archeologia e geografic information system

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Dispensa n.3
ARCHEOLOGIA E GEOGRAFIC INFORMATION SYSTEM
1. Archeologia e informatica.
L'utilizzo delle tecnologie GIS nello studio dei paesaggi storici si viene a collocare all'interno
del difficile rapporto archeologia-informatica, più precisamente tra archeologia e quello che oggi viene
definito come computer science.
Si tratta di un rapporto difficile (per le ovvie diversità di percorsi, interessi ed obiettivi) nel quale
l'archeologia tenta di utilizzare e adattare le procedure, gli algoritmi, le applicazioni e le strategie nate
all'interno delle scienze del calcolatore.
L'utilizzo di applicazioni da parte dell'archeologo in campo informatico può essere diviso in tre settori
generali che rispondono ad alcune, ma non a tutte, le problematiche della nostra disciplina:
•
•
•
archiviazione dei dati;
analisi dei dati;
elaborazioni grafiche e ricostruzioni.
La traduzione in immagini delle interpretazioni formulate dagli archeologi, era stata realizzata
sino alla fine degli anni ottanta con il disegno manuale. La realizzazione non avveniva tramite
calcolatore soprattutto per una mancanza di applicazioni, almeno per i personal computer.
Oggi queste applicazioni non solo sono arrivate ad un alto livello di specializzazione ma, attraverso
delle interfacce semplificate, consentono un utilizzo soddisfacente da parte di utenti anche non
specialisti del settore. Il sistema consente la modellazione e le deformazione di forme solide
tridimensionali basate su una rete di poligoni piani, ai quali vengono assegnati dei materiali basati sia
su immagini raster che su equazioni matematiche ed illuminati da simulazioni sintetiche di sorgenti
luce. La resa di questi "modelli" può avvenire con una lunga serie di algoritmi (dal wireframe al
raytracing ) che permette la realizzazione d'immagini foto realistiche.
Le diverse applicazioni stimolano interesse verso alcune fasi del processo, creando così differenti tipi di
specializzazione. Il settore si presenta in grande espansione perché consente una definizione delle
ricostruzioni direttamente da parte dell'archeologo e non attraverso la mano di un disegnatore. Tutte le
pubblicazioni che in questo ultimo periodo sono comparse lo dimostrano.
L'archiviazione e l'analisi dei dati sono intimamente collegati (chiaramente l'analisi utilizza non
può prescindere nel suo processo dai dati già oggetto di archiviazione). I risultati prodotti dal processo
d'analisi possono poi essere trattati alla stregua del dato grezzo, accorpandoli attraverso una successiva
archiviazione.
Archiviazione dei dati e analisi godono di una maggiore tradizione; ad essi sono stati dedicati maggiori
sforzi e attenzione.
Oggi giorno tutte le applicazioni sono in grado di compiere operazione sia nel settore dell'archiviazione
che in quella dell'analisi dei dati. In un wordprocessor posso battere un testo e poi cercare tutte le
volte che una data parola é contenuta al suo interno. In un CAD posso digitalizzare la pianta di scavo e
calcolare l'area di uno strato. Il processo di archiviazione risponde a un naturale bisogno di raccolta
ordinata delle grosse serie di dati prodotti dalle ricerche archeologiche ed in particolar modo dallo
scavo archeologico.
La gestione e la fruizione dell'alta quantità di dati provenienti da uno scavo, infatti, é stata
sempre uno dei problemi più importanti nella comprensione e nell'elaborazione di un sito. La grande
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mole di materiale grafico (fotografie, disegni) ed alfa numerico (schede US, schede SAS ecc.) ben si
presta all'informatizzazione non solo per una mera moda tecnologica, ma anche come una soluzione al
problema dello spazio necessario degli archivi.
Forse, proprio la necessità di un archivio in grado di contenere tutto il materiale, é stata la causa
scatenante dell'intenso rapporto archeologia-informatica. Cosi, all'interno delle scienze umanistiche,
l'archeologia é quella che per prima ha tentato di servirsi del calcolatore nella maniera più completa;
sono nate (nelle università ed a livello istituzionale) alcune banche dati riguardanti sia scavi
archeologici sia la risorsa archeologica territoriale.
In questa fase, nel campo dell'archiviazione non tutto però e stato condotto in maniera corretta,
proprio per un problema di tipo programmatico. L'informatizzazione dei dati é stata condotta fino ai
giorni nostri in maniera caotica, rendendo impossibile il confronto e l'incrocio diretto tra archivi diversi.
Da nessuna parte é venuta una proposta convincente in grado di "conquistare" tutti gli ambienti
archeologici, o almeno un settore significativo come quello archeologico-informatico.
Nessun passo si é compiuto nella omogeneizzazione dei processi che riguardano l'immagazzinamento
dei dati poichè tutte le proposte sinora sono state presentate in forma di soluzioni drastiche e definitive
e non come programmatiche che suggerissero un percorso comune da seguire anche all'interno delle
soluzioni già sviluppate (per esempio una definizione unica dei "campi" e del loro ordine per i
databases degli archivi).
Ogni ricercatore crea e sviluppa il proprio DBMS in maniera personale ponendo dei limiti a
futuri rapporti tra le proprie informazioni e quelle prodotte all'esterno. Inoltre, molto spesso, per un
bisogno di facilità di uso, l'archeologo preferisce adoperare databases di tipo flat al posto di quelli
relazionali, provocando raccolte che spesso non consento una visione logica e razionale dei dati,
giacché la complessità della materia trattata consente ad esempio strutture di tipo gerarchico. Pensiamo
alla scheda US del ministero dei beni culturali: richiede l'inserimento dei dati riguardanti i materiali
trovati all'interno dello strato.
Sul foglio di carta posso inserire i materiali senza problemi. Ma sul database c'è bisogno di definire
lo spazio dove inserire i dati. Così nel mio campo potrò inserire un solo manufatto, o due o trecento
manufatti. Solo la creazione di un archivio relazionale consentirà la corretta registrazione di questa
tipologia di dati. All'interno dello scavo la gerarchia può arrivare addirittura a cinque livelli:
AREA-US-MATERIALI-ARTIFICIALI-CERAMICA. Ora, in un campo dove la differente definizione
di un quadro gerarchico, significa l'incompatibilità tra banche dati, la definizione risulta un bisogno
primario.
La stessa situazione si può osservare per le banche dati del patrimonio culturale nel territorio o
in quelle di UT (unità topografica). Anzi, si può affermare senza timore di sbagliare che la
disomogeneità sia della scheda sia delle banche dati riguardanti il territorio sono maggiori di quelle
inerenti lo scavo.
Così possiamo concludere che non esiste una strutturazione adeguata degli archivi appartenenti alle
diverse esperienze, ma una loro chiusura nei riguardi delle possibilità di scambi e collaborazione tra
informazioni.
Nel settore dell'analisi dei dati la tradizione e i progressi sono ancora minori (per analisi
s'intende il processamento dei dati stessi all'interno del calcolatore); la ragione del bisogno di un'analisi
dei dati al calcolatore é simile a quella della loro archiviazione: la grande massa di dati non consente un
agevole processamento. L'analisi può essere realizzata ed ha senso solo se la fase di archiviazione dei
dati sia stata portata, in un modo o nell'altro, a compimento.
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Come conseguenza della cattiva strutturazione dei sistemi di archiviazione, anche la fase di analisi non
ha portato a grandi risultati. Non esiste un buon processo di analisi fatto su dati archiviati in maniera
errata, come si dice negli Stati Uniti, garbage in, garbage out.
I risultati del processo di analisi potranno a loro volta essere inseriti nel complesso dell'informazione
conosciuta per fare crescere la massa di dati, e insieme a questa essere sottoposta a nuovi processi
d'analisi, per una verifica o per la produzione di nuova informazione.
Archiviazione
Analisi
fig 1.1
I processi di analisi trovano un altro scoglio da superare: i prodotti finale delle scienze che
hanno come scopo lo studio dell'uomo nelle sue individualità come nelle sue aggregazioni e nelle sue
attività economico-produttive, nel passato come nel presente, hanno una caratteristica comune,
indipendentemente dalla disciplina che li considera (sia essa l'antropologia, la sociologia, l'etnologia o
la storia): la costante fuga da qualsiasi tipo di classificazione rigida o comunque che non contempli
delle eccezioni.
Molti studi del passato hanno prodotto delle schematizzazioni rigide. Questi quadri omogenei e regolari
nascevano dalla negligenza volontaria o involontaria delle ricerche. Il naturale approfondimento,
durante gli anni, degli studi sull'uomo ha rilevato quadri molto più complessi e spesso contrastanti con
le tesi originali.
Queste caratteristiche dei prodotti dello studio e della ricerca in campo umanistico, sono la causa della
impossibilità della loro informatizzazione, o comunque della loro traduzione in un linguaggio logico in
grado di renderli come sequenza di modelli matematici sintetizzabili in laboratorio. L'uomo e le sue
azioni, con tutte le diversità, similitudini, anomalie, varietà e relatività, diventano incompatibili con un
ambiente dove tutto viene distillato in bytes.. L'uno e lo zero non bastano per esprimere concetti tanto
effimeri quanto infinitamente complessi e la logica matematico scientifica non può decifrare e capire la
sequenza del pensiero e le azioni dell'uomo.
Se ciò fosse possibile il futuro ci potrebbe essere rivelato dalla statistica, mentre il processo inverso ci
potrebbe svelare tutti dubbi sul passato. Così lo studio dell'uomo nella sua realtà quotidiana resta fuori e
probabilmente resterà fuori per sempre dai cicli di ricerca dei calcolatori. O almeno non direttamente.
Per esempio, un brano della Storia dei Longobardi di Paolo Diacono può essere digitalizzato; il testo (in
maniera alfa numerica) o la fotografia del manoscritto (in formato raster) potrà essere inserito
all'interno della memoria RAM del calcolatore ma, a differenza della simulazione matematica di un
motore elettrico, nessuna procedura o algoritmo sarà in grado di interpretarla, capirla e tantomeno
giudicarla. Questo perché il modello matematico del motore elettrico risponde a leggi ormai decifrate
dalla fisica della meccanica e dell'elettronica. L'uomo si fonda invece su regole dalle quali non siamo
certi neppure dell'esistenza. Nessuna potenza di calcolo potrà mai eguagliare l’elasticità del nostro
cervello, la sua capacità di mettere in relazione tra loro cose che non hanno apparentemente nessun
rapporto. Così l'uomo si trova ad affrontare, unicamente armato del suo intelletto, l'interpretazione di sé
medesimo.
In particolare, lo studio dell'uomo nel tempo ha delle caratteristiche che rendono il quadro più
nero di quanto finora non sia stato dipinto. Come Bloch nella sua "Apologia della Storia" aveva già
spiegato, la storia si limita solo a raccogliere i nomi delle cose che l'uomo ha già assegnato; il
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"capitalismo" non può avere migliore nome che il vocabolo "capitalismo". Lo sviluppo nel tempo della
società porta con sé delle costanti modifiche agli uomini, alle cose e alle istituzioni, spesso assegnando
nomi diversi a cose simili ma non del tutto. Così, per esempio, nell'età romana un uomo sottomesso é
chiamato schiavo mentre, nel medioevo, servo. Non esiste solo una differenza di forma, ma un
sostanziale cambiamento del contenuto, dove il servo sembra avere un maggiore livello di libertà.
Un’equazione algebrica in cui si cercassero di stabilire i rapporti tra schiavo e servo, dove servo é
uguale a schiavo meno x libertà, non verrebbe in mente allo studioso più stravagante, anche perché non
avrebbe tra l'altro nessun utilizzo pratico. Così le cose del passato vanno studiate con i loro diversi
nomi e i loro maggiori o minori livelli di somiglianza. Ma non solo la "nomenclatura" gioca a nostro
sfavore. I fatti storici possono avvenire in una gamma di tempi che parte dalla frazione di secondo ed
arrivare alle migliaia di secoli. Non sempre possiamo assegnare un anno o addirittura la data esatta o
l'ora ai fatti storici; a molti possiamo assegnare la data d'inizio del processo e quella della fine, in altri
casi possiamo assegnare solo una delle due, in altri ancora quella approssimata o addirittura quella solo
stimata. Insomma, lo storico ha a sua disposizione diversi metodi per scandire il tempo del suo
racconto.
Questi aspetti dello studio dell'uomo nel tempo richiedono un’elaborazione molto elastica che con il
calcolatore ed il suo sistema, per loro natura, sono incompatibili. Macchine più "intelligenti" non sono
molto distanti nel tempo, soprattutto con la nuova tecnologia fuzzy logic che probabilmente sostituirà il
tradizionale sistema binario. Il personal computer non possiede una propria intelligenza, solo
un’incredibile potenza di calcolo, che ci può aiutare nel nostro lavoro ma che non ci darà mai le
risposte che stiamo cercando. Oggi dobbiamo così tradurre in schemi le nostre informazioni molte volte
creando delle forzature. Spesso, dopo la fase di analisi, i nostri dati devono essere tradotti in una
maniera per cui possano essere assimilati dalla nostra coscienza, altrimenti essi possono rimanere
intrappolati sotto la cappa di numeri indecifrabili. I dati e le informazioni all'interno delle banche dati
servono così ad effettuare delle statistiche.
