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QUARESIMA
Partecipazione alla vittoria del Signore Gesù
Fratelli e figli amatissimi,
adempio con gioia il dovere pastorale di rivolgermi a voi per aiutarvi a celebrare il tempo
quaresimale e i sacramenti della Pasqua.
Nei suoi scopi, la Quaresima si collega intimamente con le finalità dell'Anno Santo, ed è
tempo propizio per rinnovare, con maggiore lucidità e impegno più coerente, le scelte fondamentali
della nostra vita di fede.
La Quaresima è la celebrazione della vittoria di Gesù sul peccato e sulla morte, ed esige che i
cristiani, come singoli e come comunità, partecipino vivamente a tale vittoria mediante un
rinnovamento di se stessi profondo e trasformante, e mediante la riconciliazione con Dio e con gli
altri.
La vittoria di Gesù
Nel lungo e intimo colloquio con il Padre nel deserto, Gesù accettò di andare alla vittoria sul
peccato per una via che agli occhi del mondo sarebbe apparsa crudele e assurda, mentre secondo la
sapienza divina era l'unica con cui avrebbe potuto testimoniare il più alto amore a Dio e ai fratelli.
Per adeguarsi alla volontà del Padre, assecondando l'anelito dello Spirito Santo, scelse di vincere il
peccato lasciandosi volontariamente schiacciare dalla sua iniqua violenza, e di vincere la morte
lasciandosi volontariamente uccidere.
Gesù sa, e lo afferma con serena certezza, che gli insuccessi e la stessa morte non sono che
episodi passeggeri; la meta finale e permanente è la risurrezione: vittoria piena e irreversibile sulla
corruzione del peccato e della morte.
La nostra partecipazione
La strada di Gesù deve essere anche la nostra, se vogliamo qualificarci suoi discepoli autentici
e partecipare alla vittoria della sua risurrezione. Perchè questa nostra partecipazione possa
incominciare fin da ora nella vita terrena con un l'inizio reale anche se misterioso, Gesù ha istituito i
sacramenti.
nel Santo Battesimo
La prima e fondamentale nostra partecipazione alla vittoria di Gesù sul peccato e sulla morte
ci viene conferita col S. Battesimo (Cfr. Rom. 6,4-5).
Fratelli e figli carissimi, alla luce della nostra scelta pastorale (v. Omelia 25-9-1974 e il
Sussidio «Quaresima-Catecumenato e Sacramento della penitenza» per la Quaresima 1975)
proponiamoci di fare della quaresima Anno Santo 1975 un vero itinerario catecumenale postbattesimale; proponiamoci cioè di ricordare spesso il nostro battesimo per capirlo sempre di più e
per rinnovarlo e riviverlo sempre meglio: ci ha riconciliati con il Padre di ogni misericordia, ci ha
inseriti in un popolo di fratelli, e ci ha infuso una vita nuova e una gioia nuova.
Ricordiamolo ogni volta che la domenica, prima della S. Messa, partecipiamo al rito
dell'aspersione, e ogni volta che facciamo il segno della croce con l'acqua benedetta: entrambi i
gesti ci richiamano al Battesimo e ci invitano a rinnovare la nostra conversione battesimale, ossia la
ripulsa a Satana e alle sue proposte, e la promessa di crescere nella vita divina della risurrezione con
un comportamento di uomo nuovo conforme alle esigenze della grazia battesimale.
Di questo i parroci rinnovino la memoria ai fedeli nella benedizione delle case, spiegandone il
significato di rinnovamento battesimale.
e nel Sacramento della Riconciliazione
Attraverso l'intelligenza del battesimo passa anche l'intelligenza del sacramento della
penitenza, partecipazione anch'esso alla vittoria di Gesù sul peccato e sulla morte. Infatti, tutto ciò
che il battesimo ci ha dato, possiamo purtroppo perderlo. Tutto ciò che nel battesimo abbiamo
promesso, possiamo rinnegarlo, lasciando che il demonio e il mondo, con i quali nel battesimo
abbiamo rotto ogni rapporto, rimettano totalmente o parzialmente la mano su d noi. Di qui il perchè
del sacramento della penitenza, bisogno costante per noi e dono meraviglioso della bontà di Dio.
