DIZIONARIO FILOSOFICO In ordine Alfabetico Abitudine Aforisma Alienazione Anima Anima del mondo Antropomorfismo Apollineo-dionisiaco Aporia Archè Asserto-base Assioma Assoluto Atarassia Ateismo Atomismo Base empirica Capitalismo Comunismo Contraddizione Creazione Deduzione Deismo Dialettica Distopia Edonismo Epistemologia Epochè Esperimento Espiazione Esplicito Esponibile Esposizione Essenziale Essenzialismo Eterno ritorno Falsificabilità Fenomeno Filosofia Forze produttive Giudizio Idea Imperativo Induzione Intellettualismo etico Io penso Iperuranio Ipotesi Ironia Logos Maieutica Materia-forma Metafisica Metempsicosi Miseria dello storicismo Monade Morale Necessità Nichilismo Noumeno Olismo Ontologia Organismo Panteismo Pensiero Debole Percezione estetica Pessimismo Phusis Plusvalore Predestinazione Programma di ricerca metafisica Potenza-atto Proletariato Ragione Rapporti di produzione Retorica Risentimento Sillogismo Società aperta Sovrastruttura Spirito Struttura Superamento Superuomo Teismo Teodicea Teoria scientifica Trascendentale Utopia Verificazione ABITUDINE Dal latino habitudo , traduzione del greco : indica il meccanismo psicologico in base al quale l'uniforme ripetizione di determinati atti o determinate esperienze rende più facile l'esecuzione degli stessi comportamenti e più probabile l'aspettativa degli stessi avvenimenti. Il concetto è diffuso nella filosofia moderna specialmente da Hume, che lo collega alla sua concezione associazionistica della conoscenza. Accanto a questa valenza psicologica, nel pensiero novecentesco la nozione di abitudine viene ripresa in chiave metafisica nell'ambito dello spiritualismo. Bergson distingue tra la memoria pura, che coincide con la durata reale della coscienza, e la memoria-abitudine, che rappresenta invece la funzione biologica attraverso cui alcuni contenuti della prima forma di memoria vengono riportati alla superficie traducendosi in atti ripetitivi. AFORISMA Dal greco , "ciò che è delimitato": termine usato originariamente per indicare le brevi formule, nelle quali erano compendiati i precetti estrapolati dagli scritti di medicina attribuiti ad Ippocrate. Di qui il termine è stato esteso a significare ogni proposizione che espone in forma concisa un insegnamento o una massima. ALIENAZIONE Il termine (che in ambito giuridico designa il cedere un possesso ad un'altra persona) fa la sua comparsa sullo scenario filosofico nel seicento, con il maturare delle filosofie politiche; in particolare, si parla di alienazione quando un gruppo di uomini cede (aliena) parte dei propri diretti per costituire una società civile. Il termine viene stravolto nel suo significato da Hegel: "alienazione" significa smarrimento della propria essenza (spirituale) nella materia; in particolare è il lavoro materiale che fa sì' che l'uomo smarrisca la propria essenza spirituale nella materia, con la conseguenza che per Hegel il lavoro è alienante. Con Marx la parola si colora di nuovi significati: è' l a riduzione a oggetto del lavoratore salariato nell'ambito della società capitalistica. Secondo i Manoscritti , l'operaio è alienato rispetto: 1. al prodotto della sua attività; 2. alla sua stessa attività orientata a fini estranei; 3. alla sua essenza libera e creativa; 4. al prossimo col quale entra in rapporti di conflitto. Per Marx (ispirato, a differenza di Hegel, da un marcato materialismo) il lavoro in sé non è alienante, ma è anzi l'attività in cui meglio si realizza l'uomo, che riesce così ad estendere il proprio dominio alla natura; il lavoro diventa alienante quando si presenta come sfruttamento (e questo avviene nel regime capitalistico), quando cioè il frutto del lavoro viene brutalmente strappato all'operaio. ANIMA Con questo termine (in greco ) si indica convenzionalmente il principio dell’attività cosciente dell’uomo e, più in generale, il principio della vita di ogni vivente. PLATONE intende l’anima come un principio di natura diversa dai corpi, affine al mondo delle idee, preesistente al corpo e immortale. Stessa concezione hanno i padri della Chiesa, in particolare AGOSTINO che la definisce una sostanza dotata di ragione e destinata a reggere il corpo. L’anima è quindi indipendente dal corpo e non muore con esso, ma continua a vivere nell’attesa di ricongiungersi ad esso dopo la resurrezione. ARISTOTELE invece intende l’anima come del corpo, ossia come principio che lo specifica e lo determina, dandogli anche vita e presiedendo alle sue funzioni. L’anima si distinguerà dunque in: vegetativa (presiede alla generazione, nutrizione e crescita), sensitiva (presiede all’attività sensitiva e al movimento) e intellettiva o razionale (presiede alla conoscenza e alla scelta). Le tre anime più che separate sono distinte, ma se ARISTOTELE risolve il problema del dualismo dell’uomo, ne pone un altro: in che rapporto sta l’anima intellettiva con le altre? L’intelletto è il principio per cui l’uomo conosce e riflette ed è per natura immortale e divino, ma non è chiaro se sia individuale o no e in che rapporti stia con le parti sensibili. Alcuni aristotelici sottolineano la strettissima unione tra corpo e anima e negano perciò l’immortalità dell’anima del singolo uomo (ALESSANDRO D’AFRODISIA, AVERROÈ), altri rivendicano l’immortalità personale (AVICENNA). TOMMASO D’AQUINO, nella sua sistemazione di tutta la dottrina aristotelica, definisce l’anima l’unica forma sostanziale dell’uomo e l’unico principio del suo essere. L’anima intellettiva è perfetta e può assolvere anche le funzioni di quella sensitiva e vegetativa, che pertanto non esistono. L’anima, inoltre, è anche una sostanza spirituale ed è sussistente, perciò immortale rispetto al corpo. Nel RINASCIMENTO emergono due posizioni antagoniste: i PLATONICI sostengono la spiritualità e l’immortalità dell’anima, gli ARISTOTELICI la negano. Nella filosofia moderna abbiamo un rinnovato dualismo CARTESIO parla di corpo-res extensa e anima-res cogitans, principi separati che agiscono e sussistono indipendentemente l’una dall’altra. HUME critica questo dualismo parlando dell’anima come un fascio di fatti o eventi psichici in perpetuo movimento o flusso. Nel novecento si è spesso parlato dell’anima come di un principio vitale, non puramente spirituale-razionale ma inconsapevole. ANIMA DEL MONDO Nozione che passa dalle antiche cosmologie mitiche orientali al pensiero greco, attraverso il Timeo di Platone: secondo Platone, infatti, perfino l’universo, nel suo insieme, ha un’anima. Gli STOICI parlano dell’anima del mondo come di Dio, immanente al mondo, mentre per PLOTINO essa sta tra l’Intelletto e il mondo materiale a cui da’ ordine. Presente in alcuni autori del medioevo quest’idea ebbe diffusione soprattutto nel pensiero magico del Rinascimento: Giordano BRUNO la porrà al cuore del suo pensiero. Ultima eco avrà nella filosofia romantica della natura (SCHELLING), come principio animatore e vivificatore del mondo. ANTROPOMORFISMO Attribuzione di sembianze fisiche umane, di caratteri personali, di comportamenti morali a fenomeni naturali, ad animali e a divinità. Concenzioni antropologiche della divinità sono testimoniate fin dalla remota antichità da reperti archeologici, a cui si affiancano successivamente opere letterarie, come i poemi di Omero e di Esiodo. Contro la tendenza dell'antropomorfismo insorge fin dai suoi inizi la filosofia: con Senofane, poi con i filosofi posteriori (ad eccezione degli epicurei) e, in particolar modo, con il cristianesimo. In epoca moderna, il problema dell'antropomorfismo nella religione è stato affrontato con decisione e rigore da Spinoza, dagli illuministi e, nell'Ottocento, da Feuerbach. APOLLINEO-DIONISIACO Nella filosofia di Nietzsche, si tratta di impulsi dualistici che caratterizzano radicalmente lo spirito della grecità antica e poi attraversano con il loro gioco dialettico l'intera cultura umana, l'apollineo è l'impulso solare della forma armoniosa, il dionisiaco è l'impulso vitale e caotico dell'ebbrezza creativa. Si manifestano inoltre quali impulsi alla base dell'esperienza artistica. Apollo è il Dio della luminosa razionalità, Dionisio è il Dio della vitalità passionale e istintiva. APORIA Termine che significa "strada senza uscita" (dal greco ) e in filosofia indica l’irrisolvibilità di un problema per la presenza di soluzioni parimenti sostenibili: molti dialoghi giovanili platonici offrono conclusioni aporetiche. Nella filosofia moderna il termine indica una difficoltà insolubile. ARCHE' Dal greco , traducibile con "principio" inteso come la fonte (ciò da cui), la foce (ciò verso cui) e il sostegno (la sostanza) della realtà; poiché nei filosofi naturalisti la realtà si riduce a quella sensibile, l'arché principio finisce per identificarsi con la natura. Dal momento che l'arché si configura come il fondamento del tutto, che tutto abbraccia e tutto governa, viene a coincidere con il divino. ASSERTO-BASE Asserto-base Nella filosofia di Popper, l'asserto-base è la proposizione affermativa che deve risultare controllabile da soggetti diversi sulla base dell'osservazione di oggetti rilevabili. Ogni teoria stabilisce una distinzione fra gli asserti-base permessi a quelli non permessi, ma che divengono i potenziali falsificatori della teoria stessa. ASSIOMA Dal greco "degno", significa letteralmente "ciò che merita considerazione": termine usato da Aristotele per indicare i princìpi comuni alle varie scienze, dotati di evidenza immediata e quindi non bisognosi di dimostrazione, ma punti di partenza per le dimostrazioni. A partire dalle geometrie non-euclidee gli assiomi hanno cessato di essere considerati verità auto-evidenti e son passati a designare in generale proposizioni o regole assunte come premesse. La scelta degli assiomi è ritenuta convenzionale, determinata da ragioni di comodità, opportunità o semplicità, ma non è arbitraria, poichè deve rispettare criteri di non contradditorietà, di completezza e di indipendenza reciproca tra i vari assiomi. ASSOLUTO E', specialmente nella filosofia hegeliana, l'unità di soggettivo e oggettivo mediata dal processo dialettico, è lo Spirito, o intero, che ritorna a sé nelle forme dell'arte, della religione e della filosofia. ATARASSIA dal greco , letteralmente "mancanza di turbamento". È un termine che, nella storia della filosofia, troviamo citato da Epicuro accanto al termine (mancanza di dolore). La filosofia, come un farmaco, libera l’uomo dalla sofferenza e rende sopportabile la vita, previa un ferreo controllo delle passioni e dei piaceri. Infatti solo il calcolo dei piaceri può far si che l’uomo non sia schiavo dei bisogni, solo così si raggiunge l’imperturbabilità dell’anima e l’assenza di ogni dolore. L’intero impianto filosofico di Epicuro (ma anche degli Scettici, seppure per vie diverse) tende al conseguimento dell’atarassia. ATEISMO E' la negazione dell'esistenza e di ogni forma di conoscenza di Dio. Per l'ateo (dal greco ) non esiste alcun Dio: si possono citare come filosofi atei Nietzsche, Marx e molti altri. ATOMISMO E' la dottrina secondo cui la realtà è composta da atomi (dal greco , "che non si può tagliare"), ovvero di particelle indivisibili che costituiscono gli elementi ultimi in cui essa può venire suddivisa. Nell'antichità, furono atomiste le filosofie di Democrito e di Epicuro; ma Leibniz, nel Seicento, mise alla berlina il concetto di atomo fisico, facendo notare come una particella, per quanto piccola, sia pur sempre (almeno concettualmente) ulteriormente divisibile. Russell introduce la nozione di atomo logico per indicare la teoria secondo cui esistono atomi logici, ovvero proposizioni elementari (o atomiche) alle quali si perviene attraverso l'analisi di proposizioni complesse (o molecolari). BASE EMPIRICA Tipico concetto di Popper, è l'insieme di proposizioni derivabili all'interno di una teoria scientifica che ne consentono il controllo sperimentale. In un'epoca determinata c'è generalmente accordo tra i ricercatori sulla base empirica, benché questa possa sempre essere rivista conformemente a un nuovo accordo tra i ricercatori. CAPITALISMO E', marxianamente, la formazione economico-sociale contraddistinta dal rapporto capitalistasalariato: la classe detentrice dei capitali mantiene la proprietà privata dei mezzi i di produzione e utilizza a proprio profitto la forza lavoro dei salariati. Chi detiene i mezzi di produzione è capitalista e ottiene il proprio profitto sfruttando la forza-lavoro di chi è privo di tali mezzi e non può far altro che farsi sfruttare o morir di fame. COMUNISMO "Non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti", dimettendo il regime del consumo e del possesso e superando così l'ambito della proprietà privata: questo è ciò che intende Marx per comunismo. Tuttavia è bene ricordare che già Platone, per dirne uno, aveva ipotizzato una società caratterizzata dal comunismo integrale (comunismo ancora più accentuato di quello marxiano) in cui cioè tutto è di tutti (donne comprese). CONTRADDIZIONE E', nella filosofia di Hegel, il momento negativo razionale della dialettica, quello in cui viene in luce l'impossibilità per ogni singola determinazione di sussistere separatamente dalle altre. E' dalla contraddizione che scatta il superamento dialettico. CREAZIONE In senso filosofico generale è l'atto del porre in essere, del produrre materia, del dare forma e ordine ad un qualcosa privo di identità. L'azione dell'uomo si configura più correttamente come produzione, cioè come potenza non creatrice ma plasmatrice di ciò che è già. La creazione umana, intesa allora come la messa in opera di un oggetto da parte di un agente individuale o collettivo, si caratterizza per la contemporanea presenza di tre elementi: 1) l'unicità dell'oggetto che viene prodotto; 2) l'espressività, cioè la trasposizione di interiorità o spiritualità in un'azione effettuale; 3) la rottura, più o meno marcata, con le modalità espressive tipiche di un'epoca. Questo concetto generale di creazione può applicarsi a svariati domini spirituali, ma senz'altro nell'arte trova la sua resa concreta più esplicita, come l'ambito privilegiato dell'espressività dell'io che ricostruisce, un essere tratto non dalla natura ma dalla propria interiorità. DEDUZIONE Dal latino deduco , "tiro giù", indica il rapporto di derivazione di una conclusione dalle premesse in un ragionamento. Aristotele l'identifica col sillogismo e, in quanto ragionamento che va dall'universale al particolare, la distingue dall'induzione (che invece va dal particolare all'universale). Nel pensiero moderno, essa rimane alla base dell'atteggiamento razionalistico, anche se spesso non viene più identificata col sillogismo, bensì col modello di procedura della matematica. Nell'Ottocento la deduzione sillogistica fu bersagliata da John Stuart Mill, che vide in essa un circolo vizioso, poichè la conclusione (Socrate è mortale) è già contenuta nella premessa (tutti gli uomini sono mortali). DEISMO Credenza nell'esistenza di Dio fondata su basi esclusivamente razionali e fiorita in età illuministica, nel clima di rivalutazione delle facoltà razionali. Rifiutando ogni forma di rivelazione, di autorità divina, di culto e di mistero, ammette solo quei principi religiosi e morali cui l'uomo può giungere con la ragione e attraverso lo studio della natura: " il Dio dei filosofi e degli scienziati " definiva Pascal il Dio dei deisti, per distinguerlo dal Dio-persona ( " Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe ") delle religioni rivelate. Il Dio dei deisti non è un Dio persona da pregare, è più un "robot" che garantisce l'ordine fisico del mondo. Deista convinto fu, ad esempio, Voltaire. DIALETTICA La parola fu usata per la prima volta da Zenone di Elea e designa un dialogo in movimento, un confronto di posizioni (dal greco , 'dialogo che va da una parte all'altra' ). Con Hegel si riveste di nuovi significati: da buon idealista, convinto che realtà e pensiero siano la stessa cosa, è evidente che per Hegel le leggi che presiedono all'andamento del pensiero e all'andamento della realtà siano le stesse. Fu Platone il primo ad usare una dialettica della realtà, un richiamo reciproco di quelle che lui chiamava 'idee'. Per Hegel è la stessa cosa: 'dialettica' è sì il modo in cui la ragione opera, ma è anche il modo in cui funziona la realtà. Dunque è la legge della ragione umana, la quale riproduce nel pensiero le opposizioni che si danno nella realtà, e insieme il principio immanente di sviluppo della realtà stessa. In senso specifico, è il momento della negazione della determinazione immediata, cioè astratta e separata dello Spirito. Ma in senso ampio è il processo logico-ontologico in cui la determinazione astratta viene dapprima posta (la cosiddetta "tesi"), poi negata nella sua separatezza (la cosiddetta "antitesi") e infine positivamente ricompressa in una unità più profonda (la cosiddetta "sintesi"). DISTOPIA E’ un termine che solo apparentemente viene utilizzato come opposto, contrario, a quello di "utopia"; infatti viengono usate, con la medesima funzione, anche le espressioni "anti-utopia" o "contro-utopia". E’ accreditato oramai il fatto che la scelta semantica presuppone una scelta di ampio raggio: definire significa prendere una precisa posizione metodologica e filosofica. Infatti, se vengono scelti ed adoperati termini "contro-utopia" o "anti-utopia" si metterà in evidenza il senso di opposizione e di esclusione tra i due concetti. Ma l’utopia non esclude di fatto la distopia: ecco perché è più corretto utilizzare quest’ultimo termine. Infatti tra l’utopia e la distopia non c’è un rapporto di contraddizione; tutt’altro. Innanzitutto la distopia e l’utopia, secondo un’interpretazione letteraria di questi due fenomeni, appartengono entrambe ad un particolare filone della fantascienza a sfondo sociale, che descrive tanto luoghi immaginari dove regna il benessere e la felicità (utopia), quanto terribili ipotesi di mondi futuri invivibili (distopia). Ma l’utopia e la distopia sono legate anche a livello filosofico; l’immagine della città nuova vagheggiata dagli utopisti si unisce alla narrazione della società perversa della distopia, componendosi del medesimo slancio. In altre parole alla base di questi due atteggiamenti c’è la denuncia di una realtà avvertita come dolorosa e oppresiva e la sollecitazione costruttiva a porvi rimedio attraverso l’esercizio della ragionevolezza. Ovviamente ci sono delle differenze: l’utopia recide i legami col passato e con il luogo presente, opera una cesura incolmabile tra la storia reale e lo spazio riservato alla progettazione utopica; la distopia invece intende collocarsi in continuità con il processo storico amplificando e rendendo tangibili quelle tendenze negative operanti nel presente che, se non vengono smascherate e ostacolate, condurranno alle società perverse da essa tratteggiate. Ma l’utopia così come la distopia ci invitano a mantenere un’approccio critico con la realtà che ci circonda, ci insegnano a essere attenti e vigili e a non essere pessimisti, a non ripiegarci in noi stessi: un altro mondo è possibile. Ci sono da segnalare però, riguardo a quest’ultimo concetto, dei tentativi da parte di alcuni autori che intendono metterci in guardia dall’utopia stessa; anzi, autori come Huxley e Berdjaev insistono sulla pericolosità della realizzazione materiale, concreta, delle utopie; ma è simbolico il fatto che proprio Huxley qualche tempo dopo si dedica alla descrizione di una utopia. Esempi di celebri distopie del novecento: Evgenij Zamjatin "Noi" (1922), Aldous Huxley "Il Mondo Nuovo" (1932), George Orwell "1984" (1984). EDONISMO E' una dottrina che afferma che il bene è il piacere e che il piacere è il criterio della scelta morale. Può essere attribuito, per certi aspetti, ai sofisti e in modo più compiuto ai cireanici e agli epicurei. La dottrina viene ripresa da autori neoepicurei della prima età moderna, quali L. Valla, P. Gassendi, M. Montaigne. Un presupposto psicologico edonista sta alla base di dottrine etiche più complesse, come il convenzionalismo di T. Hobbers o certe forme di utilitarismo in primo luogo quello di J. Bentham. EPISTEMOLOGIA Etimologicamente deriva dalle parole greche (scienza) e (discorso) con cui si indica quella parte della Teoria Generale della Conoscenza che si occupa della filosofia della scienza, cioè dei fondamenti, della natura, dei limiti e della validità del sapere scientifico, sia delle scienze esatte (logica e matematica) che delle scienze empiriche (fisica, chimica, psicologia, sociologia etc.) . EPOCHE' Termine greco con cui si indica la sospensione dell'assenso. Di fronte ad una sensazione, gli Stoici dicono che si pià dare l'assenso, negarlo oppure sospenderlo: da qui prendono le mosse gli Scettici. E' da loro usato per designare la condizione di dubbio o incertezza, derivante dal "peso uguale delle tesi" che si contrappongono in una discussione in opposizione all'atteggiamento assertorio dei dogmatici. Nel pensiero contemporaneo il termine viene ripreso da E. Husserl: l'epoché o "riduzione" consiste nel "sospendere" o "mettere tra parentesi" le credenze quotidiane per poter cogliere i modi essenziali del reale. A differenza di quella scettica, l'epoché fenomenologia non intende mettere in dubbio il mondo esterno, semplicemente non vuole farne alcun uso in sede di ricerca speculativa. Anche in Heidegger il termine ritorna, ma con un nuovo significato: ogni "epoca" è diversa dalle altre perché in ogni epoca l'essere si manifesta diversamente, rimanendo in sospeso () tra l'uscir fuori e il restar nascosto. ESPERIMENTO Evento ripetibile messo in atto da un osservatore allo scopo di controllare una teoria o un'ipotesi scientifica. Nel pensiero antico medievale gli esperimenti sono rarissimi. La sperimentazione inizia a svolgere una funzione importante nella costruzione del sapere solo alla fine del sec XVI. Francesco Bacone nella sua filosofia esalta il ruolo dell'esperimento nella produzione di conoscenza. Decisiva è l'azione di Galilei, per il quale l'esperimento assume procedure rigorose e predeterminate che permettono un controllo numerico di ipotesi quantitative. Quando tutti i fattori di disturbo non possono essere eliminati concretamente, Galilei ricorre a "ideali" pratiche di laboratorio immaginate, i cui risultati sono ottenuti attraverso il ragionamento. Dalle ricerche sperimentali di Newton sulla natura della luce in poi lo sperimentalismo diviene un indirizzo di enorme rilievo, da molti identificato con il metodo scientifico nel suo complesso. Nel positivismo l'esperimento diviene la sola fonte lecita di conoscenza, in quanto fondamento oggettivo e indubitabile per la scienza: i "fatti sperimentali" sono contrapposti alle ipotesi, alle teorizzazioni, considerate incerte e soggettive. La critica del convenzionalismo ha tuttavia dimostrato che in ogni esperimento intervengono inevitabilmente presupposti ipotetici, convinzioni teoriche, e dunque è sbagliato considerare l'esperimento come contrapposto alla teorizzazione. ESPIAZIONE L'effetto curativo della pena. Platone considerò l’espiazione come il mezzo per guarire l'anima dalle sue proprie malattie; e ritenne che come l'economia libera dalla povertà e la medicina dalla malattia, così la giustizia libera dall'intemperanza e dall'ingiustizia (Gorgia, 478 a). ESPLICITO Espresso o chiaramente espresso. "Rendere esplicito" (o anche talvolta "esplicitare") il significato di un termine o di una proposizione: esprimerlo o riesprimerlo più chiaramente. Il termine opposto "implicito" significa quindi ciò che non è espresso, ma soltanto suggerito; o non è espresso chiaramente. ESPONIBILE Nella Logica medievale "exponibilia" erano proposizioni oscure a causa del fatto che pur avendo la forma grammaticale di proposizioni semplici, in realtà celano una composizione, la cui analisi (expositio) ne risolve l'oscurità. In Kant "esposizione" conserva un senso analogo ma più specifico, di proposizione consistente di un'affermazione con una negazione celata che l'esposizione rende evidente (Logica). ESPOSIZIONE 1. L'analisi di un concetto o il suo chiarimento. Kant chiama l' E. trascendentale "la definizione di un concetto come principio dal quale si possa scorgere la possibilità di conoscenze sintetiche a priori" (Critica R. Pura). In questo senso, l’esposizione trascendentale del concetto di spazio mostrerà la possibilità delle conoscenze a priori che possono discendere da tale concetto, cioè la possibilità della geometria. 