IL totalitarismo : un problema di interpretazioni Lettura libro pag. 177 due diverse interpretazioni del regime nazista regime monocratico dominato da intenzionalisti Hiltler strutturalisti Neumann sintesi delle due Kershaw introduce il termine policrazia; che sottolineano l'esistenza di una serie di strutture burocratiche e centri di potere in cui Hitler avrebbe avuto una funzione di mediazione . policrazia dominata dalla figura carismatica di Hitler , capace di condizionare le masse a "lavorare per il Fuhrer" Guardare anche : 1) definizione di totalitarismo ( vedi Fondazione san paolo per la scuola Il 900 ) 2) in che modo il regime nazista può essere definito una policrazia ( vedi : http://assemblealegislativa.regione.emilia-romagna.it/wcm/studenticittadini/) scopri la cittadinanza - memorie per il futuro - viaggio visivo nel totalitarismo scheda 80 e testi linkati Leggere i testi di Neumann- Arendt - Carl Friedrich e Zk. Brzezinski qui di seguito ) per presentare una definizione articolata dello stato totalitario, distinguendolo dalle altre forme di potere assoluto e dittatoriale. La dittatura totalitaria Franz Neuman, politologo e storico tedesco, ha analizzato i caratteri dello stato totalitario fin dagli anni 30. Nella sua più nota opera , "Behemoth, Struttura e pratica del nazionalsocialismo" pubblicata nel 1942, mostra come il termine e la categoria politica del totalitarismo fossero apertamente rivendicati dal nazismo per qualificare il proprio sistema politico e la propria idea di stato. Behemoth è un'analisi della struttura dello Stato, o meglio, del non-Stato nazista, delle ragioni della sua affermazione e, soprattutto, dei meccanismi interni che determinano non solo il venir meno della certezza del diritto, ma anche la dissoluzione delle istituzioni e della società civile. In questa fase del suo pensiero Neuman applica la categoria di totalitarismo al nazismo e al fascismo, al di fuori di ogni comparazione con lo stato bolscevico e con la dittatura di Stalin. Ma nella riflessione che lo assilla nell'ultima fase della sua ricerca egli la utilizza per identificare tutte le dittature che presentano i caratteri da lui descritti in "Note sulla teoria della dittatura", breve saggio rimasto incompiuto e pubblicato nel 1957 in Lo stato democratico e lo stato autoritario, dal quale è tratto il testo qui di seguito proposto con il quale Neuman definisce i caratteri dello stato totalitario. Da Franz Neuman, Lo stato democratico e lo stato autoritario, il Mulino, Bologna 1973, pag. 343. Ai fini di una breve discussione la moderna dittatura totalitaria può essere ricondotta a cinque fattori essenziali. Il primo è la transizione da uno stato fondato sull'impero della legge - lo stato di diritto di tipo tedesco - ad uno stato di polizia. L'impero della legge costituisce una presunzione a favore del diritto del cittadino e contro il potere coercitivo dello stato; nello stato totalitario, invece, esiste la presunzione contraria. Possiamo tralasciare di discutere i dettagli giacché il potere degli organi esecutivi degli stati totalitari di interferire a discrezione con la vita, la libertà e la proprietà dei cittadini è probabilmente la più nota caratteristica di questo genere di dittatura. Il secondo fattore è la transizione dalla diffusione del potere caratteristica degli stati liberali alla concentrazione del potere del regime totalitario. Sia il grado che la forma di tale concentrazione possano variare, ma non c'è posto in alcuno stato totalitario per i vari istituti liberali intesi a distribuire il potere, come la separazione dei poteri, il federalismo, un sistema pluripartitico effettivamente funzionante, il bicameralismo, ecc. Questi primi due fattori si trovano anche nella monarchia assoluta oltre che nella dittatura totalitaria. Ciò che distingue politicamente il totalitarismo è il terzo elemento, ossia l'esistenza di un partito unico di stato. Si richiede l'esistenza del partito unico perché i tradizionali strumenti di coercizione non bastano a dominare una società industriale, tanto più che la burocrazia e gli eserciti non sempre danno affidamento. Il partito unico è uno strumento flessibile che fornisce la forza necessaria per controllare l'apparato statale e la società e per svolgere la gigantesca opera di cementazione dei vari elementi autoritari della società. Inoltre il partito monopolistico esercita una funzione psicologico-sociale nei confronti di quella che è comunemente nota come la "società di massa". Poiché le moderne dittature totalitarie sorgono quasi senza eccezione - e contro - la democrazia (per quanto deboli possano essere state le strutture democratiche), la cricca totalitaria è obbligata ad assumere il profilo di un movimento democratico mantenendo tale facciata anche dopo l'avvento al potere. In altri termini, essa è costretta a praticare i riti democratici pur negandone totalmente