Nella lotta impegnata nel battesimo, noi non siamo sempre vincitori: Dio stesso viene in nostro
aiuto, per impedire che perdiamo il frutto della vittoria di Gesù e per consacrare e coronare il nostro
sforzo di penitenza e di sacrificio.
Chi misura la grandezza della S. Messa alla quale il battezzato aspira e accede - vale la pena
di essere battezzati per aver diritto alla S. Messa - ha immediatamente la misura della grandezza del
sacramento della penitenza, che ci rifà la nostra anima battesimale, per consentirci di sederci di
nuovo al banchetto di Gesù.
La nostra Quaresima Anno Santo 1975, qualificandosi itinerario catecumenale postbattesimale, deve dirsi ed è itinerario penitenziale.
In presenza del nuovo rito della Penitenza deve rappresentare per tutti - sacerdoti e fedeli uno sforzo per rinnovare la mentalità, e quindi anche la pratica religiosa in ordine al sacramento
della riconciliazione. Non basta il nuovo rito; quel che importa è coglierne lo spirito e le esigenze, i
valori più profondi e le idee ispiratrici, da tradurre in una «diversa pastorale» nella cura delle anime.
«Occorre, dice il Papa, dare e restituire, se occorre, al sacramento della penitenza la funzione
capitale che esso riveste nella vita cristiana; non v'è, in pratica, redenzione dalla fragilità umana, si
può dire, e non v'è vocazione vera alla sequela di Cristo, e perfezione spirituale che non derivi dalla
frequenza, severa e sapiente, di questo sacramento: sacramento dell'umiltà e della gioia».
Senso del peccato e conversione del cuore
Dal nuovo rito della penitenza emerge chiaramente che più dell'accusa dei peccati, contano il
senso del peccato e la volontà di conversione. La confessione delle proprie colpe gravi e certe è
sempre parte integrante del sacramento della penitenza, ma l'elemento principale su cui deve
portarsi l'attenzione è il senso del peccato e la conversione del cuore.
Inoltre, il nuovo rito contiene una affermazione ripetuta e vigorosa: per recuperare il senso del
peccato bisogna lasciarci giudicare dalla Parola di Dio. Difatti, in ciascuno dei tre modi previsti per
la riconciliazione, il sacramento della Penitenza «deve prendere l'avvio dall'ascolto della Parola di
Dio», perchè «è la Parola di Dio che illumina il fedele a conoscere i suoi precetti, lo chiama alla
conversione e gli infonde fiducia nella misericordia di Dio».
Il nuovo rito, proprio riferendosi alla Parola di Dio, aiuta a riscoprire nel peccato una triplice
dimensione: religiosa, ecclesiale, personale.
Dimensione religiosa del peccato:
«Il peccato è offesa fatta a Dio e rottura dell'amicizia con Lui»; anzi è un «infrangere
l'alleanza d'amore con il Signore».
In una prospettiva trinitaria il nuovo rito afferma che il peccato è un «fuggire dal Padre, che
per primo ci ha amati, da Cristo che per noi ha dato Se stesso, dallo Spirito che, in abbondanza, è
stato effuso su di noi».
Il peccato insomma non va concepito come qualcosa di anonimo e impersonale, come
semplice infrazione di una legge. È rottura di un rapporto di amore con Dio. È l'amore di sè fino al
disprezzo di Dio (S. Agostino). La passione di Gesù è il contrario: l’ amore di Dio fino al disprezzo
di se, ossia un amore, che rende capaci «per amore» di accettare ogni privazione, ogni prova, ogni
sofferenza, anche la morte. E poiché l'amore di Gesù è un amore infinito, la passione di Lui, da sola,
è più grande della totalità dei peccati del mondo.
Il peccato può dirsi qualcosa che misteriosamente «tocca» Dio. È un non amare Dio, o
meglio, un non lasciarsi amare da Dio. In ultima analisi, è il non fidarsi di Dio, un voler costruire se
stesso, prescindendo o negando la presenza e l'azione di Dio.
