CIRCOLARE MIN. INTERNO 7 FEBBRAIO 1961, N. 15

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CIRCOLARE MIN. INTERNO 7 FEBBRAIO 1961, N. 15
Prevenzione incendi nelle aziende industriali norme tecniche esecutive.
Come è noto, con circolare ministeriale n. 17 emanata in data 21 marzo 1960, i comandi dei vigili
del fuoco furono invitati a soprassedere temporaneamente alla trattazione delle richieste, loro
pervenute, in applicazione delle norme stabilite agli artt. 36 e 37 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 547 del 27 aprile 1955 e del successivo decreto del Presidente della Repubblica n. 689
del 26 maggio 1959.
A seguito di intese con il competente Ministero, al fine di consentire la trattazione delle pratiche
con uniformità di criteri, la Direzione generale servizi antincendi con circolare n. 15 del 7 febbraio
1961 ha impartito le disposizioni che dovranno essere osservate dai comandi dei vigili del fuoco sia in
campo procedurale che in sede di attuazione delle norme tecniche di prevenzione degli incendi in
genere, in particolare per quanto riguarda gli impianti parafulmini.
Le disposizioni sono le seguenti:
PROCEDURA
1. Le ditte debbono presentare la domanda e la necessaria documentazione allegata, direttamente
al comando provinciale dei vigili del fuoco competente territorialmente.
2. Ricevuta la domanda, i comandi dei vigili del fuoco, effettueranno una prima visita,
indipendentemente dal fatto che l’azienda sia stata, oppure no, già di recente visitata ai fini
dell’espletamento del normale servizio di prevenzione incendi. Ciò in quanto, in sede di normale visita
di prevenzione, potrebbero essere stati trascurati alcuni aspetti relativi alla sicurezza dei lavoratori
contro i pericoli d’incendio, fondamentali invece per quanto si propongono le norme di cui ai citati
decreti presidenziali ed anche perché alcuni controlli potrebbero essere stati eseguiti non in conformità
alle disposizioni riportate nella presente circolare.
3. Le visite tecniche di controllo successive alla prima verranno effettuate con la frequenza
periodica di seguito indicata:
Tabella A del decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1959, n. 689:
— ogni anno le attività indicate dal numero 1 al numero 49;
— ogni due anni le attività indicate dal numero 50 al numero 55.
Tabella B del decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1959, n. 689:
— ogni anno le attività indicate dal numero 1 al numero 4;
— ogni due anni le attività indicate dal numero 5 al numero 7.
Tali visite saranno comunque fatte coincidere con quelle che dovrebbero essere effettuate in
applicazione delle disposizioni vigenti per l’espletamento del normale servizio di prevenzione, per
modo che le ditte non abbiano a subire alcun ulteriore aggravio dell’onere economico.
4. A visita tecnica effettuata, se l’impianto, lo stabilimento, il deposito, ecc., risulta rispondente
alle norme tecniche di prevenzione incendi, il comando dei vigili del fuoco rilascerà alla ditta
l’apposito «Certificato di prevenzione incendi» di cui all’allegato modello; se invece l’impianto, lo
stabilimento, il deposito, ecc., non risulta rispondente alle norme tecniche di prevenzione incendi, per
cui si rende necessaria l’attuazione di modifiche e prescrizioni intese a ricondurre le aziende
all’osservanza delle disposizioni di sicurezza vigenti, il comando dei vigili del fuoco darà
comunicazione scritta alla ditta degli adempimenti, fissando il termine di tempo necessario per la loro
esecuzione.
In entrambi i casi predetti, delle risultanze della visita tecnica effettuata dovrà essere data notizia
al competente ufficio dell’ispettorato del lavoro.
5. La documentazione che la ditta dovrà presentare in allegato alla domanda è la seguente:
Per l’esame di progetti di nuovi impianti o modifiche:
a) disegni illustranti chiaramente la reale situazione degli impianti e dei fabbricati dell’azienda;
b) planimetria della zona circostante l’azienda dalla quale risultino l’ubicazione e la destinazione
dei vari fabbricati che prospettano direttamente l’area occupata dall’azienda, fino ad una distanza di
metri 100;
c) relazione tecnica descrittiva delle caratteristiche costruttive dei vari fabbricati dell’azienda, dei
quantitativi di sostanze pericolose tenute in deposito, delle modalità di immagazzinamento e di travaso,
delle lavorazioni effettuate, degli impianti fissi e dei mezzi portatili di estinzione; da tale relazione
dovrà risultare anche il numero degli addetti all’azienda;
Per la prima visita di controllo a impianti esistenti:
d) planimetrie dei fabbricati e relazione illustrativa delle lavorazioni che in essi si svolgono.
In entrambi i casi innanzi indicati la documentazione dovrà essere presentata in duplice copia e
dovrà recare la firma del titolare della ditta e la data di compilazione.
Sia nel caso di esame di progetti che in quello di visite di controlli i comandi dei vigili del fuoco,
dopo aver accertato che gli impianti progettati e realizzati sono rispondenti, così come riportati nella
documentazione, alle norme di prevenzione, apporranno sui vari atti il proprio visto di approvazione,
restituendo alla ditta una delle due copie e conservando l’altra agli atti del comando.
6. Come è noto, l’art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 27 aprile 1955
stabilisce che le ditte debbono richiedere la visita di collaudo al competente comando dei vigili del
fuoco ad impianto o costruzione ultimati, prima dell’inizio delle lavorazioni, oppure, per quelli
esistenti, non oltre sei mesi dopo l’entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 689
del 26 maggio 1959 (G.U. 4 settembre 1959, n. 212).
Il predetto collaudo deve intendersi come controllo della efficienza, dal punto di vista della
prevenzione degli incendi, dell’intero impianto, stabilimento, deposito, ecc., e come rispondenza ai dati
risultanti dal progetto approvato.
Tale controllo deve essere effettuato mediante prove e misure direttamente eseguite dai comandi
dei vigili del fuoco per tutto quanto riguarda la loro specifica competenza nel campo della prevenzione
degli incendi (osservanza di distanze di sicurezza, possibilità di esodo del personale addetto,
realizzazione di muri schermo e di bacini di contenimento, installazione di serramenti a tenuta di fumo,
caratteristiche di areazione dei locali, impianti di segnalazione e spegnimento degli incendi, ecc.)
Per quanto concerne invece l’accertamento dell’efficienza di particola ristrutture, impianti elettrici,
dispositivi, attrezzature, serbatoi e tubazioni a pressione, ecc., il comando, previo controllo
dell’esistenza e consistenza degli impianti potrà assumere quale elemento probante ai fini di collaudo,
le dichiarazioni tecniche rilasciate da enti, laboratori e professionisti tutti specializzati in materia e
autorizzati per legge a rilasciarli, come ad esempio certificati di prove di isolamento elettrico, misure di
resistenza ohmica, attestazioni di idoneità di macchine elettriche e apparecchiature relative,
certificazioni dei valori massimi e minimi di pressione nelle reti esterne in corrispondenza dei punti di
derivazione degli impianti interni, dichiarazione di efficienza di dispositivi di sicurezza per recipienti
in pressione da parte della Associazione nazionale controllo combustione e similari, per quanto ricade
sotto la loro competenza.
