TRANSLATIO STUDIORUM. ANCIENT, MEDIEVAL, AND MODERN BEARERS OF INTELLECTUAL HISTORY VERONA, 25-27 MAGGIO 2009 Dal 25 al 27 maggio 2009 si è tenuto per la prima volta in Italia presso l’Università di Verona e con il patrocino della Società Filosofica Italiana il decimo congresso della International Society for Intellectual History. La storia intellettuale si è imposta negli ultimi decenni come la metodologia più avanzata nel campo degli studi storici e ha soppiantato definitivamente la storia delle idee. Quando la storia delle idee nacque con Arthur Lovejoy agli inizi del XX secolo partiva dall’assunto fondamentale che i mattoni della storia fossero le “unit-ideas”. Le “unit-ideas” dovevano essere delle costanti storiche che nel corso degli anni e dei secoli avrebbero semplicemente cambiato nel tempo la loro espressione esteriore, ma non il loro nucleo. Lo scopo della storia delle idee era perciò identificare le “unit-ideas” nelle loro mutazioni storiche. Tuttavia, i detrattori della storia delle idee non tardarono certo di osservare che: 1) nella storia non si trovano “unit-ideas”, ma sono gli storici che le ricostruiscono; 2) non si possono considerare le idee al di fuori delle intenzioni di colui che le ha formulate; 3) non si possono considerare le idee senza il contesto nel quale sono nate. In reazione alla storia delle idee è nata perciò la storia intellettuale. La storia intellettuale ha spostato la propria attenzione sul contesto, sull’azione linguistica, sull’audience e sulle descrizioni retoriche. Attualmente essa ha due oggetti di particolare interesse, da una parte la storia della lingua e del discorso nelle loro relazioni con le azioni umane, e dall’altra le molteplici rappresentazioni che l’uomo ha di se stesso e dei suoi prodotti. La storia, inoltre, si può dire “intellettuale” in due sensi. In un senso essa è intellettuale perché il suo oggetto precipuo è un prodotto dell’intelligenza dell’uomo (pensieri, opere d’arte, etc…); in un altro senso essa è intellettuale in quanto particolare ricostruzione pensante di uno storico1. Avendo presente queste linee generali della intellectual history, il congresso ha posto in primo piano il problema della translatio studiorum, cioè la trasmissione di un patrimonio culturale che durante i secoli ha generato, nel suo trasmettersi, nuove conoscenze. Ad aprire il congresso con il suo intervento programmatico è stato Tullio Gregory, il quale ha delineato i vari tipi di translationes che la cultura europea ha vissuto negli ultimi duemila anni aprendo nuovi orizzonti e spazi per la ricerca. Gregory ha mostrato come ogni cultura si sia costituita nella sua storia attraverso una continua «traduzione e riscrittura di significati precedenti», attraverso una «sequenza di traduzioni e di trasformazioni», insistendo quindi sul significato del continuo passaggio 1 Annabel Brett, What is intellectual history now?, in David Cannadine (cur.), What is History Now?, Palgrave, Houndmills 2004, p. 115. 1 di segni linguistici da un contesto all’altro. È in questo senso che dev’essere intesa la translatio studiorum cioè una continua trasposizione di testi, della loro riscrittura, delle loro traduzioni, delle loro interpretazioni e delle loro metamorfosi. Gregory ha sottolineato come ogni translatio nella storia della cultura mediterranea sia stata legata a un trasferimento di testi da un ad contesto politico e culturale ad un altro, alla loro traduzione da un sistema linguistico all’altro, dove il tradurre ha sempre assunto anche il significato di interpretare, vertere, e transferre. In questo ambito, Gregory pone come centrali i problemi del neologismo e della neosemia, intesi come un mutamento di significato di una medesima parola in rapporto non solo con un testo tradotto, ma soprattutto «in relazione all’esigenza di trascrivere nuove esperienze di pensiero». La prima grande translatio, quella latina, ha avuto come obiettivo quello salvaguardare la grande esperienza culturale greca rendendo intellegibili i testi greci ai latini, imponendo così l’annosa questione della creazione di nuove parole per la nuova cultura che veniva importata, in modo da difendere la specificità dei linguaggi delle diverse discipline. Ogni translatio studiorum è così sempre connessa per Gregory al passaggio di civiltà e cultura da contesto geografico, politico e linguistico, all’altro al fine di salvaguardare eredità che si sarebbero altrimenti perdute. Gregory ha ricordato anche l’importanza della translatio studiorum in età carolingia che, ben lungi dall’essere un mero topos storiografico, ha rappresentato il ritorno di autori antichi e la scoperta opere prima dimenticate. È però nel cuore del Basso Medioevo che la cultura europea visse secondo Gregory una delle sue translatio più significative. Si tratta della scoperta dei tesori della filosofia e della scienza greca e araba che venivano progressivamente tradotti in latino dall’arabo. Tramite questa translatio l’Europa costituì una nuova biblioteca di autori estranei alla cultura monastica e un rinnovato lessico