dalla vocazione alla missione

Centro Volontari della Sofferenza
Dalla Vocazione
alla Missione
Sussidio per i Giovani
Anno pastorale 2005-2006
Testo di riferimento
I discepoli di Emmaus
(Lc 24, 13-35)
13
Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da
Gerusalemme, di nome Emmaus, 14e conversavano di tutto quello che era accaduto. 15Mentre discorrevano
e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano incapaci
di riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il
cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18 uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così
forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19 Domandò: «Che
cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole,
davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo
condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò
son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno
sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro 23 e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver
avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati al
sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».
25
Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! 26 Non bisognava che il
Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27 E cominciando da Mosè e da tutti i
profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28 Quando furon vicini al villaggio dove erano
diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa
sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese
il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.
Ma lui sparì dalla loro vista. 32 Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre
conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». 33 E partirono senz'indugio e
fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali
dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». 35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto
lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
PRESENTAZIONE
Ci rivolgiamo a te giovane per offrirti anche quest’anno un itinerario di fede che guida il tuo
cammino spirituale, personale e apostolico.
Ti consegniamo il Sussidio Giovani: “Dalla VOCAZIONE alla MISSIONE” che si inserisce nel
Progetto Pastorale per l’anno 2005-2006 di tutto il Centro Volontari della Sofferenza.
In questo nuovo anno pastorale cammineremo insieme per raggiungere il grande OBIETTIVO:
Identificare nei contorni e sperimentare concretamente la dimensione missionaria che
caratterizza l’Apostolato del Centro Volontari della Sofferenza.
Per raggiungere questo obiettivo, ti aiuterà l’esperienza dei Discepoli di Emmaus.
Questa icona ben si presta ad orientare un anno che vedrà il Centro Volontari della Sofferenza a
vivere la dimensione missionaria, particolarmente per il Settore giovani al quale viene proposto in
1
questo anno pastorale la realizzazione della missione IL GIOVANE PER MEZZO DEL GIOVANE.
L'intera Comunità parrocchiale, diocesana, regionale, nessuno è escluso da questo ‘evento’
associativo.
Quello dei discepoli di Emmaus è certamente uno fra i brani più suggestivi e, per certi versi, più
aderente alla nostra realtà di persone in cammino: abbiamo molte certezze ma spesso siamo
vittime di dubbi, perplessità, interrogativi e desideri.
Proviamo dunque a tentare una rilettura del testo cercando di attualizzare l’annuncio e al tempo
stesso cogliendo gli elementi principali che favoriscono una comprensione, una interiorizzazione e
quindi una profonda e autentica assimilazione del messaggio che esso contiene.
Il testo presenta una chiara sequenza di metodologia missionaria e catechetica, in cui si possono
riscontrare
 una realtà di delusione e di fallimento (“noi speravamo… sono passati tre giorni…”v. 21).
 Entra in una tappa di illuminazione sugli avvenimenti, fatta da Gesù che “spiega loro in tutte le
Scritture ciò che si riferiva a lui(v. 27).
 Fino a che sono pronti per la celebrazione e la contemplazione: Arde il cuore dei due
discepoli (cfr v. 32), poi la preghiera (“Resta con noi”, v. 29), quindi il gesto rituale di Gesù che
prende il pane, dice la benedizione, lo spezza e lo dà (v. 30), si aprono i loro occhi e lo
riconoscono (v. 31).
 E finalmente il momento della missione: partono senza indugio verso Gerusalemme, come
per imperativo che nasce dall’incontro con Gesù: si ricongiungono alla comunità degli altri
discepoli e si comunicano le rispettive esperienze circa il Risorto (v. 33.34.35).
A questo testo che farà da sfondo per tutto l’anno si accosteranno altri testi biblici che ti aiuteranno
ad incontrarti con Cristo, alla scoperta della sua persona, perché solo con lui, Parola e storia, si
illumina il tuo itinerario e svela il suo significato per te. Il cammino dell’annuncio, che è parte
essenziale di ogni percorso di fede è anzitutto un cammino di incontro personale con Gesù ed
esperienza viva con lui.
ISTRUZIONI PER L’USO
DESTINATARI
Il sussidio oltre che a rivolgersi a te giovane si dedica anche a te animatore che svolgi,
nell’Associazione Centro Volontari della Sofferenza, il servizio di colui che sta in prima linea nel
contatto e nell’esperienza con i giovani, che sta attento, cura e collabora per la loro crescita
umana e di fede. Il vero educatore si affianca con discrezione per riuscire con la grazia di Dio, a
“tirar fuori” il meglio, il più bello, il più vero che c’è nell’animo di ogni ragazzo.
Nel testo evangelico dei discepoli di Emmaus, mentre i discepoli parlano Gesù li ascolta e li fa
parlare. Questo è il compito del vero animatore: ascoltare e fare in modo che l’altro possa
esprimere le proprie ansie e possa spiegarsi bene.
Affinché l’esperienza sia efficace è bene che tu per primo ti prepari all’incontro con la preghiera e
la lettura attenta di questo sussidio.
Ti consigliamo durante l’incontro di settore di dedicare i primi minuti a creare un clima di dialogo
accogliente.
Poi, inviterai alla preghiera iniziale e all’ascolto della Parola proposta nella scheda (il testo dei
discepoli di Emmaus fa da sfondo e confronto per gli altri testi biblici. Lo troverai nella seconda
pagina di copertina, mentre gli altri testi biblici sono riportati nella scheda stessa).
Dopo la lettura, proponi un momento di silenzio per poter interiorizzare la Parola seguito da un
breve commento e dalla riflessione personale.
È molto importante vivere il momento di condivisione in modo concreto, leale e sereno, improntato
in un ascolto reciproco e rispettoso, in un clima di fede.
Al termine dell’incontro è bene riassumere brevemente gli impegni presi fino all’appuntamento
successivo in cui si potrà fare una verifica di come è andata.
Il sussidio si articola in sei schede che hanno il compito di accompagnarti nella lettura della Parola,
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accostata, approfondita, pregata e testimoniata, perché diventi davvero esperienza di vita per te,
oggi, nel contesto in cui vivi.
Al termine del sussidio trovi un’appendice chiamata La Parola scava. Antologia di testi. Si tratta
di uno spazio in cui abbiamo collocato degli scritti, tratti dal Magistero, per l’approfondimento
personale, oppure da utilizzare nelle celebrazioni.
OGNI SCHEDA È DIVISA IN CINQUE PUNTI
 La Parola mi chiama: lettura attenta del testo biblico.
 La Parola mi provoca e trasforma: spunti di riflessione del testo messo a confronto con il
testo guida dei discepoli di Emmaus.
 La Parola mi invia: parola del nostro Padre Fondatore Mons. Luigi Novarese, per
l’approfondimento del Carisma, della Spiritualità e della Missione, e dallo Statuto del Centro
Volontari della Sofferenza.
 Celebriamo l’esito del nostro cammino: alcuni suggerimenti di come poter terminare
l’incontro con un momento di celebrazione preparata insieme.
 La Parola scava. Antologia dei testi: spunti di riflessione per l’approfondimento del
contenuto. Provocazione per stare con se stessi.
Il seguente sussidio è da considerarsi uno strumento elaborato alla luce del Progetto Pastorale
Associativo. Intende descrivere la priorità e la linea guida dell’impegno formativo del Centro
Volontari della Sofferenza. È importante che ad esso ci si riferisca costantemente per essere in
linea con quanto proposto per un cammino fatto insieme.
Certamente potranno essere utilizzati altri materiali e strumenti, che la competenza e la creatività
degli animatori sapranno individuare. Quello che conta è che si mantenga l’obiettivo .
La Vergine Maria, prima discepola per eccellenza ti aiuti nel tuo cammino come primo passo
nell’incontro con la Parola che illumina la tua storia collocandola nella luce di Cristo.
Ti faccia compiere un secondo passo nell’esercizio della carità, come luogo di rivelazione del volto
di Dio che è dono di amore.
Infine, un terzo culminante passo nel segno eucaristico che ti faccia passare dalla ricerca di te al
riconoscimento del Signore della tua vita trasformata a immagine della sua Pasqua, così che da
questi passi tu possa giungere a riconoscere il disegno di Dio su di te, radicato nella comunione
ecclesiale e proiettato nella missione evangelica.
Maria ti protegga, ti guidi e renda sicuri i tuoi passi nell’impegno della tua crescita umana,
spirituale ed apostolica, nella piena fedeltà al Carisma di Mons. Luigi Novarese per divenire
testimone dell’amore di Dio per gli uomini.
Coordinamento Settori Giovanili (CSG)
Concetta, Giovanna, Roby, Mara
1ª scheda: Ottobre
PARTIRE
dalla ricerca ad una strada nuova
La Parola mi chiama
La visita dei Magi (Mt 2, 1-12)
1 Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a
Gerusalemme e domandavano: 2 «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua
stella, e siamo venuti per adorarlo». 3 All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui
tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul
luogo in cui doveva nascere il Messia. 5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è
3
scritto per mezzo del profeta: 6 E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo
di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele».
7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la
stella 8 e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando
l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
9 Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva,
finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, essi provarono una
grandissima gioia. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono.
Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.
12 Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
La Parola mi provoca e trasforma
Riflettendo sul testo della visita dei Magi (Mt 2, 1-12) e mettendolo a confronto con il testo dei discepoli di
Emmaus (Lc 24, 13-35), troviamo delle analogie e delle diversità:
 Il cammino. I tre Magi e i due discepoli sono tutti in cammino. Ma la meta è molto diversa: mentre i
Magi vanno a Gerusalemme, e poi a Betlemme, seguendo la stella, alla ricerca della rivelazione del Re
dei giudei, i discepoli si allontano dal luogo dove avrebbero dovuto vivere la rivelazione, realizzata nella
spoliazione e crocifissione, del Figlio di Dio e attenderne la resurrezione.
 La sera. È sera per gli uni e per gli altri. Ma c’è una stella nel cielo buio dei Magi, mentre nel cielo serale
di discepoli sembra non esserci nessuna stella ad indicare la direzione.
 I sommi sacerdoti e gli scribi. Sono presenti e menzionati nei due episodi. Secondo il racconto dei
discepoli, i sommi sacerdoti hanno causato la morte del Messia, mentre nel testo di Matteo essi sono
consultati dal re Erode per indicare il luogo della nascita del Messia. Avendolo indicato, però, se ne
rimangono nel tempio, senza portarsi verso il nuovo tempio dove ora c’è la Nuova Presenza di Dio.