Tali dichiarazioni tecniche sono necessarie per la valutazione del grado di efficienza e di sicurezza
dell’intero stabilimento, deposito, ecc., tenuto conto dell’impossibilità, per i comandi provinciali dei
vigili del fuoco di eseguire direttamente le prove, sia a causa della mancanza di appropriati strumenti,
sia a causa della amplissima gamma di specializzazione richiesta per eseguire tutti gli accertamenti
previsti. E ciò a parte la considerazione che, in molti casi le prove direttamente eseguite dai comandi
costituirebbero un inutile duplicato di accertamenti già eseguiti a richiesta e nell’interesse della ditta, in
sede di acquisto e collaudo delle attrezzature.
7. Le pratiche di prevenzione incendi, trattate ai sensi delle disposizioni di legge relative alla
prevenzione degli infortuni sul lavoro, dovranno essere tenute in apposito fascicolo separatamente
dalle altre pratiche di prevenzione. Ogni fascicolo dovrà contenere tutta la documentazione riguardante
la pratica stessa.
8. Le tariffe da applicare, le modalità di registrazione contabile, di ripartizione, ecc., per quanto
riguarda le pratiche trattate ai fini della prevenzione degli infortuni sul lavoro, sono quelle vigenti per
le normali pratiche di prevenzione incendi.
Per quelle attività non contemplate nell’Allegato C della circolare ministeriale n. 6 del 16 gennaio
1949 e per le quali è invece previsto il controllo dei comandi dei vigili del fuoco ai fini della sicurezza
contro gli infortuni sul lavoro e che risultano comprese nelle Tabelle A e B annesse al decreto del
Presidente della Repubblica n. 689 del 26 maggio 1959, si indicano in allegato i criteri di applicazione
delle tariffe vigenti.
Nel caso di attività già visitate, come è stato indicato all’art. 2, qualora la nuova visita ai fini della
prevenzione degli infortuni sul lavoro venga eseguita prima della scadenza del «Certificato di
prevenzione incendi», a suo tempo rilasciato all’attività stessa, il compenso da richiedere sarà quello
corrispondente alla classe dello stabilimento, deposito, ecc., ridotto del 50 per cento.
9. Per opportuna conoscenza e norma si riportano infine in allegato alcune disposizioni e
chiarimenti forniti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale e stralciati dalla circolare n. 551
del 5 luglio 1960 emanata dal predetto Ministero.
COLLAUDO DEGLI IMPIANTI PARAFULMINI
Per il collaudo degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche da parte dei comandi
dei vigili del fuoco ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 27 aprile 1955, si
impartiscono le seguenti disposizioni:
1. Il collaudo degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche deve essere diretto ad
accertare la loro rispondenza alle norme tecniche contenute nell’Allegato D al regolamento per
l’esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza ed alle
raccomandazioni qui di seguito riportate.
Detto accertamento consisterà:
a) in un controllo generale dell’impianto, durante il quale il comandante dei vigili del fuoco o
l’ispettore da lui delegato esaminerà, con una accurata ispezione visiva, l’esecuzione delle singole parti
dell’impianto, le connessioni fra i vari conduttori, i collegamenti fra gli organi di protezione e le
restanti masse o parti metalliche dell’edificio protetto, e quanto altro ritenuto opportuno per meglio
valutare l’efficienza dell’impianto stesso;
b) nel richiedere un attestato, redatto da istituti particolarmente qualificati o da liberi professionisti
notoriamente esperti in materia, dal quale sia possibile rilevare i risultati delle prove di continuità
elettrica eseguite ed i valori misurati delle resistenze di terra dei dispersori.
Il comandante dei vigili del fuoco dovrà presenziare, o far presenziare un proprio delegato, alle
operazioni di misura e di controllo sopra descritte, richiedendo alla ditta interessata di essere
preventivamente convocato.
2. Allo scopo di meglio chiarire il significato della terminologia usata nella elaborazione delle
presenti raccomandazioni si chiarisce che:
a) per impianto di protezione contro le scariche atmosferiche è da intendere il complesso dei
dispositivi installati per proteggere un edificio o una determinata zona contro l’azione dei fulmini;
b) per organi di raccolta si intendono quelle parti dell’impianto di protezione che raccolgono
direttamente le scariche atmosferiche;
c) per organi di discesa si intendono tutti i collegamenti metallici tra gli organi di raccolta ed i
dispersori, e che servono a convogliare verso questi ultimi le correnti dei fulmini;
d) per dispersori si intendono quegli organi infissi nel sottosuolo, attraverso i quali è possibile la
dispersione delle correnti dei fulmini;
e) per masse o parti metalliche degli edifici da proteggere si intendono tutti i probabili conduttori
che si trovano negli edifici stessi quali carpenteria metallica, tubazioni di acqua, di gas, di
riscaldamento, parti metalliche di ascensori, di montacarichi, carcasse di macchine elettriche, guaine
protettive di conduttori elettrici per correnti forti o deboli, ecc.
3. Gli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche possono essere oltre che del tipo «a
schermo reticolare» anche del tipo «radioattivo», sebbene su quest’ultimo la più recente letteratura
tecnica non abbia ancora formulato un definitivo giudizio. Saranno altresì tollerati i vecchi impianti di
parafulmini Frankliniant,già installati da molti anni, specie se destinati alla protezione di strutture
molto elevate e planimetricamente non estese (torri o camini industriali).
4. In analogia a quanto consentito dal terz’ultimo capoverso del paragrafo 2 del citato Allegato D,
si potrà ammettere che le armature in ferro delle strutture in cemento armato siano utilizzate quali
organi di discesa, a condizione che sussista effettivamente la continuità elettrica fra gli organi di
raccolta, le armature dette ed i dispersori e che i vari ferri di armatura siano fra di loro elettricamente
connessi in più punti.
Qualora l’interessato intenda utilizzare le dette armature nel modo descritto dovrà esibire, in sede
di controllo dell’impianto parafulmine, idonea certificazione da cui sia possibile rilevare delle prove di
continuità, eseguite sulle armature da utilizzare a cura degli esperti indicati al punto 1-b.
5. Per gli impianti di tipo diverso dalla gabbia di Faraday gli organi di discesa devono essere
almeno in numero di due per superfici da proteggere comunque inferiori ai 300 metri quadri. Oltre tale
valore dovrà prevedersi un collegamento in più per ogni 200 metri quadri di incremento di superficie
da proteggere. Essi non devono in ogni caso correre lungo la faccia interna delle pareti dell’edificio
protetto, né deve essere consentito che siano sistemati all’interno di tubazioni metalliche.
