Heidegger - Fata Libelli

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Heidegger
L'esistenzialismo è un movimento filosofico e culturale, sviluppatosi nell'Europa occidentale tra le due guerre
mondiali, che pone in primo piano la riscoperta dell'esistenza , intesa come il modo di essere tipico e problematico
dell'uomo nella sua vita individuale e particolare. L'esistenzialismo si diffonde in tutta Europa e assume in alcune aree
tematiche differenziate. in ambito tedesco, Heidegger e Jaspers riprendono la problematica ontologica e del tema
kierkegaardiano della singolarità vissuta, in connessione con la lezione della fenomenologia. In area francese, Sartre,
Merleau-Ponty e Marcel delineano l'esistenzialismo soprattutto come filosofia dell'esistenza e della libertà in un mondo
assurdo, dove l'uomo è messo in discussione dalle questioni della responsabilità, dell'impegno politico e della felicità.
Martin Heidegger
Martin Heidegger
1. La vita e le opere
‹‹Nato a Messkirch il 26 settembre 1889, Martin Heidegger studio all'università di Friburgo, laureandosi nel 1913 con
una tesi su La teoria del giudizio nello psicologismo, pubblicata poi nel 1914. Ottenuta la docenza nel 1915 a Friburgo con
lo scritto La teoria delle categorie e del significato in Duns Scoto, nel 1919 divenne assistente di Husserl che frattanto era
stato chiamato in quell'università; professore a Marburgo nel 1923, nel 1927 pubblicò Essere e tempo, l'opera
generalmente considerata il suo capolavoro, che ebbe vasta influenza anche al di fuori delle correnti esistenzialistiche
vere e proprie. Nel 1928 Heidegger torno a Friburgo come successore di Husserl e nel 1929 tenne l'importante prolusione
Che cos'e la metafisica?, pubblicata in quello stesso anno in cui escono pure il libro su Kant e il problema della metafisica
e L'essenza del fondamento. Nel 1933, all'avvento del nazionalsocialismo Heidegger vi aderì e, nominato rettore
dell'università di Friburgo, pronuncio il discorso inaugurale sulla Autoaffermazione dell'università tedesca; già nell'anno
successivo però si dimise da rettore e si allontanò definitivamente dalla vita politica, dedicandosi interamente agli studi e
all'insegnamento; di questo periodo sono le importanti conferenze su Holderlin e quella sull'origine dell'opera d'arte che
uscirà insieme ad altri scritti nel volume Sentieri interrotti, del 1950; del 1942 e poi il saggio su La dottrina platonica della
verità, a cui seguono nel 1943 L'essenza della verità e nel 1947 la breve, ma importante, Lettera sull'umanismo, dove
Heidegger parla della "svolta" del suo pensiero e segna le differenze tra la propria posizione e l'esistenzialismo
soprattutto di Sartre.
Escono successivamente: L'introduzione alla metafisica, del 1953; Che significa pensare?, del 1954; II principio del
fondamento, del 1955; In cammino verso il linguaggio, del 1957 (l'opera forse più significativa della riflessione sul
linguaggio, caratteristica dell'"ultimo" Heidegger); Nietzsche, del 1961 (due importanti e densi volumi che raccolgono i
risultati di corsi universitari del 1936-46 e danno un'interpretazione di Nietzsche strettamente connessa alla storia della
metafisica occidentale); Il trattato di Schelling sull'essenza della libertà umana, del 1971. Già prima della sua morte,
avvenuta a Messkirch il 26 maggio 1976, e iniziata la pubblicazione di molti altri inediti nella raccolta delle sue Opere.››
2. Analitica esistenziale e temporalità dell'esistenza
Già dalla pubblicazione di Essere e tempo il pensiero di Heidegger comporta una radicale trasformazione delle concezioni
dell'uomo, della filosofia, dell'essere e dell'esistenza.
‹‹ Heidegger, infatti, pur accettando come limite invalicabile la finitezza dell'uomo, esclude però la possibilità,
presupposta da ogni forma di filosofia kantiana o neokantiana, di definire tale finitezza, fondandosi su distinzioni rigide e
strutturali di facoltà o modi di conoscenza (senso, intelletto, ragione, intuizione, concetto, ecc.). Secondo Heidegger si
tratta, invece, di accogliere gli insegnamenti della fenomenologia e di guardare alle cose come si manifestano. Ma
l'adozione del metodo fenomenologico non mira alla descrizione e definizione di essenze o "regioni" della realtà (come
nel pensiero husserliano), bensì viene applicato anzitutto e pregiudizialmente all'uomo. Tra tutti gli enti che lo
circondano e che possono essere oggetto della sua ricerca, l'uomo infatti è l'unico il cui modo di essere sia proprio la
ricerca, l'unico ente, insomma, che interrogando se stesso interroga l'Essere e viceversa. L'uomo è quindi propriamente
esistenza, e non una struttura rigida di facoltà o di disposizioni come volevano le filosofie precedenti, in quanto mettendo
in questione se stesso porta alla luce e interpreta il senso dell'Essere e viceversa Studiare il nesso che intercorre tra i
modi di essere progettati e realizzati dall'uomo e il senso dell'Essere che si manifesta nell'esistenza è quindi il compito di
un nuovo tipo di filosofia: l'analitica dell'esistenza. Nell'analitica dell'esistenza viene necessariamente riproposto il
problema dell'Essere (giacché l'esistenza non è una soggettività chiusa in se stessa o sospesa nel vuoto, ma sempre legata
storicamente e ontologicamente all'Essere), ma in modo radicalmente diverso da quello della metafisica quale si è svolta
da Parmenide a Hegel, giacché l'Essere non è mai oggetto o contenuto di conoscenza. Per altro verso l'analitica
dell'esistenza si distingue pure nettamente dalla filosofia trascendentale, perche non vuole ne ritiene possibile
individuare e descrivere "forme a priori" della ragione al di fuori del tempo e immutabili nel tempo, ma studia invece le
possibilità dell'esistenza quali si manifestano nel tempo, progettandosi in una dimensione intrinsecamente temporale.
