L’evasione fiscale
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L’evasione fiscale si configura sempre come un comportamento commissivo od omissivo
che viola una specifica norma tributaria. E’ la situazione che si verifica quando il contribuente,
colpito da imposta, affronta il rischio derivante dal non pagarla soltanto in parte, con la
conseguenza che può aversi un’evasione totale o parziale. In questi giorni si parla sempre più spesso
di evasione fiscale come una vera e propria inquisizione rivolta univocamente verso una sola
categoria che lavora e produce, motore della nostra economia, con un’indicibile esagerazione dei
toni e delle accuse.
Si pongono allora alcune riflessioni, la prima delle quali è legata alla nostra Costituzione che
prevede per tutti i cittadini di concorrere alla spesa pubblica in relazione alla propria capacità
contributiva ( ex art. 53 Costituzione ). La politica fiscale non può servire solo a produrre gettito ma
deve essere utilizzata per favorire la produzione di servizi pubblici qualificati e deve sempre
consentire al cittadino di verificare la corrispondenza fra prelievo, quanto pagato in tasse, con
efficienza dei servizi pubblici, opere realizzate con il pagamento delle tasse. Alla politica statale
competono le scelte concernenti l’individuazione delle possibili spese pubbliche in rapporto alle
disponibilità finanziarie, dal punto di vista di favorire lo sviluppo del Paese. Una politica di
inefficienze e sprechi probabilmente scoraggia i contribuenti onesti e aumenta la propensione
all’evasione.
L’evasione fiscale nel nostro Paese rappresenta un terzo della ricchezza nazionale prodotta,
determinata, da un lato da un’economia sommersa e dall’altra dall’obbiettiva e accertata incapacità
dello Stato di perseguirla. Da una parte si tuona contro la pesantezza delle tasse, dall’altra contro la
scandalosa “opera” dell’evasione fiscale. Siamo i più tartassati d’Europa. Una buona fetta di
quest’enorme flusso di denaro sarebbe indirizzata verso prodotti di lusso e beni di rifugio ( auto di
grossa cilindrata, acquisti di case in montagne o al mare, gioielli griffati ).
La maggior parte dell’evasione si annida nei servizi alle imprese, nel commercio e nei
servizi alle famiglie. Il Sud e le Isole costituiscono l’area geografica ove l’evasione è più intensa
(34,5%); seguono a ruota il Nord-ovest (26,5%), il Centro (20,1%) ed il Nord-est (18,9%). I dati
rilevano che il fenomeno dell’evasione fiscale negli ultimi anni è in crescita, nonostante che
l’attività di controllo da parte degli enti preposti possa contare anche sull’uso di tecnologie
sofisticate, per esempio le elaborazioni al calcolatore e le verifiche incrociate sui dati in possesso
dai vari enti pubblici. Il Ministero del Tesoro prevede per i prossimi mesi un aumento dei controlli
da parte della Guardia di Finanza.
E’ evidente, però, come tali azioni di vigilanza si dimostrino per nulla sufficienti: una
attività di contrasto all’evasione svolta solamente sul fronte dei controlli risulta di fatto non
adeguata a porre realmente un freno all’entità del fenomeno; lo dimostra il fatto che di anno in anno
l’evasione fiscale non si arresta. Occorrerebbe invece intervenire urgentemente a monte del
problema, con una politica fiscale orientata a prevenire un fenomeno che ha assunto oramai il ruolo
di vero e proprio “cancro” della società. Sarebbe invece fondamentale rendere obbligatoria la
registrazione di tutti i dati patrimoniali nella dichiarazione dei redditi o anche quelli costituiti da
beni quali autovetture, gioielli, quadri di valore etc. voci autorevoli affermano che l’evasione fiscale
è immorale, è ingiusta, perché danneggia un’intera economia e finisce per far gravare le tasse che
non si pagano su coloro che già ne pagano troppe e non possono evadere.
Combattere l’evasione fiscale è stato e rimane il principale obiettivo di qualunque
Amministrazione finanziaria, finalizzata al duplice interesse di assicurare una equità e giustizia
fiscale in termini di contribuzione ovvero garantire l’indispensabile equilibrio del bilancio pubblico.
Nella storia del nostro Paese, nel tentativo di arginare questo fenomeno, è giusto ricordare la
Riforma Tributaria del 1973, la legge “ Manette agli evasori “ del 1982, per arrivare all’abolizione
del “ Segreto bancario “ negli accertamenti fiscali del 1991, giungendo alla legislazione del marzo
2000, che ha addirittura reso l’evasione fiscale reato presupposto ai fini del riciclaggio di denaro
sporco, equiparandone la condotta criminosa come fatto d’elevato allarme sociale, alla stregua di
tanti altri gravi reati previsti dal vigente sistema processuale-penalistico, con esiti davvero minimi
rispetto agli obbiettivi per il quale erano stati “escogitati”.
In tempi più recenti, si è persino tentato di incoraggiare questi “ incalliti” evasori fiscali con
appositi incentivi finalizzati alla “emersione del lavoro nero”, pur senza raggiungere nessuno degli
obbiettivi programmati. Risultato: l’evasione fiscale rimane altissima.
Fra le “giustificazioni” di questa evasione dobbiamo addebitare la voracità fiscale dello
Stato, dobbiamo aggiungere una Pubblica Amministrazione spesso inefficiente, una Rete
infrastrutturale da terzo del mondo, una Sanità pubblica approssimativa, una sicurezza nel suo
complesso inadeguata, e forse questo basterebbe a giustificare chi “ evade”.
Non è velleitario immaginare che, con una fiscalità più modesta, ma più equa, si
ridurrebbero gli “ evasori totali e paratotali”, determinando, paradossalmente, un aumento delle
entrate tributarie, ridando dignità ad una classe imprenditoriale scippata e vessata, della propria
moralità.