4 C 2 Avvento - salesiani don Bosco

Anno C
2ª DOMENICA DI AVVENTO
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Bar 5,1-9 - Dio mostrerà il suo splendore in te.
Salmo 125 - Rit.: Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Fil 1,4-6.8-11 - Siate integri e irreprensibili per il giorno di Cristo.
Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri! Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Alleluia.
 Lc 3,1-6 - Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Solo Dio può salvare
Chi ci può salvare? Da sempre gli uomini hanno cercato vie e mezzi di
“salvezza”: hanno tentato tutte le strade. Hanno creato imperi,
sperando la “salvezza” dalla politica; hanno elaborato sistemi
economici vari, hanno costruito sistemi filosofici e ideologie le più disparate. Ma gli uomini non sono riusciti a “salvare” gli altri uomini. E
questo non è pessimismo ingiustificato né disfattismo, bensì una mera
constatazione obiettiva. La concezione di un’evoluzione progressiva e
continua della storia da stadi inferiori verso mete sempre più elevate
è una pura illusione senza consistenza. Soltanto il pregiudizio che
l’uomo sia il “salvatore” di se stesso può dare origine alle dottrine di
un perpetuo miglioramento della storia e di un’evoluzione necessaria
dell’umanità verso un futuro sempre migliore. Nella storia umana ci
sono anche forze negative, momenti di decadenza, regressioni e
involuzioni. L’uomo, dunque, da solo non è capace di salvare
definitivamente se stesso. Chi allora?
Un profeta ottimista
Il profeta Baruc, in un periodo tragico e disastroso della storia del suo
popolo, ha la straordinaria audacia, propria del profeta, di alzare lo
sguardo al di là delle rovine del presente. Rivolgendosi alla città
desolata di Gerusalemme, Baruc sa perfino trovare gli accenti più
caldi della speranza e accende la sua fantasia profetica con visioni di
ottimismo, che ai suoi contemporanei devono essere sembrate o
ingenue o irreali. Egli prevede per il suo popolo – simboleggiato nella
città di Gerusalemme – un futuro nuovo, una rinascita meravigliosa:
al lutto succederà la gioia, alla rovina lo splendore, alla miseria il
benessere, alla dispersione la riunione. Chi darà origine a questo
mutamento? Sarà Dio, che mostrerà la sua gloria, chiamerà i suoi figli
da occidente a oriente, li riunirà riconducendoli in trionfo da ogni
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luogo, spianerà i monti e i colli, colmerà le valli, farà procedere
Israele al sicuro e lo “ricondurrà” con gioia. In tutta la 1ª lettura
liturgica dominano i verbi indicanti l’azione onniavvolgente di Dio: è
Dio infatti l’unico che può salvare.
È interessante notare che tutti i verbi che hanno per soggetto Dio
indicano un’attività che si riferisce all’edificazione di una società
nuova. È la società che Dio vuol far rinascere dalle rovine dell’esilio.
Un’alternativa all’impero
Mentre la potenza dell’impero di Tiberio Cesare è al culmine del suo
splendore e la Palestina è governata da Ponzio Pilato insieme con altri
“mandatari” dell’impero romano, nasce un figlio a Zaccaria. È
Giovanni Battista: non è un re, vive nella tenda come i beduini, non
ha un regno da difendere, non ha nessun potere da far valere al di
fuori della sua parola. È un uomo povero, privo di tutto meno che
della speranza in Dio, che egli va in giro a predicare. Il Battista è
l’opposto dell’imperatore Tiberio Cesare, signore e padrone del
grande impero romano, che penetra fin nella vita privata delle
persone con le sue leggi, come quella del censimento, e le sue tasse.
Giovanni nemmeno osa confrontarsi o cimentarsi col potere politico:
egli invita alla conversione del cuore, a preparare la via del Signore, a
raddrizzare i suoi sentieri; non è un rivoluzionario che attacca le
strutture politiche o economiche, anzi le ignora. Il Battista non è un
riformatore, un politico illuminato e onesto; egli va nel deserto, dove
non c’è che la gente disposta a dar origine a una società nuova.
