La Vita e l`arte di Giuseppe Tomasi pittore di Tortorici del seicento

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CONVEGNO
“LA VITA E L’ ARTE DI GIUSEPPE TOMASI PITTORE DI TORTORICI DEL SEICENTO ”
Tortorici 17/08/2004
_ Il restauro del dipinto del Tomasi “ La Trasfigurazione” finanziato dalla
famiglia del defunto On.le Gaetano Franchina ci offre l’opportunità di parlare ancora una volta del
noto pittore del seicento, che ha lasciato una copiosa traccia della sua produzione pittorica in molte
chiese della provincia di Messina , Catania e Palermo. In premessa voglio evidenziare che
fondamentale è stata l’opera di Sebastiano Franchina che ha formato un catalogo completo delle
opere certe, perché firmate,delle opere attribuite e delle dubbie,facendo riferimento anche alla
scuola da lui fondata a Tortorici che ha come suo principale rappresentante Francesco Napoli. Il
testo del Franchina lasciava aperte alcune questioni che la ricerca storica in parte non ha ancora
chiarito e sulle quali forse è possibile fare qualche chiarimento.
PROF. PARASILITI
I QUESTIONE - La contesa con S. Marco d’Alunzio sulla patria d’origine.Credo che lo stesso
Giuseppe Tomasi chiarisca questa anomala situazione; la Dr. Graziella Paterniti nella sua tesi di
laurea presenta un’iscrizione, trovata in un quadro collocato nella chiesa di Geraci Siculo nella
quale si legge: ” Giuseppe Tomasi delle terre di San Marco abitante della città di Tortorici ”. Siamo
nel 1600, Tortorici dal 1628 è una città demaniale e ospita molti abitanti dei paesi limitrofi, che in
questo modo possono godere dei diritti e privilegi di una città reale; spesso la cittadinanza è
acquisita perché si sposa qualche cittadina o qualche cittadino di Tortorici. A Tortorici il Tomasi
certamente opera perché ha fondato una bottega, che trova una cospicua continuità, dopo la sua
morte, fino ai primi del 1700.
II QUESTIONE – Le notizie biografiche sulla sua vita sono scarne, ed in questo continuiamo ad
essere sfortunati. A differenza del Napoli,suo discepolo, del quale non solo possediamo il certificato
di morte ma annualmente abbiamo notizie perché possedeva una casa in censo, quindi lo troviamo
puntualmente registrato nei libri d’ introito della chiesa, del Tomasi nessuna traccia, ed è quasi
scontato; un pittore non prendeva in censo delle terre da coltivare, quindi non esiste alcun atto che
ne testimonia la presenza; è possibile che in alcuni archivi parrocchiali si trovi qualche contratto per
la commissione dei quadri ma fino ad oggi non è stato rintracciato. La sua esistenza per molti
aspetti è analoga a quella dei fonditori; la bottega era a Tortorici ma in base alle commissioni ci si
spostava in vari centri. Un elemento secondario è offerto da un riferimento che il Rev. Salvatore
Miracola,Arciprete di S.Marco D’Alunzio, fa a proposito di un quadro di San Marco d’ Alunzio; “
modesto è il compenso”, come modesto è il prezzo ottenuto per due quadri a Naso, 10 once a
quadro.L’ analogia con i fonditori ci può dare una chiave di lettura interessante; i fonditori non
operavano solo con le campane ma facevano anche candelabri, calamari, mortai ed altro, mentre
sulle campane troviamo iscrizioni e nomi, le opere minori non sono datate nè riportano il nome dei
fonditori.Parimenti il Tomasi fece sicuramente ritratti e decorò palazzi dei quali non si trova
documentazione alcuna sia perché una parte di questo patrimonio è andato disperso, sia perché il
rapporto con i privati non sempre trova riscontro in atti pubblici.
