Emergenze TRAUMA prof Sabato, lunedì 26 aprile 2004 Le lesioni più frequentemente associate a trauma cranico sono: 60% ematoma sottodurale acuto (SDH) 25% ematoma extradurale (ED) 15% ematoma intraparenchimale (IP) E nell’ 85% dei casi sono facilmente aggredibili e operabili. I punti cardine nel trattamento delle prime ore sono: ipotensione, ipossia ed evitare il ritardo diagnostico (che induce, quindi, al ritardo del trattamento chirurgico della lesione). Il danno cerebrale non è una situazione di tipo stabile, ma evolve rapidamente e progressivamente. La prima cosa da fare nell’approccio al paziente, al pronto soccorso o per strada, è segnare l’ora: il tempo e il modificarsi del quadro in funzione del tempo forniscono indicazioni per il trattamento. Il trattamento chirurgico è la priorità assoluta e dovrebbe essere “centralizzato”in un’unica struttura ospedaliera per evitare il “traumatismo” di un trasferimento. I punti essenziali nell’approccio sono: 1. valutazione e stabilizzazione dei parametri vitali 2. valutazione neurologica 3. indicazione e criteri per la corretta ospedalizzazione 4. monitoraggio TC 5. monitoraggio CPP 6. monitoraggio PIC (pressione intracranica) 7. monitoraggio PjO2 (saturazione dell’ossigeno a livello giugulare) 8. trattamento medico 9. emodinamica 1. L’obiettivo primario è la stabilizzazione dei parametri vitali per prevenire l’ipotensione e l’ipossia secondo i criteri che abbiamo visto nell’arresto cardiaco : Airway, Breathing, Circulation (sono gli stessi dell’arresto cardiaco), Disability, cioè la valutazione neurologica, Exposure, cioè le lesioni esterne associate. A: La pervietà delle vie aeree è sempre fondamentale quando il paziente ha un Glascow Coma Score (GCS) = o < 8, nel qual caso è necessaria la presenza di un rianimatore del pronto soccorso che sappia praticare l’intubazione che, inoltre, richiede l’iperestensione del collo, manovra che mette a rischio la stabilità del rachide cervicale e può “ghigliottinare” il midollo. Per evitare i rischi legati all’inalazione e al vomito, vengono posizionati un aspiratore molto potente e, appena possibile, un sondino naso-gastrico per evitare che le secrezioni gastriche invadano l’albero bronchiale. B: Respirazione. E’importante ossigenare il paziente in maniera tale da avere una saturazione arteriosa di ossigeno (SaO2) >95% con PaO2 >90 mmHg. Se il paziente iperventila( ha, cioè, una bassa frequenza respiratoria e respira superficialmente) va incubato e mantenuto ad una pressione arteriosa di CO2 (PaCO2) tra i 30-35 mmHg perché non scivoli nell’ipercapnia e, quindi, nell’acidosi respiratoria. L’ipercapnia provocherebbe vasodilatazione e il parenchima cerebrale, già edematoso per il trauma e compresso nella in estensibile scatola cranica, ha un rischio di incuneamento sottotentoriale ancora maggiore di quanto non sia per il solo trauma. Provocando, viceversa, un’ipocapnia s’indurrebbe vasocostrizione che, sì, ridurrebbe la massa cerebrale, ma sarebbe una manovra vantaggiosa solo in fase iniziale, perché se presente un ematoma, questo aumenterebbe le sue dimensioni avendo un accresciuto spazio di riempimento. C: Circolazione. Un singolo episodio ipotensivo (P sistolica >90 mmHg) aumenta significativamente la mortalità ed il recupero dei pazienti. La Pa sistolica dovrebbe essere sempre >110 mmHg poiché essendo la pressione di perfusione cerebrale uguale alla pressione arteriosa media meno la pressione intracranica media (cioè: PPC=PaM-PICM), se vogliamo mantenere una adeguata perfusione cerebrale dobbiamo avere una Pa sufficiente. Per una buona circolazione bisogna 1. stare attenti che non ci siano emorragie esterne che rendano il paziente ipovolemico, 2. porre un accesso venoso di grosso calibro (almeno di 16 G, ago grigio, se non 14 o 12, anche se nei reparti si trova al massimo da 18 G, ago verde) 3. reintegro polemico con soluzioni isotoniche 4. non usare soluzioni ipotoniche: nel caso della glucosata al 5%, ad esempio, si ha il rapido ingresso e metabolizzazione del glucosio nelle cellule e rimane solo acqua libera che, essendo ancora più ipotonica, rigonfia i tessuti (aumenta l’edema cerebrale); si usano, invece, soluzioni isotoniche con Na o ringer lattato (lattato + soluzione fisiologica) che è una soluzione alcalinizzante