Personalità e società da Kierkegaard alla Scuola di

PERSONALITA’ E DINAMICHE SOCIALI
Personalità e dinamiche sociali: uno schema interpretativo.
L’origine dello schema
Dinamiche sociali, ideologie, personalità consona al sistema
I modelli di personalità consona al sistema
I mezzi del condizionamento
La scelta
Il diverso: un possibile modello di personalità non consona al sistema
PERSONALITA’ E DINAMICHE SOCIALI: UNO SCHEMA INTERPRETATIVO
E. Fromm in "Fuga dalla libertà"analizzando il problema del rapporto tra personalità e processo sociale, all'interno del
quadro teorico elaborato dalla Scuola di Francoforte, scrive che il carattere sociale "deriva dall'adattamento dinamico
della natura umana alla struttura della società. Il mutamento delle condizioni sociali produce mutamenti del carattere
sociale, ossia nuovi bisogni e nuove ansietà. Questi nuovi bisogni fanno sorgere nuove idee, e, per così dire, rendono gli
uomini disposti ad accoglierle; le nuove idee a loro volta tendono a intensificare e a consolidare il nuovo carattere
sociale, e a determinate le azioni degli uomini. In altre parole, le condizioni sociali influiscono sui fenomeni ideologici
per mezzo del carattere; il carattere, d'altro canto, non è la conseguenza di un adattamento passivo alle condizioni
sociali, ma il frutto di un adattamento dinamico fondato su elementi che sono biologicamente intrinseci alla natura
umana, o che lo sono diventati per effetto dell'evoluzione storica" 9. Affermazione che possiamo riassumere nel seguente
schema:
Processo sociale
Struttura del carattere
Personalità consona al sistema
ansie - bisogni inconsci
Ideologie
Idee, convinzioni, valori  comportamenti
Fig. 1
All’interno di questo quadro concettuale emerge chiaramente come Fromm consideri “la natura umana come
storicamente determinata" enfatizzando quindi l'importanza dei fattori sociali e culturali rispetto a quelli biologici e
naturali dal momento che "il carattere sociale stesso è plasmato dal modo di vita di una determinata società; e che a loro
volta i tratti di carattere dominanti diventano forze produttive che modellano il processo sociale” 10.
Fromm definisce il carattere sociale come ciò che, a causa delle esperienze e degli stili di vita simili, è comune nella
struttura di carattere della maggior parte delle persone di un determinato gruppo sociale, ritenendo che esso rappresenti
"la forma specifica in cui l'energia umana viene modellata dall'adattamento dinamico delle esigenze umane al
particolare modo di esistenza di una determinata società"11. Infatti esso svolge una duplice funzione in quanto da un lato
consente all'individuo di trarre una "soddisfazione psicologia" nel fare ciò che è richiesto al gruppo sociale a cui
appartiene diventando in questo modo, in funzione della società, lo strumento che "interiorizza le necessità esterne e
così imbriglia l'energia umana a vantaggio delle mete di un determinato sistema economico e sociale” 12.
Fromm che scrive "Fuga dalla libertà" nel 1941 avvalora la sua tesi relativa alla "soddisfazione psicologica" affermando
che "la persona nella quale il risparmio è un desiderio sgorgante dalla personalità ricava anche una profonda
soddisfazione psicologica dal fatto di potersi comportare secondo questa inclinazione; cioè, risparmiando non ricava
solo dei benefici pratici, ma prova anche una soddisfazione psicologica. Si può facilmente convincersene osservando,
ad esempio, una donna della classe media inferiore che fa la spesa al mercato: essa prova felicità per il risparmio di due
cent, quanto un'altra persona, di diverso carattere, può provare per il godimento di un piacere dei sensi" 13. Stessa
convinzione che nasce oggi osservando il piacere di acquistare che muove i frequentatori delle aree commerciali e che
ha reso lo shopping un'attività a sé stante e le aree commerciali uno dei luoghi del tempo libero in risposta al modello
consumista oggi imperante.
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Proprio la duplice funzione del carattere sociale ci consente di introdurre nello schema il concetto di "personalità
consona al sistema" in quanto nella misura in cui il carattere di un individuo si conforma al carattere sociale ciò lo porta
a fare quello che gli è richiesto dal sistema economico e sociale realizzando contemporaneamente le tendenze della sua
personalità a loro volta promosse dalle dinamiche sociali attraverso il processo educativo.
II processo sociale determinando le tendenze fondamentali della personalità, ovvero il carattere sociale, determina sia i
comportamenti che le idee, le convinzioni i valori che essa fa propri. Infatti, secondo Fromm occorre, seguendo Freud,
riconoscere che i “pensieri, a prescindere dagli elementi logici inerenti all'atto del pensare, sono largamente determinati
dalla struttura della personalità dell'individuo che pensa”.14
Le ideologie, intese come l’insieme dei valori, delle convinzioni, delle idee sulla società e sull’uomo, hanno dunque
una "radice emotiva" in quanto rispondono alle tendenze fondamentali della personalità.
Tale tesi è adeguatamente confermata, per Fromm, dall'analisi delle motivazioni dell'adesione al nazismo da parte della
classe media tedesca che costituì la sua base sociale fondamentale. Infatti tale adesione f u garantita dal fatto che la
struttura del carattere della classe media fu attratta dalle caratteristiche psicologiche dell'ideologia nazista. Secondo
Fromm negli anni seguenti la prima guerra mondiale di fronte al crollo dell'ordine sociale, delle gerarchie, dei valori e
minacciata nel suo destino economico dal capitalismo monopolistico la classe media inferiore "cadde in preda
all'ansietà e perciò all'odio, presa dal panico, comincio a provare un desiderio crescente di sottomissione e al tempo
stesso una brama sempre più forte di dominio su quelli che erano inermi”15. Tendenze che vennero soddisfatte
dall'ideologia nazista in quanto questa deriva dalla personalità di Hitler "la quale, col suo sentimento di inferiorità,
l'odio per la vita, l'ascetismo, e l'invidia verso coloro che godono di vivere, è una matrice di tendenze
sadomasochistiche; si indirizzava a persone che, avendo una struttura di carattere analoga, si sentivano attratte ed
eccitate da questo insegnamento, e sono diventate ardenti seguaci dell'uomo che esprimeva ciò che provavano."16.
L’ ORIGINE DELLO SCHEMA
La Scuola di Francoforte, al cui interno si colloca il testo di Fromm6, ha rappresentato, nel corso del novecento, il più
significativo tentativo di elaborare una visione critica della società adoperando tra i suoi strumenti di analisi concetti
elaborati da Marx e da Freud.
Il nostro schema di partenza infatti risulta sicuramente debitore del pensiero marxiano dal momento che considera
l’individuo come il frutto di determinate condizioni storico-sociali.
Dobbiamo infatti a Marx, come scrive A. R. Lurija, neuropsicologo russo, l’indicazione di ricercare “le peculiarità delle
forme di vita più elevata, propria soltanto dell’uomo, nella forma sociale e storica di attività legate al lavoro sociale” 7.
Infatti Marx ha affermato che “la produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è in primo luogo
direttamente intrecciata all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini, il linguaggio della vita reale … Ciò
vale allo stesso modo per la produzione spirituale , quale essa si manifesti, nel linguaggio della politica, delle leggi,
della morale, della religione, della metafisica, ecc .. di un popolo … Sono gli uomini i produttori delle loro
rappresentazioni , idee, ecc.., ma gli uomini reali, operanti, così come sono condizionati da un determinato sviluppo
delle loro forze produttive ..Di conseguenza la morale, la religione, la metafisica e ogni altra forma ideologica, e le
forme di coscienza che ad esse corrispondono, non conservano oltre la parvenza dell’autonomia. Esse non hanno storia,
non hanno sviluppo, ma gli uomini che sviluppano la loro produzione materiale e le loro relazioni materiali
trasformano, insieme con questa loro realtà, anche il loro pensiero e i prodotti del loro pensiero” 8.
Tra le attività spirituali di Marx, che nel nostro schema sono rappresentate dal termine ideologie, per altro anch’esso di
origine marxiana, e le condizioni materiali, il processo sociale del nostro schema, Fromm inserisce la struttura del
carattere dell’individuo che consente di precisare meglio il ruolo assunto dagli “uomini reali” di cui parla Marx.
Struttura del carattere che Fromm intende in modo freudiano, riconoscendo che “la comprensione del funzionamento
degli elementi inconsci (che dobbiamo appunto a Freud) ci ha insegnato ad esser scettici verso le parole e a non
prenderle al loro valore nominale”17.
Inconscio in cui affondano le loro radici, secondo il padre della psicoanalisi, i componenti dell’apparato psichico della
personalità, Es, Io e Super-Io, le cui relazioni sono all’origine dell’ansia di cui parla Fromm.
Infatti, secondo Freud, l’Io, che è la parte della personalità deputata a tenere i rapporti con la realtà esterna, deve
prendere in considerazione sia le esigenze provenienti da quest’ultima che quelle provenienti dalle altre due
componenti della personalità. L’Es rappresenta la parte originaria della personalità ed è costituito dai bisogni pulsionali
dell’individuo i quali forniscono l’energia psichica a sua disposizione e vogliono essere soddisfatti dall’Es
immediatamente secondo “il principio del piacere” senza tener conto del” principio della realtà” di cui si fa carico
invece l’Io. Il Super-Io, a sua volta, impone all’Io le regole morali e ” l’ideale dell’Io” con i quali l’Io “si commisura,
che emula e le cui esigenze di una sempre più alta perfezione si sforza di adempiere”18
In questa situazione conflittuale l’angoscia è, secondo Freud, il frutto della debolezza dell’Io, della sua incapacità di
conciliare le esigenze della realtà con quelle dell’Es e del Super-Io, provando quindi “angoscia reale dinanzi al
mondo esterno, angoscia morale dinanzi al Super-io, angoscia nevrotica dinanzi alla forza delle passioni dell'Es.”19
Tenendo conto che le esigenze del Super-Io rappresentano per Freud, come vedremo, l’interiorizzazione delle regole
imposte dalla società viene anche in questo caso a instaurarsi uno stretto rapporto tra personalità e dinamiche sociali.
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Quest’aspetto, quello relativo ai rapporti tra struttura del carattere, quindi personalità, e dinamiche sociali e aspetti
ideologici, intesi come l’insieme di idee, convinzioni, valori e comportamenti, quindi “la produzione spirituale” di cui
parla Marx vista al livello del singolo, costituirà l’aspetto centrale della nostra relazione.
Per approfondire tale aspetto ci serviremo di autori che si collocano nella tradizione marxista e in quella psicoanalitica
ma anche di altri filosofi dell’ottocento e del novecento al di fuori di queste due correnti ma che hanno elaborato
concetti utili ad approfondire le tematiche in questione.
DINAMICHE SOCIALI, IDEOLOGIE, PERSONALITA’ CONSONA AL SISTEMA
Le ideologie come aspetti della sovrastruttura sono, secondo Marx, condizionate dal modo di produzione della vita
materiale (la struttura della società) in quanto “non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al
contrario, il loro essere sociale che determina la coscienza”20.
L’impostazione originaria marxiana, che sicuramente riflette la situazione storica dell’ottocento caratterizzata da una
società fortemente classista, vedeva nel controllo della sovrastruttura una componente dell’egemonia della classe
dominante che imponeva alla società i propri modelli culturali, politici e morali.
Lo stretto legame tra ideologie e processo sociale è emerso nella nostra cultura nel corso dell’ottocento ed è stato
evidenziato oltre che da Marx anche da altri autori, quali Nietzsche e Freud, che individuano entrambi nella morale il
luogo d’incontro tra personalità e dinamiche sociali.
Nietzsche, infatti, nella sua critica al modello antropologico prodotto dalla civiltà occidentale sottolinea come tale
modello, identificato nell’uomo cristiano, sia sottomesso alla morale attraverso cui “il singolo viene educato a essere
funzione del gregge”21, ad assoggettarsi a determinate direttive espressione degli interessi delle élites dominanti.
