddisfare fabbisogni di diversa natura. Più in particolare esso manifesta la
propria rilevanza:
101
- quando, in presenza di opportunità di investimento caratterizzate da un
buon profilo di rischio-rendimento atteso, il ricorso al capitale di rischio
come strumento di finanziamento è precluso da una struttura del sistema
finanziario che rende poco conveniente l'accesso al mercato azionario per
imprese di dimensioni inferiori a una certa soglia minima, e allo stesso
tempo il grado di leva finanziaria è troppo elevato per consentire il ricorso
all'emissione di debito senior;
- quando si ha un fabbisogno di finanziamento connesso alla crescita di
un'impresa medio/piccola il cui azionariato non desidera subire gli effetti di
diluizione e/o di perdita del controllo che conseguirebbero all'emissione di
nuovo capitale di rischio, e allo stesso tempo non è in grado di aumentare
ulteriormente la propria esposizione nei confronti dei creditori senior;
- quando, pur in presenza di accesso al capitale di rischio, gli azionisti
intendono massimizzare l'effetto di leva finanziaria senza peraltro poter
ricorrere ulteriormente all' emissione di debito senior;
- quando, pur in presenza di accesso al mercato del debito senior, i flussi di
cassa attesi connessi a un potenziale investimento sono sensibilmente
spostati nel tempo, con conseguente eccessiva assunzione di rischio per un
potenziale creditore senior (es. project financing).
Per quanto concerne invece il secondo aspetto, quello relativo alla
valutazione di un investimento in capitale intermedio, una particolare
rilevanza assume l'analisi delle caratteristiche economico-finanziarie che
un'impresa emittente dovrebbe idealmente possedere. A questo proposito
occorre anzitutto rilevare come un finanziamento mezzanino, sia che esso
venga considerato puramente addizionale o piuttosto sostitutivo di
preesistente
capitale
di
debito
(senior)
o
di
rischio,
comporti
inevitabilmente un incremento degli oneri finanziari, in termini di flussi di
102
interessi, a carico dell'impresa finanziata. Anche ipotizzando l'assenza di
rimborso di capitale per un determinato periodo di tempo, vi sono infatti
flussi di interessi che, come osservato in precedenza, si basano su un
tasso107, maggiore di quello tipico del debito senior. Per questo motivo
occorre che l'impresa possa far fronte ai maggiori flussi di cassa in uscita
connessi al finanziamento mezzanino.
Il primo fattore chiave per valutare la possibilità di un investimento in
capitale intermedio è quindi costituito dalla capacità dell'emittente di
produrre flussi di cassa abbondanti e relativamente stabili. Essi verranno
prevalentemente utilizzati per far fronte ai maggiori oneri finanziari, e ben
poco rimarrà disponibile108 per accrescere il capitale circolante, le
immobilizzazioni tecniche e sostenere le spese di ricerca e sviluppo. Da
questa semplice osservazione scaturiscono alcune considerazioni in merito
alle caratteristiche economico-strategiche che le imprese “target“ di un
investimento in capitale intermedio dovrebbero possedere. È bene precisare
come le caratteristiche illustrate di seguito non debbano ritenersi
cumulative, nel senso di congiuntamente necessarie affinché un'impresa
possa considerarsi capace di emettere capitale intermedio. Esse vanno
piuttosto considerate fra loro alternative, ossia come parametri di
valutazione delle potenziali imprese emittenti.
- Imprese i cui prodotti non sono soggetti a rapidi mutamenti tecnologici.
Società che offrono prodotti ad alta tecnologia non sono infatti idonee a
essere finanziate mediante debito mezzanino. Ciò in quanto i prodotti a
tecnologia avanzata sono costantemente esposti al rischio di obsolescenza e
generano pertanto elevati costi di ricerca e sviluppo. Al tempo stesso,
107
generalmente variabile.
una volta realizzato il progetto di investimento/acquisizione per il quale il
finanziamento mezzanino è stato erogato.
108
103
poiché l'obsolescenza può ridurre significativamente il loro valore, essi non
possono nemmeno costituire un'adeguata garanzia per il finanziatore.
Inoltre, come si è già detto, vi è l'esigenza di coprire un importante esborso
per oneri finanziari; l'instabilità del cash-flow tipica dei settori “di ricerca”
rende non credibile questa copertura.
- Imprese che operano in settori relativamente maturi, non soggetti a
sensibili fluttuazioni. Tale caratteristica conferisce stabilità al cash-flow e
rende dunque maggiormente possibile stimare con relativa accuratezza i
flussi di cassa futuri dell'impresa. È evidente come in questo caso esista una
sorta di trade-off fra stabilità dei flussi di cassa e prospettive di crescita di
questi ultimi. In altre parole, imprese operanti in settori relativamente
maturi sono anche caratterizzate da un limitato business risk e come tali
presentano un minor rendimento atteso.
- Imprese che godono di una posizione di leadership di mercato o
comunque di una forte posizione di nicchia. Essere leader in un settore
maturo significa infatti essere difficilmente attaccabili dalla concorrenza.
Ogni tentativo di conquistare quote di mercato da parte delle altre imprese
operanti nel settore diviene infatti particolarmente complesso in quanto
l’aumento del fatturato deriva prevalentemente dalla sottrazione di quote
alle altre imprese.
i)Imprese dotate di un management esperto e capace nelle posizioni chiave
di carattere operativo (produzione, marketing).ii) Imprese la cui efficienza
produttiva le colloca, o quantomeno attribuisce loro la capacità di
collocarsi, fra i “low cost producers” del settore.iii)Imprese i cui flussi di
cassa non sono soggetti ad ampie e prolungate fluttuazioni della redditività.
In altre parole, le imprese in esame devono aver generalmente dimostrato di
conservare
discreti
margini
di
redditività
anche
in
periodi
di
104
recessione.iiii)Imprese la cui struttura del passivo lascia spazio per un
possibile incremento della leva finanziaria. In generale, l'impresa target
deve
possedere
una
situazione
patrimoniale
il
più
possibile
solida.iiiii)Imprese dotate di una buona qualità dell' attivo, con una
prevalenza di attività a breve rispetto alle immobilizzazioni. Fra queste
ultime, si dovrebbe inoltre avere una prevalenza di immobilizzazioni
materiali109
rispetto a quelle immateriali.iiiiii) Imprese che non sono
soggette a significative minacce di importazioni o ad altri rischi di carattere
economico.
Per ciò che concerne la dimensione media di un'impresa target di un
finanziamento mezzanino, è possibile rilevare come il fatturato sia
generalmente compreso fra 20 milioni e 400 milioni di dollari110. Si tratta
inoltre generalmente di imprese non quotate, per le quali non è dunque
disponibile la capitalizzazione di mercato.
4.2 . CRITERI
ECONOMICI E FINANZIARI DI VALUTAZIONE DI UN
INVESTIMENTO IN CAPITALE INTERMEDIO.
Come osservato in precedenza, un finanziamento mezzanino racchiude
due componenti distinte, una componente di debito subordinato e una di
capitale di rischio (equity kicker). La valutazione di un investimento in
capitale intermedio combina dunque aspetti di una convenzionale
valutazione di tipo creditizio e di una decisione di investimento in capitale
109
possibilmente non gravate da alcun diritto speciale e quindi in grado di costituire una
garanzia per il finanziatore.
110
18-360 milioni di euro.
105
azionario. Entrambe sono tuttavia prevalentemente incentrate sulla stima
dei flussi di cassa futuri dell'impresa finanziata. In questo senso, le
proiezioni
economico-finanziarie
rappresentano
un
momento
di
fondamentale importanza per la valutazione di un finanziamento
mezzanino. Ciò richiede generalmente di assumere come base l'analisi
storica delle performances dell'impresa, desumibili dai bilanci degli ultimi
esercizi111 debitamente normalizzati. I dati così ottenuti vanno inoltre
correlati con le informazioni relative all'andamento del mercato e alla
struttura interna dell'impresa (management, prodotti, etc.), in modo da poter
meglio interpretare le condizioni ambientali e interne nelle quali le
performances di cui sopra sono state realizzate.
L'analisi dei dati storici non è tuttavia sufficiente per valutare
l'opportunità di un finanziamento mezzanino. Fermarsi a questo stadio
vorrebbe dire operare esclusivamente sulla base di ciò che è stato o,
analogamente, proiettare in avanti acriticamente il passato. Le proiezioni
sono quindi indispensabili per verificare i risultati finanziari corrispondenti
a diverse ipotesi alternative circa l'evoluzione delle condizioni operative e
ambientali dell'impresa. Si sono spesso effettuate previsioni ipotizzando
contemporaneamente tre diversi scenari: uno ottimistico, uno più realistico
e uno pessimistico. Tali previsioni vengono inoltre affiancate dall'analisi
delle “condizioni minime” che consentono all'impresa di generare una
redditività sufficiente a soddisfare le esigenze di rendimento degli
investitori (“sensitivity analysis”)
Partendo dalla stima delle vendite future (variazioni dei volumi e dei
prezzi), si arriva generalmente, sulla base delle ipotesi relative alla struttura
dei costi operativi e al margine lordo di gestione, alla previsione di altre
111
generalmente cinque.
106
voci di bilancio a essi logicamente correlate, quali il capitale circolante, le
immobilizzazioni tecniche e quindi il fabbisogno finanziario. Tale variabile
assume particolare rilevanza per la comprensione dell’ effettiva necessità di
un finanziamento mezzanino, e di come quest’ultimo deve essere
strutturato. L'obiettivo finale delle proiezioni è tuttavia la determinazione
del reddito ante interessi e imposte112 o, meglio ancora, del cash-flow
operativo disponibile per far fronte agli oneri finanziari.
Una regola di carattere generale richiede che il rapporto fra valore
atteso di EBIT e la somma degli interessi passivi su debito senior e debito
subordinato si mantenga al di sopra di un livello minimo, generalmente pari
a 1,4. Vi sona tuttavia dei casi in cui l'elevata redditività degli investimenti
per i quali il finanziamento viene richiesto113 porta ad accettare, almeno per
i primi anni delle proiezioni, valori del rapporto EBIT /Interessi inferiori
alla soglia minima indicata.
Più in particolare, l'analisi della capacità di un'impresa di far fronte a un
finanziamento mezzanino deve basarsi sul criterio della “debt capacity”,
ossia sulla determinazione del servizio del debito che, dati i flussi di cassa
attesi, l'impresa è in grado di sostenere. A tal fine, l'analisi è diversa a
seconda che si tratti di finanziare la crescita di un'impresa che possiede una
determinata struttura del passivo o piuttosto che si intenda valutare le
possibilità di successo di un' operazione di LBO e MBO o in generale di
un'operazione di ristrutturazione finanziaria.
Nel primo caso, data una struttura del passivo preesistente, la
determinazione della quantità di debito mezzanino che l'impresa può
sostenere si basa sulla stima dei flussi di cassa futuri residui dopo il
reddito operativo o EBIT - earnings before interest and taxes;d’ora in poi per esplicare
tale definizione verrà utilizzata unicamente la sigla EBIT.
113
relativamente alla redditività storica dell'impresa.
112
107
pagamento degli interessi passivi sul capitale di debito. Tali flussi devono
essere attualizzati a un tasso pari al costo medio ponderato del debito
mezzanino e del capitale di rischio. 114
Se,
viceversa,
l'operazione
da
valutare
prevede
la
completa
ristrutturazione del passivo di un'impresa, la valutazione della capacità di
sostenere le diverse fonti di fondi115 dovrà tenere in considerazione al
denominatore del rapporto di cui sopra anche il costo del debito senior. La
struttura finanziaria andrebbe dunque sottoposta a un vincolo di equilibrio
economico-finanziario, date le ipotesi di composizione e di costo delle
singole fonti.
È interessante infine osservare come, limitatamente alle operazioni di
LBO/MBO, la determinazione della struttura finanziaria dell'impresa target
sia generalmente basata su due distinti modelli, di fatto rispondenti a,
semplici convenzioni. Il primo, definito “operating model”, determina la
struttura del passivo sulla base di multipli del reddito ante interessi e
imposte (EBIT). Il secondo, definito “balance-sheet model”, determina
invece la struttura finanziaria dell'impresa sulla base di una convenzione
circa il peso percentuale delle diverse fonti di fondi. L'applicazione del
114
Così, ad esempio, ponendo:
FCc = flusso. di cassa operativo (ante interessi e ante imposte) dell' anno i;
IPi = interessi passivi sul capitale di debito esistente;
E = quantità di capitale di nicchia (inclusa la componente equity kicker del finanziamento
mezzanino);
Dsub = debito subordinato;
Kc :costo del capitale di rischio (rendimento atteso degli azionisti);
ksub = costo del debito subordinato;
N = numero di anni pari alla scadenza del finanziamento previsto si avrà che l'ammontare
massimo di finanziamento mezzanino che l'impresa può sostenere è quello che rende pari
a zero il rapporto dove al numeratore compaiono i flussi di cassa residui, disponibili per
remunerare debito mezzanino e capitale di rischio; al denominatore il costo medio delle
due fonti di fondi addizionali rispetto al debito senior (debito subordinato rischio), e
capitale di ponderato per i rispettivi pesi.
115
debito senior, debito subordinato e capitale di rischio.
108
modello “operatine” conduce ad una valutazione complessiva dell'
operazione di buy-out pari a 6,6 volte il reddito operativo ante interessi e
imposte (EBIT). Così, l'ammontare di debito senior risulta pari a 4 volte
EBIT, il debito mezzanino 2 volte EBIT, e il capitale di rischio 0,6 volte. I
valori utilizzati e dunque la struttura finanziaria risultante rispondono a una
sorta di convenzione generalmente applicata in tali operazioni, con le
evidenti variazioni apportate in funzione della specificità dei singoli casi in
base a fattori quali la stabilità dei flussi di cassa, le prospettive di crescita e
il livello corrente dei tassi di interesse. Nel modello “balance sheet” la
struttura finanziaria risultante è di fatto equivalente, anche se la regola
utilizzata è quella generalmente definita del “60-30-10”. È opportuno
sottolineare ancora come i valori utilizzati dai due modelli rispondano a
convenzioni
che
trovino
applicazione,
nei
mercati
anglosassoni,
esclusivamente alle operazioni di MBO e LBO. Infatti, la quota di
finanziamento mezzanino applicata nei mercati dell'Europa continentale è
generalmente inferiore116.
4.3 VALUTAZIONE DEL PROFILO DI RISCHIO
Analogamente
alle
altre
tipologie
di
investimento
finanziario,
l’investimento in capitale intermedio presenta un problema di carattere
valutativo che consiste nella determinazione, da parte del potenziale
investitore, del prezzo, e dunque del rendimento atteso, che risulti coerente
con la percezione del rischio associato all’investimento stesso. A tale
problema si affianca inoltre, nel caso di un investimento in capitale
116
Tra il 15% e il 20%.
109
intermedio, quello relativo alla strutturazione dell’ operazione, ossia alla
suddivisione del rendimento che si intende conseguire nelle due componenti
di reddito di un finanziamento mezzanino: interessi sul debito subordinato e
utile connesso all’ esercizio delle opzioni sul capitale di rischio
dell’impresa finanziata.
Seguendo la logica, il problema che il potenziale finanziatore
mezzanino ha di fronte è suddivisibile in tre fasi.
Inizialmente occorre stimare il grado di variabilità (rischio) dei flussi di
cassa attesi riportati; successivamente è necessario determinare il livello di
rendimento coerente con tale grado di rischio.
Infine occorre strutturare l’operazione in modo tale da suddividere tale
rendimento nelle sue due componenti: interessi sul debito subordinato117 e
utile connesso all’ esercizio delle opzioni su titoli azionari118.
Il debito mezzanino presenta diversi vantaggi per gli azionisti (equity
investors), principalmente legati alla possibilità di incrementare il grado di
leva finanziaria. Ciò avviene senza peraltro modificare il livello di rischio
finanziario percepito dalle banche finanziatrici, le quali conservano
inalterata la propria posizione finanziaria, sia in termini di protezione in
caso di liquidazione dell'impresa, sia in termini di attività a garanzia del
finanziamento. Più in particolare, ponendosi dal punto di vista degli
azionisti/imprenditori, è possibile osservare come il debito mezzanino
consenta di far fronte, nel caso di favorevoli opportunità di investimento, a
eventuali fabbisogni finanziari che non possono essere soddisfatti mediante
raccolta di capitale di debito, a causa di un eccessivo livello di
indebitamento o di eventuali restrizioni imposte dai preesistenti creditori
117
utile connesso allo spread sul costo della raccolta.
Da “Strumenti finanziari innovativi e profili di rischio” a cura di Ranier S., Gruppo
IMI, Il Sole 24 Ore, 1993.
118
110
senior (covenants), senza peraltro subire gli effetti di diluizione e/o di
perdita del controllo che un'emissione di nuovo capitale di rischio
inevitabilmente comporterebbe.
Si può notare anche come il debito mezzanino consenta, grazie alla
flessibilità relativa ai flussi di cassa ad esso associati, di far fronte al
fabbisogno finanziario connesso a un progetto di investimento che prevede
un periodo di tempo iniziale durante il quale non vi sono flussi di cassa in
entrata (es. project finance), senza peraltro rinunciare al controllo
(proprietà) dello stesso; inoltre il debito mezzanino, se utilizzato nell'ambito
di un processo di ristrutturazione finanziaria come fonte sostitutiva di parte
del capitale di rischio, permette di migliorare la redditività del capitale di
rischio grazie a due effetti principali che sono la riduzione del costo
medio119 delle fonti di finanziamento dell’impresa, determinata dalla
deducibilità degli interessi sul debito subordinato e dal minore costo di un
finanziamento mezzanino rispetto al capitale di rischio e l'incremento della
leva finanziaria120.
119
Il costo medio ponderato del capitale (weighted average cost of capital - W A CC) per
un'impresa sia dato dalla media ponderata del costo delle diverse fonti di finanziamento.
