V domenica di quaresima
6 aprile 2003
Prima lettura
Dal libro di Geremia
Ger 31,31-34
«Ecco verranno giorni – dice il Signore – nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io
concluderò una alleanza nuova. 32Non come l’alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi
per mano per farli uscire dal paese d’Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro
Signore. 33Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il
Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi
il mio popolo. 34Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti
mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e
non mi ricorderò più del loro peccato». Parola di Dio
31
Dal Salmo 50
Rit. Crea in me, o Dio, un cuore puro.
Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;
nella tua grande bontà cancella il mio peccato.
Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato.
Rinnova in me uno spirito saldo.
Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
Rendimi la gioia di essere salvato,
sostieni in me un animo generoso.
Insegnerò agli erranti le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.
Seconda lettura
Dalla lettera agli ebrei
Eb 5,7-9
Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che
poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà. 8Pur essendo Figlio, imparò tuttavia
l’obbedienza dalle cose che patì 9e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che
gli obbediscono.
Parola di Dio.
7
Gloria e lode a te, o Cristo!
Gv 12,26
Se uno mi vuol servire, mi segua, dice il Signore,
e dove sono io, là sarà pure il mio servo.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 12,20-33
In quel tempo, 20tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c’erano anche alcuni Greci.
21
Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: «Signore, vogliamo
vedere Gesù». 22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23Gesù
rispose: «È giunta l’oraA che sia glorificatoB il Figlio dell’uomo. 24In verità, in verità vi dico: se il
chicco di grano caduto in terra non muoreC, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25Chi
ama la sua vita la perde e chi odi la sua vitaD in questo mondo la conserverà per la vita eterna. 26Se uno
mi vuol servire mi seguaE, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo
onorerà. 27Ora l’anima mia è turbataF; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo
sono giunto a quest’ora! 28Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cieloG: «L’ho
glorificato e di nuovo lo glorificherò!». 29La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un
tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». 30Rispose Gesù: «Questa voce non è venuta per me,
ma per voi. 31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori H. 32Io,
quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me». 33Questo diceva per indicare di qual morte doveva
morire.
Parola del Signore.
Note del testo
Il vangelo di Giovanni ci introduce a una comprensione originale del mistero della Pasqua, della croce
del Signore. S. Paolo vede la croce come il momento del massimo abbassamento di Cristo, al quale Dio
risponde con l’innalzamento della risurrezione. S. Giovanni mescola i due piani, perciò già nella croce
vede la gloria, la vittoria e l’innalzamento di Cristo, la sua risurrezione e ascensione al Padre. Giovanni
ci aiuta a vedere dentro al mistero della croce la grande forza dell’amore di Dio, la speranza che ci
viene dalla rivelazione di questo amore. In questa domenica siamo chiamati a contemplare il Signore
‘innalzato’ sulla croce e glorificato, perché è diventato il luogo della piena rivelazione dell’amore del
Padre. In questo modo, pian piano, il cammino quaresimale ci vuole fare abbracciare la croce,
riconoscendola come il luogo dell’incontro del mistero di Dio, della liberazione, del suo amore, della
fraternità tra tutti gli uomini.
Nella prima lettura il profeta Geremia rilegge l’esperienza religiosa d’Israele alla luce del concetto di
alleanza: quella antica che Dio ha stabilito sul Sinai e quella nuova che egli annuncia come alleanza
eterna. L’identità divina che si esprime nell’alleanza è quella di un “Dio per noi”, un Dio al quale sta
immensamente a cuore la vita dell’uomo; l’uomo, a sua volta, appare come colui che è chiamato alla
comunione con Dio e solo in questa comunione trova se stesso. Il cammino della quaresima, dunque,
culmina nella promessa di una nuova alleanza annunziata da Geremia. Ma in cosa consiste questa
novità? Secondo Geremia nell’interiorità della legge che viene scritta non su tavole di pietra ma
nell’animo stesso, nel cuore degli Israeliti. Dio scriverà la sua legge nel cuore dell’uomo amandolo;
l’amore s’impone non con la paura della forza ma con la dolcezza del desiderio.