Oggi, inoltre, i fattori di mercato non giocano a favore di un settore così piccolo e specializzato
come quello dell'archeologia; non esistono quindi applicazioni nate espressamente all'interno delle case
produttrici di software. Una stessa applicazione CAD potrà essere venduta con strumenti addizionali
per l'architettura o l'ingegneria meccanica ma mai per l'archeologia. Questa situazione forse non muterà
mai.
L'impiego di certe applicazioni viene quindi "adattato" ai bisogni dell'archeologo; spesso si trova
costretto a saltare da un programma all'altro per portare a compimento operazioni ed algoritmi
sparpagliati in una miriade di software. Un economista trova tutti gli algoritmi necessari al suo scopo
nel suo foglio di calcolo, senza bisogno di dovere passare ad altro software per concluderlo. Questo
influisce più di quanto possa apparire sulla qualità del lavoro.
Sorge così il problema del "formato", che non consente sempre uno scambio dei dati tra tutte le
applicazioni, costringendo l'archeologo a utilizzare programmi meno efficienti in grado però di capire il
formato scelto; molte volte, poi, l'utilizzo dei formati porta a una perdita di porzioni di informazioni
che il formato di scambio non è in grado di immagazzinare.
Il rapporto é fragile perché, anche dove un utilizzo di strumenti informatici possa esistere, esso non sarà
mai totale. Come conseguenza, l'archeologo che abbia intenzione di utilizzare in maniera corretta lo
strumento informatico dovrà essere in grado di adattare le diverse applicazioni spesso tramite macros
aggiuntive, se non addirittura di scrivere i propri codici.
Inoltre, esperienze di collaborazione tra archeologi ed ingegneri di sistemi, a causa delle profonde
differenze di linguaggio e mentalità, hanno condotto il più delle volte a esiti fallimentari.
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L'archeologo deve fare fronte anche alla crescita degli strumenti hardware e software. Ci dobbiamo
abituare ed essere preparati ai mutamenti dei sistemi operativi, ed aggiornamenti delle applicazioni o
delle workstation.; questi mutamenti possono infatti influire in maniera disastrosa all'interno del
progetto.
Nonostante tutte queste note negative, il mondo dell'archeologia non si arrende e continua nel tentativo
di trovare la strada che gli consenta un utilizzo corretto e razionale dello strumento informatico.
Sinora, nella maggiore parte dei casi, l'informatica ha avuto un ruolo di falso prestigio nei
diversi progetti. Le pubblicazioni sono piene di progetti informatici presentati "a metà", assumendo
sempre il ruolo di protagonisti e non quello di supporto alla ricerca archeologica.
La creazione delle banche dati ha un senso solo se esse hanno come scopo il trattamento dei dati in esso
contenute oppure la divulgazione tramite pubblicazione o tramite Internet degli stessi. Così molte
energie e risorse sono state sprecate in progetti che nel tempo si sono arenati o per la trasformazione in
esperienze mastodontiche oppure nella disfatta totale dell'esperienza.
Credo che il problema principale da affrontare sia quello della comunicazione tra i responsabili dei
diversi progetti, che consenta la diffusione e lo sviluppo di idee, che permetta di trovare soluzioni
comuni, che consentano in futuro di giungere non a un sistema unico, ma a un campo comune dove tutti
i sistemi indipendentemente possano coesistere ed interagire. In questa direzione un aiuto molto
importante verrà dato da Internet e dai suoi strumenti come l'e-mail che consentono la comunicazione
in tempo reale.
2. Archeologia e GIS.
L'archeologia europea ormai da una decina di anni ha cominciato a riservare particolare
attenzione al mondo dei Sistemi Informativi Territoriali - SIT, come testimonino i convegni di Ravello
del 1993 e quello di Pontignano (SI) del 1995, oltre che tutta una serie di pubblicazioni specializzate
sull'argomento.
L'archeologia del paesaggio ha dovuto prendere atto dell'esistenza di questo nuovo strumento e
ha cominciato ad "attrezzarsene", senza però (purtroppo) avere assimilato l'innovazione, la filosofia e le
tecniche insite nel rapporto archeologia e calcolatori, o meglio, calcolatori-informatica.
Molti potrebbero pensare che i GIS vengono a collocarsi all’interno dell'informatica ma ciò é falso o
comunque inesatto. I GIS, infatti, oltre ad introdurre nuovi elementi informatici, molto più complessi e
specializzati, di quelli dell'informatica tradizionale, introducono una molteplicità di elementi propri
della geografia, della cartografia e dell'analisi spaziale e per essere sfruttati richiedono una profonda
conoscenza.
2.1. Archeologia del territorio e sistemi di informazioni geografica. Ragioni del perché.
Negli ultimi decenni del secondo millennio, i cambiamenti di abitudini e consumi, ma
soprattutto la incredibile impennata dello sviluppo tecnologico, stanno modificando in maniera radicale
l'assetto del "territorio" del pianeta e soprattutto del mondo occidentale.
I numerosi interventi per la costruzione di strade, ponti, gallerie, l'allargamento dei centri urbani,
l'intensificazione dell'agricoltura e l’esplorazione per la ricerca di risorse e fonti energetiche necessarie
alla società moderna, stanno alterando e distruggendo il patrimonio archeologico. La trasformazione,
tuttora in atto, tende ad una sempre maggiore accelerazione ed é avvenuta nel giro di pochi decenni,
provocando un amaro risveglio da parte degli archeologi e un veloce allestimento di strategie per
combattere contro il cemento. Con un po’ di sarcasmo possiamo affermare che stratigraficamente,
l'uomo del duemila sta portando a compimento un’unica “US negativa” che abbraccia progressivamente
tutto il globo, e cancella tutta la stratigrafia precedente.
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Le indagini e le ricerche applicate al territorio come strumento per la ricostruzione diacronica dei
paesaggi storici é entrata da diverso tempo nelle attività istituzionali dell'archeologia moderna, non solo
come interesse di tipo scientifico-umanistico ma anche come conseguenza della situazione di degrado
del territorio. Le campagne topografiche investono tutte le specializzazioni; dalla preistoria
all'archeologia medievale e moderna. Lo scopo della "ricognizione topografia" é l'individuazione
sistematica all'interno di campioni rappresentativi delle diverse caratteristiche geo-morfologiche e
culturali del territorio studiato, della maggiore quantità di siti e insediamenti umani, per una sua
registrazione complessiva con una scheda di UT e il suo posizionamento all'interno della cartografia
adottata.
Nascono dalla ricerca sul territorio raccolte di dati contenenti informazioni sui siti, su loro
aspetti culturali, cronologici, sulle loro caratteristiche fisiche e sulla loro posizione nello spazio. Come
ho detto sopra, accompagna questo corredo di dati e informazioni la localizzazione del sito
archeologico all'interno della carta. Il posizionamento, benché sia facilitato da basi cartografiche con
scale elevate come 1:10.000 o 1:5.000, rappresenta un problema tutt'oggi irrisolto. La maggioranza dei
topografi si limitano al posizionamento manuale direttamente sulla carta, mentre oggi altri archeologi
cominciano ad adoperare la tecnologia GPS che consente una precisione maggiore, ma soprattutto
valori assoluti e dati automatici.
La ricognizione archeologica si avvale di molti mezzi per portare a compimento nella maniera più
efficace il suo compito. Fondamentale per la ricognizione di aree boschive é il preliminare studio della
zona interessata tramite lettura stereoscopica della fotografia aerea che fornisce ricche indicazioni su
anomalie provocate dalla diversità di crescita dalla vegetazione nata sopra le strutture sepolte. Dopo
l'avvistamento delle anomalie si procede ad una verifica nel campo mediante showel test. La raccolta di
dati nel territorio viene affiancata da una lavoro di archivio che mira all'individuazione dei rinvenimenti
noti in modo casuale o, comunque, nell'ambito di progetti non scientifici. Per il nostro territorio,
soprattutto per il periodo medievale, possono essere utili ricerche di fonti d'archivio, che forniscono una
grande serie di dati.
Quando la raccolta dei dati é conclusa, il materiale a disposizione viene dapprima utilizzato nella
creazione di carte contenenti la posizione approssimativa dei siti archeologici, a causa del fatto che il
simbolo che li rappresenta in una carta può occupare lo spazio di centinaia di metri, e dove le diverse
fasi vengono indicate da una serie di colori ormai assunti come convenzionali. Questo tipo di
impostazione non presenta purtroppo una fase d'analisi dei dati che preveda uno studio della
distribuzione nel tempo dei siti archeologici e che contempli una sintesi e una definizione dei modelli
di insediamento. Perché l'analisi dei dati riguardo i siti archeologici non viene realizzata? O, comunque,
perché nella maggiore parte dei casi non viene portata a compimento?
La risposta all'interrogativo sul perché la fase di analisi dei dati provenienti dalle indagini
condotte sia nel territorio che in archivio, non siano esaustive, possiamo trovarla nella impossibilità di
portare a termine una operazione del genere in modo soddisfacente entro termini utili (o comunque
compatibili con la disponibilità di fondi per la ricerca). In altre parole, le indagini esaustive condotte in
un determinato territorio, pur avvalendosi della strategia dei campioni, forniscono una notevole quantità
di dati per trovare e indagare i quali occorrono molto tempo e consistenti finanziamenti. Da un
campione di pochi chilometri quadrati può spuntare un elevato numero di siti archeologici che si
assommano a quelli riscontrati nelle fonti d'archivio e una simile quantità di informazione da sottoporre
singolarmente e poi in gruppo ad un attento esame avvalendosi delle schede e mappe cartacee
richiederebbe tempi che l'archeologo non può permettersi.
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Per spiegare quanto detto proviamo per esempio a calcolare quanto tempo impiegherebbe un
ricercatore a compiere una procedura di ricerca articolata sulla interazione tra nuclei di popolamento
tardoantichi e strutture produttive poste ad una distanza minima da una rete viaria:
1-trovare tutti i siti tardo antichi della provincia di Siena
2-segnalarli sulla carta
3-trovare tutte le strutture produttive, poste a una distanza non superiore a 2 Km. dalla via Cassia.
Premettendo che il catalogo della Carta Archeologica della Provincia di Siena conta ad oggi
approssimativamente 3000 siti, solo la ricerca di quelli tardo antichi richiederebbe ad un ricercatore che
dedicasse 20 secondi per stabilire se una scheda appartenga o no alla fase indicata, 17 ore di lavoro
effettivo.
Supponiamo che tale ricerca fornisca trecento siti tardo antichi; per il loro posizionamento sulla carta
occorrerebbero approssimativamente 10 ore, mentre per stabilire se si trovano a 2 Km. dalla via Cassia
altre 15 ore se si impiegassero 3 minuti, per ogni singolo sito, nel calcolo della perpendicolare e nella
misurazione. In totale, per un compito di questo genere sarebbero necessarie 42 ore senza considerare
che non sono stati calcolati i tempi occorrenti per manipolare materialmente le grosse basi cartografiche
1:25.000 necessarie per ridurre al minimo l'approssimazione.
Analisi più complesse che permettano un minimo incrocio dei dati, come per esempio su cronologia e
definizione, diventano proibitive.
Inoltre, per un problema di costi, non é possibile avere a disposizione carte pulite sulle quali impostare
il lavoro, colorare e fare prove. Così l'archeologo si trova a dovere rinunciare a tutta una serie di
sperimentazioni, calcoli e incroci dei dati necessari a uno studio approfondito del territorio.
Di fronte a tali problemi é facile potere capire come il calcolatore diventi essenziale strumento di
supporto della attività archeologico-topografica.
L'approccio iniziale era basato sullo sviluppo e sulla creazione di hypertesti. La scelta di questo
tipo di applicazioni dipendeva dal bisogno del topografo di creare un'interazione tra cartografia e
sistema di archiviazione dei dati.
Gli hypertesti ebbero dalla metà degli anni '80 una grande diffusione; portarono e tutt'oggi portano alla
creazione di banche dati che si avvalgono di links tra schede e carta topografica. Ciò non si poteva fare
con un database, perché, pur essendo in grado di gestire la schedatura di tipo alfa numerico, non
consentiva l'integrazione di supporti cartografici per uno sfruttamento attivo.
I sistemi CAD, invece, che peraltro ancora non erano entrati nella quotidianità della maggioranza degli
archeologi, non consentiva la creazione di archivi. La maggior parte dei progetti nati all'interno di
applicazioni hypertestuali rimasero bloccati o comunque non raggiunsero un elevato livello di sviluppo.
