FIBROMI UTERINI Il fibroma, o fibroleiomioma, è un tumore benigno che origina dal tessuto muscolare uterino. E’ uno dei più comuni tumori dell’intero organismo: studi clinici segnalano un’incidenza del 25-30% nella popolazione femminile in età fertile, con ricorrenza maggiore dopo i quarant’anni e nelle donne di colore. 1.1 EZIOLOGIA L’eziologia di questa lesione è sconosciuta: le teorie più accreditate sono quella endocrina, e quella genetica. Secondo la prima alla base del fibromioma vi sarebbe uno squilibrio endocrino di tipo iperestrogenico; l’elevato tasso di estrogeni (all’interno del mioma c’è un numero di recettori per l’estradiolo superiore a quello del miometrio circostante) determinerebbe un aumento della moltiplicazione cellulare favorendo, così, l’insorgenza e lo sviluppo della lesione tumorale stessa. Questa ipotesi è supportata dall’osservazione di un rapido accrescimento di fibromi in gravidanza o in perimenopausa, dell’ azione frenante esercitata dagli analoghi del GnRH e dal progesterone, e della frequente associazione con l’iperplasia endometriale. La seconda teoria attribuisce un ruolo importante alla predisposizione genetica. Circa il 50% dei miomi è citogeneticamente anormale; si tratta di tumori monoclonali che derivano da una mutazione somatica in un miocita progenitore. Le più frequenti anomalie cromosomiche sono le traslocazioni tra i bracci lunghi dei cromosomi 12 e 14 (nel 20% dei casi) e le delezioni sul braccio lungo del cromosoma 7 (15% dei casi). Il volume e la sede dei tumori sembrano essere in relazione al tipo e alla frequenza delle anomalie cromosomiche presenti nel tumore stesso. Il diametro medio rilevato in caso di traslocazione è di 4.1 cm, mentre in caso di delezione è 10.8 cm. Poiché ciascun fibroma deriva da una unica e indipendente mutazione in una cellula progenitrice, il rischio di recidiva dopo miomectomia per fibroma solitario è basso, mentre è elevato in caso di fibromi multipli, probabilmente per una predisposizione genetica. I miomi sottomucosi sembrano avere meno anomalie citogenetiche (12%) rispetto agli intramurali (35%) o ai sottosierosi (29%). 1.2 CLASSIFICAZIONE I fibromiomi nel 95% dei casi si localizzano a livello del corpo uterino. In base alla sede possono essere: - intramurali: si sviluppano nel miometrio e possono modificare la forma dell’utero; - sottosierosi: si sviluppano sotto la sierosa peritoneale, e possono essere sessili o peduncolati; - sottomucosi: si sviluppano al di sotto dell’endometrio, possono sporgere nella cavità uterina, e possono presentarsi in forma sessile o peduncolata; - infraligamentari: si sviluppano tra le pagine del legamento largo. Un fibroma intramurale di grandi dimensioni può risultare parzialmente sottosieroso o sottomucoso. I fibromi sottosierosi e sottomucosi che sporgono dall’utero rimanendo collegati attraverso uno stretto istmo sono quelli definiti peduncolati e sono spesso associati ad un rischio di torsione. In presenza di fibromi multipli l’utero viene definito polifibromatoso. 1.3 ANATOMIA PATOLOGICA Macroscopicamente il fibromioma si presenta in forma nodulare, con uno o più noduli di volume e forma variabili. Dal punto di vista microscopico si nota la presenza di fibrocellule muscolari lisce, con un caratteristico andamento a spirale. A seconda della quantità delle fibre collagene e muscolari si può avere il fibromioma, se prevale la componente fibrosa, e il leiomioma, se prevale la componente muscolare. La componente vascolare è in genere più abbondante alla periferia che al centro dove invece sono frequenti i fenomeni necrotici. 