Il fatto che la morale non sia qualcosa di ideale, di assoluto ma rappresenti invece l’assoggettamento dell’uomo alla
società diventando una forma di dominio sull’uomo è reso evidente dal fatto che quando si formula un giudizio morale
troviamo una valutazione e una gerarchia degli istinti e delle azioni umane. Queste valutazioni e gerarchie sono sempre
l’espressione dei bisogni di una comunità e di un gregge: ciò che ad esso risulta utile in primo luogo – e in secondo e
terzo luogo – questo è anche la suprema norma di valore per tutti i singoli. Con la morale, il singolo viene educato a
essere funzione del gregge, e ad attribuirsi valore solo come funzione.”22
Allo stesso modo, secondo Nietzsche, la coscienza non può essere considerata “la voce di Dio nel petto dell’uomo,
bensì la voce di alcuni uomini nell’uomo”, in quanto all’origine della coscienza vi è “tutto ciò che negli anni
dell’infanzia ci fu regolarmente richiesto senza motivo da parte di persone che veneravamo o temevamo”, ed è costituita
“dalla credenza nell’autorità”23.
Anche per Freud la morale è qualcosa di psico-sociale, in quanto essa viene interiorizzata dall’individuo, divenendo,
come abbaiamo già detto, una componente del Super-io e la sua origine va ricercata nel rapporto bambino-genitori
ovvero nel rapporto individuo-autorità.( come vedremo nel par. “I mezzi del condizionamento)
In “Il disagio della civiltà” Freud lega la formazione del Super-Io al bisogno della civiltà di controllare e reprimere la
naturale aggressività degli individui; scrive infatti Freud:“Che cosa avviene nell'individuo a rendere innocuo il suo
desiderio di aggressione? Qualcosa di assai curioso, che non avremmo indovinato e che pure è assai semplice.
L'aggressività viene introiettata, interiorizzata, propriamente viene rimandata là donde è venuta, ossia è volta
contro il proprio Io. Qui viene assunta da una parte dell'Io, che si contrappone come Super -io al rimanente, e ora
come «coscienza» è pronto a dimostrare contro l'Io la stessa inesorabile aggressività che l'Io avrebbe volentieri
soddisfatto contro altri individui estranei” 24.
Il potere di controllo del Super-Io è naturalmente molto maggiore di quello dell’autorità esterna dal momento che
è impossibile nascondere il fatto che il desiderio rimane nonostante la rinuncia al soddisfacimento.
In tal modo, scrive Freud, “nonostante la rinuncia sia avvenuta, sopravviene ugualmente un sentimento di colpa e
questo è un grande svantaggio economico dell'istituzione del Super-io o, per dirla altrimenti, del formarsi della
coscienza. La rinuncia pulsionale ora non ha più un effetto completamente liberatore, l'astinenza virtuosa non è più
ricompensata dalla certezza dell'amore; una minacciosa infelicità esterna - perdita dell'amore e punizione da parte
dell'autorità esterna - è stata barattata con una permanente infelicità interna, la tensione che nasce dal senso di
colpa”. 25
I legami tra modelli culturali e comportamentali, da un lato, e il sistema sociale, dall’altro, hanno dato origine nel
novecento, sulla scia delle prime analisi condotte all’interno della Scuola di Francoforte, a una serie di studi volti a
smascherare la funzione che i mezzi di comunicazione di massa svolgono nel diffondere i modelli culturali prevalenti.
Rimandando a dopo l’analisi degli strumenti del condizionamento sociale, tra cui rientrano sicuramente i mass-media, il
discorso ci interessa qui per definire meglio il rapporto personalità-sistema sociale.
Scrive U. Eco in “Apocalittici e integrati”, uno dei primi testi usciti in Italia su queste tematiche, che il
condizionamento a cui ci sottopone la cultura di massa non dipende da una “precisa volontà degli autori, quanto dal loro
adattarsi a una concezione di “ordine” che pervade il modello culturale in cui vivono e di cui fabbricano, in scala
ridotta, modelli analoghi con funzione di rispecchiamento”18
Di fronte a tali modelli occorre, secondo Eco, porre in atto un processo di demistificazione volto a identificare “non solo
le esigenze inconsce che li hanno promossi ma anche le esigenze consce di una pedagogia paternalista, di una
persuasione occulta motivata da fini economici determinati” 19.
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Tale pedagogia paternalista, che fa leva sulle esigenze inconsce, rientranti quindi nella sfera delle strutture del carattere,
delle ansie, dell’insicurezza di cui parla Fromm, è volta a proporre un modello di personalità eterodiretta, così descritta
da Eco:” Un uomo eterodiretto è un uomo che vive in una comunità ad alto livello tecnologico e a particolare struttura
sociale ed economica (in questo caso basata su una economia di consumo), al quale viene costantemente suggerito
(attraverso la pubblicità, le trasmissioni televisive, le campagne di persuasione che si attuano in ogni aspetto della vita
quotidiana) ciò che deve desiderare e come ottenerlo secondo certi canali prefabbricati che lo esentano dal progettare
rischiosamente e responsabilmente”20.
Il modello di personalità proposto dai mezzi di comunicazione di massa e che proprio per le caratteristiche di
quest’ultimi possiamo considerare la diretta espressione del sistema sociale, è dunque un modello di personalità
consono al sistema stesso.
Anche lo stesso modello di personalità proposto dal Protestantesimo, analizzato dal testo di Fromm, ossessionato dal
dovere, dal lavoro, dalla ricerca del successo sociale come segno della sua predestinazione, può essere definito consono
al nascente sistema capitalistico in quanto, come già abbiamo osservato, incanalava verso il lavoro la maggior parte
delle energie umane.21
Possiamo quindi aggiornare il nostro schema come alla fig. 2
Processo sociale
Struttura del carattere
Personalità consona al sistema
ansie - bisogni inconsci
Ideologie
Idee, convinzioni, valori  comportamenti
Fig. 2
I MODELLI DI PERSONALITÀ CONSONA AL SISTEMA
Il tema della personalità consona al sistema sociale, o comunque dell’origine sociale delle convinzioni, dei valori e dei
comportamenti che manifestano la personalità, è rintracciabile in molti autori della filosofia dell’ottocento e del
novecento, anche non rientranti nella tradizione di origine marxiana, e da essi è possibile prendere lo spunto per
ricavare una tipologia di modelli di personalità consoni al sistema.
Tale tipologia potrebbe comprendere, senza pretendere di essere completa, i seguenti modelli22:
L’uomo sposato di Kierkegaard.
Kierkegaard individua tre modi di porsi di fronte alla vita che rappresentano altrettante condizioni o possibilità
esistenziali fondamentali, nonché tre tipi di personalità diversa. Essi sono costituiti dal seduttore, dall’uomo sposato e
dall’uomo di fede. Dei tre quello che rappresenta il modello proposto dalla società e che quindi può rientrare nel
modello di personalità consona al sistema è costituito dall’uomo sposato.
L’uomo sposato trova una propria identità accettando le responsabilità che gli derivano dalla famiglia e dal lavoro e
dall’adesione a un ordine di regole sociali che gli garantiscono il rispetto degli altri. Accettando le responsabilità che gli
derivano dalle sue scelte passate, aver sposato quella determinata donna, aver messo al mondo dei figli, in vista di
progetti futuri ben chiari e predeterminati, l’uomo sposato aderisce a un sistema collettivo di valori condivisi dalla
generalità dei membri della società in cui vive che gli offre una risposta ad ogni problema. Accettando questo sistema di
valori già elaborato l’uomo si libera della responsabilità soggettiva della scelta ma perde se stesso in quanto è la
capacità di scegliere a costituire la sua personalità.
Per Kierkegaard, dunque, esiste un modello di personalità elaborato dalla società e accettarlo implica perdere la propria
singolarità delegando agli altri la propria capacità di scegliere.
Occorre infine sottolineare come Kierkegaard metta particolarmente in risalto le tematiche relative alla scelta, che in
seguito riprenderemo (vedi par. “La scelta”).
L’uomo vincolato di Nietzsche
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Come abbiamo già detto la morale costituisce nella prospettiva di Nietzsche la principale forma di sottomissione
dell’uomo alla società. Scrive infatti “Le morali e le religioni sono il mezzo principale con cui si può fare dell’uomo
quel che si vuole; presupposto che si abbia un di più di forza creativa e si sappia affermare la propria volontà creatrice
su lunghi periodi di tempo, in forma di legislazioni e costumi”, aggiungendo che la morale “non è nient'altro (dunque in
particolar modo niente più) che obbedienza ai costumi, di qualunque specie essi possano essere. I costumi peraltro sono il
modo tradizionale di agire e di valutare”23. Questo agli occhi di Nietzsche significa innanzitutto accettare di essere vincolati
ad un’autorità superiore, la tradizione appunto, “un'autorità superiore, alla quale si presta obbedienza non perché comanda
quel che ci è utile, ma soltanto perché ce lo comanda. In che cosa si distingue questo sentimento della tradizione dal
sentimento della paura in generale? È la paura di un intelletto superiore che in questo caso comanda, di una potenza incomprensibile, indeterminata, di qualche cosa più che personale: c'è della superstizione in questa paura. …”.
In questo modo le morali tendono a instaurare nell’individuo una serie di abitudini, ovvero di azioni che vengono compiute
senza chiedersi il motivo per cui si compiono.
Alla base dell’accettazione da parte dell’individuo di questi vincoli imposti dall’autorità esterna tramite le abitudini vi sono
sia un naturale bisogno dell’individuo di aiuto e protezione da parte dei suoi simili sia un desiderio di “comodità, sicurezza,
facilità di vivere”.
In effetti Nietzsche ritiene che la morale, Dio o qualsiasi altra certezza metafisica l’uomo si è voluto dare non siano che un
tentativo di dare un significato forte a un universo che in realtà “balla sull’orlo del caos”.
Vi è dunque anche in Nietzsche, come già in Kierkegaard, la convinzione che ciò che spinge l’individuo ad accettare il
modello di personalità consono al sistema sia la ricerca di una forma di sicurezza garantita dall’essere simile agli altri, dal
credere nelle stesse cose, dall’agire nello stesso modo di tutti gli altri.
Scrive Nietzsche, “ogni intrapresa individuale, ogni individuale modo di pensare dà i brividi; non è possibile calcolare
quel che devono aver sofferto nell'intero corso della storia propria gli spiriti più rari, più eletti, più originali, per il
fatto che vennero sentiti come i malvagi e i pericolosi, per il fatto anzi che essi stessi si sentirono tali”24.
Questa situazione rappresenta anche per Nietzsche, come già per Kirkegaard, un “qualcosa di pregiudizievole per
l’individuo” in quanto da un lato esso accetta di sacrificare se stesso assoggettandosi agli interessi del gruppo e
dall’altro perde la propria libertà di valutare e di agire, di istituire egli stesso i propri valori, i propri significati senza
lasciarsi guidare da autorità esterne o tradizioni.
Nietzsche evidenzia come questo condizionamento esercitato dalla società non si esaurisca in una pressione esterna nei
confronti dell’individuo in quanto “tutti gli istinti che non si scaricano all’esterno, si rivolgono all’interno – questo è
quella che io chiamo interiorizzazione dell’uomo: in tal modo soltanto si sviluppa nell’uomo quella che più tardi verrà
chiamata la sua <anima>. L’intero mondo interiore, originariamente sottile come fosse teso tra due epidermidi, si è
stemperato e dischiuso; è stato impedito lo sfogo dell’uomo all’esterno. Quei terribili bastioni con cui l’organizzazione
statale si proteggeva contro gli antichi istinti di libertà – le pene appartengono soprattutto a questi bastioni – fecero sì
che tutti questi istinti dell’uomo selvaggio, libero, divagante si volgessero a ritroso, si rivolgessero contro l’uomo
stesso”25.
