SSIS Veneto
IX ciclo SLL
LABORATORIO DI DIDATTICA DELLA STORIA
Prof.ssa Silvana Anna Bianchi
Gruppo 8 : Serena Barberio, Paola Beretta, Cristina Bergomi, Silvia Bozzerla, Barbara Lo Tartaro,
Gabriele Nascimbeni, Maddalena Stangalini.
Percorso didattico sul Rinascimento
Scuola: Liceo artistico
Classe: Terza superiore
Titolo: Il mondo del Rinascimento
Tempi di realizzazione: 5 lezioni, totale 8 ore, 1 mese
Note: lezioni in parallelo con l'insegnante di storia dell'arte
Tema: il Rinascimento
Collocazione spazio-temporale: fine Quattrocento, Cinquecento in Europa e Italia
Obiettivi:
conoscenze:

Conoscere, problematizzare ed usare correttamente i termini “Umanesimo”, “Rinascimento” e
“mecenatismo”

Conoscere e confrontare differenti tipi di governo

Conoscere le specificità dell'Italia rinascimentale sia politiche che culturali
competenze:

Saper interrogare e confrontare fonti letterarie, storiografiche e iconografiche per riconoscere
elementi di continuità e discontinuità tra medioevo e rinascimento.

Effettuare collegamenti pluridisciplinari
Lezione d'ingresso : 1 ora
Inquadramento socioculturale
L'insegnate recupera brevemente le pre-conoscenze degli studenti attraverso delle domande sull'
ultimo periodo storico affrontato:
- definizione e criticità emerse sul termine medioevo

collocazione cronologico-spaziale del medioevo
Per introdurre il nuovo periodo storico l'insegnante mostra due fonti iconografiche – il Peccato
originale di Masolino e La cacciata dei progenitori dal paradiso terrestre di Masaccio - e chiede
agli studenti di confrontarle.
Il confronto e l'analisi delle due fonti porta gli alunni a focalizzare le novità culturali insite nel
Rinascimento.
Attraverso la discussione si faranno emergere le diversità macroscopiche tra Rinascimento e
Medioevo: da una visione teocratica ad una visione antropocentrica.
Contestualizzazione:
Peccato originale; Masolino da Panicale; 142425; Firenze chiesa del Carmine, Cappella
Brancacci. I dipinti della cappella furono
commissionati da Felice Brancacci, uomo
politico e ricco mercante fiorentino.
Descrivere esternamente
Affresco 208x88cm; i due progenitori sono
sereni le figure sono graziose in aperto contrasto
con il soggetto del racconto, il peccato originale
Analizzare internamente
Dice che nonostante cronologicamente l'affresco
appartenga al rinascimento il suo linguaggio è
ancora gotico. Lo dice attraverso la grazia
serena delle figure, decorative.
Interpretare
Si evince che il gusto gotico, legato alla nobiltà,
rimane anche tra le nuove figure sociali, come i
ricchi mercanti.
Contestualizzazione:
la
cacciata
dei
progenitori dal paradiso terrestre; Masaccio;
1424-25; Firenze, chiesa del Carmine, cappella
Brancacci; lavori commissionati da Felice
Brancacci, uomo politico e mercante fiorentino
Descrivere esternamente: affresco; 208x88
cm; Adamo ed Eva sono un uomo e una donna
nudi, fragili. Adamo piange e porta le mani agli
occhi. Eva è disperata e cerca di coprire la sua
nudità divenuta vergognosa dopo il peccato
originale, il suo volto è sfigurato da un grido di
dolore
Analizzare internamente: dice che Adamo ed
Eva sono umani; lo dice attraverso la
drammatica espressività dei loro volti e dei loro
corpi
Interpretare: si assiste alla umanizzazione
delle immagini religiose; la cultura si laicizza
grazie alla libertà e alla creatività dell'artista.
Una volta introdotto il periodo del Rinascimento, l’insegnante, porta gli alunni a riflettere
sull’utilizzo che viene fatto nei libri di storia odierni del termine Rinascimento al fine di
problematizzare tale concetto e di smontare alcuni stereotipi culturali.
L'insegnante conclude la lezione inquadrando il periodo rinascimentale dal punto di vista spazio
temporale chiarendo il percorso che si svilupperà nelle lezioni successive.
Corpo centrale (6 ore)
- Lezione 1 : Quadro geopolitico Europeo (2 ore)
L’insegnante, attraverso la lettura di una Cartina storica del periodo rinascimentale evidenzia la
situazione geopolitica dell’Europa.
Tramite una lezione frontale si arriva ad approfondire la formazione delle monarchie nazionali.
Strumenti:cartina storica