6. È preferibile che venga previsto all’atto dell’installazione di un impianto di protezione, da
ubicarsi in posto accessibile, un punto di misura fra ogni organo di discesa ed il proprio dispersore allo
scopo di consentire l’agevole inserzione degli apparecchi per la misura delle resistenze di terra.
Tale punto potrà essere costituito da un collegamento a bulloni facilmente svitabili ed
opportunamente preservato da azioni corrosive. Per la determinazione delle dimensioni di tale
collegamento speciale si rimanda a quanto prescritto dalle norme C.E.I. n. 11-8, fasc. 64, artt. 2-2-04 e
2-3-04.
7. Qualora l’armatura in ferro delle costruzioni interamente in cemento armato dovesse risultare, a
seguito di opportune misure, naturalmente messa a terra, potrà, omettersi l’allestimento di appositi
dispersori. Se, per contro, tale condizione non dovesse verificarsi, l’armatura dovrà essere collegata in
più punti ad efficienti dispersori, a loro volta elettricamente fra loro connessi, in numero proporzionale
alla superficie in pianta dell’edificio secondo le indicazioni riportate nel più volte citato Allegato D.
8. Le connessioni fra gli organi di protezione e le varie parti o masse metalliche dell’edificio
protetto devono essere eseguite con cura particolare seguendo il percorso più breve. Qualora trattisi di
parti metalliche estese in lunghezza (condutture per impianti di riscaldamento, guaine protettive di
conduttori elettrici, ecc.) dette connessioni vanno eseguite in più punti ed a diversi livelli. Ciò per
evitare che, sia in caso di scarica atmosferica diretta sugli organi di protezione, sia per fenomeni
induttivi in masse metalliche non messe efficientemente a terra, possano manifestarsi pericolose
differenze di potenziale tali da dar luogo ad inneschi di scariche secondarie e ad elettrocuzioni.
Il collegamento fra le masse metalliche e gli organi di protezione è desiderabile che sia effettuato
in ogni caso. Qualora però, per esigenze di varia natura, ciò non fosse possibile, dovrà porsi cura a che
la minima distanza S fra le parti metalliche non collegate e gli organi di protezione soddisfi alla
relazione:
S/R ≥ 0,12 metri/ohm
dove R rappresenta la resistenza di terra del dispersore del parafulmine.
Nel caso che agli organi di protezione si connetta soltanto una parte delle masse metalliche
esistenti nell’edificio protetto, la minima distanza risultante dall’applicazione della relazione sopra
riportata dovrà essere intesa fra le parti metalliche non collegate e quelle collegate, qualora queste
ultime risultassero ad esse più vicine degli organi di protezione.
9. Le varie parti dell’impianto di protezione devono distare il più possibile dagli impianti elettrici
a correnti forti o deboli nel caso che i relativi conduttori non siano rivestiti di guaina metallica
protettiva. In particolare detta distanza non deve mai essere inferiore a quella calcolata con la relazione
riportata al punto 8.
Qualora non fosse possibile mantenere le opportune distanze fra gli impianti elettrici e l’impianto
di protezione, occorrerà procedere, in accordo con le società costruttrici di energia, alla efficiente
messa a terra sia del conduttore neutro (o direttamente o tramite uno spinterometro o dispositivi
equivalenti) sia delle tre fasi, per mezzo di una terna di scaricatori o dispositivi equivalenti collegati a
stella, che avrà il centro connesso con la terra.
10. È raccomandabile che, compatibilmente con altre esigenze, gli organi di raccolta, gli organi di
discesa ed i dispersori siano costituiti dallo stesso metallo, onde ridurre il più possibile le varie cause di
corrosioni.
È infatti opportuno consigliare alle aziende che le installazioni dei nuovi impianti di protezione ed
i radicali rinnovamenti di quelli già esistenti siano eseguiti a cura di ditte o di operai notoriamente
qualificati, i quali possono dare le migliori garanzie di una scrupolosa realizzazione degli impianti in
questione.
Allegato
A. STRALCIO DELLE DISPOSIZIONI IMPARTITE DAL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA
PREVIDENZA SOCIALE, CON CIRCOLARE N. 551, DEL 5 LUGLIO 1960, AVENTE PER OGGETTO:
«PREVENZIONE INFORTUNI, VERIFICHE E CONTROLLI. QUESITI».
1. Protezione contro le scariche atmosferiche,coordinamento dei compiti del comandi dei vigili del fuoco e degli
ispettorati del lavoro
A seguito di intese sopravvenute con il Ministero dell’interno – Direzione generale servizi antincendi, per il
coordinamento fra gli adempimenti di competenza dei comandi vigili del fuoco (collaudo previsto dall’art. 37 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 547) e quelli demandati agli ispettorati del lavoro (verifiche periodiche
successive previste dall’art. 40 del citato decreto del Presidente della Repubblica) si è addivenuto alle seguenti
determinazioni:
a) il comando vigili del fuoco effettuerà il collaudo a partire dal 4 marzo 1960 (data di scadenza del termine
previsto ai sensi del disposto di cui al secondo comma dell’art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica n.
547, per la denuncia ai vigili del fuoco degli impianti già esistenti secondo i programmi predisposti dai rispettivi
organi competenti;
b) gli ispettori del lavoro saranno resi edotti degli avvenuti collaudi, dalla data di esecuzione dei quali decorre
il biennio entro il quale devono essere effettuati i controlli periodici di loro competenza, da eseguire sulla base del
collaudo dei vigili del fuoco;
c) la pratica applicazione degli adempimenti di cui al precedente punto potrà essere definita in base ad accordi
dei rispettivi comandi provinciali vigili del fuoco e dell’ispettorato del lavoro.
A titolo indicativo si significa che un sistema pratico potrebbe consistere nella trasmissione da parte degli
ispettorati, ai corrispondenti comandi vigili del fuoco, della Scheda A che, contenendo la completa descrizione delle
installazioni soggette al collaudo, ne agevolerebbe le operazioni oltre che facilitare il reperimento delle aziende
destinatarie delle norme. A visita effettuata il comando vigili del fuoco restituirebbe agli ispettorati la Scheda A con
la indicazione dell’avvenuto collaudo.
2. Aziende soggette al controllo dei vigili del fuoco. Chiarimenti
Aziende utilizzatrici di gas combustibile.
— Tabella A: voce 2.
Le aziende che utilizzano come combustibili gas sviluppantisi in alcune fasi del ciclo produttivo, sono
comprese fra i destinatari degli speciali controlli, a sensi del decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio
1959, n. 689, concernente la determinazione delle aziende soggette ai controlli medesimi.
Dette aziende rientrano infatti fra quelle specificate nella voce 2 Tabella A allegata al citato decreto
presidenziale (aziende che utilizzano gas combustibili per sottoporli a successive trasformazioni).