Agli inizi degli anni '90 l'hypertesto aveva ancora un ruolo e un valore tali da essere utilizzato nel
progetto condotto da De Guio (AMPBV) indirizzato allo studio e alla "ricostruzione" dei paesaggi
storici. De Guio, che non possiamo definire sprovveduto sui calcolatori scriveva" Una delle novità di
maggior rilievo nel mercato del software multi-mediale degli ultimi tempi e, al contempo, una tappa di
riconoscimento - avanzamento verso il traguardo della realtà virtuale è stata senza dubbio
l'introduzione, in ambito Macintosh, di Hypercard... rivoluzionando in modo sostanziale le modalità
dell'informazione...che fa di Hypercard un eccezionale ambiente di sviluppo software, accessibile, con
interfaccia iper-amichevole, all'utenza non professionale...(Supercard) costituisce ora un ambiente di
sviluppo privilegiato per il progetto AMPBV, investendo in special modo l'ambito dei data bases...". La
personale esperienza mi consente di affermare che l'hypertesto non rappresenta nessuna tappa verso la
realtà virtuale, né Hypercard né nessun altro hypertesto hanno rappresentato una rivoluzione nell'ambito
della archiviazione e nello studio dei dati, e non presentano una facilità di utilizzo come detto sopra.
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In realtà le affermazioni di De Guio non sono altro che la trascrizione lapidaria della confusione
nella quale l'archeologia si muove ancora oggi.
Come ho indicato all'inizio (paragrafo 1.1), esiste un difficile rapporto tra archeologia e informatica,
anche per la mancanza di conoscenza e specializzazione necessarie all'utente che desideri sia pure non
sfruttare fino in fondo le potenzialità della macchina ma anche solo ottenere dei risultati accettabili.
Molte caratteristiche degli hypertesti non consentono una corretta impostazione di un progetto per
l'archiviazione e l'analisi dei dati prodotti dallo studio del territorio:
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difficoltà e complessità nella programmazione e nei linguaggi delle applicazioni;
la velocità degli hypertesti risente notevolmente delle grosse masse di dati;
incompatibilità con altre soluzioni hypertestuali o banche dati;
impossibilità della gestione di cartografia vettoriale;
inesistenza di funzioni di overlay topologico;
gestione empirica e non diretta della cartografia raster;
mancanza di algoritmi propri della cartografia e dell'analisi spaziale.
L'utilizzo di sistemi in grado di manipolare e servirsi di informazioni cartografiche pure,
arrivarono nell'ambito dell'archeologia circa una decina di anni fa, particolarmente nell'ambito
statunitense e britannico. L'archeologia di questi paesi può contare sulla grande esperienza di
avanguardia nel campo dei sistemi di informazione geografica.
La prima esperienza in archeologia di utilizzo di un sistema di informazione cartografica per lo studio
di un territorio sotto indagine e il Granite Reef Project. L'applicazione fu sviluppata integralmente da
parte di John Rubin per lo studio dell'incidenza dei fattori geomorfologici nell'insediamento. Contava di
una serie di layers che consentivano la combinazione di attributi come terreni, geologia, isoiete,
temperatura ecc.
Il Granite Reef Project nasceva quasi venti anni dopo la nascita dei GIS a dimostrazione della difficoltà
di linguaggio tra il mondo dei calcolatori e l'archeologia. Questo esempio, inoltre ci permette di rilevare
due fattori negativi.
Il primo e più importante é che tale progetto non fu causa diretta della nascita di nuovi progetti per la
ragione che ho spiegato precedentemente: il forte ermetismo nelle diverse esperienze di laboratorio.
Proprio a causa di questa caratteristica del campo archeologico, ancora, molti anni dopo il compimento
di questo progetto, si percorrono strade sbagliate per lo studio del territorio, come per esempio quella
dell'uso dello strumento hypertestuale.
Il secondo elemento negativo é il fatto che agli inizi degli anni ottanta la tecnologia GIS non forniva al
mercato strumenti utili agli archeologi che consentissero un approccio scientifico valido, costringendoli
a dover compilare i necessari algoritmi e programmi.
Le applicazioni e le esperienze sorte nella prima parte degli anni ottanta riguardavano studi di
trend surface analisis e pattern seeking. per la creazione di modelli di insediamenti. I dati raccolti sul
campo e collocati su una griglia servivano per il calcolo del grado di probabilità della presenza o meno
di siti nelle celle non indagate.
Ben presto con la nascita di pacchetti software commerciali come ARC/Info, MOSS e GRASS,
si fece uso di essi anche nella ricerca archeologica. L'acquisto di applicazioni GIS commerciali
consente di risparmiare risorse, tempo e denaro perché non occorre progettare, compilare e testare la
nostra applicazione; un progetto che prevedesse la compilazione in toto del programma porterebbe solo
al prolungamento del tempo necessario per avviare il progetto. E' necessario d'altra parte sottolineare
che risulta fondamentale un'accurata selezione del materiale prima dell'acquisto di un pacchetto
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commerciale, quindi l'adozione di una soluzione definitiva, giacché un pacchetto commerciale non può
essere comunque in grado di soddisfare completamente tutte le nostre peculiari richieste e necessità.
2.2. Principali funzioni dei GIS applicati all'archeologia.
Il mondo dei GIS gode di una notevole quantità di funzioni e operatori e non tutti sono utili alla
ricerca archeologica. Farò dunque di seguito una rassegna delle caratteristiche dei sistemi relativi
all'argomento di questa tesi.
Una funzione che possiamo trovare in tutte le applicazioni GIS, e quella dell' "overlay topologico" che
ha una importanza fondamentale per la ricerca sul territorio. Grazie agli overlays possiamo creare dei
piani cartografici da associare a diversi piani di informazione geografico-ambientale, come pedologia,
geologia, morfologia, vegetazione, orografia ecc.
Questa caratteristica degli studi topografici che spesso viene lasciata da parte dai teams di ricerca ha un
valore fondamentale nella ricostruzione dei paesaggi. Le caratteristiche geoambientali non sono statiche
ma si evolvono continuamente e si condizionano a vicenda; gli elementi sismici condizionano la
geologia di una regione, che a sua volta incide sulla vegetazione, che a sua volta influisce su clima,
precipitazioni, ecc. In questa catena non monodirezionale si inserisce in un determinato momento della
storia l'uomo condizionando e condizionato da tutti gli elementi. L'ambiente e la natura (geologia,
temperature, ecc.) possono condizionare le scelte di insediamento dell'uomo ma l'insediamento e lo
sfruttamento in un determinato territorio da parte sua possono a loro volta provocare il mutamento di
alcune variabili ambientali come pedologia, vegetazione e fauna. Più che l'influenza dell'ambiente
sull'uomo, é l'influenza dell'uomo sull'ambiente che ha una valore superiore per la ricerca storica.
L'impiego delle variabili "naturali" nelle equazioni impiegate dai geografi-storici per arrivare
alla ricostruzione dei paesaggi storici é fondamentale. Nella ricerca archeologica la manipolazione di
queste variabili del territorio in esame, avviene tramite l'utilizzo delle carte tematiche. Ma anche il
topografo più attento e sensibile ai fattori geo-ambientali, che si avvalesse però di strumenti
convenzionali, non potrebbe mai sfruttare a pieno la potenzialità della combinazione dei dati contenuti
nelle carte. Il processo di assimilazione potrebbe essere solo di tipo "orizzontale", di fronte a una carta
riguardante una determinata fase storica, infatti, bisognerebbe consultarne un'altra per indagare un
diverso periodo.
Con l'utilizzo di un GIS, invece, e soprattutto delle sue funzioni di overlay topologico, l'analisi potrà
avvenire in maniera "verticale" incrociando in successione i dati della carta, velocizzando lo studio dei
dati e migliorandone la qualità effettiva, visto che viene processata in maniera artificiale da parte del
calcolatore.
L'overlay topologico offre delle potenzialità che l'archeologo ancora oggi non sfrutta a pieno. Le
variabili geomorfologiche vengono assegnate ai siti archeologici mediante voci all'interno della scheda
di UT, come ad esempio "morfologia", "quota sul livello del mare", "geologia" ecc.
Questa l'informazione grafica fornita dal processo di sovrapposizione dei diversi piani ma é proprio al
livello di attributi assegnati al sito che si trova su quelle specifiche coordinate che é consentita una
interazione attiva tra i diversi piani di informazione nonché una velocizzazione dei processi di
archiviazione dei dati. Lo sfruttamento di questa funzione avanzata dei GIS permette inoltre una
drastica diminuzione dei dati contenuti al interno del database.
Il secondo operatore é quello che viene definito come buffering.
Il buffering è una funzione presente solo nell'ambiente della cartografia vettoriale. Gli elementi
utilizzati per rappresentare gli oggetti della realtà (strade, case, campi agricoli ecc.) all'interno di una
carta, trovano in essa uno spazio indipendentemente dal fatto che essi siano rappresentati da un punto,
una linea o un'area. Lo spazio occupato sulla carta ha una sua geometria a meno che non si tratti di un
ARCHEOLOGIA E GEOGRAFIC INFORMATION SYSTEM
10
punto. Sulla geometria dell'oggetto sulla carta si possono definire aree di buffering, cioè aree di rispetto
intorno agli specifici elementi geografici sulla carta. Oltre le informazioni di forma e geometria
l'operatore deve comunicare al programma che spazio o che lunghezza ci deve essere tra il bordo del
"primitivo" e il bordo dell'area risultante dal buffering.
La nuova area creata prende forma in un nuovo oggetto poligonale. Ogni qualvolta si proceda alla
realizzazione di quest’operatore, l'oggetto primitivo rimarrà interamente coperto dall'area di buffering.
Area di buffering
Oggetto primitivo
fig 2
Questa funzione dei GIS, é utile ad esempio nello stabilire con precisione fasce di sicurezza e
protezione intorno a ferrovie o autostrade o le aree a rischio di propagazione di incendi, ecc.
Il buffering viene adottato da tutti i progetti archeologici che sfruttano sistemi GIS perché esso ha una
funzione fondamentale per mezzo della quale possiamo stabilire territori intorno alla direttrice nota di
antiche strade e si possono stabilire diverse aree progressivamente più estese per consentire la
valutazione della densità di abitati dello stesso periodo in rapporto alla distanza.
D.Guillot e G.Leroy nella realizzazione del SCALA project creano delle speciali buffering
zones di 3 km intorno ai corsi fluviali per capire la scelta dei luoghi di insediamenti dei siti neolitici nel
nord della Francia, intorno ad Amiens.
In Spagna, nello studio del territorio intorno a Madrid, abbiamo un esempio di utilizzo avanzato del
buffering con la creazione di una rete di aree di 5 km per le miniere di sale, di 3 km per le zone di
estrazione della selce, e di misura varia per i siti archeologici per indicare il progressivo allontanamento
da questi. Della informazione restituita dal calcolatore sulla base della combinazione dei dati, si é
potuto stabilire il rapporto topologico tra i siti e le miniere, e le miniere che subirono uno sfruttamento
più intensificato.
Uno dei maggiori fenomeni socioculturali é lo spostamento, per motivazioni diverse, dell'uomo
e delle risorse attraverso il territorio. Lo spostamento e la comunicazione hanno avuto fin dall'inizio
dell'umanità un ruolo fondamentale. Insieme all'uomo, oltre ai beni, circolano anche la cultura, le
scienze e le lingue. I vettori di comunicazione possono essere naturali o artificiali.
Spesso l'uomo, per spostarsi da un luogo all'altro, deve cambiare percorso e mezzi; si creano così nel
tempo e nella storia dei vettori e delle reti nuove che si sovrappongono a quelle precedenti.
Le antiche strade romane sfruttavano tra Lazio e Toscana gli antiche percorsi tracciati dagli etruschi. Lo
studio di queste reti di comunicazioni viene fatta attraverso la creazione di una ragnatela composta da
una serie di segmenti di tipo polyline che si collegano solo nei luoghi dove esistono biforcazioni o una
congiunzioni di strade; solo la creazione di una rete spezzata consente la realizzazione di calcoli
complessi.
Il risultato dell'applicazione di un operatore per l'analisi di rete fornisce il suo risultato tramite la
selezione degli oggetti e un eventuale cambio di attributi grafici, quali colore o spessore linea dietro
richiesta.
ARCHEOLOGIA E GEOGRAFIC INFORMATION SYSTEM
11
Nel passato i lunghi viaggi, oltre a presentarsi come difficili imprese, avevano costi molto superiori in
proporzione a quelli dei nostri giorni, perciò il minimo percorso era l'unico utile e possibile. Tale
percorso potrà essere rintracciato da un operatore che sia in grado di stabilire le minori distanze da
percorrere dentro alla rete stradale. Lo studio della rete non si limita solo alla sua distribuzione nello
spazio, ma anche nel tempo.
Alcune tra le applicazioni GIS meglio dotate di strumenti di analisi hanno, nell'ambito delle
analisi di rete, la possibilità di progettare ed studiare le allocazioni di risorse. Per realizzare un'analisi di
questo tipo occorre segnalare il centro o i centri di distribuzione, la rete attraverso la quale questa
distribuzione verrà effettuata e la grandezza della domanda nel terreno.
La procedura é inversa nel caso in cui dal terreno una risorsa venga raccolta e condotta verso un centro
di ricezione.
Consideriamo ad esempio nell'ambito dello studio di un determinato territorio la produzione di
manufatti litici o metallici. Sulla carta, dopo avere stabilito la rete di comunicazione, si possono
segnalare i punti di estrazione delle materie prime; con questi dati il sistema sarà in grado di calcolare i
tempi che occorrono per portare le risorse dal luogo da cui provengono a quello in cui vengono
lavorate, o la loro quantità minima e massima estratta ogni giorno.
