Teologia morale della vita : eutanasia

TEOLOGIA MORALE DELLA VITA FISICA
L’EUTANASIA
• PREGHIERA VITA SOFFERENZA
“Ti ho chiesto, Signore, la forza in vista del successo. Tu mi hai reso debole perché imparassi ad obbedire.
Ti ho chiesto la salute per fare delle grandi cose. Ho ricevuto delle infermità per fare delle cose migliori.
Ti ho chiesto la ricchezza per essere felice. Ho ricevuto la povertà per essere saggio.
Ti ho chiesto il potere per essere apprezzato dagli uomini. Ho ricevuto la debolezza per avere bisogno di Te.
Ti ho chiesto l'amicizia per non vivere solo. Tu mi hai dato un cuore per amare tutti i fratelli.
Ti ho chiesto tutte le cose che avrebbero potuto rallegrare la mia vita. Tu mi hai dato la vita perché mi
rallegrassi di tutte le cose.
Non ho avuto nulla di quello che avevo chiesto. Ho ricevuto tutto quello che avevo sperato.
Quasi mio malgrado, le mie preghiere non formulate non sono state esaudite.
Grazie, Signore!
• BIBLIOGRAFIA FONDAMENTALE
GIOVANNI PAOLO II, Salvifici doloris, 11-2-1984.
- Evangelium vitae, 25-3-1995.
C. PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull'eutanasia, 5-5-1980.
PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM, Questioni etiche relative ai malati gravi e ai morenti, 27-6-1981.
• AA. VV. (a cura di), Dizionario di teologia pastorale sanitaria, Camilliane, Torino 1997.
• ARAMINI M., Eutanasia. Spunti per un dibattito, Àncora, Milano 2006.
• PETRINI M., Accanto al morente. Prospettive etiche e pastorali, Vita e pensiero, Milano 1990.
• ALCUNE PREMESSE
• APPROCCIO INTERDISCIPLINARE
• Storia, medicina, diritto, psicologia, sociologia, etica / spiritualità, ecumenismo (doc. Chiesa Valdese
1998), distribuzione delle spese sanitarie.
• Ragione e fede.
• Pastorale: verso i malati (in parrocchia e/o in ospedale?) e verso gli operatori sanitari?
• Sacerdoti diocesani e religiosi.
• CHIARIRE L’IMPOSTAZIONE DI FONDO, L’OBIETTIVO VERO
1. È in gioco solo l’affermazione di princìpi: autonomia o sacralità della vita?
2. Vogliamo cercare soluzioni buone per i malati e per la società nel suo complesso?
• Se scegliamo la soluzione 2, abbiamo l’intenzione di curare in modo soddisfacente i malati terminali
investendo nel personale adatto e nelle strutture sanitarie?
• Perciò l’impegno dev’esserci anche per gli anziani, i quali spesso prima del dolore vivono una
condizione di abbandono.
• STORIA 1
• Platone era favorevole alla soppressione dei malati gravi per opera dei medici (Republica e
Convito).
• I Romani: suicidio per onore personale.
• Giuramento di Ippocrate e Cicerone contrari all’eutanasia.
• STORIA 2
• Per i nazisti l’eutanasia non aveva un significato antisemita, ma era per le vite prive di significato (p.
es. gravi turbe psichiche).
• Ottobre 1939: programma operativo. Omicidio di 70.000 persone, tra cui circa 5.000 bambini.
• Omelia 3-8-1941 del card. Von Galen.
• COS’ È EUTANASIA? 1
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Lottare contro il dolore? Posso usare analgesici che abbreviano la vita?
Rinunciare a prolungare la vita con misure che possono essere definite accanimento terapeutico?
COS’ È EUTANASIA? 2
Sopprimere i tarati per ragioni eugenetiche?
Constatare la morte in base a criteri clinici, anche se perdurano apparenze di vita?
Decidere di porre termine alla vita di una persona su sua richiesta?
IL VERO PROBLEMA
Chi vuole l’introduzione dell’eutanasia cosa desidera veramente?
1. Porre fine a sofferenze particolarmente acute?
2. Affermare il diritto della persona a programmare la propria vita e la propria morte?
• Nel secondo caso non hanno alcun rilievo gli importanti progressi nel campo della terapia del
dolore e delle cure palliative.
• ATTEGGIAMENTI DINANZI
ALLA MORTE
Franco De Conno, responsabile dell’Hospice della Struttura complessa di Cure Palliative dell’Istituto
nazionale tumori di Milano, prova ad accennare alcuni sentimenti dei pazienti, quando sanno di essere
senza speranza di guarigione:
• rabbia
•
negazione
•
rifiuto dell’evidenza
• accettazione
• rassegnazione
• richiesta di vivere gli ultimi giorni in un ambiente familiare
• ricerca di un dialogo con il medico
Aggiunge: non c’è una prevalenza, ogni storia è a sé. Chi sceglie di essere aiutato solo per gli aspetti
sanitari del male; chi, invece, cerca anche un conforto psicologico.