ad azione lenta poiché ha bisogno di un passaggio metabolico per essere trasformato in bicarbonato [dice qualcosa sulla metabolizzazione epatica e muscolare in forma acetata…] 5. non usare diuretici osmotici (richiamando acqua riducono l’edema cerebrale, ma possono favorire l’ematoma) Quando troviamo il paziente per strada il monitoraggio dovrebbe essere: ECG Pa incruenta (misurata dalla macchina elettronica a intervalli di tempo regolari) Saturimetria arteriosa (una pinzetta che, applicata al dito, indica la saturazione di O2) D: Valutazione neurologica va fatta con: GCS Diametro pupillare Riflesso pupillare alla luce E: Le lesioni associate. 2. Valutazione neurologica Nota bene: informazione dei primi soccorritori: -orario e modalità del trauma (se un incidente stradale, per esempio, è stato frontale, con probabile ematoma fronto-occipitale, o laterale, con ematoma temporo-parietale), -se il paziente ha avuto un periodo di coscienza prima del coma (può far pensare ad un trauma lieve causa di un ematoma che si accresce progressivamente), -presenza di cianosi, -rilievo di oto-rino-liquorrea (un’apertura mette in comunicazione i ventricoli con il naso e/o orecchio, segno di alto pericolo infettivo; generalmente l’edema cerebrale fa da “tappo” e chiude il foro, mentre la riduzione terapeutica dell’edema può favorire la riapertura di questo tramite); Età: è un fattore prognostico importante, se l’età è avanzata il parenchima cerebrale è più rigido ed un trauma è più dannoso rispetto ad un soggetto più giovane; Anamnesi: sul luogo dell’incidente tramite i parenti è importante sapere se il paziente ha mangiato o ha assunto alcol o stupefacenti. GCS Attenzione: bisogna monitorare anche la pressione arteriosa poiché se il coma è causato da ipotensione la valutazione di Glascow non ha valore. Definizione di coma: prima si descrivevano vari tipi di coma (grave…), oggi, invece, si definisce per un punteggio nella scala di Glascow inferiore o uguale a 8, nella valutazione della migliore risposta oculare, migliore risposta verbale, migliore risposta motoria. Metodologia: è importante una certa precisione. Lo stimolo doloroso va applicato sul letto ungueale o in zona sternale, in maniera costante, e,almeno nelle fasi iniziali, deve essere fatto dalla stessa persona. I punti di score devono essere valutati anche singolarmente, non solo come somma (ad esempio: O3V3M5=11GCS) perché si sappia qual è la peggiore risposta. Se il paziente è sedato con farmaci ad emivita breve bisogna aspettare 10-15 minuti oltre l’emivita del farmaco dalla sospensione e va valutato lo stimolo doloroso alla coscia per vedere se il paziente flette la gamba in base al dolore o altro: la flessione abnorme è definita da decorticazione, l’estensione con ipertono e rotazione è detta da decerebrazione. Questi due punti sono importanti non solo nella valutazione del coma, ma anche nell’ipertensione endocranica. Stato pupillare Anche questo è segno di edema cerebrale imponente. La midriasi può essere dovuta a: Farmaci adrenergici e atropinici Stress e dolore Lesione periferica del II e del III paio dei nervi cranici La miosi: anestetici e oppioidi (nel cocainomane) La valutazione neurologica va fatta nelle prime 72 ore 1. all’ingresso in ospedale (si valutano le variazioni rispetto a prima dell’ingresso) 2. ogni ora e ogni volta che compare una variazione neurologica (valutazione infermieristica) 3. ogni 4 ore e ogni volta che avviene una variazione del quadro neurologico (Valutazione del medico che, a quel punto torna a valutare il GCS) 4. nei pazienti sedati (per esempio con benzodiazepina o con propofol) si apre una “finestra” di valutazione ogni 8 ore (sempre durante le prime 72 ore): per 20 minuti si sospende il farmaco, si valuta il paziente, lo si riaddormenta. L’uso di farmaci a rapida eliminazione permette l’apertura di una “finestra” dopo 5-10 minuti. Le benzodiazepine (Valium) hanno un tempo di dimezzamento che dipende dall’età del paziente (vanno di pari passo: se il paziente ha 70 anni, il tempo di dimezzamento è di 70 ore!): si può, quindi, andare in fase di accumulo e il coma, a quel punto è farmaco-indotto e non di tipo traumatico. Per ovviare a questo problema si usano benzodiazepine meno pericolose come il lorazepam (Tavor) antiepilettico con un minore effetto di accumulo. E’ importante, poi, valutare i parametri pressori, termici e di ventilazione, e le loro variazioni. Tutto il trattamento medico serve solo per allungare il tempo per l’intervento chirurgico che, d’altra parte deve esser fatto più rapidamente possibile. 