Sesto San Giovanni, una mostra per ricordare lo sterminio

1/02/2011
Sesto San Giovanni, una mostra per ricordare lo sterminio dei disabili
durante il nazismo
Una mostra per ricordare un’altra delle pagine vergognose della storia
del XXI secolo. Allo Spazio MIL di Sesto San Giovanni è allestita, fino
all’11 febbraio, l’esposizione dal titolo “In Memoriam. Lo sterminio delle
persone con disabilità durante il nazismo”.
Una storia che non tanti conoscono, perduta nella tragedia senza
proporzioni che è la Shoah. E che invece merita di far parte della
memoria collettiva. Proprio come la Shoah.
Il lavoro è frutto di una lunga e laboriosa ricerca curata dal prof.
Michael Von Cranach, direttore dell’Istituto psichiatrico di Kaufbeuren,
in Germania, negli archivi della clinica. Le immagini testimoniano le
atrocità nei confronti delle persone con disabilità durante il nazismo
attraverso documenti riguardanti singoli casi, che fanno emergere la
tragedia vissuta da migliaia di famiglie. Nel biennio 1940-41, con la
realizzazione del “Progetto T4” e poi negli anni a seguire fino alla fine
della guerra, con l’operazione segreta “14 F 132”, il regime nazista
eliminò circa 300 mila disabili.
“Vite indegne di essere vissute”. Questo il verdetto del Terzo Reich
riguardo a disabili, malati mentali, asociali, schizofrenici, epilettici, sordi
e muti. 300 mila persone dunque, uomini, donne e bambini, furono
eliminate nella Germania nazista nel periodo 1939-1945. La loro colpa,
quella di non essere dentro i “parametri” che il nazismo, con la
complicità di psichiatri compiacenti e medici assassini, aveva
arbitrariamente stabilito in nome di una razza forte, sana e bella. Era la
consacrazione dell’eugenetica, una scienza maledetta nata nella
seconda metà dell’Ottocento per opera di Francis Galton, psicologo
inglese, cugino di Darwin. Galton mutuò dal più famoso parente
l’orientamento evoluzionistico, e lo rivolse agli uomini, concependo i
test di intelligenza e introducendo una catalogazione degli uomini in
base a tali test.
L’eugenetica era la disciplina che si occupava del possibile
miglioramento della specie umana, eliminando dal patrimonio
ereditario i caratteri sfavorevoli (eugenetica negativa) o favorendo la
diffusione di quelli favorevoli (eugenetica positiva). Nella Germania
nazista divenne una cultura scientifica tesa a migliorare la specie,
eliminando i soggetti “portatori di corruzione”.
Hitler ne aveva delineato le premesse già nel suo libro “Mein Kamft”,
pubblicato nei primi anni Venti: “La corruzione della razza – aveva
scritto – sottostà alle ferme leggi della necessità e del diritto alla
supremazia dei migliori e dei più forti. Colui che vuole vivere deve
quindi lottare e chi non vuol prendere parte alla battaglia, in questo
mondo di eterni contrasti, non merita la vita”.
Nel 1927 nacque a Berlino l’Istituto di Antropologia e Eredità umana e
genetica diretto dal prof. Fisher. Fu proprio questo istituto che, durante
gli anni neri della dittatura di Hitler, progettò la sterilizzazione per
evitare di trasmettere caratteri sbagliati. Furono sterilizzati individui
malati di mente, asociali e handicappati.
Le situazioni per cui si decideva di sterilizzare un soggetto erano le più
svariate: si andava dalla debolezza mentale alla schizofrenia;
dall’epilessia all’alcolismo; dalla sindrome maniaco-depressiva alla
cecità; dalla sordità alle malformazioni di qualunque genere. In totale
in Germania, durante il nazismo, furono sterilizzate 400 mila persone.
Aspetto ancora più inquietante fu quello dell’eutanasia: tra il 1939 e il
1941 furono eliminati 5.100 ragazzi, di età inferiore ai 16 anni, e 70.273
adulti, gasati e poi cremati. Quando in un ospedale fu eliminato il
paziente numero 10 mila, i medici festeggiarono stappando bottiglie
di birra. Le famiglie, che con tanta speranza avevano affidato i propri
cari alle cure di medici e infermieri all’apparenza capaci e servizievoli,
si vedevano recapitare un’urna con le ceneri del defunto, la cui morte
veniva attribuita a non meglio definite epidemie che ne consigliavano
– appunto – la cremazione, per evitare il propagarsi del contagio. Fu in
seguito alla protesta del vescovo cattolico Von Galen, e dei parenti
stessi delle vittime, che tale eccidio fu sospeso. Solo
momentaneamente, però. Perché riprese subito dopo, con metodi
talvolta più crudeli, negli ospedali comuni, dove i ricoverati morivano
per fame o mediante iniezioni letali.
Lo sterminio delle persone con disabilità è stato il preludio di quella
tragedia senza possibilità di redenzione che è la Shoah.
IN MEMORIAM. NAZISMO E DISABILITA’
Sesto San Giovanni, via Granelli 1
Fino all’11 febbraio. Per informazioni e prenotazioni per le scuole (visite
in orario scolastico): tel 02.6570425, 393.9545912, [email protected].
Aperture al pubblico sabato 5 e domenica 6 febbraio, ore 10-12 e 1618.
Vincenzo Sardelli