Per questo, dice il medico, «le visite ai malati terminali non possono essere brevi, devono durare il
tempo necessario al paziente per aprirsi e ottimizzare la comunicazione».
L’approccio umano e curativo nei confronti di questi malati paga più di quanto non si possa
immaginare: «Quest’anno presso la struttura complessa che dirigo non ci sono state richieste di morire tra
gli oltre 800 nuovi pazienti, di cui 68 ricoverati nell’hospice e oltre 250 al day hospital e ambulatorio di cure
palliative. Perché i malati hanno ricevuto i trattamenti e l’attenzione di cui avevano bisogno».
• ALCUNI RISCHI
L’attuale dibattito sul testamento biologico e sull’accanimento terapeutico può comportare il
rischio che il malato esiga che la relazione col medico sia orientata non alla tutela della sua salute, bensì alla
sua morte, e in casi in cui non siano in gioco terapie sproporzionate.
• EVITARE CONFUSIONE
• Molto spesso il malato vuole solo un aiuto per non vivere male l’ultima fase della propria vita.
• Spesso molti per eutanasia intendono la cessazione delle cure inutili per quei malati che non hanno
più speranza di guarigione (ecco l’accanimento terapeutico).
• LE RIFLESSIONI DI UN GIURISTA
Afferma Luciano Eusebi, ordinario di Diritto penale all’Università Cattolica: col testamento biologico
in un clima di soggettivismo “si passerebbe a dare rilievo giuridico a un giudizio sulle capacità o qualità che
la vita di un individuo esprime in un dato momento.
• DIRITTI INDISPONIBILI
Il che contraddice lo stesso principio cardine della democrazia e della Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo, per il quale la salvaguardia dei diritti fondamentali non può mai dipendere da un giudizio
sulle condizioni o sulle caratteristiche individuali”.
• SENSO DI COLPA PER IL MALATO … CHE VUOL VIVERE!
Potremo avere una medicina piegata al desiderio di morire, non di vivere.
Inoltre – continua Eusebi - “dinanzi a norme che, a certe condizioni e fuori da contesti di accanimento,
autorizzino la richiesta al personale sanitario di una cooperazione per la morte, c’è poi il rischio grave della
colpevolizzazione dei malati, i quali richiedono delle cure indubbiamente costose per la società”.
• IL MALATO: UN PESO
PER LA SOCIETÀ
Ancora Eusebi: “è molto ambigua la presentazione ai cittadini della medicina come un’attività
orientata all’oltranzismo, una medicina da cui ci si dovrebbe difendere affermando il diritto del singolo
all’eutanasia: il risultato finisce per essere quello di indurre molti malati all’uscita di scena spontanea,
liberando la società dai relativi costi, anche quando non sia in atto alcun accanimento”.
• MASS MEDIA ED EMOZIONI
Luca Coscioni nella campagna referendaria sulla legge 40, interveniva a favore della ricerca sulle
cellule staminali. La grande forza era data dal suo calvario di malato, prima ancora che dalle parole; e dalla
speranza che credeva di potere riporre nella ricerca sulle cellule staminali tratte da embrioni.
• EVITARE LA SOFFERENZA!
La logica della vicenda personale drammatica è stata usata anche quando coppie portatrici di
malattie ereditarie raccontavano come la loro speranza stesse nell'analisi e selezione pre-impianto
dell'embrione - cioè nell'eliminare quattro o cinque embrioni difettosi, pur di averne uno certamente sano.
• CRISI DELLA RAGIONE
La logica dell'appello di Piergiorgio Welby al presidente Napolitano ripropone i modi abituali delle
battaglie radicali di questi decenni. Una battaglia portata avanti, prima che con ragionamenti, con la faccia
di un uomo sofferente; un dolore che diventa testimonial della legittimità e della urgenza di diritti finora
non riconosciuti.
• EMOTIVISMO
Un malato senza speranze di guarigione. La sua vita quotidiana, attaccato a un ventilatore che lo fa
respirare, testimoniata da fotografie su tutti i giornali.
• FALSA PIETÀ
Il suo appello perché lo si aiuti a morire, e la gente che, angosciata da un simile destino, facilmente
diventa incline a dire che a quella sofferenza è giusto porre legalmente una fine. Per una umana pietà, e
forse anche non tollerando di vedere quella disperazione.
• PARODIA DEL TESTIMONE
La logica del caso umano, della faccia di un uomo sofferente portata come argomento decisivo e
ispiratore di una legge, è potente. L'immagine di quei testimoni è eloquentissima e porta anche gli avversari
ad abbassare la voce, perché quel dolore, che è autentico, facilmente zittisce ogni obiezione.