3. Corretta ospedalizzazione, casi clinici: Paziente in extraospedaliero in coma, non stabilizzato ,può presentare un’insufficienza respiratoria acuta non risolta dall’intubazione: si può pensare ad un’emorragia interna che destabilizza la pressione e l’ipovolemia non permette il mantenimento della pressione di perfusione cerebrale. Al trauma cranico, quindi, si aggiunge il problema periferico che peggiora la situazione cerebrale. Questo paziente va portato urgentemente in terapia intensiva con adeguata radiologia diagnostica nelle 24 ore, e vanno presi urgenti accordi per l’intervento neurochirurgico. Paziente simile al precedente, ma stabile dal punto di vista del circolo-respiro. Deve recarsi in rianimazione dove viene seguito dal neurologo e TC nelle 24 ore. Se la diagnostica è negativa basta una consulenza neurochirurgia con l’osservazione telemetrica della TC per valutare l’eventuale indicazione chirurgica. Se non c’è indicazione si attende la TC della 12^ ora con un secondo triade neurochirurgico. Il rischio di un ematoma o un versamento cerebrale in seguito a trauma dura circa una settimana (si attendono, quindi, 7 giorni per escludere un’evoluzione pericolosa del trauma). Paziente in coma in ospedale senza neurochirurgia, emodinamicamente (in?)stabile: si consiglia di non ritardare il trasferimento in ambiente neurochirurgico previa esecuzione di TC con monitoraggi pupillare per evidenziare un’eventuale sofferenza del tronco encefalico. 4. Monitoraggio TC I pazienti, anche per un problema medico-legale, vanno classificati in base alla lesione Classificazione di Marshall: 1. diffuse injury I TC negativa (rigonfiamento cerebrale senza lesione focale: non ha indicazione chirurgica) 2. diffuse injury II cisterne presenti con shift dell’asse mediano di 0-5mm (a destra o a sinistra) e/o lesioni <25cc (per esempio ematomi anche con frammenti ossei) 3. diffuse injury III: cisterne compresse o assenti con shift di 0-5mm e/o lesioni <25cc 4. diffuse injury IV: shift >5mm e/o lesioni <25cc 5. evacuated mass lesion (in un paziente che è stato operato per ematoma, nel quale il parenchima cerebrale non si è riespanso e il sangue ha formato una nuova raccolta) 6. non evacuated mass lesion >25cc Le ultime due situazioni richiedono intervento immediato. Se la TC all’ingresso è negativa bisogna ripetere l’esame entro 24 ore, o entro 12 ore se il paziente ha avuto o un episodio di ipotensione arteriosa o se presenta alterazione della coagulazione. Se la TC all’ingresso non è negativa bisogna ripetere l’esame entro 24 ore se era stato eseguito dopo 6 ore dal trauma e se non ci sono fattori di rischio, mentre va ripetuto entro 12 ore se era stato eseguito entro 3-6 ore dal trauma. La TC va ripetuta ogni qual volta che: GCS diminuisce di 2 punti PIC aumenta di 25mmHg (pressione intracranica) CPP <70mmHg per più di 5 minuti (perfusione cerebrale) SjO2 <50% per più di 15 minuti (saturazione nella giugulare) Non sempre c’è correlazione tra pressione intracranica e TC: possiamo avere rigonfiamenti cerebrali massivi a detta del neuroradiologo, ma non avere un vero e proprio aumento della pressione intracranica: ciò potrebbe essere dovuto all’azione di certi farmaci o al fatto che se il paziente è intubato potrebbe avere una modica iperventilazione. Monitoraggio del paziente in coma: anziché dal punto di vista clinico, lo si può fare passivamente con la valutazione di: PIC (monitoraggio globale): nei pazienti che hanno GCS<8 CPP: il goal è >70mmHg SjO2: se <55%=ipoperfusione cerebrale (55-75 sono i limiti della normalità) PbrO2 (monitoraggio focale): con elettrodo di Clarke si misura, nella zona di lesione, O2, pH, CO2, t. Microdialisi: un elettrodo coperto da membrane osmotiche valuta nel liquido interstiziale la presenza di glucosio, lattato piruvato, glicerolo, urea, glutammato. Doppler transuranico: può permettere di valutare la posizione delle arterie cerebrali, della oftalmica o della carotide interna in base al letto vascolare che vogliamo studiare. 