Quesito di Impresa n. 278-2013/I S.R.L. A CAPITALE RIDOTTO E INTESTAZIONE FIDUCIARIA Si chiede se, in una società a responsabilità limitata a capitale ridotto, atteso che la normativa in materia stabilisce che possano essere soci di detta società solo persone fisiche, sia ipotizzabile una cessione di quote a favore di una società fiduciaria, magari esplicitando nell’atto di cessione che quest’ultima agisce per conto di una persona fisica. *** Deve darsi conto che sulla possibilità di trasferire a soggetti non persone fisiche la partecipazione di una s.r.l.c.r. si è recentemente espressa in modo nettamente negativo la massima n. 129 del 5 marzo 2013 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, Requisiti soggettivi e partecipazioni in s.r.l. a capitale ridotto (art. 44 d.l. 83/2012), secondo cui “I soci fondatori di una s.r.l. a capitale ridotto devono necessariamente essere persone fisiche, aventi un'età sia superiore che inferiore ai 35 anni. Pur in mancanza di un espresso divieto di "cessione delle quote a soci non aventi i requisiti" al pari di quanto disposto dall'art. 2463, comma 4, c.c., per le s.r.l. semplificate - si deve ritenere che detta norma trovi applicazione analogica, mutatis mutandis, anche nella s.r.l. a capitale ridotto. Ne consegue che: (a) sono vietati tutti gli atti tra vivi che comportino, a qualsiasi titolo, il trasferimento delle partecipazioni sociali di una s.r.l. a capitale ridotto a favore di un soggetto diverso da una persona fisica; (b) sono altresì vietati i medesimi atti qualora abbiano ad oggetto, oltre che il trasferimento della piena proprietà della partecipazione, anche il trasferimento o la costituzione di diritti parziali di godimento o il trasferimento della nuda proprietà da essi gravata; (c) sono parimenti vietate le operazioni societarie (aumenti di capitale, fusioni, scissioni, etc.) in esito alle quali una o più partecipazioni della s.r.l. a capitale ridotto venga attribuita a soggetti diverse dalle persone fisiche”. Ora, è allo stato attuale estremamente controverso se, per effetto dell’intestazione fiduciaria di un bene, il fiduciario acquisti la piena titolarità del diritto trasferito o se, invece, la sola legittimazione all’esercizio del diritto, la cui titolarità rimane in capo al fiduciante. Una parte della giurisprudenza - sia di merito che di legittimità – sembra ammettere la possibilità di un trasferimento fiduciario della semplice legittimazione all’esercizio dei diritti incorporati nel titolo, purché il pactum fiduciae abbia espressamente previsto non già la cessione in proprietà dei beni fiduciati, bensì l’attribuzione al fiduciario della mera legittimazione all’esercizio dei diritti trasferiti fiduciariamente (in tal senso Cass. 27 marzo 1997, n. 2756, in Corr. giur., 1997, 1080; App. Milano 3 luglio 1992, in Soc., 1992, 1539; Trib. Como, 23 febbraio 1994, in Soc., 1994, 678). Altra parte della giurisprudenza, invece, ha ritenuto che l’intestazione fiduciaria determini il trasferimento in capo al fiduciario della titolarità del diritto oggetto di fiducia e che, avendo il pactum fiduciae natura meramente obbligatoria, l’obbligo di restituzione del bene produca solamente effetti interni tra le parti (secondo Cass. 5 febbraio 2000 n. 1289 «né la dottrina né la giurisprudenza hanno mai assunto ad elemento decisivo, per la ravvisabilità del pactum fiduciae, la natura reale della posizione giuridica soggettiva da ritrasferire. Al contrario, è stato sempre correttamente ritenuta irrilevante la natura giuridica di tale posizione soggettiva assumendo rilievo decisivo solo l’obbligo del fiduciario di ritrasferire il bene od il diritto acquistato al fiduciante o ad una terza persona»). Quando l’intestazione fiduciaria ha ad oggetto partecipazioni sociali, essa può avvenire in favore delle società fiduciarie, le quali sono intermediari autorizzati che, ai sensi dell’art. 1, comma 1, l. 23 novembre 1939, n. 1966, svolgono in forma imprenditoriale attività di amministrazione dei beni per conto di terzi e rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni, oltre, poi, a gestire l’organizzazione e la revisione contabile di aziende. L’affidamento fiduciario di titoli ad una società fiduciaria si distingue in fiducia “statica” e “dinamica”: la prima si ha quando il fiduciario, pur essendo l’intestatario della partecipazione, non può gestirla, né compiere atti di disposizione in assenza di esplicite istruzioni fornite dal fiduciante; la seconda designa, invece, il caso in cui il fiduciario ha il compito di compiere tutti gli atti di gestione e disposizione necessari per ottenere un maggiore