Dimensione ecclesiale e sociale del peccato,
della conversione e del sacramento
«Gli uomini sono uniti fra loro da uno stretto rapporto soprannaturale, in forza del quale il
peccato di uno solo reca danno a tutti, e a tutti porta beneficio la santità del singolo».
Questo è forse l'aspetto sottolineato più fortemente nel nuovo rito. Noi siamo solidali con tutti
gli uomini nel bene come nel male. Ogni nostra azione, buona o cattiva, ha un influsso su tutta la
comunità umana; soprattutto coinvolge tutta la comunità ecclesiale, come pure il bene o il male
della comunità si riverbera sul singolo.
L'alleanza del Vecchio Testamento era per tutti, e andare contro l'alleanza era andare contro
un bene comune.
Questa idea è espressa in una parola misteriosa pronunciata dal Profeta Natan a Davide:
«Poiché hai disprezzato la parola del Signore, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa» (2
Sam. 12, 7-10): il peccato è come una forza malefica che avrà conseguenze sugli altri, continuerà la
sua forza devastatrice.
Questa ripercussione sugli altri è presente in ogni peccato.
Viene frenato il cammino dell'uomo verso i «cieli nuovi e la terra nuova»; viene ritardato il
progresso del mondo e la crescita dell'uomo; viene compromesso il cammino dell'uomo incontro al
Signore. Anzi, peccare non è solo sottrarsi all'impegno di collaborare al piano di Dio nella storia
della salvezza, ma è anche mettere in moto una storia opposta.
Anche per questo aspetto sociale del peccato, il peccatore deve confessare la sua colpa nella
comunità, rappresentata dal sacerdote; ed è nella comunità che il peccatore viene accolto, giudicato,
perdonato e riconciliato con Dio, con la Chiesa e con tutti i fratelli.
Dimensione personale del peccato.
« Il peccato è contro il peccatore stesso». Ogni uomo infatti è chiamato a realizzarsi nella
donazione e nella comunione con Dio e con gli altri. Ogni peccato, rifiuto di questa comunione, è
un rifiuto di costruirsi, è un non voler crescere, un immobilismo curvo su se stesso. «Il peccato è un
annientamento: gli uomini si annientano quando peccano» (S. Agostino).
Componente interiore del Sacramento
Di conseguenza, nel sacramento della riconciliazione, due sono le componenti da tenere
presenti, entrambi essenziali e mai separate: quella interiore e quella comunitaria.
La componente interiore vuole la conversione del cuore. Dio è il primo che si è convertito a
chi è povero, come l'uomo, per arricchirlo: l'atto definitivo di questa conversione di Dio all'uomo è
l'incarnazione di Gesù Cristo. La nostra conversione a Dio è possibile perchè Dio si converte a noi.
La conversione del peccatore è un profondo mutamento di mentalità, un mutamento dell'uomo
nel suo intimo orientamento, generato da una luce che gli fa aborrire e detestare la falsità e il
piacere velenoso del peccato, e da una forza che lo sostiene nel proposito di conformarsi ogni
giorno più a Gesù.
La conversione è scelta, o rivolgimento verso il Bene, la vera Vita, il Dio che viene in cerca di
noi, come il buon Pastore evangelico; è il momento del pentimento, della contrizione, la quale
«immette nella cosciente deplorazione dei peccati i motivi più veri e più forti: quelli dell'offesa a
Dio e dello strappo dato alla comunione ecclesiale, oltre a quello dell'indegnità con cui si è
profanata la propria personalità configurata sull' immagine divina».
Componente comunitaria del Sacramento
La componente comunitaria deve far comprendere che il sacramento non è rivolto solo a
ottenere il perdono delle offese fatte a Dio, ma anche a conseguire la riconciliazione con la Chiesa e
con tutti i fratelli.
Il sacramento della Riconciliazione sia quindi celebrato in modo che l'aspetto sociale
comunitario abbia il giusto rilievo, e faccia sentire a ciascuno che il suo peccato ha indebolito la
comunità e, nello stesso tempo, induca la comunità a fare preghiere e opere buone per aiutare
nell'itinerario di ritorno al Padre, quelli che il peccato ha trasportato e disperso «in un paese
lontano» (Lc. 15, 13).