• PRIMO: PENSARE BENE
La faccia di un uomo che paralizzato nel suo letto chiede di morire ha un impatto potente, più di
mille ragionamenti. Il rischio, nel lasciarsi portare da questa strategia abitualmente usata dai sostenitori di
eutanasia, aborto, provette libere e libera ricerca sugli embrioni, è di lasciarsi governare dall'emotività:
• FALSA CARITÀ
… da un'emotività apparentemente caritatevole, tendente a leggi che diano una buona morte ai
disperati, un figlio sano alle coppie malate, e speranze di vita - si promette almeno - agli inguaribili, al
prezzo del sacrificio di pochi embrioni.
•
UN DISEGNO BEN PRECISO:
EFFICIENTISMO
Se a invocare l'eutanasia legale sono gli stessi che sostengono lo scarto degli embrioni difettosi, o
l'utilizzo della vita nascente nella tentata terapia dei già nati, in una logica in fondo efficientistica, non si
può evitare il dubbio che questa loro pietà sia una strumentalizzazione dei sentimenti comuni, ai fini di un
mondo più efficiente.
• NESSUNO SPAZIO
PER I DIFETTOSI
Un mondo in cui gli imperfetti vengono selezionati all'origine, gli embrioni usati per il progresso
della ricerca, e gli inguaribili - costosi da mantenere e sempre più numerosi nella invecchiata Europa indotti a riflettere sul più definitivo dei rimedi.
• TESI PRO EUTANASIA
Stefano Rodotà, in un articolo su Repubblica (24-10-2006), spiegava una tesi di fondo: «Non si può
parlare di sacralità della vita, perciò sottratta alle libere decisioni dell’interessato che, invece, ha ormai il
diritto di disporne in vario modo durante l’intero corso della sua esistenza, fino alla decisione di morire in
modo coerente con le proprie convinzioni». Dunque, apertura all’eutanasia, al testamento biologico,
all’aiuto a morire.
• IMPOSTAZIONE ANTROPOLOGICA
Viene spesso sottolineato anche il tema della libertà e dell’autodeterminazione dell’individuo,
volutamente ignorando che nessun uomo è un isola, che le nostre esistenze sono inevitabilmente
intrecciate a quelle dei nostri simili nelle comunità in cui viviamo.
• MORTE CEREBRALE
«Si definisce morte cerebrale la condizione che sopraggiunge quando il cervello è completamente e
irreversibilmente compromesso. E dalla morte cerebrale, che per la scienza individua la morte dell'essere
umano, nessuno si è mai risvegliato».
• CARATTERISTICHE DELLA
MORTE CEREBRALE
• «Le condizioni necessarie perché sussista la morte cerebrale vengono valutate in base a criteri
neurologici molto rigorosi.
• Sia la scienza sia il diritto sia i comitati etici hanno ritenuto opportuno fissare un adeguato periodo
di osservazione.
• PERIODO DI OSSERVAZIONE
• Questo va da un minimo di sei ore per gli adulti a un massimo di 24 ore per i bambini di età
inferiore a un anno. Alla fine del periodo di osservazione, una commissione (composta da tre
specialisti: anestesista-rianimatore, neurologo esperto in elettroencefalografia e medico legale), se
l'encefalo del paziente ha subìto lesioni complete e irreversibili, dichiara la morte».
• ANZITUTTO EVITARE LA MORTE
Ovviamente tutta la fase di osservazione clinica e strumentale per accertare la morte cerebrale ha
inizio soltanto dopo che i medici hanno messo in atto tutte le terapie per prevenire questo evento.
Supponiamo che un paziente sia trasportato in ospedale per un grave trauma cranico.
• TERAPIA PRO VITA
I medici interverranno con una terapia anti-edema, per evitare che si gonfi il tessuto cerebrale. Se si
crea una forte ipertensione endocranica, e non viene trattata, sopraggiunge la morte del cervello.
In caso di emorragia cerebrale, si ricorre a un intervento chirurgico per togliere il sangue travasato.
Oppure può essere necessaria una craniotomia per decomprimere il cervello ed evitare un arresto di flusso
del sangue.
•
80 %
Bisogna tener presente che sono abbastanza soddisfacenti i risultati degli interventi volti al
recupero di pazienti che subiscono un grave trauma cranico. Nei reparti di rianimazione, dove si viene
seguiti da un'équipe multidisciplinare, più dell'80% dei pazienti guarisce.
• 20 %
Meno del 20 % può andare incontro a disabilità anche pesanti; solo nell‘1 % dei casi il danno è tale
che, nonostante gli interventi terapeutici più avanzati, si verifica la morte cerebrale.
• DIFFERENZA TRA COMA E MORTE CEREBRALE
Poiché dopo un trauma o per una grave patologia, spesso sopraggiunge il coma, cioè la perdita di
coscienza, è importante accertare, con la massima chiarezza, la differenza tra questa condizione (o altre
simili) e la morte cerebrale.