 Nascita/resurrezione. I due eventi storici della condivisione della vita del Dio-con-noi sono presenti nei
due testi. Due eventi di salvezza che passano nascosti agli occhi dei potenti e si rivelano solo agli umili e
ai poveri e a coloro che lo diventano.
 Tristezza/gioia. Due sentimenti opposti che riflettono la risonanza interiore dell’evento: l’incapacità di
vedere e la visione del Re Bambino.
 Doni/dono. I Magi portano i doni che avevano preparato per l’incontro. Ai due discepoli di Emmaus
invece Gesù risorto consegna il Dono della sua Presenza, del suo Corpo, della sua Resurrezione, della sua
missione.
 Adorare/ardere. Due verbi affascinanti e profondi che rivelano gli atteggiamenti interiori ed esteriori sia
dei Magi che dei due discepoli: finalmente il cuore può spaziare in libertà e in gioia.
La Parola mi invia
Nella parola di Monsignor Novarese troviamo due indicazioni per approfondire ulteriormente la riflessione:
Maria, stella discreta, che brilla e non consuma, rischiara e non acceca; ognuno di noi può essere una
meravigliosa e luminosa stella.
Nell’angoscia in cui il mondo si dibatte e barcolla, una sola è per noi la stella che brilla e non consuma, che
rischiara e non acceca: Maria, la Madre di Gesù e Madre nostra dolcissima, con la quale vogliamo restare
sempre, unitamente anche ai fratelli.
Ognuno di noi pesa con un bagaglio negativo sulla società, ma ognuno di noi è anche invitato ad incidere
con un apporto positivo. Ciò significa che, nella legge d’amore proclamata da Nostro Signore Gesù Cristo,
dobbiamo smettere di negativamente pesare sui fratelli, mentre siamo invece invitati a dare un apporto
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quanto mai positivo per la salvezza di tutti, portando gli uni i pesi degli altri.
Ognuno di noi può e deve essere una meravigliosa e luminosa stella accesa dalla divina grazia nella vita
della Chiesa per renderla sempre più splendente e luminosa a guida e vantaggio di tutti.
Il nostro impegno odierno quindi di fronte alla Chiesa ed alla società deve essere e deve diventare anche nel
nostro specifico settore un impegno quanto mai personale, sentito, vissuto, momento per momento. (Mons.
Novarese)
Dallo Statuto CVS
Ogni persona, consapevole dei propri impegni battesimali, è soggetto attivo e responsabile dell' attività
svolta dal CVS. E'direttamente impegnata nel compito missionario di evangelizzare i propri fratelli,
sostenendoli nel cammino di crescita umana e cristiana, verso quella pienezza di vita e di
gioia cui ogni uomo aspira. (Art. 8)
Celebriamo l’esito del nostro cammino
Costruiamo una specie di celebrazione di adesione (che non sostituisce naturalmente l’adesione al CVS
celebrata insieme a tutti gli altri), che vuole essere più che altro un momento di riflessione all’inizio del
nuovo anno pastorale. All’incontro ognuno arriva portando una stella (di quelle fosforescenti e autoadesive).
Ogni persona interviene con la propria riflessione, un breve testo tratto dai contenuti proposti, di cui si fa
segno la stella adesiva. Quando si spengono le luci, le stelle saranno la scia di luce formata da noi stessi, alla
sequela di Cristo, luce del mondo.
2ª scheda: Novembre
RISPONDERE
dal saluto la vita
La Parola mi chiama
L’annunciazione (Lc 1, 26-38)
26 Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27 a una
vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava
Maria. 28 Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». 29 A queste parole ella
rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30 L'angelo le disse: «Non temere, Maria,
perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32
Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà
per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34 Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». 35 Le rispose l'angelo: «Lo Spirito
Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque
santo e chiamato Figlio di Dio. 36 Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un
figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37 nulla è impossibile a Dio». 38 Allora
Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.
La Parola mi provoca e mi trasforma
Emmaus / Nazareth. I due luoghi, oltre ad essere degli spazi geografici sono anche luoghi teologici. A
Nazareth è l’inizio nascosto e intimo della vita storica di Gesù, attraverso il grembo accogliente di una
donna.
A Emmaus, la Presenza sempre attiva e attuale del suo Corpo adulto che si spezza e si dona in ogni tempo,
non più condizionato dalla storia temporale.
Tristezza / turbamento. Da Gerusalemme si allontanano due uomini che hanno chiuso con la speranza di un
mondo diverso. A Nazareth c’è il turbamento di una donna a cui viene proposto di iniziare dentro di sé il
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mondo nuovo. E il turbamento non vince sul coinvolgimento, poiché Maria lascia che la grazia di Dio
prevalga sulla sua paura.
Un trono e un regno. Maria sente parlare di grandezza e di potenza del Figlio di Dio, del regno che gli
apparterrà e che non avrà mai fine. I due discepoli riferiscono di un trono e di un regno perso, di un profeta
che fu potente in opere e in parole ma che si è lasciato sfuggire il potere dalle mani. Di quale trono e di quale
regno parlava Gesù? Maria deve aver riflettuto e meditato nel cuore la Scrittura e gli eventi, ed è beata
perché ha creduto anche quando non si è trovata confermata nelle sue aspettative e ha dovuto allargare la sua
comprensione del Regno di Dio.
Visione di angeli e l’angelo Gabriele. Gli eventi fondamentali della vita di Cristo, la nascita e la resurrezione
ci vengono comunicati da angeli. Come per dire che la rivelazione di Dio non viene dall’uomo ma dall’alto.
L’uomo può accoglierla o rifiutarla, può esserne colto impreparato o può aspettarla e desiderarla. In ogni
caso non si tratta di qualcosa di esteriore ma di una provocazione che tocca le profondità del proprio essere.
Un pane e un figlio. Lo stesso dono, la stessa persona, la stessa vita donata. Prima uomo di carne come tutti
gli uomini, poi sotto il segno del Pane. Sempre però una realtà che entra nelle profondità dell’uomo. Il Diocon-noi veramente Dio-in-noi.
Come è possibile? Come è possibile che Dio, l’Altissimo, si contragga, si limiti, lui l’Incontenibile? Come è
possibile che nasca da una vergine senza l’intervento di un uomo? Come è possibile che un morto torni in
vita? Le nostre domande trovano una risposta: nulla è impossibile a Dio. Ma non deve trarci in inganno
questa affermazione: Dio ha rinunciato ad intervenire in modo magico nella vita dell’uomo, affidando
all’uomo la libertà e la responsabilità della sua vita a tal punto che Gesù stesso dirà: nulla è impossibile a chi
crede.
Eccomi / resta con noi. Se Maria può pronunciare una parola di accoglienza incondizionata è perché Dio la
pronuncia per primo verso l’uomo. E gli uomini possono dire resta con noi, sapendo di trovare sempre
Presenza e Accoglienza in Dio.
La Parola mi invia
Nel testo seguente il Fondatore propone una penetrante riflessione sul Sì di Maria, pronunciato con la
mente e con il cuore, fedele e dinamico.
«Sì». Parola breve, quasi un soffio, però tanto difficile a pronunciarsi, specialmente quando il cuore piange.
E' questa la parola che venne pronunciata all'inizio dei secoli : «Fiat » disse l'Eterno Padre, e la luce illuminò
tutte le cose belle che ammiriamo.
Fiat. Parola che significa volontà di attuazione e volontà di accettazione. Il Fiat, pronunciato da Dio, crea;
ripetuto dall'uomo, lo eleva fino al piano di Dio, perché identifica la volontà della creatura con quella del
Creatore.
Noi sentiamo che il Fiat della Vergine Santa nel giorno della sua Annunciazione, è detto più dal cuore che
dalle labbra, e, sovente, lo sentiamo ripetere da Gesù nella sua vita terrena: «Sì, Padre, come piace a Te».
La gloria stessa della Madonna non va ricercata nella sua fisica divina maternità quanto piuttosto nell'avere
accettata ed attuata la volontà del Padre. E chi farà questa divina volontà sarà per Gesù madre, fratello,
sorella; ossia la volontà del Padre stabilirà il rapporto della nostra appartenenza a Lui; da questa nostra
adesione alla divina volontà noi possiamo maggiormente, o meno, appartenere a Dio.
Quando la volontà di Dio ci mette là, proprio dove noi non vogliamo andare, strappandoci da tutta la nostra
costruzione, che con tanta fatica ci siamo edificati, spesso osiamo chiamare Dio ingiusto, ignaro del nostro
vero bene. Dinanzi al dolore poi, difficilmente vediamo subito la grande missione sociale che ci viene
affidata. Il nostro povero «Sì» esce quindi talvolta a stento, anzi, non vorrebbe scaturire dal nostro cuore: è la
nostra povera umanità che si ribella. Con l’accettazione invece noi acquistiamo la nostra vera fisionomia e la
nostra vera personalità, perché ci riconosciamo figli di Dio e, uniti a Lui, ci adoperiamo per l'avvento del suo
regno tra tutti i fratelli componenti il genere umano.
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Con un sì, noi possiamo donare un'altra rotta alla nostra vita , l'amaro dolore si cambierà in fecondo bene.
(Mons. Novarese)
Dallo Statuto CVS.
Tutti gli aderenti (Volontari della Sofferenza, Fratelli degli Ammalati, Lega Sacerdotale Mariana) esprimono
il proprio ruolo attivo di soggetti responsabili, offrendo la propria spiritualità e l'azione che consegue, come
dono e ricchezza per la Chiesa e per la società.
(Art. 2).
Ogni persona, consapevole dei propri impegni battesimali, è soggetto attivo e responsabile dell' attività
svolta dal CVS. E'direttamente impegnata nel compito missionario di evangelizzare i propri fratelli,
sostenendoli nel cammino di crescita umana e cristiana, verso quella pienezza di vita e di gioia cui ogni
uomo aspira.
(Art. 8).
Celebriamo l’esito del nostro cammino
Nel corso dell’incontro si potrebbe elaborare una celebrazione vocazionale che identifichi in ogni persona i
due luoghi geografici/teologici di Emmaus e Nazareth, con i loro significati.
Si raccolgono paure e coinvolgimenti e domande, depositandole in un recipiente che rappresenti la nostra
vita. Ognuno potrebbe raccogliere la domanda dell’altro e provare a dare una risposta di fede, non nello stile
di una predica ma di testimonianza.
Una preghiera litanica, in cui siano presenti le invocazioni eccomi e resta con noi potrebbe concludere la
celebrazione.
3ª scheda: Avvento/Natale
APRIRSI
dall’incontro alla gioia
La Parola mi chiama
…visita dei pastori ( Lc 2, 8-19)
8 C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. 9 Un
angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da
grande spavento, 10 ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto
il popolo: 11 oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. 12 Questo per voi il
segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». 13 E subito apparve con l'angelo
una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
14 «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».