Un esempio di particolare interesse come dimostrazione effettiva di queste potenzialità dei GIS
é rappresentato dagli studi condotti negli Stati Uniti nel New Mexico dove i ricercatori si avvolgono di
un sistema GIS (ARCInfo) nello studio dei resti di antiche strade lasciate dalla cultura di Chaco
Anasazi tra gli anni 900 e 1150.
Lo studio di queste strade con il calcolatore ha permesso di scoprire la complicata valenza economico
religiosa della rete di comunicazione.
2.3. Analisi Spaziale e archeologia.
La presenza di algoritmi in grado di realizzare delle analisi spaziali all'interno di un'applicazione
é una delle caratteristiche che distinguono i CAD dai GIS.
Le applicazioni delle ricerche spaziali possono essere infinite, come indicato nella introduzione. Per
"analisi spaziale" si intende un insieme di calcoli matematici mediante i quali è possibile descrivere
oggetti che occupano lo spazio o fenomeni che avvengono nello spazio, in modo sintetico e
significante, con la possibilità di procedere anche nella dimensione temporale, per fare emergere dei
dati o delle informazioni, solo attraverso la traduzione dei quali in elementi statistici, possono
comunicarci un messaggio che altrimenti rimarrebbe nascosto sotto un'apparenza caotica, non
decifrabile con la sola intuizione dell'intelligenza umana.
Le analisi spaziali sono possibili solo quando sia possibile la traduzione della domanda da parte
dell'operatore dal linguaggio di base della scienza che richiede l'analisi (sia essa l'urbanistica, la
geografia ecc.) al linguaggio matematico, che contiene e guida l'analisi stessa. Spesso infatti, nel
linguaggio della disciplina che si rivolge allo strumento dell'analisi spaziale, esiste una carenza
tecnico-lessicale che porta all'impossibilità o alla parziale realizzazione della fase di traduzione e, di
conseguenza, dell'intero processo di analisi.
Oltre questo inconveniente, le analisi spaziali presentano la possibilità, durante i diversi stadi del
processo, di perdita di una grande parte del tesoro dei dati messi a disposizione dell'operatore al
momento dell'attivazione analitica.
Particolari problemi nell'analisi spaziale possono presentarsi quando l'operatore fornisca dati con un
livello di imprecisione particolarmente elevato; se essi sono inesatti gli algoritmi matematici forniranno
un risultato impreciso.
Le analisi spaziali si distinguono in bidimensionali o tridimensionali e in vettoriali o raster.
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Rispondono direttamente alla richiesta logica formulata dall'operatore mediante l'interfaccia
dell'applicazione. Indispensabile per la realizzazione di un'analisi spaziale é solo l'elemento topologico
del modello dei dati: bastano, in pratica, le sole coordinate x, y e, nel caso si tratti di un GIS
tridimensionale, la coordinata z;
La domanda di analisi dei dati potrà essere formulata sia mediante l'impiego di elementi grafici
all'interno del modulo cartografico, come ad esempio la selezione di tutti i siti di colore giallo collocati
all'interno di un cerchio disegnato direttamente dall'operatore, o mediante queryes dei campi di
georeferenziazione all'interno del database (come, per esempio, la richiesta di mostrare tutti i siti
collocati tra le coordinate 1674550 1712450 UTM).
Questo doppio percorso di formulazione di analisi spaziale dovrebbe suggerire agli archeologi la
creazione all'interno del DBMS di campi riservati alla georeferenziazione
Le ricerche spaziali possono essere associate a previe applicazioni di buffering, per esempio la
creazione di un corridoio di 2 km di larghezza per coprire una strada antica.
Successivamente, mediante la selezione manuale di questo corridoio, sarà possibile richiedere la
selezione di tutti i siti archeologici riguardanti un periodo storico attraverso il riconoscimento del
colore; tale selezione potrà essere visualizzata come un tabella all'interno del DBMS.
Lo sviluppo tecnologico ha provocato una forte crescita nella velocità dei calcolatori e nella
dimensione delle memorie di massa, consentendo l'introduzione nel settore dei PC di applicazioni in
grado di gestire informazioni cartografiche tridimensionali. Questi, sotto forma di DTM o di TIM,
possono essere inserite nei sistemi GIS.
Per l'archeologia è un ulteriore vantaggio nella realizzazione di simulazioni del territorio, ma anche per
il nuovo orizzonte che le analisi spaziali di tipo tridimensionale possono offrire.
Come sappiamo, un DTM é composto da una rete di poligoni che descrivono le ondulazioni del terreno;
all'interno di un GIS possiamo segnalare uno di questi poligoni e richiedere la selezione o
visualizzazione solo di quelli visibili da quel punto. Tale tipo di funzione si presenta particolarmente
interessante nello studio della scelta strategico-militare di certe postazioni nel territorio come castelli o
fortezze.
L'impiego di sistemi cartografici può contribuire all'automatizzazione o agevolazione di
inter-site analysis cioè dello studio delle mappe di distribuzione di insediamenti nell'ambito di un
luogo.
Da molto tempo si conoscono ed utilizzano ricerche spaziali adottate dalla geografia, anche nella
ricerca sul territorio. Tutti i sistemi di analisi si basano su modelli di distribuzione nel territorio.
Possiamo indicare le quattro principali teorie:
•
•
•
•
poligoni di Thiessen
central place theory di Cristaller
rank size model di Johnson
modello spaziale di von Thunen.
L'utilizzo dei modelli spaziali, nella ricerca archeologica del territorio, si riveste di nuovi valori
e nuove prospettive, grazie alla velocità di processamento, che il calcolatore restituisce.
La familiarità con questi modelli, ha grande valore nella ricerca; la loro conoscenza permette una più
facile e sicura strutturazione dei processi di analisi, giacché molte domande e richieste al sistema
potranno essere formulate in chiave di modello spaziale, o inserite al interno della sequenza di ricerca.
Naturalmente la preparazione e la competenza sull'argomento dell'operatore, aiuta a interpretare i
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risultati delle ricerche che non si presentino a prima vista molto chiari. Insomma la conoscenza
dell'argomento aiuta alla formulazione e all'interpretazione dei risultati, delle ricerche.
L'aspetto più affascinante della ricerca spaziale é che e basata su teorie e ricerche condotte nei secoli
scorsi.
2.4 GIS e Archeologia: la cartografia
Una delle principali caratteristiche dell'archeologia dei paesaggi storici é l'utilizzo di cartografia
che nasce per lo sfruttamento di altre scienze o discipline. L'archeologo si avvale di carte militari,
politiche, geologiche, catastali ecc. Non esistono carte, o meglio basi cartografiche, di tipo tradizionale,
analogico o vettoriale, nate esplicitamente per l'impiego in campo archeologico.
Il costo della produzione cartografica é forse la causa di questo stato di cose.
Ma questo stato precario é un bene o un male?
Certo, un ricercatore deve pagare cifre elevate per l'acquisto del materiale cartografico. Molti
archeologi utilizzano basi cartografiche IGM, altre utilizzano la cartografia catastale. Molto dipende
dell'area coperta dall'indagine.
Questa situazione non costruttiva dal punto di vista della globalità della ricerca, in realtà non è
provocata dalla mancanza di una cartografia per l'archeologo, ma dall'ermetismo dei ricercatori italiani
in genere, che porta ad una chiusura del dialogo indispensabile per una comune costruzione.
L'archeologo utilizza carte e mappe anzitutto per segnalare la materia del suo studio.
I siti dopo essere stati individuati nello spazio, vengono indicati nella carta. Sappiamo che i processi
che governano la ragione umana non segue una logica.
L'uomo assegna così dei nomi a tutti gli oggetti e cose che vede nella realtà, facendo nascere le diverse
lingue. Il linguaggio, strumento per comunicare, é inesorabilmente forgiato dal mondo con cui l'uomo é
a contatto. Il linguaggio diventa l'interfaccia o il filtro che regola l'interpretazione che l'uomo da della
realtà, fino al punto di condizionarla, ovvero, le cose che non hanno nome non esistono: "i limiti del
mio linguaggio significano i limiti del mio mondo.
Il bisogno che muove il ricercatore ad una registrazione di un nuovo sito archeologico, non é
solo "matematico". La registrazione sulla carta é un atto che di fatto introduce nella realtà, dà ad essa
non la scoperta, ma la vita di un sito archeologico, la possibilità di comunicare con lui e di farlo
dialogare con gli altri elementi sulla carte.
Molti siti archeologici presenti oggi sullo spazio, non sono conosciuti dall'uomo e, dunque, non
esistono nella realtà. Ritrovarli equivale renderli vivi.
Le carte vengono utilizzate, come ho già detto, per il posizionamento dei siti archeologici
individuati sul terreno. All'archeologo il fattore che più interessa é l'inserimento dei fenomeni studiati
dentro un sistema topologico o di relazioni spaziali in scala fra i diversi fenomeni.
L'archeologia e lo studio dei paesaggi storici che abbiano come obbiettivo la realizzazione o la modifica
di carte geografiche deve tenere presente, durante i processi di studio, le caratteristiche fondamentali
delle carte onde non modificarne le regole e la struttura basati su un sistema di convenzioni ormai
sviluppato all'interno della disciplina geografica.
Le carte geografiche prevedono una rappresentazione sinottica che permetta la facile lettura e
memorizzazione degli elementi rappresentati. L'elemento sinottico delle carte consente in molti casi a
molte scienze della terra di avvalersi di un tipo unico di carte per loro studi.
L'archeologo può avvalersi cosi di strumenti cartografici non specifici della sua disciplina, nelle quali é
la presenza di molti piani di informazione come strade, coltivazioni, boschi ecc. necessari alla ricerca
sul campo. Gli elementi urbanistici, agricoli e particolarmente quelli geomorfologici, rendono la carta
ARCHEOLOGIA E GEOGRAFIC INFORMATION SYSTEM
14
non solo la rappresentazione strutturale nella realtà, ma strumento attivo, dato il suo valore, nella
ricerca topografica.
Per la definizione dei settori o campioni da sottoporre ad indagine intensiva mediante la ricognizione,
l'archeologo si avvale della cartografia del territorio sotto esame. Durante le ricognizioni i topografi
utilizzano delle carte per le operazioni di individuazione delle strade e della sequenza dei campi da
visitare, e chiaramente per il posizionamento sulla carta dei punti o delle aree dove vengano individuati
i siti archeologici.
La scelta della scala é fondamentale per questa fase della ricerca. Il posizionamento di un sito
archeologico all'interno di una carta con una scala troppo piccola ha un coefficiente di errore troppo
elevato, anche in conseguenza della scomparsa di gran parte degli elementi rappresentati, e quindi, dei
punti relativi che contribuiscono al posizionamento.
La carta ha un valore, non inferiore, nelle fasi successive all'indagine sul campo, fornendo dati e
variabili necessarie alla formulazione dei modelli spaziali. Ovviamente, rappresenta il mezzo di
pubblicazione più idoneo a questo tipo di dati.
Le carte sono dei veri mezzi di comunicazione e la produzione di una buona carta sarà come un buon
testo permettendo un facile e chiaro scambio dei dati con il lettore: per questo l'edizione e la
pubblicazione di una carta archeologica, dovrebbe seguire dei principi di precisione e scientificità.
Ma le carte tradizionali in generale presentano un grosso inconveniente senza possibilità di soluzione:
le loro rappresentazioni della realtà, sono statiche, non possono contenere cioè la dimensione
temporale.
Come è noto i piani sono definiti da due dimensioni e tutte le carte possiedono la x e la y. La profondità
o l'altezza possono comunque in molti casi essere indicate; per la dimensione z. si usano normalmente
le curve di livello, o le gamme di colore. Ma la dimensione temporale finora non ha trovato "spazio"
all’interno della cartografia.
Gli elementi reali come città, case, alberi, boschi, frontiere, insediamenti umani, non sono e non
saranno mai dei fenomeni statici. Possono cambiare posto, comparire o scomparire, senza che la carta
sia in grado di registrarne le mutazioni.
La materia della topografia archeologica é un chiaro esempio di questo fenomeno, dove lo scopo
dell'indagine é cercare di "ricomporre in seriazione diacronica i paesaggi e le organizzazioni
insediative del passato.
La rappresentazione dei cambiamenti nel tempo può o, meglio, si poteva realizzare fino ad oggi solo
mediante il disegno di più carte, tante quante fossero i punti cruciali del processo di mutamento. Fino
ad ora l'archeologo del territorio si é visto costretto alla produzione di una serie di mappe, per indicare
la fasi cronologiche salienti della sua ricerca. Appare chiaro quindi che lo strumento cartografico si
presenta fondamentale ed insostituibile ma presenta delle gravi limitazioni che condizionano in maniera
negativa tutte le fasi della ricerca.
Gran parte della mancanza del fattore tempo nelle carte è stato supplita con l'avvento dei sistemi
GIS.
L'operatore di overlay consente la sovrapposizione di diverse carte che non solo permettono
all'archeologo del territorio di rappresentare i cambiamenti e lo sviluppo degli insediamenti lungo il
tempo, ma anche di sottoporre gli oggetti grafici sulla carta a misurazione e calcoli statistici tra una fase
e l'altra, in maniera diretta.