Analiticamente:
(1) WACC = [(D x Kd) + (Sub x Kd) + (E x Ke)] / [D + Sub + E] = [Kd x D/A)] + [Ksub x
(Sub/A)] + [Ke x (E/A)]
Dove:
D = debito senior
Sub = debito subordinato
E = capitale di rischio
Kd = costo del capitale di debito
Ksub = costo del debito subordinato
Ke = costo del capitale di rischio
A = D + Sub + E = totale dell' attivo
Dalla (1) è agevole osservare come sostituendo parte del capitale di rischio (E) con debito
subordinato, essendo per definizione Ksub<Ke, si ottenga una riduzione di WACC. Tale
riduzione, congiuntamente all'effetto connesso all'incremento della leva finanziaria, può
essere meglio illustrata facendo ricorso a un esempio. Si consideri il caso di un'impresa
caratterizzata dalla seguente struttura semplificata di bilancio.
120
“Le operazioni Bancarie” Ruozi R.EGEA Milano 1997.
111
Il capitale intermedio, così come ogni altra forma di investimento
finanziario, deve essere valutato da parte di un potenziale investitore sulla
base del profilo di rischio e rendimento atteso dello stesso121.
Le caratteristiche rilevanti del debito mezzanino rappresentano notevoli
vantaggi per un potenziale investitore in quanto, collocandosi in posizione
intermedia, in termini di rischio e rendimento, fra capitale di debito e
capitale di rischio, il debito mezzanino rappresenta un efficace veicolo di
completamento degli strumenti finanziari a disposizione degli investitori,
offrendo indubbie potenzialità di diversificazione di prodotto; inoltre grazie
alla componente equity kicker il debito mezzanino offre ai potenziali
investitori l'opportunità di intervenire nel capitale di rischio di imprese che
non avrebbero altrimenti offerto a investitori esterni la possibilità di
partecipare al proprio capitale. Un ulteriore vantaggio è dato dal fatto che
essendo formalmente rappresentato da un titolo di credito, il debito
mezzanino offre, a differenza del capitale di rischio, la garanzia di un
rendimento certo, rappresentato dagli interessi sulla componente del debito
subordinato, e in questo modo limita il rischio dell'investitore; poi grazie
alla presenza della componente equity kicker, nella forma di warrants od
opzioni call sui titoli azionari dell'impresa finanziata, il debito mezzanino, a
differenza del debito ordinario, è caratterizzato da un rendimento atteso
illimitato superiormente, nel senso che l'utile dell'investitore, nel caso di un
significativo apprezzamento del valore del capitale dell'impresa finanziata
potrebbe teoricamente raggiungere livelli particolarmente elevati.
Si ha un’ulteriore aspetto rilevante, in quanto il debito mezzanino si colloca
in posizione intermedia fra capitale di debito e capitale di rischio non solo
dal punto di vista strettamente finanziario, ma anche da un punto di vista
121
Da “Il mezzanine financing” a cura di G. Forestieri, R. Tasca, Milano, Egea, 1994
112
“psicologico”,
nel
senso
che
esso
consente
agli
investitori,
e
simmetricamente all'impresa finanziata, di approfondire la conoscenza
reciproca limitando il coinvolgimento iniziale a un rapporto di
creditore/debitore, consentendo tuttavia di estendere successivamente tale
rapporto nel caso si concretizzino le condizioni necessarie.
4.4 .LA STRUTTURAZIONE DI UN INVESTIMENTO MEZZANINO
Capovolgendo l’ordine logico delle tre fasi, si procede anzitutto
ipotizzando di conoscere il grado di rischio e il conseguente rendimento
richiesto. Il problema iniziale è dunque quello di ripartire il rendimento
atteso, supposto dato, nelle due componenti del debito subordinato e dell’
equity kicker.
E’ bene precisare che non esiste in realtà alcuna regola oggettiva che
consenta di risolvere in modo definitivo tale problema. ma si possono
unicamente illustrare alcuni punti che occorre tenere presente in sede di
analisi del problema:
La componente di rendimento associata all’ equity kicker presenta un grado
di aleatorietà maggiore rispetto a quella degli interessi sul debito
subordinato. Ciò in quanto la prima componente è per definizione parte del
capitale di rischio dell’impresa, e come tale è soggetta a maggiore rischio
rispetto al debito subordinato. A titolo esemplificativo si consideri come, se
il valore del capitale di rischio dell’impresa finanziata scendesse fino a
rendere sconveniente l’esercizio dei warrants, la componente equity kicker
perderebbe interamente valore, mentre ciò non implicherebbe l’incapacità
dell’impresa di far fronte agli obblighi connessi al pagamento degli interessi
113
e al successivo rimborso del debito subordinato122. La suddivisione del
rendimento complessivo fra le due componenti deve dunque tenere
adeguatamente in considerazione tale elemento: un maggiore affidamento al
rendimento della componente equity kicker comporta inevitabilmente un
maggiore grado di variabilità del rendimento complessivo e dunque un
maggiore grado di rischio. Maggiore è il peso attribuito alla componente
equity kicker, maggiore dovrebbe dunque logicamente risultare il
rendimento atteso complessivo.
A differenza del rendimento connesso alla componente debito
subordinato, quello della componente equity kicker non è limitato
superiormente. In altre parole, mentre l’utile associato agli interessi sul
debito subordinato è limitato allo spread rispetto al costo della raccolta,
quello relativo all’ esercizio delle opzioni potrebbe raggiungere livelli
teoricamente molto elevati. Un’ottima performance dell’impresa finanziata
porterebbe infatti a un significativo incremento del valore del capitale di
rischio: tale incremento si rifletterebbe in modo amplificato in un
incremento di valore dei warrants, dato l’effetto di leva associato a tali
strumenti finanziari.
Le osservazioni svolte nei punti precedenti consentono di effettuare
alcune considerazioni conclusive in merito al problema in esame. Dato un
certo esborso iniziale sotto forma di debito subordinato, migliori sono le
aspettative dell’investitore mezzanino circa le condizioni economicofinanziarie future dell’impresa finanziata e minore è il grado di variabilità
associato a tali aspettative, maggiore dovrebbe logicamente risultare, per un
Ne segue che in una simile situazione l’investitore vedrebbe confermate unicamente le
aspettative di rendimento legate alla componente del debito subordinato e non quelle
connesse all’ equity kicker.
122
114
investitore avverso al rischio, la quota del rendimento complessivo
dell’investimento da attribuire alla componente equity kicker. Viceversa,
minori sono le aspettative dell’investitore circa le condizioni economicofinanziarie future dell’impresa123, e maggiore la variabilità di tali
condizioni, maggiore dovrà essere, dato un certo investimento iniziale, la
quota di rendimento da attribuire alla componente del debito subordinato.
4.5 RISCHIO
E RENDIMENTO DI UN INVESTIMENTO MEZZANINE
FINANCE: LA TEORIA DI PORTAFOGLIO E LA TEORIA DELLE OPZIONI
Nell’ analisi condotta finora si è ipotizzato che il grado di rischio e il
conseguente livello di rendimento complessivo richiesto dall’investitore
fossero entrambi noti. Nella realtà, la determinazione di tali variabili è forse
il problema maggiormente complesso e rilevante che un investitore
mezzanino deve affrontare. Tale problema, che di fatto consiste nel pricing
dell’investimento,
assume
infatti
nel
caso
di
un
finanziamento
mezzanino,una complessità particolare data la flessibilità dello strumento e
le conseguenti diverse possibili configurazioni tecniche che esso può
assumere. Più in particolare, i problemi che si pongono nella valutazione
del rischio di un investimento mezzanino, e del rendimento atteso
necessario per compensare l’assunzione di tale rischio, sono sintetizzabili in
tre diversi punti.
Il primo problema è legato al fatto che lo strumento in esame racchiude
due componenti distinte, rispettivamente di capitale di debito124
e di
123
supponendo che queste ultime siano comunque sufficienti a garantire il rendimento
complessivo richiesto.
124
debito subordinato.
115
capitale di rischio125 Come noto, le due componenti presentano profili di
rischio126 estremamente differenti, e come tali difficilmente assoggettabili al
medesimo modello teorico di riferimento per la determinazione del
connesso rendimento atteso. Ciò in quanto la variabilità dei possibili
risultati associati alle due componenti è influenzata in misura differente
dalle condizioni generali di mercato e da quelle specifiche dell’impresa, il
rendimento ex-post della componente debito subordinato è infatti
maggiormente soggetto, specie nel caso di un finanziamento a tasso fisso,
all’ evoluzione dei tassi di interesse di mercato. Viceversa, il rendimento
ex-post della componente equity kicker è maggiormente soggetto a fattori di
carattere specifico, quali l’evoluzione delle condizioni economicofinanziarie dell’impresa.
Il secondo problema riguarda le caratteristiche tecniche dello strumento: il
fatto cioè di non essere un titolo mobiliare negoziabile a costi di transazione
ridotti in mercati caratterizzati da un elevato grado di liquidità, rende il
debito mezzanino scarsamente assoggettabile ai tradizionali modelli di
valutazione delle attività finanziarie rischiose. Da un lato vengono infatti
esasperate le condizioni di irrealismo di alcune delle ipotesi teoriche alla
base di tali modelli (assenza di tassazione e di costi di transazione, uguale
diffusione delle informazioni fra gli operatori del mercato e conseguente
formulazione di aspettative omogenee, numerosità dei potenziali investitori
e conseguente incapacità degli stessi di influenzare il prezzo,e uguale
orizzonte temporale di investimento per tutti gli investitori). Dall’ altro
viene a mancare lo strumento fondamentale per la stessa applicazione
125
126
equity kicker.
variabilità del risultato.
116
operativa di tali modelli, ossia la valutazione continua “al mercato“
dell’attività finanziaria in esame.
Il terzo problema è infine connesso alla natura peculiare delle operazioni
nelle quali il debito mezzanino trova generalmente collocazione. Si tratta
infatti di finanziamenti di importo unitario rilevante a imprese caratterizzate
da dimensioni relativamente ridotte e da un grado di rischio, sia
d’impresa127, sia finanziario128, particolarmente elevato.
Da un lato si potrebbe dunque concludere che la componente di rischio
specifica, o “diversificabile”, così come generalmente definita nella
modellistica teorica, insita in tale tipologia di investimento, sia
particolarmente elevata. Dall’ altro, tuttavia, la dimensione unitaria elevata
dei finanziamenti mezzanine, connessa alla stessa natura di prestiti emessi
mediante sindacazione privata, rende dubbia l’effettiva possibilità di
conseguire la soglia dimensionale di portafoglio necessaria per ottenere la
“diversificazione” del rischio specifico.
Anche se un incremento dei tassi di interesse di mercato non si riflette
esplicitamente in una diminuzione di valore del debito mezzanino, data
l’assenza di un “mercato pubblico” di tale strumento, è evidente come un
finanziamento a tasso fisso comporti, nel caso di rialzo della struttura dei
tassi, un costo opportunità addizionale legato all’immobilizzazione di
risorse finanziarie remunerate a un tasso inferiore a quello vigente nel
mercato.
Tale ipotesi equivale ad assumere che il mercato è caratterizzato da
concorrenza perfetta, e dunque gli investitori sono price takers. In sostanza
non è possibile reperire dati relativi alla serie storica dei “prezzi”.
127
128
business risk.
financial risk.
117
Un approccio alternativo all’ analisi del problema del pricing di un
investimento in debito mezzanino è quello basato sulla teoria delle opzioni.
Anche in questo caso, analogamente a quanto osservato con riferimento alla
teoria di portafoglio, pur non consentendo di giungere a conclusioni
oggettive, il modello teorico può fornire utili indicazioni al riguardo. A
questo scopo, si consideri anzitutto il profilo dei risultati (“pay-offs “)
conseguibili da un investitore in debito mezzanino in funzione dei diversi
valori dell’ attivo dell’impresa finanziata. Si ipotizzi di considerare un
finanziamento mezzanino, con scadenza pari a 5 anni; composto da un
ammontare di debito subordinato pari a Debito subordinato129 e di un equity
kicker rappresentato da un numero N di warrants con prezzo di esercizio
pari a Ps. La struttura finanziaria dell’impresa emittente è composta da
debito senior per un ammontare pari a Debito senior130 e da capitale di
rischio per un ammontare pari a E. La relazione fra valore dell’ attivo
dell’impresa e valore dell’investimento mezzanino può essere sintetizzata.
In primo luogo se alla scadenza il valore dell’ attivo dell’impresa fosse
nullo, anche il debito mezzanino sarebbe privo di valore. L’investitore
subirebbe dunque una perdita pari a Dsub.
Se si hanno valori dell’attivo a scadenza superiori a zero ma inferiori al
valore del debito senior (Dsen) l’investitore conseguirebbe comunque una
perdita pari al montante dell’intero investimento iniziale: l’impresa sarebbe
infatti insolvente e la liquidazione dell’attivo sarebbe sufficiente a
rimborsare, in parte o del tutto, solo i creditori senior;
Per valori dell’attivo a scadenza compresi invece fra il valore del debito
senior e la somma del debito senior e del debito subordinato, l’impresa
129
130
D’ora in poi sarà indicato con Dsub
D’ora in poi sarà indicato con Dsen
118
risulterebbe ancora insolvente, e l’investimento mezzanino assumerebbe un
valore pari alla differenza fra il valore dell’ attivo e il valore del debito
senior (Dsen) .
Infine per valori dell’attivo superiori al capitale di debito complessivo
(Dsen + Dsub) ma inferiori alla somma del capitale di debito e del prodotto
fra prezzo di esercizio (Ps) dei warrants le difficoltà che si incontrerebbero
in questo secondo caso sarebbero d’altronde numerose, non essendo
disponibili le serie storiche dei prezzi degli in vestimenti in esame.
Per valori dell’ attivo superiori alla somma di cui sopra, il valore
dell’investimento mezzanino sarebbe pari alla somma del montante del
debito subordinato e dell’utile connesso all’esercizio dei warrants, dato dal
prodotto fra la differenza fra prezzo di mercato di un’ azione (Pm) e prezzo
di esercizio dei warrants, e numero di questi ultimi.
4.6 CONCLUSIONI
A parità di altre condizioni131, il valore dell’investimento mezzanino è tanto
maggiore quanto maggiore è il valore atteso delle attività dell’impresa
finanziata: un maggiore valore aumenta infatti il valore delle opzioni call e
riduce quello dell’opzione put.
Un incremento della volatilità del valore delle attività dell’impresa
finanziata influisce in modo contrastante, a parità di altre condizioni132, sul
valore dell’investimento mezzanino: aumentano infatti sia i valori delle
opzioni call acquistate, sia il valore dell’ opzione put ceduta. L’aumento di
volatilità del valore dell’attivo dell’impresa, ammontare e scadenza del finanziamento
subordinato, livello dei tassi di interesse, ecc. .
131
119
valore delle opzioni call a fronte di un incremento della volatilità è tanto
maggiore
quanto
maggiore
è
il
numero
di
warrants
ottenuto
dall’investitore, ossia quanto maggiore è la componente equity kicker. Ciò
in quanto la prima opzione call, quella con prezzo di esercizio pari a Dsen,
risente in misura minore di un incremento della volatilità essendo
un’opzione deeply in the money.
Al contrario, gli effetti di un incremento della volatilità si manifestano
in modo rilevante sul valore della seconda opzione, quella implicita nella
componente dell’ equity kicker. Viceversa, l’aumento di valore dell’
opzione put risulta tanto maggiore quanto più tale opzione è vicina alla
condizione di at the money133. Ne segue che la relazione fra il valore di un
investimento mezzanino e la volatilità dei flussi di cassa attesi e dunque del
valore delle attività dell’impresa finanziata, è tanto più positiva quanto
maggiore è la componente equity kicker dell’investimento e quanto
maggiore è il grado di capitalizzazione dell’impresa finanziata. Ciò
risponde in effetti intuitivamente a logica: a fronte di un maggior grado di
volatilità134 dei flussi di cassa attesi, l’investimento assume valore maggiore
se vi è un elevato numero di warrants135 e un alto grado di
capitalizzazione136.
A
parità
di
altre
condizioni137,
una
scadenza
più
prolungata
dell’investimento mezzanino produce anch’ essa effetti contrastanti sul
valore dell’ attivo dell’impresa, livello dei assi di interesse, ammontare e scadenza del
finanziamento subordinato, ecc. .
133
ossia quanto minore è il grado di capitalizzazione dell’impresa.
134
rischio.
135
e si sfrutta così al massimo la possibilità di un sensibile incremento del valore del
capitale di rischio connesso a un’elevata volatilità.
136
minimizzando così il rischio di perdite in conto capitale connesse all’investimento
iniziale del debito subordinato.
137
volatilità del valore delle attività, valore dell’ attivo dell’impresa, livello dei tassi di
interesse e ammontare del debito subordinato.
132
120
valore di quest’ultimo: da un lato aumenta il valore delle due opzioni call,
dall’altro aumenta quello dell’opzione put. Anche in questo caso, gli
incrementi di valore delle tre opzioni sono funzione degli elementi
esaminati nel punto precedente: la rilevanza della componente equity kicker
dell’investimento mezzanino , il grado di capitalizzazione dell’impresa
finanziata. In sintesi, dunque, una scadenza più prolungata conduce a un
incremento del valore dell’investimento mezzanino tanto maggiore quanto
maggiore è la componente equity kicker dell’investimento e quanto
maggiore è il grado di capitalizzazione dell’impresa.
Si ricordi che il prezzo di esercizio di tale opzione è pari alla somma
delle due categorie di capitale di debito (Dsen + Dsub). Ne segue che essa
sarebbe at the money se il valore di mercato del capitale di rischio
dell’impresa fosse nullo.
Si fa in questo caso riferimento sia alla scadenza del debito subordinato,
sia a quella degli warrants.
Le conclusioni di carattere normativo che si possono trarre dall’analisi
finora svolta sono fondamentalmente tre.