15 Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a
Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere».
16 Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia.
17 E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18 Tutti quelli che udirono, si
stupirono delle cose che i pastori dicevano. 19 Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel
suo cuore.
La Parola mi provoca e mi trasforma
I pastori e di discepoli. I pastori facevano bene il loro lavoro: vegliavano sul gregge anche di notte perché
non gli accadesse nulla. I discepoli invece consideravano il loro discepolato terminato una volta che non
c’era più il maestro. La sua Parola, nella quale avevano creduto, cessava di avere importanza una volta
morto? Chi sono i veri discepoli? Gesù dirà quelli che ascoltano e mettono in pratica la Parola.
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Vegliare / camminare. Il fatto che i discepoli di Emmaus camminassero, sembra dare l’idea di un’azione più
dinamica di quella dei pastori che invece stavano fermi a vegliare. Eppure il loro vegliare è più dinamico del
camminare degli altri perché essi si sono dimostrarti pronti a un cammino interiore.
Oggi / nei giorni passati. Una riflessione importante ci viene suggerito dal tempo dei verbi usati nei due
testi. I discepoli di Emmaus parlano al passato, facendo riferimento a giorni che hanno esaurito la propria
novità: fu profeta, fu consegnato, crocifisso, noi speravamo…
Ai pastori invece l’angelo consegna la gioia al presente: oggi è nato. Il tempo presente è il tempo di Dio, la
possibilità che ci dona per rendere viva e attuale la sua Parola e i suoi eventi di salvezza.
Gesù nazareno / Cristo Signore. Il modo diverso di chiamare il Signore ci fa pensare anche a una diversità di
relazione nei suoi confronti. Gesù nazareno fa più riferimento all’uomo che proveniva da Nazareth e che ora
è morto. Cristo Signore, salvatore, indica invece l’identità del Figlio di Dio: è ancora un Bambino, piccolo e
indifeso, ma per noi è già il Signore, il Salvatore.
La tomba e la mangiatoia. Il primo luogo è appropriato ad una persona morta. Il secondo invece viene
utilizzato per una funzione che non è la propria: la mangiatoia infatti contiene il cibo per gli animali, non i
bambini che nascono, avvolti in fasce. Eppure c’è una forte analogia tra i due contenitori. I Padri della
Chiesa più di una volta hanno identificato i due luoghi, vedendo nelle fasce del Bambino, le fasce del
Defunto. Unità profonda tra i due misteri (dell’incarnazione e della morte), possibilità di trasformare i luoghi
di morte in luoghi di vita.
Cristo Gesù, deposto nella mangiatoia, è già, inoltre, il segno del Pane per la vita del mondo.
Senza indugio. Significativamente l’avverbio accomuna le esperienze degli uomini nei due testi: i pastori
andarono senza indugio a Betlemme, i discepoli tornano senza indugio a Gerusalemme. I primi dichiarano
disponibilità ad andare fidandosi di una visione di angeli. I secondi, al contrario, vanno con delle certezze da
condividere, con gli occhi ormai aperti e riconoscenti. Di qualsiasi tipo possano essere i nostri ritardi, la cosa
importante è non indugiare più davanti alla novità.
Ardore / stupore. E’ difficile dire quale dei due termini ci affascina di più: i due atteggiamenti sono
importanti allo stesso modo e facilitano nella persona l’adesione riverente e amorosa a Dio.
La parola nel cuore. Le Scritture che Gesù ha citato ai due discepoli hanno finalmente acceso la speranza nel
loro smarrimento: il cuore arde nel ritorno. Silenziosa e pensierosa è invece Maria, dopo la visita dei pastori.
Lontana dal comprendere gli eventi di Dio, decide tuttavia di conservare nel cuore parole e avvenimenti,
rielaborandoli con calma, fidandosi del fatto che Dio spiegherà a tempo opportuno la sua opera.
La Parola mi invia
Il Fondatore propone a tutti gli aderenti il discepolato di Maria nella sua capacità di interiorizzazione delle
parole e degli eventi di Dio, come modalità quotidiana di vivere la fede.
L’Evangelista dei primi anni della vita di Gesù evidenzia in Maria SS.ma una linea costante della Sua vita
sempre crescente, ferma e luminosa: la sua meditatività; il suo silenzio interno ed esterno; l’attenzione e
l’estremo riserbo su quanto veniva da Dio.
L’affermazione precisa e chiara della interiorità silenziosa e meditativa della Vergine benedetta per la prima
volta si rileva quando l’Evangelista Luca narra la visita dei pastori alla Grotta di Betlemme, i quali, trovando
quanto l’Angelo aveva loro indicato, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. S. Luca con vera
chiarezza sottolinea l’atteggiamento di Maria SS.ma in opposizione a quello degli altri che erano presenti
nella Grotta Santa, espressamente affermando che Essa «da parte Sua» ascoltava, conservava entro di sè
quanto veniva detto dai pastori su Gesù, meditandone la portata.
(Mons. Novarese)
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Dallo Statuto CVS.
Allo scopo di assimilare fedelmente la particolare impronta di spiritualità propria di un'associazione
approvata dalla Chiesa il CVS attinge i principi della formazione umana, spirituale ed apostolica dei suoi
aderenti dalla Parola di Dio, dal Magistero della Chiesa, dalle indicazioni pastorali dei Vescovi e dal carisma
del Fondatore da lui illustrato e testimoniato. (Art. 7)
Celebriamo l’esito del nostro cammino
In questo tempo liturgico è appropriata una celebrazione che ci faccia vivere il clima di Natale, non quello
fatto di stelle filanti e alberi di Natale ma quello adorante di chi si pone davanti al mistero con stupore ardore
(i due atteggiamenti suggeriti dai testi biblici).
Una mangiatoia con una icona della natività potrebbe essere il segno davanti a cui sostare e vegliare,
accendendo dei lumini per ogni invocazione cristologica che potremmo elaborare (Gesù Nazareno, Cristo
Signore,…). Ognuno poi potrebbe portarsi a casa un versetto biblico dentro a un cuore, ma soprattutto
l’impegno di educare se stesso ad acquisire lo stesso atteggiamento meditativo di Maria.
4ª scheda: Quaresima
DISCUTERE
dal buio alla luce
La Parola mi chiama
Gesù tra i dottori ( Lc 2, 41-50)
41 I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42 Quando egli ebbe dodici
anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza; 43 ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via
del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44 Credendolo
nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45 non
avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio,
seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. 47 E tutti quelli che l'udivano erano pieni di
stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48 Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio,
perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49 Ed egli rispose: «Perché mi
cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50 Ma essi non compresero le
sue parole.
La Parola mi provoca e trasforma
Accostiamo al cammino dei discepoli verso Emmaus, il pellegrinaggio della Sacra famiglia verso il Tempio:
luogo di incontri, di assenze e di scoperte.
La ricerca di una parola nuova. Salire al tempio è un cammino di ricerca e di incontro. Si va “secondo
l’usanza” ma senza diventare superficialmente ripetitivi. Recarsi all’incontro con Dio non può avvenire
senza il desiderio di assaporare una novità. Benché nella direzione “sbagliata” i discepoli di Emmaus
camminavano e discutevano. Non “salivano al tempio di Gerusalemme”, anzi dalla città santa si stavano
allontanando. Però discutevano, ricercavano: una novità (l’uccisione del Messia) li aveva fatti smarrire e resi
tristi e “qualcosa di nuovo” cercavano nella loro vita, per andare avanti, per ricominciare. Anche Gesù sale
al tempio, insieme con i suoi, lui è la “parola nuova” che va sempre ricercata.
Una parola di verità. Tutti alle ricerca di notizie su Gesù di Nazareth: i discepoli che ci ragionano
sconsolati, il misterioso pellegrino che chiede notizie sull’accaduto, i genitori di Gesù adolescente smarrito
nel tempio. Alcune notizie su di lui sono vere, altre sono incredibili, altre non lo riguardano… Forse
l’ascolto attento stava avvicinando i dottori del tempio alla verità, stava offrendo loro una prima esperienza
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di meditazione cristiana. La parola nuova l’avevano incontrata e ascoltata, restava la parte più impegnativa e
“vera”: vivere quella parola.
Un luogo per rimanere. Per i discepoli di Emmaus il luogo dove avrebbero dovuto restare era Gerusalemme.
Per Gesù era il tempio, la casa del Padre. Per Giuseppe e Maria la carovana del viaggio. Il cammino dei
cristiani non trova casa in un luogo ma in una persona, Gesù Cristo risorto. Avviene, al ritorno a Nazareth,
che Gesù abiti stabilmente in casa dei genitori e che Maria trovi dentro di sé il sentiero che conduce a
dimorare nel Figlio.
La Parola mi invia
Nel testo di Mons. Novarese rileviamo il grande e profondo atteggiamento di Maria davanti agli
avvenimenti a cui assiste: di fronte a ciò chele è incomprensibile, non si ritira e non abdica dal cammino di
ricerca ma crea silenzio interiore per far posto all’Incomprensibile.
Itinerario interiore di Maria SS.ma
Lo smarrimento di Gesù a Gerusalemme pone in luce, con vera chiarezza, la linea interiormente seguita dalla
Vergine Santa. Il fatto in se stesso ed il dialogo intercorso tra Lei e suo Figlio in tale circostanza noi lo
conosciamo: essi non compresero la parola che Egli aveva loro detto; Maria però per scoprire il senso di
quelle parole, “conservava tutte queste cose nel Suo cuore”, confrontandole tra di loro per scoprirne il
significato.
É questo infatti l’atteggiamento fondamentale di sottomissione di Maria SS.ma. Sottomissione interna ed
esterna, sottomissione non passiva, piatta, succube, bensì viva, attiva, protesa a scoprire la divina volontà per
inserirvisi. La parola di Dio nel Suo cuore era seme «di vita» caduto in terreno fertile, che germogliava e
dava il 100 per uno. Maria SS.ma, nell’interrogativo del proprio animo per l’oscurità che stava traversando,
dimostra di possedere uno spirito pronto, uno spirito ricercatore e dimostra inoltre che tale atteggiamento era
a Lei consueto: sollevare lo sguardo interiore verso Dio che l’aveva chiamata e, quale vergine attenta,
conservando la parola udita, confrontarla con gli eventi che si succedevano.
Non l’avventura o la rapida decisione sono la via della Vergine Santa, ma lo spazio della ricerca silenziosa e
meditata per scoprire quanto il Signore da Lei volesse. (Mons. Novarese)
Dallo Statuto CVS
Il CVS riconosce le proprie radici nelle richieste di preghiera e di penitenza presentate dalla Vergine Santa a
Lourdes e a Fatima, per riparare i tanti peccati che offendono il Cuore di Gesù ed il Cuore Immacolato di
Maria; per la conversione dei peccatori; per il Papa, per i Sacerdoti ed il loro ministero, per ottenere la pace.