— Tabella A: voce 5.
In quanto ubicate nell’ambito del perimetro del giacimento metanifero e della relativa concessione mineraria,
sono da considerarsi strettamente connesse all’attività mineraria e pertanto soggette alla vigilanza del Ministero
dell’industria e commercio.
Non sono pertanto tenute agli obblighi di cui al decreto ministeriale 12 settembre 1959.
Depositi di carburanti agricoli. Distributori stradali di carburanti
— Tabella A: voce 11.
Si considerano compresi nei depositi, magazzini e rivendita di benzina, petrolio, ecc., di cui alla voce 11,
Tabella A del decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 1959, n. 689, nei seguenti casi:
a) depositi di carburanti agricoli gestiti per lungo periodo di tempo e quelli ubicati in locali chiusi, tipici delle
aziende agricole di notevoli dimensioni, anche se di gestioni temporanee. Allo scopo di conseguire una applicazione
uniforme del provvedimento si precisa che per lungo periodo si deve intendere quello che supera i sei mesi e che
per aziende agricole di notevoli dimensioni si debbono considerare quelle con oltre 25 addetti;
b) distributori di carburanti con annessi servizi (stazioni di servizio, riparazioni, ecc.).
Premesso infatti che i depositi sopraddetti sono già soggetti al normale controllo dei vigili del fuoco, ai fini
della pubblica incolumità e della conservazione del patrimonio, la predetta determinazione – adottata su conforme
avviso dei Ministeri dell’industria e commercio e dell’interno, con i quali è stato a suo tempo concertato il decreto
del Presidente della Repubblica n. 689 – ha lo scopo di includere, fra le aziende destinatarie delle norme, con criteri
convenzionalmente uniformi, quelle per le quali sussistono le condizioni per l’applicazione delle speciali norme
antincendio, ai fini della tutela dei lavoratori in base alle seguenti considerazioni:
— che i depositi di gasolio per uso agricolo sono generalmente siti all’aperto, effettuati per brevi periodi di
tempo e limitati per lo più all’attività stagionale, generalmente estiva, quali materiali di rapido consumo;
— che nella maggioranza dei casi alle attività in parola non sono addetti lavoratori subordinati;
— che i complessi obiettivi presi in esame dall’art. 36 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica
n. 547, riguardano «aziende e lavoratori» il che presuppone l’esistenza di locali e luoghi di lavoro fissi e circoscritti
nei quali si svolgono operazioni tipiche di qualsivoglia attività lavorativa esplicata da lavoratori subordinati alle
dipendenze e sotto la direzione altrui;
— che condizioni di carattere analogo caratterizzano i distributori di carburanti che provvedono direttamente
al pubblico, con la differenza che trattasi di installazioni fisse le quali sono peraltro costituite da serbatoi interrati e
protetti.
Aziende per la produzione di polvere di carbone
— Tabella A: voce 39.
La determinazione comprende non solo le aziende che hanno come oggetto finale la produzione di polvere di
carbone, con lo scopo, ad esempio, di farne commercio; bensì anche quelle che, in fasi intermedie del ciclo
produttivo, producono polvere di carbone come prodotto da utilizzare in altre lavorazioni.
Aziende produttrici di elettrodi di carbone
— Tabella A: voce 40.
Rientrano nella voce 40 «Produzione di agglomerati combustibili, di cotoni e feltri catramati, di carbolineum,
nerofumo e vernici nere». Ciò in quanto, pur essendo detti elettrodi compatti e poco infiammabili nella loro
fabbricazione si fa largo uso di polvere di carbone, sostanza facilmente infiammabile che comporta gli speciali
controlli.
Industria dell’arredamento e dell’abbigliamento
— Tabella B: voce 57.
L’espressione «industria dell’arredamento e dell’abbigliamento» comprende, per quanto riguarda le aziende
che impiegano cuoio e pelletterie, i calzaturifici e la fabbricazione di guanti.
Sono escluse le altre aziende per la fabbricazione di articoli in cuoio come, ad esempio quelle per la
produzione di borse, valigie, bauli, cinture e prodotti similari.
B. IMPIANTI PER LA PROTEZIONE DALLE SCARICHE ATMOSFERICHE. (Allegato D al regolamento per
l’esecuzione del testo unico n. 773 del 1931)
1. Generalità
Per la protezione delle scariche elettriche atmosferiche degli edifici, delle costruzioni e degli impianti in
genere, è da adoperare il sistema «a schermo reticolare» (detto anche a «gabbia di Faraday»), formato da una specie
di gabbia, costituita da un insieme di conduttori metallici incrociantisi, di sufficienti dimensioni trasversali, la
quale avvolga tutta la costruzione e l’impianto, sia in buona e permanente comunicazione elettrica col suolo, e sia
collegata con le masse metalliche più importanti esistenti nell’edificio o nelle sue adiacenze e che giungano in
prossimità dei conduttori dello schermo reticolare.
Le parti essenziali d’un impianto di protezione sono perciò:
a) la rete di conduttori costituenti lo schermo reticolare: si distingue ancora la parte superiore della rete, più
facilmente colpita dalle scariche (i conduttori R di questa parte vengono chiamati «organi di raccolta» delle
scariche) dal rimanente (i conduttori relativi S vengono detti, «organi di scarico»);
b) la messa a terra dello schermo reticolare, ottenuto collegando i conduttori che la costituiscono con un certo
numero di prese a terra T (od «organi di disperdimento»);
c) i collegamenti della rete di protezione con le masse metalliche vicine. A parità di altre condizioni, e
supposta soddisfacente la messa a terra, la efficacia di un sistema di protezione è tanto maggiore quanto più
piccole, specie nella parte superiore, siano le maglie della rete di conduttori. Un oggetto situato nell’interno
dell’edificio protetto può ritenersi, in genere, tanto più sicuro, quanto maggiore sia il rapporto fra la sua distanza dal
punto più vicino della rete di conduttori ed il lato del quadrato di area equivalente a quella delle maglie vicine
all’oggetto considerato.
Tale rapporto non deve scendere al disotto di un mezzo per nessuno degli oggetti che più specialmente
interessi di proteggere, e deve raggiungere l’unità nei casi nei quali occorra un grado relativamente elevato di
sicurezza (come quando si tratti della protezione di sostanze esplosive). A questa condizione può sempre soddisfarsi
con l’infittimento, generale o locale, della rete di conduttori costituenti la gabbia, oppure (converrà più di rado) con
l’allontanamento della rete stessa.
La bontà della messa a terra della rete di conduttori di protezione ha grande influenza sulla efficacia generale
dell’impianto di protezione.
A parità di altre circostanze, la probabilità di essere colpiti dalle scariche atmosferiche è assai minore per gli
edifici facenti parte di importanti agglomerazioni edilizie che non per quelli isolati in aperta campagna.