• EVOLUZIONE DEL COMA
1 GUARIGIONE
• Il paziente in coma ha gli occhi chiusi e reagisce - anche se scarsamente - agli stimoli esterni. Il coma
però può evolvere in tre direzioni.
• La prima è la guarigione: dal coma si esce in un'elevata percentuale di casi.
• 2. STATO VEGETATIVO PERSISTENTE
• La seconda è lo stato vegetativo persistente: il coma si trasforma in un'altra condizione,
prevalentemente per effetto di una lesione della corteccia cerebrale, la parte più esterna del
cervello. Il paziente riapre gli occhi, riacquista una mimica, cioè una capacità di espressione del viso,
recupera l'attività respiratoria, e una certa reattività agli stimoli esterni.
• IL RECUPERO È POSSIBILE
• Anche lo stato vegetativo può migliorare in modo significativo, specie nei primi due anni; talvolta,
tuttavia, il paziente non riesce a recuperare - spesso nemmeno dopo anni - un vero contatto con
l'ambiente esterno.
• 3. MORTE CEREBRALE
• Poi c'è la terza, possibile conclusione del coma: la lesione si estende a tutto il sistema nervoso
centrale. Ed è la morte cerebrale.
• C'è chi ha proposto di equiparare alla morte cerebrale lo stato vegetativo.
• CHIARIRE LA DIFFERENZA
La distruzione completa della corteccia e uno stato vegetativo irreversibile non bastano per
dichiarare la morte cerebrale. Occorre che siano completamente e irreversibilmente distrutte non solo la
corteccia ma anche le strutture troncoencefaliche, che permettono ai polmoni di respirare e al cuore di
battere.
• IL DISABILE NON È MORTO
Si tratta di situazioni ben diverse. Una grave disabilità non può mai essere equiparata alla morte
cerebrale. Per noi, in quel caso, la vita è presente».
• CONTESTO CULTURALE
EVI 64
- chiusura alla trascendenza
- la vita è apprezzata solo se porta piacere e benessere
- la sofferenza è considerata come uno scacco insopportabile e bisogna liberarsene ad ogni costo
• CONSEGUENZE
La morte o interviene all'improvviso in una vita ancora aperta a possibili esperienze interessanti (ed
allora è ritenuta assurda); o diventa una liberazione rivendicata se "l'esistenza è ritenuta ormai priva di
senso perché immersa nel dolore e inesorabilmente votata ad un'ulteriore più acuta sofferenza“(EVI 64).
Così c'è la "tentazione di risolvere il problema del soffrire eliminandolo alla radice con l'anticipare la
morte al momento ritenuto più opportuno" (EVI 15).
L'uomo diventa criterio e norma a se stesso e la società deve aiutarlo a decidere in piena
autonomia della propria vita: egli si vuole impadronire anche della morte.
C'è "una sorta di atteggiamento prometeico dell'uomo che in tal modo si illude di potersi
impadronire della vita e della morte perché decide di esse, mentre in realtà viene sconfitto e schiacciato da
una morte irrimediabilmente chiusa ad ogni prospettiva di senso e ad ogni speranza“ (EVI 15).
È diffusa una cultura di morte, legata ad una mentalità efficientista secondo cui appare troppo
oneroso il numero crescente di persone anziane e debilitate. La società è "organizzata quasi esclusivamente
sulla base di criteri di efficienza produttiva, secondo i quali una vita irrimediabilmente inabile non ha più
alcun valore“(EVI 64).
• I DUE ERRORI FONDAMENTALI
Si pensa che:
• la sofferenza è inutile;
• l'uomo ha diritto di decidere della propria vita e della propria morte, perché ne è l'unico padrone.
•
Il vero mistero non è la morte, ma la vita. Pensare alla morte non blocca, ma deve costituire
un incentivo per l'impegno (cf Mt 25, 31-46).
•
Come Gesù ha vissuto la morte?
•
La vera morte è la noia, l'indifferenza, il non senso, il rassegnarsi a vivere in peccato
mortale.
• EUTANASIA
• L’eutanasia è l’uccisione «diretta e volontaria di un paziente terminale in condizioni di grave
sofferenza e su sua richiesta» [Comitato nazionale per la Bioetica (Cnb) documento del 14 luglio
1995].
• Essa, cioè, consiste nel mettere in atto, intenzionalmente e volontariamente, azioni o omissioni che
causano direttamente la morte di un paziente che si trovi nello stadio terminale della malattia di cui
è affetto e che abbia chiesto o chieda di morire.
• È l’uccisione intenzionale attuata con metodi indolori per pietà.
• Evangelium vitae 65
«Per eutanasia in senso vero e proprio si deve intendere un’azione o un’omissione che di natura
sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore».