Gli aderenti al CVS vivono la propria vocazione battesimale e missione apostolica nella comunione con
Cristo crocifisso e risorto, accogliendo la particolare presenza di Maria nella vita della Chiesa (Gv 19,2527), affidandosi alla “santa Madre” che forma i veri apostoli di Cristo. (Art. 5)
Celebriamo l’esito del nostro cammino
Ripercorriamo i momenti di chiamata e trasformazione, siamo stati invitati a discutere insieme e salire al
tempio: alla ricerca di una parola nuova. Sarebbe suggestivo realizzare fisicamente un itinerario, camminare
discutendo a coppie, o a piccoli gruppi, sui temi che l’ascolto della Parola ha suggerito. Magari, se il luogo
lo permette, scegliendo itinerari diversi e condividendo, alla fine del percorso, le motivazioni della scelta.
I contenuti delle discussioni da proporre sono le cose che riguardano Gesù Nazzareno e le cose del Padre:
tutto ciò che, se accolto, è capace di renderci figli della verità.
Al termine del cammino sceglieremo un luogo dove rimanere con Dio e crescere in sapienza, scegliendo
veramente uno spazio della casa o un angolo della chiesa parrocchiale o di una piccola cappella, un posto
dove decidere di fermarci per stare con Dio e imparare a camminare con i fratelli.
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5ª scheda: Pasqua/Pentecoste
RITORNARE
dall’incontro l’annuncio
La Parola mi chiama
La trasfigurazione ( Lc 9, 28-36)
28 Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
29 E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30 Ed ecco
due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia,
31 apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a
Gerusalemme. 32 Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua
gloria e i due uomini che stavano con lui. 33 Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù:
«Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non
sapeva quel che diceva. 34 Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all'entrare in quella nube,
ebbero paura. 35 E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo». 36
Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che
avevano visto.
La Parola mi provoca e trasforma
Con Gesù solo: stare con lui è un’esperienza comune a Cleopa e al suo compagno ed è anche l’esito
dell’esperienza degli apostoli sul monte Tabor.
Davanti a Dio. Il profeta potente in cui speravano i discepoli di Emmaus, era qualificato come colui che si
mostrava vincente davanti a Dio e a tutto il popolo. Anche il nuovo popolo, rappresentato sul monte da
Giovanni, Giacomo e Pietro, vede davanti a sé la potenza di Dio. Ma non è questa l’ultima parola, l’incontro
definitivo, la gioia della salvezza.
Svegliarsi dal sonno. Tra ciechi e dormienti passa la manifestazione di Dio in Cristo Gesù. L’oppressione
degli occhi chiusi attarda il cammino di chi ha smarrito la speranza nel Signore e racchiude in orizzonti
troppo piccoli (tre tende), i territori che attendono la presenza di Dio, attraverso la testimonianza e la
missione dei discepoli.
Ritornare. Non ci si può nascondere nella quiete di un piccolo villaggio o rifugiarsi nelle magiche
separazioni offerte da un alto monte. Ritornare a Gerusalemme, ridiscendere a valle: il luogo della missione
è altrove, diverso dalle misure comode e intimistiche, denso di attesa, di povertà e di vita. Ci si va da soli,
con Gesù solo. Il nuovo popolo di Dio, che cammina insieme nel mondo, appoggia i piedi anche sui sentieri
dei singoli, con il loro contributo irrepetibile e la loro preziosissima dignità personale.
La Parola mi invia
Questo testo del Fondatore ci offre la prospettiva del dolore trasfigurato, tanto cara a Mons. Novarese e
uno dei punti fondamentali del suo pensiero carismatico.
Il Figlio di Dio prendendo carne nel seno della Vergine Santa e facendosi quindi uomo come noi ha vinto la
morte con la sua risurrezione e ha trasformato la sofferenza in mezzo di conquista, donandoci la possibilità
di continuare noi pure ad operare la medesima trasformazione del dolore mediante la nostra partecipazione
alla Sua vita divina, comunicataci con il santo Battesimo.
Mai Cristo parlò del dolore come problema a se stante, ma sempre, tutte le volte abbinava al pensiero della
propria passione e morte la certezza della risurrezione, come ci dice nell’episodio della sua trasfigurazione
sul monte Tabor.
La sofferenza con la inconfutabile storicità della risurrezione del Cristo acquista dimensioni nuove, acquista
una vera e propria promozione, che da sé intrinsecamente non ha e non può avere, cessa di essere un
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doloroso enigma senza significato e diventa elemento positivo di bene. Da qui le conseguenze immediate
che il dolore umano al di fuori di Cristo non ha alcuna nota positiva e che l'uomo soltanto in Cristo,
Mediatore e Redentore, può acquisire una promozione nuova, ineffabile, feconda, che dona dignità e frutto
alla desolante inutilità della sofferenza nel piano della costruzione sociale dei popoli.
Non qualsiasi sofferenza ha in se stessa tale promozione divina, ma soltanto quella che è vissuta in Cristo, in
comunanza di vita divina con Lui. Fecondità meravigliose dei dolore trasfigurato e vivificato dalla grazia.
(Mons. Novarese)
Dallo Statuto CVS
Il messaggio mariano di Lourdes e di Fatima offre una rilettura originale dello slogan l’ammalato per mezzo
dell’ammalato e della presenza che accompagna come stile pastorale e criterio di azione apostolica. La
Vergine Immacolata si è infatti resa presente nella storia degli uomini nella fedeltà al cammino delle singole
persone e nella spinta al superamento delle difficoltà, del senso di sconfitta e di frustrazione.
Il sostegno fondamentale per questa presenza evangelizzatrice, luogo della formazione e della promozione
integrale, è il Gruppo cui ogni iscritto appartiene e che opera per sostenere “l'attività promozionale in piano
totale che è inserimento attivo nella Chiesa, nella famiglia e nella società".
(Art. 6)
Celebriamo l’esito del nostro cammino
Il momento celebrativo per questa tappa potrebbe essere opportunamente realizzato come adorazione
eucaristica, privilegiando tempi personali di silenzio, oppure, stabilendo dei turni, favorendo anche la
presenza da soli, davanti a Gesù solo. Questo diventa il nostro stare davanti a Dio e salire sul monte: verso
l’incontro con Dio. Da questo confronto per ciascuno di noi può nascere la decisione e la direzione per
andare più lontano, oltre a fare esperienza che è bello rimanere. I discepoli sul monte della trasfigurazione
sono oppressi dal sonno, situazione che concretamente accade anche a noi, nelle lunghe pause di adorazione
e riflessione. Sono episodi che possiamo leggere in modo diverso dal considerarli un piccolo incidente di
percorso, che sembra minare il nostro slancio di preghiera. Non è solo il sonno fisico quello da cui cercare di
svegliarsi.
È di nuovo la missione a chiudere il nostro stare con Gesù, uscire dal luogo di adorazione diventa il nostro
ritornare a Gerusalemme, senza smarrire la presenza di Gesù che cammina con noi.
6ª scheda: Giugno/Luglio
MANDARE
L’annuncio si fa missione
La Parola mi chiama
Le beatitudini (Lc 6, 17-23)
17 Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine
di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, 18 che erano venuti per
ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano
guariti. 19 Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.
20 Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
«Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.
21 Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete, perché riderete.
22 Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e
respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo. 23 Rallegratevi in quel giorno ed
esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri
con i profeti.
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La Parola mi provoca e trasforma
Riuniti nella pianura. Il luogo pianeggiante del Vangelo delle Beatitudini secondo la redazione lucana, è lo
spazio aperto a tutti, ciascuno vi può convergere. Idealmente anche i discepoli che ripiegavano verso
Emmaus attraversano e abitano quella pianura. Gesù si ferma in questo luogo e rivolge a tutti la sua parola,
tutti i presenti sono venuti per ascoltarlo e per essere guariti. Vi è in Gesù una forza che sana tutti, ma non
per contatto fisico e magicamente. Le parole di Gesù offrono il traguardo ed il vero cammino per chi ricerca
la salvezza.
Guarirsi il cuore. Problema comune alla folla della pianura e ai discepoli dal volto triste. Il cambiamento
necessario è quello del cuore. La notizia della risurrezione, incompresa, sconvolge chi ha gli occhi incapaci
di vedere perché il cuore non ha ancora imparato ad amare. Il mistero della Croce, dell’amore impotente e
insieme radicalmente vittorioso di ogni male, attraversa le parole di Gesù: passaggio necessario per entrare
nella gloria, logica nuova di una gioia radicata nel cuore e libera per trasformare qualsiasi vicenda
dell’uomo.
Vedere e vivere. Una visione nuova del mondo, nasce dalla missione accolta e condivisa. I cuori ardenti
sanno scoprire le sintonie con il mondo e con gli altri; partenze senza indugio sostituiscono i ritardi segnati
da visioni troppo basse e rassegnate. Il passaggio dal tempo presente dell’afflizione al futuro della
beatitudine, ha bisogno di muovere i passi della missione: non sono molti, ne basta uno, il passaggio può
essere davvero rapido, ma anche quel solo passo è necessario.
La Parola mi invia
Il Fondatore ci parla della attualità delle Beatitudini: ognuno le attualizza quando fa sue le gioie e le
tristezze degli uomini, nell’impegno e nella solidarietà.
Essere il Cristo nel tempo significa rendere testimonianza della perenne attualità delle Beatitudini
proclamate da Cristo, facendo nostre le gioie e le speranze, le sofferenze e le tristezze de gli uomini di oggi,
dei poveri soprattutto e di quanti sono nell'afflizione con la solidarietà di sentimenti, solidarietà di servizio,
solidarietà di spirito.
Il nostro inserimento in Cristo ci invita a vivere il programma della redenzione come Lui l’ha presentato
nelle Beatitudini che non sono un’utopia, ma realtà di conquista per godere e propagare la libertà dei figli di
Dio. E nelle beatitudini non si dice soltanto “beati coloro che piangono” ma anche “beati i puri di cuore, i
misericordiosi, i poveri di spirito, gli affamati, ecc.” che indicano la sequela delle innumerevoli persone che
hanno capito che lo scopo della loro vita non è vivere comodamente, sforzandosi di ammucchiare ricchezze.
Le otto beatitudini proclamate da Cristo dicono dunque il binario da percorrere attraverso la povertà di
spirito, la mitezza, il pianto, la fame e la sete di giustizia, fino a gioire quando, attraverso l’insulto e la
persecuzione, potremo dimostrare al Padre la nostra inscindibile unione con Cristo come la Vergine sul
Calvario. Esse costituiscono la vera carta dell’indipendenza dell’uomo che costantemente tende a Dio.