8. Trattamento medico Lo scopo è quello di evitare gli insulti secondari (intracranica ed extracranici) e prolungare il tempo per poter trattare chirurgicamente il paziente. Le cause intracraniche sono: ipertensione endocranica (si valuta attraverso sistemi diretti oppure con la clinica attraverso lo stato pupillare,la decorticazione e la decerebrazione), infezioni convulsioni e crisi comiziali lesioni espansive danno da radicali liberi o sostanze citotossiche Le cause extracerebrali sono: ipotensione arteriosa ipossia anemia ipertermia iper-ipocapnia anomalie elettrolitiche ipo-ipergligemia disturbi nell’equilibrio acido-base Tutte queste circostanze possono portare all’aumento della pressione intracranica e, quindi, al peggioramento del danno cerebrale iniziale. 9. Emodinamica --Volemia: va mantenuta in intervalli normali. Può essere evidenziata acutamente, tramite un catetere, attraverso la diminuzione dei globuli bianchi, lo stato del sodio Na (ma le soluzioni somministrate modificano il profilo elettrolitico e, nelle fasi iniziali, può essere ancora normale), l’ematocrito Ht (ma cambia in base all’ipovolemia: se Ht scende con globuli bianchi normali si può pensare ad una perdita ematica rapida, ma se diminuiscono anche i bianchi si è in uno stato di ipotensione o in seguito ad una perdita emorragica importante); Due situazioni da evitare sono il pneumotorace e tamponamento pericardico. Ricordare che in fase iniziale non esistono indicazioni alla restrizione idrica (lo si fa a spese della volemia a meno che non si somministrino dosi massive di adrenergici. --Pressione arteriosa: evitare l’ipotensione (un solo episodio di ipotensione può peggiorare l’outcome) fino a mantenere la pressione di perfusione elevata anche utilizzando farmaci importanti. Non solo l’ipovolemia può dare l’ipotensione, ma anche lo shock midollare (per neurolisi con la componente simpatica che prevale sulla parasimpatica), pneumotorace o un tamponamento cardiaco, eccessiva sedazione. Per lo scopo si utilizzano isotropi e vasocostrittori (attenzione alla vasocostrizione a livello renale che può dare ischemia). Si consiglia l’uso dei vasocostrittori quando la pressione arteriosa media non sale nonostante il reintegro polemico, e quando vogliamo migliorare la pressione di perfusione cerebrale (aumentando la pressione arteriosa il sangue può vincere il collabimento dei vasi del parenchima cerebrale edematoso e giungere a zone sofferenti nel paziente che, ad esempio,decerebra). I farmaci: la dopamina 2-5 microg/Kg/min fino ad un massimo di 10 (o si dovrà mettere in bilancio un danno renale o addirittura epatico) e va somministrato in pompa; la noradrenalina la usiamo di più, raggiunge l’effetto più rapidamente, ma è più pericolosa della dopamina, il dosaggio è tra 0,020,04 microg/Kg/min e va in pompa (anche in questo caso c’è danno renale per dosaggi più alti, bisogna, quindi, monitorare gli indici di funzionalità). --Ventilazione-ossigenazione: il paziente con GCS<8 va sempre intubato. Si dice ipossiemia una PaO2 = o < 60mmHg (fino a questo valore abbiamo il 90% di saturazione dell’emoglobina, mentre l’ideale sarebbe 96%, e sotto i 60mmHg iniziano i segni di cianosi). --Sedazione: il paziente è molto agitato, tende ad avere delle crisi motorie, ed aumenta, così, il consumo di ossigeno. La sedazione, però, necessita, in questi pazienti, di assistenza respiratoria (intubazione e anestesista). L’obiettivo è controllare la sindrome da stress, ridurre la stimolazione algogena, facilitare la tolleranza al tubo tracheale e al ventilatore. Il farmaco ideale non esiste, di solito si usa una benzodiazepina che non sia depressiva per il sistema cardiovascolare e che sia facilmente reversibile: diazepam (valium, ma attenzione all’accumulo), midazolam e lorazepam; si mettono in infusione continua a dosaggi bassissimi, ma bisogna ricordare che non sono analgesici e, a questi dosaggi non provocano le variazioni emodinamiche intracraniche, ma se aumentiamo i dosaggi hanno effetto lievemente vasodilatante. Le benzodiazepine sono farmaci anticonvulsionanti le cui somministrazioni sono in bolo o dosaggi elevati e vanno a bloccare dei recettori eccitatori: se diamo un dosaggio sbagliato, basso ad esempio, andiamo ad inibire solo il sistema inibitorio