Celebrazioni penitenziali comunitarie
A questo scopo, gioveranno le celebrazioni penitenziali comunitarie, preparate con
intelligenza e diligenza secondo le norme precise del nuovo Ordo Paenitentiae. Come ben si sa, le
celebrazioni penitenziali comunitarie possono attuarsi in due modi:
— o come preparazione collettiva seguita dalla confessione e dalla assoluzione individuali:
può essere la forma migliore per il nostro popolo, e può congiungere il duplice pregio dell'atto
comunitario e dell'atto personale, se la presenza simultanea di parecchi ministri del sacramento
consenta sufficiente spazio e tranquillità di dialogo alla confessione individuale, e non la riduca a
un'arida e sbrigativa elencazione di peccati. Mi auguro che la preparazione collettiva seguita dalla
confessione e assoluzione individuali diventi di più abituale celebrazione per gruppi omogenei di
ragazzi, giovani, lavoratori, ammalati ecc., perchè consente una migliore preparazione e uno
svolgimento più ordinato.
— o come semplice celebrazione della Parola di Dio, momento di meditazione e di preghiera
della comunità cristiana, per riconoscersi peccatrice, bisognosa di perdono e per disporsi alla
conversione. Potrà essere per ciascuno aiuto, richiamo e avviamento al sacramento della
riconciliazione nella forma individuale, forma sempre in uso, anche se con accentuata esigenza
delle disposizioni personali e del riferimento esplicito alla Parola di Dio.
Testimonianze del rinnovamento interiore
Infine, bisogna non dimenticare che l’impegno di conversione e riconciliazione non finisce in
chiesa, nè si restringe alle celebrazioni penitenziali, ma continua nella vita, ed esige di esprimersi in
testimonianze del rinnovamento interiore.
Ecco alcuni atti di questa testimonianza, che devono accompagnare sempre la vita del
cristiano, ma in Quaresima trovano un tempo privilegiato:
Accettare e offrire in unione a Gesù sofferente le fatiche, le prove e le pene quotidiane, e la
collaborazione responsabile, fatta di rinunzie e di sacrifici, che il superamento della difficile
congiuntura esige da tutti;
Aprirsi alle dimensioni sociali della giustizia e della carità per la liberazione e la
consolazione di chi è oppresso;
Ravvivare la devozione alla Madonna, Madre di Gesù e della Chiesa e rifugio per noi poveri
peccatori;
Confidare sempre nella misericordia di Dio, infinitamente più grande dei nostri peccati;
Pregare in famiglia ogni sera. La Quaresima è tempo privilegiato di preghiera, tempo in cui
la Chiesa è rimessa di fronte all'importanza della preghiera, indicata dal periodo di quaranta giorni
che ha preceduto la vita pubblica di Gesù; tempo in cui la Chiesa, secondo l'esempio di Gesù,
impara di nuovo a pregare.
Richiamo alla necessità della preghiera in famiglia: l'istituto famigliare è colpito da un
rilassamento sempre più debilitante, ed è profondamente intaccato nella legislazione e nel costume.
Bisogna riportare la preghiera nelle nostre case, aiutando le famiglie a riscoprire la loro sacralità.
Nella difficile situazione attuale aggiungo la necessità della preghiera per le nostre famiglie:
preghiera al Signore che solo può garantire il lavoro e la prosperità alle nostre case, e rendere
giustizia agli umili: nelle celebrazioni eucaristiche quaresimali e nella preghiera personale siano
ricordati i problemi e le difficoltà che angustiano gli uomini di oggi, perchè Dio ispiri soluzioni
adeguate e conceda conforto con la sua grazia e con un avvenire sicuro e sereno.
Ascoltare e Meditare la parola di Dio, come luce e verità della nostra vita: la Parola di Dio
custodita nella Chiesa, e dalla Chiesa autenticamente trasmessa e interpretata con il suo magistero
sotto la guida dello Spirito Santo. In questo momento della nostra storia, la Chiesa rileva con
sofferta preoccupazione l'intensificarsi della propaganda a favore dell'aborto, che si accompagna a
un diffuso oscurarsi della coscienza morale circa il supremo e intangibile valore della vita umana.