2. Nella logica terministica medievale, è la prova di un sillogismo di terza figura mediante un sillogismo della stessa figura nel quale un termine medio singolare fa la funzione che nel primo era fatta da un termine medio comune. Per es., il sillogismo "Qualche uomo è dotato di virtù, Ogni uomo è animale, Qualche animale è dotato di virtù" può essere esposto così: "Socrate è dotato di virtù, Socrate è animale, Qualche animale è dotato di virtù" (Ockham, Summa Log.; Jungius, Log.) ESSENZIALE Questo aggettivo riveste, oltre ai due significati relativi ad essenza, quello più comune e generico di " importante". Tale è il significato del termine in espressioni come "carattere essenziale", "qualità essenziale", ecc., che il più delle volte non fanno riferimento ai significati specifici di "essenza" ma intendono solo sottolineare l'importanza che un carattere, una qualità, ecc., possiede da un certo punto di vista. ESSENZIALISMO Popper ha chiamato "essenzialismo metodologico" "la corrente di pensiero introdotta e difesa da Aristotele, la quale sostiene che la ricerca scientifica deve penetrare sino all'essenza delle cose per poterle spiegare". ETERNO RITORNO Concezione elaborata dagli Stoici e ripresa da Nietzsche: è l'idea che nega il procedere del tempo in modo lineare verso un fine, per affermare invece la pienezza di ogni suo attimo, che è in sé carico di senso: questa idea porta l'uomo a "dire di sì alla vita" così com'è, in eterna ripetizione. FALSIFICABILITA' Nella filosofia di Popper, è la caratteristica per cui le teorie sono valide solo fino alla loro smentita, devono essere cioè falsificabili. "le teorie non sono mai verificate empiricamente", giacché non è possibile desumere asserzioni universali dall'osservazione di singoli fatti, per essere provata scientificamente, una teoria deve essere controllabile di principio, cioè deve essere tale che si possano derivare da essa asserti, che si possono controllare nei fatti, cioè che si possono dimostrare falsi. FENOMENO Dal greco "appaio", il fenomeno è un concetto tipico della filosofia kantiana: è infatti l'oggetto dell'esperienza sensibile, concluso mediante le forme a priori della sensibilità (spazio e tempo) e dell'intelletto (le 12 categorie). L'uomo non può percepire le cose come esse sono in sè, ma le percepisce come appaiono a lui, ovvero fenomenicamente. FILOSOFIA letteralmente "amore per la conoscenza" (in greco = amore, = conoscenza). Inizialmente il termine è stato utilizzato come aggettivo: = amico della filosofia (vedi Eraclito e Pitagora). Solo in seguito designerà un modo di pensare e non solo una qualità. I Greci sono stati i primi autori di filosofia, coloro che hanno "creato" il modo di pensare filosofico, i primi impegnati in un’indagine critica e razionale sull’uomo e la natura che lo circonda. Gli orientalisti però sottolineano come nelle civiltà pre-greche ci fossero già le più grandi filosofie religiose come la corrente dell’Induismo, Buddismo, Taoismo, Confucianesimo. Per concludere, la filosofia greca si concentra sulla conoscenza della natura e delle sue forze; la speculazione orientale si concentra su problemi esistenziali e religiosi. FORZE PRODUTTIVE Concetto tipicamente marxista, le forze produttive sono costituite dai lavoratori che producono, il modo nel quale producono e i mezzi di cui si servono. Nella società capitalistica i lavoratori sono i salariati, il modo di produzione è industriale e i mezzi di produzione sono prevalentemente i nuovi macchinari resi disponibili all'interno delle fabbriche. GIUDIZIO La facoltà del giudizio è, nella filosofia kantiana, la forza che pensa il particolare quale contenuto dell'universale e così facendo giudica. Il giudizio può essere determinante, sussumendo il particolare sotto una legge a priori (giudizio conoscitivo o morale), o riflettente, se dal particolare accede all'universale (giudizio estetico o finalistico). In altri termini, il giudizio determinante determina l'oggetto, mentre quello riflettente riflette ed esprime giudizi di gusto sull'oggetto determinato in precedenza. IDEA Il termine deriva dal greco , traducibile con forma, figura, aspetto. A differenza del significato assunto in epoca moderna, ovvero di contenuto della mente e risultato del pensiero (così è appunto da Cartesio in poi), nell'antichità era considerata (da Platone) un'entità perfetta e immutabile, di carattere divino, e con esistenza propria, quindi non era generata dall'intelletto. Il concetto di idea è stato introdotto da Platone, secondo il quale tutto ciò che appartiene al mondo delle cose sensibili è un tentativo di imitazione delle idee, immutabili, eterne e perfette (corrispondenti al vero essere). Queste infatti sarebbero "paradigma" di tutti gli oggetti o le azioni. Le idee di Platone vivono in un mondo a parte, detto Mondo delle Idee o Iperuranio e inoltre, nel dualismo gnoseologico platonico corrispondono all', cioè la conoscenza immutabile e perfetta. Le idee esistono secondo Platone indipendentemente dall’essere pensate. Plotino, invece, farà un passo avanti: esistono nella misura in cui sono pensate da Dio. Per noi moderni, invece, le idee esistono se e quando le pensiamo noi. IMPERATIVO Dal latino impero "comando", è, nell'ambito della filosofia kantiana, un'espressione della necessità oggettiva di un'azione. L'imperativo categorico è il comando incondizionato della legge morale che ha in se stesso il proprio fine. L'imperativo ipotetico è un comando relativo ai mezzi da utilizzare per ottenere un determinato scopo. INDUZIONE E’ il risalire da casi singoli all’universale (è il contrario della deduzione). Una o più affermazioni (dette premesse) ne implicano induttivamente un’altra (detta conclusione) se la verità delle prime rende più o meno probabile che quest’ultima sia vera . L’inferenza da "nessun cane che io conosca è vizioso" a "assolutamente nessun cane è vizioso" è un’inferenza induttiva perché la verità della prima affermazione rende probabile che la seconda sia vera ma non lo garantisce. A dubitare in qualche modo della validità dell’induzione saranno Bacone e, successivamente, Mill; nel ‘900, Popper le negherà ogni valore. INTELLETTUALISMO ETICO La filosofia di Socrate si basava sui due cosiddetti "paradossi socratici", ovvero che il bene era conoscenza (e il male ignoranza) e che chi conosceva il bene non poteva commettere il male. Queste sue posizioni sono state definite intellettualismo etico, ma è un termine che va rivalutato. Infatti Socrate non intendeva proclamare la supremazia della ragione astratta e teorica sulle emozioni e sulla volontà, ma semplicemente dire che la conoscenza ha un orientamento pratico ed esistenziale, e ciò implica un’educazione ad agire correttamente. Socrate intende che la filosofia è quasi uno stile di vita e che col ragionamento si può giungere a trovare la giusta strada e soluzione. IO PENSO E', nella filosofia di Kant, la funzione trascendentale in grado di unificare i dati della sensibilità e dell'intelletto. Ancor prima che sull'oggetto percepito operino le 12 categorie, l'Io penso già ha operato riconducendo le varie componenti dell'oggetto sotto quell'unico denominatore che mi permette di dire che sono mie percezioni. IPERURANIO Termine introdotto da Platone nel "Fedro", deriva dal greco (oltre), e (cielo). Nella filosofia platonica, designa il mitico luogo al di là del cielo e delle cose sensibili, dove si trovano le idee eterne e perfette. E' impossibile descrivere in modo esatto e degno questo luogo, in quanto può essere raggiunto solo dall'anima, che avendo la stessa natura divina delle idee, comprende la loro perfezione. Questo posto è abitato solo dalla conoscenza vera e pura. E’ nell’iperuranio che risiedono le idee ed è lì che si spingono le anime disincarnate dai corpi, salvo poi ricadere in altri corpi. IPOTESI In epistemologia, indica la premessa non necessariamente vera di una dimostrazione. Newton usa dapprima il termine ipotesi per designare sia i " principi", cioè gli enunciati riguardo alle "vere cause" dei fenomeni ancora bisognosi di prova, sia congetture assai dubitabili scambiate per verità incontestabili. Il suo famoso detto "hypotheses non fingo" (non invento ipotesi) vuole escludere, in quanto prematura, l'introduzione di congetture sulle proprietà ultime che stanno alla base della gravitazione. La rinuncia alle "ipotesi" non vuole quindi rappresentare la scienza come accumulazione di fatti empirici senza formulazione "ipotetica" di leggi generali, ma intende respingere tutte quelle costruzioni arbitrarie, prive di rapporti con i fenomeni reali. IRONIA In generale l'atteggiamento che consiste nel dare un'importanza assai minore del giusto (o di quella che si ritiene tale) a se stessi o alla propria condizione o situazione o a cose o persone che hanno stretto rapporto con se stessi. La storia della filosofia conosce due forme fondamentali d'Ironia: 1° l'Ironia socratica; 2° l'Ironia romantica. 1° L'Ironia socratica è la sottovalutazione che Socrate fa di se stesso nei confronti degli avversari con cui discute. Quando nella discussione sulla giustizia Socrate dichiara: "Io ritengo che l'indagine è al di là delle nostre possibilità e che voi che siete bravi dovete aver pietà di noi piuttosto che arrabbiarvi con noi", Trasimaco risponde:" Ecco la solita I. di Socrate " (Rep., I, 336 e-337 a). Aristotele non fa che enunciare genericamente questo atteggiamento socratico quando vede nell'I. uno degli estremi nell'atteggiamento di fronte alla verità. Il veritiero è nel giusto mezzo; chi esagera la verità è il millantatore e chi invece tenta di diminuirla è l'ironico. L'I., dice Aristotele, è, sotto questo aspetto, simulazione (Et. Nic., II, 7, 1108 a 22). Cicerone si rifaceva a questo concetto affermando che "Socrate spesso nella disputa abbassava se stesso ed alzava coloro che voleva confutare; e così, parlando diversamente da come pensava, adoperava volentieri quella simulazione che i Greci chiamano I." (Acad., IV, 5, 15). E a questo concetto del termine faceva riferimento S. Tommaso che la esamina come un forma (lecita) di menzogna (S. Th., II, 2, q. 113, a. 1). 2° L'Ironia romantica poggia sul presupposto dell'attività creatrice dell'Io assoluto. Identificandosi con l'Io assoluto, il filosofo o il poeta (che molto spesso coincidono, per i Romantici) è portato a considerare ogni realtà più salda come un'ombra o un gioco dell'Io: è portato cioè a sottovalutare l'importanza della realtà, a non prenderla sul serio. Secondo Federico Schlegel, l'I. è la libertà assoluta di fronte a qualsiasi realtà o fatto. "Trasferirsi arbitrariamente ora in questa ora in quella sfera come in un altro mondo, non solo con l'intelletto e con l'immaginazione ma con tutta l'anima; rinunciare liberamente ora a questa ora a quella parte del proprio essere, e limitarsi completamente a un'altra; cercare e trovare il proprio uno e tutto ora in questo, ora in quell'individuo e dimenticare volutamente tutti gli altri: questo può solo uno spirito che contiene in sé come una pluralità di spiriti e tutto quanto un sistema di persone, e nel cui intimo l'universo che, come si dice, è in germe in ogni mondo, s'è dispiegato ed è pervenuto alla sua maturità" (Fragmente, 1798, § 121). Queste notazioni sull'I. trovarono una sistemazione concettuale nell'opera di C. G. F. Solger, Erwin (1815) nella quale l'I. veniva interpretata dal punto di vista della soggettività che comprende se stessa come cosa suprema e che perciò abbassa a un puro nulla tutte le altre cose, anche ciò che c'è di più alto. Pur polemizzando contro qualche particolare, definito " platonico " della dottrina di Solger, Hegel la faceva sua nel descrivere l'I. nel modo seguente: "Prendete una legge, e schiettamente qual è in sé e per sé: io ne sono perciò anche al di là e posso fare così e così. Non la cosa è superiore, ma sono io superiore e sono il padrone, che al di sopra della legge e della cosa, scherza con esse come con il suo piacere e in questa coscienza ironica, nella quale lascio perire il Sommo, godo soltanto di me " (Fil. del dir., § 140). L'I. così intesa, come coscienza della Soggettività assoluta, la quale, come tale, è tutto e di fronte alla quale perciò tutte le altre cose sono nulla e pertanto come coscienza dell'assoluto arbitrio di tale soggettività è, secondo Hegel, un risultato della filosofia di Fichte quale è stata intesa e interpretata da Federico Schlegel (FU. del dir., § 140, Zusatz). "Qui il soggetto si sa in sé medesimo come l'Assoluto e non da alcun peso a tutto il resto: esso sa distruggere sempre di nuovo tutte le determinazioni che esso stesso si dà del giusto e del bene. Esso può dare a intendere a sé ogni cosa ma non mostra altro che vanità, ipocrisia, sfrontatezza. L'I. sa di dominare qualsiasi contenuto: essa non prende nulla sul serio, scherza con tutte le forme " (Geschichte der Phil., III, sez. 3, C, 3; trad. ital.. III, 2, pag. 370-71). Quel concetto è rimasto a contrassegnare uno degli aspetti fondamentali del romanticismo tedesco. Di esso Kierkegaard ha dato un'interpretazione attenuata o metaforica, da un lato concependo l'I. socratica come la superiorità di Socrate sopra la nequizia del mondo (Diario, X3, A, 254); dall'altro lato intendendo in generale l'I. come "l'infinitizzazione dell'interiorità dell'io" ma come infinitizzazione " interiore ", in un significato che non ha più la portata che Fichte attribuiva all'infinità stessa. "Cos'è l'I.? egli scrive. L'unità di passione etica, che accentua in interiorità il proprio io infinitamente, e di educazione la quale nel suo esteriore (nel commercio con gli uomini) astrae infinitamente dal proprio io. L'astrazione fa sì che nessuno s'accorga della prima unità vissuta ed in ciò sta l'arte per la vera infinitizzazione dell'interiorità" (Diario, VI, A, 38, trad. Fabro). Poiché l'infinità dell'io è qui soltanto un'infinità " interiore ", cioè l'accentuazione all'infinito del valore dell'io nella coscienza, ma non è l'infinità effettiva e creativa dell'Io assoluto dei romantici, l'I. non ha più il suo significato romantico: è solo il contrasto tra la coscienza esaltata che l'io ha di sé e la modestia delle sue manifestazioni esterne. LOGOS Il termine deriva dal greco , che significa "raccogliere", "contare" o anche "trascegliere" e in greco classico "raccontare", "parlare". Lógos, indica il mondo dell'intelligenza o della conoscenza intellettiva; è, infatti, sia l'intelligenza (nella sua valenza intuitiva, cioè come intelletto, e nella sua valenza discorsiva, cioè come ragione), sia l'oggetto dell'intelligenza (il concetto, il giudizio e il ragionamento), sia l'espressione dell'oggetto dell'intelligenza (la parola o il termine, la proposizione, l'argomentazione e, in generale, il discorso). MAIEUTICA In greco significa arte della levatrice. Socrate si paragonava alla madre Fenarete, che operava come ostetrica, identificandosi con colui che fa "partorire" la verità agli uomini: ciascuno di noi è gravido della verità e Socrate si propone di farcela partorire. Sosteneva infatti che essa fosse nascosta nell’animo di ognuno e che, attraverso domande e risposte opportune, sarebbe venuta fuori. Socrate credeva di essere investito della missione divina di aiutare l’uomo onesto a conoscere se stesso. Se infatti si è a conoscenza di ciò che è bene, non si può commettere il male. MATERIA-FORMA Si tratta di una coppia di concetti relativi, perché la materia è il principio di indeterminazione, il sostrato comune che viene organizzato e strutturato dal principio di determinatezza, o forma. La forma non è una sostanza separata (come le idee platoniche), ma è l'essenza intrinseca, la sostanza fondamentale delle cose sensibili. La coppia materia-forma traduce, a livello fisico, la dottrina metafisica della potenza e dell'atto. METAFISICA Dal greco , "al di là delle cose fisiche": il termine fu coniato nell'antichità per indicare i libri aristotelici che nel corpus delle sue opere venivano dopo quelli concernenti la filosofia della natura (fisica) oppure le questioni riguardanti ciò che va oltre quest'ambito. Nella filosofia moderna esso è usato nel senso (anch'esso aristotelico) di "scienza prima", di disciplina filosofica fondamentale che sta alla base di ogni altra ricerca. In questo senso la metafisica può significare due cose: per un verso essa continua a indicare la ricerca filosofica sui princìpi costitutivi della realtà e dell'essere; per altro verso può indicare la ricerca preliminare sulle possibilità della conoscenza e sulla struttura generale del sapere: quest'uso riceve la sua formulazione più chiara in Kant, per il quale la metafisica è lo studio di quei princìpi (da Kant chiamate "forme") che, essendo intrinseci alla costituzione stessa della mente umana, condizionano ogni forma di conoscenza. Con Hegel la metafisica torna ad essere scienza della realtà e, poichè quest'ultima coincide con la razionalità, per lui metafisica e logica coincidono. Il valore ontologico della metafisica viene recuperato anche da Bergson seguendo però la strada opposta: egli svincola la metafisica da ogni fondamento intellettuale/razionale e vede nell'intuizione l'unica facoltà conoscitiva adatta a penetrarne i problemi. Heidegger ha dapprima concepito la metafisica come ontologia, volta a chiarire il problema del senso dell'essere a partire da quell'ente particolare che è l'esserci, per il quale è costitutivo porsi questo problema. In seguito, egli ha considerato la metafisica come il contrassegno di un'epoca che va da Platone fino a Nietzsche ed è caratterizzata dall'oblìo dell'essere: ciò è dovuto al fatto che la metafisica pensa l'essere alla stregua di un ente, cioè come un qualcosa di presente e, quindi, di controllabile e dominabile; ma in tal modo smarrisce la verità dell'essere, che è disvelamento, ossia manifestarsi, ma insieme anche sempre nascondersi nel corso del tempo. Nell'ambito del neoempirismo, per esempio da parte di Carnap, la metafisica è invece intesa come un insieme di proposizione prive di significato, in quanto non riconducibili nè a tautologie nè ad asserzioni empiriche verificabili. METEMPSICOSI Credenza nella trasmigrazione dell'anima da un corpo all'altro in esistenze che si succedono nel tempo. Il termine significa, letteralmente, "passaggio dell'anima" (dal greco ) e designa una dottrina assai diffusa nell'antichità greca e orientale. La metempsicosi è elemento essenziale dell'Orfismo ed è oggetto dell'insegnamento di Pitagora. Anche Empedocle ne parla nelle Purificazioni , mentre in Platone se ne trovano ben due diverse interpretazioni come destino dell'anima per eccessivo attaccamento alla vita corporea (nel Fedone ) e come prospettiva propria di tutte le anime che, terminato il ciclo millenario della vita ultraterrena, devono tornare ad incarnarsi (nella Repubblica , mito di Er). In età rinascimentale, sulle orme di Bruno e di Telesio, molti pensatori reinterpretano la metempsicosi come principio della filosofia naturale. L'induismo e il buddhismosi fondano su di essa. MISERIA DELLO STORICISMO Titolo di un'opera di Popper ed espressione chiave della sua filosofia, della storia; lo storicismo nasconde una metafisica infondata, che presuppone in senso univoco e oggettivo delle vicende storiche e implica una concezione deterministica e totalitaria della realtà umana, come fosse governata da leggi fisse e invariabili, mentre si danno soltanto tendenze storiche interpretabili esclusivamente in base a ipotesi soggettive e variabili. MONADE Termine greco (da , "solo") indicante l'unità da cui si originano i numeri e le cose. Talora fu usato per designare il principio divino come unità suprema. Leibniz lo usa per indicare l'atomo di forza (giacchè quello materiale a suo avviso è inconcepibile), ovvero la sostanza individuale che sta alla base della sua metafisica pluralistica. MORALE Etimologicamente deriva dal latino "(philosophia) moralis" col quale Cicerone tradusse il termine greco . Entrambi questi termini si riferiscono ai costumi, alle abitudini: in generale ai comportamenti umani ed in particolare alle regole di condotta e alla loro giustificazione. Cioè innanzitutto la Morale appare come il sistema delle regole che l’uomo segue (o deve seguire) nella sua vita tanto personale quanto sociale. Hegel distingue tra "morale" ed "etica": la morale (che trova in Kant il suo campione) è qualcosa di interno, a livello di coscienza; l'etica, invece, (che Hegel di gran lunga preferisce) è qualcosa di più esterno, che implica il comportamento contestualizzato nella collettività. NECESSITA' Dal latino necessitas , è la "modalità" contrapposta alla possibilità. Necessario è ciò che non può non essere o ciò che non può essere (in questo senso coincide con l'impossibile). Leibniz distingue tre generi di necessità: 1)la necessità geometrica (o logica) stabilisce una connessione ineludibile tra antecedente e conseguente sulla base del principio di non contraddizione: così, necessario è ciò che è vero in tutti i mondi possibili; 2)la necessità fisica costituisce l'ordine immutabile della natura; 3)la necessità morale discende dal dovere di scegliere il meglio (cioè è ciò che fonda l'obbligazione morale). Anche Wolff e Kant riprendono, con poche varianti, questa distinzione; per Hegel, invece, la necessità caratterizza la dialettica e, pertanto, investe tanto la realtà quanto il pensiero: tutto ciò che è razionale è reale, e quindi necessario. Secondo Wittgenstein esiste propriamente solo la necessità logica, quale è esibita dalle tautologie e dalle contraddizioni, che sono rispettivamente sempre vere e sempre false, a differenza delle asserzioni empiriche (come quelle delle teorie fisiche) le quali sono contingenti e possono essere vere o false. A partire da Carnap è stata ripescata la nozione leibniziana di necessità come verità in tutti i mondi possibili. NICHILISMO Il "nichilismo europeo" è, nella filosofia di Nietzsche, la svalutazione di tutti i valori operata dalla morale cristiana, che si è proposta e diffusa per secoli come l'unica interpretazione del mondo, terminando con il privarlo di ogni fine e di ogni valore vitali, riducendolo a nulla e decadenza. A questo nichilismo passivo e decadente Nietzsche contrappone il nichilismo attivo che smaschera i valori della tradizione e ne annuncia di nuovi. L'idea del nichilismo si afferma per la prima volta con l'opera "Padri e figli" di Turgenev e trova in Nietzsche la sua più completa trasposizione. NOUMENO Dal greco "pensato", è nella filosofia di Kant l'oggetto com'è nella sua integralità e come tale inconoscibile dall'intelletto umano, strutturalmente vincolato all'apparenza fenomenica dell'oggetto nella rappresentazione intellettuale. L'uomo non può conoscere le cose noumenicamente (ovvero come esse sono in sé) ma solo fenomenicamente, ovvero come gli appaiono. OLISMO Nell'interpretazione di Popper, l'olismo (dal greco "tutto") è la concezione, da lui respinta nettamente, per la quale la realtà storico-sociale viene intesa come un insieme che trascende la mera somma delle sue componenti empirico-individuali. Per Quine il confronto con l'esperienza non può assumere come unità minima di significato la singola proposizione, ma riguarda il linguaggio nel suo complesso: in ciò consiste l' olismo di Quine, secondo cui le nostre conoscenze e le nostre credenze non sono pure somme di proposizioni, ma sistemi più o meno organizzati. ONTOLOGIA Questo termine letteralmente significa discorso sull’essere (dal greco = l’essere e = discorso). È uno sviluppo della filosofia avvenuto grazie a Parmenide ed esattamente lo studio dell’essere in quanto essere nei suoi caratteri universali. L’essere è, secondo Parmenide, tutto ciò che esiste e che quindi è. Al contrario il non-essere non è, cioè non esiste e non solo: è impensabile e indicibile. L’essere ha caratteristiche precise: è uno, immutabile, immobile, finito (nella mentalità era come dire perfetto), ingenerato (perché il passato è considerato cio che non è più), imperituto (in quanto il futuro è visto come ciò che non è ancora) ed eterno. L’essere non è. Platone però - nel "Sofista" - corregge Parmenide, compiendone un "parricidio": egli introduce il "non-essere" nel senso di "essere diversamente", cosicchè sarà possibile dire "la penna non è il libro" non nel senso che la penna è il non essere, ma nel senso che essa è diversa dal libro. Ancora Aristotele, confuta Parmenide, aggirando le sue prescrizioni, attraverso la coppia di nozioni "atto" e "potenza", il non essere come "non essere ancora". Nel Novecento, è Heidegger a riaccostarsi al problema ontologico, caduto per secoli nell’oblio: ponendo in esergo ad "Essere e Tempo" un’espressione del Sofista platonico, egli nota come tutti siamo certi di sapere cosa significhi "essente" ma di fatto non lo sappiamo. Siamo erroneamente convinti che i singoli enti siano l’essere, quando in realtà essi sono solo enti (la differenza ontologica: gli enti sono enti, e non l’essere). ORGANISMO Dal greco , "strumento": designa il corpo vivente contrapposto a ciò che non ha vita propria. Nella filosofia moderna si distinguono due concezioni dell'organismo: la prima, divulgata da Cartesio, riconduce l'organismo ad una macchina e spiega in termini di rigorosa causalità meccanica il movimento, la crescita, la riproduzione e, in generale, tutte le attività dell'organismo. La seconda concezione, introdotta da Kant, ritiene invece che la nozione di organismo, irriducibile alla categoria della causalità meccanica (anche un organismo semplicissimo come un verme non può essere spiegato con la causalità, dice Kant), possa essere compresa solo facendo riferimento al concetto di fine, cioè intendendo l'organismo come un essere fornito di un principio e uno scopo interno che presiede al suo sviluppo e alla sua riproduzione. Questa concezione viene ripresa da Schelling e dai Romantici, estendendo tuttavia la concezione organicistica dall'ambito naturale alla realtà intera, compresa la sfera politica: per Hegel (e per i Fascisti), perfino lo Stato è una sorta di organismo pulsante in cui i singoli individui, se non inquadrati nel tutto, perdono di significato. Nella filosofia contemporanea il concetto di organismo o la metafora bio-organica sono spesso utilizzati sia nell'ambito dell'evoluzionismo, sia nelle interpretazioni vitalistiche della realtà in generale (per Bergson la realtà ha carattere organico perchè è il risultato di quello che lui chiama "slancio vitale") e di quella sociale in particolare (Splenger assimila le diverse civiltà ad organismi biologici). PANTEISMO Dal greco , "tutto divino": termine coniato nell'ambito della discussione sul deismo per indicare la concezione che identifica Dio e il mondo; per i panteisti Dio non è un qualcosa di trascendente, ma è, al contrario, qualcosa che permea il mondo dal di dentro. Sostenuto in modo pienamente esplicito solo in età postmedioevale (sebbene già Plotino avesse aperto spiragli in quella direzione) ha avuto come rappresentanti più noti Giordano Bruno, Spinoza ( Deus sive natura , "Dio ovvero la natura"), gli idealisti (in particolare Hegel, mentre Fichte e soprattutto Schelling se ne allontanarono per riapprodare a una visione teistica). PENSIERO DEBOLE Si tratta di un concetto emerso nella seconda metà del Novecento e reso celebre dalla filosofia del pensatore torinese Gianni Vattimo, per il quale il passaggio dal moderno al post-moderno si configura come un passaggio da un pensiero forte ad un pensiero debole. Per pensiero forte (o metafisico) Vattimo intende un pensiero che parla in nome della verità, dell'unità e della totalità, ossia un tipo di pensiero illusoriamente proteso a fornire "fondazioni" assolute del conoscere e dell'agire. Per pensiero debole (o post-metafisico) intende un tipo di pensiero che rifiuta le categorie forti e le fondazioni ultime: " la debolezza del pensiero nei confronti del mondo, e dunque anche della società è probabilmente solo un aspetto della impasse in cui il pensiero si è venuto a trovare alla fine della sua avventura metafisica. Ciò che conta adesso è ripensare il senso di quella avventura ed esplorare le vie per andare oltre: appunto, attraverso la negazione [...] dei tratti metafisici del pensiero, prima fra tutti la "forza" che esso ha sempre creduto di doversi attribuire in nome del suo accesso privilegiato all'essere come fondamento " ("Il pensiero debole"). Con la fine dei "pensieri forti" (il marxismo, il cattolicesimo della Verità assoluta, l'illuminismo) si dissolve la certezza che la verità sia una e che chi la possiede sia autorizzato ad imporla agli altri: nella mancanza di una verità unica e nel proliferare di tante verità, si attua un processo emancipativo che dà voce anche a chi è sempre stato tacciato (neri, donne, omosessuali). PERCEZIONE ESTETICA In ambito estetico, la percezione s'intende radicata in criteri dotati di valore proprio, determinato dalla cultura dell'epoca, e legati, come voleva Kant, alla facoltà dell'immaginazione. Questa forma di