• L’eutanasia è nella categoria dell’omicidio. La differenza specifica consiste nel fatto che viene uccisa
una persona gravemente ammalata.
• GIUDIZIO ETICO (Congr.
Per la dottrina della fede)
"È necessario ribadire con tutta fermezza che niente e nessuno può autorizzare l'uccisione di un
essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o
agonizzante.
Nessuno inoltre può richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua
responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente“ (Iura et bona, 5-5-1980, parte II, in
EV 7/ 356).
• HV 14 (in VS 80)
"Non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare
oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona
umana, anche se nell'intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali“.
• VS 81
"Se gli atti sono intrinsecamente cattivi, un'intenzione buona o circostanze particolari possono
attenuarne la malizia, ma non possono sopprimerla: sono atti irrimediabilmente cattivi, per se stessi e in se
stessi non sono ordinabili a Dio e al bene della persona".
• GIUDIZIO ETICO (EVI 65)
"In conformità con il Magistero dei miei Predecessori e in comunione con i Vescovi della Chiesa
cattolica, confermo che l'eutanasia è una grave violazione della legge di Dio, in quanto uccisione deliberata
moralmente inaccettabile di una persona umana.
• IL FONDAMENTO
Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione
della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale".
• RILEVANZA DELLA DIFFERENZA TRA E. ATTIVA ED E. PASSIVA?
In un’intervista de "La Repubblica“ (2006), viene riproposta la «differenza tra l’eutanasia passiva e
quella attiva», La differenza sarebbe profonda e consentirebbe di distinguere eticamente lo staccare una
spina che tiene in qualche modo artificialmente in vita (e. passiva) dal fare un’iniezione letale (e. attiva).
• LICEITÀ DELLA E. PASSIVA?
Mentre la seconda azione manifesta ai più il suo carattere di inammissibilità in quanto palesemente
uccisiva, l’omissione di un supporto medico-strumentale (artificiale) si configurerebbe invece di per sé
come lecita.
• LA NOSTRA RISPOSTA
A ben vedere, la malizia o la bontà di un atto umano non dipende dal solo fatto di consistere
rispettivamente in un’azione o in una omissione: vi sono azioni buone (come dare un bicchiere d’acqua ad
un assetato) ed omissioni illecite (come non soccorrere un ferito dopo un incidente).
• DISTINZIONE INFONDATA
La distinzione tra e. attiva ed e. passiva non ha ragion d’essere. Entrambe realizzano la stessa
intenzione di dare la morte al malato.
• NON SONO EUTANASIA
1. Somministrare analgesici per alleviare il dolore (anche col rischio di abbreviare la vita).
2. Decidere di rinunciare a cure inutili o eccessive.
Occorrerà dunque precisare se il comportamento dei sanitari che si intende legalizzare (sia esso
un’azione o un’omissione) ha per scopo la cura della persona o la sua morte anticipata ed è medicalmente
indicato per sostenere la vita del paziente fino al suo esito, senza mai provocarne intenzionalmente la
morte.
Per questo è necessario tenere conto dello proporzionalità di tale comportamento rispetto allo
stato fisico e psicologico dell’ammalato, al decorso della malattia, all’efficacia della terapia, alla risposta
individuale dell’organismo e, non ultimo, all’informato e deliberato consenso del soggetto stesso o di chi, in
sua vece, agisce per il suo vero bene.
Inoltre, il ricorso al concetto di artificiosità non contribuisce alla semplificazione del dibattito: ben
pochi sono gli interventi farmacologici, anestesiologici, rianimatori o chirurgici moderni che non creano nei
pazienti stati fisici o psicologici artificiali ed il confine clinico della naturalità è sempre più difficile da
tracciare.
Il criterio della proporzionalità o ragionevolezza delle cure da prestare al paziente per tutelare e
promuovere sempre il bene della sua vita, e non quello dell’azione o dell’omissione …
… apre la strada ad un dibattito limpido che consenta di evitare sia l’accanimento terapeutico che
quello tanatologico, ma anche di scongiurare il pericolo di un abbandono della cura dei malati negli ultimi
passi della loro vita.
Un abbandono clinico, affettivo e spirituale che è all’origine della questione sociale dell’eutanasia e
affonda le sue radici nella debolezza della coscienza del valore fondamentale della vita dell’uomo,
nonostante le sue circostanze drammatiche, perché dolcemente amata e abbracciata da Dio anche nell’ora
della sofferenza e della morte.
• NON È
EUTANASIA
Non si può parlare di eutanasia nel caso di una persona che non sia morente oppure sia affetta da
una malattia che, per quanto dolorosa, non la conduca necessariamente e rapidamente alla morte.
• EUTANASIA DIRETTA E INDIRETTA
Si può parlare della distinzione tra eutanasia diretta e indiretta. La prima è quella che abbiamo
definito, la seconda è quella che si produce come effetto secondario di un trattamento medico, quale la
terapia antidolorifica.