La prima, intuitivamente semplice ma rilevante, riguarda le aspettative
circa i flussi di cassa dell’impresa finanziata, e dunque il valore atteso
dell’attivo di quest’ultima: a fronte di aspettative particolarmente
ottimistiche,
l’investitore
mezzanino
deve
enfatizzare
la
seconda
componente del proprio investimento, quella dell’ equity kicker. È solo
quest’ultima infatti che consente di beneficiare di un significativo
incremento di valore delle attività dell’impresa.
La seconda conclusione riguarda le aspettative circa la variabilità, e
dunque il rischio, dei flussi di cassa futuri dell’impresa finanziata.
121
Ipotizzando una distribuzione normale dei valori dell’attivo dell’impresa
finanziata, maggiore è la volatilità attesa, maggiore è l’attenzione che
l’investitore mezzanino deve porre al rapporto di capitalizzazione
dell’impresa finanziata, e maggiore è la convenienza ad aumentare la
seconda componente del proprio investimento, quella dell’ equity kicker, e
corrispondentemente
a
ridurre
la
prima
competente,
quella
del
finanziamento subordinato. Si è infatti osservato come, a fronte di un’
elevata volatilità dell’attivo, il valore dell’investimento mezzanino è tanto
maggiore quanto maggiore è il grado di capitalizzazione dell’impresa
finanziata e quanto maggiore è la componente equity kicker.
La terza conclusione riguarda infine la scadenza dell’investimento
mezzanino: la convenienza ad allungare quest’ultima è per l’investitore
tanto maggiore quanto maggiore è il grado di capitalizzazione dell’impresa
finanziata e quanto maggiore è il peso della componente equity kicker
dell’investimento.
122
Capitolo 5
IL MERCATO DEL MEZZANINE FINANCE
SOMMARIO: 5.1. Il mercato del mezzanine finance negli Stati Uniti d’America, 5.2 Il
mercato del mezzanine finance in Europa,5.3 Il mercato del mezzanine finance in
Gran Bretagna,5.4 Gli operatori in Europa, 5.5 Tendenze Evolutive del mercato
europeo del mezzanine finance.
5.1 IL
MERCATO DEL MEZZANINE FINANCE NEGLI STATI UNITI
D’AMERICA
Come accennato in precedenza, il debito mezzanino si è sviluppato agli
inizi degli anni ottanta nel mercato statunitense in stretto collegamento con
le operazioni di ristrutturazione/acquisizione d'impresa, caratterizzate da un
elevato grado di leva finanziaria. Nato nella forma di obbligazioni ad
elevato rischio e rendimento, i cosiddetti “junk bonds”, il mercato
statunitense del capitale intermedio ha attraversato due fasi temporali
distinte.
La prima fase, dai primi anni ottanta fino al 1990, è stata caratterizzata
da tassi di crescita particolarmente sostenuti, legati allo sviluppo delle
operazioni di LBO/MBO. È la fase di esplosione del mercato dei junk
bonds, sottoscritti in larga parte da investitori istituzionali quali fondi
pensione, compagnie di assicurazione, fondi comuni aperti (open-end
mutual funds), banche regionali e savings and loans.
La seconda fase, iniziata con la crisi del mercato dei junk bonds del
1990, ha visto la progressiva uscita dal mercato degli investitori istituzionali
sopra menzionati, scottati dalle sensibili perdite connesse all'insolvenza di
numerose imprese oggetto di operazioni di LBO/MBO, e spinti dalle
123
autorità di vigilanza ad applicare criteri più restrittivi di valutazione
qualitativa degli impieghi/investimenti.
L'uscita dal mercato di tali operatori ha favorito la costituzione di
numerosi fondi specializzati, i cosiddetti “mezzanine funds”, caratterizzati
da una dimensione media variabile fra 125 milioni di dollari e 400 milioni
di dollari.138
Il cambiamento della categoria di investitori è stato accompagnato da un
mutamento nella natura delle operazioni finanziate: il finanziamento
mezzanino si è infatti trasformato da strumento volto a colmare il gap fra
senior debt ed equity in operazioni caratterizzate da alto rischio e di
dimensioni elevate, a semplice forma di finanziamento del capitale
circolante per imprese medio-piccole che non hanno accesso al mercato dei
capitali. Analogamente, la struttura tecnica dello strumento è mutata: dai
junk bonds si è passati al vero e proprio finanziamento mezzanino. La
differenza fra i due riguarda la dimensione media delle emissioni139, la
tecnica di emissione140 e la componente dell' equity kicker, assente nei junk
bonds. La propensione al rischio inizialmente mostrata dai mezzanine
investors è inoltre andata progressivamente diminuendo: le condizioni
138
Fra i principali mezzanine funds attualmente operanti negli USA si possono annoverare
i seguenti:
- Forstmann Little & Co., fondato nel 1983 da Theodore Forstmann;
- ML-Lee Acquisition Fund I e ML-Lee Acquisition Fund II, entrambi fondati da Thomas
H. Lee;
- Cigna Investments (400 m);
- Westinghouse International Credit;
- Rice Mezzanine Lenders (125 m);
- Generai Electric Capital, il braccio finanziario della GeneraI Electric;
- UBSAM (NY) Growth Company Mezzanine Fund I.
139
da 3 a 40 milioni di dollari contro i 100 milioni di dollari di una tipica emissione di
junk bonds.
140
private placement invece di collocamento pubblico.
124
contrattuali inerenti il finanziamento mezzanino hanno infatti mostrato una
maggiore rigidità, riflessa in richieste di uno status simile a quello dei
senior lenders.
5.2 IL MERCATO DEL MEZZANINE FINANCE IN EUROPA
Nonostante lo strumento del debito mezzanino sia stato “importato”
dagli Stati Uniti in Gran Bretagna, e successivamente da quest'ultima nei
paesi dell'Europa continentale, è possibile riscontrare alcune sostanziali
differenze di carattere tecnico fra i due mercati (statunitense ed europeo).
La forma contrattuale: il finanziamento mezzanino in Europa è
originato dal mercato bancario con la forma di un prestito a tasso variabile
(Libor + spread)141; non vi è dunque la forma del titolo obbligazionario a
tasso fisso, tipica dei junk bonds, con la quale si è originariamente
sviluppato negli USA;
La forma di emissione: il mercato statunitense del debito mezzanino è
un mercato di titoli emessi in forma “pubblica” e sottoposti a rating dalle
maggiori agenzie specializzate (Standard & Poors e Moodys); viceversa, il
mercato europeo è un mercato “privato”, caratterizzato dall'emissione
mediante private-placement;
La scadenza: come già accennato in precedenza, la scadenza media dei
finanziamenti mezzanine è più ridotta in Europa142 rispetto agli Stati
141
Ciò comporta sovente la necessità per le imprese emittenti di debito mezzanino di
convertire, mediante il ricorso a interest rate swaps, la passività da tasso variabile a tasso
fisso.
142
dai quattro agli otto anni.
125
Uniti143;
La struttura finanziaria delle operazioni: negli Stati Uniti l'operazione
tipica di buy-out è finanziata con una percentuale di debito mezzanino
compresa fra il 20% e il 30% del finanziamento complessivo; nei mercati
europei, invece, tale percentuale è generalmente compresa fra il 15% e il
20%;
La garanzia: mentre negli Stati Uniti la concorrenza più elevata ha
spinto gli investitori in capitale intermedio a non richiedere alcuna forma di
garanzia reale, in Europa la maggioranza delle operazioni concluse ha visto
l'inserimento, per il debito mezzanino, della menzionata “second
security”144;
I covenants: il mercato europeo del debito mezzanino si è
contraddistinto, dall' origine alla fine degli anni ottanta, per una maggiore
rigidità riflessa in particolare in covenants più restrittivi di quelli
tradizionalmente applicati negli Stati Uniti, e dalla ricerca continua, da
parte degli investitori, di uno status il più possibile vicino a quello dei
senior lenders.
La maggioranza delle differenze menzionate sono riconducibili a due
fattori principali che sono da un lato la diversa struttura dei sistemi
finanziari statunitense ed europei: i secondi privi di una infrastruttura di
investitori istituzionali e di un mercato di titoli obbligazionari privati145
dotati del grado di sviluppo riscontrabile nel mercato statunitense, e
caratterizzati invece da un'industria bancaria fortemente sviluppata e dall'
143
dagli otto ai dieci anni.
nonostante vi sia da parte di alcuni operatori la disponibilità a finanziare senza
acquisire garanzie reali, la diffusione di questa convenzione è ormai tale che l'eventuale
sottoscrizione senza garanzia renderebbe successivamente complessa la sindacazione del
finanziamento;
145
corporate bonds.
144
126
altro la diversa fase storica nella quale lo strumento si è sviluppato nei due
mercati: il debito mezzanino ha infatti trovato in Europa un mercato
caratterizzato da una maggiore avversione al rischio da una congiuntura
economica dotata di minori prospettive di crescita per le imprese, e da un
contesto di tassi di interesse crescenti146.
5.3 IL MERCATO DEL MEZZANINE FINANCE IN GRAN BRETAGNA
Chiarite tali differenze di carattere tecnico, è bene precisare come lo
stadio di sviluppo del mercato europeo del debito mezzanino sia
sensibilmente diverso fra Gran Bretagna, dove lo strumento è stato
originariamente importato dagli USA, ed Europa continentale. Pur tenendo
presente le differenze di cui sopra, è possibile osservare come,
analogamente al caso statunitense, anche in Gran Bretagna lo strumento in
esame abbia conosciuto due diverse fasi di sviluppo.
La prima, strettamente legata alle grandi operazioni di LBO/MBO degli
anni ottanta, è stata caratterizzata da elevati tassi di crescita e arriva fino al
1989.
La seconda fase, iniziata con il 1990, ha subito indirettamente il crollo
del mercato statunitense dei Junk bonds, e più direttamente le conseguenze
negative della recessione dei primi anni novanta e del fallimento di alcune
operazioni di buy-out britanniche nelle quali si era fatto largo ricorso al
finanziamento mediante debito mezzanino, con strutture finanziarie
alquanto complesse, generatrici di elevate commissioni per investment
146
a partire dalla seconda metà degli anni ottanta.
127
banks e layers, ma comunque incapaci di far fronte alle difficoltà operative
successivamente incontrate dalle imprese. Ne è seguita una contrazione del
mercato, accompagnata da un processo di trasformazione simile a quello
verificatosi negli USA: dall'utilizzo del debito mezzanino per operazioni
complesse e di dimensioni rilevanti, si è passati al suo impiego per
finanziamenti a imprese di medie dimensioni147, incapaci di ricorrere al
mercato dei capitali. Analogamente, hanno cominciato a sorgere e
svilupparsi diverse categorie di investitori: da investitori istituzionali quali
investment trusts e merchant banks si è passati ai fondi specializzati in
capitale intermedio.
5.4 IL
MERCATO DEL MEZZANINE FINANCE NEI PAESI DELL’EUROPA
CONTINENTALE
Il mercato del debito mezzanino nell'Europa continentale è nato con un
netto ritardo, e ancora presenta uno scarso grado di sviluppo, rispetto a
quello dei paesi anglosassoni. L'utilizzo dello strumento in esame è stato
finora esclusivamente limitato alle operazioni di MBO/LBO, e gli operatori
intervenuti in qualità di “arranger” sono stati, nella maggioranza dei casi,
istituzioni finanziarie britanniche o statunitensi. Dal momento della sua
nascita, nel 1986, all' agosto 1993,il debito mezzanino è stato utilizzato in
59 operazioni di MBO/LBO realizzate in Europa continentale, per un valore
complessivo di 1.349 miliardi di lire, ammontare inferiore a quello relativo
alle operazioni concluse in Gran Bretagna nel solo 1989. Le motivazioni di
tale situazione di arretratezza rispetto ai mercati anglosassoni sono
147
fatturati compresi fra 10 e 200 milioni di utili
128
molteplici.
Le banche commerciali dei paesi dell'Europa continentale hanno
generalmente mostrato un' elevata disponibilità a offrire capitale di debito
ad un costo inferiore, in termini di spread rispetto al costo della raccolta,
rispetto a quello generalmente vigente nei paesi anglosassoni. Ciò ha
inevitabilmente ridotto la necessità di uno strumento, il debito mezzanino,
volto a coprire il gap lasciato libero da senior lenders ed equity investors,
sovente generato dall'indisponibilità delle banche commerciali di spingersi
al di là di una soglia massima di rischio.
Il mercato delle transazioni ad elevato grado di leva finanziaria, nel
quale il debito mezzanino ha finora trovato prevalente utilizzo, è
indubbiamente meno sviluppato nei paesi dell'Europa continentale rispetto
ai paesi anglosassoni, dove è originariamente sorto.
Il mercato dell’Europa continentale è caratterizzato da un elevato grado
di frammentazione: ogni paese presenta sistemi fiscali e giuridici differenti,
e sensibili divergenze nella struttura proprietaria delle imprese e nella
cultura manageriale. Ciò richiede un elevato grado di flessibilità e
un'indubbia maggiore capacità di adattamento da parte delle istituzioni
specializzate nell' offerta di debito mezzanino.
Nonostante ciò, è opportuno rilevare come l'interesse dei principali
fondi britannici specializzati nell'offerta di finanziamenti/investimenti in
capitale intermedio si sia recentemente rivolto in modo sempre maggiore
verso i paesi dell'Europa continentale, specie con l'intento di estendere il
campo di applicazione al di là delle operazioni di LBO/MBO
.
129
5.5 TENDENZE EVOLUTIVE DEL MERCATO EUROPEO DEL MEZZANINE
FINANCE
Più recentemente, il mercato europeo del debito mezzanino ha
attraversato un periodo di tensione e contrazione, legata a diversi fattori,
quali: la contrazione dell'offerta di credito bancario (debito senior) nei
primi anni novanta, oltre a generare i tipici problemi connessi a una
situazione prossima a quella di un credit crunch, ha inevitabilmente
determinato anche un sensibile calo delle operazioni di MBO/LBO, sulle
quali si era tradizionalmente concentrata la già limitata attività di mezzanine
financing; la contrazione dell'offerta di credito, e in particolare l'accresciuta
sensibilità delle banche commerciali al rischio di credito del proprio
portafoglio impieghi, ha inoltre portato a un incremento della quota di
finanziamento delle imprese via capitale di rischio (equity), costringendo di
fatto le imprese a una riduzione del grado medio di leva finanziaria
adottato, e conseguentemente del livello di rischio finanziario (financial
risk). Nonostante ciò, le aspettative (richieste) di rendimento degli offerenti
debito mezzanino sono rimaste stabili, riducendo così la convenienza stessa
dello strumento.
Un ulteriore fattore è dato dallo squilibrio fra domanda e offerta di capitale
di rischio148 ha inevitabilmente portato gli equity funds ad accettare
rendimenti inferiori a quelli caratteristici della fine degli anni ottanta, allo
scopo di aumentare i propri investimenti. In altre parole, numerosi offerenti
di capitale di rischio sono divenuti disposti ad accettare rendimenti inferiori,
con lo scopo di aumentare il volume degli investimenti. Conseguenza
inevitabile di tale mutato atteggiamento degli equity funds, in presenza di
148
“too much equity chasing too few transactions”.
130
una rigidità delle aspettative/richieste di rendimento degli investitori in
capitale intermedio, è quella di ridurre la convenienza relativa del secondo
strumento.
A fronte di tali fattori che sembrano frenare lo sviluppo del mercato del
debito mezzanino in Europa, occorre tuttavia rilevare come, in una
prospettiva di allargamento dell' applicazione dello strumento in esame al
di fuori delle tradizionali operazioni di LBO e MBO, la contrazione
dell'offerta di credito senior, così come la tendenza verso una maggiore
rigidità delle istituzioni bancarie nel valutare il merito creditizio di
un'impresa, rappresentano fattori positivi che potrebbero favorire lo
sviluppo del mercato.
In presenza di una carenza di capitale di debito per il finanziamento di
processi di crescita, il ricorso al capitale intermedio rappresenterebbe infatti
la naturale soluzione, senza che quest'ultimo venga esclusivamente
utilizzato con lo scopo di sfruttare al massimo l'effetto di leva finanziaria. È
tuttavia evidente come, a fronte delle caratteristiche strutturali dei mercati
finanziari europei, in particolare dell'Europa continentale, il potenziale
sviluppo del debito mezzanino permanga nella forma del prestito bancario e
non in quella più tipicamente statunitense del titolo negoziabile. Ne segue
che lo sviluppo stesso del mercato richiede un numero crescente di
istituzioni capaci di comprendere appieno i vantaggi offerti dallo strumento,
di valutarne in modo adeguato rischi e potenzialità di rendimento, e
soprattutto di disegnarne le caratteristiche tecniche in modo da enfatizzarne
la percezione quale capitale di rischio a basso costo, piuttosto che di
capitale di debito a costo elevato.
131
In questo senso, occorre disegnare il finanziamento mezzanino nel
modo più flessibile per ciò che concerne garanzie, scadenza149, covenants,
interessi e forma di partecipazione al capitale di rischio dell'impresa150.
149
150
il più possibile conforme alla struttura dei flussi di cassa attesi dell'impresa finanziata.
rendimento atteso spostato verso la componente dell' equity kicker.
132
Capitolo 6
FORMA ALTERNATIVA:
IL PROJECT FINANCING
SOMMARIO: 6.1 Project financing:profili economici dell’istituto , 6.2 Project
financing: il caso italiano , 6.3 Project financing: profilo giuridico e legge
Merloni , 6.4 Elementi tipici di un operazione di project financing , 6.5 Gli
obiettivi del project financing 6.6 I soggetti coinvolti nel project financing., 6.7 I
rischi del project financing, 6.8 Project financing: il modulo giurdico della
concessione di costruzione e gestione.
6.1 PROJECT FINANCING: PROFILI ECONOMICI DELL’ISTITUTO
Il project financing, ossia la realizzazione di opere pubbliche senza oneri
finanziari per la pubblica amministrazione, costituisce un modello per il
finanziamento e la realizzazione di opere pubbliche del tutto nuovo nella
disciplina di settore che, nelle aspettative dei suoi sostenitori, dovrebbe
porre rimedio alla scarsità di fondi pubblici e al gap infrastrutturale che
divide l’Italia dagli altri Paesi industrializzati151.
