Anno A 17ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 1 Re 3,5.7-12 - Hai domandato per te di comprendere. Dal Salmo 118 - Rit.: La tua legge, Signore, è la mia gioia. Rm 8,28-30 - Ci ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo. Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Benedetto sei tu, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del regno dei cieli. Alleluia. Mt 13,44-52 - Vende tutti i suoi averi e compra quel campo. La vocazione cristiana L’Apostolo parla della vocazione dei cristiani alla gloria e li eccita alla pazienza, perché assomigliandosi a Cristo nel patire assomiglino a lui anche nella gloria. Tutto coopera al bene di coloro che amano Dio (v. 28) L’Apostolo esorta i fedeli alla pazienza, facendoli riflettere che la provvidenza divina farà risolvere tutti i nostri mali a nostro vantaggio, come la passione di Gesù Cristo si convertì in sua gloria. Lo Spirito Santo fa sì che tutte le cose, anche se avverse, tornino a bene di coloro i quali, per pura misericordia di Dio, sono chiamati alla santità e ubbidiscono a questa divina chiamata. La chiamata di Dio riassume l’intera «catena aurea» delle operazioni salvifiche di Dio; e quando è Dio che chiama, allora si tratta di una chiamata «creativa». Il disegno di Dio su di noi è dall’eternità ed è infallibile. S. Paolo fa risaltare questa infallibilità nell’analisi incalzante dei gesti di amore con cui Dio ci ha trattato. L’espressione fa pensare a prima vista a una scelta di pochi, ma non è qui l’accento, bensì sull’idea di certezza della gloria, derivante dall’assoluta fedeltà di Dio al disegno che ha concepito per noi. Predestinati (v. 29) Il Dio che chiama è il Dio che ci ha conosciuti da sempre nel senso del caratteristico verbo ebraico corrispondente che non significa solo conoscenza obiettiva e intellettuale, ma anche amore, comunione, scelta, elezione. Dio ci ha conosciuti in antecedenza, poiché l’amore di Dio precede l’amore dell’uomo e lo fonda. Quelli che Dio ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere figli suoi adottivi ed eredi della gloria, e a riprodurre così l’immagine del Figlio suo. Si fanno molte questioni intorno al modo con cui si verifica la nostra predestinazione; se sia antecedente o susseguente la previsione delle nostre buone opere. Ma è fuori d’ogni controversia che la pazienza nelle prove, la conformità quindi a Gesù Cristo paziente, è il contrassegno più certo della nostra predestinazione. Gesù Cristo è il nostro modello, sopra cui dobbiamo essere formati per essere salvi. Gesù Cristo ha sofferto i mali più atroci, ma ha ubbidito a Dio, al quale è stato perfettamente soggetto; ha patito pazientemente per la gloria di Dio, e la sua pazienza lo ha fatto entrare nella gloria. Un cristiano dunque che patisce a imitazione di Gesù Cristo, soggetto a Dio per la gloria di Dio, questo cristiano, fuor d’ogni dubbio, segue le orme di Gesù Cristo, e arriverà al termine, ove arrivò Gesù Cristo con la sua pazienza. Avendo patito con Gesù Cristo e come 17ª Domenica del Tempo Ordinario - “Omelie per un anno - vol. 2”, Elledici 1 Gesù Cristo, regnerà con Gesù Cristo. Se con lui patiremo, con lui pure regneremo. Quando dunque noi soffriamo, rimiriamo l’autore e il consumatore della nostra fede (Eb 12,2), Gesù Cristo paziente; consoliamoci d’essergli simili nella pazienza; e stiamo sicuri che i nostri dolori, come i suoi, saranno seguiti da grande felicità. Dio ci ha predestinati a riprodurre l’immagine del Figlio suo, che è l’immagine di Dio stesso. Questa conformità all’immagine del Figlio si opera attraverso una trasformazione interiore e progressiva, e sarà piena e totale soltanto alla seconda venuta di Gesù Cristo (cf 2 Cor 3,18; 1 Cor 15,49). Questa nostra somiglianza all’immagine di Gesù Cristo farà sì che egli sia il primo tra un gran numero di fratelli. Il Figlio ha preceduto gli altri, è il primo nell’intenzione divina e nella serie dei glorificati. L'anteriorità suggerisce poi anche l’idea di superiorità (cf Col 1,15-18). Chiamati e predestinati alla gloria eterna (v. 30) La volontà salvifica di Dio, nel momento in cui si concretizza nella storia, diventa chiamata, giustificazione e infine glorificazione. Più che mettere in evidenza una successione cronologica di tappe, alcune delle quali possono coincidere, Paolo intende esprimere un movimento che tenda verso un fine: la gloria di cui Cristo è fin da adesso rivestito e che, per mezzo suo, ci verrà comunicata. Veramente la nostra glorificazione, ultimo gesto dell’amore di Dio, è riservata a più tardi; ma poiché è parte del disegno di Dio, s. Paolo può parlarne come di un fatto compiuto. Egli, infatti, parlando dei chiamati, non dice che Dio li glorificherà, ma che li ha glorificati. Né questo serve solo ad esprimere la certezza della fede, poiché per quelli che hanno ricevuto lo Spirito, primizia del mondo glorioso, la glorificazione è già incominciata (v. 23). Dall’istante dunque in cui Dio ha posto il suo sguardo su di noi, non c’è stato un attimo in cui l’opera sua d’amore si sia arrestata. Tutti infallibilmente camminiamo in passi sempre più prossimi al nostro finale destino di salvati. Indicibile esultanza della vocazione cristiana! Se rimane ancora la possibilità personale di decidere tra la vita e la morte, è però certo che la grazia con cui Dio ci ha redenti non è un beneficio in cui ci siamo accidentalmente imbattuti, ma il sigillo con cui Dio senza alcun nostro merito personale ci ha eternamente segnati per il cielo. Riflessioni pratiche Dio con un disegno di amore mi ha chiamato alla santità. Sono compreso di questa mia vocazione e cerco di corrispondervi con una vita santa? Sopporto con pazienza e con fede le mie prove, unendole a quelle di Gesù Cristo, convinto che se assomiglierò a lui nel patire, regnerò pure con lui nella gloria? Vivo nella fede e nella gioiosa speranza della mia glorificazione eterna, già iniziata in me con la partecipazione dello Spirito, primizia del mondo glorioso? 17ª Domenica del Tempo Ordinario - “Omelie per un anno - vol. 2”, Elledici 2