Lezione 2: Focus sulla situazione italiana (2 ore)
Monitoraggio in itinere: attraverso delle domande ad alcuni alunni l'insegnante ha la possibilità
di verificare la comprensione dell'argomento affrontato, di riepilogare i principali concetti
emersi nelle due lezioni precedenti e di recuperare concetti ancora confusi.
L'insegnante introduce l'argomento chiarendo le motivazioni profonde che giustificano la scelta
del Focus: il ritardo dell'unificazione politica dell’Italia contrapposto a un peculiare
sviluppo/progresso culturale.
Tramite la lezione frontale focalizza la situazione italiana:

Nord urbano, Sud feudale

Riepilogo del passaggio feudalesimo - comuni – signorie

Dalle signorie ai principati
Laboratorio: attraverso l'analisi di una fonte l'insegnante porta gli alunni ad approfondire due
aspetti chiave della situazione polita e culturale del rinascimento italiano:

Brano tratto dal Principe di Machiavelli: lettura e analisi della fonte per evidenziare la nuova
figura del principe.
“De’ principati nuovi che s’acquistano con le arme e fortuna di altri”, cap. VII del Principe
[…] Io voglio all'uno et all'altro di questi modi detti, circa el diventare principe per virtù o per
fortuna, addurre dua esempli stati ne' dí della memoria nostra: e questi sono Francesco Sforza e
Cesare Borgia. Francesco, per li debiti mezzi e con una gran virtù, di privato diventò duca di
Milano; e quello che con mille affanni aveva acquistato, con poca fatica mantenne. Dall'altra parte
Cesare Borgia, chiamato dal vulgo duca Valentino, acquistò lo stato con la fortuna del padre, e con
quella lo perdé; non ostante che per lui si usassi ogni opera e facessi tutte quelle cose che per uno
prudente e virtuoso uomo si doveva fare, per mettere le barbe sua in quelli stati che l'arme e fortuna
di altri li aveva concessi. Perché, come di sopra si disse, chi non fa è fondamenti prima, li potrebbe
con una gran virtù farli poi, ancora che si faccino con disagio dello architettore e periculo dello
edifizio. Se adunque, si considerrà tutti è progressi del duca, si vedrà lui aversi fatti gran fondamenti
alla futura potenzia; li quali non iudico superfluo discorrere, perché io non saprei quali precetti mi
dare migliori a uno principe nuovo, che lo esemplo delle azioni sua: e se li ordini sua non li
profittorono, non fu sua colpa, perché nacque da una estraordinaria et estrema malignità di fortuna.
Aveva Alessandro sesto, nel volere fare grande el duca suo figliuolo, assai difficultà presenti e
future. Prima, non vedeva via di poterlo fare signore di alcuno stato che non fussi stato di Chiesia;
e, volgendosi a tòrre quello della Chiesia, sapeva che el duca di Milano e Viniziani non gnene
consentirebbano; perché Faenza e Rimino erano di già sotto la protezione de' Viniziani. Vedeva,
oltre a questo, l'arme di Italia, e quelle in spezie di chi si fussi possuto servire, essere in le mani di
coloro che dovevano temere la grandezza del papa; e però non se ne poteva fidare, sendo tutte nelli
Orsini e Colonnesi e loro complici. Era adunque necessario si turbassino quelli ordini, e disordinare
li stati di coloro, per potersi insignorire securamente di parte di quelli. Il che li fu facile; perché
trovò Viniziani che, mossi da altre cagioni, si eron volti a fare ripassare Franzesi in Italia: il che non
solamente non contradisse, ma lo fe' più facile con la resoluzione del matrimonio antiquo del re
Luigi. Passò, adunque, il re in Italia con lo aiuto de' Viniziani e consenso di Alessandro; né prima fu