(Mons. Novarese)
Dallo Statuto CVS
La consapevolezza dei propri impegni battesimali esige una piena adesione della volontà, per una coraggiosa
accettazione della propria vita, senza rassegnarsi al male ed alla debolezza, senza fuggire o nascondere la
propria situazione di sofferenza; crescendo nel bene e sradicando da sé il male. In tale unione a Cristo il
sofferente accoglie non solo la salvezza, il senso, la speranza, la consolazione per la propria vita, ma anche
la chiamata ad un impegno apostolico nell'annuncio del Vangelo ai fratelli. Il Mistero Pasquale apre alla
persona sofferente la profondità della comunione con Cristo crocifisso e risorto, come unica ed esaustiva
proposta di vita in pienezza. Il servizio all'uomo sofferente che il CVS si propone consiste nell’ annunciare
con Maria la salvezza, nella fedeltà alla storia di ogni uomo. In tale risposta alla propria vocazione
battesimale convergono le differenti esperienze di tutti coloro che aderiscono all’associazione, persone
disabili e sane, nel servizio di un reciproco scambio di doni. Ogni iscritto infatti riconosce e condivide la
pienezza di senso e di valore della propria esistenza, in ogni suo momento e manifestazione, di forza o di
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debolezza, di serenità o di sofferenza, esprimendo l’unica gioia delle Beatitudini evangeliche (Art 5)
Celebriamo l’esito del nostro cammino
L’itinerario dalla Parola alla missione suggerisce questa volta uno schema per celebrare la
riconciliazione oppure per vivere una giornata di incontro segnata in particolare dall’accoglienza di
altri (persone nuove, altri gruppi, persone in situazioni di particolare necessità), dando loro spazio
nel luogo pianeggiante dove il Signore è presente e parla.
Guarirsi il cuore segna invece l’itinerario della nostra conversione, misurata sulle esigenze della
Parola e della presenza di quanti con noi si sono messi in ascolto. I segni che accompagnano la
nostra celebrazione possono essere maggiormente dedicati all’esperienza del vedere, agli occhi
che riconoscono la presenza del Signore (ricordandosi di mediare la proposta simbolica a quanti
hanno disabilità visive). L’esito di gioia del cammino e il tema stesso delle beatitudini, richiedono di
porre una certa attenzione nel non rendere troppo “cupa” la celebrazione penitenziale.
Ricordiamoci che il ritorno del figliol prodigo è culminato in una grande festa.
APPENDICE
La Parola scava - Antologia di testi
Ottobre – 1ª scheda
PARTIRE: dalla ricerca ad una strada nuova
All’altezza degli occhi di Dio
Adorare significa né più né meno porsi come i Tre Magi all'altezza degli occhi di Dio, inginocchiarsi di
fronte a Dio, di fronte al Bambino nella mangiatoia. Dio si è fatto così piccolo da stare nelle nostre vite e nei
nostri destini personali. Tuttavia lo trascureremmo se procedessimo nella vita "senza guardare dove
mettiamo i piedi". Nella lavanda dei piedi Egli sta sotto i piedi dei suoi Discepoli. Dio sta sotto. L'adorazione
in ginocchio non rende l'uomo piccolo, ma grande perché lo porta all'altezza degli occhi di Dio. (Omelia del
Cardinale Meisner, Colonia, 16 agosto 2005)
Imparare lo stile di Dio
Il cammino esteriore dei Magi era finito. Erano giunti alla meta. Ma a questo punto per loro comincia un
nuovo cammino, un pellegrinaggio interiore che cambia tutta la loro vita. Poiché sicuramente avevano
immaginato il Re neonato in modo diverso. S'inchinano davanti a un bimbo di povera gente. Il nuovo Re,
davanti al quale si erano prostrati in adorazione, si differenziava molto dalla loro attesa. Così dovevano
imparare che Dio è diverso da come noi di solito lo immaginiamo. Qui cominciò il loro cammino interiore.
Cominciò nello stesso momento in cui si prostrarono davanti a questo bambino e lo riconobbero come il Re
promesso. Ma questi gesti gioiosi essi dovevano ancora raggiungerli interiormente.
Dovevano cambiare la loro idea sul potere, su Dio e sull'uomo e, facendo questo, dovevano anche cambiare
se stessi. Ora vedevano: il potere di Dio è diverso dal potere dei potenti del mondo. Il modo di agire di Dio è
diverso da come noi lo immaginiamo e da come vorremmo imporlo anche a Lui. E ciò significa che ora essi
stessi devono diventare diversi, devono imparare lo stile di Dio.
Ora imparano che la loro vita deve conformarsi a questo modo divino di esercitare il potere, a questo modo
d'essere di Dio stesso. Devono diventare uomini della verità, del diritto, della bontà, del perdono, della
misericordia. Non domanderanno più: Questo a che cosa mi serve? Dovranno invece domandare: Con che
cosa servo io la presenza di Dio nel mondo? Devono imparare a perdere se stessi e proprio così a trovare se
stessi. Andando via da Gerusalemme, devono rimanere sulle orme del vero Re, al seguito di Gesù.
(Benedetto XVI, veglia a Marienfeld)
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Proskynesis e ad-oratio
Dio è dentro di noi, e noi siamo in Lui. La sua dinamica ci penetra e da noi vuole propagarsi agli altri e
estendersi a tutto il mondo, perché il suo amore diventi realmente la misura dominante del mondo. Io trovo
un'allusione molto bella a questo nuovo passo che l'Ultima Cena ci ha donato nella differente accezione che
la parola "adorazione" ha in greco e in latino. La parola greca suona proskynesis. Essa significa il gesto della
sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura, la cui norma accettiamo di seguire.
Significa che libertà non vuol dire godersi la vita, ritenersi assolutamente autonomi, ma orientarsi secondo la
misura della verità e del bene, per diventare in tal modo noi stessi veri e buoni.
La parola latina per adorazione è ad-oratio: contatto bocca a bocca, bacio, abbraccio e quindi in fondo
amore. La sottomissione diventa unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore. Così sottomissione
acquista un senso, perché non ci impone cose estranee, ma ci libera in funzione della più intima verità del
nostro essere. (Benedetto XVI, omelia della messa a Marienfeld)
Offrire se stessi in dono
Oggi sulla via della fede vediamo i tre uomini venuti dall’Oriente, da fuori di Israele. Sono uomini sapienti e
potenti, che vengono condotti a Betlemme dalla stella nel firmamento celeste e dalla luce interna della fede
nella profondità dei loro cuori. Questi tre uomini parlano di tutti coloro che devono seguire la stessa luce
messianica. Per il momento tuttavia, il Redentore è ancora un piccolo bambino. Giace in una povera grotta
vicino a Betlemme.
Lì vi è stato l’inizio dell’Epifania: di quella grande luce che doveva penetrare i cuori, guidandoli per la via
della fede a Dio, con il quale solo su questa via l’uomo può incontrarsi: l’uomo vivente col Dio Vivente.
A questo dono divino essi rispondono con i doni: l’oro, l’incenso e la mirra, realtà che hanno anche un loro
significato simbolico.
Seguendo quel significato, offrite oggi i vostri doni, voi stessi in dono, e pronti a offrire per tutta la vostra
vita l’amore, la preghiera, la sofferenza!
E poi, alzatevi, incamminatevi per la strada sulla quale vi condurrà il Signore, guidandovi sulle vie della
vostra missione e del vostro ministero. Vi accompagni sempre la saggezza, l’umiltà e il coraggio dei Magi di
oriente. (Giovanni Paolo II, 6 gennaio 1981)
Chi parte e chi resta
I Magi hanno visto una stella. Una sola stella. E questa divenne per loro il segno discernitore. Decisero di
seguirla. Gli scribi subito trovano le parole giuste nel libro del profeta per scoprire il luogo dove sarebbe
nato il Re dei giudei. Essi hanno riletto queste parole, hanno arrotolato il volume del libro e sono rimasti sul
luogo. Nessuno di essi è partito per Betlemme. Intanto i Magi partono. (Giovanni Paolo II, 6 gennaio 1983)
Novembre – 2ª scheda
RISPONDERE: dal saluto la vita
Annunciazione vuol dire vocazione
Annunciazione vuol dire vocazione: questo è infatti il giorno in cui alla Vergine di Nazaret fu rivelata la sua
vocazione unica; il giorno in cui la Vergine di Nazaret, avendo conosciuto la propria vocazione, ha dato una
risposta breve: Eccomi sono la serva del Signore. Il mistero dell’Annunciazione ha la sua continuità; pur
essendo unico, ha sempre le sue analogie nella vita della Chiesa, perché la vita della Chiesa si costituisce per
il tramite delle vocazioni, di vocazioni diverse.
(Giovanni Paolo II, 25 marzo 1981)
Maria, testimonianza di Dio
Maria è la testimonianza più alta di ciò che lo Spirito di Dio può fare nell’uomo, quando lo rinnova
nell’intimo e lo costituisce pietra viva in un mondo nuovo. Prevenuta dalla Grazia del Redentore, Ella
rispose con fedele obbedienza ad ogni richiesta di Dio, ad ogni mozione dello Spirito Santo: come umile
serva, si donò verginalmente al Signore; come sorella premurosa, fu attenta al bisogni degli altri; come
madre consacrò interamente se stessa alla persona e alla missione del suo Figlio Redentore, diventandogli
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perfetta discepola e associandosi generosamente a lui nell’unico sacrificio che cancella il peccato e ci
riconcilia col Padre. Lo Spirito Santo le rischiarò passo passo l’oscuro cammino di fede, le illuminò ogni
parola e ogni gesto del Figlio, la sorresse nel dolore del Calvario e nell’offerta suprema. Poi, dopo la Croce,
la configurò a lui nella gloria.
(Giovanni Paolo II , Regina Coeli, 22 maggio 1983)
In comunione trinitaria
La liturgia ci ripropone il noto e suggestivo dialogo dell'Annunciazione, in cui l'angelo Gabriele schiude agli
occhi di Maria il mistero dell'Incarnazione: "Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù" (Lc
1,31). Nel grembo della Vergine, il Figlio di Dio si fa uomo. Fin dal primo istante del concepimento, l'io
eterno del Verbo, da sempre in dialogo col Padre nell'ineffabile comunione trinitaria, fa sua la natura umana
che germoglia nel corpo immacolato della Madre. E' questa unità profonda dell'umanità e della divinità nella
persona del Verbo, che consente alla Chiesa di attribuire a Maria il titolo di "Theotòkos": Madre di Dio.