1.4 CLINICA Nel 50-70% dei casi il fibroma è asintomatico e viene messo in evidenza occasionalmente durante una visita ginecologica o durante un’ecografia. Negli altri casi la sintomatologia è tipo funzionale e/o organica. Gli episodi menometrorragici sono più importanti in caso di noduli sottomucosi anche di piccole dimensioni, e se ripetuti possono causare anche gravi quadri anemici. Sembra che il ruolo predominante nella produzione delle alterazioni mestruali sia dovuto all’ectasia venosa endometriale per l’ostruzione da parte dei noduli. La leucorrea può essere particolarmente accentuata per l’aumento della secrezione delle ghiandole cervicali a causa della congestione uterina dovuta al fibroma. Particolare attenzione è stata posta tra la fibromatosi uterina e la infertilità. Quando il fibroma si localizza a livello degli angoli tubarici (per cui si ha un ostacolo alla discesa dell’embrione nella cavità uterina per alterazione della contrattilità tubarica) può essere causa di anomalo o mancato annidamento. I fibromi da soli sono causa di infertilità in non più del 10% dei casi e spesso sono solo una causa associata. Una ulteriore spiegazione plausibile sembra essere che la congestione vascolare e la distorsione cavitaria, creata dai fibromi sottomucosi, siano causa di un’alterazione dell’ambiente endometriale tale da ostacolare l’annidamento. Il fibroma può inoltre causare: aborto, parto prematuro, placenta previa, distacco intempestivo di placenta, anomalie di presentazione del feto, ostruzione all’egresso pelvico. I sintomi sono in rapporto con il volume e la sede del fibroma e sono rappresentati più frequentemente da senso gravativo a livello addominale e talvolta da dolore. Il dolore è usualmente attribuibile piuttosto a malattie pelviche concomitanti come salpingiti, endometriosi, diverticolosi. I fibromi sottomucosi, se peduncolati, possono provocare delle contrazioni da parte dell’utero che cerca di espellerli come se fossero un corpo estraneo. Quando i fibromi sono particolarmente voluminosi si può avere dolore per la compressione esercitata sugli organi vicini; in caso di compressione della vescica si hanno disturbi della minzione tipo pollachiuria e/o ritenzione urinaria. Quando sono compressi gli ureteri si può avere idronefrosi; mentre la compressione esercitata sui nervi e sui vasi pelvici può determinare dolore di tipo sciatico ed edemi agli arti inferiori. I fibromi che sviluppano nella parte posteriore dell’utero, possono causare stipsi comprimendo l’ampolla rettale. 1.5 EVOLUZIONE Il fibroma può andare incontro ad alterazioni dovute al deficit di vascolarizzazione che si ha soprattutto nella parte centrale. Queste alterazioni sono: - degenerazione ialina: che può interessare solo alcune zone o tutto il fibroma; - degenerazione adiposa: spesso secondaria alla degenerazione ialina; - degenerazione cistica: caratterizzata dalla formazione di cisti dovute alla colliquazione di materiale necrotico, in genere preceduta da una fase degenerativa ialina; - calcificazione: per deposizione di sali di calcio all’interno del fibroma; - degenerazione sarcomatosa: è una rarissima complicanza dei fibromi, si verificherebbe in meno dello 0,1% di quelli lasciati in sede per lungo tempo. 1.6 COMPLICANZE Le complicanze acute sono rappresentate: a) infiltrazione emorragica e necrosi dovute ad alterazioni della vascolarizzazione, si possono osservare cisti a contenuto siero-ematico o aree di necrosi. Le pazienti accusano dolore a livello della pelvi, ipertermia e peritonismo; b) torsione del peduncolo, la quale provoca ischemia e necrosi per compressione dei vasi. In questi casi il dolore è molto accentuato ed è accompagnato da peritonismo e, in caso di fibromi sottomucosi, da contrazioni uterine; c) talvolta, in presenza di fibroma sottomucoso peduncolato, le contrazioni sono tanto violente da provocare l’inversione uterina (rarissima ma temibile complicanza). 1.7 DIAGNOSI Non essendo nessuno dei sintomi del fibroma patognomonico, è importante per prima cosa determinare che esso sia l’effettiva causa dei segni e sintomi riferiti. La diagnosi si basa sui segni clinici e sull’esame obiettivo ginecologico (vaginale e rettale) che permette di valutare l’aumento di volume dell’utero, il grado di mobilità e l’eventuale sede del nodulo fibromiomatoso. La diagnostica per immagini consente una precisa determinazione della sede e del numero dei fibromi. L’ecografia di solito fornisce tutte le informazioni necessarie alla pianificazione terapeutica, ma la RM rappresenta una utile integrazione in casi selezionati. Indipendentemente dalla