• CURE PALLIATIVE.
ALCUNE PREMESSE
Bisogna precisare che le persone inguaribili non sono però incurabili. Curare significa assistere un
malato, dargli quella dignità che si era persa tra gli anni ’50 e ’60, quando nella medicina era prevalsa una
corrente tecnicista e in cui la morte era una colpevolizzazione per il medico. Ma le cure palliative sono la
medicina di sempre, sono la storia della medicina.
• PALLIATIVO = INUTILE?
• La medicina palliativa sta compiendo rapidi e importanti sviluppi; perciò ha un ruolo risolutivo nella
cura delle situazioni terminali.
• In passato la medicina si proponeva di guarire; quando non vi riusciva, si chiamava fuori e lasciava il
malato a se stesso.
• CURE PALLIATIVE
• COSA SONO: cure attive e globali, effettuate sulle persone affette da un male inguaribile, in cui le
cure specifiche per la malattia non hanno alcuna risposta.
• OBIETTIVO: non prolungare la vita, ma migliorarne la qualità alleviando le sofferenze.
• CURE PALLIATIVE
UNA CONSTATAZIONE
Franco De Conno afferma:
“In questi giorni sono state rese pubbliche alcune statistiche ospedaliere che rivelano che il 40 %
delle persone ricoverate con gravi patologie soffre pesantemente e non viene trattato con adeguate cure
palliative.
In queste situazioni di sofferenza è ovvio che qualcuno arrivi a chiedere di morire, ma è questo
che bisogna evitare. In Italia abbiamo tutti gli strumenti per farlo”.
• LE CURE PALLIATIVE SONO MULTIDISCIPLINARI
Infatti, del malato non si prende cura solo il medico, ma anche l’infermiere, lo psicologo, il ministro
di culto, la famiglia e anche i volontari adeguatamente preparati.
• Uno degli elementi centrali delle cure palliative è la somministrazione di farmaci antidolorifici di
varie famiglie (oppioidi e non oppioidi).
• Nonostante la semplicità d’uso di questi farmaci, in alcuni casi essi non vengono ancora adoperati,
o per resistenze culturali o per mancanza di disponibilità dei farmaci, quali la morfina.
Afferma ancora il dottor De Conno che prima di tutto bisogna lavorare a livello culturale proprio
all’interno della categoria dei medici: «Non abbiamo ancora acquisito la volontà di utilizzare analgesici
oppiacei, nonostante dal punto di vista sanitario-scientifico abbiamo già molto.
I medici, quando si tratta di prescrivere la morfina, non hanno molta voglia di farlo, perché il
trattamento con gli oppiacei richiede un monitoraggio accurato e, purtroppo, il tempo è spesso tiranno e
gli impegni sono tali da cercare di evitare di avere uno ulteriore ancora più gravoso».
È urgente che le associazioni professionali dei medici (anche dei Paesi occidentali) si aggiornino nel
campo delle cure palliative, secondo gli orientamenti formulati dal Comitato etico dell’Associazione
europea di Cure palliative.
Dati recentemente forniti da un rapporto su alcuni Centri ospedalieri americani evidenziano che il
dolore è controllato adeguatamente solo nel 45% dei casi. Da qui la necessità di diffondere un’educazione
che coinvolga le università, le specialità mediche, le scuole infermieristiche e l’opinione pubblica.
• ACCANIMENTO TERAPEUTICO
Si tratta di «un trattamento di documentata inefficacia in relazione all’obiettivo, a cui si aggiunga la
presenza di un rischio elevato o una particolare gravosità per il paziente, con un’ulteriore sofferenza in cui
l’eccezionalità dei mezzi adoperati risulta chiaramente sproporzionata agli obiettivi» (Corrado Manni,
1995).
• ESIGENZA DI PROPORZIONE
Esiste un’esigenza di proporzione fra mezzi terapeutici e condizioni del paziente. In casi
obiettivamente disperati non ha senso alcuno effettuare un intervento chirurgico, o somministrare un
farmaco, o iniziare tentativi di riabilitazione.
• COSA NON È
ACCANIMENTO TERAPEUTICO
L’accanimento terapeutico, infatti, non è l’atteggiamento del medico che «fa di tutto» per
strappare alla morte un paziente, o per prolungare, seppure di poco, la sua vita.
• COSA NON È
ACCANIMENTO TERAPEUTICO
• In modo errato, alcuni ritengono che accanimento terapeutico significhi semplicemente «essere
tenuti in vita in condizioni precarie», quando ci si trova sopraffatti dal dolore e quando «il desiderio
di vivere si è spento».