Il Battista predica la salvezza di Dio: “Ogni uomo vedrà la salvezza di
Dio”. Dio vuole rendere diritti i passi tortuosi dell’uomo, spianare i
luoghi impervi che impediscono la fraternità, riempire ogni burrone e
abbassare ogni monte e far valere l’uguaglianza sociale: tutte queste
immagini non vogliono alludere a una società nuova, di uomini uguali,
liberi e fratelli? Alcuni commentatori fanno notare che queste
immagini non possono avere un significato sociale, perché si
tratterebbe di un “mondo” creato da Dio nei cuori dei singoli uomini.
A mio avviso, invece, le immagini della predicazione del Battista sono
chiaramente un’allusione all’edificazione di una società nuova, che
soltanto la grazia di Dio può far sorgere.
L’imperatore romano pensava di portare dovunque la “salvezza”, che
veniva chiamata “pax romana”, mediante i suoi eserciti e le armi;
Giovanni Battista predica con il solo potere della Parola di Dio. In
ambedue i casi c’è la proposta d’un mondo nuovo: per l’imperatore
romano è lo stato romano, per il Battista è la società dei credenti in
Gesù, che non ambisce e non vuole far concorrenza allo Stato, non
intende costituirsi come un altro Stato, bensì come una famiglia
egualitaria e fraterna. Soltanto dove nasce una “società” di questo
tipo si può dire che è già, in germe, presente il regno di Dio.
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La forza di Dio
Chi può far nascere una “società nuova”, che non sia costruzione
dell’uomo e, quindi, si differenzi dallo Stato? Mi pare che l’apostolo
Paolo dia una risposta nella seconda lettura, laddove parla di Dio
come “colui che ha iniziato l’opera buona”, che è la comunità dei
cristiani di Filippi. Sapendo che quest’opera meravigliosa quale è la
comunità cristiana nasce soltanto per dono di Dio, Paolo prega per
essa. Ma egli indica anche le tappe o le vie per la costruzione di tale
comunità:
a) “la diffusione del Vangelo”: la comunità di Gesù si fonda infatti
sulla sua parola e non sul potere e sul denaro;
b) “la conoscenza e il discernimento del meglio”: la comunità di Gesù
riceve dal Vangelo i criteri per discernere, decidere, progettare,
fare il meglio possibile storicamente;
c) “i frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo”: è
l’effettivo rinnovamento individuale e sociale, che non è opera
dell’uomo, ma proviene dalla grazia di Gesù Cristo.
Gesù è la salvezza
All’origine stanno la volontà e il potere di Gesù che vuole una
comunità giusta, pacifica, fraterna, egualitaria, irreprensibile e
integra, che attende fiduciosa la sua venuta finale. All’opposto stanno
il potere, la ricchezza, le ideologie, la volontà umana e i bisogni
spesso egoistici dell’uomo. Da quale progetto può venire la salvezza
vera dell’uomo?
Quando noi affermiamo che soltanto Gesù Cristo può salvarci, non
facciamo una affermazione vuota, retorica, non verificabile. Anzi,
facciamo un’affermazione ragionevole, perfino verificabile: ogni
giorno constatiamo che allontanandoci dal progetto di Gesù la qualità
della nostra vita si intorbidisce, la convivenza sociale si fa violenta e
difficile, i nostri cuori inselvatichiscono nell’egoismo. E allora
invochiamo leggi più giuste o più severe, provvedimenti statali o
regionali, iniziative sociali o economiche; così facendo, rischiamo
ancora una volta di sperare soltanto nell’uomo. La proposta di
Giovanni Battista è invece quella di costruire la società sulla parola e
sulla potenza del Messia: ogni nostra iniziativa può riuscire se assume
come criterio la parola del Signore. A questa condizione possiamo
ancora sperare di rinnovare il mondo.
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