L’anima, o come la chiama anche Nietzsche la “cattiva coscienza”, trova la sua origine nell’interiorizzazione della
repressione degli istinti, ovvero della naturale tendenza dell’individuo ad affermare, realizzare se stesso e non il gruppo
a cui appartiene. Questo atteggiamento repressivo si esprime in una morale anti-vitale, che costituisce il contenuto della
“cattiva coscienza”, in quanto nega la piena espressione dell’individuo e non consente un’effettiva promozione della
dimensione umana..
Il tipo di personalità prodotto da questa repressione degli istinti primari dell’uomo, negati dalla morale cristiana
attraverso il concetto di peccato, è caratterizzato dall’incapacità di accettare la propria voglia di realizzarsi e dal senso di
colpa che ne avvelena l’esistenza in quanto espressione dell’auto-tormento tipico del rivolgersi degli istinti contro
l’uomo stesso.
L’uomo nevrotico di Freud
In “Il disagio della civiltà” Freud afferma:“Che immane ostacolo alla civiltà dev'essere la tendenza aggressiva, se la
difesa contro di essa può rendere tanto infelici quanto la sua stessa esistenza!”.
Infatti, come abbiamo già detto, dall’interiorizzazione dell’aggressività si forma il Super-io quale istanza della
personalità che impone all’individuo le regole morali e i modelli, Freud parla di “ideale dell’Io ”, attraverso i
quali la società controlla il comportamento individuale, utilizza ndo a tal fine una parte dell’energia psichica
dell’individuo stesso. In tal modo per Freud, come si è già osservato, l’uomo finisce per barattare la paura di
una punizione esterna e della disapprovazione di un’autorità esterna con una “ permanente infelicità interna, la
tensione che nasce dal senso di colpa”.
Il senso di colpa è infatti il frutto della disapprovazione del Super -Io nei confronti dell’Io spesso alimentata
dall’eccessiva severità del Super-Io stesso, il quale non tiene conto né dei bisogni pulsionali dell’individuo,
che costituiscono l’Es, né della difficoltà poste all’Io dalla realtà esterna.
In particolare per quello che riguarda l’aspetto istintuale Freud ritiene che la padronanza dell’Es non possa
superare certi limiti in quanto “esigendo di più si produce nell’individuo la rivolta o la nevrosi o lo si rende
infelice” 26.
La nevrosi, insieme alla rivolta, risulta dunque essere una delle risposte dell’individuo alle pressioni
interiorizzate che la civiltà esercita su di lui .Nevrosi i cui segni sono riscontrabili, secondo Freud anche nei
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comportamenti considerati normali a dimostrazione del fatto che l’adeguamento dell’individuo alla società
richiede comunque la rimozione di una parte delle esigenze pulsionali che, rimosse ma non cancellate,
interferiscono nel nostro comportamento.
Freud scrive,ad esempio, che “si può dire che per qualche aspetto ognuno di noi si comporta come il paranoico,
correggendo, tramite una formazione di desiderio, un lato del mondo per lui intollerabile e iscrivendo nella realtà
questo delirio. Importanza particolare riveste il caso in virtù del quale un numero notevole di persone si accinge insieme al
tentativo di procurarsi una garanzia di felicità e un riparo dalla sofferenza tramite una trasformazione delirante della
realtà. Alla stregua di un delirio collettivo siffatto dobbiamo caratterizzare anche le religioni dell'umanità”27 (vedi anche
pag. 11 e 13).
Secondo Freud quindi parte dei nostri comportamenti individuali e collettivi risultano essere la man ifestazione
di un tipo di personalità nevrotica prodotta dall’ eccessiva pressione dell e regole imposte dalla società, un
riesame delle quali potrebbe, secondo lo psicoanalista viennese,” approdare all’eliminazione di molte di
esse” 28.
L’uomo eterodiretto della Scuola di Francoforte.
L’uomo eterodiretto, di cui abbiamo accennato prima, per introdurre il concetto di personalità consona al sistema,
rappresenta chiaramente un altro esempio di tale tipologia di personalità 29.
Il concetto di uomo eterodiretto trova le sue radici già nelle riflessione di Kiekegaard e di Nietzsche, riprese nel
novecento dalla fenomenologia, dall’esistenzialismo e dalla Scuola di Francoforte come sottolinea lo stesso Eco da cui
lo abbiamo ripreso30.
In effetti l’uomo eterodiretto condivide con l’uomo sposato di Kierkegaard e con l’uomo vincolato di Nietzsche il fatto
di delegare la responsabilità delle scelte al sistema, infatti di fronte alla gravità e alla difficoltà delle decisioni da
prendere per progettare la propria vita accetta ciò che gli viene suggerito perché progettare “implicherebbe fatica e
dolore, mentre la società è in grado di offrire all'uomo eterodiretto i risultati di progetti già fatti, tali da rispondere ai
suoi desideri, i quali desideri, poi, gli sono stati indotti in modo da fargli riconoscere, in ciò che gli viene offerto, ciò
che egli avrebbe progettato”31.
Inoltre anche l’uomo eterodiretto, come l’uomo sposato e l’uomo vincolato , finisce per perdere la propria personalità
che si annulla nei “simboli di stato” in cui proietta ciò che vorrebbe essere32.
Negli autori della Scuola di Francoforte è possibile rintracciare una miriade di ” figure” che caratterizzano i diversi
aspetti dell’uomo eterodiretto. Dalle letture antologiche a disposizione sono individuabili, ad esempio, queste figure:
L’uomo subordinato alla produzione – Scrive T.W: Adorno nell’introduzione del suo libro “Minima moralia.
Meditazioni della vita offesa”:”.. il rapporto tra vita e produzione che abbassa la prima, nella realtà, ad una
manifestazione effimera della seconda è perfettamente assurdo. Mezzo e fine sono invertiti.” 33
Secondo la scuola di Francoforte il totalitarismo non caratterizza solamente i regimi fascisti e nazisti o sovietici quanto
invece tutte le forme che la società contemporanea ha assunto compreso la società capitalista occidentale.
Una società totalitaria è infatti una società in cui tutto ciò che non può essere ricondotto al sistema viene lasciato cadere,
negato, marginalizzato, al limite eliminato. Ciò che caratterizza il sistema è la produzione industriale, per cui il criterio
in base al quale si stabilisce ciò che deve essere valorizzato è costituito dalla produzione e dal consumo, produttori di
profitto.
La volontà di dominare la natura ha finito per richiedere la costituzione di un’organizzazione burocratica ed
impersonale che è giunta a ridurre l’uomo a semplice strumento. Il progresso tecnico invece di essere al servizio
dell’uomo ha prodotto un processo di disumanizzazione, di reificazione dell’uomo per cui l’uomo stesso è stato ridotto
a cosa, a oggetto utilizzato dal sistema e per cui non è la produzione al servizio dell’uomo ma è l’uomo ad essere al suo
servizio.
Nelle moderne società il singolo sparisce di fronte alle potenze economiche che, poiché hanno portato ad un livello
finora mai raggiunto il dominio sulla natura, possono offrire al singolo una quantità di beni prima nemmeno
immaginabile.
La nullità del singolo consente alla società industriale di assumere la forma della “società amministrata” diretta,
governata da fini che non sono decisi dagli uomini ma si impongono ad essi e che sono volti innanzitutto alla
conservazione del sistema stesso. Scrive Horkheimer:” Quanto all'ideale di produttività, bisogna osservare che oggi il
suo significato economico è misurato nei termini dell'utilità rispetto alla struttura del potere, non già rispetto alle necessità di
tutti”34
L’uomo dominato dai falsi bisogni – Scrive H. Marcuse in “L’uomo a una dimensione”:” … l'apparato impone
le sue esigenze economiche e politiche, in vista della difesa e dell'espansione, sul tempo di lavoro come sul tempo libero,
sulla cultura materiale come su quella intellettuale. In virtù del modo in cui ha organizzato la propria base tecnologica, la
società industriale contemporanea tende ad essere totalitaria … opera mediante la manipolazione dei bisogni da parte di
interessi costituiti. Essa preclude per tal via l'emergere di una opposizione efficace contro l'insieme del sistema.”
Per Marcuse infatti possiamo distinguere tra bisogni veri - i bisogni vitali quali: cibo, vestirsi, abitazione – e bisogni falsi, i
quali sono quelli che “vengono sovrimposti all'individuo da parte di interessi sociali particolari cui preme la sua
repressione: sono i bisogni che perpetuano la fatica, l'aggressività, la miseria e l'ingiustizia ... la maggior parte dei
bisogni che oggi prevalgono, il bisogno di rilassarsi, di divertirsi, di comportarsi e di consumare in accordo con gli
annunci pubblicitari, di amare e odiare ciò che altri amano e odiano, app artengono a questa categoria di falsi
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bisogni.”
Tali bisogni dimostrano la profondità del condizionamento a cui è indotto l’uomo nelle moderne società e il carattere
eterodiretto della sua personalità, infatti i falsi bisogni “ hanno un contenuto e una funzione sociali che sono determinati
da potenze esterne, sulle quali l'individuo non ha alcun controllo; lo sviluppo e la soddisfazione di essi hanno carattere
eteronomo”35.
Un esempio di uomo dominato dai falsi bisogni è costituita dall’uomo eroticamente represso di cui ora ci occuperemo.
L’uomo eroticamente represso – Scrive Marcuse in “Cultura e società”:”La morale sessuale è stata
liberalizzata in alta misura; inoltre la sessualità viene propagandata come stimolo commerciale, voce attiva ne gli
affari e simbolo di status …con l'integrazione di tale sfera in quella degli affari e dei divertimenti, è la repressione stessa
ad essere repressa: la società ha esteso non la libertà individuale, ma il proprio controllo sull'individuo”.
I nuovi comportamenti sessuali appaiono a Marcuse come una “liberalizzazione commerciale, controllata” e in quanto promossi e
incoraggiati dalla società finiscono per perdere la loro carica liberatoria dal momento che “l'energia libidica perde quella che
per Freud è la sua qualità essenzialmente erotica, cioè il momento della liberazione da tutto ciò che ri guarda la
società” 37.
La commercializzazione della sessualità depotenzia l’Eros freudiano in quanto in questo modo si annulla la
contrapposizione tra principio della realtà, che ha portato all’istituzione della società, e principio del piacere, che vuole
l’affermazione dell’individuo, la sua liberazione dalla costrizioni della società. La liberalizzazione controllata della
sessualità si rivela quindi una falsa libertà in quanto non nasce da un conflitto tra individuo e regole sociali ma è
promosso dalla società stessa e volto a “incrementare la soddisfazione per ciò che la società offre”; una falsa libertà che
diventa una nuova costrizione per l’individuo, un mezzo per il suo controllo, il suo asservimento al sistema.
Vediamo ora le conseguenze della subordinazione dell’uomo al sistema produttivo sulla personalità e sui comportamenti:
L’uomo rassegnato – Scrive Horkheimer in “Eclisse della ragione”:” Così, il soggetto individuale della ragione
diventa un ego rattrappito, prigioniero d'un fuggevole presente, che non sa più come far uso delle funzioni intellettuali grazie alle
quali era un tempo capace di trascendere la sua posizione presente nella realtà … Ma il peso della realtà sociale odierna sulla
vita dell'uomo medio è tale che ormai predomina il tipo «rassegnato»”.
L’apatia dell’individuo, dovuta “all’insopportabile pressione esercitata dalla società sull’uomo”, è la conseguenza della perdita
degli attributi dell’individualità scambiati dall’uomo delle moderne società industriali con la sovrabbondanza di beni. Tra
questi attributi che caratterizzano l’individualità gli autori della scuola di Francoforte annoverano sicuramente la razionalità,
intesa come capacità di critica, che “se venisse meno la repressione, si svolgerebbe contro tutto l'ordine sociale, che ha
un'intrinseca tendenza ad impedire ai suoi membri di capire a fondo i meccanismi della repressione esercitata su di
loro”. In effetti la capacità critica, come vedremo nell’ultimo paragrafo, costituisce la caratteristica saliente del modello di
personalità alternativo a quello consono al sistema.