(A): È giunta quella che il vangelo di Giovanni chiama ‘l’ora di Gesù’, l’ora che si misura dalla
vocazione di Gesù. Gesù ha ricevuto dal Padre una missione da compiere e la deve realizzare fino alla
perfezione e al compimento. Ed è una richiesta di pagani che fa scattare l’ora di Gesù. Non si può forse
leggere la presenza dell’immigrazione e dell’Islam anziché come una minaccia, come un invito a vivere
un’ora, l’ora di Gesù? L’ora della croce, l’ora della gloria, l’ora della testimonianza. La chiesa presente
nei paesi musulmani (pensiamo ad esempio alla chiesa algerina) ha sempre interpretato le prove che
subisce come comunione con l’ora di Gesù.
(B): Per Giovanni, croce e gloria, morte e risurrezione sono profondamente unite da costituire un’unica
‘ora’, cioè un unico evento di salvezza. Per questo nell’arte bizantina il Cristo della passione è un
Cristo glorioso; per questo alcuni autori contemporanei hanno raffigurato il Gesù crocifisso di
Giovanni con le braccia già staccate dal legno e pronte all’elevazione al cielo; per questo il quarto
vangelo usa dodici volte nel racconto della passione simboli o termini regali attribuendoli a Gesù. La
morte e la risurrezione di Cristo sono un’unica realtà che presenta i due volti del Dio salvatore:
morendo egli si fa vicino a noi in pienezza, assumendo la nostra debolezza e miseria; risorgendo egli
rivela di essere Dio e quindi di essere capace di redimerci, introducendoci nella sua gloria.
(C): Il chicco di grano è una misteriosa potenza di vita racchiusa in un involucro che la protegge, ma
nello stesso tempo la isola. C’è bisogno di questo involucro per evitare che la potenza di vita che è nel
chicco di grano si disperda; ma viene il momento in cui l’involucro deve marcire, lasciar passare
l’umidità e permettere che il chicco di grano si perda nella terra, perché solo così può diventare fecondo
e produrre la spiga, la vittoria della vita. Solo quello che diventa dono è in grado di portare frutto.
Questa è la legge dello Spirito, che si ritrova nella persona di Gesù e nella persona di ogni discepolo.
Ogni credente deve accettare la legge del chicco di grano.
(D): Qui sta la promessa del vangelo: chi decide di fare della sua vita un dono, conserverà la sua vita,
anzi la trasformerà in vita eterna. È la stessa vita di Dio. Si tratta di trasformare la vita in dono d’amore
o, che è lo stesso, di trasformarla in obbedienza a Dio, nel fare la volontà di Dio. C’è, così, la
possibilità di condividere l’esperienza di Gesù, di essere dov’è lui. Ma, dov’è Gesù? E il servo, dove va
a finire? La risposta che viene dal contesto è: Gesù va verso la croce, quindi anche il servo va a finire in
croce. Ma in realtà il Signore non va semplicemente in croce, ma attraverso la croce va verso la gloria.
Il discepolo di Gesù, attraverso la croce di Gesù, andrà anche lui verso la gloria, perché il luogo di
Gesù, la sua dimora non è altro che l’amore del Padre; Gesù va ad abitare dentro l’amore del Padre.
Come Gesù ha trasformato la sua vita in obbedienza, e quindi l’ha fatta entrare nella vita eterna del
Padre, così, con Gesù, farà ogni suo discepolo.
(E): Il nostro seguire Gesù è il nostro servizio, prima di qualsiasi definizione di servizio, prima ancora
di coinvolgere i poveri nel servizio, il nostro seguire Gesù è il nostro servizio. In fondo, il servizio ai
poveri dice il grado della nostra sequela. Non si servono i poveri soltanto: si segue il Signore.