La frequenza media delle scariche atmosferiche non solo è variabile da regione a regione, ma subisce forti
variazioni anche da una zona di terreno ad un’altra adiacente, col variare di innumerevoli circostanze, non sempre
chiaramente identificabili. Le notizie statistiche che si hanno al riguardo, sufficienti ampiamente per dimostrare la
necessità di assumere caso per caso informazioni dirette sul luogo e tenerne largo conto, non consentono però
ancora di tracciare una vera e propria carta, abbastanza particolareggiata, della frequenza delle scariche in Italia.
Dalle considerazioni precedenti, segue che, a seconda dei casi, il problema della protezione dalle scariche
atmosferiche si presenta in forme tanto differenti e con così diverso grado di gravità, da rendere impossibile la
elaborazione di norme che, essendo sufficientemente precise e particolareggiate, valgano in tutti i casi, senza
esagerazioni o importanti manchevolezze. Si riassumono perciò, qui appresso, alcuni criteri generali, insieme a
indicazioni quantitative riguardanti i casi più importanti.
2. Rete di conduttori costituenti lo schermo reticolare
I punti principali da considerare sono:
— l’ampiezza delle maglie della rete e la disposizione dei conduttori che la formano;
— la natura dei conduttori;
— le loro dimensioni;
— i collegamenti nei punti di incrocio;
— la loro sistemazione rispetto alle pareti dell’edificio o rispetto all’impianto da proteggere.
L’ampiezza delle maglie si terrà minore nella parte superiore dello schermo reticolare. I valori consigliabili
dipendono largamente dal grado di sicurezza che si vuole raggiungere ( 1 della presente appendice), in relazione
alla natura degli oggetti da proteggere, alla posizione dell’edificio ed alla frequenza locale delle scariche
atmosferiche. Nei casi normali di edifici fuori dell’abitato, è generalmente sufficiente che la rete principale dei
conduttori sia costituita da maglie di ampiezza non superiore ai 50 metri quadri in corrispondenza alla parte
superiore dell’edificio ed ai 150 metri quadri in corrispondenza alle facciate verticali; cifre da intendere come
ordine di sicurezza piuttosto che come indicazioni tassative, che a seconda delle circostanze, le maglie della gabbia
di protezione dovranno essere di ampiezza maggiore o minore. Nei casi di edifici facenti parte di importanti
agglomerazioni edilizie, sono ammissibili maglie di ampiezza maggiore di quella corrispondente alle cifre di cui
sopra, specie in corrispondenza alle facciate verticali; salvo però che si tratti di costruzioni notevolmente più elevate
(torri, campanili, camini, torri di sostegno, ecc.) di quelle adiacenti; sarà allora il caso, invece, di adottare maglie di
ampiezza minore, specie nella parte più alta. Sarà pure necessario ricorrere a maglie di ampiezza minore quando si
tratti di edifici (o costruzioni in genere) nei quali si lavorano, si manipolano o si conservano sostanze esplosive o
molto facilmente infiammabili (come etere, solfuro di carbonio, ecc.) allo scopo di ottenere ( 2 della presente
appendice) che la distanza minima fra ogni oggetto od apparecchio da proteggere ed i conduttori più vicini dello
schermo reticolare non sia inferiore al lato del quadrato di area equivalente a quella delle maglie più vicine a
ciascun oggetto. Per ottenere l’infittimento delle maglie senza una spesa eccessiva, potrà anche ricorrersi alla
suddivisione delle maglie sopra indicate (costituite dall’incrocio della rete principale di conduttori) mediante
conduttori di sezione minore (conduttori secondari).
Si cercherà di dare alla rete la struttura più semplice e regolare possibile; quando, per altro, siano da rispettare
esigenze estetiche, si potranno tendere i conduttori, per renderli poco visibili, lungo le linee principali,
architettoniche o costruttive, dell’edificio, malgrado ne possa risultare qualche irregolarità nell’ampiezza o
disposizione delle maglie.
I conduttori verticali dello schermo reticolare che scendono lungo le pareti dell’edificio dovranno essere
collegati, nella loro parte inferiore, da un conduttore ad andamento orizzontale che giri intorno all’edificio e che
termini inferiormente, per cosi dire, la gabbia. Tale conduttore potrà trovarsi poco sopra il livello del suolo, oppure
essere addirittura immerso nel terreno; in entrambi i casi, si dovrà curare (con precauzioni analoghe a quelle che
verranno consigliate a proposito dei collegamenti fra spandenti e schermo reticolare, come al seguente 3), che il
conduttore ed i suoi collegamenti non siano facilmente soggetti a deperimento, manomissione o guasti.
La natura del materiale adoperato per i conduttori ha relativamente poca influenza sul loro comportamento
rispetto alle scariche atmosferiche; interessa però che si tratti di materiali i quali, tenuto conto delle circostanze
locali, siano poco alterabili col tempo (a causa della loro natura o delle loro dimensioni trasversali). Quanto alla
forma della sezione, sono preferibili quelle forme alle quali corrisponda una superficie di condutture relativamente
grande rispetto all’area della sezione trasversale, sicché, le striscie, le piattine, i tubi, i profilati, sono preferibili ai
conduttori cilindrici pieni. In definitiva, per i conduttori principali dello schermo reticolare è consigliabile il ferro
zincato (o stagnato), sotto forma di piattine aventi uno spessore non inferiore a 2 millimetri ed una sezione non
minore di circa 50 millimetri quadri per i conduttori residui dello schermo; sezioni un po’inferiori potranno usarsi
solo nel caso di schermi e maglie assai fitte. Potranno adoperarsi anche conduttori in rame od in uno degli acciai
inossidabili oggi in commercio; questi materiali, più costosi, rendono più sicura la conservazione nel tempo
dell’impianto, ma sono più soggetti (specie il rame) alle manomissioni.
I collegamenti dei conduttori fra di loro (per ottenere le necessarie lunghezze) nei punti d’incrocio vanno fatti
con grande cura. La saldatura produce il migliore contatto elettrico; ma da sola, all’aria libera, non dà sufficienti
garanzie di durata. Sono quindi preferibili le chiodature e le bullonature; tanto più che, se ben fatte, il contatto
elettrico, al quale danno luogo è più che sufficiente, tenuto conto della natura delle correnti che si tratta di condurre.
La migliore soluzione, quando sia possibile, è naturalmente quella di saldare, e chiodare (o bullonare); altrimenti,
chiodare (o bullonare) soltanto. Negli incroci, basterà un solo chiodo (o bullone); nelle giunzioni, ne occorrono
almeno due. I conduttori a piattina si prestano molto bene per questi collegamenti; per conduttori tubolari occorrono
invece giunzioni a manicotto filettato, più costose.