rendimento dei titoli stessi (MERUZZI, I contratti su partecipazioni sociali, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, Torino, 1997, 114). Esiste un orientamento della giurisprudenza di legittimità, in particolare con specifico riferimento ad un’ipotesi di intestazione c.d. “statica” di partecipazioni sociali, secondo il quale in caso di intestazione in capo ad una società fiduciaria, stante il carattere “trasparente” di questo tipo di fiducia, i beni intestati alla fiduciaria non entrano a far parte del suo patrimonio ma rimangono in proprietà dei fiducianti (Cass., 14 ottobre 1997, n. 10031, in Corr. giur., 1998, 301 ss., con nota di DI MAJO, Fiducia trasparente e intestazione fiduciaria, e in Contr., 1998, 23 ss., con nota di CARNEVALI, Beni amministrati da società fiduciaria e separazione dei patrimoni). Tali conclusioni varrebbero solamente per i titoli azionari e non anche, invece, per la titolarità dei diritti reali sugli altri beni, in quanto la scissione tra titolarità e legittimazione all’esercizio di un diritto sarebbe esplicitamente ammessa per i valori azionari nella legislazione speciale e, in particolare, dall’art. 1 r.d. 29 marzo 1942, n. 239, il quale sancisce l’obbligo per le società fiduciarie di dichiarare la generalità degli effettivi proprietari dei titoli azionari (Trib. Trani 29 settembre 2003, in Contratti, 2004, 586, con nota di CAPILLI, Intestazione fiduciaria di azioni; in dottrina, MANNETTA-DRAGONE, Negozio fiduciario, interposizione fittizia e cenni sul negozio di accertamento, in Giust. Civ., 2007, 2613). Altra parte della giurisprudenza ha, tuttavia, manifestato un diverso avviso, in quanto ha ritenuto: a) “più appagante” la teoria della fiducia romanistica quale «strumento necessario all’autonoma attività del gestore in caso di affidamento in gestione»; b) che «l’obbligo di cui all’art. 1 r.d. n. 239 del 1942, per le società fiduciarie di dichiarare la generalità degli effettivi proprietari dei titoli azionari, abbia finalità esclusivamente fiscali e non abbia alcun rilievo civilistico» (App. Milano, 21 gennaio 1994, in Soc., 1994, 923 ss., con nota di SALAFIA, Società fiduciaria: cattiva gestione degli amministratori e beni oggetto della fiducia). Sembrano prevalere le pronunce in cui si sostiene che, anche nel caso in cui l’intestazione fiduciaria abbia ad oggetto titoli azionari, il fiduciario acquista la titolarità della partecipazione sociale (Cass. 6 maggio 2005 n. 9402 rileva quanto segue: «in particolare l’intestazione fiduciaria di titoli azionari (o di quote di partecipazione societaria) integra gli estremi dell'interposizione reale di persona, per effetto della quale l’interposto acquista (a differenza che nel caso di interposizione fittizia o simulata) la titolarità delle azioni o delle quote, pur essendo - in virtù di un rapporto interno con l’interponente di natura obbligatoria - tenuto ad osservare un certo comportamento convenuto in precedenza con il fiduciante, nonché a ritrasferire i titoli a quest’ultimo ad una scadenza convenuta, ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario»; nello stesso senso Cass. 27 novembre 1999 n. 13261; Cass. 29 maggio 1993 n. 6024; Cass. 18 ottobre 1991 n. 11025 e Cass. 18 ottobre 1988 n. 5663). Ad esempio, secondo Cass. 9 maggio 2011, n. 10163 (in Giust. civ. Mass., 2011, 5, 721) «il negozio fiduciario rientra nella categoria più generale dei negozi indiretti, caratterizzati dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico non in via diretta, bensì indiretta. Pertanto, poiché l'intestazione fiduciaria di un bene comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, ove tale patto abbia ad oggetto beni immobili, esso deve risultare da un atto avente forma scritta ad substantiam, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile ad un contratto preliminare; né l'atto scritto può essere sostituito da una dichiarazione confessoria proveniente dall'altra parte, non valendo tale dichiarazione né quale elemento integrante il contratto né anche quando contenga il preciso riferimento ad un contratto concluso per iscritto come prova del medesimo». Ancora, per Cass. 10 maggio 2010, n. 11314 (in Giust. civ. Mass., 2010, 5, 713) «L'acquisto della quota di una società di persone da parte di un fiduciario si configura come combinazione di due fattispecie negoziali collegate, l'una costituita da un negozio reale traslativo, a carattere esterno, realmente voluto ed avente efficacia verso i terzi, e l'altra (il vero e proprio "pactum fiduciae"), avente carattere interno ed effetti meramente obbligatori, diretta a modificare il risultato