filosofico, scientifico e teologico. Non diversa dall’esperienza basso medievale è quella vissuta dalla cultura umanistica allorché si verificò la diffusione di opere prima sconosciute dal mondo bizantino che aveva gelosamente conservato i tesori dei testi greci concomitantemente al ritrovamento di autori latini dimenticati nelle biblioteche monastiche. La riscoperta di questi testi ignoti fu sempre accompagnata da un significativo processo di traduzioni, trascrizioni e interpretazioni. Non è un caso che sia in questo contesto che nascono fra i secoli XV e XVI le discussioni sul metodo ella traduzione in latino o nelle lingue vernacolari. Ciò che è in gioco per Gregory non è solo il corretto modo di tradurre, ma il valore stesso che le traduzioni assumono come «veicolo di una cultura» e che apportano significative trasformazioni del lessico che si arricchisce e si rinnova. Non si tratta solo delle paleonimie del latino moderno, si pensi ad esempio a parole come psychologia, ontologia o aesthetica, ma anche dell’assunzione di nuovi significati da parte di termini antichi svuotandoli dei loro significati tradizionali. Su queste linee programmatiche si è impostato e organizzato il congresso veronese tenendo presente la centralità del problema della translatio studiorum per l’intellectual history. Oltre all’intervento introduttivo di Gregory, le altre due relazioni plenarie sono state tenute da Claudio Leonardi che ha trattato il problema della translatio textuum nel Medioevo, e da Marta Fattori che trattato della metafora “sbiancare l’Etiope” come espressione della translatio studiorum nella filosofia moderna. 2 Il congresso ha visto la partecipazione di un centinaio di studiosi da tutto il mondo che si sono confrontati in tre giorni molto densi di sessioni parallele: 1) storiografia e metodologia della storia intellettuale dove sono intervenuti Gregorio Piaia, Stephen Gaukroger, Leo Catana, Costance Blackwell, Howard Hotson e Giacinta Spinosa; 2) storia intellettuale antica alla quale hanno partecipato Emidio Spinelli, Francesco Verde, Rita Salis, Lisa Bressan, Lisa Dalla Valeria, Silvia Gullino; 3) storia intellettuale della Grecia classica che con le relazioni di Joanne Waugh, Eleanor Okell e Jennifer Ingle hanno trattato dei problemi della translatio studiorum in seno alla paideia greca fra periodo arcaico, classico ed ellenistico; 4) Aristotele e la tradizione aristotelica che si è incentrata sul problema delle varie translationes all’interno della tradizione aristotelica con gli interventi di Jacqueline Hamesse, Javier Beneitez, Daniel Andersson, Marco Lamanna, Francisco O’Reilly; 5) storia intellettuale della seconda Scolastica dove sono internvenuti Giannina Burlando, Marco Forlivesi, Tomas Machula, Ignacio Perez Constanzó, Daniel Heider, Fabiola Zurlini; 6) storia intellettuale rinascimentale dove si è discusso con Eva Del Soldato, James G. Snyder, Sinai Rusinek, Cynthia Pyle, Ann E. Moyer dei vari veicoli di trasmissione del sapere durante i secoli XV e XVI; 7) storia intellettuale moderna che ha visto la partecipazione di numerosi studiosi quali Pina Totaro, Corneanu Sorana, Micheal Carhart, Derya Gurses Tarbuck, Diego Lucci, Vasiliki Grigoropoulou, Daniel Purdy, Clifford Ramsey che hanno contributo a definire gli aspetti di tradizione e innovazione in alcune delle figure più importanti della filosofia moderna; 8) storia del pensiero politico del primo Illuminismo dove sono intervenuti Petter Korkman, Kari Saastamoinen, Mikko Tolonen, Arthur Weststeijn, Stefano Volpato, Anna Makolkin; 9) storia intellettuale dell’Illuminismo con un ampio dibattito sulle idee base dell’Illuminismo portato avanti da Laura Anna Macor, Philipp Knee, Hanno Birken-Bertsch, Jeffrey Schwegman, Barry Knowlton e Kasper Risbjerg Eskildsen; 10) Rousseau e i suoi interlocutori che ha visto la partecipazione di Hansmichael Hohenegger, David Lay Williams, Robert Lamb, Iain Hampsher-Monk, Sunil Agnani, Robin Douglass; 11) storia concettuale e pensiero politico dove si sono confrontati Ulrich Johannes Schneider, Jouni-Matti Kuukkanen, Martin Burke soprattutto sulle prospettive di Reinhard Koselleck e Quentin Skinner; 12) storia intellettuale contemporanea alla qualle hanno partecipato Beatriz Helen Domingues, Katherine Davies, Ben Dorfman, Alek Epstein; 13) storia intellettuale europea contemporanea che con Nancy S. Struever, Joshua Derman, Emily J. Levine, Danielle Follett, David L. Marshall ha posto l’attenzione sul problema delle trasformazioni culturali e della preservazione del sapere fra le due guerre mondiali; 14) storia dell’identità intellettuale dove Chiara Brivio, Chan Dandan, Fabian Schäfer, Ya-pei Kuo hanno considerato in modo particolare i casi dei mutamenti culturali in Cina e in Giappone; 15) storia intellettuale musicale alla quale sono intervenuti Alessandro Arcangeli, Laurence Wuidar, Bruno Forment; 16) storia dell’estetica e morfologia alla quale hanno partecipato Federico Vercellone, Felix Duque, Valerio Rocco Lozano, Rajesh Heynickx, Sergey Zenkin, Ivan Bargna. Marco Sgarbi 3