Maria è davvero, come la chiama l'angelo, "piena di grazia".
Vergine Santa, tu hai vissuto come nessun'altra donna al mondo il mistero sublime della maternità. Mentre la
fede ti rendeva accogliente alla Parola del Signore, il tuo corpo si faceva spazio fecondo per la sua
incarnazione.
Accompagnaci, o Madre, verso una percezione sempre più profonda della dignità di ogni essere umano. Fa'
che ne abbiano lucida coscienza specialmente gli uomini e le donne chiamati all'eccelsa vocazione della
paternità e della maternità, perché siano sempre "santuario della vita" mediante il prodigio della generazione,
da Dio affidato all'autenticità del loro amore fedele e alla loro vigile responsabilità.
(Giovanni Paolo II, 19 dicembre 1993)
Una nuova alleanza
Il “fiat” di Maria all’Annunciazione permette a Dio di inaugurare una nuova alleanza con l’umanità, ancor
più mirabile di quella sancita col popolo di Israele. L’angelo Gabriele, mandato da Dio, manifesta alla
Vergine il disegno che il Signore ha su di lei: dare alla luce il Figlio stesso di Dio, che diverrà Re e Salvatore
del nuovo popolo di Dio, la Chiesa. È una forma nuova di alleanza. Stavolta Dio chiede di unirsi a noi
prendendo le nostre sembianze. Maria, di fronte alla proposta divina, si comporta in modo sapiente e libero.
(Giovanni Paolo II, 3 luglio 1983)
Abramo e Maria
Come ad Abramo, anche a Maria viene chiesto di rispondere «sì» a qualcosa che non è mai accaduto prima.
Come Abramo, anche Maria deve camminare al buio, affidandosi a Colui che l'ha chiamata. Tuttavia, anche
la sua domanda «come è possibile?» suggerisce che Maria è pronta a rispondere «sì», nonostante le paure e
le incertezze. Maria non chiede se la promessa sia realizzabile, ma solo come si realizzerà.
(Giovanni Paolo II, 25 marzo 2000)
Ecco la serva del Signore
La risposta di Maria stupisce per la semplicità e la spontaneità, non del sentimento, ma della grazia; in
assenza di qualunque remora o attaccamento umano che in qualche modo si opponga ad una perfetta
adesione alla volontà di Dio. Tranquilla adesione al bene che Dio ha pensato, per nulla sfiorata dalla
possibilità di fare in altro modo come un limpido specchio di santità, senza contorcimenti psicologici o
narcisistici ripiegamenti. La grazia, quando è autentica, produce sempre in chi la riceve un’esperienza di
profonda umiltà, un abbassamento, quasi contraccolpo della trascendenza divina. È proprio un’umiltà simile
che garantisce il tipo di servizio evangelico infinitamente più di tante altre abilità: lasciarsi adoperare da Dio
L’angelo partì da Lei
È il momento della contemplazione. Maria è sola, non parla più con l’angelo, il silenzio l’avvolge, ma è un
silenzio pieno denso ricco, abitato da Dio, un Dio strano che non si vede, ma si sperimenta. Possiamo dire
che il tesoro di cui parlerà un giorno il Figlio, è nel suo cuore, nella fede perfetta, e più sotto, nel suo
grembo. È la stupenda icona della vita spirituale.
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Avvento / Natale – 3ª scheda
APRIRSI: dall’incontro alla gioia
Vivere l’incomprensione
La fede non è mai facile, non lo fu certo per Maria. Lo sottolineano i ripetuti elogi rivolti a lei a motivo della
sua fede: essi mettono in luce il valore, il pregio e certamente la difficoltà del suo credere. Lo sottolineano,
d’altra parte, in maniera esplicita le parole dell’evangelista Luca che non teme di far notare la difficoltà e
anche la non-comprensione, da parte di Maria e di Giuseppe, delle parole e del mistero del Figlio.
L’“incomprensione” di Maria, di Giuseppe e, in genere, dei discepoli è evidentemente ben diversa
dall’incredulità di quanti non hanno fede in Gesù. Si tratta della difficoltà di penetrare a fondo, e subito,
nell’insondabile profondità della persona e del mistero di Cristo. Ma è una “incomprensione” momentanea,
che porta alla riflessione, alla meditazione, all’atteggiamento sapienziale, così caratteristico della madre di
Gesù, che custodiva e confrontava parole ed eventi nel suo cuore.
La fede è sì una luce, ma non è comprensione esaustiva del mistero. Al contrario, essa è un fidarsi di Dio e
della sua Parola che trascende i limiti della ragione umana. È un appoggiarsi su di lui, cercando e trovando in
tale atteggiamento la propria solidità e fiducia. È questa la disposizione interiore di Maria. L’esistenza della
Vergine, come la nostra, procede, giorno dopo giorno, nella fede e non nella visione. “Così anche la Beata
Vergine - osserva il Concilio - avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col
Figlio sino alla croce”. (Lumen gentium, 58). Ci accompagni lei, la credente, sui misteriosi sentieri di Dio!
(Giovanni Paolo II, 22 gennaio 1984)
La gioia di oggi
La grande promessa si è compiuta qui, a Betlemme. Per duemila anni, generazione dopo generazione, i
cristiani hanno pronunciato il nome di Betlemme con profonda emozione e gioiosa gratitudine. Come i
pastori e i Magi, siamo venuti anche noi a trovare il Bambino “avvolto in fasce, che giace in una
mangiatoia”. Come molti pellegrini prima di noi, ci inginocchiamo pieni di stupore e in adorazione di fronte
al mistero ineffabile che qui si è compiuto.
La gioia annunciata dall'angelo non è qualcosa che appartiene al passato. È una gioia di oggi, dell'oggi
eterno della salvezza di Dio, che comprende tutti i tempi, passato, presente e futuro.
Il bambino appena nato, indifeso e totalmente dipendente dalle cure di Maria e di Giuseppe, affidato al loro
amore, è l’intera ricchezza del mondo. Egli è il nostro tutto! In questo bambino, il Figlio che ci è stato dato,
noi troviamo riposo per le nostre anime e il vero pane che non viene mai meno, il Pane Eucaristico
annunciato anche dal nome stesso di questa città: Beth-lehem, la casa del pane. Dio è nascosto nel Bambino;
la divinità è celata nel Pane della Vita.
Il grande mistero della Kenosi divina, l'opera della nostra redenzione che si dispiega nella debolezza: non è
una verità facile. Il Salvatore è nato di notte, al buio, nel silenzio e nella povertà della grotta di Betlemme.
La culla di Gesù sta sempre all'ombra della Croce. Il silenzio e la povertà della nascita a Betlemme sono una
cosa sola con il buio e il dolore della morte sul Calvario. La culla e la Croce sono lo stesso mistero
dell’amore che redime; il corpo che Maria ha posto nella mangiatoia è lo stesso corpo sacrificato sulla
Croce.
O Bambino di Betlemme, Figlio di Maria e Figlio di Dio, Signore di tutti i tempi e Principe della Pace, lo
stesso ieri, oggi e sempre: mentre avanziamo verso il nuovo millennio, guarisci le nostre ferite, rafforza i
nostri passi, apri il nostro cuore e la nostra mente alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a
visitarci dall'alto un sole che sorge. Amen.
(Giovanni Paolo II , 22 marzo 2000)
Le esigenze del mistero di Natale
Sostiamo interiormente affascinati dinanzi al prodigio che si è verificato nella Notte Santa. Continuiamo a
meditare sul mistero natalizio e sulle impegnative esigenze che da esso scaturiscono.
Le parole pronunciate dagli angeli a Betlemme, parole che sorpresero i pastori, echeggiano anche in questo
nostro tempo. Esse ci invitano a non temere, perché è nato per noi il Messia, il Salvatore lungamente atteso e
finalmente venuto sulla terra per redimere l'intera umanità. La sua nascita costituisce un dono
incommensurabile che, se compreso e accettato sino in fondo, cambia la vita. (Giovanni Paolo II, 26
17
dicembre 2001)
Quaresima – 4ª scheda
DISCUTERE: dal buio alla luce
Libertà e verità
Secondo la fede cristiana e la dottrina della Chiesa, solamente la libertà che si sottomette alla Verità conduce
la persona umana al suo vero bene. Il bene della persona è di essere nella Verità e di fare la Verità.
Quest'opera della Chiesa trova il suo punto di forza, il suo segreto formativo, non tanto negli enunciati
dottrinali e negli appelli pastorali alla vigilanza, quanto nel tenere lo sguardo fisso sul Signore Gesù. La
Chiesa ogni giorno guarda con instancabile amore a Cristo.
(Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, n.84)
Sempre in ricerca
La Chiesa non è estranea, né può esserlo, al cammino di ricerca. Da quando, nel Mistero pasquale, ha
ricevuto in dono la verità ultima sulla vita dell'uomo, essa s'è fatta pellegrina per le strade del mondo per
annunciare che Gesù Cristo è la via, la verità e la vita. Tra i diversi servizi che essa deve offrire all'umanità,
uno ve n'è che la vede responsabile in modo del tutto peculiare: è la diaconia alla verità. Questa missione, da
una parte, rende la comunità credente partecipe dello sforzo comune che l'umanità compie per raggiungere la
verità; dall'altra, la obbliga a farsi carico dell'annuncio delle certezze acquisite, pur nella consapevolezza che
ogni verità raggiunta è sempre solo una tappa verso quella piena verità che si manifesterà nella rivelazione
ultima di Dio: «Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia.
Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente» (1 Cor 13, 12).
La Rivelazione immette nella nostra storia una verità universale e ultima che provoca la mente dell'uomo a
non fermarsi mai; la spinge, anzi, ad allargare continuamente gli spazi del proprio sapere fino a quando non
avverte di avere compiuto quanto era in suo potere, senza nulla tralasciare.
La verità della Rivelazione cristiana, che si incontra in Gesù di Nazareth, permette a chiunque di accogliere
il «mistero» della propria vita. Come verità suprema, essa, mentre rispetta l'autonomia della creatura e la sua
libertà, la impegna ad aprirsi alla trascendenza. Qui il rapporto libertà e verità diventa sommo e si
comprende in pienezza la parola del Signore: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 32).
La Rivelazione cristiana è la vera stella di orientamento per l'uomo che avanza tra i condizionamenti della
mentalità immanentistica e le strettoie di una logica tecnocratica; è l'ultima possibilità che viene offerta da
Dio per ritrovare in pienezza il progetto originario di amore, iniziato con la creazione. All'uomo desideroso
di conoscere il vero, se ancora è capace di guardare oltre se stesso e di innalzare lo sguardo al di là dei propri
progetti, è data la possibilità di recuperare il genuino rapporto con la sua vita, seguendo la strada della verità.