percezione non riflette solo un passato, ma tende essa stessa a diventare creazione di valori. PESSIMISMO E' la credenza secondo cui nel mondo il male prevale sul bene. Esso risale alla discussione conseguente al terremoto di Lisbona (1755) e alla polemica contro l'ottimismo leibniziano (Leibniz diceva che " viviamo nel migliore dei mondi possibili "): il principale esponente del pessimismo nell'era dell'illuminismo fu Voltaire, che alla concezione leibniziana, contrappose quella secondo cui " viviamo nel peggiore dei mondi possibili ". Nell'Ottocento il pessimismo fu strenuamente difeso da Schopenhauer, in contrapposizione all'esasperato ottimismo di Hegel (secondo cui tutto ciò che avviene è giusto che avvenga, perchè espressione di una razionalità profonda). Schopenhauer sostiene che il mondo è governato da una volontà irrazionale e fortemente negativa (si è parlato di pandemonismo schopenhaueriano); anche Leopardi si fa latore di posizioni anti-ottimistiche, facendo però notare che il male non è insito nel mondo, ma nella condizione umana. Nella filosofia novecentesca, alcuni pensatori hanno rifiutato tanto il pessimismo quanto l'ottimismo, sostituendoli col il "migliorismo", secondo cui il miglioramento del mondo è una possibilità che dipende dall'impegno dei singoli uomini. PHUSIS Dal greco ,comunemente tradotto con "natura" nel pensiero antico designa la totalità delle cose nella loro originaria generazione. I presocratici creano il concetto filosofico di phýsis e per questo sono detti anche "fisici". Per essi la phýsis è il principio vitale della totalità, delle cose che si generano e crescono. Con gli eleati l'orizzonte della phýsis subisce una determinazione di tipo ontologico: il principio è l'essere. Con Eraclito, Anassagora e Diogene di Apollonia la problematica della phýsis si apre alle questioni connesse ai temi del lògos, dell'intelligenza e della legalità del reale. Platone parla di phýsis riferendosi alle idee, cioè all'essere intellegibile e metaempirico. Aristotele, fissando la distinzione tra "filosofia prima" e "filosofia seconda", definisce la differenza tra l'ambito metafisico e quello fisico: la phýsis non designa più la totalità del reale, ma l'ambito circoscritto della natura sensibile. Per gli stoici la phýsis è anche lògos secondo una triplice valenza; è principio fisico-teologico, fondamento dell'etica e principio di crescita. Per Plotino la phýsis rientra nella produzione del mondo fisico da parte dell'Anima: deriva dalla contemplazione produttiva dell'Anima ed è essa stessa contemplazione. PLUSVALORE Concetto tipicamente marxiano (espresso nel "Capitale"): all'interno del ciclo economico del capitalismo, in cui la produzione è finalizzata essenzialmente all'accumulazione di denaro, il valore delle merci prodotte dal lavoratore è superiore a quello che gli viene corrisposto in salario. Questa differenza di cui si appropria il capitalista come profitto costituisce il plusvalore. L'operaio infatti produce 10x, ma in busta paga si trova solo 5x, sicchè il capitalista ruba all'operaio 5x, ovvero l'operaio lavora di più di quel che gli viene effettivamente retribuito: tale lavoro in più è il pluslavoro e genera per il capitalista un plusvalore. POTENZA-ATTO E' una coppia di concetti correlativi, perché la potenza è l'essere nella sua condizione imperfetta, cioè come possibilità non ancora realizzata che tende all'atto come il suo fine specifico. L'atto è la forma perfetta di un ente che ha realizzato pienamente la propria potenza. PREDESTINAZIONE in teologia si indica la possibilità che Dio abbia destinato alcuni uomini al Paradiso già dalla fondazione del mondo o prima della loro nascita (quindi indipendentemente dal loro comportamento). È un concetto ampiamente utilizzato dal Calvinismo, lontano dalla mentalità cattolica che si fonda sul libero arbitrio (la salvezza eterna è concessa solo a color che l’hanno meritata in seguito al loro corretto comportamento). Quest’ultima concezione religiosa ha creato spesso dibattiti che hanno giocato sulle contraddizioni che scaturiscono dalle attribuzioni che il cattolicesimo da a Dio: onnipotente, (e quindi può decidere a suo piacimento in merito alla salvezza o alla dannazione di un uomo, a prescindere dalla sua condotta effettiva, conferendo la grazia?) infinitamente buono (cioè non può desiderare il male, quindi non poteva creare un uomo capace di fare del male - si limita la sua onnipotenza), onnisciente (che sa tutto, quindi a priori sapeva già che cosa accadrà nel mondo nel momento stesso che l’ha creato). Il Calvinismo ha risolto (almeno in parte) queste controversie ammettendo che una vita giusta non necessariamente garantisce il Paradiso e che Dio, secondo il suo insindacabile giudizio, è libero di concedere la grazia eterna. Questa concezione ha spinto gli uomini a ricercare nel loro operato quotidiano (successo lavorativo, capacità di vivere rettamente) i segni della loro predestinazione, favorendo l’iniziativa professionale. (Si veda per es. "L’etica protestante e lo spirito del capitalismo" di Weber). PROGRAMMA DI RICERCA METAFISICA Nell'ultima filosofia di Popper, programma che indica "la direzione in cui si possono trovare teorie della scienza adeguatamente esplicative e rende possibile una valutazione della profondità di una teoria". PROLETARIATO E' la classe dei lavoratori, tipica del modo di produzione capitalistico; i proletari non posseggono i mezzi di produzione ì, ma soltanto la propria forza lavoro, che il capitalista compera pagandola con il salario. Si chiama proletariato perché la ricchezza dei suoi membri (i proletari) si basa esclusivamente (oltre che sulla propria forza lavoro) sul fatto di avere una prole da mandare a lavorare in fabbrica. RAGIONE Da Kant in poi, la ragione coglie l'infinito, l'intelletto coglie il finito: la contrapposizione tra intelletto e ragione si configura allora come contrapposizione tra finito e infinito. Se il puntare all'infinito della ragione per Kant è del tutto illegittimo (poichè implica un salto metafisico illegittimo agli occhi di Kant) , esso diventa legittimo per i Romantici e, soprattutto, per Hegel: riconoscendo legittimo (a differenza di Kant) il puntare all'infinito, la ragione sarà decisamente superiore rispetto all'intelletto, il quale non si spinge oltre il finito. RAPPORTI DI PRODUZIONE E', nella filosofia marxiana, l'insieme dei rapporti che costituiscono la struttura economica della società e "corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali". I rapporti di produzione determinano anche le rappresentazioni che gli uomini inseriti necessariamente in quei rapporti, si fanno della realtà. Nella società medioevale le forze produttive si diedero come organizzazione sociale (ovvero come rapporto di produzione) il servilismo; tuttavia le forze di produzione migliorano a dismisura e finiscono per trovarsi ingabbiate dai rapporti di produzione: ne consegue che occorre abbatterli per crearne di nuovi. A questo è servita la Rivoluzione francese. RETORICA Il termine significa "arte del corretto uso della parola", e ciò si può capire dalla radice greca -re che corrisponde in italiano al nostro dire. La retorica era un’arte, e coloro che volevano ottenere successo nell’ambito politico dovevano esserne padroni. Essa infatti consisteva nell’abilità di trattare un qualunque argomento (specialmente di carattere politico e umanistico) in modo da convincere chi ascoltava che la propria idea era giusta. Quindi, al fine di giungere a questo punto, per esser bravi oratori era necessario conoscere a fondo il lessico, la sintassi, la grammatica, ma anche la fonetica e la mimica, che pur avendo un ruolo minore avevano la loro importanza. La retorica, ad esempio, era essenziale ad Atene dove, a causa di varie problematiche, molti cittadini venivano portati in tribunale. Qui, non avendo la possibilità di essere rappresentati, dovevano sapere esporre le proprie ragioni nel modo più convincente possibile e magari (usando un’espressione sofista) "rendere forte il discorso debole". Ad Atene si assiste ad una straordinaria diffusione di scuole dell’arte oratoria, tra le quali è bene ricordare quella del grande maestro Isocrate. Quest’ultimo credeva vi fosse una speciale relazione tra pensiero e parola e che "il parlare bene è per noi la prova più sicura del pensare bene". RISENTIMENTO Nella filosofia di Nietzsche, è lo stato d'animo dell'uomo che impotente a creare nuovi valori e ad affermarsi sulle sofferenze della vita "dice di no" alla vita stessa asservendosi alla "morale degli schiavi", odiando ciò che non può essere o non può avere e limitandosi, utilitaristicamente a difendere la qualità del "gregge". SILLOGISMO Dal greco , "concatenazione di ragionamenti", con Aristotele designa la forma perfetta di deduzione, " un discorso in cui, poste talune cose, altre ne seguono di necessità ". Esso è composto di 3 proposizioni categoriche (costituite cioè di soggetto e predicato) e precisamente di due premesse e una conclusione. In ciascuna delle due premesse compare uno stesso termine (detto "medio") il quale consente di connettere gli altri due termini nella conclusione: "tutti gli animali sono mortali, l'uomo è un animale, dunque l'uomo è mortale" ; il termine medio è "animale", che mi consente di allacciare tra loro le due premesse per avere la conclusione. Nella prima premessa il termine medio funge da soggetto, nella seconda da predicato. Se le premesse sono vere anche la conclusione è necessariamente vera. Proprietà del sillogismo è infatti la trasmissione della verità dalle premesse alla conclusione. Se il "medio" fosse solo predicato o solo soggetto in tutte e due le premesse non potremmo trarre conclusioni così semplici : se per esempio avessimo queste due premesse "tutti i vegetali sono verdi " e "tutte le rane sono verdi" finiremmo per dire "tutte le rane sono vegetali" : il medio (rane) è soggetto in tutte e due le proposizioni . In questo caso teoricamente non lo si può neanche chiamare termine medio. SOCIETA' APERTA I due modelli alternativi di convivenza umana, secondo Popper, sono la società aperta e la società chiusa; la prima è una società di tipo liberale e democratico, in cui sono "aperte" le direzioni di ricerca intellettuale e sociale, la seconda è una società di tipo autoritario e totalitario, governata da una legge o un potere assoluto: società chiuse sono quelle delineate da Platone, Hegel e Marx, nemici del liberalismo e della società aperta, pluralistica e libera. SOGGETTO Dal latino subiectum che traduce il greco , ossia "ciò che soggiace". Per Aristotele il soggetto è anzitutto la materia come presupposto della forma e quindi ipostasi, substantia. Ma soggetto è anche l’individuo come punto di supporto dei suoi attributi o accidenti. Questa struttura ontologica trova un corrispettivo nella struttura logica del giudizio laddove il soggetto è ciò di cui si predica qualcosa, non potendo egli stesso mai diventare predicato di qualcos’altro. Dunque il soggetto è ciò che permane alla base di ogni possibile predicazione. La filosofia scolastica fece propria questa impostazione aristotelica, intendendo però l’ "essere soggettivo" come ciò che designa l’esistenza reale, mentre l’ "essere oggettivo" nomina l’esistenza delle cose nella mente. Queste premesse preparano la rivoluzione soggettivistica della modernità che si inaugura con Cartesio. Questi, da un lato resta fedele all’uso scolastico del termine soggetto come sostanza, dall’altro apre la via al tema moderno del valore delle rappresentazioni. Il "cogito", come sostanza pensante, concepisce se stesso e il mondo attraverso quegli attributi che sono le idee, il cui grado di evidenza e il cui valore di verità diventano fondamentali. Attraverso Hobbes, Locke, Leibniz e Hume il termine soggetto si identificherà sempre più con l’attività senziente e pensante dell’io, e questo processo culminerà in Kant, per il quale il soggetto è l’ "io penso" o coscienza trascendentale, mentre l’oggetto è la realtà in sé delle cose e del mondo. Nel successivo sviluppo idealistico da Fichte a Hegel, da Croce fino a Husserl, la realtà oggettiva viene in vario modo ricondotta o assimilata ad attività del soggetto o spirito, sicché l’identificazione tra soggetto e coscienza pensante diviene il caposaldo della filosofia, sia idealistica e spiritualistica che dell’empirismo positivistico, che al soggetto trascendentale oppone il soggetto empirico della psicologia e delle scienze umane. Recentemente però la preminenza del soggetto e la sua identificazione con la coscienza sono state rifiutate: emblematico il decentramento del soggetto di M. Foucault. Questi esiti sono stati preparati in parte dalla critica marxista della coscienza come sovrastruttura ideologica, dalla freudiana scoperta dell’inconscio, dalla linguistica e dall’etnologia strutturali di Lévi Strauss e F. de Saussure. In questo caso il soggetto diventa una specie di effetto-superficie, dominato da leggi e strutture ignote alla coscienza. Ricordiamo infine Nietzsche, che con il suo prospettivismo demolisce la sovranità del cogito definendo soggetto e coscienza maschere di impulsi vitali più profondi e Merleau-Ponty, che intreccia in un’unità ambigua e irresolubile mondo e coscienza. SOVRASTRUTTURA Tipica della filosofia marxista: è costituita dai rapporti giuridici delle dottrine politiche- ma anche dalla dottrine filosofiche, etiche, religiose, estetiche - che si sviluppano in una struttura economica, di cui esprimono i rapporti di produzione e le corrispondenti forme della coscienza sociale. SPIRITO E', in Hegel, l'assoluto, presente nelle varie manifestazioni storiche della vita. Non è un ente a sé stante, trascendente, ma il principio della razionalità delle cose o, in altri termini, il graduale auto-comprendersi della realtà di cui fa parte e costituisce la coscienza. STRUTTURA Concetto marxiano, la struttura è costituita insieme dalle forze produttive e dai rapporti di produzione da cui dipende la sovrastruttura ideale. E' il fattore determinante della trasformazione storica. Struttura è tutto ciò che riguarda l'economia; e la storia è appunto economia, sono i rapporti economici a fare la storia, per cui l'economia è struttura. SUPERUOMO Superuomo o oltreuomo è, nella filosofia di Nietzsche, l'uomo che, accettato il gioco di forze dell'essere, si fa capace di costruire un'esistenza colma di vita e di senso, attimo per attimo. E' figura della nuova moralità e dell'"affermazione della vita" che stanno "oltre" il nichilismo passivo, in fedeltà alla terra e allo spirito dionisiaco. Il superuomo sarà un essere libero, che agirà per realizzare se stesso. E' un essere che ama la vita, che non si vergogna dei propri sensi e vuole la gioia e la felicità. E' un essere "fedele alla terra", alla propria natura corporea e materiale, ai propri istinti e bisogni. La "fedeltà alla terra" è fedeltà alla vita e al vivere con pienezza, è esaltazione della salute e sanità del corpo, è altresì affermazione di una volontà creatrice che istituisce valori nuovi (ecco il vero significato della volontà di potenza). Non più "tu devi", ma "io voglio". Il superuomo è inoltre un essere socievole, rappresentato da Zarathustra che balla. Egli ha abbandonato ogni fede, ogni desiderio di certezza, per reggersi "sulle corde leggere di tutte le possibilità". La sua massima è: "Diventa ciò che sei". La libertà del superuomo è una ricchezza di possibilità diverse, da qui appunto la rinuncia ad ogni certezza assoluta e da qui anche la profondità tipica del superuomo, l'impossibilità di definire e giudicare la vita interiore, dalla quale non si attinge altro che la maschera ("Tutto ciò che è profondo, ama mascherarsi"). Il superuomo è il filosofo dell'avvenire; è un uomo senza patria né mèta per poter insegnare ad amare la ricchezza e la transitorietà del mondo. Con la sua "diversità di sguardo", egli cerca di rendere più degno il pensiero della vita, di dare al mondo un altro valore, un'altra verità: la verità non è qualcosa da riconoscere ma da creare. Con la libertà che nasce dall'abbandono delle vecchie illusioni e certezze, egli osa "spostare le pietre di confine" e aprire alla ricerca nuovi orizzonti. SUPERAMENTO Nella filosofia hegeliana, è un'operazione tipica della ragione che riconosciuta la dialetticità intrinseca del pensiero e della realtà, non annulla le loro opposizioni costitutive, ma mentre le "toglie", le "mantiene" in una superiore unità. Come i camosci, per salire dalle pareti rocciose a strapiombo, rimbalzano da una parete all'altra salendo a zig zag, così rimbalzando da una parte all'altra con affermazioni e negazioni non si resta ad un livello stazionario, non si torna di volta in volta al punto di partenza, bensì si sale un poco alla volta. E la posizione di Platone risulta più matura rispetto a quella dei Presocratici grazie alle critiche mosse dai Sofisti: è una sorta di processo circolare, ma a spirale poichè non si torna mai al punto di partenza, bensì ad ogni spira il livello è salito di un pò. Questo gioco per cui si sale un pò alla volta è ben espresso dall'uso hegeliano di una parola tedesca: Aufhebung , che potremmo tradurre con 'superamento', ma che può essere tradotto ancora più adeguatamente dal 'tollere' latino, nella sua duplice accezione di 'togliere' e di 'sollevare'. Infatti, il superamento è il processo per cui, nello sviluppo dialettico della realtà, ogni cosa viene tolta e conservata, ovvero tolta e sollevata (cioè riproposta ad un livello più alto). TEISMO In generale, indica ogni dottrina religiosa o filosofica che ammette un Dio unico personale e trascendente e in quanto tale, si contrappone all' ateismo (che nega l'esistenza di Dio) e al deismo (che ammette un Dio dimostrabile dalla ragione). E' tipico delle tre grandi religioni monoteistiche: ebraismo, cristianesimo, Islam. Filosofo teista fu, ad esempio, Pascal. TEODICEA Termine coniato da Leibniz come titolo di una sua opera, relativa alla dimostrazione della giustizia divina e al problema della conciliazione di tale giustizia con l'esistenza del male nel mondo. Da allora il termine è adoperato per designare questi problemi, indipendentemente dall'opera leibniziana. TEORIA SCIENTIFICA Con la nascita della scienza moderna il termine teoria, che nell'antichità era sinonimo di contemplazione (dal greco "contemplo"), assume il significato di ipotesi, deduzione ed esperimento. Per la dottrina "convenzionalistica" di P. Duhem una teoria scientifica consiste in un'insieme di ipotesi e ha il suo unico criterio di verità nell'accordo con l'esperienza, ossia nella conferma delle ipotesi, che a loro volta condizionano l'osservazione dei fenomeni. Secondo Popper il convenzionalismo di Duhem ha " contribuito a chiarificare le relazioni tra teoria ed esperimento ". Popper sostituisce al principio di verificazione dei neopositivisti il criterio di falsicabilità , ossia un criterio di demarcazione tra asserti scientifici e asserti non-scientifici: una teoria è scientifica solo se è falsicabile, cioè solo se può essere confutata dall'esperienza. TRASCENDENTALE Nella filosofia kantiana, è ciò che riguarda le condizioni di conoscibilità a priori degli oggetti e dunque è condizione di possibilità dell'esperienza e della conoscenza. Trascendentali sono le 12 categorie: esse esulano dall'esperienza, ma sono applicabili legittimamente esclusivamente all'esperienza; ecco perché sono trascendentali e non trascendenti. UTOPIA Dal greco , "non-luogo" e, al contempo, da "luogo felice": è il titolo di una celebre opera di Tommaso Moro; Utopia è un'isola immaginaria in cui regna (a differenza che nella realtà) la giustizia e il bene. Da allora il termine designa qualsiasi progetto politico, sociale o pedagogico che si prefigga la realizzazione di condizioni ideali, elaborate concettualmente o anche soltanto immaginate, che ancora non trovano (o non potranno mai trovare) riscontro empirico nella realtà. La Repubblica di Platone è un ottimo esempio di utopia; così anche La Città del Sole di Tommaso Campanella e La Nuova Atlantide di Bacone; lo stesso comunismo di Marx è stato più volte inteso come utopia. Sorel contrappone l'utopia al mito: il mito è rappresentazione unitaria e intuitiva che muove immediatamente la volontà, l'utopia è piuttosto un progetto analizzabile razionalmente e scomponibile nelle sue parti ma proprio per questo incapace di promuovere l'azione. Dal termine utopia derivano due aggettivi: "utopico" è ciò che esula dalla realtà ma che sarebbe un bene si concretizzasse; "utopistico" è ciò che esula dalla realtà ma che sarebbe un male si realizzasse. Il termine "utopia" è stato spesso utilizzato per designare l’irreale o l’impossibile, la fuga della fantasia di fronte a situazioni difficoltose; in tal modo vengono accentuati i motivi irrazionali e sognatori delle produzioni utopiche. Ma con il passare del tempo, grazie ad una nuova consapevolezza, abbiamo avuto modo di assistere ad un allargamento semantico del termine: ora si parla di atteggiamento utopico che ha come caratteristica l’istanza creativa e l’intento critico e che ha alla base una preoccupazione e un’ansia più che reali. Quindi, l’utopista non è colui che fugge dal suo tempo o dal suo contesto; egli propone semplicemente e soprattutto realisticamente, un "dover essere" che si scontra dialetticamente con la realtà presente. Inoltre è utile sottolineare la vicinanza e il parallelismo presente tra l’utopia e l’ucronia: entrambe ripropongono il valore di una categoria ben precisa: quella della possibilità. Infatti la possibilità è ciò che contraddistingue la coscienza insieme alla intenzionalità; Melchiorre parla appunto proprio di coscienza utopica, la quale realizza e sperimenta su di sé l’esperienza della tensione fra reale e possibile. L’utopista non ripropone il reale, non lo giustifica; egli oppone al reale non l’irreale, quanto il possibile e l’auspicabile. Nelle utopie troviamo, evocate per contrasto, le analisi razionali, tutt’altro che superficiali, della situazione e del contesto contemporaneo all’autore. Per Mannheim la mentalità utopica si trova in contraddizione con la realtà presente e ha lo scopo di spezzare l’ordine esistente. Mannheim per mostrare la tensione tra l’elaborazione utopica e il contesto dal quale essa stessa muove, si avvale di due concetti, tra di loro antitetici: utopia e ideologia. L’ideologia è un complesso di idee e concetti volti a giustificare il reale stato di cose esistente; l’utopia si contrappone ad essa, squarciando i presupposti sui quali si basa. Ma si tratta di un’antinomia apparente: l’utopia, una volta realizzata e accreditata, si capovolge dialetticamente nel suo opposto, dando luogo ad una nuova, ma paradossalmente sempre la stessa, ideologia. VERIFICAZIONE E' un processo di definizione della verità o falsità di una determinata proposizione. Il processo di verificazione implica solitamente il reperimento di una "prova" che sancisca il contenuto della proposizione. Tale prova può essere di tipo empirico (ricorso ai fatti dell'esperienza esterna o interna), di tipo intuitivo (ricorso all'evidenza immediata) o di tipo dimostrativo (ricorso all'argomentazione rigorosamente fondata). E' col neopositivismo che il principio di verificazione si è affermato in campo filosofico: tale principio secondo i neopositivisti consente di distinguere gli enunciati di carattere scientifico dalle proposizioni vaghe e quindi prive di significato conoscitivo. DAL CINISMO AL NEOPLATONISMO INDICE RAGIONATO DEI CONCETTI Adiaforía Indica l'atteggiamento morale di totale indifferenza che, secondo gli Stoici radicali (Aristone di Chio ed Erillo), il saggio deve tenere nei confronti delle cose che stanno a metà fra la virtù e il vizio (v. Indifferente). Afasia È l'atteggiamento di non-dire-nulla e di non-pronunciarsi-sulla-natura-delle cose. Sesto Empirico spiega che afasia vuol dire «rinuncia alla fasi», dove «fasi» significa una espressione che afferma o nega. All'afasia è strettamente connessa l'epoché (v. voce). Allegoria Nei primi secoli dell'era imperiale, l'interpretazione allegorica, che mira a ricavare sistematicamente il significato concettuale delle narrazioni mitiche, poetiche o anche storiche, diventa un metodo di esegesi filosofica. - a) Ne fanno uso gli Stoici, che considerano le raffigurazioni poetiche riguardanti gli Dei come simboli di verità fisiche. - b) Fra i filosofi è però Filone di Alessandria che sviluppa il metodo allegorico in maniera sistematica, al punto da farne il metodo stesso del suo filosofare - c) Una interpretazione allegorica molto elaborata è contenuta nella Tavola di Cebete, che è uno pseudoepigrafo pitagorico di età ellenistica. - d) Un largo uso del metodo allegorico si riscontra nel medioplatonico Plutarco, in particolare nel De Iside et Osiride, dove la mitologia egiziana è riletta in questa chiave con estrema finezza. - e) L'interpretazione allegorica della mitologia greca e dei poeti diviene canonica nel Neoplatonismo, inizialmente in modo discreto in Plotino, poi in modo sempre più diffuso e massiccio già da Porfirio (si pensi alla sua interpretazione allegorica di Omero nell'Antro delle Ninfe). - f) Anche l'interpretazione dei dialoghi platonici operata soprattutto da Giamblico in poi, può essere considerata come una forma particolare di interpretazione allegorica. Apatia Il termine significa «impassibilità», nel senso di assenza di passione, e costituisce, con diverse sfumature, l'ideale morale di quasi tutta la filosofia dell'età ellenistica. - a) Per gli Stoici indica la radicale eliminazione delle passioni, intese come i mali dell'anima da cui dipende la sua infelicità. Le passioni sono sradicabili dall'anima, perché coincidono con giudizi errati, o perché sono loro conseguenza. Il retto giudizio - e dunque la conoscenza - elimina le passioni e rende felice l'uomo. - b) Per i Cinici l'apatia si colora del significato di indifferenza di fronte a tutte le cose apprezzate dagli uomini. -c) Per il megarico Stilpone l'apatia assume il significato di capacità di non sentire neppure i bisogni, e si fonda sulla matrice eleatica della sua ontologia. - d) In Pirrone l'apatia assume il significato più radicale di totale insensibilità (ne sentire quidem, «non sentire nulla»), in uno stato che si raggiunge «spogliando completamente l'uomo». - L'ideale dell'apatia è reso icasticamente dall'immagine del saggio che può essere felice anche tra i più atroci tormenti (p.es. nel toro infuocato di Falaride). Apeiron Dopo un impiego filosofico in senso prevalentemente negativo nel corso della filosofia classica e di quella ellenistica, in Plotino l'apeiron assume una connotazione positiva, indicando l'inesauribile potenza e ricchezza dell'Uno. - Proclo