Non vi è motivo di isolare i conduttori della gabbia di protezione dalle pareti dell’edificio o dal tetto (anzi è
necessario collegarli con le masse metalliche vicine che si trovassero nell’edificio); però il contatto diretto con le
pareti nuoce alla conservazione dei conduttori, soprattutto a causa della umidità che rimane facilmente fra
conduttore e parete e della eventuale azione chimica, sopra i conduttori, dei materiali da costruzione. La migliore
soluzione, quando ragioni estetiche lo permettano, è quella di tenere i conduttori leggermente discosti dalla
costruzione (possono bastare anche pochi centimetri), con quelli artifici che le circostanze possano suggerire
(frequenza dei sostegni, interposizione a intervalli regolari di sostanze chimicamente neutre, ecc.) senza però
curarne l’isolamento elettrico).
È importante che i piegamenti dei conduttori, quando occorrano (per passare dalla parte superiore della gabbia
di protezione alle parti verticali, per seguire le linee costruttive dell’edificio, ecc.), vengano fatti gradatamente, ad
arco anziché bruscamente; piegature fatte presso a poco ad arco di cerchio, del raggio di circa un paio di decimetri,
sono già soddisfacenti.
Quando si voglia realizzare ogni possibile economia di impianto e le circostanze si presentino, si potranno
utilizzare come conduttori della gabbia, anche le masse metalliche che già l’edificio avesse verso l’esterno
(grondaie metalliche, tubi metallici di scolo) ma, a patto di controllare la loro continuità elettrica e fare quanto
occorra per garantire sicuramente il mantenimento.
L’aggiunta di punte metalliche o di fasci di punte alla parte superiore dello schermo reticolare, non è né
necessaria né utile, per quanto non possa dirsi pericolosa ove il resto dell’impianto sia ben fatto. Ove si volesse un
grado assai elevato di protezione, piuttosto che aggiungere delle punte allo schermo, sarebbe assai preferibile
infittire le maglie della parte superiore della rete.
Nei casi nei quali l’edificio avesse già alla sua superficie delle aste metalliche, o simili (specie nella parte
superiore: aste di bandiera, tubazioni metalliche, ringhiere metalliche, ecc.) occorrerebbe controllare la continuità
elettrica e collegarle elettricamente in modo sicuro con i conduttori più vicini delle gabbie.
3. Messa a terra dello schermo reticolare
Questa messa a terra va fatta con le così dette «prese di terra», che consistono in conduttori T immersi nel
suolo («spandenti»), e collegati con i conduttori dello schermo reticolare.
In massima, uno spandente è tanto più atto alle sue funzioni quanto maggiore è la massa di terreno che esso
riesce ad interessare direttamente alla dispersione delle correnti convogliate e quanto più conduttore è il terreno in
cui viene immerso. Gli spandenti di forma molto allungata (aste, tubi, profilati, lunghe e grosse trecce metalliche,
ecc.) sono perciò assai preferibili a quelli di forme raccolte (lastre, cesti metallici, ecc.); ed è molto consigliabile,
tutte le volte che non sia economicamente impossibile, approfondire lo spandente sino a raggiungere la zona
permanentemente umida del terreno. Molte pratiche empiriche suggerite in passato sono affatto inutili (per esempio,
quella di spizzettare gli orli delle lastre metalliche che in passato erano molto adoperate come spandente) oppure
efficaci bensì, ma non prive di inconvenienti (per esempio, quella di collocare del carbone coke, discreto
conduttore, in pezzi, intorno allo spandente; che il carbone aumenta bensì la superficie di contatto col terreno, ma
può formare coppia elettrica col metallo dello spandente, e facilitare le corrosioni); altre, sono di effetto
generalmente temporaneo e non prive anch’esse di inconvenienti, come la pratica di innaffiare il terreno intorno allo
spandente con soluzioni saline (che mentre l’aumento di conduttività del terreno che si ottiene è difficilmente
durevole, a causa del dilavamento prodotto dalle piogge e dalle acque sotterranee, d’altra parte la presenza di sali
può più facilmente determinare inizi di corrosione nelle parti metalliche). È molto utile, invece, ogni provvedimento
che valga a mantenere umido il terreno nelle vicinanze dello spandente (vicinanza di vene d’acqua, convogliamenti
di acque piovane o di acque di scarico non corrosive).
Uno dei tipi più consigliabili di spandente, nella maggior parte dei terreni, è costituito da uno spezzone di tubo
di ferro o di profilato di ferro, di lunghezza non minore di 4 metri, infisso completamente e verticalmente nel
terreno (se è possibile, sino ad una profondità sufficiente per toccare la zona permanentemente umida) nelle
vicinanze immediate dell’edificio, e di grossezza sufficiente per resistere allo sforzo di infissione: comunque, lo
spezzone, se a forma di tubo, non dovrà avere un diametro esterno inferiore ai 40 millimetri, e se a forma di
profilato (cantonali, ferri a T, ecc.) non dovrà pesare meno di 3 chilogrammi per metro.
Nel riunire elettricamente ogni spandente col più vicino conduttore verticale dello schermo, reticolare, del
quale conduttore la presa di terra viene ad essere come il prolungamento nell’interno del suolo, bisogna curare che il
conduttore di collegamento sia solidamente attaccato alle due parti (preferibilmente con saldatura e chiodatura) e
possa resistere a lungo all’azione corrosiva del terreno, che si manifesta specialmente nelle zone di umidità variabile
(le cosi dette zone di «bagnasciuga») ed all’uscita del conduttore dal terreno. Per rendere il conduttore resistente a
questa azione, si potranno usare conduttori in ferro di spessore (e quindi di sezione) notevolmente maggiori di
quello delle piattine adoperate per lo schermo reticolare; oppure conduttori in rame stagnato o in acciaio
inossidabile, o protetti in modo efficace (con guaine di piombo saldate, e cosi via). In questi ultimi casi, per ridurre
gli eventuali effetti di coppia elettrica all’attacco con lo spandente, è utile rivestire di adatto materiale
(impermeabile all’umidità ed all’ossigeno contenuto nel terreno) le parti ristrette dello spandente e del conduttore
che sono in contatto; e sono stati consigliati rivestimenti di bitume, manicotti di cemento, ecc. Ma è da avvertire
che se il rivestimento non è fatto con ogni cura, per ottenere l’aderenza pressoché perfetta del materiale con i
metalli, il suo effetto è solo temporaneo.
I terreni nei quali le prese di terra riescono più efficaci, sono quelli umidi argillosi o coltivabili; risultati
variabili, e generalmente meno soddisfacenti, si ottengono nei terreni più o meno aridi (specie se sabbiosi o
rocciosi), tutte le volte, almeno, che non si possa raggiungere la zona permanentemente umida. Quando il terreno
sia precisamente cattivo conduttore (terreni sabbiosi asciutti, molti casi di terreni rocciosi, ecc.) converrà sostituire
le prese di terra del tipo sopra descritto con le cosi dette (impropriamente) terre di capacità. In queste prese di terra,
lo spandente è costituito da una raggiera di almeno otto o dieci corde metalliche o nastri metallici (di rame, ferro
stagnato o ferro zincato), di grossezza sufficiente per resistere a lungo alle cause di deterioramento, unite ad un
estremo col conduttore principale di scarico e irradiantesi a largo ventaglio, orizzontalmente, intorno ad esso, sino a
distanze tanto maggiori, quanto peggiore è il terreno; distanze mai minori, per altro, di alcune decine di metri.
