Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999 P 33. LA FILOSOFIA E LA NASCITA DELLE SCIENZE UMANE Nel corso della seconda metà dell’Ottocento, parallelamente allo sviluppo della cultura e della pratica scientifica, si assiste al progressivo e definitivo autonomizzarsi di una serie di ambiti del sapere che erano stati tradizionalmente appannaggio della filosofia, se non della teologia. Si assiste cioè ad un processo di segmentazione, di secolarizzazione (Weber, L’etica protestante e la nascita del capitalismo) e di specificazione dell’indagine rivolta ad approfondire i temi della natura dell’uomo e della società che trova le sue radici in una profonda revisione del ruolo e della funzione della filosofia. Questo processo si incammina su due direttrici principali: il tentativo di fondare le scienze sociali sul modello di quelle naturali e quello di fornire uno statuto autonomo a queste discipline. La crisi dell’idealismo e la nascita delle scienze sociali Fino all’idealismo era diffusa la fiducia nella capacità della filosofia di attingere la Verità, fosse essa laica o religiosa, e nella capacità della filosofia di costruire grandi narrazioni che ricostruissero in maniera univoca il corso degli eventi umani attraverso un’unica chiave esplicativa. Nel corso della seconda metà dell’Ottocento, invece, questa fiducia si incrina ed il pensiero filosofico si secolarizza secondo due linee principali di sviluppo: 1. l’affermarsi del paradigma positivista che si propone di recuperare un criterio "forte" di verità modellando l’analisi della realtà umana e sociale sui metodi delle scienze esatte e di spiegare, in questo modo, anche i fatti sociali; 2. la crisi e la dissoluzione dell’idealismo che genera un approccio storico ed euristico allo studio dell’esperienza sociale. Questo è proprio di alcuni tra i padri fondatori delle scienze sociali, quali Max Weber (1881-1961) e Georg Simmel (1858-1918), e si propone di comprendere il carattere autonomo e distinto dalla scienza natura dei fatti sociali. Vedi sul manuale di filosofia i tratti fondamentali dell’idealismo, con particolare riferimento alle seguenti opere: Georg Friedrich Hegel, Fenomenologia dello spirito, 1807; Johann Fichte, Dottrina della scienza, 1798, 1801, 1804; Friedrich Schelling, Sistema dell’idealismo trascendentale, 1800. L’approccio positivista alle scienze sociali: spiegare la società Il movimento positivista si afferma in Europa parallelamente al primo sviluppo dell’industria manifatturiera e all’affermarsi di grandi istituzioni scientifiche in Francia, L’École politecnique, 1795, e, in Germania, l’Università di Berlino e i laboratori dei fondatori della chimica moderna Liebig e Gissen, istituzioni che si affiancano alle già affermate istituzioni scientifiche inglesi quali la Royal Society. Questo impulso di ricerca, che tocca in particolare i campi dell’elettricità, della chimica e della biologia, contribuisce all’affermarsi nell’opinione pubblica di una diffusa fiducia nella scienza e nelle sue possibilità di trasformare in meglio la realtà. Percorso 33 – La filosofia e la nascita delle scienze umane 2 Vedi sul manuale di filosofia le linee guida del movimento positivista ed analizza in particolare sul manuale di storia il ruolo delle istituzioni scientifiche e di ricerca in rapporto allo sviluppo al decollo industriale della Germania di Bismarck. L’atteggiamento osservatore e pratico nei confronti della natura troverà espressione anche in altri campi del sapere: si pensi al naturalismo di Jean-Francois Millet (1814-1875) e Gustave Courbet (1819-1877) in pittura o al grande romanzo naturalistico e realistico francese. Il termine “naturalismo” fu coniato da Hyppolite Taine (1828-1893), che lo impiega in saggio su Balzac, ma l’approdo ad una vera e propria poetica del naturalismo si ha con i celebri romanzi dei fratelli Edmond (1822-1896) e Jules (1830-1870) Huot de Goncourt (autori di Germinie Lacertaux, 1864) e con Émile Zola (1840-1902). Comte: una filosofia positiva delle scienze sociali. Se l’impulso iniziale del positivismo, nel pensiero di Saint Simon (1760-1825), è mosso prevalentemente da preoccupazioni di ordine sociale e politico, esso assume con August Comte (1798-1857) e il suo Corso di filosofia positiva (1830-1842) i caratteri di un vero e proprio "sistema generale delle concezioni umane" che abbraccia l’insieme dei fenomeni