I sottoscritti insegnanti (o il Collegio dei Docenti) dell’…….. condividono le seguenti considerazioni. La scuola, come tutte le grandi istituzioni sociali del nostro paese, sta soffrendo da sempre, ma in particolare negli ultimi anni, della liquidazione dello stato sociale e della riduzione della spesa pubblica in nome di una generale ubriacatura neoliberista che vuole affidare al mercato ogni spazio della vita sociale. L’attuale recrudescenza dell’attacco contro il Tempo Pieno, cominciato nei lontani anni ’80, è il paradigma di questa demolizione, in quanto coniuga il massimo risparmio di risorse al massimo spregio dei contenuti. Il Tempo Pieno non è un modello di scuola residuale, come spesso si insinua, ma è un modello di scuola diffusa e radicata nel tessuto sociale, che nonostante i mille ostacoli normativi, finanziari e strutturali continuamente opposti è in costante crescita. È un modello di scuola con tempi distesi, spazi disponibili alla creatività e alla sperimentazione, forti legami tra i protagonisti e tra questi e il territorio. È un modello di scuola che ha fatto da volano per moltissime innovazioni, che si sono poi diffuse in tutta la scuola, dall’integrazione dei portatori di handicap alla valorizzazione delle educazioni e della didattica dei laboratori, dalla collaborazione tra i docenti alla valorizzazione dei tempi lunghi e distesi. Alla creazione della filosofia del Tempo Pieno hanno contribuito scuole di pensiero del tutto diverse da Dewey a Freinet, dalla Montessori a Piaget, da Don Dilani a Vigotsky e fino al solidarismo cattolico, che continuamente lo evocano come naturale approdo. Il Tempo Pieno è la realizzazione pratica, e per i suoi limiti ancora utopica, della pedagogia contemporanea. I suoi aspetti simbolici (la pluralità degli insegnanti che mina l’ideologia del capo, le classi aperte che contestano la rigidità delle divisioni sociali, l’apertura al territorio che inizia alla comprensione dei rapporti con gli altri e con i diversi, ecc.) più che la sua efficienza e funzionalità, costituiscono un seme insopprimibile di partecipazione democratica e costruttiva di una società in cui non sia tollerabile un impianto autoritario basato sulla delega. Di tutto ciò, la cosiddetta riforma Moratti, non salva che la somma delle ore, che forse sarà garantita come organico solo per il prossimo anno. Nella migliore delle ipotesi si ritornerà al vecchio doposcuola, ai percorsi diversificati per censo, ad un’offerta personalizzata di quanto vorranno offrire la compassione demagogica dello stato, l’ingegnosità del preside manager o l’interesse delle agenzie private che, evocate dai novelli apprendisti stregoni dell’educazione, presto sorgeranno come funghi. Oggi il valore assoluto è il successo. Nella competizione globale i figli sono strumenti: coccolati, adorati, rimpinzati, ma rimossi come persone. Questa rimozione è la nuova versione del Sacrificio richiesto dalla religione delle merci. Noi, all’opposto, vogliamo continuare a rapportarci con le persone vive ed in particolare con le bambine e i bambini, per interrogarci su noi stessi e sul tipo di società che vogliamo costruire. L’impianto complessivo della riforma è dello stesso segno anche per la scuola media e superiore, ma di questo oggi non vogliamo parlare, anche perché condividiamo il parere, assolutamente negativo, del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, organismo elettivo che il ministro Moratti si ostina ad ignorare. Quello che oggi vogliamo è far sentire ai colleghi della scuola primaria tutta la nostra solidarietà ed il nostro appoggio alla lotta che stanno conducendo, assieme ai genitori, alle bambine e ai bambini, alla cui strumentalizzazione può fingere di credere solo un sistema di informazione asservito al potere, per il ritiro di un decreto applicativo che è la negazione di tutto quello in cui abbiamo creduto finora.