L'insegnamento del Papa e le prese di posizione dell'Episcopato mondiale sono note a tutti. È nota
anche la Dichiarazione della S. Congregazione per la Dottrina della fede del 18 Novembre 1974
sull'aborto procurato: in essa è ribadita la netta condanna di ogni forma di interruzione volontaria e
direttamente perseguita del processo generativo della vita umana, alla luce della legge di Dio, della
voce della retta coscienza e delle esigenze del vero bene comune, stimolando nel contempo i
responsabili di ogni ordine e a ogni livello, perchè svolgano una coraggiosa e sagace politica
famigliare e sociale a protezione della vita umana.
Ricordo ai parroci, ai sacerdoti e ai catechisti il dovere di studiare e approfondire la Parola di
Dio nell'insegnamento della Chiesa sulla famiglia, i suoi valori e le sue esigenze, in particolare
sull'aborto, per esserne eco fedele e diligente nella preparazione al matrimonio, negli incontri –
anche liturgici – con gruppi famigliari, con associazioni e con i fedeli. La Quaresima è tempo
favorevole per questo studio e questi incontri.
E' notizia di queste settimane la dolorosa scoperta a Firenze di una clinica per aborti
clandestini. Ecco quanto ha detto il Cardinale Arcivescovo di Firenze a questo riguardo: « Davanti
ad una vergogna del genere, i promotori, nell'assumersi la responsabilità morale e giuridica
dell'assassinio, non hanno saputo far altro che rilevare la condizione di igiene, di «confort» e di
basso costo dell'iniziativa, che si gloriano di aver imbastito. In una epoca come la nostra che vanta
giustamente conquiste civili e umanitarie come l'abolizione della pena capitale, a nessuno di codesti
pseudo-fautori di libertà viene a mente che nella loro clinica si sanciva e realizzava di privato
arbitrio la condanna a morte non di criminali, ma di creature innocenti, senza colpa e senza avvocati
difensori. Quando una civiltà nell'esaltazione del benessere come unico valore, eleva il sesso a suo
dio e fa di tutto – tramite la dilagante pornografia, l'immoralità rivoltante dello spettacolo,
l'irrisione della legge - per scatenare l'istinto, non le resta che ricorrere al delitto per cancellare
«igienicamente» le conseguenze dei suoi disordini. Una società che non ha l'onestà e il coraggio di
accogliere e di sostenere i suoi membri più deboli e meno dotati, come sono le creature appena
concepite, defrauda se stessa, non ha più nulla di umano, e prepara la sua autodistruzione».
Altro tema per il quale è urgente nella prossima quaresima studio e catechesi è il nuovo Rito
dell'Unzione degli Infermi. La Segreteria generale della C'EI ha emesso il seguente comunicato:
«Si ricorda che il nuovo rito “Sacramento dell'Unzione e cura pastorale degli infermi”, già in vigore
nella versione italiana dal momento della sua pubblicazione, diventerà obbligatorio dal 16
febbraio p. v., prima Domenica di Quaresima. A partire da tale data, non sarà più consentito
l’uso del vecchio rito: in base infatti alla Costituzione Apostolica Sacram Unctionem Infirmorum, il
Sacramento dell'Unzione risulta ristrutturato non nei riti e formulari soltanto, ma nello stesso segno
strettamente sacramentale per cui l'adozione del nuovo rito diventa necessariamente
obbligatoria. L'edizione tipica per la lingua italiana, ufficiale per l'uso liturgico, di questa parte del
rituale Romano, è stata pubblicata nell'agosto scorso».
L'Unzione degli Infermi è vero e autentico sacramento penitenziale, perchè fa del malato un
malato della Chiesa, pubblicamente e ufficialmente caricata di una forza penitenziale quale è il
dolore. Attraverso il sacramento, il malato è aiutato a portare questo peso, con il quale egli diventa
segno visibile di una Chiesa penitente, di una Chiesa che attraverso la croce vuole arrivare alla
pienezza della redenzione, alla risurrezione di Cristo.
Come Gesù ha prediletto i deboli e i sofferenti, così le nostre comunità devono preoccuparsi
in modo speciale di chi è nel dolore.