naturali ed umani. Il sistema di Comte si fonda su di una precisa idea di sviluppo della storia e della società: la legge dei tre stadi. Tutte le realtà storiche e culturali attraversano tre fasi lo stadio teologico - fenomeni naturali sono spiegati con il ricorso al divino -, lo stadio metafisico - alle potenze sovrannaturali sono sostituite entità concettuali - e lo stadio positivo - dove non si cercano più le cause, ma le relazioni tra fenomeni e ci si avvale del metodo scientifico basato sull’esperienza e sul ragionamento. È necessario, quindi, che tutte le scienze attraversino questi tre stadi di sviluppo. Mentre molte scienze naturali, secondo Comte, lo hanno già raggiunto, la fisica sociale o sociologia non hanno ancor attinto questo stadio. Vedi, sul manuale di filosofia, il Corso di filosofia positiva (1830-1842). Nella sua opera principale, Comte propone, oltre alla sua filosofia della storia, anche una classificazione dei sistemi culturali basata sull’applicazione della legge dei tre stadi. In questo contesto, la filosofia, nel pensiero di Comte ed in tutto il positivismo, tende ad assumere il ruolo di riflessione di secondo grado sulle scienze. Viene cioè negata la possibilità che essa possa attingere direttamente alla conoscenza di singoli ambiti oggettuali, che vengono stabiliti come il campo di indagine delle singole scienze. Da questo punto di vista, il positivismo reclama l’estensione dei metodi di indagine oggettivi e controllabili propri delle scienze esatte e naturali anche ai fenomeni più complessi dell’esperienza umana, comprendendo, all’interno di questi, anche le tematiche di natura psicologica, culturale e sociologica. Dal corpo del positivismo derivano tutte quelle posizioni che tendono a considerare il fatto sociale e psicologico o antropologico come qualcosa di oggettivamente ed univocamente determinabile. Vedi, per ciò che riguarda la nascita della psicologia sperimentale, sul manuale di filosofia, la riflessione in proposito di Wilhelm Wundt (1832-1920), Theodor Fechner (1801-1857), ed Hermann Ebbinghaus (1850-1909). Particolarmente significative, per l’analisi del metodo positivista nella fondazione delle scienze sociali, sono le posizioni di John Stuart Mill (1806-1873) e di Herbert Spencer (1820-1903). Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999 Percorso 33 – La filosofia e la nascita delle scienze umane 3 Stuart Mill: la fondazione psicologica delle scienze sociali. Mill, che riprende la tradizione della "Scuola scozzese" del senso comune David Hume, (1711-1776), Dugald Stewart (1753-1828) e l’impianto metodologico induttivista che caratterizzava la speculazione degli studiosi di scienza della natura, Friedrich Wilhelm Herschel (1738-1822) e William Whewell (1794-1866), sostiene la necessità di trovare un’unica fondazione del sapere logico e di quello storico-sociale e la individua nella psicologia. Infatti, i principi logici non possono essere considerati veri in sé, ma si radicano nella natura della mente umana. Mentre le scienze storico-sociali si fondano per Mill sull’etologia che, in quanto scienza che studia il comportamento e la formazione del carattere umano, non può, in ultima analisi, che fondarsi anch’essa sulla psicologia. Positivismo ed evoluzionismo in Spencer. Nel quadro della riduzione a leggi positive dello studio della globalità dell’esperienza umana svolge un ruolo anche peculiare l’intrecciarsi del positivismo con l’evoluzionismo caratteristico dell’opera di Spencer. In particolare, Spencer contamina la teoria dell’evoluzione di Charles Darwin (1809-1882) - che nel 1856 pubblica L’origine della specie - con il positivismo comtiano. Il darwinismo basato sui concetti di selezione naturale ed adattamento all’ambiente può divenire, in questo modo, una visione unificante della realtà, uno strumento di spiegazione del mondo naturale e di quello sociale che non fa ricorso ad alcuna legge di sviluppo trascendente. Un’unica legge evolutiva governerebbe, infatti, lo sviluppo degli organismi naturali e delle società umane; per Spencer l’evoluzione è una legge generalissima che segue i seguenti principi: dal meno coerente al più coerente, dall’omogeneo all’eterogeneo, dal distinto all’indistinto. Così, in ambito sociale, dalla società omogenea, dove scarsa è la differenziazione delle funzioni e prioritarie sono l’autodifesa e l’autosostentamento, si passa