Conviene dare a queste corde o nastri una sezione mai minore di una trentina di millimetri quadrati, e interrarle, se
possibile, sino a circa un metro di profondità. In casi particolarmente difficili, questi conduttori potranno essere
semplicemente appoggiati sul terreno e ricoperti di detriti (privi di azione corrosiva), ma allora dovranno essere più
numerosi.
Ottime prese di terra sono offerte dalle reti di distribuzione dell’acqua potabile esistenti nel sottosuolo, e,
quando sia concesso di usufruirne, da ogni altro conduttore di grandi dimensioni (almeno lineari) esistente nel
sottosuolo: in questi casi, basterà collegare questi tubi, o conduttori, con lo schermo di protezione. Buoni spandenti
sono pure i pozzi d’acqua esistenti nel terreno (quando le loro pareti non siano rivestite di materiale impermeabile),
gli scarichi di fontane importanti, i corsi d’acqua anche di piccola portata (purché perenni), e cosi via.
Il numero delle prese di terra da adoperare per ogni schermo reticolare dipende dalla grandezza e dalla forma
dell’edificio; non si deve però scendere, di regola, al di sotto di almeno due prese di terra, che saranno disposte
nelle parti opposte dell’edificio.
Finché lo schermo reticolare non copra aree maggiori di 50-60 metri quadri sono sufficienti due prese; quattro
prese bastano sino a circa 300 metri quadri, sei, sino a circa 500 metri quadri, al di là, salvo quanto fosse
consigliato dalla forma dello schermo o da altre circostanze, potrà, generalmente, bastare l’aggiunta di una presa di
terra per ogni altri 150-200 metri quadri di area coperta. In ogni modo, è bene che il numero delle prese di terra non
sia inferiore ad una per ogni 25 metri di perimetro dell’area da proteggere.
Le cifre ora date presuppongono che si tratti di buone prese di terra. Sarà considerata come sufficientemente
buona una presa quando la sua resistenza verso terra, misurata nei modi noti, in varie epoche dell’anno, ed in
periodi di siccità e di pioggia, risulti, in media, non superiore ad una cinquantina di ohm; questo valore, è
generalmente facile raggiungerlo nei terreni comuni, con spandenti del tipo a tubo od a profilato già descritto,
infissi a sufficiente profondità. Detto allora n il numero delle terre sopra consigliato, la media dei valori, nelle varie
epoche dell’anno, della resistenza del sistema delle prese di terra, non dovrà oltrepassare sensibilmente il valore di
50/n ohm. Se, all’atto pratico, questa condizione non risultasse verificata, occorrerebbe aumentare il numero delle
prese di terra sino ad avvicinarsi alla cifra desiderata 50/n (intendendo con n, ben inteso, non già il numero di prese
di terra effettivamente fatte, ma il numero sopra consigliato per schemi reticolari della estensione in questione).
Le indicazioni precedenti vanno tuttavia intese essenzialmente a titolo di orientamento, giacché la cosi detta
«resistenza di terra» d’una presa non è la misura, ma solo una indicazione attendibile della attitudine dello
spandente a compiere la sua funzione di convogliare al suolo la scarica atmosferica.
Questo è tanto vero che, confrontando la resistenza di una presa di terra del tipo normale con quella di una
terra di capacità, fatte entrambe in terreno cattivo conduttore, non sempre la resistenza di questa seconda risulta
molto minore dell’altra; eppure, le terre di capacità, interessando alla dispersione della scarica una estensione di
terreno assai più vasta, sono indubbiamente più atte dell’altra alle loro funzioni.
4. Collegamenti dello schermo reticolare con le masse metalliche esistenti nell’edificio. vicinanza di altre masse
conduttrici e di alberi
Ove, nell’interno od all’esterno dell’edificio, esistano masse metalliche (o conduttori in genere molto
importanti)queste dovranno essere elettricamente collegate ai conduttori della rete, ed almeno in due punti (scelti
fra quelli che più si avvicinano ai conduttori), tutte le volte che le distanze fra masse conduttrici e rete non superino
la metà del lato del quadrato di area equivalente a quella delle maglie più prossime. Il collegamento è invece
superfluo (e potrà tralasciarsi per ragioni economiche e pratiche), quando la distanza di cui sopra sia nettamente
maggiore del lato del quadrato equivalente; nei casi intermedi (quando la distanza sia compresa fra la metà del lato
e l’intero lato del quadrato equivalente), occorrerà regolarsi in relazione alla importanza della massa ed alla forma
delle maglie; tenendo presente, per altro, che è meglio abbondare nei collegamenti che scarseggiare.
Per questi collegamenti, da fare a seconda dei casi mediante chiodature, bullonature, collari di pressione, ecc.,
possono usarsi conduttori simili a quelli adoperati per lo schermo reticolare (essendo largamente sufficienti sezioni
dell’ordine di 50 millimetri quadri) salvo quanto potesse essere consigliato da esigenze relative ai collegamenti da
effettuare, o di resistenza meccanica, o di resistenza ad eventuali cause di corrosione.
Fra le masse metalliche da considerare ai fini dei collegamenti sopra accennati, dovranno essere comprese le
armature di ferro delle tettoie dei tetti, le coperture metalliche, i macchinari in genere, le condutture dell’acqua, le
canalizzazioni metalliche delle acque piovane, le ringhiere, ecc. Sono invece da escludere, in massima (a causa
essenzialmente della difficoltà di effettuare collegamenti sicuri e che non imbarazzino le manipolazioni) i fusti
metallici; nei casi però in cui si trattasse di cataste di carattere permanente i fusti metallici, specie se contenenti
sostanze infiammabili od esplosive, sarebbe necessario raffittire le maglie della parte vicina dello schermo
reticolare, sino a realizzare la condizione che la distanza minima fra la catasta ed i conduttori dello schermo non sia
inferiore al lato del quadrato di area equivalente a quella delle maglie.
La prossimità all’edificio di conduttori (linee aeree, ad esempio), o di masse conduttrici (altri edifici, protetti o
no, alberi, ecc.) può costituire una modesta protezione se il conduttore o la massa siano in ottima comunicazione
col suolo (condizione che non può ovviamente essere mai verificata per le linee elettriche di trasmissione, per quelle
telefoniche, ecc.; può esserlo, invece, per i cosi detti «fili di guardia» che talvolta proteggono le linee elettriche,
oppure per linee metalliche non aventi scopi elettrici) e siano non più bassi dell’7edificio in questione; ma, in
generale, non è da farvi affidamento (a meno che le masse siano molte, come avviene allorché l’edificio fa parte di
una grande agglomerazione edilizia, paragrafo 1) della Parte I. Quando, poi, non si possa essere sicuri dell’ottima e
permanente messa a terra di quel conduttore o di quella massa, la loro prossimità può riuscire anche pericolosa. Si
deve perciò evitare che alberi alti si trovino a meno di una ventina di metri dall’edificio da proteggere; intendendosi
per alberi alti, ai fini che qui interessano, quelli la cui altezza superi i due terzi dell’altezza dell’edificio.
