4_1quaresima_A - salesiani don Bosco

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Anno A
1ª DOMENICA DI QUARESIMA
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Gn 2,7-9; 3,1-7 - La creazione dei progenitori e il loro peccato.
Dal Salmo 50 - Rit.: Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.
Rm 5,12-19 - Dove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia.
Canto al Vangelo - Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria! Non di solo pane vive
l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Lode a te, o Cristo, re di eterna
gloria!
 Mt 4,1-11 - Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto ed è tentato.
Cammino di conversione
La Quaresima è un cammino di conversione, che implica la consapevolezza di essere
peccatori e lo sforzo e impegno per una vita nuova. Innanzitutto le letture bibliche ci
fanno prendere coscienza che siamo peccatori. Ma nessuno nasce «peccatore». Infatti il
peccato «originale» non è il peccato di Adamo imputato a ciascuno di noi: Dio non può
considerarmi peccatore soltanto perché un’altra persona, fosse anche Adamo, ha
peccato. È vero però che noi nasciamo in una condizione di privazione della grazia divina,
con un’invincibile tendenza all’egoismo che facilmente ci conduce a fare dei peccati
personali. Dal peccato di Adamo deriva una condizione umana «degradata», incline al
peccato, che soltanto la grazia di Gesù Cristo può sanare e vincere.
L’origine del male
La 1a lettura (Gn 2,7-9; 3,1-7) riporta una pagina biblica notissima, che bisognerebbe
leggere per intero e non per selezione, come ci propone di fare il lezionario liturgico. È
necessario anzitutto mettersi nella giusta prospettiva per capirla: non è un mero racconto
storico né ingenuo racconto fiabesco. Si tratta di una profonda meditazione sapienziale,
che utilizza un linguaggio mitologico-simbolico. Si vuole rispondere agli interrogativi
fondamentali dell’uomo: Qual è l’origine dell’uomo e dove ebbe origine il male, il peccato?
Chi ha creato il mondo e perché la fatica, il dolore, la morte?
Adam è l’uomo o l’umanità: uomini e donne sono creati da Dio e collocati nel giardino di
Eden. Qui appare chiaramente che Dio fa tutto per il bene dell’uomo e della donna, è un
Dio tutto rivolto all’umanità. Dio non è avaro e dona senza riserve.
Il serpente introduce la tentazione di trasgredire al comando di Dio (cf 2,16). Dio ha dato
una legge, che è il modo o la via per scoprire la sua bontà, ma il serpente stravolge il
senso della legge, facendo apparire Dio come geloso e avaro. La trasgressione della legge
diventa allora, secondo il messaggio della tentazione, la via per diventare come Dio. La
disobbedienza alla legge è qui la conseguenza dell’accettazione di una concezione
sbagliata di Dio: il serpente diventa il messaggero di un’ideologia atea, che considera Dio
come colui che proibisce e blocca, un tabù da rimuovere.
Il racconto genesiaco ci offre un quadro efficacissimo sulla origine del peccato: dal gesto
esterno di prendere il frutto si risale al cuore attratto e sedotto; si spiega così che la
seduzione del cuore proviene dall’udire un certo messaggio.
È questo messaggio la tentazione. Se si accoglie il messaggio del serpente, allora il cuore
è sedotto e produce il gesto esterno del peccato. Il messaggio del serpente sta nel voler
far credere che prendendo tutto (cioè «il bene e il male»), mangiando o sperimentando
tutto, superando ogni limite creaturale, si possa realizzarsi pienamente come uomini,
1ª domenica di Quaresima “A” - “Omelie per un anno - vol. 1”, Elledici
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anzi si possa addirittura diventare come Dio. È l’illusione che l’uomo si realizzi rifiutando
il suo posto di creatura di fronte a Dio che gli dona tutto.
La vittoria di Cristo
La 2a lettura (Rm 5,12-19) è connessa tematicamente con la 1a, ma tutto il clima e la
prospettiva sono radicalmente nuovi. Di questo grandioso affresco paolino metteremo in
risalto alcuni aspetti.