L'overlay topologico consente la creazione di infiniti piani grafici, l'inserimento di quanti l'operatore
consideri necessari.
Tutte le scienza che si avvalgono dello strumento GIS per le loro ricerche hanno la possibilità di
stabilire quanti piani d'informazione siano necessari per coprire l'arco di tempo sotto esame. Ad
ARCHEOLOGIA E GEOGRAFIC INFORMATION SYSTEM
15
esempio, un arco di tempo molto ampio normalmente richiederà una grande quantità di piani di
informazione, e così una ricerca che abbia come obbiettivo lo studio di una fenomenologia relativa a un
breve periodo di tempo ma, con un alto grado di mutamenti, richiederà una densità di piani di
informazione nel tempo comunque elevata.
La regola essenziale é la creazione di piani di informazione dove é indispensabile per capire lo
sviluppo del fenomeno nel tempo. Ad esempio, per lo studio dello sviluppo degli insediamenti rurali
nel territorio della provincia di Siena non é necessaria la creazione di un piano per ogni anno di
indagine; basteranno le fasi storiche tradizionali per indicare le principali "tappe dello sviluppo".
L'archeologia, ed in particolare l'archeologia del paesaggio, non consente il disegno di una linea
continua lungo il tempo. Il mezzo per la valutazione della cronologia dei siti nello studio del territorio è
la ceramica; nella stratigrafia, con la presenza di altri oggetti come monete o vetri, consente datazioni
più precise ma, se isolata, permette di ipotizzare l'arco di tempo della sua diffusione nel mercato, il che,
spesse volte, vuole dire tutto l'arco di una fase storica o una porzione di esso.
La terra sigillata , ad esempio può essere collocata in un arco di tempo che va dagli ultimi decenni del I
sec. a.C alla metà del II sec. d.C. Così la cartografia archeologica non potrà presentare un'immensa serie
di quadri che disegnino la continua distribuzione-evoluzione dei siti archeologici nello spazio. La
ceramica, principale sistema di datazione, consente solo la creazione di overlays che abbracciano un
arco di tempo abbastanza ampio.
Obiettivamente il problema dell'associazione del fattore tempo all'interno di un GIS ha un modo
più logico di risoluzione.
Se ogni punto sulla carta viene spogliato da qualsiasi convenzione grafica che ne indichi, ad esempio,
definizione e cronologia, e successivamente tutti spostati e condotti su un unico piano o layer, potranno
essere selezionati e modificati graficamente tramite queries.
Sul database potrò richiedere di assegnare il colore verde ai siti che possiedono ceramica a vernice nera,
o colore rosso ai castelli dei secoli centrali del medioevo.
Il sito diventa veramente elemento attivo sulla carta, in grado di essere sottoposto a continue richieste, e
non solo rappresentazione delle interpretazioni e delle conclusioni formulate dall'archeologo.
Tutte le voci che fanno parte dell'archivio interno al GIS potranno essere utilizzate sia nell'indagine
cronologica e tipologica sia in quella spaziale. Se il sistema sviluppato nell'ambito archeologico potrà
prestare funzioni di ARM, sarà l'elemento spaziale e non quello cronologico il più importante.
Questa dinamicità acquistata dal sito archeologico diventa un ulteriore passo verso la simulazione.
2.4.1. Elementi cartografici.
Tutte le carte geografiche presentano i seguenti elementi: scala, proiezione ed orientamento.
La digitalizzazione della cartografia, sia essa vettoriale o raster comporta l'azzeramento di uno di questi
elementi: la scala.
Quando una carta viene digitalizzata, viene "strappata" dal foglio d'origine, cioè convertita in bytes.
All'interno della memoria del calcolatore non può essere messa in rapporto con nessuna scala giacché il
file non è in nessun modo associato ad un foglio. L'operatore potrà in qualsiasi momento aumentare o
diminuire il fattore di zoom sullo schermo; quest'ultimo a sua volta presenta una grande diversità sul
display, che dipende dalle sue dimensioni e dalla sua risoluzione.
In pratica, la stessa carta su due monitor con dimensioni e risoluzioni diverse avrà una scala diversa.
L'unica possibilità di assegnare dei parametri simili alla scala, sarà la selezione delle preferenze di
stampa, che regoleranno il modo in cui la carta ritornerà ad essere stampata riassumendo così la scala.
La proiezione, fattore sinora sconosciuto nella ricerca archeologica sul territorio, diventa adesso
elemento di particolare importanza.
ARCHEOLOGIA E GEOGRAFIC INFORMATION SYSTEM
16
L'incuranza dell'archeologo verso la proiezione geografica era dovuta al fatto che egli si limitava a
compiere un posizionamento diretto e manuale dei siti sulla carta. Con i sistemi GIS la carta
digitalizzata deve occupare lo spazio effettivamente rappresentato sul globo terrestre.
A questo scopo per la cartografia a media scala vengono, ad esempio, unanimemente consigliate le
proiezioni Gauss-Boaga ed UTM. L'adozione della cartografia UTM costringe l'archeologo alla
valutazione della fascia UTM alla quale la sua cartografia appartiene. Una volta stabilità la fascia di
appartenenza, per il corretto posizionamento l'operatore dovrà indicare le esatte coordinate dell'angolo
inferiore sinistro e quelle dell'angolo superiore destro. Se tutti questi parametri cartografici verranno
inseriti correttamente nell'applicazione che manipola la cartografia digitale, allora potremo dire che
abbiamo una vera cartografia GIS.
Ultimo e non meno importante elemento della cartografia é il suo orientamento. Per effetto della
distorsione causata dalle proiezioni geografiche, l'andamento generale da sud a nord nella cartografia
non si può rappresentare mediante una linea perfettamente verticale.
fig.6
In fase di inserimento dei parametri cartografici, sarà dunque necessaria l'assegnazione dei valori che
neutralizzano questo aspetto delle proiezioni. Se il sistema di coordinate non viene risistemato, il
posizionamento successivo di elementi sulla carta, verrà condotto dalla applicazione in maniera errata.
Purtroppo non tutte le applicazioni sono in grado di stabilire un sistema di coordinate diverso da quello
basato su assi perfettamente verticali ed orizzontali e in questo caso la procedura da seguire sarà quella
della rotazione della carta.
•
•
•
•
2.4.2. Posizionamento degli elementi sulle carte tradizionali e vettoriali.
La ricerca di mezzi e strumenti che contribuiscano alla soluzione degli inconvenienti provocati
dall'impiego della cartografia tradizionale è una delle conseguenze dell'adozione negli ultimi decenni
delle applicazione GIS e, molto prima, degli strumenti CAD.
L'utilizzo di cartografia digitale di tipo vettoriale, cioè composta unicamente da vettori, rappresenta un
balzo in avanti nella tecnica cartografica.
La cartografia vettoriale consente un livello di precisione sconosciuto all'operatore del territorio. Il suo
carattere prettamente matematico, consente innanzitutto il posizionamento all'interno della cartografia
vettoriale di elementi con un livello di accuratezza infinito.
Si possono indicare le coordinate di una città con coordinate UTM del tipo:
y=4778000
x=1677000
precisione 1000 metri
y=4773234
x=1675284
precisione 1 metro
y=4784352,23
x=1712483,88
precisione 1 centimetro
y=4694356,548
x=1723875,154
precisione 1 millimetro
L'illimitata definizione della cartografia vettoriale non influisce, a differenza di quello che molti
pensano, sulla effettiva massa di dati necessari alla archiviazione su supporto magnetico.
ARCHEOLOGIA E GEOGRAFIC INFORMATION SYSTEM
17
Questo é dovuto al fatto che i formati vettoriali in genere prevedono la presenza di un certo numero di
posti o spazi standard, come ad esempio quattro cifre per i decimali. Se queste non vengono utilizzate,
all'interno del file vettoriale assumono il valore 0000. Nella ricerca sul territorio oggi é possibile non
solo un preciso posizionamento dei siti archeologici, ma anche della ceramica o dei manufatti al suo
interno, aprendo così nuove possibilità di studio.
Pensiamo solo che il posizionamento di un sito su basi cartografiche con scala 1:25.000, mediante un
punto di un millimetro di diametro avrebbe coperto un area superiore ai 200 m2 (caso A, fig. 7) e
inoltre tale posizionamento può incorrere nel coefficiente di errore: il punto infatti oltre a coprire
un'area superiore é posto in modo da avere un centro diverso da quello del sito rappresentato (caso B,
fig. 7).
B
A
Sito Archeologico.
Punto di un millimetro di diametro
su una carta 1:25.000
fig.7
L'impiego di un sistema CAD nel posizionamento dei siti archeologici presenta molti vantaggi.
Allorquando l'operatore decida di adottare una registrazione dei siti mediante punti, essi potranno
essere posizionati senza errori mediante tastiera o mediante un elevato fattore di ingrandimento sulla
interfaccia grafica (caso C, fig.8). Il CAD assocerà così le coordinate ad un "simbolo". E, appunto, il
centro di questo simbolo corrisponderà perfettamente al punto indicato dall'operatore.
Il CAD consentirà anche l'eventuale digitalizzazione dell'area effettivamente occupata sulla carta da
parte del sito archeologico (caso D, fig.8).
Questa procedura richiede chiaramente maggiore impegno sul campo, oltre che un'accurata misurazione
della scala, dimensioni ed orientamento del sito archeologico. Per il completamento della
digitalizzazione delle aree dei siti sarà necessario stabilire le esatte coordinate di un punto che
definiremo d'ora in poi "punto d'ancoraggio". Il punto di ancoraggio verrà ad occupare le stesse
coordinate relative nella digitalizzazione.
C
D
E
fig.8
ARCHEOLOGIA E GEOGRAFIC INFORMATION SYSTEM
18
Se si adotta la digitalizzazione delle aree dei siti archeologici, é possibile il posizionamento dei reperti
all'interno della stessa area con la distribuzione relativa degli stessi (caso E, fig.8).
L'impiego di quest'ultima procedura ha importanza solo quando sia in progetto la realizzazione di uno
studio che preveda l'intra-site analysis. Oltre tutta questa serie di vantaggi, l'utilizzo del CAD per il
posizionamento di elementi cartografici, presenta la possibilità di variazione e rettifica dei dati inseriti.
2.4.3 Archeologia e Remote Sensing.
Il mondo dei GIS ha ricavato un notevole vantaggio dalla integrazione di molte scienze e
materie tra le quali il Remote Sensing .
Per remote sensing si intende l'acquisizione di informazione sulla terra mediante dispositivi che si
vengono a collocare distanti dall'area da sottoporre alla registrazione dei dati. In realtà tra le risorse
prodotte si possono classificare anche le semplici fotografie aeree, oltre che le immagini sattelitari o di
SPOT, le scansioni aeree di tipo elettromagnetico, oltre la fotografia ad infrarossi.
L'utilizzo di questo materiale all'interno del contesto dei GIS, sia come attributi dentro un
DBMS geografico o direttamente come base cartografica dove esso sia possibile, ha portato
all'archeologia del territorio notevoli vantaggi.
Tra i maggiori che il remote sensing può portare alla ricerca archeologica possiamo citare
l'evidenziazione di nuovi siti archeologici, oltre che il miglioramento della struttura delle risorse e dei
dati necessari alla creazione di modelli statistici per la valutazione delle presenze archeologiche.
Il Dipartimento di Antropologia dell'Università del North Carolina, in collaborazione con Scott Madry,
ha condotto ricerche nel territorio della valle del fiume Arroux, affluente della Loira, nella Borgogna,
della quale per più di due decadi sono state raccolte fotografie aeree, a loro volta sottoposte ad analisi,
airbone Thermal scanning, immagini da satellite successivamente inserite all'interno di un GIS,
associate a tutti i dati prodotti dalla ricognizione.
2.5 GIS e Archeologia: il data base.
Il database gioca un ruolo fondamentale nell'impiego della tecnologia GIS in ambito
archeologico. Molte caratteristiche del rapporto archeologia-GIS impongono un’accurata progettazione
ed una costante cura del database.
La incapacità di qualsiasi software GIS di soddisfare l'intera serie di domande e richieste di un
archeologo, e la conseguente continua migrazione da una soluzione all'altra, potrebbe essere
compensata dalla diffusione dei dati da un unico nucleo originario.
I databases nati esplicitamente per l'archiviazione e protezione dei dati consentono una
salvaguardia totale del record archeologico, esigenza che i diversi formati GIS non possono soddisfare,
comportando la perdita definitiva di settori essenziali della nostra informazione.
Poiché l'archeologia si é avvicinata da pochi anni a questo tipo di tecnologie, accade non rare volte di
intraprendere strade sbagliate, costringendo gli operatori ad un secondo o a un terzo tentativo di fare
ripartire il progetto. Il trasferimento di tutti i dati della prima soluzione GIS e un abbandono dei dati
primitivi possono costringere a ripetere anche la fase di archiviazione dei dati. In verità anche in caso di
adozione della medesima applicazione, dove venisse abbandonato dopo un fallimento il nucleo
originario dei dati, sarebbe necessario ripetere l'archiviazione dei dati.