riprende poi la concezione platonica del Filebo, che fa dell'illimitato uno dei due elementi costitutivi di tutta la realtà, con la cosiddetta legge del ternario, secondo cui tutte le realtà sono costituite dall'úpeiron e dal péras, e sono quindi una loro mescolanza. Apparenza: v. Fenomeno Areté Anche nel contesto dei sistemi dell'età ellenistica la virtù resta strutturalmente legata alla conoscenza. In particolare, per gli Stoici la virtù coincide con il logos armonizzato in modo perfetto, con l'azione perfetta (katórthoma). - Nella speculazione neoplatonica, la dottrina delle virtù subisce notevoli amplificazioni a cominciare già da Piotino. Porfirio distingue quattro livelli di virtù culminanti nelle virtù dello Spirito, e gli ultimi Neoplatonici parlano di una virtù teurgica come culmine della gerarchia delle virtù. Ma questa virtù rischia di essere ormai la negazione dell'antico razionalismo dei Greci (v. Teurgia). Atarassia L'ataraxía (tranquillitas animi, securitas) indica l'atteggiamento di tranquillità dell'animo e di imperturbabilità che caratterizza il saggio, secondo la maggior parte delle scuole dell'età ellenistica. - a) Per gli Epicurei, l'atarassia coincide soprattutto col piacere catastematico (quieto, immobile) e con l'aponia o assenza di dolore. - b) Per gli Stoici coincide con l'apatia, nel senso di assenza di passioni (il termine ataraxía viene usato dagli Stoici solo in un secondo momento, ma certamente prima dell'età di Cicerone). -c) Per Pirrone l'atarassia consiste nel ne sentire quidem, «non sentire nulla». - d) Per molti Accademici, Peripatetici e per gli ultimi Scettici, l'atarassia si raggiunge tramite la metriopatia o «moderazione delle passioni», e si identifica con essa. Atomo Per la riforma epicurea del clinamen, che modifica strutturalmente la concezione originaria degli Abderiti, v. Declinazione. Autarchia L'ideale dell'autarchia, che implica i concetti di autonomia e autosufficienza, ispira in genere tutta la filosofia ellenistica: chi segue la natura - dice Epicuro - raggiunge l'autarchia. Allo stesso modo l'autarchia è la caratteristica peculiare della virtù per gli Stoici, perché è fine a se stessa. Bello In Plotino il Bello si identifica con il Nous, con la seconda Ipostasi, mentre l'Uno è al di sopra del Bello. Lo stesso Plotino dice tuttavia che l'Uno «è bellezza che trascende ogni bellezza» e fonte di ogni bellezza. Bene La dottrina del Bene raggiunge i suoi vertici metafisici in Plotino, il quale lo identifica con l'Uno e lo concepisce come trascendente lo stesso Essere e lo stesso Pensiero. - La valenza etica del Bene emerge in primo piano nei sistemi dell'età ellenistica, dati i loro, preminenti interessi morali. Le due interpretazioni estreme sono quella epicurea, che identifica nel piacere il bene supremo, e quella stoica, che lo identifica con la virtù, mediante il concetto di oikeíosis (l'istinto primigenio di conservazione, per cui bene è ciò che conserva il nostro essere e lo incrementa, male è ciò che lo danneggia e lo diminuisce). - Nei sistemi dell'età imperiale il bene morale si realizza nella assimilazione al Divino e soprattutto nell'unione mistica e nell'estasi, e dunque assume valenze chiaramente misticoreligiose. Canone, Canonica Kanón significa criterio o norma. Il termine diventa tecnico nella filosofia del Giardino. Epicuro intitola Canone il libro in cui elabora il criterio della verità e la norma del bene e del male. La dottrina che elabora il canone della verità viene chiamata canonica: così è denominata, in particolare, la logica epicurea. Categoria Gli Stoici riducono le categorie, dalle dieci aristoteliche, a quattro: la sostanza o sostrato materiale, la qualità, i modi e i modi relativi, senza tuttavia esplicitare la nuova tematica ontologica che sta sullo sfondo di questa riforma. - Plotino riduce drasticamente la validità ontologica delle categorie aristoteliche alla sfera del sensibile, mentre propone come tavola delle categorie dell'incorporeo le cinque Idee generalissime del Sofista di Platone. - Già a partire da Porfirio, però, si verifica un recupero della tavola aristotelica delle categorie e della relativa problematica, soprattutto nella sua valenza logicognoseologica, che attira poi l'attenzione della maggior parte dei filosofi della tarda antichità. È soprattutto nella valenza logica che Boezio trasmette la dottrina delle categorie al Medioevo. Clinamen: v. Declinazione Cosmopolitismo Consiste nella concezione, seguita alla rottura dell'antico éthos della polis, del cosmo come una grande polis. L'idea si fa strada, dapprima, nei Sofisti e nei Socratici minori, per trovare poi la sua formulazione più piena nell'etica stoica, dove si fonda teoreticamente sulla estensione dell'oikeíosis, dell'istinto di conservazione (v. Areté), a tutto il genere umano. Diventa poi, per influsso del Portico, una concezione comune alle varie scuole nell'età imperiale. Declinazione La parénklisis o clinamen esprime una delle più significative novità introdotte dagli Epicurei nel sistema dell'antico Atomismo: si tratta dell'ammissione di «uno spostamento minimo» totalmente casuale ed eslege degli atomi dalla loro linea di caduta. A livello ontologico tale deviazione serve a spiegare la possibilità della collisione e l'aggregazione degli atomi. A livello antropologico-morale, invece, serve a render conto della possibilità della libertà umana, che in un sistema totalmente regolato dalla necessità non troverebbe spazio alcuno. Deificazione In senso specifico, la théosis (deificatio) esprime l'identificazione dell'uomo e dell'anima umana con Dio. È una concezione largamente preparata dalla dottrina platonica e medioplatonica della virtù intesa come atto di assimilazione al Divino e comune a molti filosofi dell'età imperiale. - a) Ispira profondamente la filosofia neopitagorica, secondo la quale il fine principale dell'etica è esattamente quello di diventare Dio. - b) Anche in Plotino e nei Neoplatonici la théosis coincide con l'unione mistico-estatica con l'Assoluto. - c) Diversa, come vedremo nel volume III, la posizione di Filone: in lui, a differenza che in tutti gli altri, l'unione con Dio non è una deificazione dell'uomo, ma un darsi di Dio come dono all'uomo. Diade Alla fine dell'età ellenistica e in età imperiale la dottrina della Diade rinasce, dopo un lungo oblio, in modo limitato nei Medioplatonici, p.es. in Plutarco, e invece in modo rilevante nei Neopitagorici, i quali considerano la Diade come principio passivo e come materia intelligibile dualisticamente contrapposta alla Monade. La tendenza propria del movimento neopitagorico a realizzare un monismo spiritualistico finisce però col negare l'autonomia ontologica della Diade, prima deducendola dalla stessa Monade, poi, ulteriormente, deducendola, insieme a un uno inferiore, da un Uno superiore. - La dottrina della Diade si ritrova anche in Plotino e nei Neoplatonici, sebbene non in primo piano. In Plotino, in particolare, la Diade è il primo prodotto dell'Uno, che si determina rivolgendosi all'Uno, e, in questo modo, dà luogo al mondo delle Idee e del Nous. Diatriba La diatriba è una forma letteraria codificata dai Cinici, consistente in una breve composizione, per lo più in forma dialogica, di carattere prevalentemente etico, dai toni spesso parodistici, mordaci e polemici. - Spogliata della grinta cinica, la diatriba diviene un genere letterario molto diffuso soprattutto nella tarda antichità. Dio, Divino a) Mentre da Platone e Aristotele, e dalla letteratura filosofica che a loro si connette, Dio e il Divino sono concepiti come trascendenti il mondo, gli Stoici considerano Dio-Divino come immanente e lo fanno coincidere con la natura stessa. (La filosofia del Portico presenta la prima formulazione coerente dell'immanentismo.) - b) Secondo Epicuro, Dei e mondo stanno fra loro in un rapporto di estraneità, nel senso che gli Dei non causano e neppure reggono il mondo. Gli Dei non hanno però una struttura che li differenzi ontologicamente dal mondo. - c) In Plotino e nei Neoplatonici, il Divino ha diversi livelli di trascendenza: nel suo complesso trascende il-mondo fisico; al suo interno ci sono, poi, ulteriori gradi di trascendenza, essendo il Principio primo e assoluto addirittura al di là dell'essere, del pensiero e della vita: il Bene è l'Uno, l'Assoluto stesso, e boni forme è tutta la sfera del Divino. - L'idea che sia necessaria una rivelazione di Dio perché l'uomo creda nella sua esistenza è fondamentalmente estranea al pensiero greco. Dogma, dogmatici, dogmatismo II termine dogma diventa particolarmente significativo in età ellenistica, e se secondo Epicurei e Stoici è essenziale per il saggio avere dogmi, ossia principi dottrinari in cui fermamente credere, per contro negli Scettici «dogma» e «dogmatico» assunsero una connotazione negativa. Dogma, per lo Scettico, diventa un assenso dato a cose oscure, ossia a ogni proposizione che pretenda di esprimere una qualsiasi verità che non sia di evidenza puramente empirica o fenomenica. Doxa L'assoluta preminenza dell'epistéme, alla quale solamente è connessa la verità, resta la cifra di tutta quanta la filosofia greca, anche dopo Platone. Sia Epicuro, sia gli Stoici, sia Plotino, anche se con motivazioni differenti, indicano nella doxa il luogo dell'errore. Solo gli ultimi Scettici, che con Sesto Empirico tentano una fusione fra scepsi e medicina empirica, danno alle opinioni un rilievo inconsueto: ma questi filosofi rappresentano, in realtà, la negazione della speculazione filosofica, che, per loro, è tutta e solo dogmatica. Epoché È un termine, probabilmente coniato da Arcesilao, per esprimere la pirroniana adoxía (che designava la rinuncia del saggio ad avere opinioni). Epoché significa sospensione del giudizio. Eros Rispetto al vigoroso senso metafisico dell'Eros platonico, negli Epicurei e negli Stoici si ha una drastica riduzione del significato e della portata dell'erotica. Gli Stoici sostengono che l'amore è un desiderio che non riguarda i saggi, sebbene concedano al saggio di amare colui che ne è degno. Plotino e i Neoplatonici riprendono il concetto platonico di eros, sviluppandolo nel contesto dell'ontologia delle ipostasi. Anche per Plotino l'amore non può caratterizzare l'Assoluto (l'Uno), ma piuttosto la via, ossia il modo (o uno dei modi) del ritorno all'Uno. L'amore è collegato da Plotino all'ipostasi dell'anima nella sua tensione verso lo Spirito e verso l'Uno che ha luogo attraverso il Bello. Essere a) Dopo Aristotele la teoria dell'essere subisce una marcata involuzione, come dimostrano la fisica di Epicuro e quella stoica. Per le filosofie ellenistiche l'essere coincide, in generale, con il corpo e con il corporeo. Lo stesso essere divino è corporeo. Pirrone e lo scetticismo cercarono invece di ridimensionare il concetto di essere e di risolverlo, in qualche modo, nell'apparire. - b) Con la rinascita del Platonismo (verso la fine dell'età ellenistica e nei primi secoli dell'era cristiana), l'essere viene identificato con l'incorporeo e con il trascendente, in netta polemica con la filosofia del Giardino e della Stoa. - c) In Plotino la problematica dell'essere assume valenze del tutto nuove. L'essere, che fa tutt'uno col pensiero, coincide con la seconda ipostasi. Ma ancora più nuovo è il tentativo di concepire il principio primo e l'Assoluto, cioè l'Uno, come al di sopra dell'essere stesso. Con Plotino, quindi, la dottrina dell'essere diventa una parte della metafisica e non quella ultimativa. Il Neoplatonismo successivo segue la via aperta da Plotino. Estasi La tematica dell'estasi, per quanto sia già presente in Platone, trova la sua precisa formulazione nel contesto del pensiero della tarda antichità. È possibile distinguere tre formulazioni differenti della dottrina dell'estasi, a seconda delle tradizioni cui si ispira e dei fondamenti su cui si impianta. - i) La prima è quella di Filone di Alessandria, legata al profetismo biblico e poggiante sul concetto di grazia e di dono divino. L'uscita da sé (ekstasis) è il darsi a Dio, che però è possibile solamente nella misura in cui Dio si dona a noi. - 2) La seconda formulazione è quella di Plotino, per cui estasi è l'eliminazione dell'alterità, la semplificazione, l'unificazione con l'Uno. L'estasi plotiniana non dipende da un dono di Dio, ma è opera delle pure capacità dell'uomo. È questa una concezione che dipende dalla antica convinzione greca, secondo cui l'uomo da solo può raggiungere il suo telos, senza bisogno di aiuto che venga dal di fuori. È quindi la forma di estasi che potremmo chiamare filosofico-speculativa e autarchica. - 3) La terza è quella che si trova nelle correnti della mistica pagana, come per esempio nell'ermetismo, e poi nei tardi Neoplatonici, legata alla virtù teurgica e quindi a una mentalità magica. Fenomeno Il termine phainómenon, inteso in senso lato, significa la realtà quale si manifesta alla nostra esperienza, e quindi il mondo sensibile quale appare. - Una accezione particolare, ricca di particolari implicanze teoretiche, il termine assume però negli Scettici. Già Pirrone intende per fenomeno una sorta di apparire che, in certo modo, risolve in sé tutta la realtà. - Sesto Empirico formula invece il concetto di fenomeno fondandosi su presupposti chiaramente dualistici: da un lato, vi è ciò che appare (ai sensi), dall'altro ciò che sussiste in sé, ossia la cosa esterna. Il fenomeno diventa, in tal modo, una affezione del soggetto. Questo concetto costituisce la base sulla quale Sesto riformula il suo scetticismo. Grammatica Costituisce, per la prima volta, un capitolo della logica negli Stoici, i quali ritengono che la dialettica si debba occupare, oltre che della struttura del pensiero, anche di quella del linguaggio. Gli Stoici pongono le premesse dello studio scientifico della grammatica, sviluppate più tardi da Dionigi di Tracia. Heimarméne Il termine significa Fato o Destino. Da credenza mitico-religiosa, la Heimarméne diventa concetto tecnico nella speculazione degli Stoici, i quali la definiscono come la legge secondo cui tutte le cose sono avvenute, avvengono e avverranno. Il Fato stoico non è cieco, ma, al contrario, è razionalità, è il Logos che si manifesta nella sua necessità razionale. Impressione Il termine typosis significa letteralmente «impronta ». Nel contesto della filosofia greca in generale, e in modo particolare nelle filosofie corporeistiche dell'età ellenistica, viene interpretata come impronta la sensazione (v. voce), e quindi il fondamento della conoscenza. Indifferente Il termine adiàphoron (indifferens), secondo gli Stoici, indica tutte quelle cose che stanno fra i beni e i mali morali. E poiché, per questi filosofi, beni sono solo le virtù e mali solo i vizi, indifferenti sono tutte quelle cose che stanno fra virtù e vizi. In senso stretto, quindi, vita e morte, salute e malattia, giovinezza e vecchiaia, bellezza e bruttezza, ricchezza e povertà, e così via, sono tutti «indifferenti», appunto perché non sono né «beni» (= virtù), né «mali» (= vizi). -Adiàphora significa anche cose «senza differenze» o «prive di differenziazioni» dal punto di vista ontologico. Tali sono tutte le cose secondo lo scetticismo pirroniano, in quanto «niente è più questo che quello», «ogni cosa è e non è», «ogni cosa né è, né non è». Su questo fondamento Pirrone proclama la necessità per l'uomo di restare senza opinione e senza inclinazione di fronte alle cose del tutto indeterminate, e dunque la necessità della afasia (v. voce) e dell'impassibilità. V. Adiaforía. Ipostasi Hypóstasis significa sostanza. Il termine, usato dagli Stoici, dai tardi Peripatetici e dai Medioplatonici, diventa tecnico nei Neoplatonici a partire da Plotino. Si potrebbe dire che, nei Neoplatonici, ipostasi indica quella particolare concezione della sostanza inserita nella dialettica della processione (v. voce). L'ipostasi è una sostanza che deriva da un'altra sostanza, rispetto alla quale è sempre inferiore, e tuttavia è essa stessa sostanza a pieno titolo e capace, a sua volta, di generare altre sostanze, secondo le leggi della processione. Kathèkon Il termine kathékon, divenuto tecnico nella speculazione stoica, significa propriamente azione conveniente. In latino corrisponde a offticium. Per gli Stoici il kathékon si colloca, in un certo senso, a metà fra l'azione virtuosa e quella viziosa, sul piano degli indifferenti (v. voce), e coincide con quelle azioni riguardanti appunto gli intermedi che sono giustificabili razionalmente in quanto conformi a natura. Sono kathékonta, per esempio, l'avere buoni rapporti con amici, il nutrirsi, il riposarsi, il mantenere un decoro nella persona ecc. I kathékonta sono legati prevalentemente alla natura biologica e animale dell'uomo. - Il termine italiano «dovere» ricopre solo in parte la stessa area semantica, dato che, da un lato, implica rapporti con l'azione morale assai più stretti, e quindi dice di più; dall'altro, invece, dice di meno, perché il concetto stoico di kathékon è estensibile anche ad animali e piante, mentre quello di dovere non lo è affatto. - Il concetto emerge in primo piano e acquista più spiccata rilevanza etica nel Mediostoicismo di Panezio e poi nel De Offticiis ciceroniano. - Passando attraverso il ripensamento cristiano, il concetto di dovere diventa una acquisizione centrale e irreversibile del pensiero morale dell'Occidente. Legge È un contributo fondamentale della Stoa la precisa formulazione della dottrina della legge naturale come fondamento delle leggi umane e quindi del concetto di diritto naturale. Lektón È il termine con cui gli Stoici indicano il concetto universale. Oltre alle parole e alle cose, essi ammettono infatti i significati delle parole, che chiamano appunto lektà (che in genere si rende con «esprimibili») e che ritengono incorporei (nel senso che questo termine ha nella loro dottrina). Libertà I) In ambito ellenistico, si conferma la tendenza generale della Grecità a collegare la libertà alla ragione. - a) Per Epicuro tutta la filosofia è attività liberatrice ed esercizio di libertà. Per far posto alla libertà dal punto di vista ontologico, egli non esita a introdurre il clinamen (v. Declinazione). - b) Anche gli Stoici, contro i presupposti del loro sistema, difendono la libertà dell'uomo, che identificano con l'assenso (appunto, la libera adesione che l'anima umana dà oppure nega alle rappresentazioni sensibili che provengono dagli oggetti). Crisippo, poi, cerca di mostrare come la libertà si concili con la necessità della Heimarméne (v. voce), che pur domina assoluta. - c) I Cinici considerano la libertà come il bene supremo, poggiandola su due concetti fondamentali: l'anaídeia, cioè la libertà di azione senza restrizioni e spinta anche ai limiti dell'impudenza, e la parrhesía, la franchezza di parola non di rado esercitata ai limiti della sfrontatezza dissacrante. - d) In età imperiale il Neostoicismo guadagna nuove mete. Seneca giunge a parlare di voluntas e di velie, mentre Epitteto con il concetto di prohaíresis (la scelta e la decisione fondamentale) prospetta, con amplificazioni inedite, il concetto di libertà come scelta di fondo. - 2) Un taglio netto con il passato si ha invece nelle Enneadi, in cui Plotino scioglie il concetto di libertà da quello di scelta e lo fa coincidere con la potenza autoproduttrice dell'Uno. Con questa concezione, però, Plotino spezza gli schemi della Grecità. In generale, per Plotino, libertà implica immaterialità. Logica i) In età ellenistica prevale un concetto di logica come canonica (v. voce) e come dottrina del criterio della verità. - La logica epicurea smarrisce gran parte dei guadagni dell'analitica aristotelica e si configura come un sensismo esasperato. - Ben più importante è invece la logica stoica, oggi ampiamente rivalutata. La sua caratteristica di fondo sarebbe quella di essere una logica della proposizione, anziché dei termini. - Nella serrata polemica contro la validità della logica, gli Scettici non fanno altro che tentare di rovesciare contro gli avversari (soprattutto contro gli Stoici) le loro stesse armi e non sanno, nemmeno con Sesto Empirico, costruire una nuova logica (anche la logica sestiana, come quella di tutti gli Scettici, non è altro che una dialettica negativa). - 2) Per i Neoplatonici si dovrebbe parlare di una logica dell'infinito, che coincide con la dialettica della processione e le sue leggi (v. Processione). - A cominciare già da Porfirio, la logica aristotelica, che ha goduto della fortuna di gran lunga maggiore, viene rivalutata soprattutto nel suo valore di propedeutica. Lógoi spermatikoí Con questa espressione gli Stoici indicano i Lógoi di tutte le cose, le ragioni seminali (rationes seminales) che sono contenute nell'unico Logos immanente. Questo è come il seme che contiene i semi di tutte le cose. - Dalla Stoa l'espressione e il relativo concetto (sia pure calibrato diversamente) passano ad altre scuole. - Nella terminologia plotiniana, i lógoi spermatikoí, detti anche semplicemente lógoi, sono le forze razionali dell'anima dell'universo che producono il mondo e tutte le cose sensibili, e, in qualche modo, ne costituiscono l'essenza. Logos Il termine ricopre in greco una vastissima gamma di significati e in nessuna lingua moderna ne esiste uno corrispondente. Esso indica, fondamentalmente, ciò che è espressione di ragione e di razionalità (dalla parola al discorso, al pensiero, al ragionamento, al rapporto e alla proporzione numerica, alla definizione e così via). - a) In senso tecnico la dottrina del Logos compare in Eraclito, ma solo con la Stoa diventa un concetto speculativo fondamentale, dove designa il fuoco artefice, la ragione seminale di tutte le cose, la forza che tutto produce e governa: Dio: e quindi è Heimarméne e Prónoia. In quanto fondamento di tutto, il Logos stoico non ha solo rilevanza ontologica, ma anche etica, dove funge da principio normativo, e logica, dove funge da principio di verità. Le tre parti del sistema stoico possono quindi essere viste come l'espressione delle tre valenze del Logos. (In Filone di Alessandria e nel Corpus Hermeticum, il Logos si carica di significati religiosi e teologici di estrazione biblica.) - b) In Plotino Logos designa fondamentalmente la forza razionale che è nell'anima, dalla quale e secondo la quale sono costituite tutte le cose e l'intero cosmo fisico (v. Lógoi spermatikoí): Plotino non esita quindi a dire che tutto è Logos (panlogismo). - Nella dottrina cristiana Logos significa il Figlio di Dio, il Verbo fatto carne, Cristo stesso. In proposito, il testo base è il grande prologo giovanneo. Luogo Sulla scia di Ammonio Sacca, Plotino, approfondisce notevolmente il senso metafisico del luogo (tópos), intendendolo come il contenere spirituale con cui un'Idea accoglie entro sé un'altra Idea, secondo la legge metafisica generale che regola i rapporti delle realtà spirituali (tutto è in tutto secondo una maniera appropriata). Questo significato metafisico segna il rovesciamento dell'usuale concetto di luogo. Magia E l'arte di operare prodigi, agendo su cose, uomini e sugli stessi Dei al fine di dominarli e piegarli ai propri desideri. Essa si fonda su procedimenti arazionali, che sono l'esatta antitesi dello spirito scientifico. Si diffuse nella tarda antichità e gli scritti ermetici ne sono una tipica espressione. Il Neoplatonismo post-plotiniano, quando ormai il logos aveva perduto la fiducia in se stesso, tenta di sussumere la magia in quella particolare forma che è la teurgia e la considera addirittura coronamento della filosofia (v. Teurgia). Manenza Già nel pensiero di Numenio il termine moné serve a designare soprattutto quella attività della prima ipostasi per la quale essa rimane qual è. - In senso analogo si trova anche in Plotino, dove coincide con l'attività dell'ente e consiste nella attività per cui le ipostasi permangono quali sono, e proprio in virtù di questo permanere identiche generano qualcos'altro. - Il concetto viene però messo perfettamente a punto solo nella speculazione di Proclo, dove costituisce il primo momento della dialettica triadica propria della processione (v. Processione). Mantica La mantiké (divinano) è l'arte di scrutare e prevedere il futuro. È una credenza antichissima, che però in filosofia ha assunto un preciso rilievo solo con gli Stoici, che cercarono di darle un fondamento teoretico tramite il concetto del Destino, inteso come ineluttabile necessità, cui nulla si sottrae, comprese le vicende umane. - Nell'età imperiale, la mantice, come arte di prevedere il futuro, fu congiunta e subordinata alla teurgia, che si proponeva non solo di prevedere, ma anche di modificare, a beneficio dell'uomo, gli eventi futuri, agendo sulla sfera del Divino (v. Teurgia). Sulla mantice e sulla problematica a essa connessa si veda il De divinatione di Cicerone, che è una vera miniera di informazioni. Materia Rispetto all'età classica della filosofia, arricchimenti significativi della problematica della materia si trovano non nella riflessione ellenistica, ma nella speculazione neoplatonica. Nel contesto della processione essa viene dedotta dal primo principio. La materia sensibile diviene l'immagine di quella intelligibile, la privazione di Bene, il non-essere, ossia ciò che è altro rispetto a tutto ciò che è Nous. La materia coincide così con lo spegnersi della contemplazione creatrice. Mistica, misticismo Il termine deriva da mysnkós, che significa ciò che è connesso con i misteri. Solo nella tarda antichità, però, ricorre l'espressione mystikè paràdosis, per indicare la dottrina mistica, ossia quella dottrina che mostra all'uomo come distaccarsi dal sensibile e giungere all'Assoluto, fino ad assimilarsi e unificarsi con Lui. Questa forma di misticismo raggiunge il vertice in Plotino. -Vi è, poi, un misticismo che si potrebbe chiamare irrazionalistico, il quale si fonda sulle arti teurgiche, quindi su certe forze irrazionali, e anzi le considera come quelle che, sole, sono in grado di portare l'uomo a unirsi al Divino. È questo il misticismo proprio non solo dell'ermetismo e degli Oracoli Caldaíci, ma di tutto il tardo Neoplatonismo. - Una terza forma di misticismo può considerarsi quella di Filone Alessandrino, che anticipa la individuazione delle tappe essenziali dell'ascesa mistica che diverranno famose da Agostino in poi. Nous i) In età ellenistica l'intelligenza è interpretata in chiave corporeistica, e quindi perde la sua rilevanza metafisica. Restano però le precedenti valenze antropologiche, cosmologiche e fisicoteologiche, visibili soprattutto nello Stoicismo, che ritiene l'egemonico (l'anima razionale) un frammento dell'intelligenza divina, e fa di quest'ultima il principio attivo e costitutivo dell'universo. — 2) Con