L’uomo mimetico – Scrive ancora Horkheimer “Riecheggiando, imitando, copiando coloro che lo circondano,
adattandosi a tutti i potenti gruppi di cui entra a far parte, trasformandosi da essere umano in membro di
un'organizzazione,sacrificando le proprie potenzialità alla buona volontà e alla capacità di adattarsi a quelle
organizzazioni e di ottenere una certa influenza nell'ambito di esse, l'individuo riesce a sopravvivere. Deve dunque la
salvezza al più antico espediente biologico di sopravvivenza, il mimetismo.”.
La rinuncia alla speranza di realizzare pienamente se stessi, che è il frutto della rassegnazione, spinge l’individuo a
costruire la propria personalità imitando gli atteggiamenti e i tratti di carattere prevalenti nei gruppi in cui si inserisce:
“il gruppo dei bambini con cui gioca,i compagni di classe, la squadra atletica e tutti gli altri gruppi che come è stato
notato impongono un'uniformità più rigorosa, una rinuncia più radicale alle eccentricità personali di quelle che abbiano
mai saputo imporre un padre o un educatore del diciannovesimo secolo”36.
La rassegnazione conduce dunque alla “dissoluzione dell’individualità”.
Da un punto di vista sociologico gli autori della Scuola di Francoforte hanno identificato, nel contesto dei primi decenni
del secondo dopoguerra, l’uomo eterodiretto, nella figura dell’operaio assimilato ovvero, nel contesto più generale che qui
ci interressa, nella figura dell’uomo che ha perso la forza del sogno di un mondo nuovo.
L’uomo che ha perso la forza del sogno di un mondo migliore – Scrive Horkheimer: “In tutto il corso della storia
pressioni materiali, organizzative e culturali hanno avuto parte nell'integrare l'individuo in un ordine giusto od ingiusto;
oggi le organizzazioni operaie, nel momento stesso in cui si sforzano di migliorare le condizioni della classe lavoratrice
finiscono inevitabilmente per contribuire a quelle pressioni … la mente degli operai è inaccessibile a sogni di un mondo
fondamentalmente diverso, a concetti che, invece di essere semplici strumenti per classificare i fatti, siano orientati verso
la realizzazione di quei sogni”.
Durante l’ottocento la classe operaia, in quanto emarginata dal sistema, si era fatta portatrice di un progetto di società
e di umanità diverso da quello borghese, capace di criticarne i limiti; le menti dei lavoratori, scrive Horkheimer
erano” incolte, ma per lo meno venivano lasciate a se stessi: non erano assediati dalle tecniche della cultura di massa
che in ogni momento, non solo nelle ore di lavoro ma anche nel tempo libero, inculcano loro gli schemi di comportamento
propri della società industrialistica” 38. Nel momento che le idee degli operai tendono a modellarsi sull’ideologia veicolata
dal sistema essi non pensano più a discutere il valore delle regole su cui si fonda il sistema, le loro organizzazioni
sforzandosi di migliorare le condizioni dei lavoratori all’interno di questo sistema sociale ed economico finiscono con il
consolidarlo perdendo la capacità di metterlo in discussione perchè fondato sullo sfruttamento e sulla disumanizzazione.
La forza del sogno di un mondo nuovo, le potenzialità della personalità che esso realizza sono rese evidenti dalle vicende
biografiche di chi ha lottato contro il sistema pagando di persona, subendo la repressione in quanto percepito come diverso
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e quindi pericoloso. Significativa da questo punto di vista è, ad esempio, la storia di Bartolomeo Vanzetti, che emigrato in
America da Villafalletto negli anni ’20, venne ucciso sulla sedia elettrica insieme al suo compagno Nicola Sacco,
condannati ingiustamente in quanto anarchici. La forza del suo sogno consentì a Bartolomeo Vanzetti, figlio di un
contadino, di abbandonare la sua casa, le sue tradizioni, di confrontarsi con situazioni nuove, di resistere a 7 anni di
carcere e alla sedia elettrica per difendere le proprie idee39.
Ciò che distingue l’uomo eterodiretto dagli altri modelli di personalità consona è da ricercarsi nel fatto che la società in
cui vive ha a disposizione mezzi di condizionamento diversi, ed è appunto di essi che ora ci occuperemo.
Prima però possiamo rielaborare lo schema riassuntivo (vedi fig.3) integrando in esso le nuove tematiche emerse: la
scelta (vedi sopra “L’uomo sposato di Kierkegaard”) e appunto i mezzi del condizionamento.
Processo sociale
I mezzi del condizionamento
Struttura del carattere
Personalità consona al sistema
ansie - bisogni inconsci
Ideologie
Idee, convinzioni, valori  comportamenti
Scelte
Fig. 3
I MEZZI DEL CONDIZIONAMENTO
Nietzsche, Freud e la Scuola di Francoforte sono tra gli autori presi in esame quelli che maggiormente hanno incentrato
la loro attenzione sul problema degli strumenti che la società adopera per attuare il condizionamento della personalità.
Mentre Nietzsche ha evidenziato il ruolo della cultura, intesa come la mentalità e i valori condivisa da una civiltà, Freud
quello delle relazioni affettive, la scuola di Francoforte ha fermato la sua attenzione soprattutto sui moderni mezzi di
comunicazione di massa.
Secondo Nietzsche l’uomo represso, antivitale e oppresso dai sensi di colpa è innanzitutto il prodotto di una cultura:
quella occidentale.
Egli vede nel percorso storico-culturale della civiltà occidentale un processo di decadenza che è coinciso con il
prevalere di un atteggiamento razionale teso a imporre un ordine, un senso prestabilito, a costruirsi delle certezze e con
l’imposizione di una morale, quella cristiana, tesa a valorizzare il mondo dell’al di là contro il mondo dell’al di qua.
All’interno di questa prospettiva, di questa visione del mondo l’uomo ottiene delle false certezze, di cui la principale è
rappresentata da Dio, ma queste gli impediscono di accettare pienamente la vita in nome dell’al di là, di assumersi la
responsabilità di progettare la sua vita, di trovare egli stesso uno scopo, un significato alle cose.
L’individuo autotormentato, che ha rinunciato a sviluppare pienamente la sua individualità e che trova una sua
giustificazione razionale nel cristianesimo attraverso il concetti di peccato e di al di là, è d’altra parte il frutto “della più
radicale tra tutte le metamorfosi che egli abbia mai vissuto – quella metamorfosi in cui si venne a trovare definitivamente incapsulato
nell’incantesimo della società e della pace”40
Freud ha descritto in termini psicologici il processo di interiorizzazione della coscienza di cui parla anche Nietzsche (vedi par. “I
modelli di personalità consona al sistema –L’uomo vincolato”).
In effetti Freud rintraccia tale processo nel rapporto genitore-bambino. Condividendo con Nietzsche l’idea che” la
coscienza è qualcosa in noi ma non lo è sin dall’inizio”, Freud osserva che nel bambino piccolo non esistono inibizioni
interiori contro i propri impulsi, i quali costituiscono l’elemento originario della personalità, e che la funzione di
inibizione di questi impulsi viene svolta così dall’autorità esterna costituita dai genitori. Questi ultimi esercitano la
funzione di controllo del comportamento del bambino attraverso la concessione di prove d’amore e la minaccia di
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castighi, i quali costituiscono per il bambino rispettivamente la prova dell’acquisto o della perdita dell’amore da parte
dei genitori.
Questa funzione di controllo e gli stessi metodi (prove d’amore  stima di se stesso  rafforzamento dell’Io oppure
minaccia di castighi  disistima di se stessi  indebolimento dell’Io) vengono nell’adulto svolte dal Super-io il quale è
determinato dall’identificazione del bambino con i genitori e in seguito” accoglie anche gli influssi di quelle persone
che sono subentrate al posto dei genitori, ossia educatori, insegnanti e mo delli ideali”.
Freud stesso ha sottolineato la dimensione sociale del Super-io dal momento che esso si forma non “secondo il modello
dei genitori, ma del loro Super-io; si riempie dello stesso contenuto, diventa il veicolo della tradizione, di tutti i
giudizi di valore imperituri che per questa via si sono propagati per generazioni. È facile in dovinare di quanto
aiuto sia la considerazione del Super-io per comprendere il comportamento sociale dell'uomo” 41.
Infatti il Super-io entra in gioco anche nel rapporto individuo adulto-autorità. Fromm, riprendendo queste tesi
freudiane, ha sostenuto che una volta stabilitosi il Super-io, come frutto dell’identificazione del bambino con
l’autorità esterna, i genitori, l’adulto tende a mettere in atto nei confronti delle autorità dominanti nella società un
processo inverso per cui proietta sulle autorità gli attributi del proprio Super -io. Questa operazione di proiezione
finisce per accrescere l’autorevolezza dell’autorità in quanto la idealizza attribuendogli capacità, saggezza, moralità
indipendentemente dal loro reale valore. Questa idealizzazione dell’autorità consente all’individuo una nuova
identificazione e quindi l’ interiorizzazione dell’autorità esterna, sottraendo in questo modo il rapporto con l’autorità
alla critica razionale. Scrive Fromm “Sarebbe certamente molto più difficile per l'adulto critico avere lo stesso senso di
venerazione per le autorità sociali dominanti se queste autorità, attraverso la proiezione su di esse del Super-io, non
mantenessero appunto le stesse qualità che ebbero un tempo i genitori per il bambino acritico”42.
La Scuola di Francoforte ha evidenziato come nella società odierna, accanto ai tradizionali mezzi del condizionamento,
agiscano i mezzi di comunicazione di massa, autentici “strumenti pedagogici”43 della società consumistica.
Per raggiungere lo scopo di asservire l’individuo al sistema la società tecnologica contemporanea ha creato come suo
strumento più efficace l’industria culturale e i mass-media di cui essa si serve. È attraverso di essi che il potere impone
valori, modelli di comportamento, crea “falsi bisogni” e insegna come soddisfarli. Questi modelli non liberano
l’individualità, non emancipano, non abituano alla creatività perché abituano a ricevere passivamente i messaggi.
“L’industria culturale”, scrive Adorno,” anziché adattarsi alle reazioni dei clienti, le crea o le inventa. Essa gliele
inculca … è modellata sulla regressione mimetica, sulla manipola zione degli istinti mimetici repressi: essa si
serve del metodo di anticipare la propria imitazione da parte dello spettatore e di fare apparire come già esistente l'intesa
che mira a creare” 44 .
I bisogni che la cultura di massa soddisfa sono gli stessi che essa crea imponendo modelli standard ai quali l’uomo
viene spinto ad aderire attraverso l’imitazione. Questa pianificazione dell’uomo e dei suoi bisogni vuole creare un
individuo soddisfatto, in quanto riconosce come suoi i bisogni che il sistema gli consente di soddisfare, e che quindi non
assume un atteggiamento critico. In questo modo l’industria culturale crea consenso intorno al potere diffondendo la
convinzione che il sistema è perfetto, il migliore possibile, in ogni caso atto a garantire le felicità dell’individuo,
abituando l’individuo ad accettare dei fini imposti da altri.
“Così”, scrive Horkheimer ,“ attraverso la ricreazione commercializzata e la propaganda popolare - che diventano sempre più
difficili a distinguersi l'una dall'altra - il gigantesco altoparlante della cultura industriale raddoppia senza fine la superficie
della realtà …glorifica il mondo com'è. Il cinema, la radio, le biografie e i romanzi popolari, tutti intonano uno stesso
ritornello: questa è la realtà com'è, come dev'essere e come sempre sarà.”45. In questo modo, aggiunge Adorno
l’individuo cade nel gioco “ della strega che somministra il cibo ai piccoli che intende ammaliare o divorare, con la
raccapricciante litania: «Buona la minestrina, ti piace la minestrina? Ti farà tanto bene, tanto bene»”46. L’industria
culturale e i mass-media, dunque, annullando le capacità critiche dell’individuo lo preparano a essere divorato dal
sistema.
