Martin Heidegger Contesto storico culturale Dopo la Grande Guerra, la Germania conosce, in campo culturale, una grande fioritura delle arti e della filosofia. Non solo si affermano nuove prospettive nell’ambito delle scienze (dalla fisica alla psicoanalisi), ma anche esperienze artistiche di vario tipo, dal teatro di Brecht all’espansionismo nelle arti figurative e letterarie di Thomas Mann e Hermann Hesse. Ma questa stazione democratica avrà breve durata: la crisi mondiale del 1929 produce una forte disoccupazione soprattutto in Germania portando all’avvento del Nazismo. Con la sconfitta e il crollo del regime nazista, la Germania viene spartita dalle quattro potenze vincitrici in due zone d’influenza: a) Una repubblica federale, con capitale Bonn b) Una repubblica democratica, sotto il controllo dell’URSS, con capitale Berlino Est. La citta di Berlino, divisa, sarà il simbolo più noto della cosiddetta Guerra Fredda. Durante gli anni della massima fioritura culturale tedesca, cioè durante la Repubblica di Weimar, Martin Heidegger pubblica il suo più noto testo, nonché, un libro che avrà grande influenza nella filosofia del Novecento: Essere e Tempo. La data di pubblicazione è il 1927. Vita e opere Martin Heidegger nasce nel 1889 a Mebkirch, nella Foresta Nera, da una modesta famiglia di fede cattolica. Per proseguire gli studi nella scuola superiore viene mandato nel 1903, al collegio cattolico di Costanza e lì frequenta un liceo statale. Nel 1909 si iscrive all’università di Friburgo, frequenta la facoltà di teologia e si interessa a studi filosofici. Nel 1915, divenuto libero docente, insegna a Friburgo, sotto la guida del filosofo Edmund Husserl. Nel 1929 pubblica il suo capolavoro Essere e Tempo. Segue con simpatia l’affermarsi del Nazismo e, nel 1933, si iscrive al partito nazionalsocialista e, in questo modo diventa rettore dell’Università. Ma non scriverà mai opere di carattere politico. A partire da questi anni, però, il suo pensiero subisce una svolta, dedicandosi a tematiche di carattere ermeneutico, cioè di interpretazione di testi poetici a cui affida un ruolo importantissimo: quello di essere portatori di un orizzonte di significati diversi da quelli espressi dalla metafisica tradizionale e, per questo, capace di alludere a domande che la metafisica non può spiegare con il suo linguaggio lucido e razionale: la questione sull’essere. Questa svolta nel pensiero di Heidegger che influenzerà filosofi successivi come Gadamer, è evidente in numerose opere pubblicate a partire dalla seconda metà degli anni Trenta come Holderin e l’essenza della poesia, (1937), Sentieri interrotti (1950). Muore nel 1976. Il pensiero di Heidegger, insomma, si può distinguere in due fasi: a) La prima dominata da tematiche di tipo definire esistenzialista, la cui opera è Essere e Tempo (1929). b) La seconda di carattere ermeneutico, cioè interpretativo, la cui opera principale è Sentieri interrotti (1950). I) La prima fase del pensiero heideggeriano: Le tematiche di Essere e Tempo sono di carattere esistenzialista cioè relative alle questione profonde dell’esistenza del singolo, alcune delle quali già anticipate nel pensiero di Soren Kierkegaard. 1) L’opera Essere e Tempo pone come prima domanda la questione: perché l’essere e non il nulla? Questa domanda, essendo inaccessibile ad un essere finito (temporalmente) come l’uomo, non può essere risposta e porta l’indagine a spostarsi dalla questione dell’essere a quella dell’uomo come colui che si pone la domanda sull’essere. 2) L’indagine sull’esistenza viene chiamata un’analisi dell’esistenza stessa (analitica dell’esistenza) che necessita di un metodo chiamato da Heidegger fenomenologico. Il metodo fenomenologico indaga le strutture dell’esistenza attraverso una riduzione all’essenziale di ciò che è proprio dell’uomo. Fenomenologia, nel pensiero di Heidegger, significa studiare l’oggetto per quello che è nella sua essenza mettendo tra parentesi i pregiudizi su di esso. L’oggetto da studiare è l’uomo. 3) Quali sono, a partire dalla costatazione di questo metodo, le strutture costitutive dell’uomo? a) L’uomo, secondo Heidegger è un essere che è qui ed ora cioè un esser-ci (qui ed ora) e che come tale si pone in relazione ad un mondo e in relazione agli altri. b) Siamo, insomma, un esser-ci e un essere con altri c) L’atteggiamento dell’uomo come essere nel mondo è quello della cura: una pratica che porta l’uomo a preoccuparsi delle cose e di aver cura degli altri che restituisce a lui quella coscienza che gli fa comprendere la sua fragilità come essere che è finito e come tale si progetta. d) L’uomo prendendosi cura del mondo e progettando il suo futuro, comprende di avere un tempo limitato in cui può spendere il suo tempo. Dalla consapevolezza di questa brevità della vita l’uomo comprende il carattere costitutivo dell’esistenza umano che è la sua temporalità. e) La consapevolezza della brevità della sua vita e di essere, quindi, un individuo storico può portare in lui la consapevolezza di realizzare la sua vita in modo autentico e di fare scelte coraggiose e significative che possono dare valore alla sua esistenza. f) Questa scelta si realizza nell’istante il cui valore resta, secondo Heidegger, quello costitutivo di una esistenza autentica. g) Contro l’inettitudine del quotidiano Heidegger rivendica la ricchezza di scelte autentiche, fatte in totale autonomia ,che danno all’uomo il suo carattere di unicità, cioè di essere un individuo unico e diverso dall’altro e consapevole di esserlo. II) La seconda fase del pensiero Heideggeriano: Sentieri Interrotti (1950). Le riflessioni su Essere e Tempo si fermano quindi sull’esistenza dell’uomo, cioè su “chi si pone la questione dell’Essere”. La seconda fase del pensiero heideggeriano è dominato da un profondo ripensamento critico del problema della metafisica, perché inadeguata a parlare dell’essere. Secondo Heidegger è proprio il linguaggio così deciso e “assertivo” a rendere inadeguata la metafisica occidentale. Sappiamo che la metafisica è la scienza dell’essere in quanto essere, secondo una definizione famosa di Aristotele. In questo senso è anche una ontologia (cioè la scienza dell’essere). a) La ricerca sull’essere, insomma, non può più venire effettuata secondo il “linguaggio della metafisica”, così come è andata configurandosi da Platone in poi. b) Le riflessioni sul linguaggio come ciò che ha da sempre impedito all’essere di essere ascoltato, porta Heidegger a rivalutare il linguaggio della poesia che essendo composta da parole evasive e mai assertive, cioè definitive, assolute, possono portare ad una apertura verso la questione centrale della filosofia occidentale, cioè la questione: perché l’essere e non il nulla. c) In conclusione possiamo dire che per Heidegger l’essere è sempre oltre il nostro orizzonte, perché siamo esseri finiti e limitati. Questo, però, non conduce al nichilismo, come in Nietzsche ma ad una sospensione del giudizio verso la questione .