CAPITOLO QUARTO LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO 4.1. La ricostruzione cinematica del sinistro. – 4.2. Aspetti di dinamica. – 4.3. Aspetti di statica. – 4.4. Velocità. 4.1. La ricostruzione cinematica del sinistro. Legislazione: d.lgs. 30.4.1992, n. 285, nuovo codice della strada, art. 11, 12. Bibliografia: Marcon G. e Marcon M. 1986 – Barbera C. e Montanari L. 2002 – Molfese F. e Molfese A. 2005 – Rustichelli R., Auteri U.S. e Talenti V. 2005 – Girotti P. 2006. La cinematica è intesa quale concetto di movimento del corpo analizzato mediante lo studio della sua posizione nei diversi punti in cui si trova durante lo scorrere del tempo. Ai fini di una corretta ricostruzione dal punto di vista cinematico è indispensabile conoscere le diverse tipologie di moto. Si parla di moto rettilineo quando la traiettoria del punto materiale è una linea retta Tale moto sarà anche uniforme se la velocità è constante. Il moto circolare consiste in un moto di un punto materiale, lungo una circonferenza. Si chiama moto elicoidale il moto di un punto che descrive con velocità angolare costante un’elica circolare (vale a dire un’elica appartenente ad un cilindro circolare retto). 2 L’INFORTUNISTICA STRADALE Il moto parabolico è un moto dato dalla combinazione di due moti diversi: moto rettilineo uniforme e moto uniformemente accelerato. Come accennato, un corpo si muove di moto rettilineo ed uniforme se mantiene una velocità costante. Questo significa che percorre spazi uguali in tempi uguali e che segue sempre la stessa direzione. Si definisce invece moto uniformemente accelerato il moto di un punto sottoposto ad un’accelerazione costante, cioè non varia né in modulo e né in direzione e verso Il lavoro di ricostruzione cinematica del sinistro è generalmente affidato ad un tecnico specializzato il quale, dopo aver acquisito (direttamente od indirettamente) tutti i dati a disposizione, applica gli opportuni modelli fisico-matematici al fine di ricreare le fasi dell’incidente. La tecnologia ha indubbiamente aiutato questa operazione, attraverso la creazione e lo sviluppo di software di calcolo sempre più complessi. Tuttavia, specie nella fase preliminare, l’attività umana assume un’importanza decisiva. Per sviluppare il modello fisico di un incidente stradale occorre seguire l’evoluzione della traiettoria del veicolo considerando le interazioni con il suolo, con gli oggetti esterni e con gli altri veicoli coinvolti. Riguardo all’interazioni con il suolo, si considerano le azioni scambiate da ogni pneumatico in direzione verticale, trasversale e longitudinale, sulla base degli effettivi trasferimenti di carico ipotizzando un comportamento non lineare; risulta così possibile seguire il moto di un veicolo in condizioni estreme, considerando le reazioni del conducente in termini di utilizzo delle ruote direttrici e del sistema frenante. L’interazione tra i diversi veicoli coinvolti nel sinistro, invece, può essere analizzata a vari livelli. I modelli più semplici si basano sulla teoria impulsiva dell’urto, basato sul principio della conservazione della quantità di moto. L’urto fra due veicoli può, in sede di prima approssimazione, essere considerato come un fenomeno che si manifesta istantaneamente. L’interazione fra i mezzi interessati alla collisione avviene in un intervallo di tempo estremamente ridotto (generalmente 0,1 secondi) durante il quale LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO 3 le forze scambiate sono molto maggiori di quelle esercitate esternamente al contesto dell’incidente. Queste valutazioni permettono di poter considerare l’insieme dei veicoli coinvolti nell’impatto come un sistema isolato. La rilevante approssimazione insita il tale modello è rappresentata dal fatto che nella sua applicazione si tende a trascurare lo scambio di energia che avviene durante la fase dell’urto e che si traduce in una deformazione reciproca. Pertanto, il modello impulsivo avrebbe piena attendibilità solo se i veicoli coinvolti fossero infinitamente rigidi e già deformati. I modelli in pieno dettaglio, basati sulle tecniche di simulazione progettate per i crash-test, richiedono dal canto loro lunghi tempi di elaborazione. Pertanto, si ricorre spesso a modelli semplificati, in cui si considera il veicolo un corpo rigido delimitato da un bordo deformabile collegato ad esso collegato. La fase preliminare di ricostruzione, dunque, parte sempre da elementi oggettivi rilevati dagli operatori del servizio di polizia stradale: posizione dei veicoli sulla carreggiata, tracce al suolo, entità e