Il Project Financing nasce nei paesi anglosassoni come tecnica finanziaria
innovativa volta a rendere possibile il finanziamento di iniziative
economiche sulla base della valenza tecnico-economica del progetto stesso
piuttosto che sulla capacità autonoma di indebitamento dei soggetti
promotori dell'iniziativa. Il progetto viene valutato dai finanziatori
principalmente per la sua capacità di generare flussi di cassa, che
costituiscono la garanzia primaria per il rimborso del debito e per la
remunerazione
del
capitale
di
rischio,
attraverso
un'opportuna
contrattualizzazione delle obbligazioni delle parti che intervengono
nell'operazione. La fase di gestione dell'opera costituisce elemento di
133
primaria importanza, in quanto soltanto una gestione efficiente e
qualitativamente elevata consente di generare i flussi di cassa necessari a
rimborsare il debito e remunerare gli azionisti152.
Il project financing si configura innanzitutto come una complessa
operazione economico-finanziaria rivolta ad un investimento specifico per
la realizzazione di un’opera e/o la gestione di un servizio, su iniziativa di
promotori (sponsors) privati o pubblici. I più autorevoli esperti sul tema
usano definire il project financing come “un’operazione di finanziamento di
una particolare unità economica, nella quale un finanziatore è soddisfatto di
considerare, sin dallo stadio iniziale, il flusso di cassa e gli utili dell’unità
economica in oggetto come la sorgente di fondi che consentirà il rimborso
del prestito e le attività dell’unità economica come garanzia collaterale del
prestito153”.
6.2 PROJECT FINANCING: IL CASO ITALIANO
In Italia, fino a pochi anni fa, questo modo di agire era patrimonio teorico di
pochi eletti. Infatti, i servizi erano concepiti principalmente come pubblici e
quindi non gestibili da soggetti privati. Ora, grazie ad una nuova cultura di
governo (privatizzazioni, liberalizzazioni, … ) ed alcune nuove situazioni
economico-finanziarie (calo dei tassi di interesse, stabilità della moneta,
Da “Gli appalti di lavori pubblici”- Edito dalle Edizioni Simone
UFP – Unità Tecnica Finanza di Progetto
153
Nevitt K.P., Project Financing, trad. it. della 4 ed. a cura di P. De Sury, Roma, 1987,
13. L’istituto è stato prevalentemente studiato dalla dottrina aziendalistica, come forma di
finanziamento alternativa al tradizionale finanziamento di impresa: Imperatori, Il project
financing - Una tecnica, una cultura, una politica, Milano, 1995. V. inoltre sull’istituto
Draetta U. - Vaccà C. (cur.), Il project financing: caratteristiche e modelli contrattuali,
Egea, Milano, 1997; De Sury P. - Miscali M., Il Project Finance, Milano, Egea 1995.
151
152
134
calo dei bilanci pubblici, … ), la formula del project financing inizia a
prendere piede anche in Italia ed è in costante espansione.
In Italia le prime operazioni di finanza di progetto sono state realizzate a
seguito della liberalizzazione del mercato della produzione dell'energia
elettrica154, delineata agli inizi degli anni novanta dalla legge 9/91 e dalla
legge 10/91. Secondo stime fornite dall'Associazione Bancaria Italiana, tali
operazioni hanno permesso la realizzazione di impianti di cogenerazione
per un controvalore stimato di circa 5 miliardi di Euro.
Tutto ciò ha fornito la prova tangibile della applicabilità della finanza di
progetto alla realtà italiana ed ha aperto la strada alla applicazione di tali
tecniche nell'ambito delle infrastrutture di pubblico servizio.
Il ricorso ad uno strumento introdotto appositamente per favorire la
partecipazione di investitori privati nella realizzazione di opere pubbliche è,
d'altra parte, una scelta quasi obbligata per un paese come l'Italia, il cui
livello di infrastrutturazione è al di sotto di quello degli altri partners
dell'Unione Europea e in cui solo recentemente è stata favorita la
partecipazione privata in settori storicamente pubblici.
Numerose sono le ragioni per cui il ricorso al Partenariato Pubblico Privato
può dare oggi, in Italia, un importante contributo al processo di
modernizzazione del Paese. Tra queste, in particolare, vale menzionare la
possibilità di incrementare la dotazione infrastrutturale del Paese a parità di
risorse pubbliche impegnate, grazie all'apporto di risorse private addizionali
ovvero la possibilità di liberare risorse pubbliche da impiegare in quei
settori in cui i servizi di pubblica utilità sono ancora carenti; una più attenta
fase di programmazione, l'adozione di procedure di gara trasparenti, una
migliore allocazione dei rischi, attraverso un'opportuna contrattualizzazione
154
UFP – Unità Tecnica Finanza di Progetto
135
delle rispettive responsabilità, quali condizioni dirette a consentire una più
efficiente, anche in termini di tempi, costruzione e gestione dell'opera,
funzionale alla prestazione di servizi di pubblica utilità qualitativamente
migliori; una maggiore trasparenza dei costi complessivi di gestione dei
servizi, atta ad innescare meccanismi che stimolino un'effettiva concorrenza
sui costi di gestione volta a consentire una progressiva riduzione degli stessi
ed infine un'ottimizzazione dell'uso delle risorse disponibili, capaci di
generare un circolo virtuoso tra spesa pubblica e prestazioni di servizi
pubblici (miglioramento dei servizi di pubblica utilità erogati a parità di
spesa pubblica) in funzione della qualità delle opere pubbliche.
Queste motivazioni non sono state, finora, tutte apprezzate in eguale
misura. In particolare, si può forse evidenziare una tendenza a valorizzare
solo il primo dei fattori elencati, a detrimento degli ulteriori elementi che,
invece, rappresentano la reale svolta cui modelli di Partenariato Pubblico
Privato, se adeguatamente perseguiti, possono dare un contributo assai
significativo.
Oltre che dall'effetto di addizionalità delle risorse finanziarie disponibili,
originato dal ricorso al settore privato, le pubbliche amministrazioni
dovrebbero essere indotte a ricorrere a modelli di Partenariato Pubblico
Privato per la realizzazione di infrastrutture di pubblica utilità in quanto “il
ricorso a tale strumento può incentivare un miglioramento nella qualità
progettuale ed assicurare una contrattualizzazione più adeguata dei servizi
per la gestione e la manutenzione delle opere, da cui dipende largamente la
loro utilità sociale155” . E' chiaro, peraltro, che il raggiungimento di un tale
obiettivo richieda tempi lunghi di maturazione potendo essere definito una
sorta di rivoluzione copernicana nella triangolazione tra pubblica
155
DPEF 2000-2003
136
amministrazione, settore privato e utenza finale. Ciò perché la variabile
qualitativa è quella che consente la composizione e ponderazione dei
diversi interessi in gioco, in quanto progettazione, finanziamento,
costruzione e gestione efficienti di infrastrutture destinate al servizio della
collettività consentono: all'amministrazione, di svolgere la propria funzione
nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, che devono
caratterizzare l'azione amministrativa, attraverso una corretta allocazione
delle risorse pubbliche, intese in senso lato - fondi pubblici, risorse umane e
strumentali - in funzione della prestazione di servizi pubblici di elevato
livello qualitativo; al settore privato, di perseguire il proprio scopo di
profitto, incentivando l'innovazione ed in funzione dell'apertura di nuovi
settori del mercato, in passato dominio prevalente dalla pubblica
amministrazione e all'utente finale, di ottenere servizi di pubblica utilità più
efficienti ed in grado di elevare il livello qualitativo della vita nel Paese,
senza che ciò comporti ulteriori aggravi fiscali.
6.3 PROJECT FINANCING:
IL PROFILO GIURIDICO E LA LEGGE
MERLONI
La realizzazione di opere pubbliche o di pubblico interesse con ricorso al
capitale privato nel nostro ordinamento transita, in prima battuta, attraverso
l’affidamento di un contratto di concessione di costruzione e gestione, la cui
norma di riferimento al riguardo è l’art. 19, comma 2 della legge 109/94
(legge Merloni). I procedimenti previsti per l’affidamento del contratto di
concessione sono quelli della licitazione privata ex art. 20, comma 2 (c.d.
finanza di progetto ad iniziativa pubblica) e quello più complesso,
137
scindibile in più fasi, con il promotore contemplato negli artt. 37-bis e ss.156
della legge Merloni (c.d. finanza di progetto ad iniziativa privata).
Per questo motivo le riflessioni per migliorare la finanza di progetto in
Italia sembrano non poter prescindere dall’incidere sulla legge Merloni.
Tuttavia, la presenza di attori che concorrono a rendere effettiva la finanza
di
progetto
quali
la
Pubblica
Amministrazione,
gli
istituti
di
credito/finanziatori, gli appaltatori, i gestori di servizi pubblici, i fornitori, i
consulenti economico-finanziari, gli operatori del diritto e il confronto con
le esperienze europee ed internazionali, avvertono come gli interventi
migliorativi debbano essere inseriti in modo sistemico, in tutti quegli ambiti
regolamentari sensibili all’efficacia dello strumento di finanziamento in
oggetto. Inoltre, è oramai evidente come la finanza di progetto faccia parte
del genus più ampio del Partenariato Pubblico-Privato (PPP) per la
realizzazione di opere pubbliche, che può essere attuato mediante modalità
156
In modo schematico, la disciplina introdotta con gli art. 37bis ss. si articola come
segue:
a) nel riconoscimento dell’autonomia della figura del promotore e della fase della
promozione dell’opera pubblica;
b) nella precisa individuazione nella concessione di costruzione e gestione della forma
giuridica idonea a realizzare un finanziamento di progetto, con l’introduzione di
significative modifiche all’istituto, tra le quali la possibilità di conferire al concessionario
diritti non direttamente correlati all’opera che si intende realizzare;
c) nella rimessione alla volontà delle parti del contenuto negoziale, in particolare per ciò
che concerne la determinazione e l’aggiornamento delle tariffe dei servizi previsti nel
progetto, in modo da consentire la copertura dei costi di esercizio e del servizio del debito
e un’adeguata remunerazione del capitale;
d) nella determinazione del procedimento con cui pervenire legittimamente alla scelta del
progetto e del concessionario;
e) nel riconoscimento della possibilità di realizzare la separazione giuridica e finanziaria
dell’iniziativa dalle altre attività degli sponsors attraverso la costituzione di società di
progetto, con la previsione di deroghe al diritto societario al fine di massimizzare la
capacita di finanziamento della medesima società;
f) nella previsione di adeguate, o almeno certe, forme di tutela del privato nel caso di
revoca o inadempimento dell’ente concedente;
g) nella disciplina delle garanzie dirette in favore dei finanziatori, riconoscendo agli stessi
la facoltà di subentrare al concessionario nel rapporto con l’amministrazione.
138
e tecniche contrattuali che prescindono dalla tradizionale concessione di
costruzione e gestione.
Metodologicamente si devono, in un primo tempo, individuare i temi che
costituiscono un ostacolo alla realizzazione di opere in finanza di progetto e
poi, successivamente, occorre identificare i relativi ambiti di applicazione e
gli strumenti più idonei a rimuoverli. Con questa premessa metodologica gli
ambiti di intervento possono essere quello della legge Merloni, ma anche
quello della legge fiscale, o, ancora, del codice civile, della legge
fallimentare, etc., e gli strumenti possono variamente consistere in una
modifica di legge, nell’inserimento di una norma regolamentare,
nell’interpretazione ministeriale favorevole, o, ancora, nell’esercizio
dell’autonomia contrattuale secondo delle best practices ed, infine,
semplicemente mediante l’emersione di norme esistenti ma inapplicate157.
Alla disciplina già prevista dagli artt. 37-bis e seguenti della Legge quadro,
hanno fatto seguito ulteriori interventi legislativi volti ad ampliare la portata
dell’istituto.
In particolare, la legge 24 novembre 2000 n. 340, all’art. 21 ha previsto
l’utilizzo del project financing anche con riferimento alla realizzazione “di
nuove infrastrutture viarie di interesse nazionale per le quali sono
utilizzabili sistemi di pedaggiamento”.
Allo stesso modo, la legge 21 dicembre 2001, n. 443 (c.d. Legge obiettivo)
ha conferito al Governo la delega per l’emanazione di uno o più decreti
legislativi concernenti, tra l’altro (art. 1, comma 2, lett. a), ma cfr. anche
lett. c), “la disciplina della tecnica di finanza di progetto per finanziare e
UFP – Unità Tecnica Finanza di Progetto: “L’accerchiamento della Merloni”- Roma,
febbario 2005.
157
139
realizzare, con il concorso del capitale privato”, le infrastrutture pubbliche e
gli insediamenti strategici e di preminente interesse nazionale.
Sempre al fine di promuovere l’utilizzo del project financing, l’art. 7 della
L. 17 maggio 1999, n. 144 ha previsto, nell’ambito del CIPE158,
l’istituzione dell’Unità tecnica-finanza di progetto.
Per quanto concerne l’inquadramento giuridico dell’istituto, è stato
osservato che, nel nostro ordinamento giuridico, il project financing si
configura come una tecnica di finanziamento non sussumibile in una
categoria contrattuale tipica, rappresentando invece la “sommatoria di
singoli contratti (contratti di fornitura, di appalto, di finanziamento, di
garanzia, di società, di concessione di costruzione e gestione/di
management) che ne costituiscono la struttura”. In questa prospettiva, si
ritiene che l’impiego del project financing non richieda tanto una disciplina
ad hoc, quanto la valorizzazione del “collegamento negoziale” che si genera
tra i rapporti contrattuali che, a diverso livello, si concentrano intorno
all’operazione di finanziamento159.
Con gli articoli in esame, il legislatore ha comunque inteso rispondere alle
aspettative degli operatori economici del settore garantendo maggiore
certezza e stabilità al rapporto tra l’amministrazione concedente e
l’aggregato dei soggetti privati interessati a finanziare la realizzazione di
un’opera o di un servizio pubblico, fornendo un corpus di regole definite
idonee a consentire previsioni ragionevoli dei flussi di cassa.
158
Si tratta di un organo composto da 15 unità, di estrazione marcatamente tecnica,
investito del compito di promuovere, all’interno delle pubbliche amministrazioni,
l’utilizzo di tecniche di finanziamento di infrastrutture con ricorso a capitali privati (cfr.
art. 7 cit.).
140
6.4 ELEMENTI TIPICI DI UN OPERAZIONE DI PROJEC FINANANCING
L'utilizzo del Project Financing comporta alcune specifiche implicazioni dal
punto di vista organizzativo e contrattuale. Il finanziamento, infatti, non è
diretto ad un'impresa pre-esistente bensì va a beneficio di una società di
nuova costituzione (“società di progetto” o anche “SPV” - Special Purpose
Vehicle) la cui esclusiva finalità è la realizzazione e la gestione del progetto
stesso.
La società di progetto è un'entità giuridicamente distinta da quella del/i
promotore/i del progetto, con la conseguente separazione dei flussi generati
dal progetto da quelli relativi alle altre attività del promotore. Il duplice
risultato é che, in caso di fallimento del progetto, il finanziatore non potrà
rivalersi su beni del promotore diversi da quelli di proprietà della società di
progetto e, simmetricamente, in caso di fallimento del promotore la società
di progetto continuerà ad esistere perseguendo le proprie finalità.
Inoltre, la costituzione di una Special Purpose Vehicle consente agli enti
finanziatori l'applicazione di formule di controllo molto stringenti e
l'imposizione di vincoli contrattuali e societari necessari alla strutturazione
di un'operazione di Project Financing.
Il primo aspetto importante nella definizione di project financing è quello
della costituzione di una società di scopo che abbia come oggetto sociale
esclusivo la realizzazione e la gestione dell’iniziativa.
In termini generali la separazione giuridica del progetto consente quella
separazione economica ( da cui trae origine l’espressione inglese ring
fence) che è alla base stessa del project financing. Questo vuol dire che se la
159
Sul tema v. le interessanti considerazioni di Rabitti, Project Finance e collegamento
141
struttura finanziaria del progetto si fonda principalmente sui flussi di cassa
che esso è in grado di generare, la prima condizione che deve essere
soddisfatta è quella dell’isolamento giuridico di tale flusso di cassa da tutte
le altre attività dei promotori.
Dal lato dei promotori, in ring fence è importante perché consente loro di
limitare l’impatto di un’eventuale andamento negativo del progetto sul
proprio bilancio. Il loro rischio nel progetto viene limitato al solo capitale
sociale versato nella società di progetto e alle eventuali garanzie collaterali
dagli stessi fornite.
Dal lato delle banche, il ring fence consente di isolare facilmente il flusso di
cassa, sul quale si fondano le loro aspettative di rimborso e di
remunerazione, da entrate ed uscite connesse ad altri progetti e ad altre
attività dei promotori.
Questo è il motivo per cui il ring fence acquista un ruolo essenziale nel
project financing, inteso come costruzione di un progetto mediante il suo
isolamento giuridico.
Il principio del ring fence ha anche un’implicazione rilevante da un punto di
vista finanziario.
Esso determina una correlazione
diretta tra fabbisogni e coperture
finanziarie relativi al progetto specifico, facendo assumere a ogni
finanziamento caratteristiche diverse in funzione del tipo di investimento
realizzato.
Altro elemento fondamentale nell’ambito di un’operazione di project
financing è rappresentato dal piano economico e finanziario del progetto.
Il finanziamento viene concesso dai soggetti creditori, molto spesso istituti
di credito, sulla base del flussi di cassa attesi dall’attività svolta dall’unità
contrattuale, in Contratto e impresa, 1996, II, 224 ss.
142
economica per la cui costruzione si richiede il finanziamento stesso e sulla
base della loro capacità di remunerare e rimborsare il debito. Elemento
necessario di tali operazioni è perciò l’attesa capacità del progetto di
generare reddito.