ARCHEOLOGIA E GEOGRAFIC INFORMATION SYSTEM
19
100% dati
Soluzione GIS 1
DataBase
60% dati
100% dati
Soluzione GIS 2
fig.9
Dal mio punto di vista i GIS daranno oggi e in futuro un grande contributo allo studio e alla
ricerca analitico spaziale e statistica. Se vediamo la grande quantità di voci, o campi, che la cartografia
archeologica fornisce al ricercatore, possiamo supporre la difficoltà del loro processamento.
Le voci che compongono la scheda di un sito archeologico (scheda UT) sono le seguenti:
•
•
•
•
•
•
•
•
Sito
•
UT
•
IGM
•
Coordinate
•
Località-Comune•
Geologia
•
Morfologia
•
Risorse idriche •
Uso del suolo
•
Condizioni del suolo•
Visibilità
•
Affidabilità
•
Descrizione sito
•
Descrizione UT
•
Interpretazione
•
Periodo
Fase
Cronologia iniziale
Cronologia finale
Definizione
Fonti archivistiche
Bibliografia
Materiali
Tramite queste voci può essere condotta un'ampia gamma di ricerche .
Le analisi di tipo archeologico, possibili all'interno di un calcolatore possono essere suddivise in due
gruppi principali: filtraggi e statistiche.
Come filtraggio intendo il risultato di una semplice query. Se nello studio di un territorio vogliamo
porre particolare attenzione alle tecniche edilizie possiamo chiede la selezione dei siti archeologici che
hanno restituito materiali laterizi digitando la seguente query :
[ ? laterizz* OR matton* OR tegol* OR copp* ]
Il database restituirà tutti i siti all'interno della banca dati contenenti riferimenti ai materiali edilizi
indicati nella richiesta. Questa ricerca puo essere associata ad una o più queryes. Alla richiesta iniziale
é possibile aggiungere altre domanda come ad esempio la cronologia:
[ ? laterizz* OR matton* OR tegol* OR copp* ] [ ? romano OR medievale ]
L'associazione di richieste all'interno di una banca dati archeologico-topografica può divenire così
molto complessa e varia, ma é proprio questa complessità che rappresenta la potenza di una banca dati.
I filtraggi possono essere positivi (ad esempio ricerca di tutti i siti romani) ma espressione di richieste
di omissione ovvero di richieste in negativo (richiesta di tutti i siti non romani).
Oltre ai filtraggi, l'archeologo può avvalersi delle banche dati per la formulazione di statistiche.
Mediante esse possiamo valutare la densità di strutture in pietra per le diverse aree di un territorio,
come comuni o quadranti cartografici, oppure la densità di edifici in pietra nelle diverse fasi storiche.
La formulazione per la composizione di indagini statistiche é simile se non identica a quelle inserita per
i filtraggi. La differenza tra filtraggio e statistica sta nel fatto che la prima ci interessa per i dati
contenuti all'interno del record, mentre la seconda ci interessa solo per la quantità di schede che
rispondono alla richiesta.
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La valutazione di quale dei due tipi di ricerca debba essere condotta, per rispondere a
determinati quesiti é molto importante.
L'archeologo spesso per la sua mancanza di esperienza nel settore spreca gran parte del potenziale dei
suoi dati e del sistema che ha a disposizione, accontentandosi di fare un'unica domanda senza
approfondire i dettagli delle risposte date dal calcolatore. Importante sarebbe, dopo la realizzazione di
ricerche mediante filtraggi, registrare anche i dati statistici, giacché la complessità della ricerca
archeologico-spaziale presenta il problema della qualità delle informazioni: lo stesso tipo di analisi
applicata in due spazi diversi può provocare risultati molto diversi dal punto di vista qualitativo in base
alla quantità di dati raccolti, ma la cosa importante é stabilire il valore dei dati. Se si perseguono ad
esempio ricerche di tipo statistico-matematico sulla quantità di siti preistorici in relazione a un'area
dove ricerche topografico intensive sono state condotte, e in relazione a un luogo dove sono state
raccolte le informazioni dei rinvenimenti noti senza che nessuna ricognizione sia stata condotta, è
facilmente intuibile la differenza del qualità dei risultati.
Le ricerche all'interno delle banche dati sono caratterizzate da una continua evoluzione sia dei
dati, sia dell'arco d'indagine. La soluzione di un quesito non può che provocarne un altro, se viene
confrontato con i dati preesistenti.
L'archeologo però non deve accontentarsi di sapere la buona qualità della ricerca all'interno dei
databases.
Il problema in realtà é la sequenza con cui gli ordini di ricerca dovranno essere inseriti per ottenere un
buon risultato. Non esiste infatti un unico modo o regola di attivare la sequenza di procedure di ricerca
e la formulazione della serie di domande spesso viene definita in modo intuitivo anche se non casuale.
E' certo comunque che l'esperienza dell'operatore giochi il ruolo principale in ciò poiché l'alterazione
della sequenza di richieste modificherà in qualunque situazione il risultato dei dati.
La non standardizzazione e la precarietà delle procedura di analisi, filtraggi e statistica all'interno del
database consiglia la creazione di un diario dove registrare tutti i passi compiuti.
Se pensiamo, questo lavoro non é molto diverso dell'inventare ricette di cucina. Se otteniamo dei buoni
risultati, e sospendiamo l'attività di ricerca, quando torneremo alla definizione delle queryes forse i
risultati non saranno più cosi soddisfacenti se non avremo formulato le richieste nelle sequenze usate in
precedenza e che ci avevano portato a buoni risultati.
Sottovalutare l'analisi all'interno di un quadro che presenta variabili multiple di tipo cronologico,
spaziale, ambientale, culturale e materiale non è un atteggiamento saggio e fecondo.
Queste semplici considerazioni, tra l'altro non presenti nella letteratura archeologico-informatica, si
caricano di ulteriore valore se si considera che le ricerche all'interno del DBMS andranno a seguire o
precedere analisi spaziali condotte all'interno del sistema cartografico. La qualità dei dati contenuti nel
database, ovvero il fattore attributi nel modello dei dati GIS, ha un diretto effetto globale nella
amministrazione delle ricerche all'interno del GIS stesso.
La capacità di un sistema di archiviazione dati di fornire buoni risultati in fase di analisi dipende
inoltre dalla strutturazione dell'archivio.
L'archeologia ancora oggi sfrutta le antiquate strutture della banche dati lineari caratterizzate dalla
lentezza e ingenti impieghi di memorie di massa a causa della ripetitività delle informazioni. La
strutturazione di banche dati di tipo relazionale é praticamente sconosciuta ma in realtà la progettazione
della struttura relazionale dei dati é l'unica strada per giungere a una corretta archiviazione ed analisi
dei dati.
La struttura del database deve essere sufficientemente flessibile per consentire un suo ampliamento
gerarchico sia verso l'alto che verso il basso, oltre l'innesto al suo interno di altre strutture dati.
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La maggior parte dei progetti GIS, non solo in archeologia ma in qualsiasi altra attività, nasce da
vecchie banche dati. Prima di poter essere sfruttate con ottimi profitti esse devono subire molte
modifiche che permettano un utilizzo logico delle informazioni in esso contenute.
Il database deve consentire, nel caso di abbandono di un’applicazione GIS, il rapido adattamento alla
nuova applicazione adottata. L'utilizzo del sistema di archiviazione relazionale consente, mediante
l'aggiunta di campi, la facile trasformazione del GIS archeologico in un vero e proprio ARM o CRM.
Un esempio chiaro di questa possibile ambivalenza di un unico progetto GIS, é il progetto Mutina del
Museo Archeologico di Modena, il cui sistema é in grado di soddisfare le richieste del Comune di
Modena nell'ambito della protezione dei beni culturali e ambientali.
Tutti gli enti sono costretti grazie alla convenzione di Malta a dotarsi di strumenti in grado di
contrastare attivamente la distruzione del patrimonio culturale. Se un progetto archeologico che preveda
l'utilizzo di un SIT, non nasce con questo doppio obbiettivo, cioè di studio e di difesa dei siti
archeologici, la struttura relazionale al livello degli attributi dovrebbe garantire un facile adattamento.
Porre l'accento delle operazioni di archiviazione e consolidamento del nucleo del progetto all'interno
del DBMS, prevede altri vantaggi come la facilità di formazione dei gruppi di operatori incaricati
all'inserimento dei dati che non siano preparati all'utilizzo di applicazioni GIS avanzate. E' noto che le
applicazioni per l'archiviazione dei dati, oltre ad essere entrati da più tempo nell'ambiente archeologico,
presentano delle interfacce grafiche molto amichevoli, e procedure di operazione molto intuitive oltre
che ripetitive, consentendo una preparazione all'archiviazione dei dati quasi immediata.
All'inizio degli anni 'novanta abbiamo assistito all'incredibile crescita della potenza di calcolo
dei processori, che hanno consentito la nascita e lo sviluppo di applicazioni impostate su algoritmi di
grphics stations basate su minicomputers o mainframe computers. Abbiamo assistito alla nascita della
multimedialità, della manipolazione e produzione di materiale grafico e audio, come fotografie, filmati,
video, suoni e musica.
Questa rivoluzione ha modificato anche il mondo dei databases, consentendo l'archiviazione dei nuovi
formati, permettendo una documentazione archeologica più completa.
Per l'archeologia le nuove possibilità offerte dal calcolatore sono fondamentali, visto che gran parte del
materiale prodotto dalla ricerca archeologica é di tipo fotografico e, in alcuni casi, anche video. Il
materiale fotografico sia sotto forma di stampe che di diapositive trova un vantaggio nella sua
digitalizzazione grazie alla riduzione dello spazio richiesto per la loro conservazione. Per le fotografie
come per i filmati oltre al problema dello spazio, l'archiviazione digitale consente una conservazione
perfetta nel tempo. Tutta questa massa di informazioni può essere sfruttata all'interno delle banche dati
dei SIT archeologici.
DB Sito
DB UT
DB Ceramica
DB Archivio
fig.10
L'archiviazione dei dati mediante un database, e una loro successiva esportazione verso il GIS, é
possibile però solo se si é dotati di strumenti in grado di compiere determinate operazioni.
L'adozione di una soluzione che preveda la distribuzione generale dei dati dal database alle altre
applicazioni GIS, costringe alla scelta di un software di archiviazione che preveda la manipolazione
delle informazioni in esso contenute e non limitarsi alla sola archiviazione dei dati.
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La manipolazione deve prevedere la trasformazione dei dati all'interno dei records con l'utilizzo di
formule logiche e matematiche.
La complessità gerarchica dei dati nello studio del territorio impone assolutamente l'utilizzo di
databases relazionali.
3. Archeologia del paesaggio tra GIS e CRM (Cultural Resource Managemente).
Nasce dall'integrazione tra dato cartografico (coordinate) e dato alfa numerico (scheda UT) un
nuovo strumento per lo studio, interpretazione, ricostruzione e simulazione dei paesaggi storici.
Molte prospettive di questo nuovo modello di ricerca sono state illustrate nei capitoli introduttivi, ma
bisogna chiarire che l’applicazione dei SIT in campo archeologico presenta molti orizzonti sconosciuti
sia per la fondamentale ignoranza dell’archeologo in campo informatico sia per gli elevati costi di
attrezzature software e hardware.
Solo l’impegno diretto dell’archeologo nella formulazione del modello dei dati e del paradigma GIS,
nell'archiviazione e nell'analisi dei dati potrà spezzare questa catena di incompetenza, consentendo alla
nostra disciplina un’ulteriore passo verso un approccio scientifico e auspicando risultati incoraggianti
per il futuro.
Pur essendoci ancora così tanta strada da percorrere perché possa svolgerlo appieno, il topografo
viene chiamato oggi a svolgere nel campo dello sviluppo di soluzioni GIS di tipo archeologico, un
nuovo compito: l’utilizzo di strutture e modelli dati (in particolare nel campo del DBMS) per la
protezione e conservazione del patrimonio culturale presente nel territorio. Cultural Resource
Management (CRM) è il nome assegnato a questo settore in ambito anglosassone. Ancora oggi non
esiste nessun termine in lingua italiana che riassuma o indichi l’applicazione di strumenti effettivi nella
protezione del nostro patrimonio a dimostrazione dell’arretratezza della nostra nazione sia nel settore
burocratico che in quello accademico in questo campo, rispetto ad altri stati occidentali.
L'apparente disattenzione generale degli enti pubblici, in questo settore nasce dalla sproporzione
tra le risorse economiche e l’ineguagliabile ricchezza storica ed artistica del nostro paese. La
definizione CRM abbraccia tutte le espressioni umane come documenti storici, arte, pittura, scultura
architettura ecc.
Le evidenze antropiche sul territorio, o meglio, i siti archeologici, prove e documenti degni di studio
per la conoscenza della storia dell’uomo entrano con tutti i diritti all’interno dell'ambito di cui si occupa
il CRM.
La distinzione tra elementi “materiali” e artistici ha portato giustamente alla caratterizzazione
del primo gruppo con l’introduzione della sigla ARM: Archaeological Resource Management. Gli
strumenti di tipo ARM si vengono a collocare nel gruppo generale CRM.