tipologia dei danni ai veicoli, entità e tipologia delle lesioni riportate dai soggetti coinvolti. Costituiscono altresì elementi utili, seppur non aventi il carattere dell’assoluta oggettività, la presunta direzione iniziale dei veicoli ed il presunto punto d’urto, così come le informazioni assunte da persone che hanno assistito al sinistro. Tali elementi possono essere forniti a colui che deve procedere alla ricostruzione del sinistro attraverso la documentazione fotografica dei veicoli e dei luoghi immediatamente dopo il sinistro, il rilievo topografico in scale del luogo del sinistro con l’indicazione delle posizioni di quiete dei veicoli, delle tracce al suolo e di quant’altro possa essere considerato di interesse ai fini degli indagini agli operatori intervenuti, la documentazione fotografica dettagliata dei danni ai veicoli (la quale spesso consente di individuare, con un buon margine di approssimazione, la direzione di provenienza dei veicoli, le relative velocità ed i punti d’urto), il rapporto di intervento (dal quale si desumono, fra l’altro, le condizioni atmosferiche e di traffico, nonché le caratteristiche dell’asfalto che, tuttavia, possono anche essere accertata direttamente dal tecnico in un’epoca successiva), i verbali 4 L’INFORTUNISTICA STRADALE contenenti le dichiarazioni dei protagonisti e dei testimoni (da valutare in considerazione delle condizioni soggettive delle persone che le hanno rilasciate). Com’è agevole notare, l’attività degli operatori di polizia stradale risulta essere assolutamente indispensabile ai fini di una corretta ricostruzione del sinistro; le operazioni poste in essere, infatti, costituiscono nella stragrande maggioranza dei casi atti irripetibili ed è pertanto necessario che vengano svolte con la massima cura possibile e nel pieno rispetto delle procedure e dei protocolli di riferimento, pena la loro inutilizzabilità od inattendibilità. 4.2. Aspetti di dinamica. Legislazione: d.lgs. 30.4.1992, n. 285, nuovo codice della strada, art. 11, 12. Bibliografia: Marcon G. e Marcon M. 1986 – Barbera C. e Montanari L. 2002 – Molfese F. e Molfese A. 2005 – Rustichelli R., Auteri U.S. e Talenti V. 2005 – Girotti P. 2006. La dinamica è il ramo della meccanica che si occupa dello studio del moto dei corpi e delle sue cause o, in termini più concreti, delle circostanze che lo determinano e lo modificano. Lo studio completo della meccanica comprende infatti anche la statica e la cinematica: la dinamica si differenzia dalla prima in quanto essa studia le configurazioni di equilibrio meccanico, dalla seconda in quanto essa studia, in astratto, tutti i moti concepibili ma non si occupa di determinare quali moti possono avvenire in un determinato contesto sperimentale. Lo studio della dinamica si fonda essenzialmente sull’intuizione fondamentale di Galileo e Newton e sull’elaborazione della teoria della relatività: le forze non sono la causa del moto, ma producono una variazione dello stato di moto. Un osservatore, pertanto, secondo tale teoria può determinare il suo stato di quiete o di moto solo relativamente ad altri corpi (o altri osservatori). Per questo è possibile parlare delle cause che variano il moto, ma non delle cause del moto. Lo studio della dinamica si conduce innanzitutto riferendosi ad un’entità astratta, dotata di massa ma con dimensioni trascurabili: il punto materiale. Tutte le leggi riferite al punto materiale possono LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO 5 essere poi estese ai corpi reali (dotati di massa e di dimensioni finite) interpretati come sistemi di punti materiali; se le distanze tra questi punti non variano nel tempo, si studia la dinamica dei corpi rigidi; in caso contrario si studia la dinamica dei corpi deformabili, come avviene nelle ipotesi di urto tra veicoli. Durante la descrizione della dinamica del sinistro, occorre evidenziare le varie fasi dello stesso o, quantomeno, ciò che è risultato possibile appurare in ciascuna di esse. « AREA DEL SINISTRO Premessa alla vera descrizione della dinamica, deve illustrare l’ambiente stradale ove è accaduto l’evento; il contesto descritto deve essere riferito con sufficiente ampiezza in base alla tipologia dell’evento. È buona prassi inserirla nello spazio riservato alle deduzioni dell’organo rilevatore, nonostante la compilazione dei modelli prestampati già riportati le medesime notizie; tuttavia l’abilità dell’operatore è proprio quella di dare “dimensione ed armonizzazione” alle caratteristiche stradali e a quant’altro possa avere attinenza con quanto accaduto. FASE