Per poter valutare i rischi sottostanti al progetto le banche devono
esaminare nel dettaglio il proprio investimento, analizzando le diverse
dinamiche che concorrono alla formazione dei flussi di cassa e tutti i rischi
di possibili scostamenti tra i dati attesi e quelli reali.
Questo vuol dire che il piano economico costituisce il documento chiave ai
fini dell’investimento delle banche creditrici, le quali non potendo fare
affidamento su garanzie tradizionali aventi finalità puramente “satisfattive”
pari all’interno valore dell’importo erogato, saranno indotte a concedere il
capitale necessario ai fini della realizzazione del progetto, nella misura in
siano sufficientemente confidenti della sua capacità di generare flussi di
cassa in misura tale da assicurare il rimborso e la remunerazione del
prestito.
La natura autoliquidante di ogni operazione di project financing, che
costituisce l’elemento innovativo e tipizzante di tale tecnica finanziaria,
trova la sua massima espressione negoziale nel contratto di finanziamento,
nel quale si darà rilievo alle assumption economico-finanziarie accolte nel
relativo piano, che sarà allegato allo stesso contratto di finanziamento. Il
puntuale rispetto di tali assumption è strettamente monitorato dai soggetti
finanziatori, grazie ai pervasivi poteri di controllo e di verifica ai medesimi
contrattualmente attribuiti e ad esse sono legate eventuali cause di
risoluzione del rapporto di finanziamento160.
160
Cfr. a tal riguardo anche P. Carriere, “Il leverage financing e il project financing alla
luce della riforma dl diritto societario: opportunità e limiti”, in Le Società, 2003.
143
6.5 GLI OBIETTIVI DEL PROJECT FINANCING
L'esigenza di ricorrere a tale sistema di finanziamento è determinata, per gli
enti pubblici, essenzialmente dal sempre più preoccupante divario esistente
fra fabbisogno finanziario per opere infrastrutturali di uso collettivo ed
attuali disponibilità monetarie a favore del settore pubblico. Questo divario,
che, vista la scarsità delle risorse a disposizione, è purtroppo destinato a
divenire sempre più ampio, può venire colmato esclusivamente tramite un
corposo intervento di finanziamento da parte di soggetti privati (imprese e
banche), disposti a riporre fiducia nelle potenzialità di remunerazione
connesse al progetto in questione e a rischiare quindi i loro capitali.
Per le imprese private, invece, il Project Financing rappresenta una
modalità di attivazione di ingenti risorse finanziarie presso il sistema
creditizio, senza la necessità di dover integralmente garantire i
finanziamenti. Le banche che operano in Project Financing erogano infatti
finanziamenti in favore di società costituite “ad hoc” dagli “sponsor del
progetto” limitandosi a richiedere a questi ultimi garanzie “limitate”
(limited recourse). Le banche che operano in Project Financing devono
quindi valutare con grande analiticità ogni aspetto del progetto (legale,
fiscale, economico, tecnico) prima di assumerne i relativi rischi. Il Project
Financing è quindi per le imprese una modalità tecnica per affrontare
progetti anche di grandissima dimensione, altrimenti non compatibili con la
loro diretta capacità patrimoniale e finanziaria.
144
6.6 I SOGGETTI COINVOLTI NEL PROJECT FINANCING
I soggetti coinvolti in una operazione di project financing, sono solitamente
molti e di differente natura.
Possono essere delle Società di progetto (Special purpose vehicle),le quali
sono formate dai promotori, cioè da tutti quei soggetti che forniscono
capitale di rischio e promuovono la realizzazione dell'iniziativa,
seguendone tutte le fasi. La creazione di una società permette la separazione
delle attività relative al progetto da quelle personali di ciascun singolo socio
e consente quindi di ottenere un isolamento giuridico ed economicofinanziario del progetto stesso. Normalmente la società di progetto si
assume direttamente la responsabilità del debito nei confronti delle banche
creditrici oppure della banche, le quali
intervengono sia in qualità di
consulenti finanziari (verifica informazioni, analisi delle proposte,
individuazione del progetto migliore dal punto di vista economicofinanziario) che in qualità di finanziatori (creazione di un pool di banche
finanziatrici; il credito viene erogato dopo aver effettuato: analisi del
progetto e dei suoi elementi basilari, test di viabilità, analisi del flusso di
cassa, calcolo degli indici sintetici, analisi di sensitività).
Anche la Pubblica Amministrazione può essere un soggetto coinvolto in
un’operazione di project financing, essa deve rendere il progetto bancabile,
intervenendo tramite opportuni sistemi di sostegno pubblico al progetto
(fondi perduti, sgravi fiscali, sostegni ai prezzi).
Inoltre ci possono essere Istituzioni finanziarie multilaterali (enti costituiti
su base multinazionale per promuovere investimenti e sviluppo economico
a livello mondiale), Esperti indipendenti (esperti legali, assicurativi, tecnici
o società di consulenza etc.) e Controparti commerciali (costruttori di opere,
145
fornitori di materie prime, acquirenti finali del prodotto, responsabili di
manutenzione etc.)
6.7 I RISCHI DEL PROJECT FINANCING
L’analisi dei rischi del progetto è una fase fondamentale nello sviluppo di
un project financing, in quanto la corretta allocazione dei rischi può
determinarne il successo o l'insuccesso. Infatti esistono varie tipologie di
rischio e ogni soggetto coinvolto nell'operazione deve assumersi i rischi che
meglio di ogni altro riesce a controllare. Solo allora infatti l'operazione è
equilibrata e procede senza intoppi o brutte sorprese. L’individuazione,
segmentazione e delimitazione dei rischi rende applicabile tecniche di
copertura che mitigano i rischi del progetto.
La volontà di assumere un rischio è comunque funzione del ritorno
economico atteso dall’attività collegata all’assunzione del rischio.
Oltre all’affidamento sugli utili di cassa attesi al termine del progetto,
l’altro elemento che caratterizza tali operazioni è dato dalle garanzie
rilasciate dalla società di scopo, dai promotori nonché da altri soggetti terzi.
A tal riguardo è possibile classificare le strutture di Project Financing in
funzione della tipologia di rivalsa dei soggetti finanziatori sugli azionisti
della Società di Progetto. In particolare, è possibile identificare operazioni
“senza rivalsa” (without recourse) cioè operazioni di Project Financing in
cui è esclusa la rivalsa dei finanziatori sugli azionisti; in questo caso le
banche operano secondo logiche non tradizionali accollandosi rischi vicini a
quelli imprenditoriali, alternativamente, esistono soggetti terzi che
forniscono singolarmente o in modo combinato appropriate garanzie.
146
Si possono avere operazioni con “rivalsa limitata” (limited recourse):
operazioni di Project Financing in cui la rivalsa dei finanziatori sugli
azionisti è limitata nel tempo, nell'ammontare e nella qualità.
Infine operazioni con “rivalsa piena” (total recourse) le quali sono
operazioni di Project Financing in cui la rivalsa dei finanziatori sugli
azionisti della Società di Progetto è totale161.
6.8 PROJECT
FINANCING:
IL
MODULO
GIURIDICO
DELLA
CONCESSIONE DI COSTRUZIONE E GESTIONE
Nella storia recente la forma classica in cui si è realizzato il “Project
Financing all'italiana” è la concessione di costruzione e gestione. Questo
strumento ha infatti permesso di realizzare e gestire molte infrastrutture in
Italia, che se debitamente strutturato potrebbe assomigliare alle più evolute
tipologie americane o anglosassoni di project financing.
Il legislatore ha individuato, cogliendo ispirazione nella prassi operativa,
nella concessione di costruzione e gestione la “cornice” giuridica delle
operazioni di finanziamento privato di opere pubbliche. Nell’operare tale
scelta, il legislatore ha però apportato al regime tradizionale dell’istituto,
come esso emerge anche dalle ricostruzioni dottrinali e giurisprudenziali, le
modifiche necessarie per adattare il medesimo alle caratteristiche del
project financing162.
161
In questo caso vengono a cadere i presupposti del Project Financing anche se non
viene a mancare la capacità del settore privato di intervenire nella costruzione,
finanziamento e gestione delle iniziative.
162
Da “Gli appalti di lavori pubblici”- Edito dalle Edizioni Simone.
147
Com’è noto, la stessa legge quadro definiva la concessione di costruzione e
gestione come il contratto concluso fra un imprenditore ed una
amministrazione aggiudicatrice, in cui la “controprestazione a favore del
concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e
di sfruttare economicamente opere” (art. 19, comma 2). Si prevedeva inoltre
che la concessione potesse essere affidata solo in base al progetto definitivo
e, in generale, che gli affidatari dell’incarico di progettazione, a qualsiasi
livello, non potessero partecipare alla gara per l’affidamento della
concessione (art. 17, comma 9).
Le innovazioni introdotte dal legislatore alla disciplina della concessione di
costruzione e gestione in generale (attraverso la novella dell’art. 19) e in
particolare
con
dall’ampliamento
la
disciplina
dell’oggetto
del
project
della
financing,
concessione,
in
sono
modo
date
da
ricomprendere: la progettazione definitiva e la progettazione esecutiva
(nuova formulazione dell’art. 19); l’esecuzione dei lavori pubblici, o di
pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati,
nonché la loro gestione funzionale ed economica (nuova formulazione
dell’art. 19) e la gestione di servizi di pubblica utilità (37quinquies e art.
37sexies); in secondo luogo dal superamento dell’incompatibilità tra
progettazione e realizzazione, almeno per quanto riguarda la progettazione
preliminare ed infine dalla possibilità di affidare la concessione di
costruzione e gestione sulla base del solo progetto preliminare (nuova
formulazione dell’art. 20, secondo comma).
Nella rigida separazione tra progettazione ed esecuzione era stato ravvisato
uno dei principali elementi ostativi alla realizzazione di operazioni di
project financing, nelle quali invece è fondamentale che i principali soggetti
dell’operazione (promotori e finanziatori) possano intervenire nella
148
progettazione dell’opera. In tale fase si stabiliscono le caratteristiche
dell’opera da realizzare (dimensioni, livello di attività ecc.) con i relativi
costi, sui quali costruire le posizioni di equilibrio del piano di investimento.
Essendo quindi la progettazione finanziaria strettamente compenetrata con
quella ingegneristica, risulta oltremodo limitante doverla adattare su un
progetto
già
definito
da
altri,
la
cui
realizzazione
e
gestione
l’amministrazione pone quale oggetto di gara. Tale conclusione è
confermata dalla naturale diffusione del project financing nell’ambito delle
concessioni di programma, promiscuamente dette di servizi e di
committenza, caratterizzate dall’affidamento al concessionario delle fasi
ideativa, progettuale, realizzativa e gestionale e che, dopo l’approvazione
della legge n. 109 del 1994 parevano ormai delegittimate dal divieto di cui
all’art. 17, comma 9 e dalla soppressione della cd. concessione di
committenza (art. 19, comma 3).
La redazione del progetto preliminare viene ora affidata al promotore in
sede di proposta di finanziamento. Occorre peraltro sottolineare che, per
l’autonomia che assume la fase di promozione dell’opera rispetto alla fase
di
realizzazione
del
progetto,
l’affidamento
al
promotore
della
progettazione preliminare non costituisce propriamente una deroga al
divieto di cui all’art. 17, comma 9, né complessivamente la fattispecie può
qualificarsi come concessione di committenza. Se infatti l’iniziativa parte
unilateralmente dal promotore, questi non può considerarsi “affidatario”
dell’incarico di progettazione ai sensi della norma citata, né può dirsi che,
prima della gara di cui all’art. 37quater, il promotore si assuma
l’obbligazione multipla di mettere a punto e gestire l’intero programma,
costruttivo e gestionale163.
163
Da “Gli appalti di lavori pubblici”- Edito dalle Edizioni Simone
149
Va inoltre sottolineata la possibilità che al concessionario siano attribuiti
diritti sull’opera realizzata diversi da quelli che costituiscono gestione della
medesima, possibilità che risulta esplicitamente dagli articoli 37quinquies e
37sexies nei quali l’impiego della disgiuntiva “o” tra gestione
dell’infrastruttura e gestione di un servizio di pubblica utilità introduce, per
la prima volta in un testo normativo, una netta contrapposizione tra l’attività
che costituisce gestione e l’attività che si concreta in erogazione di un
servizio di utilità.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Sorto all'inizio degli anni ottanta nel mercato statunitense, il debito
mezzanino ha conosciuto un intenso periodo di sviluppo come strumento di
finanziamento delle operazioni di ristrutturazione d'impresa caratterizzate
da un elevato grado di leva finanziaria. Importato nella seconda metà degli
anni ottanta nel mercato europeo, tale strumento non ha ancora conosciuto
in questo mercato, specie per ciò che concerne i paesi dell'Europa
continentale, un grado di sviluppo coerente con quelli che appaiono essere i
vantaggi offerti dallo strumento.
L'analisi svolta nel corso della prima parte della ricerca, incentrata sulle
caratteristiche tecniche dello strumento e sulle opportunità di utilizzo dello
stesso, ha infatti chiaramente evidenziato le qualità di flessibilità e i
vantaggi che esso è in grado di offrire ai diversi soggetti finanziatori di
un'impresa164. Si è in particolare mostrato come tali vantaggi si estendano al
di là delle operazioni di LBO/MBO nelle quali il debito mezzanino ha
finora trovato prevalente applicazione. Un finanziamento mezzanino può
164
azionisti e creditori senior
150
invece apportare sostanziali benefici ai diversi soggetti finanziatori di
un'impresa in diverse situazioni, e in particolare nel caso vi sia un
fabbisogno di finanziamento di un processo di crescita.
Si è inoltre mostrato come, ponendosi nell' ottica di un investitore in
capitale intermedio, il problema del pricing di un investimento mezzanino
non possa essere affrontato applicando in modo meccanicistico i
tradizionali modelli di valutazione delle attività finanziarie rischiose. Dall'
analisi di questi ultimi, e in particolare dall' esame della moderna teoria di
portafoglio e della teoria delle opzioni, è tuttavia possibile trarre utili
indicazioni con riferimento alla valutazione del rischio e del rendimento di
un investimento mezzanino.
Gli ostacoli che ancora si pongono allo sviluppo del mercato europeo del
debito mezzanino sono di diversa natura.
- In alcuni paesi dell'Europa continentale, fra i quali l'Italia, il debito
subordinato non esiste, dal punto di vista giuridico, come forma
contrattuale. Tale difficoltà è stata in passato superata strutturando le
operazioni sotto diversa giurisdizione. Se tuttavia dovesse sorgere una
disputa fra creditori senior e creditori junior, non si sarebbe certi di come
quest'ultima verrebbe risolta. In sostanza, pur ricorrendo a giurisdizioni
estere, l'assenza di una precisa cornice normativa locale rende molto più
incerta e dunque più rischiosa un' operazione di finanziamento mezzanino.
- Lo scarso grado di sviluppo del mercato secondario dei titoli
obbligazionari emessi da imprese (corporate bonds) rende poco probabile
una crescita significativa del mercato del debito mezzanino. È infatti
verosimile ipotizzare che il capitale intermedio conservi in Europa la forma
del prestito bancario e veda dunque limitata la possibilità di un significativo
151
sviluppo del mercato secondario. Quest'ultima è condizionata dal fatto che
un numero sempre crescente di istituzioni finanziarie165 acquisisca
familiarità con lo strumento e ne comprenda i vantaggi in termini di profilo
rischio/rendimento e di flessibilità.
Anche superando i problemi di carattere tecnico-istituzionale di cui sopra,
nei paesi dell'Europa continentale permane un ostacolo di carattere
culturale, connesso all' avversione degli investitori nei confronti del ricorso
a un eccessivo grado di leva finanziaria. Ne segue che l'applicazione
esclusiva del debito mezzanino a operazioni di acquisizione nelle quali la
funzione dello strumento è puramente quella di superare l'in disponibilità di
ulteriore capitale di debito senior comporterebbe inevitabilmente scarse
prospettive di sviluppo del mercato.
A fronte di tali difficoltà, vi sono tuttavia alcune interessanti opportunità
connesse all' attuale fase congiunturale attraversata dai mercati finanziari
europei. Fra queste si possono segnalare le seguenti.
La crisi che ha recentemente colpito le banche commerciali europee sta
spingendo le stesse a ricorrere a criteri più restrittivi di valutazione del
merito creditizio delle imprese. Vengono dunque meno le politiche
aggressive tipiche della seconda metà degli anni ottanta, le quali rendevano
in qualche modo ridondante il finanziamento mezzanino. Pur avendo un
effetto duplice166, è probabile che in futuro prevalga il primo effetto, ossia
quello di un maggiore spazio per gli offerenti di debito mezzanino connesso
alla contrazione del debito senior.
Lo stato di arretratezza del mercato europeo dei finanziamenti mezzanine
165
fondi specializzati, banche, finanziarie, fondi equity, fondi pensione, società di
assicurazione
166
minore offerta di credito bancario ma anche meno operazioni da strutturare e maggiore
concorrenza con investitori equity
152
rende possibile evitare gli errori di rigidità commessi nei mercati più maturi
(USA, Regno Unito): sfruttando al massimo le caratteristiche di flessibilità
del debito mezzanino - in termini di garanzie, covenants, struttura dei flussi
di interesse e rimborso del capitale, scadenze e forma di partecipazione al
capitale di rischio disponibile agli investitori mezzanine - in modo che lo
strumento venga percepito come una forma di capitale di rischio a basso
costo, vantaggioso per tutte le parti, e non invece come forma di debito
senior a costo elevato167.In sintesi, il finanziamento mezzanino dovrebbe
strutturarsi in modo da essere parte della soluzione e non parte del problema
che le imprese di piccole e medie dimensioni si trovano ad affrontare.
