Un corpo sano per il Terzo Reich "Quanti sanno che i prigionieri del

Un corpo sano per il Terzo Reich
"Quanti sanno che i prigionieri del campo di Dachau producevano miele biologico o che gli attivisti della
salute del partito nazista lanciarono la più poderosa campagna mondiale contro il fumo? Quanti sanno che
quella nazista fu la più aggressiva guerra contro il cancro mai sferrata nel mondo, e che contemplava
restrizioni all'uso dell'asbesto, divieti riguardanti il tabacco, i pesticidi e i coloranti alimentari cancerogeni?
Quanti sanno che la soia fu dichiarata 'soia nazista' o che ai forni fu imposto per legge di produrre pane
integrale?" Con queste imprevedibili domande a bruciapelo Robert N. Proctor apre il suo nuovo libro La
guerra di Hitler al cancro (Raffaello Cortina, pp. 452, L. . 49.000), avendo alle spalle autorevoli lavori sul
brutale operare dei medici nazisti e sulla politica Usa di sterilizzazione dei disabili. Questa ultima fatica di
Proctor costituisce, nel panorama degli studi sul nazismo, una ricerca atipica, che coraggiosamente indaga
territori mai attraversati dalla sterminata storiografia sul Terzo Reich. L'attenzione è infatti focalizzata sulla
politica nazista del corpo (con le relative nozioni di malattia e di salute) e sui suoi progetti di lotta alla
malattia. Se la partecipazione dei medici nazisti ai crimini razziali suscita esecrazione, non poco disagio
induce sapere che i medici nazisti e gli attivisti della salute pubblica "fossero coinvolti in attività che oggi
potremmo considerare 'progressiste' o persino socialmente responsabili, e che una parte di quelle iniziative
fosse una diretta conseguenza di quella ideologia". Sappiamo che il nazismo fu un fenomeno più insidioso e
più subdolmente accattivante di quanto di solito non si immagini. L'analisi della poco nota, e per certi versi
sconosciuta, storia della politica sanitaria del nazismo, può contribuire a dare una risposta all'inquietante
interrogativo: perché tanti tedeschi, e in particolare tanti medici, hanno accolto con totale adesione
l'ideologia nazista? "Il nazismo ebbe un vasto consenso non solo perché i tedeschi odiavano gli ebrei.
L'antisemitismo è centrale nell'ideologia nazista, ma non fu l'unico, né il principale motivo di aggregazione
alla causa. Il movimento nazista fu visto come una fonte di rigenerazione, nella sanità pubblica e gli altri
settori". Negli anni Venti e Trenta, per la propaganda nazista il cancro diventa un simbolo: una malattia della
civiltà, della modernità, espressione di quanto l'uomo si fosse allontanato dalle sue naturali origini
biologiche. Cosicché, il cancro assurge a metafora di tutto ciò che è considerato sbagliato nella società. Ad
esempio, i nazisti associano i tumori agli ebrei e gli ebrei ai tumori, aprendo così la strada che avrebbe
portato allo sterminio di sei milioni di persone. Ma quando passiamo dall'ideologia alla pratica, dobbiamo
notare che gli oncologi tedeschi si erano resi conto che poche forme di cancro sono semplicemente ereditarie,
mentre molte sono causate da agenti esterni quali catrame, fuliggine, radiazioni, asbesto e fumo di tabacco.
Forse solo così si spiega che la Germania nazista condusse la più energica campagna mondiale contro il
fumo e sviluppò la più sofisticata epidemiologia delle malattie indotte dal tabagismo. Medici e gerarchi
nazisti temevano infatti che il tabacco potesse rivelarsi un "rischio per la razza", mentre per Hitler era "la
collera del pellerossa contro l'uomo bianco, la vendetta per avergli fornito gli alcolici". Contemporaneamente
gli epidemiologi tedeschi erano riusciti a provare con certezza, per la prima volta al mondo, che il fumo è la
principale causa del cancro ai polmoni. Non mancarono iniziative per la prevenzione con insistenti campagne
educative sostenute da slogan efficaci come "il cancro si può curare, se diagnosticato precocemente"; "la
diagnosi precoce è importante quanto prendersi cura dell'automobile. Ogni automobile viene sottoposta a
controlli regolari; è normale. Perché non sottoporre a controlli regolari anche quella macchina assai più
complessa che è il corpo umano?". Molta attenzione fu posta sulla prevenzione dei tumori femminili,
avviando screening di massa su centinaia di migliaia di donne, e le persone risultate positive venivano
indirizzate a un ospedale per essere curate, il tutto gratuitamente. A partire dal 1936, con volantini illustrati e
con una massiccia campagna radiofonica si istruirono le donne all'autoesame del seno: fu, a quanto pare, la
prima iniziativa al mondo di questo tipo. Furono anche individuati nuovi rischi professionali, associati però
all'idea che i lavoratori dovessero essere adeguati al tipo di lavoro e non viceversa; un approccio che
comportava rigorose precauzioni per i cittadini ariani e la contaminazione rischiosa e mortale per gli stranieri
e i "sotto-uomini". Non meno intenso fu l'impegno nazista per una sana alimentazione. Se la salute del Reich
era basata sulla salute del corpo tedesco, coloro che si erano autonominati custodi della salute della nazione
