Omelie per un anno
Volume 1 - Anno “B”
Anno “B”
5ª DOMENICA DI QUARESIMA
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Ger 31,31-34 - Concluderò un'alleanza nuova, non mi ricorderò
più del peccato.
Dal Salmo 50 - Rit.: Crea in me, o Dio, un cuore puro.
Eb 5,7-9 - Imparò l'obbedienza e divenne causa di salvezza eterna.
Canto al Vangelo - Gloria e lode a te, o Cristo! Se uno mi vuol
servire, mi segua, dice il Signore, e dove sono io là sarà pure il mio
servo. Gloria e lode a te, o Cristo!
Gv 12,20-33 - Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce
molto frutto.
Se il chicco di grano non muore
1. La leggenda del re e di suo figlio. Una leggenda cristiana dei primi
secoli racconta la storia del re indiano Abenner e di suo figlio
Giosafat. Era un re strano. Decise di crescere suo figlio in modo tale
da non fargli conoscere la povertà, le malattie, la morte, né
qualunque altra disgrazia. Perciò lo sistemò in uno splendido castello
e gli diede come compagni e servitori soltanto uomini giovani e sani.
Nessun ammalato, né infelice poteva avervi accesso. Tuttavia una
tale vita, separata dal mondo, sembrava a Giosafat una schiavitù.
Chiese dunque al padre il permesso di fare un viaggio per il paese.
Il re acconsenti, ma ordinò ai servi di togliere dalla strada del figlio
tutto ciò che era triste e opprimente. Eppure Giosafat, nonostante gli
sforzi dei servi, vide per strada un lebbroso. Così conobbe la malattia.
Più tardi un vecchio decrepito incrociò il percorso del suo corteo. Così
conobbe la vecchiaia e le sue debolezze. Domandò a un passante
quale sarebbe stato il destino futuro di quel vecchio. La risposta fu: la
morte, e la tomba.
In quel modo il figlio del re venne a conoscere le più importanti
sventure umane. Dopo averle conosciute, divenne triste e inquieto.
Tuttavia Dio guidò il suo cammino in modo che incontrò un eremita
cristiano: Baarlam. Questi gli spiegò qual è - secondo l’insegnamento
di Gesù - il senso della sofferenza, della vecchiaia e della morte. Ciò
ridette la tranquillità al giovane Giosafat.
5ª Domenica di Quaresima “B” • © Elledici, Leumann 2005
Il Vangelo nella vita dei fanciulli. Omelie per l’anno B di Stanislao J. Klimek
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2. Se il chicco di grano non muore. Come quel re voleva proteggere
suo figlio, così anche i genitori di molti di voi, ragazzi, vorrebbero
separarvi, isolarvi da qualunque miseria e sofferenza. Preferirebbero
che non incontraste le persone ammalate, infelici, moribonde. In voi
stessi è radicata profondamente la voglia di vivere tra le comodità, i
piaceri, senza doveri difficili. Ma l’esperienza v’insegna che ciò non è
possibile.
Come una volta Baarlam a Giosafat, così oggi Gesù ci spiega il senso
della sofferenza e della morte, soprattutto della sua morte sulla
croce.
Ciò accadde a Gerusalemme. Un gruppo di pellegrini della Grecia
chiese a Filippo di far loro vedere Gesù. Gesù incontrò volentieri i
pellegrini. Con l’occasione voleva anche insegnare qualcosa. Poiché
era sempre più vicina la sua passione, decise di spiegare sia ai Greci
che agli stessi apostoli il perché della sua morte. Per farlo usò la
seguente immagine: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore,
rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).
Gli ascoltatori comprendevano molto bene ciò che voleva dire. Perché
sapevano che se il chicco di grano cade sulla terra arsa o sulla roccia,
non può germogliare. Se invece cade su un terreno umido e fertile,
muore e diventa nutrimento. Dalla sua morte decine di chicchi
traggono la vita.
In che modo quest’immagine e questo paragone si riferivano alla
morte di Gesù, gli apostoli lo capirono solo dopo la sua risurrezione.
Capirono che grazie alla morte di Gesù, tutti gli uomini potevano
ricevere i doni soprannaturali, la vita divina. Tutti abbiamo in noi la
vita divina, la grazia, per opera della passione di Gesù, così come
molti chicchi di grano ricevono la vita dalla morte di uno.
