DISCARDED RIFIUTI - La recensione di Alessandro Paesano Roma, Teatro dei Contrari (recensione Giugno 09) Un bambino abbandonato in un cassonetto della spazzatura. Viene trovato, prima da una coppia sposata in vacanza, poi da una coppia di amici, anche loro in viaggio per diporto. La presenza dell'infante colpisce, scuote le coscienze, poi, dallo stupore e dal ludibrio (quale animale farebbe questo ai propri cuccioli?) si passa ben presto a una reazione più personale. Ogni componente delle due coppie reagisce in maniera diversa, il marito della prima coppia e il professore della seconda sono più cinici, più realisti, cercano di non farsi coinvolgere dal ritrovamento; la moglie e lo scapolo più giovane si lasciano invece tentare dall'idea di prendersi cura del bambino in prima persona. L'infante li costringe a confrontarsi e a specchiarsi nella diversità dell'altro e a non riconoscersi più: la moglie nota la propria acquiescenza, lo scarto tra il carattere forte e indipendente di una volta e il quieto vivere del presente. Il giovane scapolo fa, forse per la prima volta, davvero i conti con una solitudine che lo attanaglia sin dai tempi d'infanzia, solitudine che ha sempre vissuto come una colpa, tanto da nasconderla all'amico. Un teso apparentemente semplice nato dal genio icastico di Tony Padilla, scrittore statunitense di origini cubane, che, senza nemmeno aver bisogno di mettere il neonato in scena (rimane sempre dentro il cassonetto, dormiente, non ne sentiamo nemmeno i vagiti) se ne serve abilmente per tastare il polso all'essere umano occidentale, cioè a noi. A Padilla non interessa però mettere alla prova il senso civico dei suoi personaggi. Si trattasse solo di questo la pièce si concluderebbe subito dopo essere iniziata. Padilla si serve della presenza fantasmatica del neonato per indagare due diverse forme di famiglia, quella classica borghese che ha fatto dei figli di suo e quella davvero anticonvenzionale di due amici scapoli (ed etero) che avendo rinunciato a sposarsi convivono per fronteggiare le spese. Amore e amicizia, pure, sempre due famiglie. E se il marito è quello meno disposto a cambiare la propria vita di routine (che per lui è la massima spirazione finalmente raggiunta) anche il professore, che sublima la propria vocazione paterna nel suo ruolo di insegnante (sono tuoi solo per qualche anno poi devi lasciarli andare via) non vuole farsi coinvolgere emotivamente dal ritrovamento. Le loro controparti, una madre e un giovane che scopre di aver sacrificato troppo presto la propria vocazione paterna, non esitano invece a reagire con un'assunzione di responsabilità irrazionale ma viva lasciandosi tentare dall'idea di farsi carico direttamente del bambino. Poi mentre la coppia sposata si allontana dal parco (e dal cassonetto) distratta dal rispender le fila di una relazione amorosa che solo per un attimo ha vacillato e sembrato cedere, i due scapoli, non avendo amori da difendere, possono alla fine prendersi davvero carico della situazione e avvertire almeno una guardia. Discarded è ambientato originariamente al Central Park di New York, ma, per stessa ammissione del suo autore, potrebbe svolgersi nel parco pubblico di qualsiasi grande metropoli. Emanuela Dessy lo prende in parola e trasporta la scena nella romana Villa Borghese e nella terrazza del Pincio. Certo, Roma non è New York e infatti come ci ha confessato la regista, qualche dubbio sulla trasposizione romana era stata sollevata dagli attori che si sono ben presto ricreduti. L'adattamento di Emanuela Dessy è strategico ed efficace, la coppia sposata diventa una coppia di provincia, berlusconiana (almeno lui) (ma finanziano i partiti di entrambi gli schieramenti) e cattolica (ma non per questo hanno rinunciato a usufruire dell'aborto) mentre i due scapoli (coppia assai più consueta nella grande mela che qui da noi) diventa una coppia di amici borghesi e intellettuali, ottimi compagni di viaggio. Il lavoro di Dessy non si è limitato all'adattamento. Dall'impiego di una scena minimale (una panchina e il cassonetto) con un indovinatissima inversione di prospettiva (nella prima parte, che vede in scena la coppia sposata, la panchina è di fronte al pubblico e il cassonetto in fondo a destra, nella seconda, quella dei due amici, la panchina è di spalle e il cassonetto avanti a sinistra), alla direzione degli attori (riuscendo a convogliare una certa loro ruvidezza nella concreta costruzione del personaggio) La Dessy si muove nel testo e col testo con una una leggerezza di tocco che caratterizza tutti i suoi lavori. Non ultima una cura mai banale per le musiche che, specialmente in questo caso, costituiscono più che una quinta sonora una vera e propria controscena: dalle musiche tribali suonate dagli astanti della piazza (con tanto di applausi) a tutta una serie di rumori e suoni (l'elicottero, le sirene della polizia) fino ai suoni bucolici del parco. Una cura fatta con coerenza che individua una canzone, che fa da leit-motif, per ognuna delle due parti (Blasco nella prima e Gianna Nannini nella seconda) fino al finalissimo dove Elio e le storie tese canta proprio di bambini abbandonati nei cassonetti (cassonetto differenziato per il frutto del peccato). Insomma Emanuela Dessy non si è limitata a portare in scena un testo magnifico ma ne ha fatto una sua creatura, da vedere e apprezzare anche per questo. Lo spettacolo è nuovamente in scena dal 17 al 22 Novembre. Non perderete mica l'occasione?