ad una società sempre più funzionalmente segmentata dove maggiore è lo sviluppo delle libertà individuali. Vedi sul manuale di filosofia i caratteri dell’evoluzionismo darwiniano e in particolare i fattori che determinano l’evoluzione delle specie animali secondo Darwin. Durkheim e la crisi del positivismo sociologico. Nella seconda metà dell’Ottocento, tuttavia, anche il paradigma positivista di spiegazione nel campo delle scienze sociali entra in crisi, di questa crisi e può essere considerato simbolo Émile Durkheim (1855-1917). Il pensiero di Durkheim, infatti, pur innestandosi sul tronco della tradizione positivista francese di Comte, rivendica l’autonomia del sapere sociologico, rispetto alle scienze naturali e alla psicologia e critica il positivismo ed il marxismo per il suo tentativo di individuare leggi universali dello sviluppo sociale. Per Durkheim, la sociologia, per poter aspirare alla categoria della scientificità, deve limitare rigorosamente il suo oggetto ai “fatti sociali” cioè a quelle “rappresentazioni psichiche collettive” che costituiscono il vincolo affettivo e psicologico che lega un individuo alla società. Fatti sociali che, a loro volta, si caratterizzano per il loro presentarsi come collettivi, esterni e coercitivi. Vedi in particolare l’opera Le regole del metodo sociologico (1895), dove è molto evidente la critica all’impostazione marxista e positivista nella fondazione delle scienze sociali. Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999 Percorso 33 – La filosofia e la nascita delle scienze umane 4 La critica di Durkheim al positivismo ci permette di introdurre il secondo grande filone di riflessione che determina la nascita delle scienze sociali, quello che può essere indicato come rispondente al metodo della comprensione. Il metodo della comprensione La secolarizzazione dell’indagine filosofica. L’idea della secolarizzazione del mondo e quella della storicità e contingenza dell’uomo sono al centro delle riflessioni di una galassia di pensatori che, attraverso approcci e tagli di lettura molto differenziati, si pongono il problema del senso in un cosmo dal quale comincia a svanire o é svanito del tutto il richiamo alla trascendenza divina. Il pessimismo di Arthur Schopenhauer (1788-1860, Il mondo come volontà e rappresentazione, 1818), la riflessione della Sinistra hegeliana, in particolare di Ludwig Feuerbach (1804-1872) sulla religione (L’essenza del cristianesimo, 1841) e di David Friedrich Strauss (1808-1874) sulla storicità della figura di Cristo (Vita di Gesù, 1835-1836), il materialismo storico e dialettico e la critica sociale di Karl Marx (1818-1883, Manoscritti economico-filosofici del 1848, 1923; Il Capitale, 1867), l’annuncio di Friedrich Nietzsche (1844-1900) della “morte di Dio” (Così parlò Zarathustra, 1883-1885) costituiscono esempi di questo atteggiamento. In questa temperie culturale, che vede la crisi dei tradizionali paradigmi di lettura della realtà, anche l’analisi del comportamento sociale assume una nuova curvatura e l’accento si sposta dall’individuazione di leggi sovratemporali ed universali alla rivalutazione della storicità concreta dei processi sociali. Questo nuovo approccio all’analisi del fatto sociale trova la sua prima manifestazione, in Germania, in una corrente storiografica: la cosiddetta “Scuola storica”, di ispirazione kantiano-goethiana, di cui sono esponenti storici eminenti Jakob Burckhardt (1818-1897), Johan Gustav Droysen (1808-1884) e Leopold von Ranke (1795-1886). Nonostante la loro lettura ancora "metafisica e teologica" degli eventi storici, Droysen e Ranke, sono fedeli al principio della ricostruzione dei fatti "come essi realmente accadono", e si propongono di comprendere il geroglifico dell’oggetto storico attraverso un’indagine dettagliata della sua individualità. Anche il metodo è differente rispetto a quello positivista. Esso punta sui temi del coinvolgimento del ricercatore nell’oggetto che indaga, sul metodo dell’intuizione (fondato da Goethe, ad esempio nel saggio dedicato alla Morfologia delle piante), e sulla responsabilità politica e morale della ricerca sociologica. Vedi, sul manuale di filosofia, i tratti della Scuola storica, in particolare prendi in considerazione le opere Considerazioni sulla storia universale (1905), di Jakob Buckhardt (1842) e Sommario di istorica di Droysen (1868). Lo storicismo tedesco. In