Un esempio di smascheramento dell’ideologia consona al sistema sociale veicolata dalla cultura di massa ci è offerto da
U. Eco in “Apocalittici e integrati”, dove egli dimostra che non solo i contenuti ma la stessa struttura narrativa dei
racconti di Superman, che può essere considerato il prototipo della categoria di fumetti con protagonista un eroe dotato
di super poteri sconosciuti all’uomo comune, sia da considerarsi uno degli” strumenti pedagogici” di cui il sistema si
serve per trasmettere i propri valori e modelli di comportamento dal momento che serve ad assuefare il lettore alla
deresponsabilizzazione delle sue scelte.
Infatti attraverso alcuni meccanismi narrativi, quali gli imaginary tales o gli untold tales47, le storie di Superman si
svolgono mantenendo il lettore in un continuo presente in modo tale che, distruggendo la consequenzialità tra la scelta
attuale e le condizioni passate che in qualche modo la determinano e le conseguenze future, egli sia esentato dalla
problematicità della scelta.
Scrive infatti Eco:“Nell'assuefarsi a questo esercizio di presentificazione continua di ciò che accade, il lettore perde
coscienza del fatto che invece ciò che accade deve svolgersi secondo le coordinate delle tre estasi temporali. Perdendo
coscienza di esse, dimentica i problemi che su queste si basano; l'esistenza cioè di una libertà, della possibilità di far
progetti, del dovere di farli, del dolore che questo progettare comporta, della responsabilità che ne consegue, e infine
dell'esistenza di tutta una comunità umana la cui progressività si basa sul mio far progetti” 48.
Eco ritiene che quelli che chiama “i fenomeni dell’intrattenimento evasivo” possano svolgere una funzione di
distensione, di invito al riposo nella società industriale contemporanea caratterizzata da “una continua carica
informazionale che procede per via di scosse robuste, implicando continui riassestamenti della sensibilità, adeguamenti
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delle assunzioni psicologiche, riqualificazioni dell'intelligenza” , ma soggiunge “il problema cambia aspetto nella
misura in cui il piacere della ridondanza 49, da momento di riposo, pausa nel ritmo convulso di una esistenza
intellettuale impegnata nella ricezione di informazioni, diventa la norma di ogni attività immaginativa. In altre parole:
per chi la narrativa della ridondanza costituisce una alternativa ad altro, e per chi invece costituisce l'unica
possibilità?”50 o ancora, quale può essere l’effetto di una continua e massiccia esposizione a messaggi di questo tipo?
LA SCELTA
Abbiamo visto prima, discutendo dei modelli di personalità consona al sistema, come la tematica della scelta emergesse
come l’elemento costitutivo della personalità.
La riflessione contemporanea su tale tematica trova sicuramente una delle sue prime formulazioni in “Aut-aut”, scritto
da Kierkegaard nel 1843, dove il filosofo danese afferma che “la scelta è decisiva per il contenuto della personalità;
colla scelta essa sprofonda nella cosa scelta, e quando non sceglie, appassisce in consunzione”51. In realtà secondo
Kierkegaard il non scegliere risulta impossibile alla personalità in quanto alla fine o hanno scelto gli altri al posto suo,
oppure “la personalità sceglie incoscientemente, e decidono in essa le oscure potenze” o comunque lo scegliere di non scegliere
diventa, come nella personalità dell’esteta, anch’esso una scelta.
In ogni caso le conseguenze di questa non scelta risultano devastanti per la personalità la quale “appassisce in consunzione”, si
“volatilizza”, diventando la scelta sempre più difficile da compiersi in quanto “vi è pericolo che nel momento seguente io non sia
più così libero di scegliere”.
Posto che come prima cosa occorre scegliere di scegliere per dare un contenuto alla propria personalità Kierkegaard individua
i limiti della scelta estetica che, come detto, eleva il non scegliere a modello di vita, nel fatto che:
a) viene a mancare un punto di riferimento in quanto chi vive esteticamente “non può dare alla sua vita nessuna
spiegazione soddisfacente” e “si perde nella molteplicità”
b) manca un progetto in quanto “l’uomo è spontaneamente quello che è”, “vive sempre e solo nel momento”, la
sua vita “ si disfa in una serie di episodi”, “sceglie solo per il momento, e perciò nel momento successivo si
può scegliere qualche cosa d’altro”
c) manca la capacità di valorizzare se stessi in quanto “ha una coscienza soltanto relativa e limitata di se stesso”,
“non possiede liberamente il suo spirito, manca di limpidezza” e scegliendo di “godere la vita .. sottopone
sempre la sua vita a una condizione che, o sia al di fuori dell'individuo, o è nell'individuo ma in modo da non
essere posta per opera dell'individuo stesso”.
Risulta quindi evidente che una scelta autentica, capace di dare contenuto alla personalità, che Kierkegaard chiama
scelta etica, dovrà costituire un punto di riferimento, un progetto da realizzare capace di valorizzare la personalità.
Nella sua riflessione sulla scelta Kierkegaard, anche in questo per molti versi un precursore, ricollega quest’ultima al
concetto di angoscia. In “Il concetto dell’angoscia” egli distingue due tipi di angoscia: l’angoscia della possibilità e
l’angoscia della scelta. La prima, che risulta costitutiva dell’uomo in quanto essa segna il passaggio dall’innocenza alla
consapevolezza, nasce nel momento in cui prendiamo coscienza di essere una possibilità ovvero “un nulla che può
soltanto angosciare”, angoscia che esprime “la realtà della libertà come possibilità per la possibilità”52.
L’angoscia della scelta è invece legata alla condizione in cui avviene la scelta. Essa, infatti come nel caso paradigmatico
di Adamo, impegna il futuro di chi sceglie ma avviene nell’ignoranza poiché non si conoscono le conseguenze della
propria scelta e sotto la minaccia di una pena. Pena che per Adamo è rappresentata dalla cacciata dal paradiso terrestre e
che per noi è rappresentata dal terrore di perdersi, del dissolversi della nostra personalità.
Di fronte all’angoscia è possibile attuare due tentativi di fuga o scegliendo di non scegliere, l’esteta, o scegliendo ciò
che gli altri hanno scelto per noi, l’uomo sposato, ma soggiunge Kierkegaard “l'imparare a sentire l'angoscia, è un'avventura attraverso la quale deve passare ogni uomo, affinché non vada in perdizione, o per non essere mai stato in angoscia
o per essersi immerso in essa; chi invece imparò a sentire l'angoscia nel modo giusto, ha imparato la cosa più alta”.
Il tema della scelta tra modelli, progetti di vita è rintracciabile anche nell’opera di Nietzsche, per il quale la scelta
fondamentale è tra due modelli antropologici, l’uomo vincolato, autotormentato e l’oltreuomo. Lo spirito libero (vedi
paragrafo successivo), tesi l’uno a mortificare la vita e l’altro alla sua esaltazione.
Anche in questo caso vi è uno stretto legame tra scelta e angoscia, ma in Nietzsche l’angoscia non è tanto una
condizione in cui avviene la scelta quanto il frutto della scelta di abbandonare il modello imposto dalla società. Infatti il
passaggio dall’uno all’altro dei due modelli antropologici richiede, secondo Nietzsche, come condizione preliminare
l’abbandono delle false certezze su cui si fonda l’uomo cristiano che provoca smarrimento e angoscia il cui
superamento segna il passaggio ad un nuovo modo di essere dell’uomo.
Smarrimento e angoscia che sono così descritti dall’uomo folle che annuncia la morte di Dio, la quintessenza di tutte le
certezze dell’uomo cristiano:”Dove se n'è andato Dio? — gridò — ve lo voglio dire! Siamo stati, noi ad ucciderlo: voi e
io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino
all'ultima goccia? Chi ci dette la spugna per strusciar via l'intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra
dalla catena del suo sole? Dov'è che si muove ora? Dov'è che ci muoviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un
eterno precipitare? E all'indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e basso? Non stiamo forse
vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a
venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre
seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dei si
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decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi Io abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti
gli assassini? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i nostri
coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremo noi lavarci? Quali riti espiatori, quali giochi sacri
dovremo noi inventare? Non è troppo grande per noi la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare
dei, per apparire almeno degni di essa?”53
Il filosofo tedesco ritiene che la “svalorizzazione dei valori supremi”, inevitabile dopo la morte di Dio, sia il frutto di
un rafforzamento dello spirito, ovvero della personalità, che lo porta a prendere coscienza della falsità in cui crede. Tale
stato che si esprime come “una forza violenta di distruzione” viene da Nietzsche identificato come nichilismo attivo.
Nel caso in cui la scoperta delle falsità delle certezze in cui si era sinora creduto porti alla convinzione che non esistono
più valori, non vi sia più alcun senso, alcun fine da raggiungere l’uomo cade nel nichilismo passivo, dando luogo a” un
regresso della potenza dello spirito”.
La liberazione dalla costrizione e dalla sottomissione a una fede, una verità, un fine, un senso assoluta richiede infatti,
per Nietzsche, un’ ulteriore crescita della forza della personalità che porti l’uomo ad accettare di essere il costruttore dei
propri valori, fini, di essere lui stesso a dare un senso. In questa prospettiva l’abbandono delle false certezze diventa
l’acquisizione della libertà di progettare la propria vita, di” volere uno scopo”, di accettare”il rischio di dare a se stessi
un fine”.54
Così Nietzsche, parlando ancora della morte di Dio come personificazione delle false certezze, descrive lo stato di chi
si pone in questa prospettiva:” le sue conseguenze per noi, contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, non
sono per nulla tristi e rabbuianti, ma piuttosto come un nuovo genere, difficile a descriversi, di luce, di felicità, di
ristoro, di rasserenamento, di rincoramento, d'aurora... In realtà, noi filosofi e «spiriti liberi», alla notizia che il
vecchio Dio è morto, ci sentiamo come illuminati dai raggi di una nuova aurora; il nostro cuore ne straripa di riconoscenza, di meraviglia, di presentimento, d'attesa,.- finalmente l'orizzonte torna ad apparirci libero, anche
ammettendo che non è sereno, - finalmente possiamo di nuovo scioglier le vele alle nostre navi, muovere incontro a
ogni pericolo; ogni rischio dell'uomo della conoscenza è di nuovo permesso; il mare, il nostro mare, ci sta ancora aperto
dinnanzi, forse non vi è ancora mai stato un mare così aperto” 55 .
In Freud la scelta perde in parte i caratteri dell’unicità e dell’assolutezza, che aveva in Kierkegaard e in Nietzsche, per
diventare innanzitutto il frutto di una dinamica psicologica che tende a stabilire un equilibrio tra le diverse istanze della
personalità.
Infatti in “Il disagio della civiltà”egli sostiene che la felicità è innanzitutto legata all’energia libidica individuale che
secondo il principio del piacere ci impone, per essere felice, di essere soddisfatta. In queste condizioni la scelta per
giungere alla felicità sembra per Freud dipendere da tre fattori: 1 – dalla misura del reale soddisfacimento che
l’individuo può derivare dal mondo esterno. 2 – dalla misura in cui l’individuo è disposto a rendersi indipendente dal
mondo esterno. 3 – dalla forza che crede di avere per modificare il mondo esterno.
Il successo della scelta dell’individuo ” non è mai sicuro, dipende dal concorrere di molti fattori e, forse, soprattutto
dall'attitudine della costituzione psichica ad adeguare la sua funzione al mondo circostante e usarlo per trarne piacere”56.
Freud individua quindi una serie di costituzioni psichiche prevalenti che privilegiano ciascuna una determinata “tecnica
di vita”. Tale serie è così costituita: l’uomo erotico che privilegia i rapporti affettivi con gli altri; il narcisista che
privilegerà i rapporti con se stesso cercando “i soddisfacimenti essenziali nei suoi processi psichici interni”; l’uomo
d’azione che invece mette in primo piano il suo rapporto con il mondo esterno; nel caso in cui l’individuo non riesca a
incanalare le proprie pulsioni che lo spingono a privilegiare gli altri, se stesso o la realtà esterna allora gli si presentano
altre tre ” tecniche di vita” che costituiscono altrettante costituzioni psichiche: il nevrotico che sceglie una “tecnica di
vita” che “gli promette se non altro soddisfacimenti sostitutivi”; l’intossicato che si procura piacere tramite
l’intossicazione; lo psicotico che rappresenta “un disperato tentativo di rivolta”.