dovevano badare a ciò che nutriva quel corpo. Che cosa poteva renderlo e mantenerlo sano? Che cosa poteva
alterarlo? L'ideologia nazista elideva la distinzione liberale tra la sfera pubblica e la sfera privata, fino ad
arrivare a ritenere che il corpo del cittadino fosse proprietà materiale dello Stato. Gli ideologi nazisti
contrapponevano il concetto di "salute come dovere" (slogan nazionale dal 1939) al cosiddetto concetto
"marxista" della salute come "diritto di ciascuno di fare ciò che vuole del proprio corpo". Inoltre, scrive
Proctor, "per i nazisti il cibo era importante. Lo Stato sano e vigoroso richiedeva corpi sani e vigorosi, e
un'alimentazione adeguata era spesso considerata la chiave della forza fisica. I nutrizionisti sferrarono un
attacco frontale al consumo eccessivo di carne, dolci e grassi e propugnarono il ritorno ad alimenti 'più
naturali', come cereali, frutta fresca e verdura. All'origine di questo interesse stava in parte l'insistenza sulla
purezza del corpo e sulla guarigione naturale; ma, come nel caso della medicina del lavoro, erano essenziali
anche questioni di rendimento sul lavoro, nello sport e in camera da letto, nonché la ricerca
dell'autosufficienza agricola. I leader nazisti volevano macchine umane robuste, snelle, ad alte prestazioni;
un'alimentazione adeguata avrebbe ridotto l'incidenza delle malattie come il cancro e le cardiopatie, ma
anche aumentato la produttività sul lavoro, la capacità di avere figli e la vigoria militare". Erwin Liek,
unanimemente riconosciuto come il padre della medicina nazista, sosteneva che il cancro e le nuove malattie
erano causate da un'alimentazione scorretta: la dieta umana stava diventando sempre più artificiale, corretta
con conservanti, coloranti e altre adulterazioni. Si cuocevano troppo gli alimenti, distruggendo così
importanti vitamine; la gente ingeriva troppo sale e troppe proteine, e non abbastanza sali minerali. Tutto ciò
andava parzialmente imputato al ritmo frenetico della vita moderna, dato che un sempre maggiore numero di
persone preferiva lo scatolame ai cibi cucinati al momento. Altrettanto deplorevole era considerata la
"assunzione insensata di medicine" incoraggiata da medici condizionati dall'industria farmaceutica. Non si
può tuttavia non notare come anche le buone indicazioni dietologiche naziste siano quasi sempre condite con
l'ideologia; ad esempio, a metà degli anni Trenta, il manuale della gioventù hitleriana "La salute attraverso
una corretta alimentazione" diceva "che la troppa carne può farvi male" informando i lettore dei pericoli
delle "calorie inutili" ed esaltando al tempo stesso le qualità della soia quale sano sostituto della carne.
Veniva promosso il pane integrale per suo alto contenuto di fibre associato allo slogan contro la stitichezza:
"chi non si muove arrugginisce"; per poi aggiungere che i figli del Reich hanno il "dovere di essere sani"
perché una equilibrata alimentazione produce cittadini e guerrieri in salute. Martellante fu anche la campagna
contro l'alcool responsabile di danneggiare la salute e fonte infinita di corruzione e di vizi. Dopo il 1933 la
possibilità di danneggiare il "plasma germinale tedesco" fu utilizzata per giustificare la sterilizzazione degli
alcolisti cronici. Contemporaneamente si sostenne il consumo di sidro, succhi di frutta, birra analcolica,
acqua minerale. Questa campagna naufragò negli anni della guerra: l'alcool ritornò a scorrere per
promuovere la produttività o per gratificare il "lavoro sporco" degli aguzzini nei campi di sterminio e per
molti altri divenne il liquido in cui annegare il dolore. Nell'ideologia nazista il richiamo al "ritorno alla
natura" si esprimeva con la promozione dei cibi naturali, la cura con piante officinali, il recupero dei "valori
rurali". Riviste a larga diffusione promossero il ricorso ai rimedi erboristici contro le malattie. Dal 1934 al
1937 la superficie destinata alle piante officinali passò da 820 a 3.896 ettari. Si incoraggiarono i bambini
delle scuole elementari a raccogliere erbe locali; le SS, invece, agli internati a Dachau imposero
coattivamente la coltivazione delle erbe medicinali in quella che viene ricordata come la più vasta stazione di
ricerca medico-botanica del mondo e la prima isola dell'inaudito universo concentrazionario
nazionalsocialista. L'esaltazione della medicina naturale andò di pari passo con l'opposizione alla
vivisezione. Infatti, nell'agosto del 1933 Hermann Göring annunciò la fine dell'"intollerabile tortura e
sofferenza nella sperimentazione animale" minacciando di condanna al campo di concentramento "quanti
pensino ancora di poter trattare gli animali come una proprietà inanimata". Proctor, dopo averci fatto vedere
ciò che dentro il nazismo non avevamo voluto vedere, conclude la sua ricerca invitando il lettore a riflettere
sul fatto che "la campagna nazista contro il tabacco e l'operazione pane integrale" possa aver incontrato un
forte consenso e che questo abbia permesso al fascismo di poter in un primo tempo trionfare.