questa direzione e verso l’affermazione dello statuto autonomo delle discipline che analizzano i differenti aspetti dell’esperienza umana, si sviluppa, verso la fine dell’Ottocento, un movimento di reazione al positivismo di ispirazione kantiana, che afferma l’autonomia delle scienze umane e nello stesso tempo critica l’impostazione determinista e naturalistica che a queste discipline forniva il positivismo. Pensatori quali Wilhelm Dilthey (1833-1911), la Scuola neokantiana del Baden (Wilhelm Windelband, 1848-1915, e Heinrich Rickert, 1863-1936), e lo stesso Weber, pongono l’accento sul carattere storico ed euristico dell’analisi delle scienze umane. Non è possibile individuare leggi generali e positive dello sviluppo storico e sociale, ma Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999 Percorso 33 – La filosofia e la nascita delle scienze umane 5 è necessario indagare l’azione umana e sociale comprendendone i moventi e le cause individuali. Solo a partire da queste è possibile operare generalizzazioni di tipo euristico, che accrescano la nostra capacità di lettura e di comprensione degli eventi storici e sociali. Consapevoli della storicità dell’uomo e della sua individualità, questi autori si propongono di comprendere, e non di spiegare, come nel caso delle scienze naturali, le leggi di funzionamento della psiche umana. Dilthey e le scienze dello spirito. Per Wilhelm Dilthey la ragione scientifica positivista è una pura astrazione, cioè il procedimento logico-razionale per ipotesi e verifica della scienza è distante dall’esperienza vissuta degli individui ( Erlebnis). Essa è in primis connessione di tutte le funzioni ed attività umane: connessione strutturale, cioè struttura profonda della coscienza, connessione acquisita, cioè insieme delle esperienze formative sociali e personali che costruiscono il bagaglio di conoscenza di ogni individuo, connessione di sviluppo, cioè la tendenza della persona ad accordarsi con le "condizioni della vita" del mondo che le circonda. Le scienze che studiano i sistemi della cultura, arte, religione, filosofia, diritto ed economia - come Dilthey afferma nella sua opera fondamentale, l’Introduzione alle scienze dello spirito del 1883 - derivano direttamente dall’organizzazione del vissuto e non possono quindi utilizzare il metodo descrittivo delle scienze naturali. Esse devono, per contro, comprendere il modo in cui l’integrazione delle funzioni psichiche complesse dà luogo, nell’uomo, alle determinazioni del volere e dell’agire concreto dell’individuo. Si tratta cioè di indagare in che modo la struttura psichica organizza i differenti campi di azione pratica e teorica dell’uomo. Allo stesso modo gli esponenti della Scuola neokantina del Baden, Windelband e Rickert, sostengono che nel campo delle scienze dello spirito esiste un riferimento ai valori che rende inutile una metodologia descrittiva ma impone il metodo della comprensione dei valori che fondano l’azione umana. Weber: razionalizzazione e secolarizzazione. In particolare, la metodologia della comprensione e la constatazione della storicità delle azioni umane, unite alla fiducia nella possibilità per la razionalità umana di ritrovare costanti razionali analizzabili nell’esperienza sociale, sono alla base dell’opera di Max Weber (1864-1920), il fondatore insieme a Durkheim della sociologia. Weber ne L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904) teorizza la perdita del riferimento alla trascendenza e descrive il mondo moderno come un universo secolarizzato dove ai valori organici della religione si sono sostituiti quelli del calcolo e della razionalità tecnica. La consapevolezza dell’assenza di valori universali, tuttavia, non si traduce come in Oswald Spengler (1880-1936), Il tramonto dell’Occidente in un relativismo assoluto, ma induce Weber, così come il suo contemporaneo Georg Simmel allo sforzo di individuare costanti e modelli che permettano di ricostruire in maniera razionale i differenti aspetti della società Vedi a questo proposito, sul manuale di filosofia, la teoria weberiana dei "tipi ideali". È infatti possibile, a parere di Weber, costruire dei modelli euristici di situazioni sociali e culturale, astraendo dall’insieme dei dati disponibili e connettendo i dati selezionati in modelli euristici della realtà. Guida al colloquio del nuovo Esame di stato © Edizioni Bruno Mondadori 1999