Alla luce di queste considerazioni, una prima conclusione si impone: la verità che la Rivelazione ci fa
conoscere non è il frutto maturo o il punto culminante di un pensiero elaborato dalla ragione. Essa, invece, si
presenta con la caratteristica della gratuità, produce pensiero e chiede di essere accolta come espressione di
amore. Questa verità rivelata è anticipo, posto nella nostra storia, di quella visione ultima e definitiva di Dio
che è riservata a quanti credono in lui o lo ricercano con cuore sincero.
(Giovanni Paolo II, Fides et ratio, nn. 3 e 15)
Beata perché ha creduto
Quando la sacra famiglia fa ritorno a Nazareth, inizia il lungo periodo della vita nascosta. Colei che «ha
creduto nell'adempimento delle parole del Signore» vive ogni giorno il contenuto di queste parole.
Quotidianamente accanto a lei è il Figlio, a cui ha dato nome Gesù; dunque. Certamente nel contatto con lui
ella usa questo nome, che del resto non poteva destare meraviglia in nessuno, essendo in uso da molto tempo
in Israele. Tuttavia, Maria sa che colui che porta il nome Gesù è stato chiamato dall'angelo «Figlio
dell'Altissimo»; sa di averlo concepito e dato alla luce «non conoscendo uomo», per opera dello Spirito
Santo, con la potenza dell'Altissimo che ha steso la sua ombra su di lei. Durante gli anni della vita nascosta
di Gesù nella casa di Nazareth, anche la vita di Maria è «nascosta con Cristo in Dio» (Col 3,3) mediante la
fede. La fede, infatti, è un contatto col mistero di Dio. Maria costantemente, quotidianamente è in contatto
con l'ineffabile mistero di Dio che si è fatto uomo, mistero che supera tutto ciò che è stato rivelato
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nell'Antica Alleanza. Sin dal momento dell'annunciazione, la mente della Vergine-Madre è stata introdotta
nella radicale «novità» dell'autorivelazione di Dio e resa consapevole del mistero.
È dunque beata, perché «ha creduto», e crede ogni giorno tra tutte le prove e contrarietà del periodo
dell'infanzia di Gesù e poi durante gli anni della vita nascosta a Nazareth, dove egli «stava loro sottomesso»
(Lc 2,51): sottomesso a Maria e anche a Giuseppe, perché questi faceva le veci del padre davanti agli
uomini.
Non è difficile, però, notare in questo inizio una particolare fatica del cuore, unita a una sorta di «notte della
fede», quasi un «velo» attraverso il quale bisogna accostarsi all'Invisibile e vivere nell'intimità col mistero. È
infatti in questo modo che Maria, per molti anni, rimase nell'intimità col mistero del suo Figlio, e avanzava
nel suo itinerario di fede, man mano che Gesù «cresceva in sapienza... e grazia davanti a Dio e agli uomini».
(Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, n. 17)
Il pellegrinaggio della fede
Anche la beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio
sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette, soffrendo profondamente col suo Unigenito e
associandosi con animo materno al suo sacrifico, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima
da lei generata; e finalmente dallo stesso Gesù morente in croce fu data quale madre al discepolo con queste
parole: Donna, ecco tuo figlio.
(Lumen Gentium, n. 58).
Pasqua / Pentecoste – 5ª scheda
RITORNARE: dall’incontro l’annuncio
Liturgia e silenzio
Guardando al futuro, varie sono le sfide alle quali la Liturgia è chiamata a rispondere. A prima vista, essa
sembra messa fuori gioco da una società ampiamente secolarizzata. Ma è un dato di fatto che, nonostante la
secolarizzazione, nel nostro tempo riemerge, in tante forme, un rinnovato bisogno di spiritualità. Come non
vedere, in questo, una prova del fatto che nell'intimo dell'uomo non è possibile cancellare la sete di Dio?
Esistono domande che trovano risposta solo in un contatto personale con Cristo. Solo nell'intimità con Lui
ogni esistenza acquista significato, e può giungere a sperimentare la gioia che fece dire a Pietro sul monte
della Trasfigurazione: "Maestro, è bello per noi stare qui".
Dinanzi a questo anelito all'incontro con Dio, la Liturgia offre la risposta più profonda ed efficace. Lo fa
specialmente nell'Eucaristia, nella quale ci è dato di unirci al sacrificio di Cristo e di nutrirci del suo Corpo e
del suo Sangue. Occorre tuttavia che i Pastori facciano in modo che il senso del mistero penetri nelle
coscienze, riscoprendo e praticando l'arte "mistagogica", tanto cara ai Padri della Chiesa. E' loro compito, in
particolare, promuovere celebrazioni degne, prestando la dovuta attenzione alle diverse categorie di persone:
bambini, giovani, adulti, anziani, disabili. Tutti debbono sentirsi accolti all'interno delle nostre assemblee,
così da poter respirare l'atmosfera della prima comunità credente: "Erano assidui nell'ascoltare
l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere".
Un aspetto che occorre coltivare con maggiore impegno all'interno delle nostre comunità è l'esperienza del
silenzio. Di esso abbiamo bisogno "per accogliere nei cuori la piena risonanza della voce dello Spirito Santo,
e per unire più strettamente la preghiera personale con la Parola di Dio e con la voce pubblica della Chiesa".
In una società che vive in maniera sempre più frenetica, spesso stordita dai rumori e dispersa nell'effimero,
riscoprire il valore del silenzio è vitale. Non a caso, anche al di là del culto cristiano, si diffondono pratiche
di meditazione che danno importanza al raccoglimento. Perché non avviare, con audacia pedagogica, una
specifica educazione al silenzio dentro le coordinate proprie dell'esperienza cristiana? La Liturgia, tra i
diversi suoi momenti e segni, non può trascurare quello del silenzio.
La pastorale liturgica, attraverso l'introduzione alle varie celebrazioni, deve instillare il gusto della preghiera.
Lo farà, certo, tenendo conto delle capacità dei singoli credenti, nelle loro diverse condizioni di età e di
cultura; ma lo farà cercando di non accontentarsi del minimo. La pedagogia della Chiesa deve saper osare.
(Giovanni Paolo II, Spiritus et sponsa, nn. 11-14)
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Un volto che brilla
"Il suo volto brillò come il sole", così leggiamo nel Vangelo odierno. Il volto di Cristo è volto di luce che
squarcia l'oscurità della morte: è annuncio e pegno della nostra gloria, poiché è il volto del Crocifisso
Risorto. In esso, la Chiesa, sua Sposa, contempla il suo tesoro e la sua gioia. (Giovanni Paolo II, 6 agosto
2002)
Trasfigurati nell’esistenza quotidiana
L'Eucaristia ci conduce oggi spiritualmente sul Tabor, insieme agli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, per
ammirare estasiati lo splendore del Signore trasfigurato. Nell'evento della Trasfigurazione contempliamo
l’incontro misterioso fra la storia che si edifica ogni giorno e l’eredità beata che ci attende in Cielo,
nell'unione piena con Cristo, Alfa e Omega, Principio e Fine.
A noi, pellegrini sulla terra, è dato di gioire della compagnia del Signore trasfigurato, quando ci immergiamo
nelle cose di lassù mediante la preghiera e la celebrazione dei divini misteri. Ma, come i discepoli, pure noi
dobbiamo scendere dal Tabor nell'esistenza quotidiana, dove le vicende degli uomini interpellano la nostra
fede. Sul monte abbiamo visto; sulle strade della vita ci è chiesto di proclamare instancabilmente il Vangelo,
che illumina i passi dei credenti.
Preghiamo affinché ogni cristiano dalla contemplazione di Cristo, “irradiazione della gloria del Padre e
impronta della sua sostanza” (Eb 1, 3), sappia trarre coraggio e costanza per annunciarlo e testimoniarlo
fedelmente mediante le parole e le opere.
Maria, Madre sollecita e premurosa, ci aiuti ad essere scintilla splendente della luce salvifica del suo Figlio
Gesù. (Giovanni Paolo II, 6/8/1999)
Giugno / Luglio – 6ª scheda
MANDARE: l’annuncio si fa missione
La missione della Chiesa
Il Signore Gesù, fin dall'inizio “ chiamò presso di sé quelli che voleva e ne costituì dodici che stessero con
lui e li mandò a predicare”. Da qui deriva alla Chiesa l'impegno di diffondere la fede e la salvezza del Cristo.
Pertanto la missione della Chiesa si esplica attraverso un'azione tale, per cui essa, in adesione all'ordine di
Cristo e sotto l'influsso della grazia e della carità dello Spirito Santo, si fa pienamente ed attualmente
presente a tutti gli uomini e popoli, per condurli con l'esempio della vita, con la predicazione, con i
sacramenti e con i mezzi della grazia, alla fede, alla libertà ed alla pace di Cristo, rendendo loro facile e
sicura la possibilità di partecipare pienamente al mistero di Cristo.
Questa missione continua, sviluppando nel corso della storia la missione del Cristo, inviato appunto a portare
la buona novella ai poveri; per questo è necessario che la Chiesa, sempre sotto l'influsso dello Spirito di
Cristo, segua la stessa strada seguita da questi, la strada cioè della povertà, dell'obbedienza, del servizio e del
sacrificio di se stesso fino alla morte, da cui poi, risorgendo, egli uscì vincitore.
(Ad Gentes, n. 5)
Cos’è la missione?
Che cosa è la missione? Perché si va in missione? Perché la Chiesa non solo è ma fa la missione? Forse per
conquista territoriale o numerica? Oppure per il potere e la dominazione? O, forse per il prestigio
internazionale o per colonialismo culturale o spirituale?
Che cosa è quindi la missione?
Ci sono cento modi per descriverla. Anche perché oggi, l'evangelizzazione (che è un altro nome della
missione) è un'attività molto ricca e variegata nelle sue forme. Senza cercare una definizione scolastica
preferisco descriverla con molteplici battute.
La missione è la gioia di credere nella "bella novella", o "buona novella" portata ai poveri.
La missione è la gioia di conoscere Dio come Padre e come amore e annunziare agli altri, come gli Apostoli,
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la persona e l'opera di Gesù Cristo, il Figlio unigenito del Padre.
La missione è credere che Gesù è morto "uno per tutti" (2 Cor 5, 12), anche per coloro che non lo sanno.
Come Paolo che non ha conosciuto Gesù durante la sua vita terrestre, anch'io e ciascuno di noi, possiamo
dire singolarmente: "Mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2, 20) per me personalmente. Ecco
perché io non posso tacere questo fatto!