Oltre che delle opportunità di ulteriore sviluppo, si è diffusamente
trattato della struttura giuridica con la quale un intermediario può svolgere
un'attività di MF. In particolare, è stato esaminato il quadro giuridicofiscale in vigore nei principali paesi industrializzati ove più sviluppata è
l'attività di mezzanine finance. Accanto all'esame del quadro giuridicofiscale, si è trattato delle ragioni che possono guidare la scelta alternativa
relativa alla configurazione giuridica con la quale può operare un
intermediario. A questo proposito, è possibile affermare che le due
alternative più efficienti sembrano essere quella del fondo chiuso e quella
della società di capitali. Per effettuare la scelta fra le due alternative occorre
confrontare i vantaggi fiscali caratteristici di un fondo con la flessibilità
finanziaria della società di capitali, la quale può associare mezzi propri e di
terzi, sfruttando al meglio gli effetti che la leva finanziaria produce sul
ROE. Le due alternative si caratterizzano per la produzione, a parità di
ROA atteso, di diverse combinazioni di rendimento atteso e rischio, in
167
« streched senior debt » o « superloan »
153
grado di soddisfare opportunamente le alternative funzioni di preferenza
degli investitori. Proprio sul matching tra la combinazione rendimento
atteso-rischio e la funzione di preferenza dei potenziali investitori si deve
fondare la scelta finale.
154
Capitolo 7
ESEMPIO DI CONTRATTO MEZZANINE
FINANCE
155
ALLEGATO
ALCUNI CASI PRATICI
Analisi del caso in cui il fondo mezzanino è costituito in forma di SICAV
francese
Il regime fiscale cui sono sottomesse le SICAV tende ad evitare la doppia
imposizione. Le SICAV sono innanzitutto esonerate dall'imposta sulle
società relativamente a quella parte di utili che proviene dalla gestione del
portafoglio o dalle plusvalenze realizzate attraverso la cessione dei titoli del
portafoglio;sono previste norme che consentono ai soci di pagare le imposte
sui proventi percepiti168, che mantengono la loro natura, come se
fossero loro personalmente a possedere e gestire il portafoglio titoli
(principio della trasparenza). Occorre quindi rinviare norme che regolano
l'investimento diretto in azioni e obbligazioni.
I redditi che derivano da questi investimenti sono generalmente inclusi nella
base imponibile del percettore. Nel caso in cui quest'ultimo sia una persona
fisica residente, viene concessa la possibilità di optare, per alcune categorie
di interessi , per un prelievo alla fonte a titolo d'imposta (prelévèment
forfetaire). Per quanto concerne i dividendi viene concesso un credito
d'imposta (avoir fiscal) pari al 50% del dividendo ricevuto.
Ai nostri fini è necessario analizzare il trattamento fiscale applicabile nel
caso in cui la SICAV investa in Italia o il partecipante alla SICAV sia
residente o avente sede in Italia.
Il quadro normativo delineato in questa analisi deriva dall'applicazione sia
delle normative interne dei due paesi che dalla Convenzione contro le
168
I proventi percepiti continuano ad essere trattati come dividendi, interessi
o capital gains e non concorrono a formare un provento complessivo indistinto.
156
doppie imposizioni stipulata tra Italia e Francia il 5 ottobre 1989 ed entrata
in vigore il 1 maggio 1992169. Occorre considerare sia la normativa prevista
nel paese fonte del reddito che in quello di residenza del sottoscrittore,
distinguendo tra i diversi tipi di reddito, ossia interessi e dividendi.
Non trova invece applicazione la Direttiva società madri-società figlie
(recepita in entrambi i Paesi) in quanto la SICAV, pur rivestendo
formalmente la configurazione giuridica di una società per azioni, non
rientra nell' elenco degli organismi societari previsti dalla Direttiva stessa.
Dividendi
Si distinguono diverse ipotesi:
A1. la società (alfa) che distribuisce il dividendo alla SICAV ha sede legale
in Francia e l'investitore è una persona fisica residente in Francia o persona
giuridica avente sede legale nello stesso paese.
Alfa paga su un utile di 100 un'imposta societaria pari al 33,33 %.
Distribuisce quindi alla SICAV (che ipotizziamo unica azionista) un
dividendo di 67 circa. Valendo il principio di trasparenza l'investitore, il
quale include il dividendo nella propria base imponibile170, ha diritto ad un
credito d'imposta pari al 50% del dividendo;
169
Infatti a nostro avviso tra i destinatari della Convenzione rientrano anche gli organismi
di investimento collettivo (art. 1 e art. 3 letto d). L'applicazione delle convenzioni agli
organismi di investimento collettivo, tuttavia, è ancora un problema aperto.
170
Si rammenta che i proventi distribuiti dal fondo mantengono la loro natura.
157
B1. la società (alfa) che distribuisce il dividendo ha sede legale in Francia e
l'investitore è una persona fisica residente in Italia o persona giuridica
avente sede legale nello stesso paese.
Alfa paga su un utile di 100 un'imposta societaria pari al 33,33 %.
Distribuisce quindi alla SICAV (che ipotizziamo unica azionista) un
dividendo di 67 circa. A sua volta la SICAV opera una ritenuta a titolo
d'imposta sui proventi che distribuisce al sottoscrittore italiano, pari, in
virtù dell' applicazione della Convenzione, al 15%. Rientrando la SICAV
tra gli organismi di investimento collettivo di diritto estero previsti dal D.L.
83/1992, il quale ha recepito le direttive comunitarie, l'imposizione sui
proventi in Italia è quella contenuta nel suddetto decreto. Pertanto i proventi
sono assoggettati ad una ritenuta del 12,5% (applicata dall'intermediario
autorizzato in Italia) a titolo d'imposta se il percettore è una persona fisica e
a titolo d'acconto se è una persona giuridica. Nel caso in cui i proventi siano
percepiti fuori dal territorio nazionale non subiscono la ritenuta alla fonte e
concorrono a formare il reddito imponibile, con possibilità per le persone
fisiche e le società di persone non esercenti attività d'impresa, nonché per
gli enti non commerciali, di optare per la tassazione separata con la
medesima aliquota del 12,50% prevista per la ritenuta alla fonte.Se i
proventi vengono inclusi nella base imponibile del percettore, al fine di
evitare la doppia imposizione economica, la Convenzione Italia-Francia
prevede che la Francia conceda un credito d'imposta (indiretto) pari al 50%
del dividendo ridotto della ritenuta pattizia del 15%. Per evitare la doppia
imposizione giuridica, invece, l'Italia concede un credito d'imposta (diretto)
fino a concorrenza della quota d'imposta italiana corrispondente al rapporto
tra i redditi prodotti all' estero e il reddito complessivo (art. 15, T.D.
917/86);
158
C1. La società (beta) che distribuisce il dividendo ha sede legale in Italia e
l'investitore è una persona fisica residente in Francia o persona giuridica
avente sede legale nello stesso paese.
Beta paga su un utile di 100 un'imposta societaria pari al 52,2%. Sui
dividendi distribuiti ad un non residente (ad esempio una SICAV francese)
la normativa interna italiana prevede che su tutto il dividendo gravi una
ritenuta del 32,4%, ridotta al 15 % in base alla Convenzione. Quindi da un
lato nel momento in cui la società italiana distribuisce un dividendo alla
SICAV applica una ritenuta del 15%, dall'altro avendo la SICAV diritto al
credito d'imposta, quest'ultimo, verrà a sua volta ridotto del 15%. Valendo il
principio di trasparenza l'investitore, il quale include il dividendo nella
propria base imponibile, ha diritto, in base alla Convenzione Italia-Francia,
ad un credito d'imposta (indiretto) concesso dall'Italia pari ai 9/16 del
dividendo ridotto della ritenuta pattizia del 15%. Per evitare la doppia
imposizione giuridica, invece, la Francia concede un credito d'imposta
(diretto) fino a concorrenza della quota d'imposta francese corrispondente al
rapporto tra i redditi prodotti all' estero e il reddito complessivo.
DI. la società (beta) che distribuisce il dividendo ha sede legale in Italia e
l'investitore è una persona fisica residente in Italia o persona giuridica
avente sede legale nello stesso paese.
Beta paga su un utile di 100 un'imposta societaria pari al 52,2%.
Applicando la ritenuta pattizia del 15% distribuisce quindi alla SICAV (che
ipotizziamo unica azionista) il dividendo. La SICAV a sua volta opera una
ritenuta del 15% in quanto la normativa sugli OICVM francesi prevede che
si applichino le ritenute qualora i dividendi siano distribuiti a un non
residente. In Italia infine detti proventi sono assoggettati ad una ritenuta del
159
12,5%
171
a titolo d'imposta se il percettore è una persona fisica e a titolo
d'acconto se è una persona giuridica. Nel caso in cui i proventi siano
percepiti fuori dal territorio nazionale non subiscono la ritenuta alla fonte e
concorrono a formare il reddito imponibile, con possibilità per le persone
fisiche e le società di persone non esercenti attività d'impresa, nonché per
gli enti non commerciali, di optare per la tassazione separata con la
medesima aliquota del 12,50% prevista per la ritenuta alla fonte.
Se i proventi vengono inclusi nella base imponibile del percettore, al fine di
evitare la doppia imposizione economica, la Convenzione Italia-Francia
prevede che l'Italia conceda un credito d'imposta (indiretto) pari ai 9/16 del
dividendo ridotto della ritenuta pattizia del 15 %. Per evitare la doppia
imposizione giuridica, invece, l'Italia concede un credito d'imposta (diretto)
fino a concorrenza della quota d'imposta italiana corrispondente al rapporto
tra i redditi prodotti all' estero e il reddito complessivo (art., 15 T.V.
917/86).
Interessi
Si distinguono diverse ipotesi:
A2. La SICAV investe in obbligazioni francesi e il sottoscrittore è residente
o avente sede in Francia.
Se si tratta di una persona giuridica l’interesse ricevuto viene tassato con
l’ordinaria imposta sul reddito (33,33%); se si tratta di una persona fisica,
qualora il titolo sia un’obbligazione privata ordinaria o un'obbligazione
pubblica, può optare tra imposizione ordinaria e ritenuta a titolo d'imposta
del 19,4 %.
171
applicata dall'intermediario autorizzato in Italia
160
B2. La SICAV investe in obbligazioni francesi e il sottoscrittore è residente
o avente sede in Italia.
Gli interessi provenienti da obbligazioni pubbliche e private ordinarie sono
esenti da imposta alla fonte, mentre quelli di obbligazioni convertibili e cum
warrant sono soggetti ad un'imposta pattizia del 10%. Tali redditi vengono
tassati in capo al percettore italiano in base alla normativa già descritta
172
,
con la differenza che in questo caso non c'è credito d'imposta indiretto e il
credito d'imposta diretto è limitato al 10%.
C2. La SICAV investe in obbligazioni italiane e il sottoscrittore è residente
o avente sede in Francia.
Gli interessi provenienti da obbligazioni pubbliche e private ordinarie sono
esenti da imposta alla fonte, mentre quelli di obbligazioni convertibili e cum
warrant sono soggetti ad un'imposta pattizia del 10%. Tali redditi vengono
tassati in capo al percettore francese con imposizione ordinaria e la Francia
concede credito d'imposta diretto.
D2. La SICA V investe in obbligazioni italiane e il sottoscrittore è residente
o avente sede in Italia.
Gli interessi provenienti da obbligazioni pubbliche e private ordinarie sono
esenti da imposta alla fonte, mentre quelli di obbligazioni convertibili e cum
warrant sono soggetti ad un'imposta pattizia del 10%. Tali redditi vengono
tassati in capo al percettore italiano in base alla normativa già descritta
(OICVM di diritto estero), con la differenza che in questo caso non c'è
credito d'imposta indiretto e il credito d'imposta diretto è limitato al 10%.
172
OICVM di diritto estero
161
Analisi del caso in cui il fondo mezzanino è costituito in forma di società di
capitali con sede in Francia
Il fondo mezzanine potrebbe assumere la configurazione giuridica di una
società di capitali. In tal caso, sugli utili prodotti il fondo è soggetto al
regime ordinario delle società (33,33 %), mentre per gli investitori nel
fondo è necessario distinguere tra persone fisiche e persone giuridiche,
residenti o avente sede in Italia ed in Francia.
Se l'investitore è una persona fisica residente in Francia, i dividendi
concorrono a formare la sua base imponibile e gli viene concesso un credito
d'imposta pari al 50% del dividendo; se l'investitore è una persona giuridica
francese il reddito è esente; se l'investitore è una persona giuridica italiana
che detiene almeno il 25 % del capitale da un minimo di 1 anno, si applica
la direttiva comunitaria società madri-società figlie in base alla quale il
reddito è esente per il 95%; ed in ultimo, se l'investitore è una persona fisica
residente in Italia il reddito percepito concorre a formare la sua base
imponibile e gli viene concesso un credito d'imposta, in base alla
convenzione Italia-Francia, dal Tesoro francese pari al 50% del dividendo
ridotto di una ritenuta pattuale del 15%. Per evitare la doppia imposizione
giuridica l'Italia concede un credito d'imposta diretto.
162
ALLEGATO TABELLE
TABELLA 1.1. Tipologie di subordinazione.
Completa
Specificatamente
Creditori senior
Pagamento interessi
Rimborso quote
capitale
identificati
Solo in alcuni casi
Solo dopo il completo
rimborso dei creditori
Senior
Posizione dei creditori
Rimborso in funzione
senior in caso di
della somma di debito
liquidazione dell'attivo
Senior e debito junior
Parziale
Tutti i restanti creditori
Sempre
Secondo un normale
Piano di ammortamento
Rimborso in funzione
della propria quota
La Tabella 1.1 riassume sinteticamente le differenze menzionate173.
È evidente come i due casi presentino differenze sostanziali in termini
di profilo di rischio per i diversi creditori dell'impresa, specie per ciò che
concerne la situazione relativa a un'eventuale insolvenza, e conseguente
liquidazione, dell'impresa finanziata
Per comprendere tali differenze, si consideri l'esempio di un'impresa
caratterizzata dalla struttura di bilancio riportata nella Tabella 1.2174:
Si ipotizzi a questo punto di esaminare la situazione dei creditori A, B e
C in ipotesi di insolvenza e conseguente liquidazione delle attività
dell'impresa finanziata, nei seguenti tre casi:
173
Vedi tabella n°1.1 nell’allegato
163
1. posizione paritetica dei tre creditori;
2. subordinazione completa di C rispetto a B;
3. subordinazione parziale di C;
Le Tabelle 1.3, 1.4 e 1.5175 riassumono schematicamente i tre casi, in
funzione dei diversi valori di liquidazione delle attività dell'impresa
finanziata.
Come osservabile, nel caso di posizione paritaria dei tre creditori, la
liquidazione delle attività dell'impresa finanziata porta a una ripartizione
pro-quota del valore di realizzo, proporzionale all'originale quota di
finanziamento dell'impresa.
In questa prima ipotesi i tre creditori vengono interamente rimborsati
del capitale unicamente nel caso in cui il valore di realizzo dell'attivo sia
pari alla differenza fra valore originale dell'attivo e valore dei mezzi propri
(500).
Introducendo l'ipotesi di una subordinazione completa di C rispetto a B,
si osserva come la posizione di B migliori sensibilmente rispetto al caso
precedente. Si ha infatti un rimborso totale del finanziamento già nel caso di
un valore di realizzo pari a 300. Parallelamente, la situazione di C peggiora
sensibilmente, ad eccezione del caso in cui il valore di realizzo è pari a 500.
La situazione di A resta invece inalterata. Essendo infatti C subordinato
esclusivamente nei confronti di B, A conserva la propria condizione di
creditore ordinario, non risentendo degli effetti della postergazione di C.
Nell'ultimo caso, quello relativo a una subordinazione parziale di C
rispetto a tutti gli altri credi tori, si osserva un ulteriore peggioramento della
situazione di C, il quale vede rimborsare il proprio capitale unicamente
174
175
Vedi tabella n° 1.2 nell’allegato
Vedi tabelle nell’allegato
164
nell'ipotesi di un realizzo pari a 500. A tale peggioramento della situazione
di C corrisponde un miglioramento equivalente della situazione degli altri
creditori, A e B. Sia A che B beneficiano infatti della condizione di
seniority nei confronti di C. Dalle osservazioni svolte è infine possibile
concludere come entrambe le posizioni dei creditori senior e dei creditori
junior (subordinati) vengano “ottimizzate” nel caso di una clausola di
subordinazione completa.
Il confronto delle Tabelle 1.4 e 1.5176 mostra infatti come sia B
(creditore senior in entrambi i casi, sia di subordinazione completa che di
subordinazione parziale) che C (creditore subordinato in entrambi i casi)
vedano ottimizzata la propria posizione nel caso di subordinazione
completa. Ciò è conseguenza del fatto che in caso di subordinazione
parziale parte del beneficio viene ripartito anche ai creditori che nel caso di
subordinazione completa non sono dotati di seniority, nell'esempio il
creditore A.
TABELLA 1.2.
ATTIVO
600
176
PASSIVO
Debito A
= 300
Debito B
= 100
Debito C
= 100
Mezzi propri
= 100
Vedi tabelle nell’allegato
165
TABELLA 1.3. Caso 1: posizione paritetica dei tre creditori.
VALORE DI LIQUIDAZIONE
200
DELLE ATTIVITÀ
300
400
500
DELL’IMPRESA
VALORE DI REALIZZO DI A
120 = 40%
180 = 60%
240 = 80%
300 = 100%
VALORE DI REALIZZO DI B
40 = 40%
60 = 60%
80 = 80%
100 = 100%
VALORE DI REALIZZO DI C
40 = 40%
60 = 60%
80 = 80%
100 = 100%
TABELLA 1.4. Caso 2: subordinazione completa di C rispetto a B.
