la parola della domenica Anno liturgico B omelia di don Angelo

la parola della domenica
Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella V Domenica dopo il Martirio di S. Giovanni Battista B.
secondo il rito ambrosiano
27 settembre 2009
Dt 6,1-9
Sal 118
Rm 13,8-14a
Lc 10,25-37
Insistente questa indicazione per il comandamento dell’amore nelle letture di questa
domenica: “chi ama l’altro ha adempiuto la legge”! Conosciuta questa parabola di Gesù,
starei per dire, così conosciuta e così poco praticata, quando invece l’indicazione è esplicita,
senza possibilità di esitazioni: “Va’ e anche tu fa’ così”!
C’è una concretezza in questa parabola. “va’ e fa’”. Come se Gesù volesse stanare il dottore
della legge, l’esperto in teologia, ma anche noi, dalle infinite parole, da tutte le nostre
sottigliezze e dichiarazioni di principio. Che sono semplicemente un paravento, ampiamente
praticate con l’unico intento di esibire se stessi.
Ebbene diversamente da quanto fanno gli altri evangelisti Luca mette in gioco il dottore della
legge, non per discettare su “il più grande dei comandamenti”, ma su “chi è il prossimo”. Che
poi, in concreto, del prossimo non gliene importi più di tanto al dottore della legge è alluso
chiaramente dal testo: “si alza” non per imparare qualcosa, ma “per mettere alla prova”, per
sfidare l’altro. E quando Gesù chiude in modo lapidario il discorso, con una risposta concisa,
cha ratifica l’essenziale “ama Dio e ama il prossimo”, quello ancora una volta, lo interpella e
non per imparare qualcosa, è scritto: “volendo giustificarsi chiese a Gesù: Chi è il mio
prossimo”.
Uomini dell’apparato che non mettono in questione se stessi, mettono in questione parole e
usano le parole per mettere in difficoltà l’altro, per esibire se stessi e la loro superiorità sugli
altri! Succede anche oggi, può succedere anche a noi!
Perché, vedete, si possono frequentare libri religiosi, anche le Scritture e sfuggire
all’impegno nella vita. Gesù invita il dottore a leggere le Scritture, quello trova il
comandamento, sta scritto. Gesù gli dice “fa questo è vivrai”. Ma al dottore della legge non
basta che stia scritto. Come a dire che puoi leggere le Scritture e sfuggire al comandamento
con il sofisma di una domanda: “E chi è il mio prossimo?”.
Non so se sbaglio, ma mi sembra di capire che a questo punto Gesù costruisce la parabola,
mettendo in gioco gente come lui, quasi costruendola su coloro che sbandierano
frequentazioni delle Scritture. O del tempio. E inventa la figura del sacerdote e del levita che
vedono quel malcapitato massacrato dai briganti, vedono ma non si fermano, passano oltre.
Guardate che la parabola è sconcertante nella sua vis polemica contro i frequentatori del
tempio.
Una vis polemica che poi si dilata a dismisura, perché Gesù chi fa fermare davanti all’uomo
aggredito? Chi si ferma è un samaritano, cioè uno considerato un coacervo di impurità in
fatto di religione. Noi, vedete, la parabola l’abbiamo ascoltata da piccoli e forse non ci
sorprende. Guardate che se non sapessimo che appartiene al vangelo e che ad inventarla
per tutti noi è stato il Signore Gesù, tutti diremmo che a inventare un racconto simile altri non
poteva essere stato che un anticlericale.
Gesù sembra dire senza peli sulla lingua, senza mezzi termini: guardatevi un po’, voi che
fate questione di ortodossia, voi che sbandierate le vostre conoscenze, le vostre
frequentazioni e le vostre appartenenze religiose e poi non vi fermate davanti a un
poveraccio. Voi che non vi prende, nemmeno vi sfiora, un sentimento di compassione. Voi
che provate, e non ve ne dispiace disprezzo, per il samaritano, per voi un meticcio in fatto di
fede. Guardatelo. A fermarsi, perché preso da sentimenti di compassione, di misericordia, è
lui. Ma non avete letto nelle scritture ciò che dice Dio? “Io non voglio sacrifici, voglio la
compassione”.
“Chi dei tre ti sembra sia stato prossimo di quell’uomo?”. “Chi ha avuto compassione di lui”.
Ebbene dice Gesù: “va e fa’ anche tu lo stesso”. Va’ e fa’ la compassione. Dove il problema sorprendente l’insegnamento di Gesù! - il problema non è di arzigogolare su chi è prossimo
da aiutare, perché il problema non esiste. E’, per il semplice fatto che uno è uomo, che va
aiutato, e non, se è della tua fede, della tua cultura, se regolare o se è clandestino.
Domandati se è un uomo come te, basta questo a chiederti di fermarti, perché questo è
quello che fa Dio. Se uno è per terra, lui lo rialza. Il problema, il problema vero, siamo noi: se
abbiamo viscere che si commuovono, se abbiamo cuore o no.
“Va’ e fa’ questo”. E allora io a chiedermi se faccio questo: se mi prende compassione, se mi
faccio vicino o sto sull’ altro lato della strada, se mi prendo cura delle ferite che la vita lascia
sui corpi e sulle anime di tanti, se so pagare di persona, se so scomparire, come il
samaritano, quando c’è il pericolo di essere ringraziati. “Va’ e fa’ lo stesso!”.
Mi chiedo se veramente pensiamo, come oggi scrive Paolo, che questo è il compimento
della legge. Chissà se è vero che i nostri esami di coscienza ci hanno insegnato che è
questa la pienezza della legge. E che su questo ci dobbiamo interrogare.
Oggi leggendo il brano del Deuteronomio rimanevo colpito perché, parlando dei precetti,
diceva: “Ti stiano fissi nel cuore, li ripeterai ai tuoi figli” e seguiva quasi un invito, perdonate il
verbo, a stampare la legge del Signore dappertutto: casa, strada, quando ti corichi e quando
ti rialzi, quando usciamo e quando rientriamo. E io a chiedermi se è questo ciò che abbiamo
insegnato ai nostri figli, “il farci vicini agli altri”, non importa chi. Se abbiamo insegnato loro
che questo è vivere. “Fa’ questo e vivrai”. Non vegeterai, vivrai. Questa la cosa più
affascinante della vita.
Ce lo ricordava un cosiddetto non credente, un samaritano, direbbe qualcuno, Luigi Pintor
quando scriveva: “Non c’è in un’intera vita cosa più importante da fare che chinarsi, perché
un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi”.
Per la riflessione
Di fronte a certi fenomeni Gesù diventava “anticlericale”. Siamo oggi in presenza di fenomeni
che giustamente ci dovrebbero rendere “anticlericali”? Quali?
Educare a “farci vicini”? Succede oggi nelle case? Cosa fare perché succeda?
Come oggi “stampare” il comandamento essenziale dappertutto? Dovrebbe essere
pubblicizzato, contro altre pubblicità. Ma come?