finale del negozio esterno mediante l'obbligo assunto dal fiduciario di ritrasferire al fiduciante il bene o il diritto che ha formato oggetto dell'acquisto. In un simile contesto negoziale, non trova applicazione l'art. 1706 c.c., il quale, in tema di mandato, attribuisce effetti reali immediati nel patrimonio del mandante all'acquisto operato per suo conto dal mandatario, in quanto tale meccanismo negoziale è estraneo alla funzione stessa del negozio fiduciario voluto dalle parti». Per Cass. 8 maggio 2009, n. 10590 (in Guida al dir., 2009, 50, 57), «Nel rapporto fiduciario concorrono due negozi, il patto di fiducia e il mandato senza rappresentanza, l'uno dispositivo e l'altro, conseguente, di natura obbligatoria, distinti ma collegati funzionalmente, ognuno dei quali produce gli effetti suoi propri; collegamento in forza del quale il primo, di carattere esterno, determina il trasferimento di diritti ovvero l'insorgenza di situazioni giuridiche in capo al fiduciario, mentre il secondo, di carattere interno, crea a carico di quest'ultimo l'obbligo di ritrasferire al fiduciante o al terzo il diritto. Tali negozi integrano una fattispecie di interposizione reale, cui sono riconducibili contratti atipici di varia natura di intestazione fiduciaria di titoli azionari o di quote societarie, la quale consente all'interposto l'acquisto effettivo della titolarità, ma a un tempo lo obbliga, nei confronti dell'interponente, in forza del mandato senza rappresentanza, alle condotte di natura gestoria, oltre che a quelle traslative della piena titolarità, in esecuzione dei patti assunti all'interno del rapporto in questione». Infine, per Trib. Pavia, 25 maggio 2011, «Nell'ipotesi di intestazione fiduciaria di quote sociali, la società, che è soggetto terzo rispetto ai soci, è tenuta a considerare la sola situazione risultante dall'interposizione, ossia a considerare socio il fiduciario e ciò indipendentemente dalla sorte e dell'adempimento o meno del pactum fiduciae, tanto che il diritto di recesso può essere esercitato dal solo fiduciario e neppure la revoca del mandato da parte del fiduciante può avere effetti verso la società se non quando sia seguito della effettiva intestazione delle quote in capo al fiduciante. (Nel caso di specie, il Tribunale ha quindi rigettato la domanda di revocazione della ammissione al passivo del credito del fiduciario ritenendo irrilevante l’esito del giudizio volto ad ottenere il riconoscimento della qualità di socio in capo al fiduciante)». Tale ultimo orientamento appare maggiormente conforme al sistema della titolarità delle partecipazioni sociali, per il quale è socio - ed è, quindi, legittimato ad esercitare i diritti sociali colui che risulta iscritto nel libro soci o intestatario delle azioni in base ad una serie continua di girate, in caso di S.p.A., o iscritto nel registro delle imprese, in caso di s.r.l., a prescindere dall’eventuale sussistenza di sottostanti rapporti fiduciari con terze persone. Laddove, infatti, l’ordinamento ha voluto dare rilievo all’esistenza di rapporti sottostanti, essi sono stati espressamente contemplati, come ad esempio nell’art. 2504-ter, comma 2, c.c., il quale dispone che la società incorporante non possa assegnare azioni o quote in sostituzione di quelle delle società incorporate possedute, anche per il tramite di società fiduciaria o di interposta persona, dalle incorporate medesime o dalla società incorporante. Un altro esempio è costituito dagli artt. 2357, sull’acquisto di azioni proprie, 2358, in materia di operazioni sulle proprie azioni, e 2359 c.c., relativo al controllo societario, laddove si prevede espressamente l’applicabilità della disciplina contenuta in tali norme anche in caso di partecipazioni possedute per il tramite di interposta persona e società fiduciarie. Si deve tenere presente, inoltre, che il ricorso all’intestazione fiduciaria di partecipazioni è finalizzato anche ad impedire che i terzi vengano a conoscenza del soggetto nel cui interesse vengono gestite le partecipazioni sociali. Questi ultimi restano tutelati dal fatto che, poiché il fiduciario è l’intestatario dei rapporti giuridici da esso gestiti in forza del pactum fiduciae, lo stesso risponderà all’esterno secondo le normali regole della responsabilità, ferma restando l’eventuale rivalsa nei confronti del fiduciante secondo le pattuizioni che regolano i rapporti interni. Tale configurazione del rapporto fiduciario è chiaramente incompatibile la società a responsabilità limitata a capitale ridotto, nella quale è ammessa la partecipazione solo di persone fisiche. Antonio Ruotolo e Daniela Boggiali