Delle varie forme in cui si realizza l'esistenza ("prendersi cura delle cose", essere in rapporto con gli altri sul generico
piano dell'impersonalità, del "si dice, si fa", ecc.), una particolare importanza ha infatti il rapporto con la morte, ossia
quella "anticipazione,, della morte, dalla quale deriva il senso dell'angoscia. L'angoscia non e, come la paura generica, un
timore di fronte a qualcosa di determinato, ma è ciò che si prova di fronte al completo annientamento dell'esistenza, di
fronte al nulla come perenne minaccia che incombe sugli enti, ed e quindi quel sentimento affettivo che fa scoprire nella
morte la possibilità estrema e decisiva dell'esistenza . L'esistenza si scopre come tale soltanto nella misura in cui la morte
non e intesa come qualcosa di anonimo e impersonale, ma come il limite rispetto al quale occorre decidere, staccarsi dal
piano banale di ciò che è semplicemente dispersivo. Nessuno, osserva Heidegger può assumere su di sè la morte di un
altro; può certo morire per un altro, ma non mai sottrarre un altro alla sua propria morte. E dunque nell'anticipazione
della morte che l'esistenza scopre il proprio-senso più autentico, e questo è essenziale per comprendere il carattere
temporale e storico dell'esistenza stessa.››
3. Esattezza e verità
Heidegger rovescia l'interpretazione comune del mito della caverna secondo il quale l'uomo abbandonando il vincolo dei
sensi e direzionandosi verso le idee attraverso l'uso della matematica, sarebbe giunto alla verità.
‹‹E' accaduto invece proprio il contrario. Platone indirizzando l'uomo verso le "essenze", contrapposte alla realtà
sensibile, ha introdotto un concetto di verità come esattezza (nel senso in cui il risultato di una equazione è esatto o la
definizione di un termine èesatta, ossia in un senso interno al giudizio e alla proposizione) che ha gravato poi come un
destino sull'intera civiltà occidentale. L'autentico concetto della verità è invece attestato nell'etimologia della parola greca
aletheia = verita che vuol dire appunto dis-velamento, e quindi disvelamento dell'Essere. Anche in questo caso, però,
bisogna guardarsi dall'intendere la posizione heideggeriana secondo schemi tradizionali, come se essa volesse dire, ad
esempio, che Dio si svela o si rivela all'uomo nella natura, nella storia o nella Scrittura; o, per lo meno, bisogna osservare
che tutti questi termini assumono in Heidegger un significato completamente nuovo e diverso. L'Essere infatti non può
venire inteso ne come il Dio aristotelico, intelletto puro in sè perfetto, ne come il Dio cristiano creatore, redentore e
provvidenza, ne come la sostanza spinoziana, ne come lo Spirito hegeliano. L'Essere di cui parla Heidegger è
radicalmente legato al nulla e ha un destino, una storia connessa alla "differenza ontologica", ossia alla differenza
ineliminabile tra l'Essere e gli enti (le cose finite e transeunti), continuamente minacciati di annientamento e quindi
condizionati dall'unita originaria di Essere e nulla.››
Pertanto l'errore di ogni forma di platonismo è quello di asserire che gli enti possiedano un fondamento intellegibile.
4. La tecnica, il mondo moderno
Per Heidegger la tecnica non è uno strumento in mano all'uomo che quest'ultimo può sfruttare a suo piacimento, ma essa
è il risultato del processo che scaturisce dalla dimenticanza, da parte dell'uomo, dell'Essere dal conseguente
attaccamento agli enti. Ciò ha causato lo stabilirsi di un atteggiamento di dominio e sfruttamento da parte dell'uomo.
La fede nella tecnica quindi non è altro che la fede in un processo di dominio che non ha più altro scopo che se stesso e
tende a subordinare tutto a se stesso.