la sostanza. Il ruolo del partito monopolistico ci porta al quarto elemento della dittatura totalitaria: la transizione dai controlli sociali pluralistici a quelli totalitari. La società cessa di essere distinta dallo stato ed è totalmente permeata dal potere politico. Il dominio sulla società, ora importante quanto quello sullo stato, viene ottenuto mediante le tecniche seguenti: Il principio della leadership - cioè la direzione dall'alto a cui fa riscontro assoluta obbedienza dal basso. La "sincronizzazione" di tutte le organizzazioni sociali - non solo per dominarle, ma per renderle utili strumenti dello stato. La creazione di una gerarchia delle élite, per mettere i governanti in condizione di controllare le masse dal di dentro e mascherare la loro manipolazione, cioè rafforzare gli organi burocratici, nel senso stretto della parola, con piccoli gruppi privati di leader inseriti nei vari strati della popolazione. Il processo di atomizzazione e isolamento dell'individuo che richiede, nel suo aspetto negativo, la distruzione o per lo meno l'indebolimento delle unità sociali basate su fattori biologici (la famiglia), nonché della tradizione, della religione, della cooperazione sia al lavoro che nel tempo libero; e, nel suo aspetto positivo, l'imposizione di enormi organizzazioni di massa, non differenziate, che lasciano isolato l'individuo e in condizione di essere più facilmente manipolato. La trasformazione della cultura in propaganda, dei valori culturali in beni smerciabili. L'ultimo fattore nel totalitarismo è il ricorso al terrore, cioè all'uso di una violenza imprevedibile come minaccia generica fissa contro l'individuo. Bisogna però star attenti a non definire la dittatura totalitaria semplicemente come il regno della violenza. Senza di essa, è vero, simili regimi non potrebbero sopravvivere, ma sarebbe parimenti impossibile che durassero a lungo se non esistesse una notevole identificazione da parte del popolo oppresso con i suoi governanti. Il terrore essenza del totalitarismo Gli elementi che definiscono il totalitarismo, sono per Hannah Arendt: - l'occupazione dello Stato da parte di un partito unico formato da un’élite animata da credenza fanatica nell’ideologia e che giunge a far rientrare "nel politico" anche le aree più remote dalla politica; - una polizia segreta onnipresente, al punto che ciascuno debba sospettare del proprio vicino; - una moltiplicazione e sovrapposizione di uffici nell’amministrazione pubblica, apparentemente confusa e caotica, ma che serve al potere per trasferirsi da un ambito all’altro, giocando sulle rivalità interne; - un capo carismatico depositario e fonte dell’ideologia, al quale si rimettono tutti gli apparati che riconoscono, nella sua persona, il potere stesso. Questi elementi si coagulano nel binomio ideologia e terrore che, per la Arendt, sono i pilastri portanti del totalitarismo. L’ideologia "pretende di spiegare con certezza assoluta e in modo totale il corso della storia; diventa perciò indipendente dall’esperienza ... e costruisce un mondo fittizio e logicamente coerente, dal quale derivano direttive d’azione la cui legittimità è garantita" dall’ideologia stessa. Il terrore totalitario serve, a sua volta, "per tradurre in realtà il mondo fittizio dell’ideologia, a confermala tanto nel suo contenuto quanto - soprattutto - nella sua logica deformata" (M. Stoppino, voce Totalitarismo, in Dizionario di Politica, Utet Torino, 1972). Ma esiste una precondizione che sarebbe, per la Arendt, l'humus favorevole alla deriva delle società democratiche moderne verso totalitarismo: il definirsi della società di massa. Il mondo industrializzato contemporaneo ha disgregato il sistema di classi e quindi anche il sistema dei partiti che le rappresentavano; gli individui, "atomi" in una società divenuta massa informe, "si caratterizzano non tanto per la brutalità e la rozzezza, quanto per l’isolamento e la mancanza di normali relazioni sociali. Il totalitarismo attecchisce su questo terreno, come espressione delle élite borghesi che, nota acutamente la Arendt, atteggiandosi ad avanguardia rivoluzionaria, non fanno che tradurre in azione i valori distruttivi del nuovo spirito di massa. I movimenti totalitari hanno seguito dove le masse sono prive di coscienza classista, non sono organizzate in partiti politici che , ma maggioritarie; rifiutate dai partiti classici; capaci di metodi nuovi nell'azione politica; refrattarie alla razionalità. Ciò confuta due illusioni, care ai democratici: che la maggioranza fosse parte attiva nella vita politica e che le masse apatiche non contassero nulla. Hannah Arendt ha affidato la sua analisi dello stato totalitario all’opera Le origini del totalitarismo, pubblicata nel 1951 e tradotta in Italia nel 1967. Il saggio si compone di tre parti, Antisemitismo, Imperialismo, Totalitarismo. Le prime due sono premessa e condizione della terza, che