La tecnica utilizzata dal nevrotico consiste nel deformare la realtà secondo i propri desideri al fine di giungere ad un
appagamento illusorio di essi. Tale tecnica è, per Freud, la stessa che viene utilizzata dalla religione e “ consiste nello
sminuire il valore della vita e nel deformare in maniera delirante l'immagine del mondo reale, cose queste che
presuppongono l'avvilimento dell'intelligenza. A questo prezzo, mediante la fissazione violenta a un infantilismo psichico
e la partecipazione a un delirio collettivo, la religione riesce a risparmiare a molta gente la nevrosi individuale. Ma niente di
più.”57 (vedi anche pag. 13)
Nella filosofia del novecento le problematiche della riflessione di Kierkegaard, riprese, come abbiamo già detto, da
fenomenologia, esistenzialismo e dalla Scuola di Francoforte, sono state, soprattutto dalle prime due, legate al problema
del tempo all’interno del quale si situano le nostre scelte e quindi i nostri progetti e la nostra libertà.
Infatti il tempo, imponendo la causalità del prima sul dopo, ci pone nella condizione di dover progettare il nostro
futuro, di dover scegliere avendo alle spalle un passato che in qualche modo, più o meno determinante, ci condiziona.
Il rapporto passato-scelta-futuro pone l’uomo in una condizione tragica ma anche di responsabilità poiché “ progetto
proprio perché a questa tragicità oppongo la possibilità di una positività, che è il mutamento di ciò che è, che io attuo
nel protendermi verso il futuro. Progetto, libertà e condizione si articolano dunque mentre io avverto questa
connessione di strutture del mio agire secondo una dimensione di responsabilità. In altri termini dunque l'essere io
situato in una dimensione temporale fa si che avverta la gravità e la difficoltà delle mie decisioni, ma che avverta in pari
tempo il fatto che devo decidere, che sono io a dover decidere e che questo mio decidere si collega a una serie indefinita
di dover-decidere che coinvolge tutti gli altri uomini”58.
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Negli autori della Scuola di Francoforte la tematica della scelta è affrontata soprattutto in negativo sottolineando la
perdita, all’interno delle società tecnologicamente avanzate, della capacità di scelta che viene delegata dall’individuo al
sistema.
Così, ad esempio, Horkheimer osserva che mentre l’imprenditore indipendente tipico delle prime fasi
dell’industrializzazione conservava una sua capacità decisionale e progettuale in una prospettiva che andava oltre la
propria esistenza personale perchè la sua impresa sarebbe stata trasmessa in eredità ai suoi figli, nelle società
contemporanee “l'uomo comune trova sempre più difficile fare progetti non solo per i suoi eredi ma persino per il proprio
lontano futuro. All'individuo contemporaneo si offrono forse più possibilità che ai suoi avi, ma le sue prospettive concrete sono a
scadenza sempre più breve. Le sue decisioni non hanno più di mira un futuro ben preciso nella sua mente”, mentre le funzioni
decisionali e progettuali “ vengono svolte oggi dalle grandi forze economiche e sociali. Il futuro dell'individuo dipende sempre
meno dalla sua prudenza e sempre più dalle lotte nazionali e internazionali dei colossi del potere. L'individualità ha perso la
sua base economica.”59.
Adorno scopre questa incapacità di scegliere caratteristica dell’uomo contemporaneo anche nei piccoli gesti quotidiani come il
dono. Scrive infatti: “La vera felicità del dono è tutta nell'immaginazione della felicità del destinatario: e ciò significa
scegliere, impiegare tempo, uscire dai propri binari, pensare l'altro come un soggetto: il contrario della smemoratezza. Di
tutto ciò quasi nessuno è più capace”.
Al posto di scegliere il dono che costa fatica, tempo, ci impegna a riconsiderare l’altro, il nostro rapporto con lui possiamo
allora affidarci alla “penosa invenzione degli articoli da regalo, che presuppongono già che non si sappia che cosa regalare,
perché, in realtà, non si ha nessuna voglia di farlo. Queste merci sono irrelate come i loro acquirenti: fondi di
magazzino fin dal primo giorno”.
L’effetto di questa rinuncia a scegliere, della delega al sistema è ancora una volta l’impoverimento della
personalità. Di coloro che hanno perso la capacità di donare Adorno scrive che “ Un gelo afferra tutto ciò che
essi fanno, la parola gentile che resta non detta, l'attenzione che non viene praticata. Questo gelo si ripercuote, da ultimo,
su coloro da cui emana” 60.
IL DIVERSO:UN POSSIBILE MODELLO DI PERSONALITA’ NON CONSONA AL SISTEMA
Finora abbiamo evidenziato un solo tipo di personalità, quella consona al sistema in quanto presenta la struttura del
carattere voluta dal processo sociale ed utile a integrarsi in esso, ma la scelta implica la possibilità di indicare una tra
più alternative, occorre quindi esaminare la possibilità e le caratteristiche di un modello di personalità non consono al
sistema.
Anche di questa tipologia di personalità è possibile rintracciare, negli stessi autori a cui abbiamo finora fatto
riferimento, diversi modelli61. Tra questi:
Lo spirito libero di Nietzsche
Nietzsche ha voluto essere il profeta di un nuovo modello antropologico che egli ha indicato come l’oltre-uomo in
quanto vuole essere il superamento del modello di uomo finora prevalente. Tuttavia l’oltre-uomo, più che un modello
di personalità non consono al sistema, potrebbe essere pensato come il modello di una futura umanità che vive in una
società liberata .
Senza voler approfondire il discorso dell’interpretazione politica del pensiero del filosofo tedesco è possibile
individuare nei suoi testi una figura, che in parte si sovrappone con quella dell’oltre-uomo, che meglio sembra
descrivere la nostra situazione, ovvero la figura dello spirito libero.
In un aforisma lo stesso Nietzsche contrappone lo spirito libero allo spirito vincolato che abbiamo preso come modello
di personalità consono al sistema. Scrive Nietzsche: “Si chiama spirito libero colui che pensa diversamente da come, in
base alla sua origine, al suo ambiente, al suo stato e ufficio o in base alle opinioni dominanti del tempo, ci si
aspetterebbe che egli pensasse. Egli è l’eccezione, gli spiriti vincolati sono la regola”. Il distacco dal proprio ambiente,
la diversità rispetto a ciò che è prevalente è dunque ciò che distingue lo spirito libero, tant’è che più avanti nello stesso
testo Nietzsche scrive che:” non appartiene all’essenza dello spirito libero che egli abbia opinioni più giuste, ma
piuttosto che egli si sia staccato dalla tradizione, sia con fortuna sia con insuccesso. Di solito, comunque, egli avrà dalla
sua parte la verità o almeno lo spirito di ricerca della verità: egli esige ragioni, gli altri fede”62 .
Tale diversità deve, secondo Nietzsche, essere affermata anche nei comportamenti della vita quotidiana in quanto il
conformarsi anche solo in qualche circostanza,ai comportamenti, alle regole dominanti finisce per rafforzarle.
Infatti, “agire, anche una sola volta, nelle faccende del costume, contro il proprio giudizio migliore; sottomettersi, a
questo riguardo, nella prassi, e riservarsi la libertà spirituale; agire come tutti e con ciò rendere a tutti una cortesia e un
beneficio per così dire a compenso del non conformismo delle nostre opinioni: tutto questo, presso molti uomini abbastanza
liberi d'idee, è considerato non soltanto non pericoloso, ma anche «onesto», «umano», «tollerante», «non pedantesco»,
o comunque suonino le belle parole con le quali si canta la ninna-nanna alla coscienza intellettuale perché si addormenti. E così c'è chi, pur essendo ateo, fa battezzare cristianamente il suo bambino, e chi va sotto le armi, come tutti
gli altri, per quanto maledica grandemente l'odio tra i popoli, chi corre in chiesa con una femminuccia perché lei ha
una parentela di gente devota, e fa la sua promessa davanti a un prete, senza vergognarsi. «Non è essenziale, se anche
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uno di noi fa quello che tutti fanno e hanno sempre fatto» - così si esprime il pregiudizio grossolano ! I1 grossolano errore
! Poiché non c'è niente di più essenziale del fatto che ancora una volta sia riaffermato, attraverso l'azione di un uomo
riconosciuto come razionale, quanto è già potente, tradizionale, e irrazionalmente riconosciuto: in tal modo esso
riceve, agli occhi di tutti coloro che hanno notizia di questo fatto, la sanzione della ragione stessa. Tutto il rispetto per le
vostre opinioni ! Però piccoli atti anticonformisti hanno più valore!”63.
L’affermazione della diversità comporta per lo spirito libero il rischio della solitudine, infatti, scrive ancora Nietzsche ,
“Non crediate che vi esorti allo stesso rischio ! O anche alla stessa solitudine ! Chi va infatti per queste vie tutte sue,
non incontra nessuno: è questo che comportano le «vie tutte nostre». Non viene nessuno a dargli manforte, nello
stato in cui si trova; di ogni pericolo, caso, scelleratezza, maltempo in cui s'imbatte, deve venire a capo da solo. Ha
appunto per sé la sua via - e, com'è giusto, la sua amarezza, il disgusto che prova, in certi momenti, per questo «per
sé»: a tutto ciò s'accompagna, per esempio, la consapevolezza che perfino i suoi amici non possono indovinare dove
egli sia, dove vada, e talvolta si domanderanno «come? è ancora in cammino? ha ancora una strada?”64.
Solitudine che in quanto segno della propria diversità viene vissuta con orgoglio, ricercata; egli afferma, ad esempio,
“Noi <spiriti liberi> viviamo sulla terra isolati e sparsi qua e là - ciò non si può cambiare; siamo pochi, e questo è
giusto. Fa parte del nostro orgoglio pensare che il nostro tipo è raro e strano; e non ci accalchiamo gli uni addosso agli
altri, forse neanche <ci struggiamo> per stare gli uni con gli altri. Certo, se una volta ci incontriamo, come oggi, allora
si fa festa!”65.
Esemplificativo del distacco dello spirito libero dalla tradizione, dalle opinioni prevalente, quindi della sua diversità, è il
suo rifiuto della morale del gregge, ovvero della morale fondata sull’utilità generale quindi su ciò che è utile per il
sistema. A tale morale, che “offre in olocausto allo stato, alla scienza” il singolo, lo spirito libero contrappone una
morale che vuole” fare di sé una persona completa e tener presente in ogni cosa che si faccia il più alto bene di essa”, una
morale quindi che ponga al centro non più il sistema ma l’individuo, che valorizzi la personalità, che restituisca al
singolo la responsabilità delle proprie scelte. Scrive infatti Nietzsche: “Quello che conta è solo che cosa si intenda per
proprio vantaggio; è chiaro che l'individuo immaturo, incivile, rozzo, lo intenderà anche nel modo più rozzo” 66.
Un’ultima dimensione esistenziale dello spirito libero, accanto alla diversità e alla solitudine, è sicuramente
costituita dal senso di libertà che egli prova quando si rende conto della possibilità di poter essere lui stesso a
progettare la propria vita, a determinare i propri fini. Dimensione che il filosofo rende in questo modo in un
aforismo che abbiamo già citato:”finalmente l'orizzonte torna ad apparirci libero, anche ammettendo che non è
sereno, - finalmente possiamo di nuovo scioglier le vele alle nostre navi, muovere incontro a ogni pericolo; ogni rischio
dell'uomo della conoscenza è di nuovo permesso; il mare, il nostro mare, ci sta ancora aperto dinnanzi, forse non vi è
ancora mai stato un mare così aperto” 67.