tecnica di imaging utilizzata, il volume sia dell’utero che del fibroma viene calcolato con la formula descritta da Orsini et al. LxDxWx0.5233. L’ecografia endovaginale oltre alla determinazione della sede e del volume del fibroma, fornisce, quando integrata da un esame ecocolorDoppler, informazioni sulle caratteristiche e sul grado di vascolarizzazione dello stesso. La RM, sebbene più costosa dell’esame ecografico è più sensibile e meno operatore dipendente, ed è molto precisa sia nella localizzazione dei fibromi sia nella identificazione di quelli peduncolati. Permette, inoltre, la diagnosi e lo studio di altre patologie pelviche associate, come l’adenomiosi, potenzialmente in grado di alterare le strategie di trattamento e di aumentare il rischio operatorio (Spies et al., 2001a). La diagnostica per immagini, quindi, risulta indispensabile per la conferma di diagnosi e per selezionare la strategia terapeutica più idonea e maggiormente efficace. 1.8 TERAPIA FARMACOLOGICA Il trattamento dei fibromi uterini viene in genere suggerito solo se sintomatici. La terapia medica attuabile nei casi di fibromi di piccole dimensioni, intramurali o sottosierosi, prevede la somministrazione di progestinici per cercare di controllare i fenomeni menometrorragici, attraverso una progressiva atrofia endometriale, e di GnRH agonisti per indurre una ovariectomia farmacologia con conseguente sensibile riduzione del volume dei noduli. Dal momento che la terapia ormonale protratta ha notevoli effetti collaterali come osteoporosi, sintomi menopausali e amenorrea, questi agenti sono correntemente usati prima della terapia chirurgica come misura temporanea in donne in fase perimenopausale o come un metodo per ridurre il volume del tumore prima della chirurgia (Goodwin et al., 1999). 1.9 TERAPIA CHIRURGICA: miomectomia e isterectomia Oltre al trattamento farmacologico, i cui effetti non sono costanti e possono essere temporanei, esistono trattamenti chirurgici conservativi. Un esempio è dato dalla miomectomia. Questa tecnica è utilizzabile nei casi in cui le lesioni non siano troppo numerose, troppo grandi, o in posizioni sfavorevoli, è basata sull’asportazione del nodo o dei noduli, e in genere viene effettuata in laparotomia. In caso di piccoli noduli sottosierosi è preferibile la laparoscopia operativa, se invece sono sottomucosi e peduncolati l’asportazione viene effettuata in isteroscopia. Ci sono pochi rischi legati a tale procedura; uno dei maggiori riguarda il sanguinamento post-chirurgico che può talvolta esitare in isterectomia. Aderenze e rotture uterine in gravidanza sono rischi segnalati seppure con una frequenza molto bassa. In circa il 50% dei casi vengono descritte recidive a 5 anni, con necessità di un correttivo con procedure più invasive nel 2-8%. Quando tutto l’utero è fibromiomatoso o il numero dei noduli è tale da non consentirne l’enucleazione si ricorre all’isterectomia totale. Pertanto, la presenza di fibromi sintomatici di grosse dimensioni o troppo numerosi rimane la principale indicazione per questo trattamento; una tecnica chirurgica radicale che prevede l’asportazione dell’utero. In genere l’isterectomia trova indicazione se la paziente ha più di 40 anni e se non desidera più avere figli. La complicanza post-operatoria più comune dell’isterectomia è una parziale denervazione del destrursore della vescica, che porta ad una disfunzione urinaria. Alterazioni delle funzioni intestinali sono state descritte in quasi il 41% dei pazienti trattati. Complicanze più rare sono invece rappresentate dall’indebolimento del pavimento pelvico che può provocare un prolasso vaginale, e da fistole vescico-vaginali riferite in circa il 3% dei pazienti. La mortalità è dello 0.6%, e il rischio di embolia polmonare è dell’1-2%. E’ bene infine sottolineare che la maggior parte delle pazienti vive con senso di dispiacere l’esito dell’isterectomia. La maggior parte di loro infatti si descrive, dopo l’intervento, come “donna a metà”, o “desessualizzata”, ed inoltre è stato ben documentato un deterioramento delle loro funzioni sessuali (Jeremy et al., 2001).