Controllo della colesterolemia: le indicazioni delle linee guida per i

Controllo della colesterolemia: le indicazioni delle linee guida per i target terapeutici.
Gli interventi di carattere preventivo costituiscono, come è noto, l'approccio più efficace per
contenere gli altissimi costi sociali e sanitari delle malattie cardiovascolari. Numerosi studi
controllati, condotti in pazienti sia in prevenzione secondaria che primaria, hanno infatti
documentato come il controllo dei fattori di rischio, ed in particolare della colesterolemia LDL,
rappresenti un efficace strumento di controllo della morbilità e mortalità per eventi
cardiovascolari tra i soggetti trattati. Attualmente, le strategie di natura preventiva suggeriscono
di focalizzare gli interventi di correzione farmacologica dei fattori di rischio nei soggetti a
maggiore probabilità di incorrere in eventi cardiovascolari futuri. Le linee guida relative all'uso
dei farmaci ipocolesterolemizzanti, in particolare, ne suggeriscono l'uso nei pazienti in
prevenzione secondaria o, tra i soggetti in prevenzione primaria, tra coloro il cui rischio di eventi
vascolari futuri, calcolato mediante specifici strumenti (algoritmi o carte del rischio) è da
considerarsi elevato. Un tale approccio permette infatti di massimizzare i risultati del
trattamento, in termini di numero assoluto di eventi evitati, e di ottimizzare il rapporto tra effetti
favorevoli ed effetti indesiderati del trattamento stesso.
Le linee guida internazionali e la situazione italiana
Il documento del National Cholesterol Education Program, denominato Adult Treatment Panel
III (NCEP ATP-III) (1), con le modifiche successivamente apportate (2), è la linea guida sulla
prevenzione cardiovascolare probabilmente più utilizzata a livello mondiale. Esso fa riferimento,
per stimare il rischio coronarico globale del paziente, all'algoritmo sviluppato a partire dalla
coorte di Framingham, ed utilizza i risultati di tale stima per graduare gli interventi sulla
colesterolemia LDL. ATP-III, infatti, nonostante proponga una classificazione dei valori della
colesterolemia totale, LDL ed HDL di tipo “classico” (centrata su “valori soglia” assoluti), basa
la gestione della colesterolemia LDL stessa sul valore del rischio assoluto di eventi coronarici del
paziente considerato, fissando per ogni livello di rischio un valore obiettivo (“target value”) da
raggiungere mediante la correzione dello stile di vita o l'impiego di farmaci ipolipidemizzanti.
Nei soggetti in prevenzione secondaria per la presenza di malattia coronarica accertata, o
portatori dei cosiddetti “equivalenti coronarici” (pazienti con arteriopatia obliterante degli arti
inferiori, malattia diabetica, cerebropatie vascolari su base ischemica, aneurisma dell'aorta
addominale, o con rischio coronarico a 10 anni secondo la funzione di Framingham >20%),
l'intervento terapeutico avrà un valore obiettivo, per la colesterolemia LDL, <100 mg/dL. Tale
obiettivo (come tutti gli altri fissati dal documento) dovrà essere perseguito mediante interventi
di correzione dello stile di vita se il paziente parte da valori della colesterolemia LDL maggiori,
rispetto al proprio obiettivo, di non più di 30 mg/dL; oltre tali valori andrà direttamente
affiancata agli interventi di correzione dello stile di vita (comunque da promuovere) la
prescrizione di un farmaco. L'uso immediato del farmaco anche per i pazienti che distano dal
proprio target meno di 30 mg/dL non è comunque escluso dal documento, ma è affidato alla
discrezionale decisione del medico.
Nella revisione dell'ATP-III del 2004 (2) è stata inserita una categoria di soggetti a rischio “molto
alto”, nei quali la presenza di una malattia cardiovascolare pregressa accertata si associa alla
presenza di malattia diabetica o di sindrome metabolica, o di fattori di rischio molto alterati o
non correggibili (per esempio, l'abitudine al fumo di sigaretta che il paziente non riesce ad
interrompere). A questo gruppo di soggetti appartengono anche i pazienti con recente Sindrome
Coronarica Acuta, per l'eccesso di rischio che caratterizza i primi mesi dopo tale evento. Il
documento fissa, per questi pazienti, un obiettivo per il colesterolo LDL <70 mg/dL. Il target
<70 mg/dL è stato successivamente suggerito, come valore opzionale, anche per tutti gli altri
soggetti ad alto rischio (per cui il target era precedentemente fissato a <100 mg/dL).