7.2 VALORE
LIQUIDAZIONE
DI
DELLE
7.3
200
7.4
300
7.5
400
7.6
500
ATTIVITÀ DELL’IMPRESA
7.7 VALORE
DI
REALIZZO DI A
7.12 VALORE
DI
REALIZZO DI B
7.17 VALORE
REALIZZO DI C
DI
7.8 120
7.9 180
7.10 24
7.11 30
= 40%
= 60%
0 = 80%
0 = 100%
7.13 80
7.14 10
7.15 10
7.16 10
= 80%
0 = 100%
0 = 100%
0 = 100%
7.18 0 =
7.19 20
7.20 60
7.21 10
0%
= 20%
= 60%
0 = 100%
TABELLA 1.5. Caso 3: subordinazione parziale di C.
166
7.22 VALORE
DI
LIQUIDAZIONE
DELLE
7.23
200
7.24
7.25
300
400
7.26
500
ATTIVITÀ DELL’IMPRESA
7.27 VALORE
DI
REALIZZO DI A
7.32 VALORE
DI
REALIZZO DI B
7.37 VALORE
DI
REALIZZO DI C
7.28 15
7.29 22
7.30 30
7.31 30
0 = 50%
5 = 75%
0 = 100%
0 = 100%
7.33 50
7.34 75
7.35 10
7.36 10
= 50%
= 75%
0 = 100%
0 = 100%
7.38 0 =
7.39 0 =
7.40 0 =
7.41 10
0%
0%
0%
0 = 100%
TABELLA 3.1. Struttura finanziaria 1.
ATTIVO
PASSIVO
Debito = 40
Totale attivo = 70
Capitale =30
Supponendo di avere i seguenti dati:
Kd = 12 %
Ke = 20%
si avrebbe un WACC per l'impresa pari a:
[Kd x D/A] + [Ke x E/A] = 6,857% + 8,571% = 15,428%
167
TABELLA 3.2. Struttura Finanziaria 2.
ATTIVO
PASSIVO
Debito = 40
Totale Attivo = 70
Debito subordinato = 15
Capitale = 15
In questo secondo caso il W ACC sarebbe dato da:
[Kd x (D/A)] + [Ksub x (Sub/A)] + [Ke x (E/A)] = 6,857% + 3,429% + 4,286% = 14,572%
TABELLA 3.3.
STRUTTURA FINANZIARIA
CASO I
CASO 2
15
15
(4,8)
(4,8)
0
(2,4)
Utile ante imposte
10,2
7,8
Imposte (50%)
(5,1)
(3,9)
Utile netto
5,1
(3,9)
EBIT
Interessi su debito senior
Interessi su debito subordinato
168
ROE
17%
26%
TABELLA 3.4.
ATTIVO
PASSIVO
Debito = 400
Totale attivo = 500
Capitale = 100
TABELLA 3.5.
VALORI DI LIQUIDAZIONE
200
Valori di realizzo dei creditori
200 = 50%
Valori di realizzo degli azionisti
0
300
400
300 = 75% 400 = 100%
0
0
TABELLA 3.6.
ATTIVO
PASSIVO
169
Debito = 400
600
Debito subordinato = 100
Mezzi propri = 100
TABELLA 3.7.
VALORE DI LIQUIDAZIONE
VALORE
DI
REALIZZO
DEI
CREDITORI SENIOR
VALORE
DI
REALIZZO
DEI
CREDITORI JUNIOR
VALORE
DI
REALIZZO
DEGLI
AZIONISTI
240 = 40%
360 = 60%
480 = 80%
240 = 60%
360 = 90% 400 = 100%
0
0
80 = 80%
0
0
0
TABELLA 3.8.
VALORI DI LIQUIDAZIONE
240 = 40% 360 = 60% 480 = 80%
Valore di realizzo dei ereditari
240 = 48% 360 = 72% 480 = 96%
Valore di realizzo degli azionisti
0
0
0
170
GLOSSARIO
Azioni correlate
Nuovi strumenti finanziari, previsti dalla riforma del diritto societario (d.
lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) al fine di consentire alle società per azioni più
facile accesso a fonti di finanziamento. Le azioni correlate forniscono un
rendimento correlato all’andamento di uno solo dei settori di attività in cui è
impegnata la società. Si tratta di uno strumento, nato nei mercati finanziari
anglosassoni (tracking shares) per consentire al mercato di investire su
progetti con uno specifico profilo di rischio-rendimento. L’emissione di
questo tipo di azioni presuppone l’esistenza di patrimoni distinti (business
groups) soltanto a fini interni alla società; i business groups, infatti,
rientrano nel patrimonio generale dell’ente e i portatori di tracking shares
possono essere solo beneficiari di un diritto di prelazione sugli stessi. Le
azioni correlate rappresentano uno strumento analogo a quello previsto per i
finanziamenti di uno specifico affare (art. 2447-bis cod. civ.). A differenza
di quest’ultimo, tuttavia, non si realizza un’autonomia sotto il profilo
patrimoniale dei proventi dell’affare; difatti, non possono essere pagati
dividendi ai possessori di azioni correlate, se non nei limiti degli utili
risultanti dal bilancio della società. Fonti: art. 2350, 2° e 3° c., cod. civ.
URL:http://www.ia.net.au/publications/fulltext/virtualflotations.pdf
http://www.estig.ipbeja.pt/~ac_direito/Ferrarini4a.pdf
http://www2.bc.edu/~chemmanu/paper/tracking.pdf
171
Buy back
Riacquisto di azioni proprie da parte della società target. Utilizzato anche
per definire il riacquisto delle azioni possedute dal venture capitalist da
parte del gruppo imprenditoriale originario.
Covenant
Clausola tipica dei contratti creditizi a medio e lungo termine, con la quale
l’impresa debitrice si impegna a non porre in essere situazioni che
potrebbero pregiudicare l’ente finanziatore o comunque accrescere il rischio
di default, riconoscendo generalmente al finanziatore il diritto di
rinegoziare o revocare il credito, qualora le condizioni contenute nella
clausola siano violate. Ciò può verificarsi, a seconda di quanto previsto
nella clausola, quando l’impresa debitrice consegua risultati economici e
finanziari non soddisfacenti rispetto alle previsioni fornite al finanziatore,
ovvero quando la medesima impresa compia atti gestionali tali da
pregiudicare l’interesse del finanziatore, o comunque da alterare il profilo di
rischio rispetto all’assunzione della delibera di affidamento.I covenants di
bilancio sono quelli più frequentemente utilizzati. In tal caso, la clausola si
basa sui bilanci d’esercizio o sui bilanci consolidati, solitamente facendo
riferimento alla serie storica delle principali grandezze economicofinanziarie dell’impresa affidata e mettendo “paletti”, affinché la struttura
patrimoniale e quella finanziaria di tale impresa restino sempre compatibili
con il nuovo volume di debiti da essa assunti.Tra i covenants di bilancio si
segnalano quelli che prevedono a carico dell’impresa finanziata l’impegno a
mantenere per tutta la durata del finanziamento: a) un importo di capitale
172
netto contabile non inferiore ad un minimo stabilito; b) l’indebitamento
totale entro un determinato limite rispetto al capitale netto; c) l’indicatore di
liquidità corrente non inferiore ad un minimo stabilito; d) gli oneri
finanziari entro una percentuale di fatturato. Finora in Italia i covenants
hanno trovato scarsa applicazione, ma iniziano a diffondersi soprattutto
quando nelle operazioni di finanziamento intervengono operatori stranieri.
Covered bonds
Strumenti finanziari che riconoscono all’investitore un privilegio su una
porzione
dell’attivo
dell’emittente
rappresentata,
in
genere,
da
finanziamenti immobiliari o da crediti verso il settore pubblico (Stato, enti
pubblici locali). Tali titoli si sono originariamente sviluppati in Germania
(Pfandbriefe), ma strumenti analoghi sono stati introdotti anche in Francia
(obligations foncières) e in Spagna (cedulas ipotecarias); nell’ordinamento
italiano non esiste una disciplina specifica (tuttavia, è allo studio, anche in
relazione alla progettata riforma della Cassa Depositi e Prestiti, un disegno
di legge). L’emissione di questi strumenti finanziari è particolarmente
vantaggiosa per gli intermediari bancari, siccome tali titoli beneficiano di
un trattamento preferenziale in termini di regolamentazione prudenziale e
soddisfano le condizioni richieste dal Sistema europeo delle banche centrali
per l’inserimento nella lista delle attività idonee come garanzia per le
operazioni di politica monetaria dell’Eurosistema.
URL: http://www.hypverband.de/hypverband
173
Cash flow
Flussi di cassa monetari derivanti da attività di impresa, che naturalmente
possono essere positivi o negativi.
Closing
Momento della conclusione di un'operazione di investimento, generalmente
coincidente con la girata delle azioni della società acquisita e il conseguente
versamento del prezzo di acquisto da parte dell'investitore.
Corporate governance
Insieme delle regole che definiscono i comportamenti da rispettare per il
governo dell'impresa e i rapporti tra gli azionisti e il management.
Corporate venturing
Attività di venture capital promossa e realizzata da gruppi industriali con
l'obiettivo di acquisire partecipazioni in aziende sinergiche, sotto il profilo
strategico, tecnologico o commerciale, con l'attività svolta dalla capogruppo.
Cluster venture
Operazione di investimento finalizzata al raggruppamento (cluster) di più
società operative indipendenti, integrabili verticalmente od orizzontalmente,
e caratterizzate da similitudini in termini di prodotti, mercati e tecnologie.
174
Debito subordinato
Finanziamento a titolo di capitale di debito, definito anche junior debt, il
cui rimborso è subordinato al preventivo rimborso di altre forme di debito
(definite senior).
Debito senior
Capitale di debito di tipo tradizionale, il cui rimborso è privilegiato rispetto
a tutte le altre forme di finanziamento e la cui remunerazione è correlata ad
un tasso di interesse, fisso o variabile, definito al momento dell'erogazione
del finanziamento.
Equity
Nel linguaggio economico-finanziario il termine è utilizzato per indicare i
mezzi propri di una azienda, ovvero il valore netto posseduto dagli azionisti
di una società, dopo che sono stati soddisfatti tutti i debitori. L’equity si
calcola sottraendo al totale delle attività l’ammontare complessivo delle
passività ed esprime perciò l’entità del capitale di rischio a disposizione
dell’impresa, in alternativa al capitale di credito, ottenibile con
finanziamenti creditizi da parte dei soci o dei terzi. Con l’attività di private
equity gli investitori istituzionali apportano capitale di rischio in imprese
non quotate effettuando un investimento a medio o lungo termine, con
l’obiettivo di realizzare un elevato guadagno (capital gain), al momento in
cui la partecipazione è smobilizzata con la cessione della partecipazione
agli altri soci dell’iniziativa, secondo un accordo raggiunto con loro fin
dall’inizio dell’operazione, ovvero a terzi, sovente attraverso la quotazione
in borsa della società partecipata. Nell’ambito della private equity, si
distingue solitamente l’attività di venture capital, che riguarda l’apporto di
175
capitale in imprese nella fase di avvio o di rilancio. Nel finanziamento di
un’impresa l’equity si contrappone al capitale di credito (c.d. debito senior);
in posizione intermedia in termini di rischio si trova, invece, il debito
mezzanino (mezzanine finance).
Nei rapporti con gli intermediari in titoli, il termine equity viene impiegato
per definire il saldo del valore dei titolo posseduti dal patrimonio del
cliente, che è calcolato sottraendo dal totale dei titoli presenti in portafoglio
il valore di quelli che sono stati acquistati per mezzo di capitale, ottenuto
dando in garanzia gli stessi titoli Nella pratica degli affari si parla anche di
brand equity, per indicare il patrimonio di marca.
In un diverso ed originario significato (del quale quello sopra indicato
costituisce una accezione nell’ambito delle partecipazioni sociali e degli
investimenti) nel linguaggio giuridico dei paesi di common law l’equity
indica il complesso di regole giurisprudenziali che costituiscono norme
complementari ed integrative della common law; la giurisdizione dell’equity
ha sempre riguardato solo il diritto civile e non è mai intervenuta in materia
penale. Tale corpo di regole si formarono in Inghilterra entro le particolari
corti di equity, che rappresentavano, a quel tempo, giurisdizione parallela e
concorrente con quella delle corti reali. Essa costituisce una fonte di diritto
particolare all’ordinamento inglese ed ai sistemi che ad esso si ispirano,
priva di equivalenza nella civil law. La differenza più importante tra i diritti
riconosciuti dalla common law e quelli ammessi dall’equity riguarda
l’opponibilità ai terzi: mentre i legal right sono opponibili a qualsiasi terzo,
gli equitable right sono limitati ai rapporti con le parti e sono inopponibili
ai terzi in buona fede.
176
Equity kicker
Premio dato a particolari categorie di finanziatori a titolo di capitale di
debito, che consiste nella possibilità di partecipazione a quote, minoritarie,
di capitale di rischio.
URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html
Fair value
Criterio di valutazione degli strumenti finanziari in bilancio, secondo un
principio di contabilità internazionale (IAS 39), adottato dallo IASC
(International Accounting Standards Committee), organismo privato che
svolge attività di autoregolamentazione nella materia. Il “fair value”
corrisponde, nel caso di strumenti quotati, al valore di mercato; negli altri
casi occorre fare riferimento al valore di mercato di strumenti analoghi, ove
esistenti, oppure a un valore stimato in base ai modelli generalmente
utilizzati sul mercato. Una recente disposizione comunitaria impone
l’utilizzo di questo criterio per la valutazione di tutti gli strumenti finanziari
in bilancio, ad eccezione dei titoli detenuti fino a scadenza (held-to-maturity
investments), dei crediti erogati direttamente dall’impresa che redige il
bilancio (originated loans), delle partecipazioni in società controllate in
modo esclusivo o congiunto e in quelle collegate, nonché delle passività
diverse da quelle di trading.
Più in generale, il regolamento CE 19 luglio 2002, n. 1606/02, impone alle
società tenute alla redazione del bilancio consolidato (e, se previsto dalla
legge nazionale, anche alle altre società per azioni) di seguire tutti i princìpi
IAS a partire dal 2005. Da ultimo, il d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in
177
attuazione della riforma del diritto societario, dispone che nella nota
integrativa al bilancio d’esercizio si debba fare riferimento, per le riduzioni
di valore delle immobilizzazioni immateriali di durata indeterminata, al loro
valore di mercato (art. 2427, n. 3-bis, nuovo testo). Fonti: direttiva
2001/65/CE, che ha modificato le norme europee in materia di bilanci
individuali e consolidati (direttive 78/660/CEE, 83/349/CEE e 86/635/CEE)
URL:http://www.iasc.org.uk/cmt/0001.asp;
http://www.europa.eu.int/eur-lex/it/index.html
Funding
Processo di raccolta dei capitali che può essere riferito sia alla ricerca delle
fonti finanziarie da parte di un fondo di venture capital, per lo svolgimento
della propria attività di investimento, che alla ricerca, da parte di un
imprenditore, o aspirante tale, di capitale di rischio presso il mercato degli
investitori istituzionali.
Golden share
Azione societaria con speciale diritto di veto nelle decisioni societarie.
Azione simbolica, generalmente posseduta dallo Stato che, come da statuto
o da legge, attribuisce diritti particolari, come il gradimento per acquisti di
pacchetti azionari rilevanti, il veto su alcune decisioni strategiche, la
nomina della maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione.
178
Holding period (regola di)
Periodo minimo di tempo nella detenzione di uno strumento finanziario,
periodo trascorso il quale il possessore può esercitare determinati diritti
ovvero può alienare il titolo senza subire determinati effetti. Il periodo
minimo di tempo intercorrente tra l’acquisto e la vendita di un titolo
costituisce una regola legislativa o convenzionale in varie situazioni. Negli
Stati Uniti l’holding period è previsto nella rule 144 della SEC: l’investitore
professionale che sottoscriva titoli emessi dalle società o acquisti titoli al di
fuori dei mercati regolamentati può cederli a privati soltanto dopo avere
tenuto in portafoglio quei titoli per almeno un anno. Nel nostro ordinamento
si discute se introdurre una regola analoga a tutela dei risparmiatori per
l’immissione di bond nel mercato, senza che vi sia stata una sollecitazione
pubblica e, quindi, senza che sia stato predisposto il prospetto informativo;
una alternativa, forse troppo penalizzante per gli investitori professionali, a
tale regola è quella di imporre all’investitore cedente la garanzia per la
solvenza dell'emittente (così è previsto nelle società per azioni dall’art.
2412, 2° comma, cod. civ. per l’emissione di obbligazioni eccedenti il
doppio del patrimonio netto; nonché nelle società a responsabilità limitata
dall’art. 2483 per l’emissione di titoli di debito). Ai fini tributari un holding
period è previsto come requisito per beneficiare di un speciale regime
fiscale circa i dividendi distribuiti da società. Un periodo minimo di
detenzione è talvolta previsto nei piani di stock option a favore di
dipendenti o amministratori di società, con il divieto di alienazione, per un
determinato lasso di tempo, delle azioni loro attribuite.
URL: http://www.sec.gov/investor/pubs/rule144.htm
179
IAS (International Accounting Standard)
Per principi contabili internazionali si intendono, ai sensi del Regolamento
CE 1606/2002, gli International Accounting Standard (IAS), gli
International Financial Reporting Standard (IFRS) e le relative
Interpretazioni (SIC/IFRIC), le successive modifiche di detti principi e le
relative interpretazioni, i principi e le relative interpretazioni (denominate
Standing interpretations committee: SIC), che saranno emessi o adottati in
futuro
dall’International
Accounting
Standard
Board
(IASB).
Il
procedimento di revisione è stato ultimato dallo IASB nel corso del 2004.
Gli IAS intendono armonizzare le informazioni contabili fornite dalle
società (specie quotate) allo scopo di garantire un elevato livello di
trasparenza e comparabilità dei bilanci e, conseguentemente, un efficiente
funzionamento del mercato comunitario dei capitali e del mercato interno.