• LO CHIAMANO
ACCANIMENTO TERAPEUTICO
MA CERCANO L’EUTANASIA
• Alcuni rifiutano l’accanimento terapeutico perché vogliono negare tutte quelle misure artificiali che
tengono in vita in fase critica o terminale precisamente perché il paziente chiede di morire (oppure
il medico vuole farlo morire).
• ECCO L’EUTANASIA
• In realtà, costoro vogliono l’eutanasia, cioè vogliono porre fine, con azioni od omissioni, alla vita di
un malato per eliminare ogni dolore.
• Secondo tale concezione, non sarebbero eventuali trattamenti gravosi e inutili a costituire una
forma di accanimento, ma sarebbe un accanimento il fatto stesso di mantenere in vita un morente
o un malato grave.
In questa linea si dovrebbero togliere la gran parte dei mezzi di sostegno vitale in fase terminale o
nelle malattie croniche e invalidanti, con il risultato di far morire i pazienti.
• COSA È
ACCANIMENTO TERAPEUTICO
Risponde piuttosto all’atteggiamento del medico che, pur sapendo di avere fatto ormai tutto il
possibile, continua ostinatamente a sottoporre il malato a trattamenti inutili e gravosi, che non possono
avere altro effetto se non quello di prolungare l’agonia.
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UNA NAZIONE … ALL’AVANGUARDIA
Olanda, legge promulgata nel 2002: il Parlamento dell'Aja è stato il primo al mondo ad approvare la
legalizzazione dell'eutanasia.
Questa pratica poteva essere utilizzata solo per i malati incurabili a partire dai 12 anni (con l'obbligo
dell'autorizzazione dei genitori fino ai 16 anni).
PROGRESSI DAL 2002 AL 2004
Nel 2004 la giustizia olandese ha raggiunto un'intesa con la clinica universitaria della città di
Groningen autorizzandola ad applicare, «nel rispetto di un severissimo protocollo», l'interruzione
della vita di bambini (inclusi i neonati) con malattie incurabili e che provocano sofferenze
intollerabili.
SCELTA DEL PAZIENTE!
Eduard Verhagen, il responsabile della sezione pediatria della clinica, ha precisato: «La legge
olandese dice che il paziente deve chiedere l'eutanasia, questo non è possibile per i neonati, e nel
nostro sistema i genitori non sono autorizzati a chiedere la morte al posto dei bambini, non
possono cioè prendere il loro posto: quindi, da un punto di vista tecnico sarebbe impossibile
procedere all'eutanasia».
Una delle norme che dovrebbero garantire la corretta applicazione della nuova legge è che un
secondo medico indipendente si pronunci sulle condizioni del bambino.
LA LEGGE INFLUENZA LA CULTURA
Una legge che ammettesse l'eutanasia fonderebbe una cultura nuova: il diritto primo dei malati
potrebbe spostarsi lentamente da quello a essere curati e liberati, con ogni terapia, dal dolore, a
quello di domandare la morte.
Si andrebbe modificando l'atteggiamento con cui si guarda al declino dei moribondi, e perfino dei
vecchi; se morire è un diritto, la morte, nei casi detti senza speranza, può diventare la soluzione più
semplice anche agli occhi di un malato: quando nelle parole dei medici, nella corsia accanto questa
sia la soluzione tranquillamente accettata.
Francesco D'Agostino presidente del Comitato nazionale italiano di bioetica (Cnb) afferma:
Lo scopo di queste norme è liberarsi di persone che rappresentano un peso, anche economico, per
la società e il sistema sanitario.
La sofferenza, ha precisato D'Agostino “va combattute con la medicina e non con la morte”.
Le terapie palliative, ha concluso, «sono un diritto di ciascuno, ed è invece un paradosso uccidere
un essere umano per liberarlo dal dolore».
ORIANA FALLACI
La parola eutanasia è per me una parolaccia. Una bestemmia nonché una bestialità, un
masochismo. Io non ci credo alla buona-Morte, alla dolce-Morte, alla Morte-che-Libera-dalleSofferenze. La morte è morte e basta.
Il testamento biologico, che oggi pare a molti il male minore?
RISPOSTA. È una buffonata. Perché nessuno può predire come si comporterà dinanzi alla morte.
Inutile fare gli eroi ante litteram, annunciare che dinanzi al plotone di esecuzione sputerai addosso
ai tuoi carnefici come Fabrizio Quattrocchi.
Inutile dichiarare che in un caso simile a quello di Terri vorrai staccare-la-spina, morire stoicamente
come Socrate che beve la cicuta. L'istinto di sopravvivenza è incontenibile, incontrollabile... E se nel
testamento biologico scrivi che in caso di grave infermità vuoi morire ma al momento di guardare la
Morte in faccia cambi idea?
Se a quel punto t'accorgi che la vita è bella anche quando è brutta, e piuttosto che rinunciarvi
preferisci vivere col tubo infilato nell'ombelico ma non sei più in grado di dirlo?».