in Milano, che il papa ebbe da lui gente per la impresa di Romagna; la quale li fu consentita per la
reputazione del re. Acquistata, adunque el duca la Romagna, e sbattuti è Colonnesi, volendo
mantenere quella e procedere più avanti, lo 'mpedivano dua cose: l'una, l'arme sua che non li
parevano fedeli, l'altra, la voluntà di Francia: ciò è che l'arme Orsine, delle quali s'era valuto, li
mancassino sotto, e non solamente li 'mpedissino lo acquistare ma gli togliessino l'acquistato, e che
il re ancora non li facessi el simile. Delli Orsini ne ebbe uno riscontro quando dopo la espugnazione
di Faenza, assaltò Bologna, ché li vidde andare freddi in quello assalto; e circa el re, conobbe
l'animo suo quando, preso el ducato di Urbino, assaltò la Toscana: dalla quale impresa el re lo fece
desistere. Onde che il duca deliberò non dependere più dalle arme e fortuna di altri. E, la prima
cosa, indebolí le parti Orsine e Colonnese in Roma; perché tutti li aderenti loro che fussino gentili
uomini, se li guadagnò, facendoli sua gentili uomini e dando loro grandi provisioni; et onorolli,
secondo le loro qualità, di condotte e di governi: in modo che in pochi mesi nelli animi loro
l'affezione delle parti si spense, e tutta si volse nel duca. Dopo questa, aspettò la occasione di
spegnere li Orsini, avendo dispersi quelli di casa Colonna; la quale li venne bene, e lui la usò
meglio; perché, avvedutisi li Orsini, tardi, che la grandezza del duca e della Chiesia era la loro
ruina, feciono una dieta alla Magione, nel Perugino. Da quella nacque la rebellione di Urbino e li
tumulti di Romagna et infiniti periculi del duca, li quali tutti superò con lo aiuto de' Franzesi. E,
ritornatoli la reputazione, né si fidando di Francia né di altre forze esterne, per non le avere a
cimentare, si volse alli inganni; e seppe tanto dissimulare l'animo suo, che li Orsini, mediante el
signor Paulo, si riconciliorono seco; con il quale el duca non mancò d'ogni ragione di offizio per
assicurarlo, dandoli danari, veste e cavalli; tanto che la simplicità loro li condusse a Sinigallia nelle
sua mani. Spenti adunque, questi capi, e ridotti li partigiani loro amici sua, aveva il duca gittati assai
buoni fondamenti alla potenzia sua, avendo tutta la Romagna con il ducato di Urbino, parendoli,
massime, aversi acquistata amica la Romagna e guadagnatosi tutti quelli popoli, per avere
cominciato a gustare el bene essere loro.
E, perché questa parte è degna di notizia e da essere imitata da altri, non la voglio lasciare indrieto.
Preso che ebbe il duca la Romagna, e trovandola suta comandata da signori impotenti, li quali più
presto avevano spogliato è loro sudditi che corretti, e dato loro materia di disunione, non di unione,
tanto che quella provincia era tutta piena di latrocinii, di brighe e di ogni altra ragione di insolenzia,
iudicò fussi necessario, a volerla ridurre pacifica e obediente al braccio regio, darli buon governo.
Però vi prepose messer Remirro de Orco uomo crudele et espedito, al quale dette pienissima
potestà. Costui in poco tempo la ridusse pacifica et unita, con grandissima reputazione. Di poi
iudicò el duca non essere necessario sí eccessiva autorità, perché dubitava non divenissi odiosa; e
preposevi uno iudicio civile nel mezzo della provincia, con uno presidente eccellentissimo, dove
ogni città vi aveva lo avvocato suo. E perché conosceva le rigorosità passate averli generato qualche
odio, per purgare li animi di quelli populi e guadagnarseli in tutto, volle monstrare che, se crudeltà