Nei soggetti privi di malattia coronarica accertata, o degli “equivalenti coronarici” prima
ricordati, e con rischio coronarico basale, secondo l'algoritmo di Framingham, compreso tra il 10
ed il 20% a 10 anni, l'obiettivo terapeutico del trattamento è una colesterolemia LDL <130
mg/dL; in questi pazienti, tuttavia, sulla base dei risultati di alcuni trials clinici, è proponibile,
ancora a discrezione del medico, anche un target <100 mg/dL, specie se il paziente ha valori
basali della colesterolemia LDL già inferiori a 130 mg/dL.
Nei soggetti con valori del rischio coronarico secondo l'algoritmo di Framingham <10% a dieci
anni, l'obiettivo terapeutico per la colesterolemia LDL è <160 mg/dL se si ha nessuno o 1 fattore
di rischio, <130 mg/dL se si hanno 2 o più fattori di rischio. La tabella 2 riassume la gestione
della colesterolemia LDL nei pazienti con differente profilo di rischio secondo l'ATP-III.
Nei soggetti con ipertrigliceridemia (definita come un valore della trigliceridemia ≥ 200 mg/dL,
mentre valori compresi tra 150 e 200 mg/dL vengono classificati come “borderline”), gli
obiettivi terapeutici non sono più espressi in termini di colesterolemia LDL, ma della cosiddetta
“colesterolemia non-HDL”, calcolata semplicemente sottraendo alla colesterolemia totale la
colesterolemia HDL. I valori "obiettivo" per la colesterolemia non-HDL, per le classi di rischio
prima definite, sono fissati, rispettivamente, a 130, 160 e 190 mg/dL; è agevole calcolare, sulla
base della formula di Friedewald, che tali valori "obiettivo" implicano, in prima
approssimazione, il raggiungimento degli stessi valori della colesterolemia LDL ricordati nella
tabella 2 e, al tempo stesso, di una trigliceridemia ≤ 150 mg/dL. Il valore target per la
colesterolemia non-HDL per i soggetti a rischio molto elevato può essere fissato, sulla base degli
stessi criteri, a ≤ 100 mg/dL.
Non è invece fissato, dall'ATP-III, un valore obiettivo per la colesterolemia HDL, e non sono
quindi previsti, per i soggetti con bassi valori di questo parametro (<40 mg/dL), specifici
interventi di correzione al di là di quelli correlati al miglioramento delle abitudini alimentari e
dello stile di vita. Per il medico italiano, l'uso dei criteri clinico-diagnostici dell'ATP-III nella
pratica clinica è reso complesso dalla dimostrazione, nota da tempo, della non applicabilità della
funzione di Framingham alla nostra popolazione. L'uso della funzione di Framingham nella
popolazione italiana porta infatti ad una rilevante sovrastima del rischio coronarico (3).
E' invece possibile impiegare nella popolazione italiana l'algoritmo SCORE, sviluppato a partire
da studi osservazionali condotti in Europa, che prevede una stima differenziata per le regioni ad
elevato e ridotto rischio vascolare (4). L'algoritmo SCORE, tuttavia, stima il rischio del paziente
di incorrere nei soli eventi fatali (cumulando il rischio coronarico e cerebrovascolare): una scelta
che una parte della comunità medico-scientifica ha considerato poco accettabile. L'algoritmo
SCORE rappresenta lo strumento per la stima del rischio incorporato nelle linee guida Europee,
recentemente riviste (5).
Le più recenti revisioni della nota 13 hanno indicato nella funzione di rischio sviluppata
dall'Istituto Superiore di Sanità (progetto CUORE) lo strumento da adottare nella stima del
rischio della popolazione italiana (6). La funzione (che può essere impiegata come “Carta del
rischio” o come algoritmo informatizzato) stima il rischio a 10 anni del paziente di incorrere in
un evento coronarico o cerebrovascolare fatale o non fatale; la nota definisce “alto” il rischio dei
soggetti che, mediante la funzione CUORE, abbiamo un rischio cardiocerebrovascolare a 10 anni
≥ 20%, o in prevenzione secondaria, o ancora diabetici.
Sulla base delle analogie nella definizione del rischio con i criteri ATP-III, si può ritenere
ragionevole, nella realtà nazionale italiana, adottare i criteri diagnostico terapeutici dell'ATP-III
stesso sostituendo alla stima del rischio coronarico effettuata mediante la funzione di
Framingham la stima del rischio cardiocerebrovascolare effettuata mediante l'algoritmo CUORE,
ed adottando i corrispondenti valori obiettivo (non fissati dalla nota 13). Va naturalmente
ricordato che il trattamento con una statina dei soggetti a rischio moderato o basso (inferiore,
cioè, al 20% a 10 anni) può certamente essere suggerito dal medico, ma non può essere concesso,
stante l'attuale nota 13, in regime di rimborso.