Per farvelo capire meglio, vi racconterò un altro fatto. Un anziano
marinaio sta sulla spiaggia, in piedi. Vicino a lui un bambino fa il
bagno nel mare; ma a un certo momento, travolto da un’onda, rischia
di annegare. Il marinaio si tuffa in acqua e lo salva. Ma poiché il suo
cuore era ormai vecchio e debole, viene colpito da infarto, e dopo
breve tempo il marinaio muore a causa dello sforzo compiuto.
Quel bambino un giorno penserà: «Io vivo grazie a quel marinaio. Per
salvarmi ha dato la sua vita». E così anche noi, cristiani, diciamo:
«Noi abbiamo la vita soprannaturale, la vita divina perché Cristo ha
dato la sua vita per noi, e con la sua morte ci ha liberati dai peccati,
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Il Vangelo nella vita dei fanciulli. Omelie per l’anno B di Stanislao J. Klimek
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ci ha salvati dalla dannazione. Senza la sua passione le nostre anime
sarebbero morte, non avrebbero la vita divina».
3. Un esempio per noi. San Tommaso, non l’apostolo, ma quello di
Aquino, diceva che per la nostra redenzione sarebbe bastata una
sola, piccola goccia di sangue di Gesù. Egli non doveva
necessariamente patire la tremenda passione della croce. Sapete dal
Vangelo che avrebbe potuto facilmente annientare gli Ebrei venuti
all’orto degli Ulivi per arrestarlo. E invece si lasciò arrestare, legare le
mani, giudicare e crocifiggere. Domanderete: Perché accettò di farlo,
e di sua volontà?
I santi e i pensatori cattolici rispondono che lo fece anche per dare a
noi uomini un incoraggiamento per i momenti in cui le malattie e le
disgrazie ci assaliranno; non potremo dire allora: «Gesù vuole che
sopportiamo sofferenze che lui stesso non conobbe, né sentì». Nello
stesso tempo Gesù ci ricorda che i nostri giorni difficili, come il suo
Venerdì santo, finiranno con il giorno gioioso della risurrezione.
Certamente sapete che Gesù non ci chiede di cercare le malattie o
qualche grande sofferenza. Si rallegra se riusciamo a superarle con
l’aiuto dei medici. Lui stesso molte volte guarì miracolosamente delle
persone. Tuttavia sapete anche che non tutte le malattie sono
guaribili, che ce ne sono alcune di fronte alle quali i migliori medici
non possono fare niente, e non sempre riusciamo a evitare le varie
disgrazie. Se non si possono evitare, Gesù c’insegna a sopportarle
pazientemente con il suo aiuto. Noi sacerdoti ve lo ricordiamo, perché
non vogliamo educarvi secondo il modello del re Abenner nei
confronti di suo figlio Giosafat, cioè passando sotto silenzio tutte
queste cose.
Eppoi bisogna aggiungere che ci sono molte piccole sofferenze e
dispiaceri legati al nostro lavoro quotidiano, allo studio, ai rapporti
con i compagni, non sempre beneducati. Non potete evitare questi
piccoli dispiaceri, queste piccole croci, perché sarebbe come evitare la
vita e il proprio dovere.
Oggi, durante la santa Messa ringraziamo Gesù perché attraverso la
sua passione ci ha dato la vita divina e c’insegna a sopportare
pazientemente i vari dispiaceri. Ogni santa Messa riattualizza la sua
passione e morte. Oggi Gesù non soffre più, né in cielo, né durante la
Messa. Ma soffrono le persone nelle quali egli è presente. Gesù
partecipa al loro dolore e vuole aiutarle.
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Il Vangelo nella vita dei fanciulli. Omelie per l’anno B di Stanislao J. Klimek
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Ricordatevi che con il vostro cattivo comportamento, con la mancanza
di rispetto nei confronti di questi infelici che soffrono, aumentate le
loro sofferenze e fate soffrire Gesù.
Con la vostra bontà invece rendete le sofferenze e i dispiaceri altrui
più piccoli e fate contento Gesù. Ed è questo il vostro modo di
esprimergli gratitudine per la sua passione sulla croce.
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