analizza le implicazioni della crisi dei sistemi politici di rappresentanza sulla moderna società di massa. Nel regime totalitario il posto del diritto positivo viene preso dal terrore totale, inteso a tradurre in realtà la legge della storia o della natura. Come le leggi positive, pur definendo le trasgressioni, ne sono indipendenti - l’assenza di reati in una società non rende superflue le leggi denotando, casomai, la perfezione della loro autorità - così il terrore nel regime totalitario cessa di essere uno strumento per la soppressione dell’opposizione, pur essendo usato anche per tale scopo. Esso diventa totale quando prescinde dall’esistenza di qualsiasi opposizione; domina supremo quando più nessuno lo ostacola - se la legalità è l’essenza del governo non tirannico - e l’illegalità quella della tirannide, - il terrore è l’essenza del potere totalitario. Esso è la realizzazione della legge del movimento; si propone principalmente di far sì che le forze della natura o della storia corrano liberamente attraverso l’umanità, senza l’impedimento dell’azione umana spontanea e, in quanto tale cerca di "stabilizzare" gli uomini. È il movimento stesso che individua i nemici dell’umanità contro cui scatenare il terrore; non si permette che alcuna azione libera, di opposizione o di simpatia, interferisca con l’eliminazione del "nemico oggettivo" della storia o della natura, della classe o della razza. Colpevolezza e innocenza diventano concetti senza senso; colpevole è chi è d’ostacolo al processo naturale o storico, che condanna le razze inferiori, gli individui inadatti a vivere o le classi in via di estinzione e i popoli decadenti. (...) Il terrore come esecuzione di una legge del movimento, il cui fine ultimo non è il benessere degli uomini o l’interesse di un singolo, bensì la creazione dell’umanità, elimina gli individui per la specie, sacrifica le parti per il "tutto". Una classica definizione dello stato totalitario in sei punti Carl Friedrich e Zk. Brzezinski forniscono gli elementi "oggettivi" di un modello, da loro definito unico nel suo genere, di organizzazione politica dello Stato totalitario: ideologia ufficiale, partito unico di massa, sistema del terrore, monopolio dei mezzi di comunicazione di massa e delle forze armate, controllo dell’economia. Implicito nella loro descrizione è il venire meno delle libertà politiche. Centrali appaiono, nel loro modello, gli strumenti per l’organizzazione del consenso, in particolare il monopolio dei mezzi di informazione. 1. Un’ideologia elaborata, consistente in un corpo ufficiale di dottrine che abbraccia tutti gli aspetti vitali dell’esistenza umana e al quale si suppone aderisca, almeno passivamente, ogni individuo che viva in questa società; questa ideologia è caratteristicamente accentrata e proiettata verso uno stadio finale e perfetto della umanità, essa cioè contiene un’affermazione chiliastica basata sul rifiuto radicale della società esistente insieme alla conquista del mondo per una società nuova. 2. Un partito unico di massa guidato tipicamente da un solo uomo, il "dittatore", e consistente in una percentuale relativamente piccola della popolazione totale (intorno al 10 per cento) maschile e femminile, con un forte nucleo appassionatamente e ciecamente consacrato all’ideologia e pronto a contribuire in ogni modo alla sua generale accettazione; un partito del genere è organizzato gerarchicamente e oligarchicamente ed è tipicamente o superiore o completamente intrecciato con la burocrazia governativa. 3. Un sistema di terrore, sia fisico che psichico, realizzato attraverso il controllo del partito e della polizia segreta, in appoggio, ma anche per sovrintendere, sul partito in funzione dei suoi leader, e diretto caratteristicamente non solo contro provati "nemici" del regime, ma anche contro classi della popolazione scelte più o meno arbitrariamente; il terrore, sia quello della polizia segreta, sia quello della pressione sociale diretta del partito sfrutta sistematicamente la scienza moderna e più particolarmente la psicologia scientifica. 4. Un monopolio, quasi completo e tecnologicamente condizionato, del controllo, nelle mani del partito e del governo, di tutti i mezzi di effettiva comunicazione di massa, come la stampa, la radio e il cinema (N.d.R. oggi sarebbe d’obbligo aggiornare con la televisione). 5. Un monopolio egualmente tecnologicamente condizionato e quasi completo dell’uso effettivo di tutti gli strumenti di lotta armata. 6, Un controllo centralizzato e la guida dell’intera economia attraverso il coordinamento burocratico di entità corporative un tempo indipendenti e complessivo tipicamente di molte altre associazioni e attività di gruppo. [C.J. Friedrich - Zk. Brzezinski, Totalitarian Dictatorship an Auctocracy, Cambridge 1965, p, 22. in Renzo De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Laterza, Bari 1974, pag. 100.]