(F): Questo cammino passa attraverso l’angoscia, la sofferenza e la paura. Il vangelo ce lo ricorda con
questa espressione di Gesù, che gli esegeti dicono che Giovanni ha custodito dalla tradizione del
Getsemani. Giovanni non racconta l’agonia di Gesù nel Getsemani, come nei vangeli sinottici; però
Giovanni ha il ricordo di quell’episodio e lo pone in queste parole. Gesù, dunque, prova il turbamento
dello Spirito. Di fronte all’alternativa dell’evitare la morte o glorificare il Padre, Gesù sceglie con
decisione di glorificare il Padre. Gesù affida la sua esistenza alla volontà di Dio, perché l’esistenza di
Gesù diventi il luogo concreto in cui Dio si manifesta. Dio è Padre e il suo atteggiamento nei nostri
confronti è di amore totale e senza riserve; questo amore è rivelato nella croce di Gesù. Se vogliamo
capire l’amore di Dio, dobbiamo guardare il Crocifisso.
(G): Gesù non ha bisogno di essere sostenuto da questa rivelazione. Questa è per noi, perché ne
abbiamo bisogno. Noi abbiamo bisogno di vedere nella croce di Gesù l’amore, la gloria e la santità di
Dio. Perché questo non ci viene per niente spontaneo. Quando la croce è un’esperienza di vita
rischiamo sempre, di nuovo, lo scandalo dell’incapacità di vedervi, per la nostra debolezza, la presenza
di Dio. Quando la croce ci tocca da vicino, ritorniamo sempre allo scandalo e alla fatica di riconoscere
il Signore. Per questo la parola che viene da Dio è per noi. Dio ha glorificato il suo nome in tutta la vita
di Gesù e in essa noi possiamo vedere Dio; ma Dio ha glorificato il suo nome nella morte di Gesù, e noi
dobbiamo imparare a vedere la gloria di Dio nella croce di Cristo, nella realtà di angoscia e di
sofferenza del Crocifisso. Se riusciamo ad arrivare lì, anche la nostra fede ha superato l’infanzia ed è
diventata matura. Quando la croce è vista in questa prospettiva, non c’è più niente che possa
distruggere la fede.
(H): Riusciamo a vedere il mondo giudicato e sconfitto? Riusciamo a vedere il principe di questo
mondo espulso dal mondo a motivo della croce di Cristo? Eppure è questo che dobbiamo riuscire a
vedere. Il Figlio di Dio ha ricevuto su di sé il peso del peccato, ma di fronte a questo peccato ha
custodito la capacità di amare, non ha restituito male per male. Di fronte all’odio ha restituito l’amore,
di fronte alla violenza ha restituito il perdono. Ebbene, questa è la vittoria sul principe di questo mondo.
Il principe di questo mondo gioca sulla forza del male, dell’inganno e della violenza, per raggiungere
tutti gli uomini e imprigionarli, ma non è riuscito a imprigionare Gesù. Si è trovato di fronte a una forza
di perdono più grande di quanto fosse la sua forza di odio. È questo il giudizio del mondo. Se noi
riusciamo a vedere questo, abbiamo capito come si vince la guerra. La guerra profonda tra il bene e il
male, che sta dentro alla storia degli uomini, si vince come l’ha vinta Gesù, andando in croce. Non è un
cammino facile o gradevole, non piace a nessuno, ma non ci possiamo illudere di vincere in un altro
modo; non ci sono altri modi di vincere il male, se non quello di subirlo senza diventarne schiavi,
custodendo una capacità più grande di amore e di perdono.
Prefazio suggerito: “Tu apri alla chiesa la strada dell’esodo attraverso il deserto quaresimale, perché ai
piedi della santa montagna, con il cuore contrito e umiliato, prenda coscienza della sua vocazione di
popolo dell’alleanza, convocato per la tua lode nell’ascolto della tua parola e nell’esperienza gioiosa
dei tuoi prodigi” (Prefazio V di quaresima).