All’interno di un ARM trovano posto così tutte le evidenze di tipo archeologico su un territorio.
CRM
ARM
Come è stato indicato precedentemente, la scarsa disponibilità di fondi e risorse economiche
suggerisce la collaborazione tra strutture accademiche, che abbiano come scopo lo sviluppo di un GIS
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per la realizzazione di analisi scientifiche, e istituzioni o organismi statali che considerino la creazione
di uno strumento per la difesa del patrimonio archeologico sul territorio una priorità.
Un ARM che si avvalga di una parte consistente della struttura e del modello dei dati di una GIS per lo
studio del territorio e il migliore mezzo per la salvaguarda dai pericoli per il monitoraggio continuo del
patrimonio sul territorio.
Prima di spiegare i modi e le forme di questa collaborazione, sarà conveniente chiarire gli elementi e
caratteristiche di un ARM, come ed in che cosa si distingue da un GIS puro di tipo archeologico.
L’argomento ARM introduce anche il problema di cosa si intenda per risorsa archeologica e
cosa sia degno di essere salvato o meno.
Fondamentalmente un’evidenza archeologica può essere classificata in base alle dimensioni e allo stato
di conservazione. La dimensione stabilisce il livello di monumentalità del sito in questione. Nessuno
dubita, ad esempio che il Pantheon sia un monumento ma monumento può essere anche una struttura
più piccola come una pieve romanica in campagna.
E' chiaro che i monumenti architettonici appartenenti al passato fanno parte del patrimonio culturale;
essi forniscono agli studiosi di storia dell’arte e architettura nozioni ed indizi sull’ingegneria e le
tecniche costruttive, oltre che rappresentare un vero e proprio specchio dell’anima degli uomini nel
tempo: credenze, idee, espressioni, paure.
I monumenti sono arrivati a noi perché si sono conservati negli anni sia per la loro solidità o per
l’amore della comunità. Molti monumenti sono fisicamente scomparsi, e rimangono come monumenti
solo nella nostra memoria.
I siti archeologici (mi riferisco alle evidenze in superficie e non al significato globale del
termine) invece si caratterizzano per le dimensioni ridotte, anche se le ricognizioni possono restituire
siti di diversi ettari, e per la loro scarsa conservazione. Basti pensare che paradossalmente la scoperta di
un sito archeologico durante le ricognizioni é reso possibile solo perché quell’anno un trattore agricolo,
con la sua azione ha distrutto un altro poco quel sito portandone in superficie qualche frammento.
Il sito si presenta come una labile traccia del passato. Ma, per quanto labile possa essa apparire, fa
parte di una tessera del mosaico che il tempo ha cancellato, e che gli archeologi tentano di ricomporre.
Isolata, questa tessera ha poco valore o nulla; non può darci niente altro che pochi frammenti ceramici e
un punto sulla carta. Ma insieme a tutti gli altri siti, può permetterci di disegnare il quadro e le modalità
dell’insediamento dell’uomo nei periodi storici.
E' forse questa funzione inferiore a quella del monumento?
Può essere più importante conoscere cosa e come i nostri antenati pensavano e sentivano, che sapere
cosa facevano tutti i giorni per mangiare, coltivare, insomma il quotidiano. All’interno di un ARM il
più piccolo insediamento ha e dovrà avere gli stessi diritti di un monumento.
Importante sarà solo distinguerli all'interno del DBMS mediante una voce che ne indichi lo status cioè
“Monumento” o “Sito”. In realtà, per aumentare il grado di obiettività dei dati si può aggiungere a
queste due categorie quella di “Scavo”.
Un ARM è necessario lì dove si possano esercitare poteri legali o coercitivi tesi alla
salvaguardia dei resti “materiali” di tipo antropico sul territorio. Ciò equivale a dire che un ARM non
può trovare luogo nell'ambito di un’università ma nell'ambito di istituzioni quali ministeri, assessorati
regionali, provinciali o comunali, secondo l'estensione dell’area protetta, perché solo essi possono nella
maniera più rapida e proceduralmente corretta intervenire in caso di pericolo di una o più attestazioni
sul territorio.
All'interno dell’organo statale l’ARM deve o dovrebbe prender posto nella procedura o per la
progettazione di piani regolatori o per l’assegnazione di permessi per la costruzione o per qualsiasi
rilevante intervento sul territorio.
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L’ARM può assumere una funzione insostituibile nella progettazione dei piani regolatori. Può indicare
non solo gli effetti che un piano possa assumere sul potenziale archeologico presente sul territorio, ma
anche contribuire alla scelta di un'area rispetto ad un’altra per la creazione di parchi archeologici, anche
in rapporto alle risorse e ai patrimoni naturali.
Nel quotidiano l’ARM consentirebbe di suggerire ai burocrati le procedure da seguire nel caso di
specifiche richieste per interventi sul territorio; nel caso di progetti che prevedano un intervento
inevitabile in un determinato luogo, l’ARM può indicare all’amministratore la necessità dell’intervento
di un gruppo di archeologi per uno scavo di salvataggio; quando tale intervento sia invece possibile in
spazi alternativi, l’ARM avrà solo la funzione di campanello di allarme.
3.1 Struttura e impostazione di un ARM: il DBMS
Un’altra delle caratteristiche che distinguono un ARM da un GIS é la diversa impostazione non
solo del modello dei dati richiesta ma anche della tipologia e accuratezza del dato stesso.
Appare ovvio che l’amministrazione del potenziale archeologico del territorio necessita di variabili
simili ma non identiche ad un’analisi di tipo scientifico.
Le informazioni all’interno del modello dei dati si differenziano non solo negli attributi (DBMS) ma
anche nell’elemento topologico (cartografia). Come ho indicato sopra, alcuni campi all'interno del
database quali “Interpretazione”, “Definizione” o “Cronologia Iniziale e Finale” non hanno nessun
valore all’interno di un ARM.
Essi non potranno contribuire a migliorare l'efficacia di un intervento di tutela. All’amministratore non
interessano le caratteristiche e le particolarità tipologiche di un sito archeologico. Sono invece
insostituibili tutti i campi che possono fornire la posizione esatta nello spazio come “Coordinate”,
“Località”, “Comune” o “Dimensioni”.
Le voci o campi infatti necessari all'interno in ARM sono quelli che consentano una individuazione dei
siti archeologici con un’alta precisione, oltre che fornire i dati generali.
Inserisco qua di seguito un elenco delle voci minime necessarie all’interno di un ARM.
Coordinate: come ho già affermato in precedenza, consentono non solo la veloce e diretta
individuazione dei siti sulla carta ma permettono all’operatore di confrontare graficamente le
coordinate dei siti archeologici con le coordinate dei luoghi interessati dagli interventi previsti. Le
coordinate di un sistema ARM chiaramente sono associate al sistema di proiezione della cartografia.
Se l' ARM é basato su un apparato cartografico 1:25000 si dovrà procedere alla registrazione in
coordinate UTM poiché nella cartografia IGM 1:25000 viene utilizzata la proiezione UTM.
Località, Comune, Comprensorio e Provincia: La presenza di queste voci nella scheda
dell'ARM permetteranno l’individuazione di tutte le emergenze archeologiche presenti in un area,
interessata da un intervento massiccio ed esteso. Possono essere molto importanti soprattutto nella
progettazione di un piano regolatore, o in caso della costruzione di strade ecc.
Definizione: questa voce, che a prima vista potrebbe sembrare inutile, può permettere
all’amministratore di capire il grado di pericolosità del problema.
Ad esempio, se si dovrà procedere a un intervento forzato sul territorio come la costruzione di
infrastrutture, conoscendo la definizione del sito si potrà mettere in allerta un osservatore attento a
un'eventuale emergenza di “sporadico” e si potrà convocare un ateneo o una cooperativa archeologica
in caso di necessità di uno scavo di salvataggio se la definizione sarà, per esempio, quella di “villa”.
Periodo o Fase: anche queste voci possono sembrare collegate ad un contesto scientifico o
comunque di ricerca. Consentono invece ai responsabili di stabilire con maggiore precisione la
specializzazione dell'archeologo da chiamare in caso di emergenza.
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Le altre voci che compongono la scheda UT non hanno un ruolo specifico all'interno di un ARM. Ad
esempio, “Geologia”, “morfologia” o “Idrografia” non hanno funzioni utili ai fini della difesa del
patrimonio. Esse servono alla valutazione di tipologie e statistiche nel GIS dell'archeologo.
3.2 Struttura e impostazione di un ARM: l'apparato cartografico.
Anche la cartografia può presentare diversi tipi d’approccio nell'ambito di un ARM e di un GIS
scientifico.
Il posizionamento dei siti archeologici all’interno della cartografia richiede in questo caso un maggiore
grado di accuratezza.
L'alto grado di precisione si rende necessario nella concessione di permessi per lo costruzione in luoghi
non distanti da aree archeologiche sia per evitare che, con interventi edilizi o altro, si rechino danni a
siti collocati in maniera imprecisa e approssimativa sulla carta, sia per evitare intoppi nelle concessioni
stesse.
Mentre nella ricerca archeologica la cartografia 1:25.000 può essere impiegata senza particolari
problemi, la sua scala si presenterà insufficiente ad un ARM, per cui sarebbe più indicato la cartografia
1:10:000 o 1:5.000
Anche nella cartografia come nel DBMS, non tutti i layers o piani di informazione che sono necessari
all’archeologo, sono indispensabili. In realtà, all’amministratore basterà niente di più che i dati
contenuti all’interno di una carta IGM come strade, abitati, aree boschive o seminative ecc.
Nel campo della cartografia si inserisce un problema di particolare importanza per lo sviluppo di
un ARM come efficace mezzo di protezione del patrimonio territoriale: la presenza al suo interno di
una carta di rischio archeologico.
La realizzazione di una carta del genere può nascere dall'utilizzo di tutti i dati di tipo archeologico e
ambientale raccolti sul territorio, in analisi statistiche che siano in grado di valutare il grado di
possibilità di presenza di siti archeologici in qualsiasi punto della carta sotto esame.
L’ARM non consentirà di apprestare un eventuale intervento di salvaguardia solo dove la ricerca abbia
effettivamente evidenziato presenze consistenti ma anche lì dove la statistica e la modellazione
archeologica sembrino indicare alti gradi di probabilità di presenze.
La produzione di una carta di questo tipo può nascere solo in seno a un GIS di tipo
archeologico, visto l’alto grado di formazione necessari alla sua realizzazione.
Nelle aree non sottoposte a ricognizioni intensive, questo metodo é l’unico possibile per la protezione
del patrimonio. L'applicazione di tale metodo sarà finalizzato ad allertare gli archeologi non in caso di
maggiore o minore distanza dai siti archeologici di un determinato intervento in un determinato luogo
ma sarà piuttosto la probabilità di presenza archeologica sul territorio a fare scattare l’allarme.
E' chiaro che verranno stabiliti, a seconda dei mezzi a disposizione, dei livelli di probabilità più o meno
alti e quindi delle soglie oltre le quali si potrà ritenere ragionevole un intervento.
Lo sviluppo e la realizzazione delle banche dati e la cartografia necessaria a un ARM, potranno
nascere direttamente dell’applicazione delle tecnologie GIS in campo archeologico.
E' logico, se non necessario vista la difficoltà del reperimento di risorse, la realizzazione di due progetti
paralleli.
Ma non solo la penuria economica deve portare archeologi e amministratori a collaborare insieme; in
realtà la collaborazione non può che portare ad un miglioramento complessivo del prodotto finale.
L’ARM deve essere concepito, progettato e aggiornato dall’archeologo, mentre le fasi operative vanno
riservate all’organo incaricato di proteggere il territorio. Questo sistema consegna alle amministrazioni
pubbliche il materiale più aggiornato sul censimento dei siti archeologici sul territorio. L’archeologo
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dovrebbe preoccuparsi di fornire uno strumento dotato d’interfaccia grafica intuitiva e di un linguaggio
non specializzato né ermetico, per uno sfruttamento totale del materiale a disposizione.
D’altro canto gli archeologi possono beneficiare della cartografia digitale, che gli enti pubblici
possiedono per diritto.
4. Principali esperienze GIS nell'archeologia del paesaggio in Italia.
A differenza di quanto accaduto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, le applicazioni GIS non
hanno goduto di una larga diffusione nell’archeologia italiana.
La ragione è forse da individuare nella relativa novità dello studio dei paesaggi storici rispetto
ad altre tradizioni (come ad esempio quella britannica). Più in particolare però, lo sviluppo di sistemi
GIS in genere, richiederebbe comunque una forte assimilazione delle basi informatiche; in Italia, una
reale apertura verso l'applicazione razionale del calcolatore nella ricerca non si è ancora verificata.
Basti, come esempio, osservare il grado generale di informatizzazione degli istituti e dipartimenti
d'archeologia.
In Inghilterra la ricerca non si muove solo sui binari dell'indagine ma, soprattutto, su quello del
salvataggio del patrimonio archeologico sul territorio, con la conseguente nascita di cataloghi e banche
dati contenenti i dati spaziali e tipologici di tali rinvenimenti, portando in maniera più agevole alla
creazione e allo sviluppo di GIS di tipo scientifico (visto che la maggiore parte dei dati sono ormai
sotto forma di database). La situazione tuttavia tende ad evolversi rapidamente in questo senso anche
nel nostro paese; questa tesi ne è una prova e molti progetti sono stati avviati.