alcuna era seguíta, non era nata da lui, ma dalla acerba natura del ministro. E presa sopr'a questo
occasione, lo fece mettere una mattina, a Cesena, in dua pezzi in sulla piazza, con uno pezzo di
legno e uno coltello sanguinoso a canto. La ferocità del quale spettaculo fece quelli populi in uno
tempo rimanere satisfatti e stupidi.
Ma torniamo donde noi partimmo. Dico che, trovandosi el duca assai potente et in parte assicurato
de' presenti periculi, per essersi armato a suo modo e avere in buona parte spente quelle arme che,
vicine, lo potevano offendere, li restava, volendo procedere con lo acquisto, el respetto del re di
Francia; perché conosceva come dal re, il quale tardi si era accorto dello errore suo, non li sarebbe
sopportato. E cominciò per questo a cercare di amicizie nuove, e vacillare con Francia, nella venuta
che feciono Franzesi verso el regno di Napoli contro alli Spagnuoli che assediavono Gaeta. E
l'animo suo era assicurarsi di loro; il che li sarebbe presto riuscito, se Alessandro viveva.
E questi furono è governi sua quanto alle cose presenti. Ma, quanto alle future, lui aveva a dubitare
in prima che uno nuovo successore alla Chiesia non li fussi amico e cercassi torli quello che
Alessandro li aveva dato: e pensò farlo in quattro modi: prima, di spegnere tutti è sangui di quelli
signori che lui aveva spogliati, per tòrre al papa quella occasione; secondo, di guadagnarsi tutti è
gentili uomini di Roma, come è detto, per potere con quelli tenere el papa in freno; terzio, ridurre el
Collegio più suo che poteva; quarto, acquistare tanto imperio, avanti che il papa morissi, che potessi
per sé medesimo resistere a uno primo impeto. Di queste quattro cose, alla morte di Alessandro ne
aveva condotte tre; la quarta aveva quasi per condotta: perché de' signori spogliati ne ammazzò
quanti ne possé aggiugnere, e pochissimi si salvarono; è gentili uomini romani si aveva guadagnati,
e nel Collegio aveva grandissima parte; e, quanto al nuovo acquisto, aveva disegnato diventare
signore di Toscana, e possedeva di già Perugia e Piombino, e di Pisa aveva presa la protezione. E,
come non avessi avuto ad avere respetto a Francia (ché non gnene aveva ad avere più, per essere di
già Franzesi spogliati del Regno dalli Spagnoli, di qualità che ciascuno di loro era necessitato
comperare l'amicizia sua), è saltava in Pisa. Dopo questo, Lucca e Siena cedeva subito, parte per
invidia de' Fiorentini, parte per paura; Fiorentini non avevano remedio: il che se li fusse riuscito
(ché li riusciva l'anno medesimo che Alessandro morí), si acquistava tante forze e tanta reputazione,
che per sé stesso si sarebbe retto, e non sarebbe più dependuto dalla fortuna e forze di altri, ma dalla
potenzia e virtù sua. Ma Alessandro morí dopo cinque anni che elli aveva cominciato a trarre fuora
la spada. Lasciollo con lo stato di Romagna solamente assolidato, con tutti li altri in aria, infra dua
potentissimi eserciti inimici, e malato a morte. Et era nel duca tanta ferocia e tanta virtù e sí bene
conosceva come li uomini si hanno a guadagnare o perdere, e tanto erano validi è fondamenti che in
sí poco tempo si aveva fatti, che, se non avessi avuto quelli eserciti addosso, o lui fussi stato sano,
arebbe retto a ogni difficultà. E ch'e' fondamenti sua fussino buoni, si vidde: ché la Romagna
l'aspettò più d'uno mese; in Roma, ancora che mezzo vivo, stette sicuro; e benché Ballioni, Vitelli et
Orsini venissino in Roma, non ebbono séguito contro di lui: possé fare, se non chi è volle papa,