Padri della chiesa
Nell’uomo c’è un amore per la propria anima che la perde, e un odio che la salva. Se hai amato
smodatamente, hai odiato; se hai odiato gli eccessi, allora hai amato. Felici coloro che hanno odiato la
loro anima salvandola, e non l’hanno perduta per averla amata troppo (Agostino, Comm. a Gv 51,10).
In Cristo ho tutto. Vuoi amare il tuo Dio? Lo hai in Cristo. Vuoi amare il tuo prossimo? Lo hai in
Cristo (Agostino, Discorsi, 261, 8).
E per tutti gli altri uomini incessantemente pregate. Vi è infatti per loro speranza di conversione, che
conseguano Dio. Lasciate dunque che essi siano ammaestrati almeno dalle vostre opere. Di fronte alle
loro collere voi miti, di fronte alla loro superbia voi umili, di fronte alle loro bestemmie voi le
preghiere, di fronte ai loro errori voi saldi nella fede, di fronte alla loro ferocia voi mansueti, non
dandovi premura di imitarli. Possiamo noi essere trovati loro fratelli per la mitezza; diamoci premura
invece di essere imitatori del Signore: chi più di lui trattato ingiustamente? Chi più spogliato? Chi più
respinto? Che nessuna erba del diavolo sia trovata in voi, ma in tutta purità e saggezza dimorate in
Gesù Cristo, in carne e in spirito (Ignazio di Antiochia, Agli Efesini, 10).
Altri autori cristiani
Attirerò tutti a me vuol dire che, sul piano dell’attrazione delle coscienze, questa morte vissuta per
amore è il principio fondamentale della nuova alleanza. Secondo l’uomo, Gesù è stato costretto a
morire, tutto è avvenuto secondo una necessità. Ma in realtà Egli è morto perché lo ha voluto, perché
ha amato. (…) Questo amore che si fa solidale con gli umili, che guarda in faccia il potere come se
fosse dall’altra parte, e non tace, non è solo un bell’esempio ma è il principio architettonico della
seconda alleanza. Voi non potete avere la pace e i quattrini; non stanno insieme. La conservazione del
potere e la pace, non stanno insieme. Ci sono tradizioni politiche pacifiste che appena arrivate al potere
diventano guerrafondaie. Chi vuole il potere deve volere la logica della forza, altrimenti lo perde
subito. Il principio della nuova alleanza, che non ci è concessa a buon mercato, è che dobbiamo
prendere l’amore inerme come principio di costruzione del mondo (E. Balducci, Il Vangelo della Pace
–B p.114).
Che senso avranno le marce per le strade della nostra città, se saremo preoccupati di contarci per dire
che è andata bene perché eravamo in tanti piuttosto che di celebrare in modo vero? Ma ancora di più,
che senso avrà l’Eucaristia del Giovedì santo, se dopo aver celebrato la lavanda dei piedi non sapremo
continuarla nella vita e noi continueremo a vivere al sicuro dei nostri soldi, delle nostre case, al riparo
degli eserciti che difenderanno i nostri diritti e delle banche alle quali abbiamo chiesto di fare i nostri
interessi? Che ne sarà del Sabato santo, memoria della gloriosa resurrezione, se non ci saremo
preoccupati di ritrovarci una vita nuova, libera dagli interessi di parte e tirarci dietro gli altri in un
impegno di servizio disinteressato che renda credibile tutto il nostro celebrare? (L.Guglielmi, in Don
Gigi… p.22).