•
(intervista al Foglio sul caso Terry Schiavo; la Fallaci era malata e distante poco più di 1 anno
dall'appuntamento con la morte).
In nessun modo un medico – che ha giurato sul testo di Ippocrate «di non compiere mai atti idonei
a provocare deliberatamente la morte di un paziente» – potrebbe essere obbligato a compiere atti
eutanasici, pena l’abdicare totalmente alla propria missione.
Infatti, continuiamo a ritenere che chi si dedica all’arte medica non abbracci solo una professione,
spesso remunerativa, ma abbia in animo anche di dedicarsi – operando in scienza e coscienza – al bene dei
suoi simili.
• TESTAMENTO BIOLOGICO
• Il 18 dicembre 2003 il Comitato nazionale per la Bioetica ha emanato un documento sulle
dichiarazioni anticipate di trattamento.
• Il testamento biologico è un’indicazione sottoscritta dal paziente con la quale egli manifesta alcune
semplici indicazioni sulle forme di assistenza che desidera ricevere o non ricevere in condizioni di
incapacità …
• … senza porre comunque un totale vincolo sul medico ed escludendo alcune richieste: ad esempio
la sospensione di idratazione e alimentazione artificiale, e in generale le richieste eutanasiche, che
caricherebbero il personale sanitario di una intollerabile responsabilità sulla morte dei pazienti.
• Per la verità il valore consultivo sulle preferenze di trattamento dei pazienti (per evitare forme di
accanimento terapeutico), anche redatte in anticipo o comunicate a terzi, esiste già, così come il
divieto di praticare l’eutanasia, già sancito dalla legge con il generale divieto di uccisione di
consenzienti.
• Afferma il giurista Eusebi: nell’attuale dibattito sul testamento biologico è possibile accettare “le
dichiarazioni anticipate di trattamento: ma con l’inammissibilità della richiesta, da parte del malato,
di una relazione con il medico non orientata alla tutela della salute, bensì alla morte.
• Le dichiarazioni potrebbero avere rilievo, ad esempio, rispetto a possibili alternative terapeutiche,
come pure in rapporto alla dichiarazione, rasserenante per i congiunti, della rinuncia a forme di
accanimento”.
• TESTAMENTO BIOLOGICO E
STATO VEGETATIVO PERMANENTE
Le dichiarazioni anticipate di trattamento non potranno avere per oggetto quelle cure, sempre
dovute, che garantiscono ciò che è necessario per vivere a ogni individuo, sia egli sano o malato, …
… come l’idratazione, l’alimentazione, la respirazione: salvo sempre valutare, per esempio rispetto
a una ventilazione, se siano proporzionate le modalità necessarie per attivarla.
• TESTAMENTO BIOLOGICO
STRADA VERSO L’EUTANASIA
Il tema è stato però ripreso dai sostenitori dell’eutanasia, che desiderano usare il testamento
biologico come espressione della più completa possibilità di autodeterminazione del paziente rispetto alla
propria morte in caso di incoscienza o di incapacità decisionale.
• L’intenzione è esplicitamente pro-eutanasia. Infatti nei moduli predisposti dal comitato promosso
dall’oncologo Umberto Veronesi si ritrova la possibilità per il paziente di decidere autonomamente
i tempi e i modi della propria morte, avvalendosi di un presunto diritto di morire, che sarebbe
addirittura speculare al diritto di vivere.
• Con il testamento biologico così inteso si vuole consentire l’esercizio di questo inesistente diritto.
• SUICIDIO ASSISTITO
Questo tipo di suicidio consiste nella richiesta che una persona gravemente malata (ma non in stato
di malattia terminale e quindi non prossima alla morte) fa in piena coscienza e in stato di lucidità mentale al
medico o a un parente o a un amico di procurarle un farmaco che, una volta assunto, le dia la morte.
La differenza rispetto all’eutanasia sta nel fatto che è la persona stessa che si procura la morte
ingerendo un farmaco mortale che un’altra persona le ha procurato:
si tratta cioè di un suicidio, sia pure assistito, a cui ha contribuito un’altra persona, non di un
omicidio, come l’atto eutanasico positivo od omissivo compiuto da un’altra persona, sia pure su richiesta
della persona malata.
• “Padre mio, mi abbandono a te, fa di me ciò che ti piace. Qualunque cosa tu faccia di me ti
ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto, purché la tua volontà si compia in me e in tutte le tue
creature.
• Non desidero niente altro, mio Dio. Consegno la mia anima nelle tue mani, te la dono, mio Dio, con
tutto l’amore del mio cuore perché ti amo.
• Ed è per me un’esigenza d’amore il donarmi, il rimettermi nelle tue mani con una confidenza
infinita, perché tu sei il Padre mio”.
• Questa preghiera è stata composta da René Vouillaume a partire da frasi degli scritti di Charles De
Foucauld .