Di seguito prenderemo in considerazione quelle che consideriamo le più importanti applicazioni
di tecnologia GIS all’archeologia del paesaggio.
4.1. Il Progetto Forma Italiae.
Un progetto di largo respiro a livello istituzionale, di realizzazione di un GIS applicato
all'archeologia è rappresentato dal Sistema Informativo Territoriale per la Carta Archeologica d'Italia.
Questo progetto avviatosi negli anni '80 nasceva con due scopi: da un lato mirava alla realizzazione di
uno strumento scientifico utile alla ricerca e dall'altro di un mezzo che contribuisse alla difesa
istituzionale del patrimonio archeologico.
La struttura di questo GIS è composta dall'utilizzo o interazione tra quelle che negli anni sono
state il documento principe nello studio del territorio, avvero le schede associate all'intero apparato
cartografico comprendente schede di diverso tipo. Il sistema consente in realtà di intervenire sia in fase
d'archiviazione dei dati che in fase di restituzione, nell'apparato schedografico e in quello cartografico.
L'apparato schedografico è composto da diverse soluzioni di presenza e distribuzione delle
informazioni, sulle schede. Questo è dovuto al fatto che le esperienze di ricerca nel territorio, nel
tempo, hanno mutato le diverse impostazioni della raccolta dei dati. L'elemento “attributi” del modello
dei dati è basato su un database di tipo relazionale, con una struttura di tipo gerarchico. All’interno del
database sono presenti le seguenti schede di Ricognizione e Bibliografia, più altre tabelle definite di
“dettaglio” come tabelle "materiali" e "strutture". In più anche il sistema possiede schede per la stampa.
In realtà il modello dei dati del Sistema Informativo Territoriale della Carta Archeologica d'Italia
è composto da tre elementi ma di natura diversa: posizione o punto topografico, descrizione e
tematismi geografici.
L'apparato cartografico o “archivio dei dati grafici” è composto da diversi piani d'informazione
spaziale, tramite cartografia raster e vettoriale che può essere sintetizzata nel seguente modo: layer dei
rilevamenti, carta archeologica, carte catastali, carte aereofotogrametriche, carte archeologiche urbane,
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cartografia storica, tavolette IGM, foto aeree, modello digitale del terreno, uso dei suoli, condizioni dei
suoli e carta geologica.
Una delle caratteristiche del Sistema informativo territoriale della carta archeologica d'Italia è la
presenza di un DTM. E’ molto importante, come spiega Azzena, il valore di questo strumento nella
ricerca sull'insediamento umano nel territorio. Esso può collaborare alla individuazione di luoghi
(colline, valli, altipiani ecc.) che nel passato consentissero un migliore controllo del territorio e dunque
condizionassero la nascita lì, di strutture fortificate, o anche di luoghi che permettessero il controllo di
vie fluviali e dunque presentassero condizioni ideali per la nascita di un emporio ecc.
4.2. Progetto Mutina: Carta archeologica informatizzata del territorio Modenese.
La provincia di Modena conta su un'antica tradizione nella ricerca archeologica sul territorio.
Già dal secolo scorso (1869) il Museo Civico redige una delle prime carte analitiche, relative al
territorio modenese, con distinzione di tipologia tramite la simbologia. Successivamente nel 1988 viene
realizzata una carta archeologica per la città di Modena. Queste carte non si ponevano il problema della
tutela del patrimonio ma, già all’epoca, era chiaro che lo scavo archeologico era l’unico mezzo per
evitare la scomparsa definitiva delle evidenze in superficie. Nel 1930 viene introdotta la legge generale
di tutela, che però non ha avuto nessun potere nel contrastare l’espansione edilizia degli anni sessanta.
Nel 1983 il Museo Archeologico Etnologico di Modena in collaborazione con la Soprintendenza
Archeologica avviava la realizzazione della carta archeologica del Comune di Modena. Gli scopi di tale
impresa erano sia di tipo scientifico che di tutela del patrimonio. Questo progetto trovò infatti la
disposizione del Comune di Modena a tutelare le aree a rischio all’interno del Piano Regolatore
Generale.
La prima fase è stata espletata nel 1989 con la pubblicazione della “Carta archeologica di
Modena e del suo territorio”. L’inserimento delle aree archeologiche all’interno del P.R.G. ha
consentito un continuo monitoraggio dei siti archeologici e inoltre ha evitato la distruzione di non pochi
siti archeologici.
Pur essendo stato un notevole passo avanti l’inserimento della Carta Archeologica all’interno
del P.R.G., appariva chiaro che “ancora non si era pienamente raggiunto l’obbiettivo di trasformare la
tutela archeologica da accidente di percorso ad elemento significativo della programmazione dello
sviluppo urbanistico e territoriale.” Si rendeva necessario a tale scopo uno strumento che consentisse
un aggiornamento automatico delle evidenze in superficie all’interno del sistema di cartografia
vettoriale del Settore progettazione territoriale. Nasceva così dalla collaborazione tra diversi soggetti
pubblici il Progetto Mutina, con ampliamento degli obbiettivi iniziali, creazione di una banca dati per la
gestione museale e dei resti archeologici mobili, visualizzabili su cartografia.
Il progetto Mutina ha preso in considerazione nella sua fase iniziale l’archiviazione
computerizzata del solo territorio del comune di Modena dove si contano più di 500 siti archeologici.
Nei prossimi anni, in prospettiva, si procederà all’archiviazione dellle emergenze del restante territorio
provinciale che conta oltre 1000 siti noti (compresi tra neolitico e medioevo). Il progetto prevede il
continuo censimento del territorio mediante ricognizioni sistematiche e rinvenimenti fortuiti. L’intera
massa dei dati va a confluire all’interno di una banca dati collegata ad un programma grafico che
gestisce carte vettoriali.
L’archiviazione dei dati alfa numerici è fondata non su un database relazionale ma su un
software di tipo information retrival che consente la gestione di dati eterogenei, come testi, stringhe,
formule matematiche, immagini, thesauri, e cartografia e consente modalità e tempi di ricerca non
ottenibili tramite un'architettura relazionale. La struttura non può essere paragonata a quella di un
database; essa permette di navigare all’interno delle informazioni, in quanto ogni scheda è trattata come
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un documento indipendente di una rete globale di relazioni percorribili in qualsiasi direzione. Questo
sistema consente comunque la creazione di ricerche di tipo gerarchico relazionale oltre che di tipo
hypertestuale.
La struttura del DBMS è suddivisa in cinque tipi di schedatura.
•
Scheda evidenza archeologica: presenta informazioni sulla presenza, assenza o
distruzione di siti archeologici, indicando particolari sulla localizzazione come località, coordinate, e
caratteristiche fisiche del sito come estensione e profondità, oltre che interpretazione, e cronologia.
•
Scheda di attestazione: contiene le informazione a riguardo dei diversi interventi sui siti
archeologici nel tempo.
•
Scheda gestione reperti: permette la registrazione di dati generali sulla gestione museale
dei reperti.
•
Scheda reperti: contiene le singole informazioni sui reperti; si basa sulla scheda dei
materiali dell'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione.
•
Scheda Bibliografia: permette la consultazione della bibliografia esistente dei siti
archeologici.
Una tale struttura dei dati non concede in realtà una rapida consultazione. Molti dati che
potrebbero essere contenuti in un'unica scheda sono dispersi tra le diverse schermate e la dispersione
dell’informazione non consente all’operatore una visione globale sull’intera quantità dei dati.
L’apparato cartografico è basato sulla cartografia 1:5000 della carta Tecnica Regionale,
vettorializzata, in uso presso il Comune e la Provincia di Modena. Questo aspetto del progetto crea le
basi per un efficace sistema di protezione dei siti sul territorio, perché i rinvenimenti vengono
visualizzati sulla cartografia utilizzata direttamente dagli uffici tecnici, evitando equivoci ed
incomprensioni nate dalla differenza tra due o più apparati cartografici e le loro differenti scale,
proiezioni e sistemi di coordinate. Inoltre la scala 1:5000 consente all’archeologo un grado di
precisione estremamente elevato.
4.3 Il progetto ODYSSEUS: il caso di Oppido Mamertina.
Il progetto Odysseus nasce all'interno della Fondazione Lerici, che dalla metà degli anni
'cinquanta conduce ricognizioni per conto delle Soprintendenze archeologiche.
L’accumulo di una così vasta massa di dati ha costretto i responsabili dell'istituto a ricercare un
mezzo razionale ed intelligente per l’archiviazione dei dati e tale da consentire una rapida ed efficace
consultazione; inoltre, all'interno di questo sistema vengono a confluire le informazioni già note oltre
che tutte quelle che periodicamente vengono raccolte sul territorio. Queste esigenze spinsero agli
organizzatori del progetto ad adottare un sistema GIS.
Il software adottato è Highway sviluppato dalla società 3D Informatica di Bologna. Il progetto
Odysseus non nasce in realtà con l’obiettivo della creazione di un GIS “multi funzionale” ma come
strumento di monitoraggio del patrimonio sul territorio; in altre parole, più che un GIS di tipo
scientifico, appare come un ARM: intende rispondere alle domande poste dalle soprintendenze
archeologiche o altri enti impegnati nell’amministrazione del territorio.
Il progetto nasce e si sviluppa su quattro elementi essenziali:
•
Come indicato precedentemente per il Progetto Mutina, l’Istituto per il Catalogo e la
Documentazione ha creato una scheda o, meglio, un gruppo di schede per le evidenze archeologiche in
superficie. Il sistema deve prevedere l’impiego di questo tipo di schedatura o comunque una struttura
compatibile con essa.
•
La necessità di procedere verso un tipo di approccio globale nelle ricerche ha suggerito
l’adozione non di un database tradizionale ma di un Information Retrieval.
ARCHEOLOGIA E GEOGRAFIC INFORMATION SYSTEM
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•
La banca dati spaziale è fondata su un sistema cartografico vettoriale, che impiega il
formato DWG di AutoCad.
•
Visto L’andamento del mercato dei PC il progetto Odysseus si vede orientato verso il
Sistema Operativo Windows.
La prima applicazione del sistema Odysseus è stato il caso dell'Oppido Mamertina a Catanzaro.
L’intervento fu richiesto dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria. Le ricognizioni hanno
interessato un'area di 10 ettari dove si era riscontrata un'elevata concentrazione di materiali sporadico,
che faceva ipotizzare un insediamento pre-romano diviso in due nuclei principali: necropoli e nucleo
abitativo.
Dopo le ricognizioni tutte le informazioni vengono inserite nel sistema Odysseus all'interno
delle “schede di Sito”. I dati delle ricognizioni vengono integrati con informazioni acquisite tramite tele
rilevamento e carotaggi per una diagnosi più precisa ed accurata. Tutta la massa dei dati dovrà essere
sottoposta ad interrogazioni su profondità relativa della stratigrafia, tipo di litologia presente ecc.
Al sistema potrà, per esempio, essere richiesto la distribuzione di un particolare tipo ceramico;
nell’area sotto indagine il sistema non solo restituirà la distribuzione nello spazio, ma anche nella
profondità stratigrafica indicata. Oltre a questo potranno essere combinati diversi layers; ad esempio
potrà essere combinato quello sulle anomalie geofisiche con i reperti raccolti in superficie per valutare
le aree di maggior rischi.
4.4 Considerazioni Finali.
Purtroppo pubblicazioni e articoli sui Sistemi Informativi Territoriali in Italia hanno come scopo
quello di dare un apparente smalto a progetti vuoti di scientificità. Ciò è intuibile dallo scarso livello
del linguaggio tecnico applicato ai testi. Per l'archeologo che intenda utilizzare i GIS certo non è di
priorità assoluta conoscere l'essenza di ogni termine della tradizione GIS, ma lo è per l'archeologo che
intenda utilizzare tale linguaggio e intenda comunicare con la comunità scientifica. Non mi sembra
neanche tanto conveniente e utile creare un sotto linguaggio GIS specialistico per l'archeologia visto
che tutte le discipline che ne fanno uso ricorrono agli stessi vocaboli e non usarli significherebbe
isolarsi.
Invece di presentare l’elenco delle qualità e potenzialità delle applicazioni utilizzate,
l’archeologo dovrebbe indicare con rigore scientifico su cosa stia lavorando, a che livello tecnico sia il
progetto, quali siano i risultati raggiunti e quali altri scopi persegua; generalmente, invece, nella
migliore delle ipotesi, all'esposizione delle conquiste dei progressi raggiunti con il mezzo informatico
viene riservata nelle pubblicazioni solo una piccola porzione di spazio nella parte finale. L'esposizione
delle caratteristiche delle applicazioni utilizzate non è un fatto di poco conto, ma mai costituisce
l'oggetto di un'esposizione scientifica di tipo archeologico; quale posto migliore che un'appendice,
luogo che le rende "nascoste" e meno sottoponibili a giudizi, per indicare le caratteristiche tecniche
delle applicazioni utilizzate, magari redatte direttamente dalla casa produttrice?
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