Trasformare digiuni e rinunce in pane da dividere con l'affamato, in case da dividere con i
senza tetto, in vesti per chi è nudo (cfr. Is. 58, 4-10).
La Quaresima è anche il tempo del digiuno, oggi molto temperato nei confronti della
disciplina antica, ma ancora da praticare sia per la sua capacità di dominare la nostra natura umana,
così complessa e ribelle – l'uomo che la Scrittura chiama «animale» – sia per il dovere della carità.
La Quaresima infatti per la Chiesa e per i cristiani è sorgente di nuova carità, come il soggiorno nel
deserto era stato per Gesù sorgente dell' amore, che ha testimoniato agli uomini nel compimento
della sua missione.
Il contatto con Dio è un contatto con l'amore, e la contemplazione del Padre è assimilazione
della Sua carità universale. La Quaresima quindi deve tradursi per noi in uno slancio di più intensa
carità. Senza questo «sovrappiù di amore», tradiremmo il volto divino verso il quale ci rivolge la
penitenza quaresimale nel segreto del cuore. Il più profondo nostro amore al Padre deve rivelarsi in
uno sguardo più benevolo sugli altri, nella sollecitudine a servire, specialmente i più poveri e i più
emarginati, a lavorare per un mondo in cui vi sia più giustizia sociale ed una più equa ripartizione
dei beni.
Questo richiede l'esercizio ascetico quaresimale, che produca la nostra «rottura» con
l'attaccamento troppo esclusivo ai beni materiali, siano essi abbondanti o scarsi. Nel linguaggio
colorito del suo tempo, S.Basilio così predicava ai ricchi: «Il pane che a voi sopravvanza è il pane
dell'affamato; la tunica appesa al vostro armadio è la tunica di colui che è nudo; le scarpe che voi
non portate sono le scarpe di chi è scalzo; il danaro che tenete nascosto è il danaro del povero; le
opere di carità che voi non compite sono altrettante ingiustizie che voi commettete».
Queste parole ci fanno riflettere, «in un tempo in cui odio e conflitti sono provocati
dall'ingiustizia di coloro che accumulano mentre altri non possiedono nulla; dalla ingiustizia di
coloro che sono più solleciti del proprio domani, che dell'oggi altrui; dall'ingiustizia di coloro i
quali, o per ignoranza o per egoismo, rifiutano di privarsi del superfluo a beneficio di quanti sono
privi dello stretto necessario». Il superfluo poi è determinato non dalla nostra sazietà, ma dal
bisogno degli altri.
E come non ricordare che per comunicare insieme all'unico Pane Eucaristico, si esige tale
rinnovamento e riconciliazione che porti a volere sinceramente che nessuno sia privo del necessario,
fosse pure a prezzo di nostri sacrifici personali? Il medesimo Pane Eucaristico, mentre esige, è
anche la forza per tale rinnovamento e riconciliazione, testimonianza al mondo della nostra fede in
Gesù unico Signore. La sincerità di questa fede si misura dalla sensibilità che abbiamo per la
sofferenza dei nostri fratelli.
Nel tempo di Quaresima la Chiesa e le sue istituzioni caritative esortano sempre più i cristiani
a favorire questa immensa impresa: la carità, l'amore, opere di penitenza per la riconciliazione con
Dio e i fratelli.
Le case della Carità
Nelle nostre chiese reggiana e guastallese le Case della Carità e le Missioni diocesane
continuano ad essere mete concrete di penitenza e di amore.
Le Case della «Carità» sono grande dono di Dio, frutto e testimonianza delle virtù teologali
fede, speranza e carità. Non sono le Case della Carità ad avere bisogno di noi; siamo noi ad avere
bisogno delle Case della Carità, perchè noi non possiamo salvarci senza dirigerci agli altri.
Abbiamo bisogno del clima delle Case della Carità: clima non di inutili cavilli, dibattiti o
discussioni, ma di silenzio, preghiera, riflessione, scoperta di Dio e della Sua volontà, dimenticanza
di noi stessi, donazione, semplicità, autenticità, gioia.
Che nelle Case della Carità crescano le nostre comunità cristiane!