almeno che non fussi chi non voleva. Ma, se nella morte di Alessandro fussi stato sano, ogni cosa li
era facile. E lui mi disse, ne' dí che fu creato Iulio II, che aveva pensato a ciò che potessi nascere,
morendo el padre, et a tutto aveva trovato remedio, eccetto che non pensò mai, in su la sua morte, di
stare ancora lui per morire.
Raccolte io adunque tutte le azioni del duca, non saprei riprenderlo; anzi mi pare, come ho fatto, di
preporlo imitabile a tutti coloro che per fortuna e con l'arme d'altri sono ascesi allo imperio. Perché
lui avendo l'animo grande e la sua intenzione alta, non si poteva governare altrimenti; e solo si
oppose alli sua disegni la brevità della vita di Alessandro e la malattia sua. Chi, adunque, iudica
necessario nel suo principato nuovo assicurarsi de' nimici, guadagnarsi delli amici, vincere o per
forza o per fraude, farsi amare e temere da' populi, seguire e reverire da' soldati, spegnere quelli che
ti possono o debbono offendere, innovare con nuovi modi li ordini antichi, essere severo e grato,
magnanimo e liberale, spegnere la milizia infidele, creare della nuova, mantenere l'amicizie de' re e
de' principi in modo che ti abbino o a beneficare con grazia o offendere con respetto, non può
trovare è più freschi esempli che le azioni di costui. Solamente si può accusarlo nella creazione di
Iulio pontefice, nella quale lui ebbe mala elezione; perché, come è detto, non possendo fare uno
papa a suo modo, poteva tenere che uno non fussi papa; e non doveva mai consentire al papato di
quelli cardinali che lui avessi offesi, o che, diventati papi, avessino ad avere paura di lui. Perché li
uomini offendono o per paura o per odio. Quelli che lui aveva offesi erano, infra li altri, San Piero
ad Vincula, Colonna, San Giorgio, Ascanio; tutti li altri, divenuti papi, aveano a temerlo, eccetto
Roano e li Spagnuoli: questi per coniunzione et obligo; quello per potenzia, avendo coniunto seco el
regno di Francia. Per tanto el duca, innanzi ad ogni cosa, doveva creare papa uno spagnolo, e, non
potendo, doveva consentire che fussi Roano e non San Piero ad Vincula. E chi crede che ne'
personaggi grandi è benefizii nuovi faccino dimenticare le iniurie vecchie, s'inganna. Errò, adunque,
el duca in questa elezione; e fu cagione dell'ultima ruina sua.
COS’ E’: un trattato politico articolato in 26 capitoli così suddivisi: dal capitolo 1 all’11 “vari tipi
di principati”, dal capitolo 12 al 14 “l’ordinamento delle milizie”, dal capitolo 15 al 23 “la figura
del principe e i suoi modi di governo”, dal capitolo 2 al 26 “la situazione italiana”.
CHI E’ L’AUTORE: Niccolò Machiavelli, funzionario politico e intellettuale. Nacque a Firenze
nel 1469 da una famiglia agiata, ricevette una buona educazione umanistica, perché ebbe un’ottima
conoscenza dei classici latini. Il suo ingresso nella vita pubblica fiorentina avviene nel 1498, anno
della caduta del Savonarola, venne nominato segretario d due importanti magistrature collegiali che
si occupavano di affari diplomatici e militari. Non ha responsabilità politiche dirette ma è un
funzionario di alto rango: gli sono affidate missioni diplomatiche importanti, come quelle presso
Luigi XII di Francia, Cesare Borgia, l’imperatore Massimiliano d’Asburgo. In seguito al ritorno a
Firenze dei Medici, fu escluso da ogni incarico e confinato per un certo periodo a vivere nel suo
podere poiché implicato nel regime precedente. Nel 1513 subì anche un periodo di carcerazione e fu
sottoposto a tortura perché sospettato di complicità in una congiura atimedicea. In questa