È strana da comprendere la solitudine di chi ama sopra ogni cosa la propria vita: una solitudine tanto
fra gli uomini quanto davanti a Dio. Non è nemmeno semplice capire quale amore è possibile per la
propria vita. C’è quello di chi, per conservarla, è disposto a tutto, per esaltarla non esita a calpestare gli
altri, per “glorificarla” getta nel fango quella degli altri: è colui che ha molto da perdere che rischia di
più, è chi sta bene il più esposto ad una “morte quotidiana”, quella della preoccupazione di sé, della
conservazione di ciò che si ha e della propria gratificazione. C’è poi chi vive nella fatica e nella
sofferenza, che ha poco o nulla da perdere e che, talvolta, desidera perdere tutto ciò che ha, compresa la
vita stessa; anche qui c’è un pericolo: fermarsi sui propri fallimenti, rinchiudersi nell’isolamento del
proprio dolore.
In nessun caso possiamo essere il “dio” di noi stessi, dobbiamo comunque spostare il cuore della nostra
esistenza da noi verso Dio e verso gli altri. In Ospedale Psichiatrico Giudiziario i primi giorni sono
spesso i più duri: ad infierire sulla debolezza psichica c’è la privazione della libertà, il trattamento
approssimativo, l’obbedienza a ordini di sconosciuti, l’abbandono in una cella per giorni senza essere
quasi considerato. Con il trascorrere dei mesi e degli anni in cella, capita di avere il desiderio di sparire
e di perdere tutto, capita di capire di essere “piccoli così”, di essere minuscoli; e infine può succedere di
arrivare ad amare proprio questa piccola vita senza fronzoli. Su solitudine e amore per la vita ci resta
una domanda dolorosa senza risposta: chi si uccide per la solitudine e la disperazione qui dentro dà
qualche frutto? (Gruppo O.P.G.).
Passi paralleli
v.20 (Greci = non giudei) At 8,26-40: Un angelo del Signore parlò intanto a Filippo: “Alzati, e và
verso il mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta”. Egli si alzò e
si mise in cammino, quand’ecco un Etiope, un eunuco, (…) venuto per il culto a Gerusalemme, se ne
ritornava, seduto sul suo carro da viaggio, leggendo il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo:
“Va' avanti, e raggiungi quel carro”. Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse:
“Capisci quello che stai leggendo?”. Quegli rispose: “E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?”. E
invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo:
Come una pecora fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli
non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, ma la sua posterità chi
potrà mai descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita. (Is 53,7-8). E rivoltosi a Filippo
l’eunuco disse: “Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?”.
Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di
Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c’era acqua e l’eunuco disse: “Ecco qui
c’è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?”. Fece fermare il carro e discesero tutti e due
nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò. Quando furono usciti dall’acqua, lo Spirito del
Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino.
v.21 (vedere Gesù) Gv 20,24-28 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro
quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse
loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non
metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a
porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo
dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma
credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”.
Lc 19,1-10 Entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei
pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché
era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva
passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito,
perché oggi devo fermarmi a casa tua”. In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti
mormoravano: “È andato ad alloggiare da un peccatore!”. Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore:
“Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte
tanto”. Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo;
il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.
Mt 25,40: Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno
solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.
v.23 (L’“ora” di Gesù è l’ora della sua glorificazione, del suo ritorno alla destra del Padre. Il Vangelo
ne segna l’avvicinarsi) Gv 2,4: E Gesù rispose: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta
la mia ora”. Gv 7,30: Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso,
perché non era ancora giunta la sua ora.
Gv 8,20: Queste parole Gesù le pronunziò nel luogo del tesoro mentre insegnava nel tempio. E nessuno
lo arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora.
Gv 12,23.27; Gv 13,1: Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare
da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Gv 17,1: Così parlò Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il
Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te".
v.24 Is 53,10-12: Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo
intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà
bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli
portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori.
1Cor 15,35-44: Ma qualcuno dirà: “Come risuscitano i morti? …
v.27 (turbamento di Gesù davanti alla morte ormai prossima) Gv 11,33-35; Gv 13,21;
Mc 14,35-36; Lc 22,41-42; Eb 5,7-9; Sal 6,3;
Sal 42,10-11.
v. 30 Gv 11,42.
v. 31 Gv 3,19.
v. 32 Gv 3,35.