la riscoperta dell'incorporeo, in età imperiale (Medioplatonismo e Neopitagorismo), la metafisica dell'intelligenza procede a ulteriori acquisizioni, tramite il tentativo di sintetizzare le istanze platoniche e quelle aristoteliche. — a) In questo periodo si tende a differenziare più che in passato il Nous dalla Psyche e a sottolineare marcatamente la sovraordinazione gerarchica del primo rispetto alla seconda. Questa concezione influenza, fra altri, lo stoico Marco Aurelio. - b) In secondo luogo, si tende a stabilire una gerarchia di Intelligenze: quella suprema (che coincide col primo Dio) e quella dellAnima del mondo (che viene detta secondo Dio). - c) Ma soprattutto è degna di rilievo la trasformazione delle Idee in pensieri di Dio, e precisamente nei pensieri del primo Intelletto che pensa se stesso. - d) Proprio sulla sporgenza metafisica che ha il Nous nell'uomo viene fondata la possibilità della «assimilazione a Dio», che in età imperiale diviene il comandamento morale essenziale. - 3) Anche nei più famosi documenti della gnosi pagana, nei Trattati ermetici e negli Oracoli Caldaici, l'Intelletto gioca un ruolo fondamentale. - 4) Un posto di primo piano nella storia del concetto di intelletto occupa Alessandro di Afrodisia, il quale distingue nell'uomo: a) un intelletto materiale, puramente potenziale; b) un intelletto in habitu, ossia un intelletto che, mediante la realizzazione della sua potenzialità, possiede l'abito del pensare; c) l'Intelletto agente o produttivo, che viene invece identificato con Dio; d) l'intelletto che «viene dal di fuori», il quale diventa come l'impronta dell'Intelletto agente sulla nostra anima, che rende l'intelletto nostro da potenziale a intelletto in habitu. - 5) Con Plotino, poi, il Nous diventa una ipostasi, concepita come una sintesi di essere, pensiero e vita. Il termine più corretto per tradurre il Nous plotiniano è quello di Intelligenza. La dottrina plotiniana del Nous fonde mirabilmente tutte le istanze della dottrina platonica e aristotelica, e le porta alle loro ultime conseguenze. Con Plotino, però, mentre si fa nettissima la distinzione fra Nous e Psyche, che sono due differenti ipostasi, emerge una terza ipostasi superiore allo stesso Nous, ossia l'Uno. L'esatta comprensione del Nous plotiniano implica pertanto una adeguata comprensione dell'Uno da cui è generato, così come quella dell'Anima che esso genera, e, in modo particolare, implica un adeguato approfondimento del concetto di processione (v. voce). - Il successivo Neoplatonismo spezza l'unità della ipostasi del Nous, facendo di quelle che in Plotino erano determinazioni concettuali altrettante ipostasi, e poi distinguendo, anche all'interno di queste, ulteriori ipostasi. Ousía Dopo Aristotele, nella speculazione della Stoa e in alcuni pensatori influenzati dalla Stoa, ousía viene a significare la materia o sostanza materiale. - In Plotino ousía serve a indicare soprattutto quell'essere che è momento costitutivo dell'Intelligenza, ossia della seconda ipostasi. Physis i) Con la Stoa, il concetto di physis acquista anche il significato di fondamento della norma morale e politica. Già l'Accademia e lo stesso Aristotele si erano mossi in questa direzione, ma l'acquisizione teoreticamente fondata di questa prospettiva avviene solo nel contesto della triplice valenza del Logos-physis (v. Logos). - 2) L'ultima tappa dello sviluppo del concetto greco di physis è costituita dalla speculazione di Plotino, secondo il quale la natura è il lembo estremo dell'Anima, l'aspetto per cui l Anima produce il mondo fisico. La natura in senso plotiniano è Logos che produce le forme e le somministra alla materia. La physis deriva dalla contemplazione dell'Anima, ed è essa stessa contemplazione, e, come tutte le realtà intelligibili, essa contemplando produce. Politica Un mutamento epocale di prospettiva nella visione della politica si verifica in conseguenza della rivoluzione politica operata da Alessandro Magno. Crollata la Polis, l'individuo cessa di identificarsi col cittadino, e così l'etica cessa di coincidere con la politica; lo Stato non viene più considerato come la dimensione necessaria per l'esplicazione e la realizzazione dei valori più alti dell'uomo. - I) Posizioni di contestazione del valore della Polis si erano già avute in alcuni Sofisti e Socratici minori, in particolare nei Cinici, che però maturarono il loro pensiero soprattutto in età ellenistica. Tipica di quest'epoca è la posizione degli Epicurei, che svalutano nettamente la vita politica, considerandola «innaturale», predicano l'eccellenza del «vivere nascosto» e valutano la legge, il diritto e la giustizia nell'ottica dell'utile. - Gli Stoici, invece, teorizzano il diritto di natura e concepiscono una politica in chiave universalistica, affermando il cosmopolitismo. In età ellenistica tale tema diviene assai diffuso e, da ultimo, viene accolto dagli stessi Epicurei. - 2) In età imperiale, l'impostazione mistica della speculazione fa perdere quasi del tutto l'antico significato filosofico della problematica politica. Plotino sente il bisogno di reduplicare le quattro virtù cardinali della Repubblica platonica e di introdurre virtù a livello superiore. Lo stesso avviene in molti Neoplatonici posteriori. Le antiche «virtù politiche», che per Platone erano tutta la virtù, diventano la loro più pallida manifestazione, e il Bene e la felicità vengono collocati in un luogo, che, lungi dall'essere raggiungibile in una dimensione «politica», risulta attingibile nel silenzio e nella solitudine, con una fuga «da solo a Solo». Processione Pròodos è il termine più appropriato per indicare il processo di derivazione di tutta la realtà dall'Uno nella metafisica neoplatonica. La processione è stata spesso confusa con l'emanazione; ma questo è un grave fraintendimento. La processione risulta costituita da una serie di momenti logicamente ben distinti, a partire innanzitutto dalla distinzione plotiniana delle due forme di attività: a) l'attività che è propria di un ente, e b) l'attività che proviene da quell'ente. La prima coincide con la natura stessa dell'ente, la seconda, invece, deriva da essa. La prima attività dell'Uno coincide con il suo libero autoporsi (col suo essere causa sui) e col suo voler essere quello che è. La seconda (necessaria conseguenza) implica il procedere di qualcos'altro dall'Uno (poiché l'Uno si autopone come infinita potenza, come potenza di tutte le cose, da cui devono procedere tutte le cose). Ciò che deriva dall'Uno è qualcosa di indeterminato, che si determina solo rivolgendosi a contemplare l'Uno. Nasce così la prima ipostasi, dalla quale derivano le altre, secondo un identico schema. - La processione implica, a un tempo, necessità e libertà: è una necessità che segue a un atto di libertà (quello dell'Uno che si autopone). - Proclo (esplicitando elementi già presenti in Plotino) determina la processione come processo triadico costituito da tre momenti: I) manenza (v. voce); 2) processione o uscita; e 3) ritorno (v. voce). Provvidenza Negli Stoici, il concetto di Prónoia emerge in primo piano, ma con mutato significato rispetto a Socrate e Platone (dove indicava l'attività finalizzatrice divina), coincidendo con il concetto di finalità e razionalità immanente, connesso alla immanenza del Dio-Logos-Physis. Come tale la Pronoia viene a identificarsi con la Heimarméne o Fato. - Il concetto di Provvidenza è stato poi rifondato in senso spiritualistico e trascendentistico nell'ambito del rinato Platonismo. (Si noti che i Greci non guadagnarono il concetto di Provvidenza relativo ai singoli individui; solo nel Neostoicismo ci sono accenni in tal senso, sebbene non teoreticamente fondati.) Psyche Nell'Accademia e nel Peripato, dopo la morte dei fondatori, assistiamo, più che ad approfondimenti, a restrizioni delle dottrine psicologiche dei maestri. I) Le novità in materia vengono, nell'età ellenistica, dal Giardino e dalla Stoa. La rilettura in chiave materialisticocorporeistica della dottrina della psyche riesce solo in modo aporetico. - Epicuro considera l'anima come un aggregato di atomi e quindi corporea, e per giunta, come ogni aggregato, mortale. Ma poi tende a considerare questi atomi costituenti la psyche in un modo qualitativamente diverso dagli altri, in chiara antitesi con i presupposti del sistema. -Anche la Stoa interpreta l'anima come una realtà corporea, ossia come pneuma, ma in una prospettiva assai più ricca. C'è un'Anima del mondo, che è lo stesso Principio divino, l'Intelligenza cosmica e quindi la Provvidenza, ossia Dio; e c'è l'anima dell'uomo, che è un frammento dell'anima cosmica. Gli Stoici attribuiscono, curiosamente, una sorta di sopravvivenza a termine dell'anima, ponendosi a metà strada fra Platone ed Epicuro. - 2) Con la rinascita del Platonismo e del Pitagorismo in età imperiale ritornano in auge tutte le dottrine di Platone, ma si tende a porre il nous strutturalmente al di sopra della psyche, allo scopo di tagliare i ponti col materialismo della Stoa. - 3) Le più cospicue novità sulla psyche, nell'ultima parte del pensiero greco, si trovano in Plotino. Nelle Enneadi la psyche è la terza ipostasi e ha un chiaro ruolo di intermediario fra il mondo dell'incorporeo, cui appartiene, e il mondo corporeo, da essa prodotto. L'ipostasi Anima, che ha la caratteristica essenziale di essere una-emolte, si distingue in: i) Anima suprema; 2) Anima del Tutto; 3) anime particolari (di diverso genere), aventi, ciascuna, particolari funzioni. - Nell'ultima fase del Neoplatonismo, infine, la dottrina dell'anima viene collegata alla teurgia e alla dogmatica della religione pagana, e quindi scade filosoficamente. Ritorno In Plotino l'epistrophé esprime il movimento della conversione dell'anima umana che si ricongiunge all'Uno. Tuttavia il ritorno non è solo dell'Anima, ma anche del Nous, che, proprio rivolgendosi a contemplare l'Uno, acquista statura di ipostasi. E lo è anche dell'Anima universale, la quale, analogamente allo Spirito, solo contemplando lo Spirito (e, attraverso lo Spirito, l'Uno) nasce come ipostasi. - Proclo fa dell'epistrophé un momento necessario della processione in generale, accanto agli altri due momenti di manenza (moné) e di processione (próodos). Saggio Nei sistemi ellenistici, cade o è addirittura rovesciata la distinzione aristotelica tra sophía (sapienza, teoretica) e phrónesis (saggezza, pratica). La phrónesis o saggezza diventa la suprema virtù, e il sophós diviene colui che incarna non il sapere metafisico, bensì la perfetta «arte del vivere»: il sophós diviene dunque il saggio nel senso che ancor oggi diamo a questo termine. Tutte le scuole ellenistiche hanno un vero e proprio culto del saggio, che trasformano in supremo ideale, quasi in un mito: infatti il saggio delle filosofie ellenistiche differisce dagli Dei solo quantitativamente, nel senso che realizza in un tempo limitato quella virtù e felicità che gli Dei hanno per l'eternità. Molti caratteri del saggio variano, naturalmente, da scuola a scuola, ma alcuni sono comuni, come p.es.: la perfetta serenità, l'autarchia (l'essere sufficiente a se stesso), l'esser distaccato dalle cose esteriori e materiali, la superiorità su tutto, il saper sopportare tutto, compreso il dolore (anche fra i tormenti il saggio è felice, perché con la sua anima sa essere al di sopra di essi), la capacità di trovare nel suo intimo il rimedio a tutto. - a) Per gli antichi Stoici non c'è una via di mezzo fra saggio e stolto. Già però a partire dalla media Stoa si ammette l'esistenza di progredienti (prokóptontes) verso la virtù, e nell'ambito della nuova Stoa si rivela addirittura il carattere di idealità del saggio e dunque la non esistenza a livello empirico di un uomo perfettamente saggio. - b) In età imperiale il concetto di saggio assume coloriture mistico-religiosotrascendentistiche. Saggio è colui che imita e segue Dio, colui che contempla l'assoluto e addirittura trascende la dimensione dell'umano, per unirsi al divino. -c) Anche nell'ambito dei filosofi neoplatonici, sia pure con diversa angolatura, il sophós è colui che ha commercio con le cose divine. Saggio, nell'ultima filosofia greca, è l'uomo che contempla e vive nella dimensione dell'Assoluto. Scienza i) Per Epicuro, il vero sapere incontrovertibile è il sapere ultimativo (fisicoontologico). - Gli Stoici insistettero, anche a livello formale, in modo del tutto particolare sulla tematica della scienza e sulla certezza di poterla raggiungere: ed è per questo che soprattutto contro di essi si scatenarono le polemiche degli Scettici. - La dottrina scettica, specie quella neoscettica, altro non è che un grandioso tentativo di dimostrare l'impossibilità della scienza comunque intesa e in special modo nel senso stoico . - 2) Con Plotino viene però portata alle estreme conseguenze quella tangenza col Divino e con l'Assoluto che era implicita nelle precedenti concezioni della scienza (e che era anzi esplicita in Aristotele). La scienza diviene la vivente unificazione di pensiero ed essere nello Spirito. La scienza contiene in sé strutturalmente la totalità dei contenuti. E a questa, che è scienza dello e nello Spirito, l'uomo è legato dalla anamnesi e vi ritorna con la dialettica. Per Plotino, però, al di sopra della scienza, pur così alta, c'è l'estasi, l'unificazione con l'Assoluto (l'Uno), che, come è al di là dell'essere e del pensare, così è al di là della scienza: al di sopra, non contro. -La decadenza di questa mentalità si ha con l'assunzione nella filosofia della teurgia (v. voce), che è una forma di magia e di puro irrazionale, e con l'egemonia di questa negli ultimi Neoplatonici. Sensazione i) Dopo la grande stagione aristotelica della sensazione interpretata alla luce della distinzione tra potenza e atto, gli Epicurei tornano a spiegare la sensazione in funzione dell'atomismo, precisamente dei simulacri atomici che emanano dalle cose e penetrano in noi. - Gli Stoici la interpretano invece, nel contesto del loro corporeismo, come una impronta materiale provocata dalle cose sull'anima, o anche come una alterazione qualitativa. - Una notevole e ingegnosa interpretazione apporta in materia Plotino, che spiega la genesi della sensazione preoccupandosi soprattutto di salvaguardare l'impassibilità dell'anima rispetto al corporeo. Egli distingue una sensazione esteriore, considerata come l'affezione che i corpi producono sui corpi, dalla percezione sensitiva, intesa come un atto conoscitivo dell'anima rivolto all'affezione corporea. La percezione sensibile, allora, viene a coincidere con una sorta di giudizio dell'anima, e la sensazione stessa, in qualche modo, viene fatta rientrare nella sfera dell'intelligibile, sotto la forma di «pensiero oscuro». - 2) Per quanto concerne il valore conoscitivo della sensazione, dopo la posizione articolata di Aristotele (secondo cui le sensazioni non errano mai, ma possono errare i giudizi che si basano su di esse), i filosofi ellenistici si sono nettamente divisi tra: a) coloro che svalutano nettamente il valore della sensazione (gli Scettici); e b) coloro che la valutano a oltranza (Epicurei, Stoici). Simpatia La sympàtheia indica in generale il reciproco rapporto sussistente fra le cose, per cui una strutturalmente agisce sull'altra e viceversa. - a) Gli Stoici si avvalsero della concezione di simpatia cosmica - ossia della concezione secondo cui le parti agiscono reciprocamente sulle parti e il tutto consente con se stesso - per garantire l'unità del cosmo e per spiegare numerosi fenomeni. - b) La tesi della simpatia universale è ripresa da Plotino in chiave spiritualistica. - c) In un altro contesto, proprio p.es. degli Oracoli Caldaici, in cui è prevalente l'elemento magico-irrazionale, «simpatici» sono definiti quegli elementi che, in virtù di particolari e misteriose affinità con le divinità, nella pratica teurgica servono da strumento per realizzare la liberazione dell'Anima dal corporeo. Tempo Riallacciandosi all'intera tradizione filosofica, anche nelle filosofie ellenistiche il tempo risulta strutturalmente collegato al movimento. In particolare va segnalato il collegamento della problematica del tempo con quella dell'incorporeo negli Stoici. - Un'inedita prospettiva assume la concezione del tempo nel Neoplatonismo. Il tempo coincide, secondo Plotino, con l'attività dell'Anima-ipostasi, che produce tutto ciò che è altro dal Nous (il quale è nella dimensione dell'eterno). Il tempo coincide dunque con l'uscita dell'Anima dall'unità e con quell'attività produttrice del mondo fisico, la quale pone in successione di prima e poi ciò che nel Nous è tutto insieme e simultaneo. Teurgia A differenza della teologia, che si limita a parlare intorno alla divinità, la teurgia si propone di evocare gli Dei e di agire su di loro attraverso l'uso di simboli o di pratiche del tipo di quella che oggi si chiama trance medianica. - a) Molto antica, come pratica, la teurgia venne fissata per iscritto da Giuliano il Teurgo negli Oracoli Caldaici, e, attraverso questa opera, ebbe larga diffusione nella tarda antichità. - b) Porfirio, sulla base del principio della impassibilità divina e della indifferenza degli Dei a qualsiasi tipo di azione umana, la criticò, ma insieme ammise una sua efficacia, sia pure a livello inferiore. - c) Giamblico, facendosi interprete delle esigenze dell'ultimo paganesimo, difese la invece teurgia perché riteneva che grazie a essa fosse possibile, in una dimensione soprarazionale, congiungersi con gli Dei e beneficiare della loro potenza. In questa relazione, la Divinità non rimarrebbe però passiva, ma assumerebbe l'iniziativa di scendere fino agli uomini, per liberarli dalla miseria di questo mondo. - d) Dopo Giamblico, quasi tutti i Neoplatonici pagani ebbero un atteggiamento di incondizionata fiducia nelle pratiche teurgiche; così p.es. Giuliano l'Apostata e Proclo. Quest'ultimo, in particolare, parlava di una «virtù teurgica» superiore a ogni altra e capace di unirci al divino. Trascendenza I) Dopo il guadagno platonico della trascendenza con la «seconda navigazione», e la riformulazione di essa da parte di Aristotele, nell'età ellenistica la trascendenza viene sistematicamente negata. Epicuro e gli Stoici respingono in modo categorico gli esiti della seconda navigazione platonica, e Pirrone tenta di rovesciare l'ontologia aristotelica. L'essere viene dichiarato come strutturalmente corporeo, e all'incorporeo viene negata pervicacemente una statura ontologica. L'età dell'ellenismo è l'età dell'antitrascendenza e dell'immanenza. - 2) A partire dagli ultimi decenni dell'era pagana e soprattutto nei primi secoli dell'era cristiana, la problematica della trascendenza rinasce e diviene vigorosissima. Filone di Alessandria combinando platonismo e rivelazione biblica, estende la trascendenza di Dio anche a livello gnoseologico e semantico. - 3) I Neopitagorici e i Medioplatonici fanno valere in maniera sempre più consapevole le istanze dell'incorporeo. -4) I Neoplatonici, infine, fanno della trascendenza addirittura la cifra emblematica del loro filosofare. La terminologia che usano è, naturalmente, quella platonica, caricata di nuovi significati. Il principio primo nei Neoplatonici diviene l'assolutamente trascendente, in quanto posto al di là addirittura dell'Essere e del Nous, e di conseguenza diventa (come già in Filone) ineffabile e inesprimibile. I Neoplatonici distinsero tre gradi di trascendenza, corrispondenti alle tre ipostasi di Piotino o alle tre sfere in cui rientrano le ipostasi moltiplicate dai suoi successori, e precisamente: a) la trascendenza a livello dell'Anima, che è trascendente rispetto ai corpi; b) la trascendenza a livello del Nous, che è trascendente tanto solo rispetto ai corpi, quanto anche rispetto all'anima; c) la trascendenza dell'Uno, che è trascendente rispetto a tutto. Tropo Nella filosofia neoscettica il trópos è il «modo» che indica la ragione strutturale per cui si deve giungere al riconoscimento della indeterminatezza delle cose e dunque all'epoché (v. voce). - a) Enesidemo ha redatto una tavola di dieci tropi, interpretandoli come le supreme categorie del dubbio, prevalentemente rivolta alla critica della certezza sensibile. A questi ha fatto seguire una seconda tavola di tropi rivolta contro il metodo scientifico, in quanto fondato sul principio di causa. b) Agrippa riformula in maniera più concisa e incisiva la tavola dei tropi di Enesidemo, riassumendola in cinque titoli, diretti sia contro la conoscenza sensibile sia contro quella razionale. - c) Una interessante utilizzazione dei tropi di Enesidemo si ha in Filone di Alessandria il quale, mediante essi, dimostra l'impotenza della ragione che vuole a tutti i costi bastare a sé, e la conseguente necessità che questa si ancori a una fede trascendente per raggiungere la verità. Unificazione, unione Il concetto di hénosis, nella filosofia antica, ha rilevanza sia i) a livello metafisicoontologico; sia 2) a livello etico-religioso e mistico. I) In senso ontologico il concetto si trova già nei Presocratici e nella Stoa, ma acquista un rilievo soprattutto nelle scuole dell'età imperiale e in particolare nel Neoplatonismo. 2) A livello etico-religioso coincide con l'estasi e con l'unione mistica (v. Estasi e Mistica). Uno I) In età ellenistica, è rilevante soprattutto la posizione monistica della Stoa, che concepisce tutte le cose come derivanti e risolventisi nell'unità del Logos. - 2) La precisa tematica metafisica dell'Unità rinasce col Neopitagorismo e con la dottrina della Monade e della Diade (v. voce). In quest'epoca, si tende addirittura a dedurre la stessa Diade dalla Monade, e quindi a fare di questa un principio assoluto. Si parla di un primo Uno da cui deriva un secondo Uno contrapposto alla Diade, e si tenta addirittura di differenziare terminologicamente le due unità, riservando a una il termine Uno e all'altra quello di Monade, ma con esiti incerti. - 3) Il vertice della problematica dell'Uno si ha in Piotino, il quale lo concepisce come infinita potenza autocreatrice, trascendente l'Essere stesso e lo stesso Pensiero. Con Piotino nasce così una henologia, con cui la metafisica antica raggiunge le sue colonne d'Ercole. - La successiva speculazione neoplatonica introduce, oltre l'Uno, anche le Enadi; cfr. soprattutto Proclo. L'ultimo Neoplatonismo, nell'esasperare la trascendenza dell'Uno, finisce però col dissolverlo. Ricordiamo che il concetto di Uno nella storia del pensiero greco è uguale e per certi aspetti addirittura superiore (dal punto di vista assiologico) a quello di Essere. Veicolo La dottrina dell'óchema è di probabile genesi orientale, e si è diffusa nel pensiero tardo pagano soprattutto a partire dagli Oracoli Caldaici. In questi scritti il termine indica una sottile tunica materiale che riveste l'anima durante la sua discesa attraverso i cieli e prima ancora di cadere nei corpi. - Un concetto analogo si trova in Numenio e soprattutto nei Neoplatonici. Porfirio ritiene che su di esso, più che sull'anima vera e propria, sia ammissibile una qualche azione delle pratiche teurgiche. Proclo sviluppa ulteriormente l'idea dell'óchema, considerandolo come parte essenziale dell'anima, e dunque inscindibile da essa e addirittura immateriale ed eterno. Verità Per le filosofie ellenistiche, la verità è l'essere materialisticamente inteso (gli Atomi per Epicuro e il Logos per gli Stoici). Gli Stoici ritengono che la verità sia un corpo, e che il vero si distingua dalla verità e sia incorporeo. - Per Plotino, invece, la verità coincide con lo Spirito, che è sintesi di essere e di pensiero. Vita Il concetto di vita è al centro del monismo panteistico stoico, secondo il quale Dio, che è Logos, anima, e dunque vita, penetra attraverso la materia e la realtà tutta, fondendosi intimamente con essa, e così generando tutte le cose. - Ma probabilmente il culmine della concezione greca della vita si ha in Plotino, il quale, oltre alla vita fisica, distingue la vita propria dell'Anima, la vita propria del Nous e quella particolarissima vita, se così si può chiamare, dell'Uno, che è una Super-vita, in quanto fonte di ogni altra vita. La vita ha così tanti gradi e forme, quanti i gradi della realtà e quante le ipostasi. La dottrina secondo cui tutto è vita o ha vita è così portata alle estreme conseguenze. Questi concetti ritornano poi in larga misura nel successivo Neoplatonismo. Volontà In epoca ellenistica, tanto negli Epicurei quanto negli Stoici, si ha la sostanziale permanenza dell'impostazione socratica della problematica della volontà, secondo cui il volere dell'uomo è sempre diretto a uno scopo, più o meno chiaramente conosciuto e intravisto. - La volontà (voluntas) ha un rilievo inedito in Seneca, anche se non vi risulta fondato teoreticamente in modo adeguato. - Anche la prohaíresis (scelta e decisione di fondo) di Epitteto è più intellettualistica che volontaristica. - Secondo alcuni studiosi, Porfirio avrebbe assegnato alla volontà un posto determinante, anticipando posizioni agostiniane, ma i testi non confermano tale esegesi. Piuttosto questa posizione può ritrovarsi in Filone di Alessandria, il quale però si avvale di categorie desunte dalla Bibbia più che dai filosofi greci. Vuoto Dopo la celebre negazione aristotelica del vuoto, la ripresa in chiave positiva del concetto avviene nella fisica epicurea, dove il vuoto costituisce, insieme ai corpi, uno dei due principi di tutta la realtà. Per quanto non esperibile sensibilmente, la sua esistenza si può inferire dal fatto che esiste il movimento. Epicuro, in ossequio alla pregiudiziale eleatica della non esistenza del non-essere, definisce il vuoto come «natura intangibile», e non come puro non-essere. - Gli Stoici considerano il vuoto come un incorporeo e lo pongono all'esterno del cosmo, in polemica con gli Epicurei che lo collocavano all'interno della struttura del mondo. ANARCHIA Dottrina politica e filosofica sviluppatasi nell’Ottocento, che propugna l’abolizione dello stato e di ogni potere costituito in nome della libertà e dell’autonomia individuale.La sua origine si fa risalire a Max Stirner (1806-56, L'unico e la sua proprietà), il quale predica come realtà veramente originaria il solo individuo: come conseguenza lo Stato e la Chiesa, intese come strutture che impongono un ordine e una legge comune ai singoli individui, rappresentano un'ingiustizia e un limite innaturale all'iniziativa e alle istanze del singolo. Sarà Michele Bakunin (1814-96) a fare dell'anarchismo teorico un movimento politico volto ad incidere nella prassi della storia e della lotta sociale. Bakunin predicherà la necessità pratica di distruggere tutte le leggi, tutte le credenze e tutte le istituzioni. Anarchia è un termine di origine greca composto