L’Io forte di Freud
Freud ha affermato che l’obiettivo della terapia psicoanalitica è quello di “rafforzare l'Io, di renderlo più indipendente
dal Super-io, di ampliare il suo campo percettivo e perfezionare la sua organizzazione, così c he possa annettersi
nuove zone dell'Es. Dov'era l'Es, deve diventare l'Io” 68.
Considereremo tale obiettivo, il rafforzamento dell’Io, la caratteristica essenziale del modello di personalità
non consono al sistema che è possibile estrapolare dalle opere del pensatore viennese.
Come abbiamo detto nel paragrafo “L’origine dello schema”, nella prospettiva freudiana le dinamiche della personalità
dipendono dalle relazioni tra le tre parti della personalità; infatti, l’Io deve riuscire a conciliare le esigenze della realtà
con i bisogni pulsionali (l’Es) e con le regole morali interiorizzate (il Super-io). La debolezza dell’Io si manifesta
nell’impossibilità di riuscire a conciliare queste esigenze e si esprime attraverso l’angoscia che Freud definisce “reale”
se provocata dalla realtà esterna, “morale” se causata dal Super-io e “nevrotica” se originata dall’Es.
Per esemplificare ciò che significa rafforzare l’Io possiamo ricorrere ancora una volta a quanto Freud ha scritto a
proposito delle religioni. In “L’avvenire di un’illusione” egli sostiene che il superamento delle religioni potrà avvenire
“sostituendo le conseguenze della rimozione con i risultati del lavoro razionale della nostra mente” come avviene nel
trattamento psicoanalitico delle nevrosi. Infatti i dogmi religiosi più che il frutto di una elaborazione razionale debbono
essere considerati come l’appagamento di un desiderio inconscio che deriva dalla “terribile impressione di impotenza del
bambino (che) ha fatto sorgere il bisogno di protezione - protezione tramite l'amore - cui il padre ha provveduto; il
riconoscimento del perdurare di tale impotenza nel corso dell'intera vita ha causato il mantenimento dell'esistenza di un
padre, questa volta tuttavia più potente”. Freud propone quindi uno stretto rapporto fra l'esperienza psicologica del
bambino nei confronti del proprio padre e l'esperienza degli uomini nei confronti di Dio, che con la sua onnipotenza
elimina le angosce e le insicurezze umane. Le religioni rappresentano “un’illusione, una formazione di desiderio” che,
come nei deliri, comporta una deformazione dell’immagine della realtà, attraverso l’introduzione della divina
provvidenza e della credenza in un ordine morale universale, che consente di attenuare l’angoscia di fronte ai pericoli
della vita e di appagare le esigenze di giustizia. Da questo punto di vista le religioni appaiono a Freud come “la nevrosi
ossessiva dell’umanità” sviluppatesi perché ” l’umanità nel suo insieme è incorsa in stati che sono analoghi alle
nevrosi, … poiché nelle epoche della sua ignoranza e debolezza intellettuale ha compiuto la rinuncia pulsionale
(indispensabile all'umana vita associata) solo tramite forze puramente affettive (ovvero inconsce”).
Il superamento della religione richiede, secondo Freud, due condizioni, la prima di ordine psicologico, ovvero un Io forte, la
seconda di ordine sociale che comporta una modifica, non più illusoria ma reale, del mondo esterno.
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L’abbandono della religione richiede un Io forte, capace di “fare a meno del conforto dell’illusione religiosa e di sopportare
la crudele realtà per cui “l'uomo si troverà certamente in tal caso in una situazione difficile, dovrà confessare a sé medesimo la
propria totale impotenza, la propria irrilevanza nella compagine dell'universo, cesserà di essere il centro della
creazione, l'oggetto della tenera sollecitudine di una Provvidenza benigna. Sarà nella stessa situazione del bambino che ha
abbandonato la casa paterna in cui si sentiva così al caldo e tanto a proprio agio. Ma l'infantilismo non è forse destinato ad essere
superato? L'uomo non può rimanere sempre bambino, deve alla fine avventurarsi nella «vita ostile». Questa può venir
chiamata l'«educazione alla realtà»69”.
In base a quanto abbiamo detto prima è inoltre possibile caratterizzare il rapporto dell’Io forte con il mondo esterno.
Infatti, come già abbiamo visto nel paragrafo “La scelta”, le possibilità di essere felice dell’individuo dipendono,
secondo Freud, oltre che dalla realtà esterna da un atteggiamento che richiede all’individuo di rendersi indipendente
dal mondo esterno di essere in grado di modificarlo. Indipendenza che può giungere alla rivolta che Freud vede come
la risposta alternativa alla nevrosi e all’infelicità di fronte alle eccessive pretese repressive della società (vedi” I
modelli di personalità consona al sistema” – “L’uomo nevrotico”).
Freud riconosce però che per rafforzare l’Io, la personalità, occorre anche modificare la realtà esterna in modo da poter
“riconciliare gli uomini con la civiltà”. Da questo punto di vista appare innanzitutto necessario ammettere che molte
delle norme civili, delle regole che la società ci impone possano essere eliminate. In questo modo Freud riconosce che le pretese
della civiltà sono eccessivamente repressive per l’individuo e che una loro eventuale mitigazione indebolendo le eccessive pretese
del Super-io favorirebbe un rafforzamento dell’Io che, come già sappiamo (vedi “I mezzi del condizionamento”), viene indebolito
dalla disapprovazione del Super-io.
La riconciliazione degli uomini con la civiltà richiede inoltre, secondo Freud, una società più giusta in quanto” fino a quando
la virtù non sarà premiata sulla terra l'etica predicherà invano. Sembra anche a me indubitabile che un reale
mutamento nei rapporti dell'uomo con la proprietà gioverà in questo senso più di qualsiasi comandamento etico;
ma fra i socialisti questa intuizione viene oscurata e resa inservibile agli effetti pratici da nuovi misconoscimenti
idealistici circa la natura umana 70 ”.
Occorre infine sottolineare che Freud, benché ritenga che la repressione delle pulsioni da parte della società sia
attenuabile e che il rapporto individuo-società possa essere migliorato, pensa comunque che sia impossibile la
completa abolizione di ogni coercizione e repressione delle pulsioni e, quindi, la felicità piena
dell'individuo.
Marcuse rifiutando questa “equiparazione tra repressione e civiltà” ha proposto una revisione delle teorie freudiane dal
momento che i concetti freudiani non consentono di distinguere “tra le vicissitudini biologiche degli istinti e le
vicissitudini storico-sociali”. Infatti occorre distinguere tra una “repressione di base”, costituita “dalle «modificazioni»
agli istinti strettamente necessarie per il perpetuarsi della razza umana nella civiltà”, e una ” repressione addizionale” resa
necessaria per mantenere il dominio sociale, ovvero il dominio che “viene esercitato da un gruppo particolare o da un
individuo particolare allo scopo di mantenersi e rafforzarsi in una posizione privilegiata”. Allo stesso modo, secondo
il filosofo della Scuola di Francoforte, occorre distinguere tra il principio di realtà, che caratterizza il piano biologico,
dal principio di prestazione, che rappresenta la forma storica assunta nella società occidentale dal principio di realtà.
Mentre questo ultimo comporta, in generale, la rinuncia e il differimento dei piaceri connessi alla soddisfazione
delle pulsioni libidiche, le quali potrebbero avere conseguenze distruttive per gli uomini, il principio di prestazione
determina una stratificazione all’interno della società secondo le prestazioni economiche fornite da cia scuno dei
suoi membri. Esso è dunque specifico di una situazione, nella quale vige un regime di concorrenza economica e
s'impone una divisione del lavoro.
Secondo Marcuse l’eliminazione del dominio sociale, del dominio dell’uomo sull’uomo, potrebbe portare
all’eliminazione della repressione addizionale necessaria per mantenere tale dominio, “per esempio”, scrive Marcuse,”
le modifiche e le deviazioni dell'energia istintuale rese necessarie dal perpetuarsi della famiglia patriarcalemonogamica o da una divisione gerarchia del lavoro o dal controllo pubblico dell'esistenza privata dell'individuo, sono
esempi di una repressione addizionale propria alle istituzioni di un particolare principio della realtà. Esse si
aggiungono alle restrizioni fondamentali (filogenetiche) degli istinti, che segnano lo sviluppo dell'uomo da animale
umano a animal sapiens”. Dal momento che la liberazione dalla repressione addizionale risulta correlativa alla
liberazione dell’eros, “l'eliminazione della repressione addizionale tenderebbe di per sé a eliminare non il lavoro, ma
la organizzazione dell’esistenza umana in uno strumento di lavoro. Se questo è vero, il sorgere di un principio
della realtà non repressivo altererebbe ma non distruggerebbe l'organizzazione sociale del lavoro: la liberazione
dell'Eros potrebbe creare nuovi e duraturi rapporti di lavoro”71.
Lo spirito critico (colui che resiste) della Scuola di Francoforte
Horkheimer in “Eclisse della ragione” ha scritto: “ I veri individui del nostro tempo sono i martiri che passarono
attraverso inferni di sofferenze e di degradazione nella loro lotta contro la conquista e l'oppressione; non già i personaggi,
gonfiati dalla pubblicità, della cultura popolare. Quegli eroi, che nessuno ha cantato, esposero consapevolmente la loro
esistenza individuale alla distruzione che altri subiscono senza averne coscienza, vittime dei processi sociali. I martiri
anonimi dei campi di concentramento sono i simboli dell'umanità che lotta per venire alla luce. Il compito della filosofia
sta nel tradurre ciò che essi hanno fatto in parole che gli uomini possano udire, anche se le loro voci mortali sono state ridotte
al silenzio dalla tirannia.”
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Ciò che rende “vero individuo”, vale a dir nei nostri termini ciò che fa una persona non consona al sistema, è dunque la
coscienza, la consapevolezza: “esposero consapevolmente la loro esistenza individuale alla distruzione che altri subiscono
senza averne coscienza, vittime dei processi sociali”
Consapevolezza che nasce dalla presa di coscienza che “l’insopportabile pressione esercitata dalla società sull’uomo
non è inevitabile”, in quanto non è determinata dall’inevitabile esigenza di collaborare per produrre ciò di cui abbiamo
bisogno, bensì dalla particolare struttura sociale creata dall’attuale modo di produrre.
Tale presa di coscienza ha a sua volta origine da un atto di rivolta nei confronti del sistema che si esprime nella
“rabbia che prende l’individuo quando acquista coscienza di un desiderio non «integrato» e non inquadrabile negli
schemi esistenti”, il quale è il” sintomo di uno scontento che cova sotto la cenere”. Questa rabbia, destinata a diventare
capacità di critica, “se venisse meno la repressione, si svolgerebbe contro tutto l'ordine sociale, che ha un'intrinseca
tendenza ad impedire ai suoi membri di capire a fondo i meccanismi della repressione esercitata su di loro”72.
Diventare consapevole dei meccanismi della repressione che il sistema esercita costruisce dunque l’atto di nascita
dell’individualità, ovvero della personalità non funzionale al sistema.
Tale consapevolezza è resa particolarmente difficile, secondo Marcuse, dalla “manipolazione dei bisogni da parte di
interessi costituiti”. Infatti, se la necessità di soddisfare i propri bisogni vitali è ciò che lega gli uomini alla società, il
bisogno di soddisfare i falsi bisogni, che la società industriale contemporanea crea, è ciò che li sottomette a un sistema
che riduce l’uomo a un mezzo degli “interessi costituiti”. Il piacere che l’individuo prova a soddisfare i falsi bisogni,
quali “il bisogno di rilassarsi, di divertirsi, di comportarsi e di consumare in accordo con gli annunci pubblicitari, di
amare e odiare ciò che altri amano e odiano”, costituisce, per Marcuse, una “soddisfazione repressiva” sulla quale si
fonda “la repressione addizionale” esercitata dalla società (vedi sopra “L’Io forte di Freud”). Per questo Marcuse scrive
che:” Per ogni consapevolezza e coscienza, per ogni esperienza che non accetti l'interesse sociale prevalente come la
legge suprema del pensiero e della condotta, l'universo costituito dei bisogni e delle soddisfazioni è un fatto che va
posto in questione - posto in questione in termini di verità e falsità … Ogni liberazione dipende dalla coscienza della
servitù, e l'emergere di questa coscienza è sempre ostacolato dal predominare di bisogni e soddisfazioni che sono
divenuti in larga misura quelli propri dell'individuo. In ogni caso il processo costituisce un sistema di
precondizionamento con un altro; lo scopo ideale è la sostituzione di bisogni falsi da parte di bisogni veri,
l'abbandono della soddisfazione repressiva”73.