condizione di ozio forzato nascono le sue opere maggiori. Nel 1527 dopo il sacco di Roma Firenze
scaccia i Medici e restaura la Repubblica, ma Machiavelli viene di nuovo escluso dagli incarichi
pubblici; morì il medesimo anno.
DI CHE EPOCA: 1513
DOVE: l’opera venne scritta a Firenze
PERCHE’ E’ STATA REALIZZATA:
quest’opera è il frutto delle continue meditazioni di Machiavelli sulle vicende storiche e sulla
dottrina politica del suo tempo
COSA DICE E COME LO DICE:
il Principe è un’opera innovativa che per la prima volta affronta il tema del potere senza alcun
pregiudizio morale o religioso. Venne dedicata a Lorenzo de’ Medici, duca di Urbino, nipote di
papa Leone X.
La fonte in particolare si riferisce al capitolo VII dell’opera, in cui si parla di principati nuovi
acquisiti con armi e fortuna altrui. Protagonista assoluto è Cesare Borgia, il duca Valentino (figlio
naturale di papa Alessandro VI), che Machiavelli propone come figura da imitare per i principi
nuovi. Così Cesare Borgia, uomo astuto e superbo, capace di commettere crimini di ogni tipo e di
non averne il minimo rimorso, personaggio assai esecrabile del tempo, viene additato da
Machiavelli come modello da seguire, proprio per le azioni più nefande. Diventa modello di “virtù”
cioè di capacità di perseguire i propri fini e di dominare le situazioni. Infatti, l’improvvisa rovina
che colpì il duca Valentino viene giustificata dallo scrittore come risultato di un concorso di
circostanze di “fortuna” talmente avverse da superare ogni “virtù”umana.
Machiavelli si astiene pertanto dal dare giudizi morali, valuta i comportamenti solo in funzione
della loro efficacia, non mostrando la minima compassione per le vittime che non hanno saputo
difendersi con altrettanta “virtù”.
Lezione 3: sintesi e approfondimento (2 ore)
Monitoraggio in itinere: l'insegnante chiede agli studenti di descrivere la figura di Lorenzo il
magnifico così come era emersa nella lezione precedente.
Mostra e chiede di osservare il ritratto di Lorenzo il Magnifico di Giorgio Vasari: l'analisi della
fonte iconografica
ha il fine di riassumere i concetti principali che caratterizzano il
rinascimento italiano.
CONTESTUALIZZAZIONE:
Giorgio Vasari lavorò come pittore e architetto presso la corte dei Medici.
Questo dipinto dell'artista, conservato agli Uffizi di Firenze, ritrae
Lorenzo il Magnifico.
DESCRIVERE ESTERNAMENTE:
Tavola, cm 90x72; Lorenzo è raffigurato in posa rilassata. Sullo sfondo vi
sono iscrizioni ed allegorie allusive alle virtù del Magnifico e alle sue
vittorie sul vizio, spiegate accuratamente dallo stesso Vasari. I colori sono
scuri e danno un senso di severità all’immagine.
ANALIZZARE INTERNAMENTE:
In questo quadro vengono esaltate le virtù di Lorenzo e la sua correttezza
e integrità morale.
L'approfondimento sul personaggio di Lorenzo il Magnifico permette evidenziare come il
fenomeno storico interessa anche ogni aspetto della cultura e delle arti.
Attraverso una lezione frontale dialogata si riprende il concetto di mecenatismo già studiato in
altri momenti storici per andare ad analizzare come si modifica
Si evidenzia il nuovo ruolo delle corti e degli intellettuali in questo momento storico.
Interdisciplinarità: in accordo con l'insegnante di storia dell'arte questo approfondimento
culturale potrà essere svolto in parallelo approfondendo anche sul piano artistico architettonico il
periodo rinascimentale.
Verifica sommativa (1 ore)
Verifica con domande semi-strutturate sui principali concetti approfonditi.