dal privativo a- e arché, “comando”, “potere”, “principio”, ovvero “senza comando”, “senza principio”. ANTILOGIA Arte di dimostrare la validità di entrambe le argomentazioni opposte su un argomento, ovvero l'arte di dare forma di verità a qualsiasi argomentazione. ANTROPOMORFISMO Attribuzione di caratteri umani alle divinità Concenzioni antropologiche della divinitΰ sono testimoniate fin dalla remota antichitΰ da reperti archeologici, a cui si affiancano successivamente opere letterarie, come i poemi di Omero e di Esiodo. Contro la tendenza dell'antropomorfismo insorge fin dai suoi inizi la filosofia: con Senofane, poi con i filosofi posteriori (ad eccezione degli epicurei) e, in particolar modo, con il cristianesimo. In epoca moderna, il problema dell'antropomorfismo nella religione è stato affrontato con decisione e rigore da Spinoza, dagli illuministi e, nell'Ottocento, da Feuerbach. APOLLINEO-DIONISIACO Nella filosofia di Nietzsche, si tratta di impulsi dualistici che caratterizzano radicalmente lo spirito della grecità antica e poi attraversano con il loro gioco dialettico l'intera cultura umana, L'apollineo è l'impulso solare della forma armoniosa, il dionisiaco è l'impulso vitale e caotico dell'ebbrezza creativa. Si manifestano inoltre quali impulsi alla base dell'esperienza artistica. Apollo è il Dio della luminosa razionalità, Dionisio è il Dio della vitalità passionale e istintiva. A POSTERIORI CONOSCENZA La conoscenza a posteriori è la conoscenza empirica dei fenomeni, quel modo di conoscere la realtà che viene “dopo” (a-posteriori) la percezione oggettiva dei fenomeni fornita dalla conoscenza a-priori. Conoscenza a posteriori è allora tutta la gamma di conoscenze che derivano dall'esperienza, diversamente dalla conoscenza a priori che intuisce (e conosce) direttamente le cose indipendentemente da essa. A PRIORI CONOSCENZA La conoscenza a priori è quella conoscenza dei fenomeni che l'uomo possiede già, perché frutto di un modo di considerare le cose già stabilito dalla struttura stessa dei sensi. A priori, ad esempio, è il modo di conoscere (percepire) il tempo e lo spazio, i quali vengono percepiti come “tempo” e come “spazio” proprio in forza della struttura stessa della mente, che non può non considerare, immersa com'è nel mondo, una realtà priva di spazio e di tempo. La conoscenza a priori deriva quindi direttamente dalla struttura stessa dei sensi, essa è data quindi “prima” (a-priori) rispetto a qualsiasi dato dell'esperienza. La conoscenza "a-priori" precede quindi gli effetti (gli avvenimenti empiricamente riscontrabili).. Kant... . ASCETISMO Complesso delle pratiche di rinuncia e penitenza miranti a realizzare l’ascesi. L'ascetismo è quella dottrina spirituale che predica il distacco dagli eventi del mondo, dalle passioni e dagli istinti attraverso la pratica dell'isolamento, della meditazione, della preghiera e del digiuno. Attraverso l'ascesi l'uomo abbandona il superfluo per concentrarsi sulla propria interiorità e sulla propria spiritualità. Inizialmente riferito alle regole di vita degli atleti greci (a cui si riferisce il significato originario di “esercizio”), il termine inizia a inerire alla pratica spirituale e morale con i pitagorici, i cinici e gli stoici, i quali tramanderanno nel medioevo il concetto di ascesi come mortificazione, spegnimento delle passioni, abbandono del superfluo. ATARASSIA Imperturbabilità del saggio di fronte alle passioni e alle vicende del mondo. apatia, indifferenza. L’intero impianto filosofico di Epicuro (ma anche degli Scettici, seppure per vie diverse) tende al conseguimento dell’atarassia. ATOMISMO E' la dottrina secondo cui la realtà è composta da atomi (dal greco atomon , "che non si può tagliare"), ovvero di particelle indivisibili che costituiscono gli elementi ultimi in cui essa può venire suddivisa. Nell'antichità, furono atomiste le filosofie di Democrito e di Epicuro; ma Leibniz, nel Seicento, mise alla berlina il concetto di atomo fisico, facendo notare come una particella, per quanto piccola, sia pur sempre (almeno concettualmente) ulteriormente divisibile. Russell introduce la nozione di atomo logico per indicare la teoria secondo cui esistono atomi logici, ovvero proposizioni elementari (o atomiche) alle quali si perviene attraverso l'analisi di proposizioni complesse (o molecolari). Nella filosofia greca e latina, dottrina secondo cui la realtà è il risultato dei processi di aggregazione e disgregazione degli atomi nel pensiero scientifico moderno, concezione della struttura della materia secondo cui i fenomeni osservabili sono riconducibili a proprietà dinamiche e strutturali delle particelle elementari .. BOOLEANO Relativo alle teorie di G. Boole. Boole è il teorizzatore dell'algebra binaria, ovvero di quel sistema che presenta come insieme di numeri possibili solo l'1 e lo 0. Data la struttura del suo sistema algebrico, che espone le combinazioni di soli due valori, il sistema booleano ha trovato applicazione nella riduzione matematica dei problemi logici, i quali rispondo necessariamente ai valori di vero (1) e falso (0). In forza di queste premesse la logica binaria è alla base anche dei circuiti elettronici. CARATTERISTICA-COMBINATORIA Programma filosofico esposto da Leibniz nel saggio De arte combinatoria (1666). Il programma consta di due parti:la caratteristica è il progetto di un linguaggio simbolico attraverso il quale analizzare tutti i concetti,riconducendoli a combinazioni (secondo regole) di simboli primitivi semanticamente trasparenti,il qui significato,cioè,sia immediatamente perspicuo a chiunque li veda.La caratteristica dovrebbe rendere possibile la dimostrazione di tutte le verità"di ragione",cioè dipendenti esclusivamente da relazioni tra concetti:essa infatti renderebba immediatamente visibile (ad esempio) l'inclusione del concetto "animale" nel concetto "uomo",e quindi la verità di "Gli uomini sono animali". La seconda parte del programma,la combinatoria,è il progetto di un calcolo capace di produrre "per combinazione"nuovi concetti e nuove verità(come l'idea di arma da fuoco è nata,secondo Leibniz, combinando le idee di polvere da sparo e di strumento bellico).L'idea della combinatoria è quella di un procedimento meccanico di scoperta,in cui l'intuizione e l'invenzione siano sostituite dall'aplicazione di regole di calcolo: grazie ad essa "l'invenzione di macchine non sarà più difficile dell'esecuzione di costruzioni geometriche". Leibniz realizzò una parte molto piccola (ti pareva!!!) del programma della combinatoria: ma dai suoi tentativi in questa direzione nacquero i suoi importanti contributi alla logica. In epoca contemporanea, il programma della caratteristica è stato ripreso dall' analisi componenziale, che ha avuto molte applicazioni nella semantica lessicale dei sistemi di intelligenza artificiale. CATARSI Nell’antica religione greca e nella filosofia pitagorica e platonica: purificazione dell’anima . Per Platone è la liberazione dal corpo per opera della morte, vista come ritorno dell'anima alla perfezione dopo la costrizione limitante vissuta entro la materia. Nella “Poetica” di Aristotele: purificazione dell’anima dalle passioni che si verifica in chi assiste a una tragedia Purificazione, redenzione In psicoanalisi: liberazione da tensioni psicologiche attraverso la rievocazione degli eventi che le hanno causate . In senso più ampio il termine prende il significato di eliminazione delle impurità e dei gravami dello spirito ("procedimento catartico": processo attraverso il quale ci si libera delle impurità dello spirito e si ritorna a uno stato di purezza originaria). CAVERNA DI PLATONE Il mito platonico contenuto nel dialogo Repubblica che è metafora della condizione umana rispetto alla conoscenza della realtà.. CINESICA Branca della semiotica che analizza la gestualità umana(linguaggio gestuale) intesa come forma di significazione. La ricerca sul comportamento motorio si svolge a due livelli:uno microcinesico ed uno macrocinesico.Generalmente, l'analisi macrocinetica è condotta a livello paralinguistico, cioè sulla gestualità che accompagna il parlato. COGITO Nella filosofia di Cartesio la realtà più certa ed evidente che sopravvive a qualsiasi forma di dubbio assoluto. Per questo motivo, nel sistema cartesiano, il cogito, ovvero il "pensato", è preso a fondamento delle successive deduzioni e dimostrazioni. Cartesio avverte infatti che anche volendo dubitare sulla verità di ogni realtà, esiste sempre e comunque "un qualcosa" di certo ed evidente che è in grado di porsi la volontà di dubitare: questo qualcosa è il cogito, il pensato che contiene ed esprime il dubbio. COGNITIVISMO Lo studio dell'intelligenza(ragionamento,percezione,linguaggio,memoria,controllo dei movimenti)che abbracia parti di diverse discipline accademiche: la psicologia sperimentale, la linguistica, l'informatica, la filosofia,la neuroscienza. COMPORTAMENTISMO Il termine traduce l'americano behaviorism con riferimento a tendenze filosofiche e metodologiche,sopratutto nell'ambito degli studi psicologici, degli inizi del Novecento. La contrapposizione tradizionale è fra comportamentismo e mentalismo. Lo sviluppo della psicologia, tra fine Ottocento e primo Novecento, come disciplina scientifica, aveva portato all'adozione di metodi sperimentali, controllabili in laboratorio, in maniera quanto più possibile analoga a quella delle scienze naturali.Cercò di spiegare il comportamento degli organismi (inclusi gli esseri umani)con leggi di condizionamento stimolo/risposta. CORTECCIA La superficie sottile degli emisferi cerebrali, visibile come sostanza grigia, contenente i corpi dei neuroni e le loro sinapsi con altri neuroni, dove avviene la computazione neurale nei emisferi cerebrali. Il resto degli emisferi cerebrali consiste di sostanza bianca, grovigli di assoni che connetono una parte di corteccia con un'altra. CROMOSOMA Un lungo pezzo di DNA che contiene migliaia di geni in una confezione protettiva. Ci sono ventitrè cromosomi nello spermatozoo e nell'uovo umani; ci sono ventitrè coppie di cromosomi (una dalla madre e una dal padre) in ogni cellula umana. DEDUZIONE Ragionamento attraverso il quale da determinate premesse generali vengono ricavate conclusioni logicamente necessarie | la conclusione dedotta attraverso tale procedimento. Il desumere, l’arguire | ciò che viene desunto, giudizio che si dà in base a una serie di dati; conclusione: le mie deduzioni sono state confermate Aristotele l'identifica col sillogismo e, in quanto ragionamento che va dall'universale al particolare, la distingue dall'induzione (che invece va dal particolare all'universale). Nel pensiero moderno, essa rimane alla base dell'atteggiamento razionalistico, anche se spesso non viene più identificata col sillogismo, bensi col modello di procedura della matematica. Nell'Ottocento la deduzione sillogistica fu bersagliata da John Stuart Mill, che vide in essa un circolo vizioso, poichè la conclusione (Socrate è mortale) è già contenuta nella premessa (tutti gli uomini sono mortali). DEISMO Dottrina che, rifiutando la rivelazione e i dogmi, concepisce un Dio come principio ordinatore razionale della natura. Il Deismo è una dottrina filosofica sviluppata dall'illuminismo francese che sostiene che la ragione è bastevole a giustificare la presenza di Dio nell'universo, considerando di fatto ogni forma di religione e di fede un'inutilità pratica. Per i deisti Dio non interviene nelle faccende umane (non interviene nelle questioni morali) ma si limita solo a garantire il corretto funzionamento del mondo naturale. Rifiutando ogni forma di rivelazione, di autorità divina, di culto e di mistero, ammette solo quei principi religiosi e morali cui l'uomo può giungere con la ragione e attraverso lo studio della natura: " il Dio dei filosofi e degli scienziati " definiva Pascal il Dio dei deisti, per distinguerlo dal Diopersona ( " Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe ") delle religioni rivelate. Il Dio dei deisti non è un Dio persona da pregare, è più un "robot" che garantisce l'ordine fisico del mondo. Deista convinto fu, ad esempio, Voltaire.. DETERMINISMO Dottrina filosofica sostenente che ogni evento ed ogni accadimento nasce in forza di cause necessarie e precise, e non da una pura casualità. Il determinismo considera quindi vincolante per ogni fenomeno il principio di causa ed effetto, per cui a certe cause corrispondono sempre certi effetti. Determinismo economico denominazione, anche polemica, data alla dottrina marxista secondo cui tutti i fenomeni ideologici, politici, sociali, ecc. sono determinati da fattori di tipo economico, spec. dai rapporti di produzione.. DIACRONIA Lo studio e la valutazione dei fatti linguistici considerati secondo una prospettiva evolutiva | lo sviluppo dei fatti linguistici nel tempo. Lo studio e la valutazione di un fatto qualsiasi secondo il suo divenire nel tempo | l’evoluzione storica di tale fatto. DIALETTICA La dialettica è quel processo logico per cui da due termini divisi e distinti, chiamati "tesi" e "antitesi", si giunge alla formulazione di una "sintesi", che è il momento di unificazione dei tue termini in una nuova tesi. (Hegel.) La parola fu usata per la prima volta da Zenone di Elea e designa un dialogo in movimento, un confronto di posizioni (dal greco dia + logoV , 'dialogo che va da una parte all'altra' ). Con Hegel si riveste di nuovi significati: da buon idealista, convinto che realtà e pensiero siano la stessa cosa, è evidente che per Hegel le leggi che presiedono all'andamento del pensiero e all'andamento della realtà siano le stesse. Il termine trae origine da Platone, il quale vede nella dialettica non solo il modo in cui le idee si rapportano nella loro struttura gerarchica, ma anche il processo dinamico che permette di definire una cosa partendo dal confronto con i concetti delle altre cose. In forza di questi significati, è detto procedimento dialettico un processo che permette ad un certo stato di svilupparsi ed essere in movimento in forza della contrapposizione dinamica dei suoi elementi. Da ricordare come il termine sia stato utilizzato in epoca classica per designare la stessa logica, con riferimento alla radice comune che vuole dialettica e logica unite dal fatto di essere "discorsi" dinamici e che operano una separazione delle parti oggetto di analisi. Dialettica degli opposti Nell’Idealismo, attività che opera la sintesi di tesi e antitesi, nella sfera delle cose concrete dialettica dei distinti In Croce, d. per cui lo spirito, con un processo circolare, passa da un grado all’altro senza annullare i precedenti dialettica trascendentale In Kant, attività del pensiero che crede di arrivare alla conoscenza dell’anima, del mondo e di Dio sul solo fondamento di ragionamenti teorici . Abilità nel sostenere verbalmente in modo convincente le proprie argomentazioni: avere una d. pari a quella di un oratore, cedere alla d. del proprio avversario DIONISIACO SPIRITO Nella filosofia di Nietzsche, lo spirito dell'irrazionale contrapposto alla razionalità apollinea. Dioniso (Bacco per i romani) è il dio della musica, dei teatranti e dei baccanali, colui il quale rappresenta l'impeto dei sensi laddove Apollo è l'armonia e l'equilibrio. Legato a Dioniso è l'ebrezza che deriva dall'arte sensuale, ovvero la musica e la danza. Lo spirito dionisiaco è dunque per Nietzsche lo spirito gaio e entusiasta dell'uomo che dice "sì" alla vita, la quale ha i tratti autentici dell'imprevisto, nell'irrazionale e nell'impeto sensuale. DISTURBI DEL LINGUAGGIO Esiste una gerarchia di fattori comunicativi che permette di classificare il ritardo di acquisizione o la perdita del linguaggio secondo turbe della spinta volitiva, dei mezzi cognitivi o degli strumenti periferici di ingresso e di uscita dei messaggi. Le turbe del linguaggio caratterizzano, secondo la foniatria, sei gruppi patologici: il mutismo afasico, il mutismo oligofrenico, il sordomutismo, il ritardo semplice di linguaggio (e la disfasia evolutiva), l'audimutismo (carenziale, nevrotico o psicotico).Quest'ultimo comprende tutte le alterazioni comunicative legate a turbe psicoaffettive e socioculturali. EMPIRICO Relativo all’empirismo; che si basa sull’esperienza, sull’osservazione dei fatti: conoscenza empirica L'empirismo è quella corrente filosofica affermante che ogni dato della conoscenza proviene solo dall'esperienza e non da idee già presenti alla mente. Viene conosciuto con il nome di empirismo logico il neopositivismo. ENTELECHIA Nella filosofia di Aristotele la caratteristica propria degli enti in atto di avere ogni propria possibilità espressa nel proprio essere. In Leibniz l'entelechia è riferita alla qualità propria della monade di avere il compimento del proprio fine in sé stessa senza l'apporto di alcun principio esterno. Nelle teorie vitaliste: principio vitale opposto alla materia. ENTROPIA Nella fisica termodinamica, indice di degradazione dell'energia di un determinato sistema fisico. In un sistema chiuso, in presenza di una trasformazione dell'energia, parte di essa viene irrimediabilmente persa, in modo che all'atto di una conversione inversa, non è possibile ristabilire l'intera quantità di energia presente inizialmente (seconda legge della termodinamica). Per estensione si designa come entropia una tendenza intrinseca ad un sistema di perdere irreversibilmente parte del proprio ordine o delle proprie qualità. Nella teoria dell’informazione, perdita di informazioni nella trasmissione dei messaggi. Tendenza al disordine, caos. ERMENEUTICA Dal greco hermeneutike (“tecnica dell'interpretazione”), dal verbo hermeneuein (“interpretare”). Per ermeneutica, nel senso più ampio, si intende qualsiasi tecnica che permetta di interpretare un testo, un documento, un'epoca storica e qualsiasi altro discorso o segno. In età medievale l'ermeneutica fu la disciplina che interpretava il testo biblico. In età moderna il termine è stato proposto da Schleiermacher, quindi, in epoca contemporanea, ha visto una sua riformulazione per opera di Gadamer. L'ermeneutica contemporanea si configura come il metodo per il quale ogni aspetto della realtà presente e passato è interpretabile a partire dalla conoscenza del suo carattere storico e legato ad una particolare tradizione culturale. La verità non è quindi qualcosa che rimane al di sopra di ogni cosa, stabile e immutabile indipendentemente dalle epoche e dalle diverse società, ma è il senso che può via via rivestire la realtà entro i cammini mutevoli e soggettivi dati dall'interpretazione degli eventi. FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO La riflessione filosofica sulle Iingue (naturali e artificiali), sulla funzione linguistica e sulla (o sulle) facoltà su cui essa è basata. In questa accezione generale del termine, la f d I è antica quasi quanto la filosofia stessa, e vi rientrano a pieno titolo testi come il Cratilo di Platone, le Categorie e sull'espressione di Aristotele,buona parte della cosiddetta "logica" medioevale (per es. le teorie della suppositio),il III libro del Saggio sull'intelletto umano di Locke,e cosi via, fino a molti testi di Heidegger,Gadamer, Foucault o Derrida. In un'accezione più restrittiva, oggi prevalente la filosofia del linguaggio è un settore di ricerca prevalentemente interno alla filosofia analitica, che ha i suoi classici in Frege, Russell e Wittgenstein e la cui bibliografia è per la maggior parte in lingua inglese..La f .d . l. in questo senso più specifico include programmi di ricerca come la Pragmatica filosofica(Austin, Searle, Grice) e confina con gli aspetti più generali della riflessione di Chomsky.Il suo nucleo principale è costituito dalle discussioni sul significato nelle lingue naturali,sia come analisi filosofiche autonome, sia in quanto funzionali alla fondazione di una semantica delle lingue naturali. Buona parte della ricerca in quest'area (Carnap, Montague, Davidson,Kamp, Barwise e Perry) è orientata in senso formale, cioè si avvale degli strumenti forniti dalla logica e dallo studio dei linguaggi artificiali per sviluppare teorie volte ad esplicitare il significato delle espressioni di una lingua naturale (in questo ambito il lavoro di più vasta portata è quello svolto da Montague e dalla sua scuola, D. Kaplan, H.Kamp:>grammatica di Montague). Tra gli strumenti formali, hanno avuto un ruolo importante la teoria dei modelli originata dal lavoro di Tarski e la semantica dei mondi possibili sviluppata da Kripke e altri.Peraltro, molte analisi classiche della filosofia del linguaggio contemporanea, come l'analisi semantica dei nomi propri di Kripke o quella di Putnam dei nomi di genere naturale (riferimento) sono solo indirettamente connesse con il progetto di una semantica formale (e anzi hanno contribuito a metterne in discussione alcuni aspetti). In tempi recenti, i limiti intrinseci della semantica basata sulla teoria dei modelli e il confronto con le problematiche dell'intelligenza artificiale hanno prodotto una tendenziale separazione, all'interno della f.d.l, tra ricerche orientate in senso cognitivo e attente ai processi di comprensione del linguaggio(Jackendoff, Fauconnier, Block, McGinn) e ricerche più fedeli all'idea dell'autonomia della semantica rispetto alla psicologia, e intrecciate con discussioni di ontologia (Kaplan, Almog, Bealer). FORMALISMO Dal latino formam, derivante dal greco morphe (“forma”). In generale, il formalismo indica qualsiasi atteggiamento filosofico che prende come principio delle sue argomentazioni gli aspetti formali della realtà. In estetica il formalismo indica la teoria per cui sono esclusivamente gli aspetti formali di un'opera d'arte (i suoi colori, il suo disegno, il suo stile, il suo suono o le sue forme, nel caso della scultura) a determinarne il valore. Con Hilbert, il formalismo diviene invece quella teoria per cui ogni sistema matematico deve la sua validità solamente dagli aspetti formali dei suoi teoremi e dei suoi processi intrinsechi, per cui un sistema matematico è valido se non presenta alcuna contraddizione al suo interno. Questo atteggiamento si oppone al logicismo. Il progetto formale di Hilbert venne messo poi in crisi da Godel. Tendenza a dare eccessiva importanza alle forme esteriori, alle convenzioni sociali; atteggiamento formale: il suo f. mi riesce insopportabile Arte, dottrina che fa della perfezione stilistica e dei valori formali l’essenza dell’opera d’arte, lasciando gli aspetti contenutistici in secondo piano | la pratica artistica che segue tale indirizzo teorico Movimento critico e letterario, sorto in Russia fra 1914 e 1930, che si prefiggeva di esaminare compiutamente l’insieme delle caratteristiche formali del testo letterario Formalismo giuridico teoria secondo cui il diritto darebbe maggiore importanza alla forma piuttosto che alla sostanza applicando le norme giuridiche in modo generale e astratto e non in base al singolo caso concreto. FRAME In telematica, pacchetto di bit che costituisce un’unità strutturata di informazioni. La singola immagine che può essere visualizzata da un nastro videomagnetico e corrisponde a un fotogramma cinematografico. GENE 1) un pezzo (o un insieme di pezzi) di DNA che ha le informazioni necessarie per costruire un tipo di molecola preteica; 2) un pezzo di DNA abbastanza lungo per sopravvivere intatto attraverso molte generazioni di ricompinazione sessuale; 3) un pezzo di DNA che, in confronto ad altri pezzi che potrebbero risiedere in quel punto del cromosoma, contribuisce alla specificazione di qualche tratto dell'organismo (per esempio."un gene per gli occhi azzurri"). GESTALT Teoria secondo cui il fenomeno percettivo non è spiegabile come giustapposizione o semplice somma di singole unità particolari, ma come totalità organizzata. In arte, principio estetico che si fonda sul rapporto tra elemento sensibile ed elemento riflesso, e conferisce valore a un’opera solo nel suo insieme negandolo alle singole parti. IDEALISMO Attitudine dello spirito che porta a credere in alti ideali e a vivere in base a essi:. Tendenza a ignorare la realtà, mancanza di concretezza: un sognatore prigioniero del suo i., rifugiarsi nell’i. Qualsiasi filosofia che, come già quella di Platone, ponga le idee come modello, fondamento ed essenza della realtà. Nel XIX sec., corrente filosofica, sorta in Germania, che spiega la realtà come prodotto dell’autocoscienza di uno spirito assoluto trascendente. Idealismo trascendentale: dottrina elaborata dal filosofo tedesco I. Kant, secondo la quale la realtà è una costruzione dell’intelletto che interpreta i dati forniti dai sensi mediante le proprie categorie a priori.. INDUZIONE E’ il risalire da casi singoli all’universale (è il contrario della deduzione). Una o più affermazioni (dette premesse) ne implicano induttivamente un’altra (detta conclusione) se la verità delle prime rende più o meno probabile che quest’ultima sia vera . L’inferenza da "nessun cane che io conosca è vizioso" a "assolutamente nessun cane è vizioso" è un’inferenza induttiva perchè la verità della prima affermazione rende probabile che la seconda sia vera ma non lo garantisce. A dubitare in qualche modo della validità dell’induzione saranno Bacone e, successivamente, Mill; nel ‘900, Popper le negherà ogni valore. INNATISMO Dottrina che sostiene la presenza nell’uomo di principi conoscitivi o comportamentali innati, in quanto trasmessi dalla divinità o geneticamente ereditati Il termine designa ogni atteggiamento filosofico che affermi la presenza di conoscenze acquisite già prima della nascita, indipendentemente dai dati appresi dall'esperienza. La dottrina è quindi presente già in Platone (anamnesi) e in molti altri pensatori (importante il concetto di conoscenza a priori in Kant), mentre è generalmente negata dagli empiristi inglesi. LIBERO ARBITRIO Il termine arbitrio si riferisce alla capacità di giudicare in assoluta libertà attorno a un fatto o a un concetto. Il libero arbitrio è quindi la facoltà propria dell'uomo di essere libero da qualsiasi necessità riguardo alle decisioni che vuole prendere. Per essere realmente libera, una scelta non deve avere nulla alle sue spalle che la determini, sia direttamente che indirettamente. Sul termine molto si è discusso e molto si discute: un libero arbitrio assoluto comporterebbe infatti l'inesistenza di un qualsiasi principio divino, mentre, al contrario, l'esistenza di un Dio onnipotente comporterebbe l'impossibilità di una qualsiasi libertà di fatto. Se fosse vero il primo caso, il divino non potrebbe nulla contro la libera decisione dell'uomo di fare il bene e il male, e questo contraddirebbe l'onnipontenza divina (nonostante ciò, è questa la strada seguita dalla tradizione teologica, per cui Dio ha concesso all'uomo il libero arbitrio, ovvero la possibilità di scegliere il male). Visione opposta è per contro quella dello stoicismo: il libero arbitrio non esiste nella sua forma assoluta poiché ogni cosa del mondo risponde alla legge del logos che la costringe entro un destino necessario. LOGICA Dal greco logos ("discorso, ragione"). La logica è la disciplina strutturata che intende esporre e codificare il funzionamento del discorso dichiarativo e dimostrativo, ovvero i meccanismi che permettono di ragionare in modo corretto attorno ai concetti. In epoca classica per designare la disciplina era in uso anche il termine "dialettica", con riferimento alla capacità della logica di dimostrare le verità seguendo un percorso dinamico, parimenti al discorso, radice comune dei termini "logos" e dialettica. Aristotele la chiamava anche analitica, per il fatto che la logica comporta anche la scomposizione dei problemi nelle sue parti più semplici. Logica degli enunciati parte della logica che si occupa della validità dell’inferenza solo in base al significato dei connettivi. Logica dei predicati parte della logica che si occupa della validità dell’inferenza in base al significato dei termini che indicano quantità. Logica dei termini sistema logico in cui sono considerati come variabili nomi e verbi. Logica delle proposizioni sistema logico in cui sono considerate come variabili le proposizioni. Logica deontica basandosi su argomentazioni per esclusione, tratta delle proposizioni che si riferiscono alle idee di comando, permesso e divieto. Logica estensionale in cui il significato degli enunciati è denotato come vero o falso, e in base alla quale si possono definire regole di calcolo che consentono di eseguire operazioni fra enunciati. Logica formale che studia i modi della connessione di proposizioni indipendentemente dagli oggetti cui si applicano. Logica fuzzy in cui vengono accettati anche valori di verità intermedi tra il vero e il falso. LOGICISMO Dottrina filosofica che pone la logica a fondamento della filosofia o le assegna un’importanza preponderante in questo ambito Corrente di pensiero nata alla fine dell’Ottocento, secondo cui l’intera matematica sarebbe riducibile a logica.