5. Edifici speciali
Nei piccoli edifici, generalmente isolati (e talvolta circondati da traverse di terra), nei quali si compiano
operazioni pericolose sopra notevoli quantità di sostanze esplosive, le maglie dello schermo reticolare dovranno
essere piccole, per conseguire lo scopo di proteggere efficacemente tutti gli oggetti contenuti nell’interno, evitando
anche, senza pericolo, di dover far troppi collegamenti, che spesso riuscirebbero imbarazzanti fra la rete e le masse
metalliche interne (dei macchinari, serbatoi, ecc.). Potrà usarsi con vantaggio una vera e propria rete, fatta con filo
di ferro zincato del diametro di almeno 5 millimetri, con maglie aventi il lato non maggiore di qualche decimetro, la
quale rete, piuttosto che poggiare direttamente sulla costruzione, dovrà tutte le volte che si possa farlo, circondarla
da ogni parte, mantenendosene ad una certa distanza (mediante sostegni in ferro, cemento, od altri materiali
incombustibili) possibilmente non inferiore ai due metri. In luogo della rete di filo di ferro si potrà anche adoperare
della lamiera stirata, di sufficiente spessore (non meno di circa 2 millimetri) della quale si curerà la buona
conservazione (con verniciatura o provvedimenti equivalenti). Converrà badare, in ogni caso, che le maglie non
siano cosi fitte da dar luogo a depositi ininterrotti di neve che possano compromettere la stabilità della costruzione.
Per piccoli casotti, riesce spesso più semplice ed economico il rivestimento, completo e senza soluzioni di
continuità, delle pareti esterne con lamiere in ferro zincato, od in rame, od in acciaio inossidabile (dello spessore di
almeno 2 millimetri nella parte superiore ed 1 millimetro nelle parti verticali); dovrà essere fatto con molta cura e
con giunti a ricoprimento il collegamento meccanico ed elettrico delle lamiere (le chiodature sono preferibili alla
saldatura, a meno che quest’ultima sia autogena), ed il loro sicuro collegamento con le prese di terra.
Le tubazioni metalliche non sotterrate che dovessero entrare nella costruzione, saranno collegate con una presa
di terra immediatamente prima dell’ingresso.
Se in un edificio in cui si manipolano o si conservano materie esplosive, oppure facilmente infiammabili e
capaci di dar luogo ad esplosioni, dovessero entrare binari, occorrerebbe assicurare anzitutto il contatto elettrico tra
i vari tronchi successivi di rotaie e, non potendo essere senz’altro certa la buona comunicazione col suolo delle
rotaie (generalmente poggianti su traversine di legno, massicciata, ecc.) collegare ancora il binario con una presa di
terra a piccola distanza dall’entrata nella costruzione. Se il binario attraversasse la costruzione, occorrerebbero due
prese di terra, una da ciascuna parte della costruzione stessa.
Nei recinti degli stabilimenti destinati alla lavorazione o manipolazione di sostanze esplosive, oppure
infiammabili e capaci di dar luogo ad esplosioni, non saranno ammesse linee elettriche ad alta tensione. Le linee
aeree a bassa tensione che vi affluissero per la illuminazione, forza motrice, segnalazioni, ecc.) dovranno diventare
sotterranee all’entrata nel recinto, oppure, se il recinto fosse molto grande, a qualche distanza da ciascuno degli
edifici nei quali si lavorano, si manipolano o si conservano le sostanze pericolose. Questa distanza non dovrà mai
scendere al disotto di 10 metri, e dovrà salire sino a circa 50 metri ove si tratti di sostanze molto facilmente
infiammabili e capaci di dar luogo ad esplosioni e per gli esplosivi. Fra ciascuno dei fili della linea aerea e la sua
prosecuzione in cavo dovranno essere collocati scaricatori verso terra (per esempio, del tipo a corna, o di altro tipo)
delle eventuali sovratensioni provenienti dalla linea.
Negli edifici in cemento armato, le armature metalliche potranno essere utilizzate per la costituzione dello
schermo reticolare soltanto se durante la costruzione siano state prese le precauzioni necessarie per assicurare il
contatto elettrico permanente fra i vari elementi metallici. In caso diverso, si dovrà trattare l’edificio come gli altri,
procurando, se possibile, di collegare in più punti le armature metalliche della costruzione allo schermo reticolare,
considerando le armature stesse come masse metalliche vicino allo schermo (paragrafo 4) della presente appendice
tecnica.
6. Ispezioni periodiche e manutenzione degli impianti di protezione
Costruito un impianto di protezione secondo i criteri generali e speciali sopra accennati e quelli dettati dalle
circostanze particolari, è necessario predisporre delle verifiche periodiche annuali (da compiersi, possibilmente,
qualche settimana prima dell’inizio della stagione temporalesca più importante dell’anno, se l’esistenza di questa
stagione è sufficientemente netta) aventi lo scopo di accertare lo stato di conservazione dell’impianto. Le verifiche
dovranno consistere nella ispezione:
a) dello schermo reticolare, per accertare la sua integrità ed il buono stato delle connessioni fra i vari
conduttori;
b) dei collegamenti fra la rete e le masse metalliche dell’edificio;
c) nel controllo del buono stato delle prese di terra.
Di regola, le ispezioni di cui sopra potranno essere oculari; per il controllo delle terre, occorrerà anche qualche
verifica della loro resistenza di terra ed il confronto dei risultati delle misure con quelli ottenuti all’epoca
dell’impianto (3 della presente appendice tecnica). Ogni difetto o manchevolezza dell’impianto dovrà essere
prontamente riparato.
Dovranno essere fatte altresì verifiche generali dello stato dell’impianto tutte le volte che si abbia ragione di
ritenere che una scarica atmosferica abbia colpito l’impianto o le sue immediate adiacenze.
Dovrà, infine, tenersi presente, che, per accurata che sia stata la costruzione e la manutenzione di un impianto
di protezione, è assai raro che, dopo quindici o venti anni al massimo, esso non abbia bisogno di una completa
innovazione o di riparazioni molto radicali.
Di tutte le verifiche, dei loro risultati e degli eventuali provvedimenti presi nei riguardi dell’impianto, dovrà
essere tenuto nota in apposito registro, firmato dal direttore dello stabilimento od azienda, oppure da persona
competente da lui esplicitamente delegata.
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