Omelie per un anno - vol. 2
Tutti i Santi
(1° novembre)
 Ap 7,2-4.9-14 - Vidi una moltitudine immensa, che nessuno
poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua.
 Dal Salmo 23 - Rit.: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
 1 Gv 3,1-3 - Vedremo Dio così come egli è.
 Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Venite a me, voi tutti che
siete affaticati e oppressi, e io vi darò sollievo, dice il Signore.
Alleluia.
 Mt 5,1-12ª - Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra
ricompensa nei cieli.
PER COMPRENDERE LA PAROLA
PRIMA LETTURA
La liturgia prende dall’Apocalisse unicamente le visioni che ci
mostrano la gloria di Cristo e la salvezza di coloro che credono in lui.
Coinvolti nei castighi che s’abbattono sul mondo peccatore, i servi di
Dio sono segnati in fronte con il segno della croce (cf Ez 9,6) e così
sfuggono alla distruzione. E tutti rendono gloria a Dio e all’Agnello.
La candida veste di gloria in cui sono avvolti significa che sono
associati al sacrificio di Cristo. Si tratta dei martiri, ma anche di tutti
coloro che sono stati purificati dal Battesimo e dall’Eucaristia.
SALMO
Salmo catechetico. Ricorda la purezza morale necessaria a colui che
intende “salire al monte del Signore” e presentarsi davanti a Dio in
Gerusalemme. Si applica a coloro che entrano nella Gerusalemme del
cielo di cui Cristo in persona è il Tempio (Ap 21,22).
SECONDA LETTURA
Giovanni ricorda ai credenti che Dio, nel suo amore, fin d’ora attua in
loro la sua salvezza: essi sono “figli di Dio”. Ciò si realizzerà
pienamente al ritorno di Cristo: “Saremo simili a lui”; la visione
fortifica l’amore e comporta la rassomiglianza (cf 1 Cor 13,12; 2 Cor
3,18).
L’insegnamento di questa lettura è parallelo a quello del passo
dell’Apocalisse.
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VANGELO
Luca presenta soltanto quattro Beatitudini: povertà, fame, pianti e
insulti, ma seguite da quattro maledizioni. Il tono è deciso e rude.
Richiama la violenza con la quale Gesù trattava i farisei “sepolcri
imbiancati”. Matteo non ha questa durezza; sfuma: povertà “in
spirito”, fame “di giustizia”. Vi aggiunge la dolcezza, la misericordia,
la purezza di cuore, la persecuzione per la giustizia. Luca parla di
situazioni, Matteo di atteggiamenti. Perché ci possono essere dei
poveri dal cuore pieno di invidia e ricchi che condividono con gli altri.
Sono possibili due interpretazioni:
a) Solo i poveri volontari, coloro che sono assolutamente puri, coloro
che accettano la rinuncia in perfetta umiltà, hanno possibilità di
essere salvati. E questo ci mostra quanto sia esigente la santità.
b) I poveri, i piccoli sono i preferiti di Gesù. E questo ci riporta alla
bontà di Dio. È il senso più ovvio: le Beatitudini sono anzitutto una
promessa, un annuncio di salvezza.
Il significato fondamentale delle Beatitudini si fa chiaro se collochiamo
il discorso della montagna nel contesto del “programma” di Gesù
riferito da Matteo. Giovanni Battista aspettava e predicava un Messia
giustiziere. Questi invece si rivela dolce e accogliente, e ai
messaggeri di Giovanni Battista che l’interrogano risponde: “Ai poveri
è annunciata la Buona Novella” (Mt 11,5). È questo il significato
principale delle Beatitudini. È il primo passo per una religione
popolare e non per una religione di perfetti e di asceti.
Naturalmente coloro che accolgono il Vangelo con tutto il cuore si
sforzeranno di essere perfetti nella povertà e nell’umiltà. È un altro
significato delle Beatitudini. Perciò queste possono essere lette come i
princìpi di vita di Gesù che per primo, e unico, le ha vissute
integralmente. La “Sapienza” predicata da Gesù viene chiarita
definitivamente soltanto dalla croce. Leggere le Beatitudini con Gesù
in croce per comprenderne tutta la portata.
La parola “beati” è spiegata dalle singole promesse, nelle quali si
potrebbero cercare i richiami all’Antico Testamento (regno
messianico, Terra promessa, consolazione...); si potrebbero anche
commentare, servendosi degli Atti, delle lettere di Giovanni, di Paolo.
Alcuni ritengono che le due ultime beatitudini siano state aggiunte a
causa delle persecuzioni della Chiesa primitiva.
Infine le Beatitudini sono una promessa e una profezia di Cristo: Dio
guiderà il mondo sino all’attuazione del suo regno. Coloro che non
trionfano in questo mondo sono i più vicini al regno. Possono trovarsi
accanto a coloro che, in nome del Vangelo, non hanno cercato il
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successo della loro vita nei risultati umani. Lo stesso vale per coloro
che subiscono persecuzioni per Cristo.
Se si vuol entrare per la porta stretta che immette nella beatitudine è
necessario percorrere un cammino di spogliamento, di povertà, di
umiltà.
PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)
Beati... che cosa significa?
Il Vangelo è una promessa di felicità. Una felicità immediata: “Di essi
è il regno dei cieli”. “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio” (2ª
lettura). È necessario sottolineare questa attualità del Regno, l’oggi
della beatitudine.
La beatitudine non s’impone agli occhi del mondo: “La ragione per cui
il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto Dio” (2ª lettura).
Più ancora, il mondo non vuol conoscere, rifiuta e respinge la felicità
di Cristo: “Vi insultano, vi perseguitano, dicono ogni sorta di male
contro di voi per causa mia” (Vangelo).
Se la beatitudine non s’impone agli occhi del mondo, nemmeno per
noi è qualcosa di improvviso. La promessa di Dio è magnifica, ma le
sue esigenze sono radicali (Vangelo). Esigenze che Cristo ha
accettato e vissuto. Egli ha vinto la grande battaglia. La nostra
vittoria avrà lo stesso prezzo: “Essi sono coloro che sono passati
attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti
rendendole candide col sangue dell’Agnello” (1ª lettura).
Attualmente siamo felici? Nonostante le ingiustizie? Nonostante i
fallimenti? Nonostante la morte? Conosciamo benissimo gli ostacoli
che si oppongono alla vera felicità. Il mondo ci ricorda l’utopia della
beatitudine... Per noi, la felicità è un dono di Dio, il frutto del suo
amore: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre” (2ª lettura).
Chi è santo? Chi sono i santi?
Coloro che chiamiamo santi ci vengono presentati come esseri
eccezionali: martiri, confessori, dottori della fede, eremiti, monaci,
vergini...; persone insomma che hanno affrontato situazioni
particolari e vi hanno reagito in un modo unico (ai nostri giorni, per
esempio, il padre Kolbe). Essi sono separati dai comuni mortali: sono
canonizzati.
Non era così nella Chiesa primitiva. Allora erano chiamati santi tutti i
battezzati, tutti coloro che credevano in Gesù Cristo: “Chiunque ha
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questa speranza in lui, purifica se stesso come egli è puro” (1ª
lettura).
In realtà Cristo non ha selezionato i santi. Il suo Vangelo non è
riservato a qualche privilegiato: “Apparve una moltitudine immensa...
di ogni nazione, razza, popolo e lingua” (1ª lettura), “Ecco la
generazione di coloro che ti cercano” (Salmo).
La Costituzione sulla Chiesa del Concilio Vaticano II ricorda la
vocazione universale alla santità: “Tutti i fedeli di Cristo sono
chiamati e hanno il dovere di perseguire la santità e la perfezione del
loro stato” (n. 40).
Oggi chi sono i santi? Chi potrebbe rispondere? Il popolo cristiano
risponde con il proprio cuore. A volte sembra lento a capire. Però
percepisce certe verità che il Padre rivela agli umili e ai piccoli e
nasconde invece ai sapienti. Una madre di famiglia diceva un giorno:
“Tutti i buoni sono santi, perché sono il riflesso dell’amore di Dio
messo alla portata degli uomini”.
In realtà, i santi sono parte integrante della Chiesa. Sono i servi di
Dio, che, in ogni tempo, al proprio posto e seguendo la propria
vocazione, collaborano all’opera di salvezza di Gesù Cristo fra gli
uomini. Sono “uomini votati al compito di dare, con la loro vita,
l’esempio della santificazione generale dello sforzo umano” (Teilhard
de Chardin).
Tutti sono chiamati... E perché no oggi?
Oggi la santità è svalutata. La devozione ai santi è in ribasso. Si
invocano soltanto per casi disperati.
La festa di tutti i Santi va ricollocata nel mistero della salvezza: il
mistero di Cristo morto e risorto per tutti gli uomini e il mistero della
Chiesa, che è il mistero della riunione dei redenti nel Regno. Questa
riunione si sta attuando lentamente. Sarà definitiva soltanto al ritorno
di Cristo, ma si attua già mediante la celebrazione eucaristica nella
vita attuale della Chiesa (è molto significativa la presenza dei santi in
tutte le preghiere eucaristiche: “in unione con tutti i santi”).
La santità si trova in Cristo e nella Chiesa. Essa non consiste
nell’accumulare eroismi di virtù, nel compiere opere buone. Consiste
invece nel partecipare alla stessa vita di Dio. Di conseguenza, è anche
un inserimento sempre più vivo e sempre più profondo nel popolo
santo di Dio. La santità è una prerogativa di Dio, e anche una
prerogativa della Chiesa. “Crediamo nella comunione dei santi”,
proprio perché crediamo in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il popolo santo di Dio non è una ressa, una folla anonima, ma un
popolo con gli stessi sentimenti di adorazione, di riconoscenza, di
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amore e di gioia; un popolo con un’unica preoccupazione, quella di
celebrare, di “stare in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello... e
inchinarsi profondamente con la faccia davanti al trono e adorare Dio”
(1ª lettura). La riunione eucaristica lo manifesta profondamente.
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