(Frege, Russell e alcuni pensatori del Circolo di Vienna.). Tale visione trova il suo opposto nel formalismo. Eccessivo rigore logico | tendenza a ridurre tutte le attività dello spirito a operazioni logiche. MANICHEISMO Nel sec. III d.C., religione gnostica mesopotamica fondata dal principe persiano Mani (216–277), che concepiva la realtà come una continua lotta fra due principi opposti, come il bene e il male, lo spirito e la materia, ecc. Per estensione è detto manicheo un atteggiamento che radicalizza i giudizi sulle cose in senso estremo, non ammettendo la possibilità di posizione intermedie.( il suo m. rende impossibile ogni confronto). METAFISICA. Dal greco metà tà physikà, "oltre le cose sensibili (fisiche)". La metafisica è la disciplina che intende studiare le cause e il "perché" di ogni cosa, andando oltre la semplice considerazione dei dati empirici per indagare i principi primi che generano e determinano le cose esistenti. La metafisica, secondo Aristotele, è la scienza prima, poiché essa si rivolge allo studio non di un determinato ente, ma allo studio di ogni ente in quanto ente, ovvero lo studio delle qualità generali e comuni ad ogni ente (cosa esistente). Nella filosofia moderna esso è usato nel senso (anch'esso aristotelico) di "scienza prima", di disciplina filosofica fondamentale che sta alla base di ogni altra ricerca. In questo senso la metafisica può significare due cose: per un verso essa continua a indicare la ricerca filosofica sui principi costitutivi della realtà e dell'essere; per altro verso può indicare la ricerca preliminare sulle possibilità della conoscenza e sulla struttura generale del sapere: quest'uso riceve la sua formulazione più chiara in Kant, per il quale la metafisica è lo studio di quei principi (da Kant chiamate "forme") che, essendo intrinseci alla costituzione stessa della mente umana, condizionano ogni forma di conoscenza. Con Hegel la metafisica torna ad essere scienza della realtà e, poichè quest'ultima coincide con la razionalità, per lui metafisica e logica coincidono. Il valore ontologico della metafisica viene recuperato anche da Bergson seguendo però la strada opposta: egli svincola la metafisica da ogni fondamento intellettuale/razionale e vede nell'intuizione l'unica facoltà conoscitiva adatta a penetrarne i problemi. Heidegger ha dapprima concepito la metafisica come ontologia, volta a chiarire il problema del senso dell'essere a partire da quell'ente particolare che è l'esserci, per il quale è costitutivo porsi questo problema. In seguito, egli ha considerato la metafisica come il contrassegno di un'epoca che va da Platone fino a Nietzsche ed è caratterizzata dall'oblio dell'essere: ciò è dovuto al fatto che la metafisica pensa l'essere alla stregua di un ente, cioè come un qualcosa di presente e, quindi, di controllabile e dominabile; ma in tal modo smarrisce la verità dell'essere, che è disvelamento, ossia manifestarsi, ma insieme anche sempre nascondersi nel corso del tempo. Nell'ambito del neoempirismo, per esempio da parte di Carnap, la metafisica è invece intesa come un insieme di proposizione prive di significato, in quanto non riconducibili nè a tautologie nè ad asserzioni empiriche verificabili. METEMPSICOSI Credenza nella trasmigrazione dell'anima da un corpo all'altro in esistenze che si succedono nel tempo. Il termine significa, letteralmente, "passaggio dell'anima" (dal greco meta + yuch ) e designa una dottrina assai diffusa nell'antichità greca e orientale. La metempsicosi è elemento essenziale dell'Orfismo ed è oggetto dell'insegnamento di Pitagora. Anche Empedocle ne parla nelle Purificazioni , mentre in Platone se ne trovano ben due diverse interpretazioni come destino dell'anima per eccessivo attaccamento alla vita corporea (nel Fedone ) e come prospettiva propria di tutte le anime che, terminato il ciclo millenario della vita ultraterrena, devono tornare ad incarnarsi (nella Repubblica , mito di Er). In età rinascimentale, sulle orme di Bruno e di Telesio, molti pensatori reinterpretano la metempsicosi come principio della filosofia naturale. L'induismo e il buddhismosi fondano su di essa. In alcune credenze e teorie religiose e filosofiche, trasmigrazione dell’anima dopo la morte in altri corpi, anche animali, vegetali o minerali, fino alla completa purificazione da una colpa o da un peccato; reincarnazione. MISERIA DELLO STORICISMO Titolo di un'opera di Popper ed espressione chiave della sua filosofia, della storia; lo storicismo nasconde una metafisica infondata, che presuppone in senso univoco e oggettivo delle vicende storiche e implica una concezione deterministica e totalitaria della realtΰ umana, come fosse governata da leggi fisse e invariabili, mentre si danno soltanto tendenze storiche interpretabili esclusivamente in base a ipotesi soggettive e variabili. . MISTICISMO Credenza religiosa o filosofica e atteggiamento spirituale secondo i quali la conoscenza perfetta è data dall’intima unione dell’individuo con il divino, raggiungibile mediante la meditazione interiore, la contemplazione, l’ascesi, ecc. Senso di religiosità profonda, aspirazione a un completo distacco dalle cose terrene Sentimento o disposizione d’animo particolarmente intenso e profondo Atteggiamento di totale adesione, di fede incondizionata in un’ideologia, in un principio e sim. MONADE. Dal greco monos ("unico"). La monade è l'unità minima e indivisibile della sostanza spirituale di cui tutte le cose sono composte, secondo la filosofia di Leibniz. Elemento ultimo e indivisibile della realtà considerato come unità reale metafisica, inestesa e spirituale. Nella filosofia pitagorica, unità originaria dalla quale deriva la serie dei numeri. MOVIMENTO Il tipo principale di regola trasformazionale nella teoria di Chomsky, che muove un sintagma dalla sua posizione abituale nella struttura profonda a qualche altra posizione non saturata, lasciando dietro una traccia: Gianni crede che Maria abbia baciato Pietro >Chi crede Gianni che Maria abbia baciato (traccia). Do you WANT WHAT > WHAT DO YOU WANT (traccia). NEOPLATONISMO Il neoplatonismo è quella corrente filosofica fondata attorno al II° secolo d.C. da Ammonio Sacca affermante che esiste un'entità divina, un principio unico, dalla quale emana la realtà del mondo similmente al calore che emana dal fuoco. La dottrina vede come suo esponente più celebre Plotino, mentre nel rinascimento, il neoplatonismo si configura come ripresa dei temi classici dopo la riscoperta dei testi platonici. Sostanzialmente, il neoplatonismo è caratterizzato dalla convinzione che il principio dal quale tutto deriva non è conoscibile razionalmente e rimane assolutamente trascendente rispetto alle possibilità della conoscenza umana. Sincretizzando elementi platonici, stoici, aristotelici e della cultura orientale, elaborò una complessa metafisica secondo cui Dio sarebbe l’Uno inconoscibile e ineffabile e la realtà la sua emanazione molteplice e gerarchicamente strutturata 1 indirizzo filosofico alessandrino diffusosi tra il II e il VI sec. d.C. che, sincretizzando elementi platonici, stoici, aristotelici e della cultura orientale, elaborò una complessa metafisica secondo cui Dio sarebbe l’Uno inconoscibile e ineffabile e la realtà la sua emanazione molteplice e gerarchicamente strutturata 2 movimento filosofico diffusosi nel Quattrocento spec. a Firenze, che propose un rinnovamento dell’uomo, della società e del cristianesimo attraverso il ritorno alla dottrina platonica NEUROLINGUISTICA Questa disciplina studia,mediante l'applicazione dei metodi e dei modelli linguistici e psicolinguistici alla produzione, ricezione, elaborazione e acquisizione del linguaggio i problemi riguardanti i meccanismi neuronali sottostanti il linguaggio e le patologie linguistiche. La ricerca in neurolinguistica viene condotta spesso da gruppi interdisciplinari perchè comprende aspetti di linguistica, di psicologia e delle neuroscienze. NICHILLISMO. Dal greco nihil ("nulla"), da né ("non") e hilum ("un filo"); ovvero "non un filo", "un nulla". Il nichilismo è quella corrente filosofica che nega l'esistenza di qualsiasi principio e di qualsiasi valore morale, nonché della consistenza di qualsiasi verità. Il nichilismo è la presa di posizione per cui viene negata una certa tradizione o una certo sistema di valori in nome del nulla che rappresentano. Dietro all'esistenza del nichilismo polemico che nega la validità dei principi condivisi, vi è alla base del concetto e la convinzione che il nulla sia dotato di una certa consistenza. Il "nichilismo europeo" è, nella filosofia di Nietzsche, la svalutazione di tutti i valori operata dalla morale cristiana, che si è proposta e diffusa per secoli come l'unica interpretazione del mondo, terminando con il privarlo di ogni fine e di ogni valore vitali, riducendolo a nulla e decadenza. A questo nichilismo passivo e decadente Nietzsche contrappone il nichilismo attivo che smaschera i valori della tradizione e ne annuncia di nuovi. L'idea del nichilismo si afferma per la prima volta con l'opera "Padri e figli" di Turgenev e trova in Nietzsche la sua più completa trasposizione. 1 Condizione psicopatologica per cui il soggetto è portato a negare l’esistenza di ogni cosa . 2 Ideologia politica rivoluzionaria sviluppatasi in Russia nella seconda metà dell’Ottocento, che si proponeva di distruggere l’ordinamento politico e sociale esistente. NOLONTA' Dal latino noluntatem ("non volere"). Nella filosofia di Schopenhauer la negazione della volontà. L'idea è mutuata dalla filosofia orientale: se non si può vincere volontariamente il cieco e irresistibile impeto che ci costringe a vivere, allora possiamo combattere questa costrizione distaccandoci con l'aiuto della ragione da questa necessità. La nolontà non è volontà di annientarsi, essa è invece un distacco, un porsi al di fuori del gioco contingente della vita. In generale la nolontà è il rifuggire la volontà del male. NOMINALISMO Il nominalismo è la dottrina filosofica per cui solo le individualità hanno sostanza reale, mentre i concetti generali che definiscono le singole individualità non possiedono alcuna sostanza ma costituiscono solamente i nomi degli insiemi ai quali gli individui appartengono, nomi ai quali non corrisponde alcuna sostanza concreta. (soltanto gli individui sono reali, mentre i concetti generali o universali non esistono come realtà bensì sono solamente dei nomi con cui la mente umana li rappresenta ) NON-CONTRADDIZIONE (PRINCIPIO DI) Il principio di non contraddizione è quel principio logico che mostra l'impossibilità di una certa cosa determinata di essere contemporaneamente se stessa e un'altra cosa. Esso si pone alla base dei principi della logica ed è stato esposto per la prima volta da Aristotele nella seguente forma: "E' impossibile che, per il medesimo rispetto, la stessa cosa sia e non sia". NOUMENO Dal greco noumenon, "ciò che è pensato", da nous ("mente"). Il noumeno è la cosa in sé così come è formulata dalla filosofia kantiana. La cosa in sé è l'oggetto della conoscenza intellettuale pura, contrapposta alla conoscenza sensibile circoscritta al modo in cui i sensi possono conoscere (il noumeno si configura come concetto contrapposto al fenomeno). Il noumeno è allora l'oggetto per come è realmente, al di là della sua conoscenza fenomenica, inevitabilmente condizionata dalla forma dei sensi. OLISMO. Dal greco olos ("tutto, intero"). L'olismo è la teoria secondo cui l'intero è un tutto superiore rispetto alla somma delle sue parti. L'intero riveste quindi un significato diverso o superiore rispetto a quello delle singole parti prese autonomamente. 1 Ogni concezione filosofica e sociologica secondo cui la società è una totalità non riducibile alla somma degli individui e delle loro azioni 2 In epistemologia, teoria che considera il sapere scientifico come un insieme di proposizioni altamente connesse, tale da non consentire la verifica empirica di una singola ipotesi, ma solo di porzioni più o meno estese dell’insieme. (ogni proposizione è vera solo all'interno di un dato paradigma) ONTOLOGIA. Dal participio presente (ontos) del verbo greco einai ("essere") e logos ("legge"). L'ontologia è la disciplina filosofica che si occupa dello studio dell'essere in quanto essere, ovvero al di là delle sue determinazioni particolari. L'ontologia si occupa quindi di studiare le qualità dell'esistenza delle cose nella loro caratteristica di essere cose che esistono (enti), per questo motivo, ovvero per la particolarità dell'ontologia di fare riferimento al principio primo che caratterizza l'esistere delle cose, l'ontologia viene spesso identificata con la metafisica. Questo termine letteralmente significa discorso sull’essere (dal greco to on = l’essere e logoV = discorso). E' uno sviluppo della filosofia avvenuto grazie a Parmenide ed esattamente lo studio dell’essere in quanto essere nei suoi caratteri universali. L’essere è, secondo Parmenide, tutto ciò che esiste e che quindi è. Al contrario il non-essere non è, cioè non esiste e non solo: è impensabile e indicibile. L’essere ha caratteristiche precise: è uno, immutabile, immobile, finito (nella mentalità era come dire perfetto), ingenerato (perchè il passato è considerato cio che non è più), imperituto (in quanto il futuro è visto come ciò che non è ancora) ed eterno. L’essere non è. Platone però - nel "Sofista" - corregge Parmenide, compiendone un "parricidio": egli introduce il "non-essere" nel senso di "essere diversamente", cosicchè sarà possibile dire "la penna non è il libro" non nel senso che la penna è il non essere, ma nel senso che essa è diversa dal libro. Ancora Aristotele, confuta Parmenide, aggirando le sue prescrizioni, attraverso la coppia di nozioni "atto" e "potenza", il non essere come "non essere ancora". Nel Novecento, è Heidegger a riaccostarsi al problema ontologico, caduto per secoli nell’oblio: ponendo in esergo ad "Essere e Tempo" un’espressione del Sofista platonico, egli nota come tutti siamo certi di sapere cosa significhi "essente" ma di fatto non lo sappiamo. Siamo erroneamente convinti che i singoli enti siano l’essere, quando in realtΰ essi sono solo enti (la differenza ontologica: gli enti sono enti, e non l’essere). Scienza che studia l’essere in quanto essere, al di fuori delle sue determinazioni particolari o fenomeniche | nel pensiero anglosassone contemporaneo, con riferimento alle questioni di esistenza in quanto dipendenti dagli assiomi dei linguaggi che si scelgano. OSSIMORO Figura retorica che consiste nell’accostare parole che esprimono sensi abitualmente contrapposti (ad es. una lucida follia, un felice errore). Contraddizione radicale PANTEISMO. Dall'inglese pantheism, composto dalla particella greca pan- ("tutto") e theos ("dio"). La dottrina filosofica per cui tutta la realtà è formata dalla stessa sostanza divina. Da ciò ne deriva che la natura, intesa come creazione e come condizione di esistenza di ogni cosa, è essa stessa Dio. PARALINGUISTICA Ramo della linguistica che studia i fattori non formalmente linguistici (volume della voce, rapidità di elocuzione, gestualità, prossemica, impaginazione) che accompagnano significativamente la realizzazione di una frase PATTERN Schema, modello di riferimento. Modello che specifica la disposizione di caratteri di una stringa. Sistema consolidato di comportamenti e valori, comune a tutti gli individui di un determinato gruppo sociale. Nell'appredimento di una seconda lingua, il metodo dei patterne consiste nella registrazione magnetica della produzione dello studente nella lingua straniera, nel succesivo riascolto e confronto con dei modelli che sono forniti allo studente attraverso canali sia audio che audio-video PLEONASMO. Dal greco pleonasmos ("eccesso"), da pleon ("più"). Abbondanza di concetti al di là della necessità e delle reali esigenze del discorso. POLISEMIA. Proprietà di un segno (parola, immagine, suono, ecc.) di avere diversi significati. Insieme dei significati che possono essere attribuiti a un’opera letteraria in base alle diverse interpretazioni critiche. POSITIVISMO La dottrina fondata da Comte per cui sono da considerare validi solo i fatti dimostrati scientificamente e per mezzo dell'esperimento (concetto già di Galileo e alla base della fisica moderna). Il punto saliente dell'atteggiamento positivista è la fede nella scienza quale unica via possibile al raggiungimento del benessere e del progresso umano. Positivo è ogni fatto che ha una qualche utilità pratica, contrapposto alla sterilità delle metafisiche classiche. Con Comte si assiste inoltre ad una "romanticizzazione" della scienza: l'atteggiamento scientifico è l'unico in grado di risolvere ogni problema dell'uomo, la scienza diventa una vera e propria religione, una fede. POSTULATO Dal latino postulare, forse da poscere ("chiedere"). Il postulato è qualsiasi affermazione non dimostrata e non evidente che viene comunque presa per vera in modo da fondare una dimostrazione o un procedimento che altrimenti risulterebbe incongruente. PRAGMATICA Branca della semiotica che studia il rapporto tra i segni e coloro che se ne servono. PRAGMATISMO Dal greco pragma, da pragmatos ("fatto"). Dottrina filosofica contemporanea per cui la qualità propria della coscienza non è quella di comprendere la realtà ma quella di agire su di essa in modo da consentire un'azione efficace in grado di esercitare un certo dominio su di essa. Corrente di pensiero, sviluppatasi negli Stati Uniti alla fine dell’800, secondo la quale qualunque affermazione o speculazione teorica ha validità solo se confermata dalla sua applicazione pratica . PREDICATO Dal latino praedicare ("annunziare"), composto dalla particella pre- e dicere ("dire"). Il predicato è la proposizione che è oggetto di affermazione o negazione, ovvero l'enunciato che è sottoposto alla peculiarità di essere oggetto di discorso e di valutazione. PSICOLINGUISTICA Ramo della linguistica che studia i meccanismi psicologici alla base dell’acquisizione, dell’elaborazione e dell’uso della lingua. Per quanto riguarda i rapporti tra comportamento e lingua, si possono distinguere almeno cinque diverse ipotesi di lavoro: 1) la cosiddetta "ipotesi Sapir-Whorf", secondo cui la lingua del parlante condizionerebbe il suo modo di percepire e organizzare la realtà; 2) la posizione dei neopositivisti logici della scuola di Vienna (Carnap) secondo cui le condizioni di veritΰ alle quali le espressioni linguistiche sono soggette derivano dalla organizzazione della realtà; 3) la posizione di Piaget e della scuola di epistemologia genetica che da lui deriva, che rappresenta in un certo senso un punto di sintesi tra le prime due. Infatti, secondo lo psicologo svizzero, sia la lingua che il pensiero rappresentano due manifestazioni distinte di un comune processo, più generale e profondo, che è quello che governa l'attività simbolica dell'uomo; 4) gli psicologi comportamentisti americani [Skinner 1947], che hanno elaborato una teoria dell'apprendimento linguistico e del comportamento verbale in generale, basata sullo schema dell'associazione stimolo /risposta. Lo stimolo è qualsiasi impressione percepita dal soggetto; la risposta è la reazione a tale stimolo, la quale può essere "rinforzata" positivamente (mediante incoraggiamento, ricompensa, ecc.) determinando in tal caso l'apprendimento dell'associazione e la sua generalizzazione; 5) infine, più recentemente, la p. ha trovato un rapporto di complementarietà con la grammatica generativa di Chomsky. Il punto di contatto sta nel comune interesse per la ricerca degli , universali linguistici innati, cioè non acquisiti con l'esperienza o l'apprendimento. Così, ad es., secondo Chomsky, la fase di acquisizione del linguaggio da parte del bambino mostrerebbe la capacità innata della mente di operare la generalizzazione delle regole che il bambino osserva all'opera e assume a proprio modello nella performance o esecuzione linguistica dei parlanti adulti. Compito della p sarebbe dunque mettere alla prova sperimentalmente questa ipotesi, al fine di verificarla. Mentre l'analisi linguistica vera e propria si svilupperebbe ad un altro livello, quello della competenza linguistica vera e propria. QUIDDITAS Dal latino quid ("che cosa?"), da quis ("chi"). La quidditas, in italiano "quiddità", è la sostanza ultima di cui sono composte le cose. Il termine deriva dalle traduzione latine (dall'arabo) dei testi aristotelici che menzionano la "sostanza". Il passo da cui il termine viene preso è il seguente: "quod quid erat esse" ("ciò che è l'essere"). RAGIONE Dal latino rationem ("capacità di calcolo e di valutazione"). La ragione è la facoltà di mettere in relazione tra loro e nel modo corretto fatti e considerazioni. Per estensione, la ragione viene anche usata in sostituzione del termine "logica", per cui viene ad acquisirne le stesse qualità. Perché vi sia ragione occorre quindi che vi sia una valutazione comparata di fatti e considerazioni diverse, da qui il naturale collegamento con la radice etimologica "calcolo", ovvero facoltà di mettere in relazione tra loro grandezze diverse. RASOIO DI OCCHAM Il rasoio di Ockham è considerato una legge di economia dei concetti, per cui, in una dimostrazione qualsiasi, è bene che si ricerchi la massima unità e semplicità possibile nelle parti che la costituiscono. La formulazione latina del rasoio, esposta da Guglielmo di Ockham, recita così: "Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem" ("Non si moltiplicano gli enti se non vi è necessità di farlo"). RAZIONALISMO Dal latino ratio ("calcolo, ragione"). L'atteggiamento filosofico per cui le verità sono dedotte attraverso l'uso della sola ragione e della sola logica, escludendo l'esperienza. REALISMO Dal latino res ("cosa"). L'atteggiamento filosofico che attribuisce alle cose un'esistenza reale autonoma rispetto alla coscienza del singolo soggetto. RELATIVISMO Dal latino relatus ("riferire", "far riferimento"). La corrente filosofica sostenente che non vi sono verità assolute che traggano giustificazioni solamente dal proprio significato ma che in realtà ogni verità è tale solo in relazione a qualcosa con la quale ha un rapporto. RETORICA Dal latino retoricam, a sua volta proveniente dal greco retorike (retor téchne, "tecnica della parola"), la cui radice è retor, da eirein ("parlare"). Il metodo consolidato da Gorgia e dai sofisti che consiste nel discorso persuasivo che ha come scopo quello di convincere della bontà di certe tesi. Fondamentale per la riuscita del discorso è il buon uso della parola (l'eloquenza). La verità delle tesi difese non coincide necessariamente con la realtà delle cose e la bontà assoluta dei valori perorati. In sostanza il linguaggio non è solo lo specchio della realtà ma è anche lo specchio dei rapporti di forza che si vengono a creare tra le persone: il linguaggio viene usato per vincere uno scontro dialettico, indipendentemente dalla verità dell'argomento, in modo da piegare la conclusione agli interessi che di volta in volta si difendono. SCETTICISMO Dal greco skeptesthai ("osservare"). Dottrina filosofica ellenica, ma anche atteggiamento filosofico generale, per cui è impossibile all'uomo raggiungere la sicurezza della verità o della falsità di qualsiasi argomento, per cui si giunge, nella forma antica della dottrina, all'astensione da qualsiasi giudizio 1a corrente filosofica, iniziata dal filosofo greco Pirrone di Elide nel IV sec. a.C., che, in contrapposizione con le filosofie dogmatiche, si basa su un ideale di assoluta imperturbabilità e indifferenza del saggio di fronte a uomini e avvenimenti, provocate dall’impossibilità di giungere a una conoscenza assoluta delle cose 1b nella filosofia hegeliana, atteggiamento che nega la veridicità della parte concettuale della conoscenza, riconoscendola solo a quella sensibile 2 atteggiamento di chi dubita per principio di ogni affermazione o valore genericamente accettato SEMANTICA Dal greco semantikos, da semainein ("significare"). Nella logica moderna, parte della semiologia che studia i rapporti tra segno e referente del segno, indipendentemente dagli aspetti psicologici e sociali del linguaggio analizzato. In generale il termine si estende allo studio del significato delle parole. In ambito filosofico, la ricerca semantica (ad opera di autori come Frege, Wittgenstein, Tarski, Carnap) si è incentrata sulla nozione di condizioni di verità di un enunciato. Questo approccio si è rivelato fruttuoso soprattutto al fine di determinare la struttura semantica composizionale delle espressioni di un linguaggio, cioè il modo in cui il valore semantico di espressioni complesse dipende da quello dei loro costituenti. In questa tradizione la s. è fin dall'inizio intrecciata con la logica: la logica proposizionale può essere interpretata come l'analisi del significato dei connettivi (e, o, se ... allora), cioè come l'analisi del modo in cui il valore di verità di un enunciato composto mediante connettivi dipende dai valori di verità degli enunciati che ne sono i costituenti. Questo genere di ricerca, detta anche semantica formale perchè fa uso degli strumenti della , logica formale, dopo Tarski ha applicato all'analisi del significato gli strumenti matematici della teoria dei modelli. La s. formale e la s. modellistica hanno incontrato un limite serio nell'analisi degli enunciati di atteggiamento proposizionale ( atto linguistico). I metodi della s formale consentono di esplicitare al massimo la struttura semantica composiziσriale delle lingue naturali, ma dicono ben poco sul ;significato dei costituenti atomici, parzialmente affrontato attraverso gli studi sulle definizioni prototipiche e sugli stereotipi associati ai nomi di specie naturali. Ricerche di s si sono sviluppate negli ultimi decenni del xx set. nell'ambito degli studi di intelligenza artificiale. SEMIOLOGIA (semiotica). Dal greco semeion ("segno"). Studio di ogni tipo di segno, sia esso linguistico, visivo, gestuale, ecc. prodotto in base a un codice accettato e condiviso socialmente. SILLOGISMO. Dal greco syllogizesthai ("dedurre"). Metodo logico aristotelico consistente nella formulazione di una premessa da cui deriva per deduzione una conclusione necessaria attraverso il passaggio da un termine medio. 