III QUESTIONE – Tortorici nel ‘600 - Questo è forse il secolo in cui si colloca il suo maggior
splendore ed il suo declino; il secolo si apre con una avvincente ed appassionante battaglia per il
riscatto dal giogo feudale, e formalmente nel 1628 questa battaglia si chiude. Le attività economiche
vanno bene, i fonditori lavorano a pieno regime, la produzione della seta dà buoni risultati, i
gabelloti con le loro masserie fanno affari, circola una discreta ricchezza, testimone di ciò sono i
numerosi lasciti fatti alla Chiesa o le istituzioni di opere di beneficenza, come l’Ospedale per i
poveri e il Monte Frumentario dell’Inquisitore Destro, o i legati a favore dei poveri. La vivacità
economica favorisce anche la cultura e l’arte, elevato è il numero di dottori “in utroque iure “ sia
laici che ecclesiastici, e di dottori in medicina; la Chiesa di S. Nicolò ha un famoso coro di musici,
il Convento di S. Francesco (ricostruito all’inizio del ‘600) ha una scuola di teologia e filosofia;
attiva è la bottega degli indoratori della famiglia di “Johanni” o “di Giovanni”, (probabilmente
anche l’altare centrale della chiesa del SS. Salvatore dedicato alla Madonna dell’Itria è stato
indorato da loro); è presente una scuola di scultura lignea di Leone che produce statue, altari, pulpiti
e che in tempo reale aderisce al Barocco. E’ presente anche una scuola di pittura che il Tomasi
fonda o trova, e certamente migliora. Tutte queste attività vivono in grande sinergia tra di loro e
spesso si intersecano, è probabile che gli scultori in legno facessero gli stampi per i fonditori, i
pittori disegni per gli scultori, gli indoratori che lavorassero in stretto contatto con i pittori. Il fatto
che molti di questi artisti fossero in giro per lavoro, ampliava le conoscenze, introduceva elementi
di novità, portava fermenti rivitalizzanti pur in una realtà fortemente controllata dall’Inquisizione,
presente anche a Tortorici con la figura del Commissario.
IV QUESTIONE – Il restauro del quadro “La Trasfigurazione” ha rivelato alcune sorprendenti
novità; innanzitutto in passato il quadro è stato arrotolato per circa 30 cm. Sotto la cornice,segno
che nel tempo analoga sorte abbiano potuto subire altri quadri del Tomasi , presenti nelle chiese, ma
il fatto grave è che in conseguenza della riduzione della superficie esposta non era più leggibile la
firma del Tomasi, : “ IOSEPH TOMASIUS PINGEBAT “;questa firma è importantissima per una
critica ricostruzione storica. Ma è emblematica anche un’ altra annotazione, sul lato destro, dove è
riportata la scritta del committente ( la leggo in italiano) : “A proprie spese, il sacerdote don
Domenico Primavera questa opera ha fatto fare, anno domini 1668”. Prima del restauro, il prelato,
rappresentato in preghiera, era stato nascosto dalla pittura sopraggiunta, per cancellare il volto di un
benefattore che a proprie spese aveva finanziato l’opera. Queste vicende pongono l’urgenza di
andare a vedere molti quadri del Tomasi, restaurati dopo la pubblicazione dell’ opera di Sebastiano
Franchina, perché possono essersi ripetuti fatti analoghi, quindi possono anche essere restituite
scritte importanti che contribuiscono alla ricostruzione della storia artistica del pittore.
V QUESTIONE – La Chiesa del SS. Salvatore è preesistente al 1400; mantiene il rito Greco fino
all’ inizio del 1500; in questo secolo è elevata la gogna, tra le Chiese è la meno popolata avendo un
numero modesto di fedeli e di preti iscritti alla comunia; nei capitoli di monsignor Secusio del 1607
sono censiti tre altari, quello centrale e due laterali: uno dedicato a Dive Marie d’Itrie ( tuttora
centrale , all’ interno della Chiesa) e l’ altro a S. Stefano e San Giorgio.