La missione è seguire le orme di Maria, che ben sapendo di portare nel suo grembo il Salvatore del mondo
"si mise in viaggio verso la montagna e raggiunge in fretta una città di Giuda" (Lc 1, 39).
Missione è portare al mondo il fuoco che Gesù Cristo ha portato sulla terra e desidera che sia quanto prima
acceso (cfr Lc 12, 45).
La missione è portare la luce che è Gesù Cristo, "la luce vera, quella che illumina ogni uomo".
La missione è portare al mondo l'acqua che dà la vita.
La missione è dare la vita "per la salvezza del mondo", comunicare la vita che ci ha portato colui che è
venuto "perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10, 10).
La missione significa anche essere testimoni del Risorto: "Avrete la forza dallo Spirito Santo... e mi sarete
testimoni... fino agli estremi confini della terra" (At 1, 8).
La missione vuol dire coraggio, ma è anche una grazia.
La missione porta la salvezza: "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora come potranno
invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come
potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?" (Rom 10, 13-14).
Le vie della missione possono essere diverse: la testimonianza, il primo annuncio, la conversione, il
battesimo e la formazione delle comunità ecclesiali, l'inculturazione, il dialogo, la promozione umana
integrale. Ma il movente e il cuore della missione è l'amore che ci spinge.
In una parola molto espressiva e sintetica la missione è una Persona: Gesù sorgente di vita per tutti.
(Josef Tomko, Prefetto per l’evangelizzazioni dei popoli)
I giovani delle beatitudini
Siamo giunti qui sul Monte delle Beatitudini. Siamo seduti su questa collina come i primi discepoli e
ascoltiamo Gesù. In silenzio ascoltiamo la sua voce gentile e pressante, gentile quanto questa terra stessa e
pressante quanto l'invito a scegliere fra la vita e la morte.
Quante generazioni prima di noi si sono commosse profondamente udendo il Discorso della Montagna!
Quanti giovani nel corso dei secoli si sono riuniti intorno a Gesù per apprendere le parole di vita eterna,
proprio come oggi voi siete riuniti qui! Quanti giovani cuori sono stati ispirati dalla forza della sua
personalità e dalla avvincente verità del suo avvincente messaggio! È meraviglioso che siate qui!
I primi che udirono le Beatitudini di Gesù serbavano nel cuore il ricordo di un altro monte, il Monte Sinai.
Proprio un mese fa, ho avuto la grazia di recarmi là, dove Dio parlò a Mosè e Gli diede la Legge scritta
“dal dito di Dio” su tavole di pietra. Questi due monti, il Sinai e il Monte delle Beatitudini, ci offrono la
mappa della nostra vita cristiana e una sintesi delle nostre responsabilità verso Dio e verso il prossimo. La
Legge e le Beatitudini insieme tracciano il cammino della sequela di Cristo e il sentiero regale verso la
maturità e la libertà spirituali.
I Dieci Comandamenti del Sinai possono sembrare negativi: “Non avrai altri dèi di fronte a me;... Non
uccidere; Non commettere adulterio; Non rubare; Non pronunziare falsa testimonianza…”. Essi sono invece
sommamente positivi. Andando oltre il male che nominano, indicano il cammino verso la legge d'amore
che è il primo e il più grande dei Comandamenti: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la
tua anima e con tutta la tua mente... Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Gesù stesso afferma di non
essere venuto per abolire la Legge, ma per darle compimento. Il suo messaggio è nuovo, ma non distrugge
ciò che già esiste. Anzi sviluppa al massimo le sue potenzialità. Gesù insegna che la via dell'amore porta
la legge al suo pieno compimento. Ed ha insegnato questa verità importantissima su questa collina, qui in
Galilea.
“Beati voi”, dice “Beati i poveri in spirito, i miti e i misericordiosi, gli afflitti, coloro che hanno fame e sete
della giustizia, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati! Beati voi!”. Le parole di Gesù possono
sembrare strane. È strano che Gesù esalti coloro che il mondo considera in generale dei deboli. Dice loro:
“Beati voi che sembrate perdenti, perché siete i veri vincitori: vostro è il Regno dei Cieli!”. Dette da lui
che è “mite e umile di cuore”, queste parole lanciano una sfida che richiede una metanoia profonda e
costante dello spirito, una grande trasformazione del cuore.
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Voi giovani comprenderete il motivo per cui è necessario questo cambiamento del cuore! Siete infatti
consapevoli di un'altra voce dentro di voi e intorno a voi, una voce contraddittoria. È una voce che dice:
“Beati i superbi e i violenti, coloro che prosperano a qualunque costo, che non hanno scrupoli, che sono
senza pietà, disonesti, che fanno la guerra invece della pace e perseguitano quanti sono di ostacolo sul loro
cammino”. Questa voce sembra avere senso in un mondo in cui i violenti spesso trionfano e pare che i
disonesti abbiano successo. “Sì” dice la voce del male “sono questi a vincere. Beati loro!”
Gesù offre un messaggio molto diverso. Non lontano da qui egli chiamò i suoi primi discepoli, così come
chiama voi ora. La sua chiamata ha sempre imposto una scelta fra le due voci in competizione per
conquistare il vostro cuore, anche ora, qui sulla collina, la scelta fra il bene e il male, fra la vita e la morte.
Quale voce sceglieranno di seguire i giovani del XXI secolo? Riporre la vostra fiducia in Gesù significa
scegliere di credere in ciò che dice, indipendentemente da quanto ciò possa sembrare strano, e scegliere di
non cedere alle lusinghe del male, per quanto attraenti possano sembrare.
Dopo tutto, Gesù non solo proclama le Beatitudini. Egli vive le Beatitudini. Egli è le Beatitudini.
Guardandolo, vedrete cosa significa essere poveri in spirito, miti e misericordiosi, afflitti, avere fame e sete
della giustizia, essere puri di cuore, operatori di pace, perseguitati. Per questo motivo ha il diritto di
affermare “Venite, seguitemi!”. Non dice semplicemente, “Fate ciò che dico”. Egli dice “Venite,
seguitemi!”.
Voi ascoltate la sua voce su questa collina e credete a ciò che dice. Tuttavia, come i primi discepoli sul
mare di Galilea, dovete abbandonare le vostre barche e le vostre reti e questo non è mai facile, in
particolare quando dovete affrontare un futuro incerto e siete tentati di perdere la fiducia nella vostra
eredità cristiana. Essere buoni Cristiani può sembrare un'impresa superiore alle vostre forze nel mondo di
oggi. Tuttavia Gesù non resta a guardare e non vi lascia soli ad affrontare tale sfida. È sempre con voi per
trasformare la vostra debolezza in forza. CredeteGli quando vi dice: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza
infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12, 9)!
Al momento della sua Ascensione, Gesù affidò ai suoi discepoli una missione e questa rassicurazione. Da
duemila anni i seguaci di Cristo svolgono questa missione. Ora, all'alba del terzo millennio, tocca a voi.
Tocca a voi andare nel mondo e annunciare il messaggio dei Dieci Comandamenti e delle Beatitudini.
Quando Dio parla, parla di cose che hanno la più grande importanza per ogni persona, per le persone del
XXI secolo non meno che per quelle del primo secolo. I Dieci Comandamenti e le Beatitudini parlano di
verità e di bontà, di grazia e di libertà, di quanto è necessario per entrare nel Regno di Cristo. Ora tocca
a voi essere coraggiosi apostoli di quel Regno!
Giovani della Terra Santa, giovani del mondo, rispondete al Signore con un cuore aperto e volenteroso! O
Signore Gesù Cristo, in questo luogo che hai conosciuto e che hai tanto amato, ascolta questi giovani
cuori generosi! Continua a insegnare a questi giovani la verità dei Comandamenti e delle Beatitudini!
Rendili gioiosi testimoni della tua verità e apostoli convinti del tuo Regno! Sii con loro sempre, in
particolare quando seguire te e il Vangelo diviene difficile e arduo! Sarai tu la loro forza, sarai tu la loro
vittoria!
(Giovanni Paolo II, santa messa per i giovani in Terra Santa, 24 marzo 2000)
Sofferenza e beatitudini
Carissimi giovani, abbiamo ascoltato uno dei passi del Vangelo che più ha commosso il mondo nel corso dei
secoli: le otto beatitudini del discorso della montagna, uno dei testi più sorprendenti e positivamente
rivoluzionari. Colui che ha compreso e si propone di praticare le otto beatitudini proposte da Gesù ha
compreso e può fare divenire realtà tutto il Vangelo. Certamente l’ideale che il Signore propone nelle
beatitudini è elevato ed esigente. Proprio per questo, però, risulta un programma di vita fatto a misura dei
giovani, dal momento che la caratteristica fondamentale della gioventù è la generosità, l’apertura a ciò che è
sublime e arduo, l’impegno concreto e deciso in cose di cui valga la pena, umanamente e
soprannaturalmente. La gioventù è sempre in atteggiamento di ricerca, in marcia verso le vette, verso gli
ideali nobili, cercando di trovare risposte agli interrogativi che continuamente pone l’umana esistenza e la
vita spirituale. E allora, c’è forse un ideale più alto di quello che ci propone Gesù Cristo?
Ognuna delle otto beatitudini segnala una meta ultratemporale. Nello stesso tempo, però, ognuna delle
beatitudini riguarda direttamente e pienamente l’uomo nella sua esistenza terrena e temporale. Tutte le
situazioni che formano l’insieme del destino umano e del comportamento dell’uomo sono comprese in forma
concreta, con il loro nome, fra le beatitudini.
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Gesù proclama: beati coloro che piangono, e cioè gli afflitti, coloro che provano sofferenza fisica o travaglio
morale; perché saranno consolati.
La sofferenza è in certo modo il destino dell’uomo, che nasce soffrendo, trascorre la vita tra le afflizioni e
giunge al suo fine, all’eternità, attraverso la morte, che è una grande purificazione per la quale tutti
dobbiamo passare. Da qui l’importanza di scoprire il senso cristiano dell’umana sofferenza. I giovani,
mettendo in gioco la loro generosità, non devono avere mai paura della sofferenza vista alla luce delle
beatitudini. Devono stare sempre vicini a coloro che soffrono e devono saper scoprire nelle proprie afflizioni
e in quelle dei fratelli il valore salvifico del dolore, la forza evangelizzatrice di ogni sofferenza.
Non è questo il momento per indecisioni, assenze o mancanze di impegno. È l’ora degli audaci, di coloro che
hanno speranza, di coloro che aspirano a vivere con pienezza il Vangelo e di coloro che vogliono realizzarlo
nel mondo attuale e nella storia che si avvicina.
(Giovanni Paolo II, omelia ai giovani del Perù, 2 febbraio 1985).
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