1 in Aristotele, ogni forma di collegamento di proposizioni, anche con finalità retoriche; in particolare, forma fondamentale di ragionamento deduttivo proprio della logica aristotelica, costituito da tre proposizioni connesse in modo tale che, poste le prime due come premesse (premessa maggiore e premessa minore), ne segue necessariamente una terza detta conclusione (per es., tutti gli uomini sono mortali, tutti i greci sono uomini, dunque tutti i greci sono mortali) 2 ragionamento estremamente rigoroso e inoppugnabile o anche, iron., eccessivamente cavilloso 3 argomentazione capziosa e sofistica Con Aristotele designa la forma perfetta di deduzione, " un discorso in cui, poste talune cose, altre ne seguono di necessità ". Esso è composto di 3 proposizioni categoriche (costituite cioè di soggetto e predicato) e precisamente di due premesse e una conclusione. In ciascuna delle due premesse compare uno stesso termine (detto "medio") il quale consente di connettere gli altri due termini nella conclusione: "tutti gli animali sono mortali, l'uomo è un animale, dunque l'uomo è mortale" ; il termine medio è "animale", che mi consente di allacciare tra loro le due premesse per avere la conclusione. Nella prima premessa il termine medio funge da soggetto, nella seconda da predicato. Se le premesse sono vere anche la conclusione è necessariamente vera. Proprietà del sillogismo è infatti la trasmissione della verità dalle premesse alla conclusione. Se il "medio" fosse solo predicato o solo soggetto in tutte e due le premesse non potremmo trarre conclusioni così semplici : se per esempio avessimo queste due premesse "tutti i vegetali sono verdi " e "tutte le rane sono verdi" finiremmo per dire "tutte le rane sono vegetali" : il medio (rane) è soggetto in tutte e due le proposizioni . In questo caso teoricamente non lo si può neanche chiamare termine medio. SOCIETA' APERTA I due modelli alternativi di convivenza umana, secondo Popper, sono la società aperta e la società chiusa; la prima è una società di tipo liberale e democratico, in cui sono "aperte" le direzioni di ricerca intellettuale e sociale, la seconda è una società di tipo autoritario e totalitario, governata da una legge o un potere assoluto: società chiuse sono quelle delineate da Platone, Hegel e Marx, nemici del liberalismo e della società aperta, pluralistica e libera. SOFISTA. Dal greco sophos ("sapiente"). Chi apparteneva alla scuola sofista, la scuola filosofica dell'antichità caratterizzata dall'uso "professionale" delle dimostrazioni filosofiche, per cui dimostrazioni e confutazioni erano prodotte a pagamento o su richiesta. Per tale motivo, il termine ha forti connotazioni spregiative e si usa per indicare chiunque utilizzi argomentazioni troppo cavillose atte a dimostrare o confutare un argomento non per favorire la verità, ma per ottenere ragione, una ragione fine a se stessa. SOGGETTO Dal latino subiectum che traduce il greco upokeimenon (υποκειμενο), ossia "ciò che soggiace". Per Aristotele il soggetto è anzitutto la materia come presupposto della forma e quindi ipostasi, substantia. Ma soggetto è anche l’individuo come punto di supporto dei suoi attributi o accidenti. Questa struttura ontologica trova un corrispettivo nella struttura logica del giudizio laddove il soggetto è ciò di cui si predica qualcosa, non potendo egli stesso mai diventare predicato di qualcos’altro. Dunque il soggetto è ciò che permane alla base di ogni possibile predicazione. La filosofia scolastica fece propria questa impostazione aristotelica, intendendo perς l’ "essere soggettivo" come ciς che designa l’esistenza reale, mentre l’ "essere oggettivo" nomina l’esistenza delle cose nella mente. Queste premesse preparano la rivoluzione soggettivistica della modernitΰ che si inaugura con Cartesio. Questi, da un lato resta fedele all’uso scolastico del termine soggetto come sostanza, dall’altro apre la via al tema moderno del valore delle rappresentazioni. Il "cogito", come sostanza pensante, concepisce se stesso e il mondo attraverso quegli attributi che sono le idee, il cui grado di evidenza e il cui valore di veritΰ diventano fondamentali. Attraverso Hobbes, Locke, Leibniz e Hume il termine soggetto si identificherΰ sempre piω con l’attivitΰ senziente e pensante dell’io, e questo processo culminerΰ in Kant, per il quale il soggetto θ l’ "io penso" o coscienza trascendentale, mentre l’oggetto θ la realtΰ in sι delle cose e del mondo. Nel successivo sviluppo idealistico da Fichte a Hegel, da Croce fino a Husserl, la realtΰ oggettiva viene in vario modo ricondotta o assimilata ad attivitΰ del soggetto o spirito, sicchι l’identificazione tra soggetto e coscienza pensante diviene il caposaldo della filosofia, sia idealistica e spiritualistica che dell’empirismo positivistico, che al soggetto trascendentale oppone il soggetto empirico della psicologia e delle scienze umane. Recentemente perς la preminenza del soggetto e la sua identificazione con la coscienza sono state rifiutate: emblematico il decentramento del soggetto di M. Foucault. Questi esiti sono stati preparati in parte dalla critica marxista della coscienza come sovrastruttura ideologica, dalla freudiana scoperta dell’inconscio, dalla linguistica e dall’etnologia strutturali di Lιvi Strauss e F. de Saussure. In questo caso il soggetto diventa una specie di effetto-superficie, dominato da leggi e strutture ignote alla coscienza. Ricordiamo infine Nietzsche, che con il suo prospettivismo demolisce la sovranitΰ del cogito definendo soggetto e coscienza maschere di impulsi vitali piω profondi e Merleau-Ponty, che intreccia in un’unitΰ ambigua e irresolubile mondo e coscienza. SOLIPSISMO Dal latino solus ("solo") ipse ("stesso"); ovvero, "solo se stesso". L'atteggiamento per cui un singolo individuo accetta la sua sola esistenza e non quella degli altri enti, siano essi uomini o cose. Il mondo esterno al soggetto che considera il solipsismo diventa così un mondo di sole idee e fenomeni creati dalla propria ed unica coscienza. SOSTANZA Dal latino sub ("sotto") e stantia ("stare"); ovvero "stare sotto", "sorreggere". Ciò che non ha bisogno di nient'altro per esistere poiché essa stessa sorregge e soggiace ("sta sotto") all'esistenza delle cose e degli enti. La sostanza è dunque quella caratteristica peculiare di ogni cosa esistente senza la quale essa non potrebbe esistere come è entro i limiti della sua determinazione STRUTTURALISMO Scienze umane : indirizzo teorico e metodologico che ha esteso alle scienze umane le teorie dello strutturalismo linguistico, contrapponendo ai principi e ai criteri storicistici un metodo di indagine volto a individuare relazioni costanti e sistematiche, ossia strutturali, tra i fenomeni . psicologia : corrente, che trovò applicazione soprattutto in J. Lacan, intesa a definire o descrivere attraverso il metodo dell’introspezione, i contenuti mentali che, come un insieme organico e interagente, costituiscono un processo psichico. antropologia : studio delle forme di vita sociale considerate come sistemi di condotta rappresentanti ciascuno una proiezione delle leggi universali che governano la vita dello spirito. SUPERUOMO Superuomo o oltreuomo è, nella filosofia di Nietzsche, l'uomo che, accettato il gioco di forze dell'essere, si fa capace di costruire un'esistenza colma di vita e di senso, attimo per attimo. E' figura della nuova moralità e dell'"affermazione della vita" che stanno "oltre" il nichilismo passivo, in fedeltà alla terra e allo spirito dionisiaco. Il superuomo sarà un essere libero, che agirà per realizzare se stesso. E' un essere che ama la vita, che non si vergogna dei propri sensi e vuole la gioia e la felicità. E' un essere "fedele alla terra", alla propria natura corporea e materiale, ai propri istinti e bisogni. La "fedeltà alla terra" è fedeltà alla vita e al vivere con pienezza, è esaltazione della salute e sanità del corpo, è altresì affermazione di una volontà creatrice che istituisce valori nuovi (ecco il vero significato della volontà di potenza). Non più "tu devi", ma "io voglio". Il superuomo è inoltre un essere socievole, rappresentato da Zarathustra che balla. Egli ha abbandonato ogni fede, ogni desiderio di certezza, per reggersi "sulle corde leggere di tutte le possibilità". La sua massima è: "Diventa ciò che sei". La libertà del superuomo è una ricchezza di possibilità diverse, da qui appunto la rinuncia ad ogni certezza assoluta e da qui anche la profondità tipica del superuomo, l'impossibilità di definire e giudicare la vita interiore, dalla quale non si attinge altro che la maschera ("Tutto ciò che è profondo, ama mascherarsi"). Il superuomo è il filosofo dell'avvenire; è un uomo senza patria per poter insegnare ad amare la ricchezza e la transitorietà del mondo. Con la sua "diversità di sguardo", egli cerca di rendere più degno il pensiero della vita, di dare al mondo un altro valore, un'altra verità: la verità non è qualcosa da riconoscere ma da creare. Con la libertà che nasce dall'abbandono delle vecchie illusioni e certezze, egli osa "spostare le pietre di confine" e aprire alla ricerca nuovi orizzonti. 1 nella dottrina nietzschiana, individuo di eccezione che afferma sugli altri la propria volontà di potenza, affrancandosi dalla morale comune e vivendo al di là dei concetti di bene e di male 2 persona che si crede superiore agli altri TABULA RASA Voce latina che significa letteralmente "tavola raschiata", con riferimento alle tavolette di cera incise con segni utilizzate nell'antichità, segni che risultavano cancellati una volta raschiate le incisioni. Il concetto, già utilizzato da Eschilo e da Platone, che indica ogni condizione in cui la coscienza sia priva di qualsivoglia conoscenza innata, comunemente a un foglio bianco che attende di essere ricoperto da segni. Il termine verrà poi riproposto da Locke per indicare, nell'empirismo, la condizione che vuole la coscienza dei neonati priva di qualsiasi concetto innato, concetti che verranno appresi solamente in forza dei dati dell'esperienza che giungeranno alla mente nel corso dello sviluppo. TAUTOLOGIA Dal greco tautologia ("che dice lo stesso"), composto da tauto ("stesso") e da logos ("discorso"). Dimostrazione che nelle sue conclusioni ripete inutilmente ciò che era già affermato nella premessa. In epoca moderna, il termine viene utilizzato dall'empirismo logico per indicare ogni proposizione composta che è sempre vera, indipendentemente dai valori di verità assegnate alle singole proposizioni che la compongono. 1a nella logica formale classica, proposizione qualificata negativamente che, proponendosi di definire qcs., ripete nel predicato quanto già espresso nel concetto 1b nella logica contemporanea, enunciato complesso che è logicamente vero, indipendentemente dai valori di verità delle proposizioni elementari che lo compongono 2 in logica matematica, nello studio delle operazioni logiche fra proposizioni, ogni formula che risulti sempre vera indipendentemente dai valori di verità assegnati alle lettere che compongono la formula stessa TEISMO In generale, indica ogni dottrina religiosa o filosofica che ammette un Dio unico personale e trascendente e in quanto tale, si contrappone all' ateismo (che nega l'esistenza di Dio) e al deismo (che ammette un Dio dimostrabile dalla ragione). E' tipico delle tre grandi religioni monoteistiche: ebraismo, cristianesimo, Islam. Filosofo teista fu, ad esempio, Pascal. 1 ogni dottrina che ammette un dio unico e trascendente 2 concezione cosmogonica fondata su figure divine creatrici relig., concezione della divinità, relativo alla concezione della divinità o al culto del divino: elioteismo, enoteismo, monoteismo TRASCENDENTE. Dal latino transcendere, composto da trans- ("oltre") e scandere ("salire"). Trascendente è la qualità propria di ciò che va oltre dei limiti definiti, e in questo il termine si pone come opposto a ciò che è immanente. Il termine designa quindi ogni condizione di esistenza che si trova situata oltre a certi limiti sensoriali o conoscitivi, per cui trascendentale, ad esempio, è l'entità divina per il neoplatonismo.(che è al di fuori del mondo naturale e storico, soprasensibile). Il termine acquista un significato ulteriore nel termine "coscienza trascendentale". Con ciò si vuole definire la qualità propria della coscienza di contenere ogni cosa reale, derivante dal fatto che la coscienza "trascende" le singole diversità delle cose per porsi come "contenitore" autonomo e universale di ogni concetto e ogni possibilità oggettiva. 1 che è al di fuori del mondo naturale e storico, soprasensibile 2a che va oltre, al di sopra di qualcosa in quanto assunto come termine di riferimento | nel pensiero kantiano, che esula da ogni esperienza possibile; anche s.m. 2b principio divino che si colloca oltre le categorie TRASCENDENTALISMO Qualsiasi sistema o indirizzo filosofico che ponga a proprio fondamento non i dati dell'esperienza sensibile ma le capacità intuitive dello spirito UMANESIMO. L'umanesimo è quell'indirizzo filosofico rinascimentale nato in Italia e poi diffusosi in tutta Europa che riconosceva l'uomo come identità di corpo e anima destinato a vivere il mondo e dominarlo. Tale riconoscimento della potenza umana parte da una diversa impostazione filosofica legata alla concezione dell'uomo, per tutto il medioevo visto come essere imperfetto e limitato, alla mercé della sola potenza divina. Con l'umanesimo l'uomo acquista quindi piena consapevolezza delle sue possibilità e del suo valore, venendosi così a costituire i primi tratti della società moderna, in cui il dominio tecnologico attorno le cose costituisce il carattere dominante della produzione in cui si rispecchia la forza dell'uomo. Per estensione, con il termine umanesimo si designano nella filosofia contemporanea tutti quegli indirizzi filosofici che prendono a fondamento dell'indagine la natura umana e i suoi limiti. 1 movimento culturale che, tra il XIV e il XVI sec., grazie a un rinnovato studio del mondo classico, portò a rivalutare i valori propriamente terreni dell’esperienza umana, distaccandosi dalla dimensione religiosa e oltremondana propria del Medioevo 2 qualsiasi concezione che riconosce la centralità dell’uomo o che intende rivendicarne i diritti, l’esigenza di libertà e la dignità individuale: u. politico, marxista, cristiano 3 interesse per la cultura classica, per gli studi filologici e letterari, che contraddistingue un periodo storico o un singolo autore: u. del Settecento, u. di Pascoli UNIVERSALE Dal latino universum, composto da unus ("uno solo") e versus, participio passato di vertere ("volgere"); ovvero "ciò che è volto all'unità". Se nel suo uso comune universale è la qualità di ciò che compete ogni determinazione, l'universale, in filosofia, rappresenta un concetto ben preciso. Per universale si intende l'esistenza ontologica, reale, concreta, di un principio che permette alle singole cose individuali di conformarsi in ragione di un'essenza immutabile che ne fa da matrice, analogamente alle idee platoniche e alla sostanza aristotelica. L'universale si configura così come ciò che rappresenta l'identità del molteplice, ovvero quella qualità eterna che non muta e che determina le singole e diveniente cose concrete (gli individuali). 1a ciò che è comune agli individui di un insieme; concetto generale astratto che si applica a tutti i membri di una stessa classe | procedere dall’u. al particolare o dal particolare all’u.: procedimento o metodo logico deduttivo o induttivo 1b nella filosofia scolastica medievale, segni convenzionali o nomi attribuiti dagli uomini alle cose, indicanti generi (ad es. mammifero) e specie (ad es. uomo, cane, ecc.) | idee di generi e specie che esisterebbero nella mente di Dio e che sarebbero i modelli di tutte le cose create 2 la totalità, l’insieme di tutti UTILITARISMO L'utilitarismo è quella dottrina etico-politica sviluppatasi in Inghilterra tra il XVIII° e il XIX° secolo ad opera di Stuart Mill e Bentham che indaga i motivi dell'agire umano partendo dai moventi. L'uomo, secondo l'utilitarismo, agisce secondo ciò che gli è più utile per raggiungere il piacere. Detto questo, l'utilitarismo promuoveva il progetto di analizzare i comportamenti umani fondando una vera e propria matematica dei motivi utilitaristici alla base di ciascuna azione. Dottrina che considera l’utile individuale o sociale come fondamento della felicità e come unico criterio dell’azione. UTOPIA Dal racconto di Tommaso Moro "Utopia", dal greco ou topos ("non luogo"). Il termine designa ogni concezione politica ed etica che tenda ad una condizione di vita ideale così elevata da essere, nella pratica, irrealizzabile. Dizionarietto dei termini greci (il corsivo indica i significati di maggiore interesse per la filosofia) agápe (lat. caritas): amore, affezione (anche oggetto di...); carità; (convito dei cristiani, eccl.) agápao: accolgo con amore; tratto affabilmente, con affetto; ho caro; riferito a cose: sono contento, soddisfatto. aidòs: pudore, vergogna, modestia, timidità; 2) venerazione, stima, riverenza [onore]. alètheia: verità; sincerità, lealtà non nascondimento, disvelamento [da lanthàno: rimango nascosto, ignoto; mi celo, mi nascondo, sfuggo l’osservazione]. àpeiros-on: senza fine, illimitato, immenso; imperituro [da péras con alfa privativa]. areté: 1) merito o qualità di preminenza (in senso fisico, abilità o agilità); quindi eccellenza, pregio; 2) virtù (morale). arché: 1) principio, cominciamento, origine, inizio [da archo: precedo, guido, conduco]; 2) comando, potere, dominio, autorità. bía: 1) forza, vigore, gagliardia, possanza; 2) violenza (latino vis). Dìke: la Giustizia; in senso comune: 1) costume, uso, abitudine, maniera d’essere; 2) diritto, giustizia (opposto a bía); 3) azione giudiziaria, processo, causa, giudizio. epistéme: 1) sapere, cognizione, arte, perizia, abilità; applicazione, studio, disciplina, obbedienza; 2) scienza, cognizione scientifica. eimì: 1) esisto, sussisto; 2) sono. Il participio è ón/oùsa/ón: colui che è, essente. èros: amore, passione; desiderio, brama (amore appassionato). erào: amo appassionatamente; sono innamorato, invaghito; desidero vivamente, bramo, aspiro. thymós: 1) animo, vita, sentimento, volontà, pensiero, principio vitale, forza, ardore; 2) animo come sede delle passioni; cuore; ardire, ardore delle passioni, impeto, sdegno, ira: 3) animo come sede della volontà, desiderio, brama, inclinazione: 4) animo come sede dell’intelligenza, mente, pensiero, parere, indole. ierós: 1) sotto divino influsso; 2) sacro, divino, sovrumano, santo; 3) offerta per il sacrificio, vittima sacrificale (sostantivo) (h)istoría: indagine, investigazione, ricerca; risultato di ricerche, cognizione, scienza; storia, ricerca storica, quindi ricerca e descrizione diretta e concreta su un certo oggetto [testimonianza]. (h)istórion: testimonianza, prova di fatto; storia clinica. kalokagathía: assoluta rettitudine, insieme di ogni virtù (bello e buono, o bene, assieme) [da kalós: bello e kagathós (kaí agatós): che segue il buono, l’eccellente; contrapposto a kakós: cattivo, brutto, dannoso, odioso...] kósmos: 1) ordine (buono); adeguatezza, decoro, disciplina, ordinamento; 2) ornamento; 3) mondo, universo, ordine mondiale [contrapposto a chaós] lògos: mètis: 1) parola nelle sue varie manifestazioni (espressione, proposizione, discorso, fama); 2) ragione (come causa, opinione, computo) [radice=lego, leghein, cioè raccolgo, tengo assieme] - 1.1 parola; 1.2 il parlare, il dire, notizia, fama; - 1.3 espressione, affermazione, asserzione, sentenza (divina rivelazione); promessa, proposta; 1.4 discorso, conversazione, abboccamento; - 1.5 generi scientifici o letterari come composizioni e trattati (saggi), quindi opposto a mythos, inteso come racconto leggendario, e alla (h)istoria propriamente detta; - 2.1 ragione, facoltà intellettuale, buon senso; causa, motivo; argomento; 2.2 conto, computo, rendiconto, spiegazione, informazione; - 2.3 relazione, corrispondenza, proporzione, analogia; 2.4 opinione, parere, apprezzamento; - 2.5 in senso filosofico, idea o ragione divina (è articolazione della molteplicità in una unità, discorso che è organizzata unità, quindi logos come principio organizzatore e articolatore); di qui, in senso ecclesiastico, Verbo, parola o rivelazione divina, dottrina di Cristo. senno, saggezza, prudenza, disegno; in senso peggiorativo, scaltrezza, astuzia, progetto, macchinazione [radice=me, come me-tron, cioè misura quindi calcolo]. mýthos: 1) parola, detto, motto, sentenza; discorso pubblico; dialogo, conversazione; racconto, narrazione, notizia, novella; 2) racconto favoloso, leggenda, mito, storiella. némesis: punizione, vendetta; giustizia distributiva: sia sdegno, indignazione, ira, biasimo, sia oggetto di sdegno o biasimo [da némo: cfr. nòmos]. nòmos: 1) uso, usanza, costume consuetudine; 2) uso avente forza di legge, quindi, legge, prescrizione, regola, principio direttivo, 3) cantilena; [da némo= 1) distribuisco; 2) pascolo; 3) abito, occupo, posseggo, reggo, governo, amministro; 3) stimo, tengo per, scelgo]. noùs (contrazione di noos): 1) mente, intelligenza, ragione, senno perspicacia; avere nella mente, nell’animo, nella memoria; 2) in senso filosofico, mente, forza del pensiero, mente creatrice, mente comprensiva e unitaria, autore dell’universo; 3) pensiero, intenzione, progetto, scopo, intendimento, pensare o giudicare; 4) per estensione, animo, cuore, mente, volontà, proposito, desiderio. ousía [astrattivo formato su oùsa, femminile di ón che è il participio di eimì: letteralmente, essentità]: 1) l’essenza, la sostanza, l’essere; l’esistenza (per Aristotele, sostanza prima); 2) averi, sostanze, beni della fortuna. páthos: «ciò che si prova di bene o male, nel fisico o nel morale», quindi qualunque esperienza, ciò che si è provato; esperienza, pena, patimento, sofferenza, miseria, danno, disgrazia; 2) stato d’animo agitato, passione, commozione; 3) passione di Cristo (eccl.). penìa: povertà, indigenza, bisogno. péras: fine, termine, confine, limite, estremità; compimento; ciò che limita o ha limiti. pòlemos: battaglia, combattimento, guerra; in senso generico, nemico, avverso, opposto. pòros: passaggio, stretto braccio di mare; 2) cammino, via; 3) mezzo, espediente, risorsa (di qui: soluzione, acquisto, guadagno). (h)ýbris: 1) tracotanza, insolenza, alterigia, violenza, prepotenza; 2) oltraggio, sevizia, maltrattamento, danno [di qui, nomosybreos: legge per offesa]; 3) uomo violento. sofía: 1) abilità, destrezza, perizia; 2) conoscenza, sapere, scienza; 3) sapienza, senno, saggezza, accorgimento, scaltrezza. sofós: 1) abile, idoneo, esperto; 2) sapiente, saggio, assennato. sófisma: 1) artificio, metodo, abilità; 2) ingegnoso trovato, espediente, mezzo (di qui, artificio logico). sofrosýne: 1) saggezza, assennatezza, senno, prudenza, buon senso: 2) temperanza, moderazione, costumatezza, modestia. sófron; di mente sana, assennato, saggio, prudente. fìlos: 1) caro, diletto, amato, accetto; amico; 2) benevolo, amorevolo, benigno. fìlon: oggetto di affezione, di amore. filéo: amo, voglio bene a, ho caro; 2) accolgo amorevolmente; 3) godo, mi compiaccio di. filía: 1) amicizia, relazione amichevole; 2) amore, affezione, concordia di elementi (è il n. 3 per i pitagorici). fronéo: sono o divento assennato, saggio; giudico rettamente, capisco. frònesis: pensiero, consiglio, mira, percezione, sentimento (di giusto orgoglio); 2) intelligenza, mente, intelletto, saggezza, prudenza, sapienza. ftònos: 1) risentimento, invidia, gelosia, malevolenza, astio; 2) malocchio, iettatura; 3) rifiuto, il negare, il ricusare, difficoltà [radice indoeuropea=diminuire]. fýsis: 1) natura in tutti i sensi; 2) nel senso di forma, statura, taglia; 3) carattere, indole, animo, disposizione; 4) in senso astratto, ordinamento naturale; 5) in senso filosofico, natura come potenza che dà principio, moto; concreto essere animato; 6) razza, sesso, specie, sorte, qualità; 7) produzione, formazione. chaós: 1) il Caos (spazio vuoto e immenso come primo stato del mondo); 2) caos, vuoto, immenso, infinito chaóo: riduco in caos, distruggo, disintegro charis: 1) bellezza, leggiadria, grazia, amabilità; 2) gioia, letizia, piacere, diletto; 3) favore, benevolenza, beneficio; 4) gratitudine; 5) rispetto, venerazione. charieis (avv.): grazioso, piacevole, amabile; 2) riferito alle buone qualità di spirito e intelletto. charizo: 1) faccio cosa grata, piacere; rendo un favore, servigio; 2) di cosa: do, largisco, presento, offro; 3) sono gradito, caro, piaccio. Note sulla traslitterazione: - la (h) è uno spirito aspro iniziale, cioè l’acca aspirata latina; - per la lettera greca «phi» ho usato una semplice «f»; - per la «cappa» ho usato «k», per la «xi» ho usato «cs» e per la «chi» «ch»; - per la «tau» ho usato la «t», mentre per la «theta» il «th»; - per la «iota» ho usato la «i», mentre per la «(h)ypsilon» la «y»; - non ho distinto «eta» e «epsilon», né «omicron» e «omega», rese rispettivamente con «e» e «o».