Innanzitutto s. Paolo prende come angolo visuale l’evento Cristo. Questa osservazione è
decisiva per comprendere esattamente il nostro testo. S. Paolo non parla di Adamo, del
peccato e della morte, della diffusione del peccato per arrivare infine a parlare di Cristo
come risolutore del dramma. L’Apostolo invece prende come punto di vista da cui
considerare tutta la storia umana l’opera di Gesù Cristo. Proprio perché guarda la storia a
partire da Gesù, s. Paolo la vede come storia di salvezza, in cui il regno della morte e del
peccato è sconfitto dal trionfo sovrabbondante e gioioso di Cristo. Detto altrimenti: Gesù
Cristo è la luce che ci fa capire quanto sia profonda e radicale la miseria umana, come
essa pervada tutta l’umanità fin dalle origini e ci renda incapaci di amare Dio sopra ogni
cosa; egli illumina così l’abisso del peccato, precisamente perché è il Liberatore e il
Salvatore. Se tanto splendida e radicale è la salvezza recata da Gesù, allora è proprio vero
che il peccato ha causato una devastazione tanto estesa e profonda!
In questo testo, ricchissimo di contenuti, l’idea-guida sembra essere quella del
parallelismo antitetico tra Cristo e Adamo. La presa di posizione iniziale di Adamo ha
prodotto una condizione disastrosa nella quale, per solidarietà, sono caduti tutti gli
uomini: è una condizione di peccato, di morte e di condanna. C’è un nesso misterioso tra
la trasgressione peccaminosa dei primi uomini e la condizione tristissima in cui si trova
l’umanità intera. Tutti sono come contagiati da un’infezione mortale. Lo squilibrio
dell’uomo in tutte le sue relazioni, una volta provocato, riproduce se stesso e perciò
s’impianta come ineliminabile effetto perverso: tutti gli uomini hanno dunque bisogno di
riacquistare «l’equilibrio» che solo Cristo può dare.
Parallelamente all’azione miasmatica, infettante, del peccato si svolge, per contrasto,
l’azione risanante e riequilibratrice di Gesù Cristo. Egli infatti ci ha fatto dono della sua
«grazia», della sua giustizia, ci ha liberati per farci dono della sua vita divina e renderci
giusti. La sua opera cambia radicalmente la condizione umana, è gratuita,
sovrabbondante, universale.
La tentazione di Gesù
Nel racconto di Matteo sulle tentazioni di Gesù (Mt 4,1-11) è messo in rilievo che l’uomo
tentato nel deserto è Figlio di Dio (vv. 3.6), titolo che indica la sua condizione di Messia.
Come Messia, Gesù si scontra con Satana. La tentazione assume tre volti. Gesù respinge
l’invito e la prospettiva di vivere nell’abbondanza, nella sicurezza illusoria creata dai beni
materiali (4,3-4): sceglie come sua guida e nutrimento la parola di Dio. Gesù rifiuta
anche la strada di un messianismo miracolistico-taumaturgico (4,5-7): sceglie di fidarsi
di Dio senza metterlo alla prova, senza dettare condizioni a Dio, ma sperando in lui anche
contro ogni speranza. Infine Gesù rifiuta la via di un messianismo politico, fondato sul
potere e sul dominio (4,8-10): sceglie di essere il servitore dell’unico Signore, senza
aspirare a dominare e sopravanzare. Dio solo, infatti, è l’unico vero «dominatore» su
questo mondo.
La vittoria di Gesù sulle tentazioni deriva dalla sua perfetta e incondizionata fiducia in
Dio, espressa nell’appello alla parola della Bibbia: «Sta scritto...».
Noi non possiamo leggere questa pagina evangelica immaginando che Gesù non sia stato
realmente tentato, ma abbia fatto finta, allo scopo di darci un esempio e indicarci come si
superano le tentazioni. Gesù ha realmente condiviso in tutto la nostra condizione umana,
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rendendosi veramente solidale con l’umanità e subendo la tentazione. Egli, Figlio di Dio
perfettamente immacolato e senza nessun peccato, ha voluto affrontare le difficoltà, le
lotte, le illusioni della nostra condizione umana e, proprio per la sua totale innocenza e
per la sua perfetta disponibilità a Dio, ha superato la prova. Soltanto con la morte e
risurrezione terminerà la lotta di Gesù contro Satana, con la sconfitta definitiva di
quest’ultimo.
È da notare che le tentazioni, nel Vangelo, sono collegate con la scena del battesimo:
forse si vuole alludere al fatto che ogni cristiano con il battesimo è reso solidale, è unito
con Cristo e con la sua vittoria su Satana.
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