In Italia il decreto legislativo n. 38 del 2005 ha recepito la disciplina
comunitaria, disponendo l’applicazione degli IAS ai bilanci d’esercizio
(obbligatoriamente per i bilanci decorrenti dal 1° gennaio 2006) di società
quotate, società aventi strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura
rilevante, banche ed intermediari finanziari sottoposti a vigilanza da parte
della Banca d’Italia. Per i bilanci consolidati, invece, è prevista
l’applicazione obbligatoria degli IAS per i soggetti sopra indicati sin
dall’esercizio 2005. Un autonomo regime è, invece, stabilito per le società
assicurative. Per le società diverse da quelle sopra indicate e diverse, altresì,
da quelle che possono redigere il bilancio in forma abbreviata ex art. 2435bis del cod. civ., è prevista la facoltà di redigere il bilancio d’esercizio
conformemente agli IAS (i) a partire dall’esercizio 2005, nel caso in cui
queste siano incluse in un bilancio consolidato redatto secondo i principi
contabili internazionali ovvero optino per l’applicazione dei medesimi
180
principi per la redazione del proprio bilancio consolidato e (ii) a partire
dall’esercizio che sarà individuato con decreto interministeriale, negli altri
casi. Il decreto legislativo introduce, tra l’altro, specifici limiti alla
distribuzione delle poste del patrimonio netto e degli utili alimentati con le
rivalutazioni derivanti dall’applicazione del richiamato metodo del fair
value. I criteri guida sono essenzialmente due: da un lato, quello di
mantenere anche per le società che adottano gli IAS il principio di
derivazione dell’imponibile dalle risultanze di bilancio e, dall’altro,
compatibilmente con questo principio, il mantenimento della neutralità
dell’imposizione tra tali imprese che redigono il bilancio con gli IAS e
quelle che continuano ad applicare i principi nazionali. L’entrata in vigore
della disciplina IAS ha comportato l’adozione di provvedimenti della
Consob (Delibera n. 14990 del 14 aprile 2005, modificativa del
Regolamento Emittenti), con nuove disposizioni in materia di informativa
infrannuale, nonchè la possibilità, per le società quotate, di pubblicare la
prima relazione trimestrale IAS/IFRS entro 75 giorni dalla fine del primo
trimestre, rispetto al termine ordinario di 45 giorni.
Fonti: Regolamento CE 19 luglio 2002, n. 1606; Regolamento CE 29
settembre 2003, n. 1725; Regolamento 19 novembre 2004, n. 2086;
Regolamento CE 29 dicembre 2004, n. 2236; Regolamento CE 29 dicembre
2004, n. 2237; Regolamento CE 29 dicembre 2004, n. 2238 Direttiva CE n.
2001/65; Direttiva CE n. 2003/51 D. lgs. 28 febbraio 2005, n. 38 (Gu n. 66
del 21 marzo 2005); Consob. Regolamento Emittenti modificato con
Delibera 14 aprile 2005, n. 14490
181
Leveraged buy-out (LBO)
Operazione (in realtà, una pluralità di operazioni) volta ad acquisire il
controllo di una società (target), utilizzando la leva finanziaria e ricorrendo
ai flussi di cassa (ovvero alla cessione di assets) della società acquisita per
rimborsare i capitali necessari per la stessa operazione ed i relativi interessi.
Si parla di management buy-out quando l’operazione è condotta dai
managers della società da acquisire allo scopo di migliorare, divenuti essi
proprietari del capitale di comando, la gestione e la redditività della stessa
società. Il leveraged buy-out si realizza solitamente attraverso varie fasi:
costituzione di una apposita società (NewCo), la quale raccoglie i mezzi
finanziari occorrenti e, una volta acquisito il controllo della target, si fonde
con la NewCo, in modo che i propri debiti siano adempiuti dalla società
risultante dalla fusione e, quindi, con il patrimonio e con l’attività
originariamente della target. Poiché nel nostro ordinamento non è
consentito che una società finanzi o garantisca l’acquisto delle proprie
azioni (art. 2358 cod. civ., divieto sanzionato penalmente), si è dubitato
circa la legittimità di tale operazione (vedi, in particolare, Cass. pen., 4
febbraio 2000, n. 5503); tali dubbi sono totalmente fugati dalla riforma del
diritto societario (art. 7 della legge 3 ottobre 2001, n. 366; d. lgs. 17 gennaio
2003, n. 6), che, introducendo il nuovo l’art. 2501-bis cod. civ. ha prescritto
una maggiore trasparenza per tale operazione (il progetto di fusione deve
indicare le risorse finanziarie previste per soddisfare le obbligazioni della
società risultante dell’operazione, con specifiche indicazioni nella relazione
degli amministratori e degli esperti). Fonti: art. 2501-bis cod. civ., nel
nuovo testo introdotto dal d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6
182
Management buy-out (MBO)
Operazioni di acquisizione di un'impresa al termine della quale la proprietà
risulta distribuita tra un gruppo di manager interni alla stessa. Nel caso in
cui l'operazione avviene con l'utilizzo prevalente di capitale di debito, si
definisce Management leveraged buy-out (MLBO)
URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html
Merger laveraged buy-out (MBO)
Sotto l’etichetta del LBO sono riconducibili operazioni di acquisizione
differenti tra loro, sia per la struttura finanziaria sia per le forme giuridiche
attraverso le quali l’acquisizione viene perfezionata. La forma più
impiegata di LBO, che tra l’altro è quella tipizzata dal legislatore, è la cd.
merger laveraged buyout (MBO) che si realizza attraverso un procedimento
di fusione per incorporazione della società target nella newco (forward
merger) o viceversa (reverse merger). Il debito contratto dalla società
acquirente al fine di dar corso all’acquisizione viene garantito, in un primo
tempo, con pegno sulle azioni della target e, successivamente alla fusione,
con la costituzione di garanzie reali sui beni del patrimonio già appartenuto
alla società target ed ormai ridotto ad unità con il patrimonio della Newco; il
debito, inoltre, viene rimborsato utilizzando i flussi di cassa (cash flow)
prodotti dall’impresa della società bersaglio e/o alienando cespiti aziendali,
non strategici, di proprietà di quest’ultima.
183
Opzione put
Diritto a vendere le azioni dell'impresa a condizioni prefissate, ad una certa
data, oppure al verificarsi di determinati eventi.
URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html
Opzione call
Diritto ad acquistare le azioni dell'impresa a condizioni prefissate, ad una
certa data, oppure al verificarsi di determinati eventi.
URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html
Portfolio company
Impresa presente nel portafoglio di un operatore di venture capital.
Prestito Obbligazionario Convertibile (POC)
Emissione di obbligazioni che garantisce ai possessori dei titoli la
possibilità, entro una certa data, ovvero ad una determinata scadenza, di
convertire gli stessi in azioni della medesima società.
Preference shares
Strumenti finanziari con caratteristiche, sia dei titoli di credito, sia dei titoli
di rischio; più precisamente, essi prevedono una remunerazione, in misura
fissa o variabile, in correlazione al valore nominale dei titoli, subordinata
alla circostanza che la società emittente abbia prodotto utili nell’anno
precedente alla data del pagamento degli interessi. Le preference shares
184
prevedono la postergazione nel rimborso del capitale e sono prive di diritti
amministrativi.
URL:http://www.bancaditalia.it
(percorso:pubblicazioni/vigilanza/istruzioni di vigilanza per le banche/titolo
IV, cap. 1, § 3)
Prestito Obbligazionario Convertibile (POC)
Emissione di obbligazioni che garantisce ai possessori dei titoli la
possibilità, entro una certa data, ovvero ad una determinata scadenza, di
convertire gli stessi in azioni della medesima società.
URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html
Private equity
Termine utilizzato più frequentemente per indicare, in modo generale, "il
mestiere" dell'investitore nel capitale di rischio, facendo specifico
riferimento alle operazioni di investimento realizzate in fasi del ciclo di vita
delle aziende successive a quella iniziale.
URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html
Price on earning
Multiplo borsistico derivante dal rapporto tra il valore della capitalizzazione
di Borsa di un'impresa e il suo risultato netto.
185
Private equity
Termine utilizzato più frequentemente per indicare, in modo generale, "il
mestiere" dell'investitore nel capitale di rischio, facendo specifico
riferimento alle operazioni di investimento realizzate in fasi del ciclo di vita
delle aziende successive a quella iniziale
Project financing
Operazione complessa, nata nei paesi di common law, consistente nella
copertura finanziaria di un progetto imprenditoriale (frequentemente
infrastrutture nel settore delle opere pubbliche) sulla base delle prospettive
di reddito e sui flussi di cassa attesi dalla specifica iniziativa; essa è
realizzata attraverso più contratti collegati. All’operazione partecipa,
normalmente, una banca (arranger) che organizza il prestito (reperisce i
fondi sul mercato assicurando comunque la sottoscrizione diretta di un certo
ammontare); i termini e le condizioni del finanziamento sono stabiliti nel
term sheet. La banca, inoltre, effettua l’analisi dei costi, dei ricavi del
progetto, della ripartizione dei rischi (information memorandum). Il
finanziamento avviene mediante l’apporto di fondi assimilabili a capitale
proprio (prestiti o anticipazioni a rimborso subordinato), ovvero mediante
capitale di debito (finanziamenti tradizionali con priorità di rimborso che
possono essere con o senza garanzia reale). Regole particolari, specie con
riguardo al piano economico e finanziario, sono previste per le operazioni
realizzate nell’ambito di lavori pubblici. Fonti: legge 11 febbraio 1994, n.
109, art. 37-bis
URL: http://www.autoritalavoripubblici.it/del/det51.html
186
Recovery ratio
Tasso o percentuale del credito recuperato nei confronti di un’impresa
debitrice, che sia assoggettata ad una procedura concorsuale. Poiché a
seconda del credito ovvero a seconda della classe in cui il credito, nei
concordati preventivi o fallimentari, è compreso, la percentuale di recupero
può essere diversa, i recovery ratios indicano in quale misura ciascun tipo
di credito è recuperato. Qualora il credito verso una società in procedura
concorsuale
(concordato
preventivo,
fallimento
o
amministrazione
straordinaria) sia soddisfatto mediante conversione del credito di capitale di
rischio (tale possibilità è ora espressamente prevista dall’art. 160, 1°
comma, legge fall.), recovery ratio indica il rapporto di conversione del
credito in capitale. Per il concordato della Parmalat in amministrazione
straordinaria nel programma di ristrutturazione del gruppo sono stati
indicati i recovery ratios per ciascun tipo di credito e per ciascuna società
debitrice.
URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html
Senior Debt
Capitale di debito di tipo tradizionale, il cui rimborso è privilegiato rispetto
a tutte le altre forme di finanziamento e la cui remunerazione è correlata ad
un tasso di interesse, fisso o variabile, definito al momento dell'erogazione
del finanziamento.
URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html
187
Start up
Investimento finalizzato all'avvio di un'attività imprenditoriale, quando non
si conosce ancora la validità commerciale del prodotto/servizio, ma esiste
già almeno un prototipo.
URL: http://www.aifi.it/Capitale/Home.html
Stock options
Le stock options (e, più precisamente, i piani di stock options) costituiscono
modi con cui una società remunera i propri amministratori (ovvero dirigenti
o altri dipendenti), concedendo loro opzioni per il futuro acquisto o
sottoscrizione di azioni della stessa società ad una determinata data (entro
tale periodo di tempo, c.d. vesting period, la società può comunque
deliberare nuovi aumenti di capitale) e ad un prezzo prestabilito (se le
azioni sono attribuite a titolo gratuito si parla di stock grant). Esse
costituiscono perciò forme retributive (normalmente aggiuntive a quelle
tradizionali), a carattere incentivante, essendo i beneficiari di tali piani
(amministratori, dirigenti o altri dipendenti) stimolati a contribuire alla
crescita di valore delle azioni, in modo da poterle acquistare o sottoscrivere
ad un prezzo inferiore al loro valore di mercato (è possibile che ne sia
vietata l’alienazione per un determinato periodo di tempo, c. d. holding
period). Per lo stock granting a favore dei dipendenti la Consob ha ritenuto
necessaria una deliberazione dell’assemblea, trattandosi di utilizzazione
degli utili, con effetti solo sul patrimonio netto e non sul conto economico
dell’esercizio (comunicazione Consob 30 luglio 2002, n. 2053725). Diversi
188
dai piani di stock options sono i management by objectives-MBO, compensi
aggiuntivi (bonus, solitamente annuali) che una società si impegna a
corrispondere ai propri dirigenti o amministratori, nel caso in cui essi
raggiungano determinati obiettivi nello svolgimento del loro incarico.Le
stock options sono disciplinate, sotto il profilo fiscale, dal TUIR (che
distingue i piani rivolti alla generalità dei dipendenti ed i piani per singole
categorie di dipendenti o singoli dipendenti) e sono ora previste dalla
riforma del diritto societario. Per le società quotate in borsa devono essere
indicati nella nota integrativa al bilancio i compensi corrisposti agli
amministratori, compresi i piani di stock options. Fonti: art. 48, 2° comma,
lettere g) e g-bis) del TUIR-D.P.R. n. 917/1986; art. 2389, 2° c., cod. civ.
(nel testo introdotto dal d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) Consob, delibera n.
13613/2002; comunicazione n. 2053725/2002
URL: www.borsaitalia,it
Strumenti finanziari partecipativi
Nuovo strumento finanziario, introdotto accanto alle azioni nella nuova
disciplina della società per azioni, nell’ottica di favorire la diversificazione
delle fonti di finanziamento della società, rimettendo allo statuto le modalità
e le condizione di emissione. Tali strumenti possono attribuire diritti
patrimoniali o anche amministrativi, ma mai il diritto di voto nell’assemblea
generale degli azionisti. Gli strumenti finanziari partecipativo sono titoli
emessi a fronte di apporti che non costituiscono conferimenti al capitale
della società e, quindi, non sono rappresentativi di una quota del capitale
della società; su tale presupposto viene consentito che l’apporto consista
anche in opera o servizi prestati da soci o terzi. La natura giuridica degli
189
strumenti finanziari partecipativi è incerta, atteso che essi si pongono lungo
una linea di confine (resa più labile dalle novità introdotte con la riforma
societaria) tra titoli di rischio e titoli di debito; la legge, inoltre, rimanda agli
statuti il compito di definire elementi necessari ai fini di comprendere
questa distinzione come quelli relativi ai diritti patrimoniali. Gli strumenti
finanziari in discorso, peraltro, appaiono più affini alle azioni per la
possibilità di attribuire ai portatori alcuni diritti di partecipazione alla vita
societaria e soprattutto di controllo sulla gestione (l’art. 2351, 5° comma,
prevede che lo statuto possa riservare agli strumenti finanziari partecipativi
la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione
o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco), tipicamente esclusi per gli
obbligazionisti Fonti: art. 2346, 6° comma, cod. civ.
URL:http://www.fondazionelucapacioli.it
http://www.assogestioni.it/pdf/ArticoloNotari.pdf
VaR (Value at Risk)
Negli investimenti finanziari il VaR indica la misura del rischio rispetto al
capitale investito, ossia quale sarà, in un determinato arco di tempo
(orizzonte temporale del VaR) e secondo un livello predefinito di
probabilità (livello di confidenza, solitamente molto elevato, ad es. il 95%)
il valore minimo del capitale investito. Invece, lo scostamento massimo del
rendimento è indicato dal Rendiment at Risk (RaR). Il VaR è un indicatore
di rischio molto utilizzato dagli operatori finanziari e dagli analisti, siccome
consente di confrontare il rischio di prodotti finanziari molto diversi tra
loro. Di recente la Consob ha consentito alle SGR di indicare nei contratti
di gestioni patrimoniali c.d. flessibili, invece del benchmarck, un indicatore
del livello di rischio massimo che l’investitore è disposto a sopportare, ossia
190
il VaR. In tal caso, il prospetto periodico della gestione dovrà riportare “una
misura di rischio ex post coerente con il parametro di rischio indicato nel
contratto” (Notiziario Consob, 21 novembre 2005, n. 46 Fonti: art. 50 del
regolamento Consob sugli intermediari (delibera 1° luglio 1998, n. 11522 e
successive modificazioni)
Venture capital
Finanziamento, con apporto di capitale di rischio (il venture capital
costituisce perciò un tipo di private equity), a imprese medie-piccole o che
generano utili dopo un lungo periodo di tempo. Il finanziamento viene
realizzato attraverso l’acquisto di una partecipazione azionaria (o
obbligazioni convertibili), in molti casi effettuato da un fondo chiuso, al cui
capitale partecipano intermediari finanziari, investitori privati e fondi
pensione.Il contratto tra il venture capitalist e l’impresa prevede
normalmente lo staging: i fondi necessari per realizzare il progetto
imprenditoriale vengono erogati in fasi successive, a condizione che
determinati obiettivi reddituali e di crescita siano stati raggiunti. Ai
finanziatori sono attribuiti poteri di controllo sulla gestione dell’impresa,
normalmente, attraverso la assegnazione di un certo numero di posti nel
consiglio di amministrazione (è abbastanza comune che i fondatori
dell’iniziativa e gli investitori esterni abbiano un uguale numero di posti; in
caso di controversie, un ruolo determinante è svolto dagli altri componenti
l’organo amministrativo). Fonti: d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 96 URL:
www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Regolament/Intermedia
191
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Galletti, «elasticità» della fattispecie obbligazionaria
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M.Notari,”Azioni e strumenti fianziari:confini delle fattispecie e profili di
disciplina”,in Banca,Borsa tit.cred.2004
Luigi Arcuti “Strumenti Finanziai innovativi e profili di Rischio” Gruppo
IMI edizioni Il Sole 24 Ore
”Strumenti finanziari innovativi” a cura di Ranier S. Masera e Marcello
Mentini, Finanza ed industria collana IMI-Il Sole 24 Ore Libri
193
“Corporate & Investment Banking” a cura di Giancarlo Forestieri Egea
editrice
“Struttura finanziaria e governo nelle società di capitali.Le prospettive di
riforma”. Di Lamadini Marco Ediz. Il Mulino 2003 pag 103 e ss.
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Materiale gentilmente fornito via e-mail dal prof. Giancarlo Foresteri
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