Che siano tante le giovani che, ascoltando la chiamata seducente di Dio, abbandonino il
mondo per essere «Carmelitane Minori della Carità» al servizio d'amore dello Sposo Gesù nella
persona dei fratelli bisognosi nelle Case della Carità!
Che tutte le case delle famiglie cristiane siano Case della Carità a favore di ogni fratello, che
si trovi in qualunque necessità spirituale o materiale!
Missioni diocesane
Missioni Diocesane: nessuna Chiesa locale può chiudersi in se stessa, o ritenersi soddisfatta
quand'anche esprimesse tutte le sue forze ma soltanto all'interno di sé. L'apertura verso le altre
chiese è un'esigenza insopprimibile che qualifica la Chiesa di Gesù.
Le nostre Missioni diocesane, valendosi dell'opera generosa di sacerdoti, religiose e laici,
continuano sia in Brasile che in Madagascar, come pure nell'Ospedale di Ampasimanjeva. Nuovi
missionari subentrano a quelli che ritornano. A tutti la nostra gratitudine il nostro affetto.
In India è a buon punto la costruzione del Lebbrosario e della vicina Casa della Carità e sono
già pronte le religiose e i laici in attesa della partenza.
Quaresima-Missioni 1975 continui il progresso della conversione missionaria e
riconciliazione.
Quaresima-Penitenza per le Missioni diocesane e per le Case della Carità avrà il suo
vertice nella Giornata Missionaria Diocesana la terza domenica di Quaresima, 2 marzo p. v..
Prepararsi al pellegrinaggio dell'Anno Santo a Roma.
Il pellegrinaggio è il segno di una ricerca appassionata e paziente di Dio nel deserto del
mondo secolarizzato, sull'esempio dell'esodo dell'antico Israele verso la terra promessa. Il
pellegrinaggio ricorda al cristiano che siamo esuli sulla via del rimpatrio e muoviamo i passi verso
una meta precisa, seguendo Gesù nella faticosa via che porta alla Croce. Il cristiano che si ferma,
che dorme, che è individualista e assente, che si lamenta ed è sempre stanco, non è vero cristiano.
Il pellegrinaggio a Roma sarà il segno di un continuato processo di conversione e di
riconciliazione fraterna. Venerare in un ritorno alle origini del cristianesimo; incontrare il Papa
significherà riaffermare la fedeltà alla sede di Pietro, principio e fondamento universale di
comunione e di carità.
La preparazione spirituale al pellegrinaggio a Roma non può essere improvvisata, e deve
attirare la nostra attenzione assai più della preparazione di carattere tecnico. La Quaresima è tempo
propizio per preparare un pellegrinaggio con particolari caratteristiche di austerità, e segno della
nostra chiesa locale, che vuole andare alla Chiesa di Roma, insieme con le altre chiese locali, per
una esperienza forte di preghiera, di fede, di fraternità e di comunione spirituale.
Fratelli e figli carissimi. la Quaresima di questo Anno Santo ci chiama a vivere come
«candidati alla risurrezione». Ci chiama cioè a vivere, non come destinati a morire, ma come
destinati a risorgere e a vivere come Gesù.
Dobbiamo cercare «le cose del cielo» ossia «i valori del regno di Dio», che inizia qui e
raggiunge la pienezza in cielo: noi siamo dei chiamati, degli attesi nel regno di Dio. I «valori del
regno» ci sono accennati da Gesù stesso nel discorso delle beatitudini.
Dobbiamo rinnovare nell'amore tutti i nostri rapporti con Dio e con il prossimo; convertirci
sul serio a Dio; riconciliarci con i fratelli. Questa è la vita nuova di risorti, che nasce solo dalla
morte di noi stessi, cioè dal sacrificio. E' la Pasqua santa che vi auguro di tutto cuore nel trionfo in
noi della divina misericordia.
La Madonna SS. ci impetri l'abbondanza dello Spirito Santo per la nostra conversione e
riconciliazione e per la perseveranza nel bene fino alla morte.
Benedico di cuore.
† Gilberto Baroni
Vescovo
Reggio Emilia, 2 Febbraio 1975.
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