ANTECEDENTE Riporta quanto è possibile appurare sia successo prima della collisione; di fatto esplica la funzione di ricostruzione dei fatti accaduti e delle eventuali manovre poste in atto al fine di evitare l’urto. Se possibile, la si può definire la parte più sensibile, sotto il profilo probatorio e di attribuzione delle responsabilità, in virtù della identificazione del “nesso causale”, estremamente rilevante ai fini dell’attribuzione di responsabilità. è fase di analisi delle tracce rilevate in avvicinamento al presunto punto d’urto, in grado di fornire precise informazioni sui movimenti dei veicoli, essendo elementi lasciati dal mezzo in conseguenza del proprio andamento, senza ancora risentire delle deviazioni di traiettoria inevitabilmente causate dal futuro urto. FASE CULMINANTE (O DI COLLISIONE) Analisi della zona di impatto, della sua localizzazione rispetto alle direzioni di marcia tenute dai coinvolti nonché della valutazione delle circostanze che hanno determinato la fissazione del punto rilevato. Durante questa fase, si avrà cura di riportare gli elementi che hanno indotto gli agenti al rilevamento del “punto presunto d’urto”. Non è altro che il riscontro della elaborazione trattata nella fase antecedente, quale risultato obbligato delle dinamiche analizzate che non possono che fornire quel riscontro. La fase culminante è sintesi delle trattazioni dinamiche. FASE SUSSEGUENTE Dopo l’urto, l’oggetto o la persona coinvolti reagiscono in maniera differente e proporzionale alla energia posseduta al momento dello scontro, a quella “scaricata” durante lo stesso, nonché alla necessità di 6 L’INFORTUNISTICA STRADALE esaurire la restante energia in considerazione della direzione tenuta in relazione ad eventuali forme di attrito (scarrocciamenti). Di fatto è una fase estremamente critica da ricostruire se non altro per la possibilità di ulteriori eventi successivi innescati dall’urto iniziale (collisioni ulteriori contro mezzi o cose). Al momento dell’intervento del personale di polizia, l’analisi dei danni riportati deve coincidere con la situazione presente e sovente i danni di “consenso” sono i più difficili da interpretare. Infatti, in questo caso, le dinamiche che entrano in gioco presuppongono un minimo di nozionistica fisica, soprattutto per capire come reagisce un corpo in movimento quando è colpito da altro che si muove in direzione diversa. A volte è questa la fase più difficile da ricostruire e spesso è necessario provare “empiricamente” a ripercorrere le varie fasi del sinistro. Anche se può sembrare estremamente empirico, le tracce di scarrocciamento di un’autovettura in senso rotatorio sono di chiara comprensione se provare con un semplice modellino di automobile; sarà sufficiente passare le ruote sopra un tampone per timbri e “mimare” il percorso del veicolo per vedere su un foglio bianco le tracce lasciate dalla vettura. Ciò in quanto un andamento non rettilineo per sbandata del veicolo può portare alla sovrapposizione di tracce di difficile comprensione ed identificazione. FASE STATICA Riporta sostanzialmente a conclusione della elaborazione e consiste nel riportare la posizione di quiete dei mezzi, nel contesto dell’area interessata. Nonostante sia la più semplice da trattare, è di estrema importanza porre attenzione su particolari anche di scarsa rilevanza (portiere aperte, veicolo con chiave inserita e quadro accesso ecc.) in quanto eventuali spontanee dichiarazioni rese potrebbero contrastare con fatti rilevati sui veicoli (es. un conducente si allontana approfittando della confusione per poi tornare con il mezzo, collocandolo in posizione diversa; la perdita di liquido dal radiatore può identificare uno spostamento del mezzo e provare, così, il suo allontanamento dal luogo ove di fatto era posizionato). Assolve a criteri di estrema rilevanza anche in considerazione dei dati che possono formare oggetto di calcolo postumo della velocità tenuta dai veicoli, a tal proposito si dovrà avere cura di assorbire tutte le notizie utili in futuro, mantenendo presente che l’applicazione delle formule di riferimento necessita di determinare l’angolo di entrata nel punto d’urto dei veicoli e il relativo angolo di uscita, oltre agli altri dati indicativi di velocità quali le tracce di frenata eventualmente impresse sull’asfalto » (Girotti P. 2006, 193). Come giustamente rilevato, per una corretta ricostruzione delle varie fasi del sinistro, è necessario possedere, anche da parte degli operatori di polizia stradale, la conoscenza delle nozione base della LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO 7 dinamica e, in particolare, dei principi fondamentali che ne sono alla base. Tali principi vengono anche detti Principi di Newton, dal nome dello scienziato che li ha proposti nel celebre Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, pubblicato nel 1697. Gli enunciati che oggi si utilizzano sono in realtà una riformulazione attuale di quelli scritti nei da Newton, pertanto il volerli attribuire tout-court allo studioso non è certamente corretto. Inoltre, anche le attuali formulazioni differiscono spesso l’una dall’altra in dettagli, alcuni dei quali peraltro essenziali. In principi base della dinamica sono tre: il principio d’inerzia, il principio di proporzionalità, il principio di azione e reazione. Il primo principio o principio d’inerzia afferma che un punto materiale isolato, in un sistema inerziale, persiste nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. Il primo principio, spesso confuso con un caso particolare del secondo, serve a definire il campo di validità di questo: vale il secondo principio laddove valga il primo. In altre parole, il primo principio definisce il riferimento inerziale, ovvero quello in cui un corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. L’idea che sta alla base del primo principio è che facendo diminuire queste le interazioni di altri elementi con il corpo principale fino a renderle nulle (condizione che si è chiamata punto materiale isolato) il corpo medesimo non si fermi mai e non rallenti, vale a dire persista nel suo stato di moto rettilineo uniforme. Riferendosi invece alla tendenza di ogni corpo a mantenere lo stato quiete o di moto si usa parlare di inerzia. Tale primo principio incide in maniera rilevante sulla determinazione della velocità dei veicoli al momento dell’urto, dovendo prendersi in considerazione, fa l’altro, l’attrito dei pneumatici sull’asfalto, analizzando molteplici variabili (tipologia di pneumatici, caratteristiche dell’asfalto, condizioni meteorologiche, tipologia di frenata ecc…). In base al secondo principio o principio di proporzionalità un punto materiale (ovvero un corpo di dimensioni trascurabili e massa non nulla) non vincolato, al quale è applicata una forza, varia la quantità di moto in misura proporzionale alla forza, e lungo la 8 L’INFORTUNISTICA STRADALE direzione della stessa. Alternativamente, il rapporto fra i moduli della forza applicata e dell’accelerazione è costante e pari alla massa (più propriamente massa inerziale) del corpo. La forza è formalmente un concetto definito indipendentemente dal secondo principio, grazie alle formule note che quantificano le interazioni dei tipi fondamentali. Nel sistema « SI » l’unità di misura della forza è il Newton, simbolo N, che equivale a chilogrammo per metro su secondo quadro; nel sistema « cgs » l’unità di misura è il dyne, simbolo dyn, equivalente a grammo per centimetro su secondo quadro. Infine, il terzo principio o principio di azione e reazione, stabilisce che ad ogni azione corrisponde sempre una reazione uguale e contraria. Quindi le mutue azioni fra due corpi sono sempre uguali e dirette in senso contrario. In altre parole, applicando un’azione (forza) ad un corpo, nel sistema entro cui ciò avviene si originerà spontaneamente una reazione di pari intensità avente verso opposto 4.3. Aspetti di statica. Legislazione: d.lgs. 30.4.1992, n. 285, nuovo codice della strada, art. 11, 12. Bibliografia: Marcon G. e Marcon M. 1986 – Barbera C. e Montanari L. 2002 – Molfese F. e Molfese A. 2005 – Rustichelli R., Auteri U.S. e Talenti V. 2005 – Girotti P. 2006. La statica è la parte della meccanica classica che studia l’equilibrio dei corpi. È, in sostanza, il punto di partenza dal quale partire nella ricostruzione del sinistro. Al fine di comprenderne i tratti essenziali, occorre partire dalla nozione di « punto materiale », intenso quale oggetto ideale con dimensioni nulle (assimilabile ad un punto) ma dotato di massa. Secondo il principio fondamentale della statica, un punto materiale persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme se la risultante delle forze su di lui applicate è un vettore nullo Per l’applicazione pratica del principio sopra esposto, è necessario eliminare l’ipotesi di punto materiale. Si osserva che per un corpo reale è possibile estendere le leggi della dinamica e della LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO 9 statica idealmente concentrando tutta la sua massa nel baricentro, o centro di massa « G », il quale si comporta come un punto materiale equivalente al sistema