Se poi Heidegger per questo verso è vicino a Nietzsche nella critica globale dell'intero corso della civiltà occidentale e
delle illusioni ottimistiche e razionalistiche circa il fatto che la storia possa in qualche modo offrire all'uomo garanzie di
progresso, tuttavia se ne distingue perché accusa Nietzsche di non essere stato ancora abbastanza radicale nella sua
critica della metafisica, perché ha negato si tutti i valori precedenti, ma ha auspicato un "rovesciamento dei valori" come
preparazione di nuovi valori. Nietzsche, in altri termini, e rimasto ancora prigioniero delle prospettive "umanistiche"
perche non ha rifiutato il concetto platonico di "valore", ma ha semplicemente auspicato la sostituzione di valori ormai
consunti con altri nuovi e adeguati. Questa critica a Nietzsche è molto importante perche aiuta anche a capire meglio la
"svolta" e soprattutto la polemica heideggeriana contro ogni interpretazione puramente umanistica, antropologica,
diciamo pure esistenzialistica, della sua filosofia.››
5. La storicità dell'arte e la funzione della poesia
In un contesto talmente pervaso dal nichilismo Heidegger sostiene che lo spiraglio di luce provenga dalla poesia.
‹‹ Per Heidegger infatti l'arte non è un incontro intemporale o sopratemporale con una verità in sè intemporale, ma, al
contrario, l'arte, l'opera d'arte, è " porsi in opera della verità" L'opera d'arte - le scarpe della contadina dipinte da Vn
Gogh o la fontana romana cantata dal poeta C.F. Meyer, a cui Heidegger ha dedicato alcune tra le pagine più belle dei
suoi Sentieri interrotti - non è infatti la riproduzione poetica di una realtà esistente ne la rappresentazione della sua
essenza universale, come tante volte si è detto nella storia dell'estetica.››
6. Linguaggio ed ermeneutica
"Questo sviluppo del pensiero di Heidegger può forse esser compreso meglio se si ricorda un altro aspetto essenziale della
sua posizione, e cioè la concezione "ermeneutica, dell'esistenza e della filosofia. L'ermeneutica nei secoli precedenti era
stata quella scienza che indicava le regole e i procedimenti per interpretare un testo (la Sacra Scrittura, un codice,
un'opera letteraria o poetica, ecc.), ma già nell'Ottocento con l'affermarsi di scienze dello spirito distinte dalle scienze
della natura era stata intesa come qualcosa di più ampio e applicata al mondo della storia, che, essendo sempre diverso e
individuale, si può solo comprendere, interpretare e non definire con concetti generici e universali. Con Heidegger
l'importanza dell'ermeneutica diventa ancora maggiore, come si vede già da Essere e tempo, la dove Heidegger mostra
come le proposizioni, gli enunciati, oggetto della logica e di tutte le scienze, siano possibili soltanto grazie a delle
"precomprensioni, ossia a dei modi di comprendere e interpretare la realtà che ne anticipano il senso circoscrivendo
l'ambito entro cui si definisce poi la loro esattezza o meno e quindi siano forme di sapere e di parlare "derivate", non
originarie, primordiali. L'esistenza è infatti una forma di finitezza che si trova sempre in una situazione progettata e
progettante nel mondo e non certo una forma di sapere intuitivo o puramente speculativo. In questo senso Heidegger
non ha alcuna esitazione a riconoscere la struttura "circolare" dell'interpretazione, che non per questo può o deve essere
ridotta a un "circolo vizioso", a una petizione di principio che costituisca un inconveniente ineliminabile.
[...]
Indubbiamente queste considerazioni per certi aspetti possono far pensare alla fenomenologia e alla concezione della
coscienza come intenzionalità, ma in Heidegger assumono un senso specifico sempre più qualificato dall'impostazione
esistenziale prima e storico-ontologica poi del problema della verità. L'ermeneutica diventa essenziale non solo in quanto
dimensione condizionante il sapere proposizionale, ma soprattutto in quanto la storicità non e qualcosa di esterno, ma e
il modo in cui si costituisce e realizza l'esistenza e coinvolge lo stesso Essere che dall'esistenza viene interrogato. In altri
termini, se l'Essere fosse costituito da idee di tipo platonico o avesse una struttura logico-matematica, certamente
toccherebbe alla logica decifrarlo o comunque indicare le regole per comprenderlo; ma siccome l'Essere non ha nessun
senso salvo quello che si manifesta via via nell'esistenza, e quindi nel discorso umano sull'Essere stesso, questo discorso
può avere altra regola ne criterio salvo il proprio continuo sviluppo e confronto. Ora, il modello di un discorso che non ha
nessun altro criterio al di fuori di se steso, è proprio la poesia, la quale diventa in tal modo l'ambito nel quale l'Essere si
rivela e si manifesta con un discorso che è sempre "per via", ossia mai concluso. Proprio per questo negli ultimi sviluppi
del pensiero di Heidegger si è fatta sempre più forte l'insistenza sull'importanza ontologica del linguaggio come "ascolto"
dell'Essere, giacché non è l'uomo a governare la storia dell'Essere, ma piuttosto ne è governato; così mentre l'analitica
dell'esistenza di Essere e tempo aveva fatto pensare a una nuova antropologia, la filosofia dell'"ultimo" Heidegger ha
trovato invece echi e sviluppi nelle correnti che, dalla psicoanalisi alla linguistica, dall'estetica alla teologia, cercano nel
linguaggio la chiave per una più adeguata comprensione della realtà"
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