Nel corso della prima metà del 1600, la Chiesa del SS. Salvatore, che dispone di facoltosi fedeli si
adegua ad un gusto barocco, è costruito l’ altare centrale dedicato alla Madonna d’Itria, che
diventerà sede di cappella, dotata di proprie rendite. Al Tomasi vengono commissionati sicuramente
due quadri: “ La Trasfigurazione” e quello di “Gesù e Maria” , si costituiscono dunque altri due
altari, essendo sempre presente quello del Cristo della Pietà. Sicuramente una breve annotazione và
fatta; mentre il quadro di “Gesù e Maria” risponde ad una nuova sensibilità religiosa, che nella
prima metà del 1600, si forma nella diocesi di Messina, cui Tortorici appartiene; un elemento
devozionale importante che richiama il tema della Passione ed è quasi naturale che questa Chiesa
dedicata al SS. Salvatore lo recepisca, perché luogo terribile della Settimana Santa, tuttavia “La
Trasfigurazione” non diverrà mai cappella. Sorte analoga ebbe il quadro lo “Spasimo” , infatti il
culto ufficiale era nella Chiesa di Santa Maria , un quadro attribuito al Tomasi ancora presente a
Santa Maria ne testimonia la realtà . Stranamente l’ alluvione pur inondandola risparmia questa
Chiesa, che nell’ immediato resta l’unica funzionante, infatti nel 1683 viene redatto un atto di tutte
le Chiese di Tortorici potendosi officiare le sacre funzioni solo in questa Chiesa del SS. Salvatore.
Alla fine del 1700 la Chiesa viene ristrutturata e troviamo 7 altari, sono aggiunti infatti gli altari di
Santa Barbara, SS. Sacramento e di San Gaetano; così risulta dal censimento del 1824 nel quale si
riporta che vengono celebrate due solennità: l’Ecce Homo ( nel venerdì di Marzo) e il SS.
Crocifisso (nel venerdì Santo). Tuttavia sono solo quattro i presbiteri iscritti alla comunia, rispetto
ai quindici di Santa Maria e ai quindici di San Nicolò. Alla fine dell’ottocento, essendo venute
meno alcune rendite per la confisca dei beni ecclesiastici, la Chiesa vive uno stato di abbandono,
provvede ad una sistemazione il Sac. Alessandro che aveva raccolto alcuni fondi a Parigi e a Roma.
Una ristrutturazione tuttora esistente è quella operata negli anni trenta che in parte modifica la
sistemazione degli altari, infatti del 1800 sono i due quadri di San Gaetano e del Sacro Cuore, che
trovano una sistemazione nella Chiesa, mentre vengono rimossi gli altari di Santa Barbara e Santo
Stefano. Un’ ultima annotazione fa riferimento al committente, Sac. Don Domenico Primavera;
nell’ individuare il soggetto possiamo ritenerci fortunati, il cognome Primavera anche se non molto
diffuso, lo ritroviamo nel 1623, infatti un Domenico Primavera sottoscrive nel 1623, il deliberare
del consiglio civico generale per il mutuo con il conte Pallavicini. Il Sac. Don Domenico Primavera
lo ritroviamo presente in altri documenti; ne cito uno: si tratta di una testimonianza per ricostruire
un atto di battesimo, nel mese di Marzo del 1663 nel giorno in cui nacque Domenico di Gentile, il
quale fu battezzato nella parrocchiale Chiesa del SS. Salvatore, sua parrocchia in questa città, dal
reverendo Sac. Don Domenico Primavera. Ma è anche interessante la seconda parte del documento,
in parte si specifica la motivazione della testimonianza: “nel 1682 sotto il 6 Giugno, nell’
inondazione delle acque a guisa di diluvio dove si sommersero la maggior parte degli edifici di essa
città, tra l’ altro la casa del reverendo dott. Don Tomasi Basile, arciprete e parroco universale di
questa città, nella quale erano conservati i registri battesimali dei parrocchiani ”.
Meritoria è l’iniziativa di Don Domenico Primavera, il quale come altri stimati cittadini, ha
contribuito con il suo patrocinio ad arricchire la Chiesa del SS. Salvatore con un’opera che dopo
336 anni costituisce uno degli elementi più belli di questa città.
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