Abbandonando i falsi bisogni e la ricerca della “soddisfazione repressiva“, la consapevolezza si trasforma in “capacità
di resistenza”, la quale caratterizza la personalità non consona al sistema in quanto opposta alla rassegnazione propria
dell’”uomo rassegnato”, prodotto tipico del sistema (vedi “I modelli di personalità consona al sistema”).
La resistenza si esprime innanzitutto come opposizione all’irrazionalità del sistema, e quindi come critica della società
presente alla luce di una futura umanità libera e disalienata, in modo da superare la tendenza del sistema “ad impedire
ai suoi membri di capire a fondo i meccanismi della repressione esercitata su di loro”. Il modello utopico della futura
umanità libera e disalienata funge da stimolo allo smascheramento delle irrazionalità e delle contraddizioni del sistema, ed
è sicuramente questa la forza del sogno di cui abbiamo parlato a proposito della figura dell’ “operaio assimilato” in “I
modelli di personalità consona al sistema”.
Sogno, utopia che non possono indicare le nuove forme di società e di personalità, “poiché equivarrebbero alla
negazione dei modi che ora prevalgono”, ma che consentono all’individualità di resistere, di opporsi alle spinte
repressive esercitate su di lei dalla società.
La necessità di una presa di coscienza perché possa emergere un’opposizione al sistema e quindi una prima
affermazione dell’individualità nella resistenza all’oppressione è alla base dell’analisi, già citata, di Eco del mito di
Superman come modello di uomo eterodiretto.
Eco analizzando il mondo morale di Superman evidenzia come il nostro eroe utilizzi i suoi super poteri esclusivamente
a fin di bene, ma identifichi il bene in una dimensione che fa consistere “la virtù in tanti piccoli atti parziali , mai in una
presa di coscienza totale”74.
Infatti, in primo luogo, pur dotato di poteri tali che gli permettono, ad esempio, di raggiungere altre galassie e che
quindi potrebbero contribuire a risolvere i problemi del mondo, la fame, la desertificazione o le catastrofi naturali,
Superman limita la sua azione alla piccola comunità in cui vive, la città di Metropolis. Inoltre l’unica forma che il male
assume nel suo mondo è quello del furto, ovvero dell’attentato alla proprietà privata, essendo occupato quasi
esclusivamente a dare la caccia a svaligiatori di banche e rapinatori di furgoni postali in un mondo in cui “ogni autorità
è fondamentalmente buona e incorrotta, ogni malvagio è tale alle radici, senza speranza di redenzione”. Infine il bene si
configura esclusivamente come carità, dal momento che Superman impiega le sue enormi energie unicamente per
organizzare spettacoli di beneficenza per raccogliere denaro per orfani e poveri.
In tale modo Superman si presenta come “un perfetto, esempio di coscienza civile completamente scissa dalla coscienza
politica” e quindi incapace di “ una presa di coscienza totale”. Tale presa di coscienza implicherebbe infatti, in qualche
modo, un primo distacco dal sistema.
Hanno collaborato …
La relazione è il frutto di una parte dell’attività didattica svolta dalla classe 5 D nel corso dell’anno scolastico 2004-05
e come tale è debitrice delle idee emerse durante la discussione in classe dei brani antologici di riferimento e nelle
15
relazioni individuali. Pur non essendo chiaramente possibile ricostruire una mappa di tutti i singoli apporti voglio
comunque evidenziare alcuni contributi legati soprattutto alle ultime due versioni della relazione.
In questo senso hanno contribuito alla redazione dei singoli paragrafi:
L’origine dello schema: Andrea G., Andrea R., Fabrizio P., Giovanni B., Lorenzo P., Serena G.
Dinamiche sociali, ideologie, personalità consona al sistema: Fabrizio P., Sara C., Stefania O.
I modelli di personalità consona al sistema: Andrea G., Andrea R., Carlo G., Claudia S., Fabio G., Fabrizio P.,
Gabriele T., Giovanni B., Marco D., Sara C., Sara B., Serena G., Stefania O.
I mezzi del condizionamento: Claudia S., Fabio G., Gabriella R., Giovanni B., Lorenzo P., Manuela B., Marco D.,
Stefania O.
La scelta: Andrea R., Carlo G., Fabrizio P., Giovanni B., Manuela B., Serena G.
Il diverso: un possibile modello di personalità non consona al sistema: Andrea R., Fabrizio P., Giovanni B., Gabriele
T., Lorenzo P., Sara C., Serena G., Stefania O.
E. Fromm, “Fuga dalla libertà: una spiegazione psicologica dell’adesione delle masse ai regimi fascisti.”, da “Fuga
dalla libertà”, sito, pag. 11
10
Idem, pag. 10-11
11
Idem, pag. 9
12
Idem, pag. 10
13
Idem
14
Idem, pag. 9
15
Idem, pag. 5
16
Idem, pag. 8
9
“Fuga dalla libertà” ( 1941) fu pubblicato da E. Fromm (1900-1980) negli Stati Uniti d’America, dopo che i principali esponenti
della Scuola di Francoforte erano dovuti fuggire dalla Germania a causa della salita al potere di Hitler .
7 A.R. Lurija ,“L’attività cosciente dell’uomo e le sue radici storiche” da “Corso generale di psicologia”, sito, pag. 1
8 K. Marx, “Attività materiali e produzioni spirituali” da “L’ideologia tedesca”, in “Il materialismo storico”, sito, pag. 1
17 E. Fromm, Lutero e Calvino, sito, pag. 2
18 S. Freud “La struttura della personalità: Super-Io, Es, Io” da “Introduzione alla psicoanalisi”, sito, pag. 1
19 Idem, pag. 3
20 K. Marx “La concezione materialistica della storia” da “Per la critica dell’economia politica”, in Il materialismo, sito, pag. 1
21 F. Nietzsche “La critica alla civiltà occidentale e al tipo di uomo da essa prodotta”, sito, pag. 1
22 Idem
23 Idem, pag. 2
24
S. Freud, “Il disagio della civiltà”, da “Il disagio della civiltà”, sito, pag. 1
25 idem
18 E. Eco, “Il mito di Superman”, da “Apocalittici e integrati”, sito, pag. 9
19 idem, pag. 1
20 idem, pag. 6
21 vedi nota 4
22 Ad esempio, per restare ai soli autori utilizzati come riferimento, l’elenco potrebbe comprendere anche “l’homo oeconomicus” di
Marx, sovrastato dal potere sociale ovvero dalla “forza produttiva moltiplicata che ha origine attraverso la cooperazione dei diversi
individui,” e che “appare a questi individui, poiché la cooperazione stessa non è volontaria ma naturale, non come il loro proprio
potere unificato, ma come una potenza estranea, posta al di fuori di essi, della quale essi non sanno donde viene e dove va, che quindi
non possono più dominare e che al contrario segue una sua propria successione di fasi e di gradi di sviluppo la quale è indipendente
dal volere e dall'agire degli uomini e anzi dirige questo volere e agire”. (Vedi K. Marx “Il comunismo come riappropriazione delle
forze estraniate dell’umanità”, da “L’ideologia tedesca”, sito, pag. 1).
23 F. Nietzsche, La critica, pag. 1
24 idem. pag. 2
25 Idem, pag. 3
26 Freud, Il disagio, pag. 2
27
S. Freud, “Psicoanalisi e religione”, sito, pag. 3
28 Idem, pag. 2
29 vedi “Dinamiche sociali, ideologie, personalità consona al sistema”
30 vedi Eco, Superman, pag. 4
31 idem, pag. 6
32 idem, pag. 1
33 T.W. Adorno, “Meditazioni della vita offesa” da “Minima moralia”, sito, pag. 1
34 M. Horkheimer, “Trionfo e decadenza dell’individuo” da “Eclisse della ragione”, sito, pag. 2
35 H. Marcuse, “Eros e civiltà” da “Eros e civiltà”, sito, pag. 2
37 Marcuse, Eros, pag. 4
36 Horkheimer, Trionfo e decadenza , pag. 1
38 Horkheimer, Trionfo e decadenza , pag. 2
39 Per quanto riguarda le vicende biografiche di Bartolomeo Vanzetti si può vedere, ad esempio, il libro di A. Gedda (a cura di),
“Gridatelo dai tetti. Autobiografia e lettere di Bartolomeo Vanzetti”, Fusta Editore, Saluzzo, 2005 o il film di G. Montaldo “Sacco e
Vanzetti”, 1971
40 Nietzsche, La critica, pag. 3
6
16
41
Freud, La struttura, pag. 1
E. Fromm, “Individuo e società” da “Studi sull’autorità e sulla famiglia”, in Adorno, Meditazioni, pag. 2
43 L’espressione è di U. Eco
44 Adorno, Meditazioni, pag. 1
45 Horkheimer, Trionfo e decadenza , pag. 1
46 Adorno, Meditazioni, pag. 1
47 Imaginary tales, ovvero storie che vengono presentate al lettore come immaginarie e che raccontano cosa sarebbe accaduto se, ad
esempio, Superman si fosse sposato. Untold tales, ovvero la ripresa di avvenimenti già raccontati per aggiungere qualcosa che “si era
dimenticato”.
48 Eco, Superman,, pag. 5
49 Il piacere della ridondanza è legato al fatto che il lettore si trova di fronte a uno schema fisso che si ripete (tipico il caso del
romanzo giallo) e che quindi non gli pone alcun problema di ricezione delle informazioni.
50 Eco, Superman, pag. 7-8
51 Questa come le seguenti citazioni sono tratte da S. Kierkegaard, da “Aut-aut”, in “La scelta – L’angoscia”, sito, pag. 1-2
52 Queste come le seguenti citazioni sono tratte da S. Kierkegaard, “Il concetto dell’angoscia”” in La scelta, sito, pag. 2-3
53 F. Nietzsche “L’annuncio della morte di Dio”, sito, pag. 1
54 Vedi F. Nietzsche “Nichilismo”, sito, pag. 1
55
Nietzsche, L’annuncio, pag. 1
56 Freud, Psicoanalisi e religione, pag. 3
57 idem
58 Eco, Superman, pag. 4
59 Horkheimer, Trionfo e decadenza , pag. 1
60 Adorno, Meditazioni, pag. 1
61 Anche questo elenco non può essere considerato completo in quanto, ad esempio, non comprende l’uomo religioso di Kierkegaard,
per il quale la fede in Dio diventa la molla per andare oltre i valori condivisi dalla generalità dei membri della società in cui vive,
come è esemplificato dalla figura biblica di Abramo che per volere divino accetta di sacrificare il figlio Isacco.
62 Nietzsche, Nichilismo, pag. 2
63 Nietzsche, La critica, pag. 3
64 Nietzsche, Nichilismo, pag. 2
65 Nietzsche, La critica, pag. 1
66 Idem, pag. 3
67 Nietzsche, L’annuncio, pag. 1
68 Freud, La struttura, pag. 3
69 Freud, Psicoanalisi e religione, pag. 1 e2
70 Freud, Il disagio, pag. 2
71 Marcuse, Eros, pag. 1 e 2
72 Horkheimer, Trionfo e decadenza
73 Marcuse, Eros, pag. 2 e 3
74 Questa come le seguenti citazioni sono tratte da Eco, Superman, pag. 9
42
17