e possiamo avere un’esplosione del sistema eccitatorio detta reazione paradossa legata maggiormente ai pazienti anziani per lo squilibrio che hanno nel sistema inibitorio. Altri provvedimenti sono: la gastroprotezione (inibitori di pompa soprattutto), e la salvaguardia degli equilibri elettrolitici. La terapia antiepilettica è una parte importante: i farmaci anticomiziali più usati sono in fase acuta le benzodiazepine, il lorazepam: Tavor in fiale ha il vantaggio di non dare apnea anche se somministrato rapidamente (mentre il Valium dà problemi respiratori gravi), mentre se il paziente è intubato si può usare il propofol, un sedativo molto potente che può essere somministrato solo al paziente assistito dal punto di vista del respiro. La terapia per il controllo della pressione intracranica, quando questa è 20-25mmHg per almeno 5 min, diventa necessaria se non si può fare una craniotomia immediata (sarebbe il sistema migliore). Prima del trattamento medico bisogna accertarsi che l’aumento della PIC non sia dovuto a: ostacoli al deflusso venoso (ad esempio malposizionamento del collo) cause di vasodilatazione cerebrale (febbre, ipercapnia, crisi epilettiche,…) cause di ipertensione arteriosa brivido iposodiemia ventilazione meccanica Due sono i provvedimenti terapeutici: 1. trattamento mirato con catetere 2. trattamento “a scalini” (un susseguirsi di procedure) -Il primo passo della terapia “a scalini” è la deliquorazione (puntura subaracnoidea, che si può fare anche a livello del midollo o tramite un cateterino intracerebrale posizionato dal neurochirurgo, e si sottrae lentamente un certo volume di liquor): questa metodica non è di lunga durata, ma spesso può salvare il paziente fino alla sala operatoria. Se la sottrazione di liquor avviene troppo bruscamente si può arrivare al collabimento della parete ventricolare con il peggioramento dello shift cerebrale. --Dopo la deliquorazione si può somministrare il mannitolo che ha un’azione osmotica “svuotando” rapidamente il parenchima cerebrale e, inoltre, ha un effetto iniziale di incremento della volemia (richiamando acqua dai tessuti); viene somministrato in boli ripetuti da 0,25-1g/Kg in 15-20 min. L’effetto si ha dopo 15-30 min e dura da 90 min a 6 ore. Si può, inoltre, monitorizzare l’osmolarità sierica per mantenerla intorno a 320 mOsm (un’eccessiva concentrazione di mannitolo aumenterebbe l’osmolarità e, a sua volta, la pressione intracranica). Sarà necessario, però, rimpiazzare le perdite idro-elettrolitiche poiché il mannitolo dà diuresi osmotica importante, e non di devono utilizzare altri diuretici per un ipotizzato effetto additivo. ---Per la protezione cerebrale si usano farmaci che riducono il metabolismo cerebrale: l’unico dimostratosi efficace, riducendo, inoltre, anche la pressione intracranica, è il Tiopentone sodico che ha delle complicanze non trascurabili (ipotensione, aumenta l’incidenza di sepsi, aumenta gli enzimi epatici, favorisce le lesioni da decubito per la vasocostrizione periferica cutaneo-mucosa), non va dato come sedativo o preventivo, ma è stato dimostrato che nonmigliora, così come anche il cortisone, l’outcome dei pazienti. In conclusione: se abbiamo una PIC aumentata (dimostrata dalla misurazione o dalla clinica (midriasi, decorticazione, decerebrazione) dobbiamo: 1. escludere cause extracraniche (compresa l’inadeguata sedazione e analgesia) 2. escludere masse evacuabili chirurgicamente 3. aumentare la pressione di perfusione cerebrale >70mmHg (si usa mannitolo o, nel paziente intubato, si induce una lieve ipocapnia) e se le procedure sono inefficaci 4. terapia di secondo livello (gravata da maggiori complicanze): -ipocapnia spinta -barbiturici ad alte dosi (con controlli elettroencefalografici: si ha un appiattimento con consumo di ossigeno, quindi, pari a zero) -decompressione chirurgica (perché l’espansione del parenchima cerebrale trovi sfogo e non provochi l’incuneamento sottotentoriale. Dal punto di vista medico non ci sono raccomandazioni ben precise, ma bisogna usare il buon senso e calibrare ogni terapia, perché anche il mannitolo se usato a lungo può dare insufficienza renale. [i lucidi saranno portati in copisteria dove troveremo anche quelli degli anni precedenti utilizzati nelle precedenti lezioni] Maria Chiara