esteso. Occorre inoltre tenere presente che per l’equilibrio di un corpo non basta che il risultante delle forze sia nullo ma che anche il risultante dei momenti delle forze applicate sia nullo. In effetti due forze uguali ed opposte ma applicate in due punti del corpo non assiali creano un momento non nullo In numerosi problemi semplici, la reazione del supporto è perpendicolare alla sua superficie. Questo è vero solo per un oggetto immobile su una superficie senza attrito. Così, per esempio, se si pensa ad un oggetto appoggiato su un piano inclinato perfettamente scivoloso (oppure una biglia che possa rotolare senza resistenze) e tenuto per un cavo, allora la reazione del supporto è perfettamente perpendicolare ad esso. Ma la situazione è diversa nel caso di un oggetto immobile su un piano inclinato, senza cavo, trattenuto unicamente dall’attrito; la reazione del supporto compensa allora solo il peso. In questo caso, si può scomporre la reazione in una componente perpendicolare al supporto e una ad esso parallela, detta forza di attrito statico. L’intensità della forza di attrito statico è determinata solitamente mediante la teoria di Coulomb, secondo la quale la massima componente parallela alle superfici di contatto è direttamente proporzionale all’intensità della forza scambiata tra le stesse superfici, mediante il coefficiente di attrito statico. 4.4. Velocità. Legislazione: c.p.p. 354, 357 – d.lgs. 30.4.1992, n. 285, nuovo codice della strada, art. 11, 12, 178, 179. Bibliografia: Marcon G. e Marcon M. 1986 – Barbera C. e Montanari L. 2002 – Molfese F. e Molfese A. 2005 – Rustichelli R., Auteri U.S. e Talenti V. 2005 – Girotti P. 2006. Nei casi previsti dal regolamento CEE n. 3821/85 i veicoli devono circolare provvisti di cronotachigrafo, con le caratteristiche e le modalità d’impiego previste nel regolamento stesso. Per tali veicoli, dunque, è possibile ottenere dall’analisi della strumentazione obbligatoria informazioni in merito alla velocità 10 L’INFORTUNISTICA STRADALE tenuta, oltreché ai tempi di percorrenza ed alle distanze percorse, in modo da poter riscontrare le altre notizie eventualmente riportate, quali quelle relative al percorso effettuato. Per i veicoli sprovvisti di tale dispositivo (vale a dire la maggioranza di quelli in circolazione), l’accertamento della velocità è certamente più complesso e viene basato sugli elementi oggettivi individuati dagli operatori del servizio di polizia stradale, elaborati attraverso metodi derivanti da nozioni di fisica e matematica. Il metodo indubbiamente più utilizzato dagli operatori, in quanto utilizzabile anche in assenza d’urto tra i veicoli, è quello basato sulle tracce di frenata. Esso si basa essenzialmente su una formula rappresentata dalla radice quadrata del doppio del rapporto tra l’accelerazione di gravità (pari a 9,8), il coefficiente di efficienza frenante e lo spazio di frenata. Il risultato così ottenuto indica i metri/secondo ai quali viaggiava il veicolo e può essere facilmente tradotto in km/h moltiplicandolo per 3,6 (posto che l’ora è composta da 3.600 secondi e pertanto alla velocità di un metro al secondo si percorrono 3.600 metri pari a 3,600 chilometri). L’apparente semplicità della formula in questione non deve trarre in inganno facendo ritenere che la stessa sia pienamente attendibile ed oggettiva; infatti, se è vero che il valore dell’accelerazione di gravità è rappresentato da un dato fisso e quello dello spazio è oggettivamente accertabile e misurabile, è altrettanto vero che il coefficiente di efficienza frenante dipende da numerose variabili ed è determinato attraverso una valutazione soggettiva finale di colui che applica la formula. Del resto, se da un lato il coefficiente di efficienza frenante è rappresentato da resistenze del veicolo (derivanti dalla costituzione dello stesso quali l’indice di penetrazione all’aria o il rotolamento delle ruote) e di resistenze dovute all’azione frenante (mediante l’azionamento dell’apposito sistema o utilizzando il freno motore), dall’altro lato dipende da condizioni ambientali la cui valutazione è lasciata all’operatore. In particolare, occorre prendere in considerazione l’aderenza, quale forza che tende a mantenere il contatto tra le superfici interessate, la quale è proporzionale alla pressione esercitata sull’area di contatto; l’attrito, inteso come forza che si oppone tra i LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO 11 corpi relativamente al movimento, se fermi, o rallentandone il movimento, se presente, il quale è causato dalle asperità con il terreno e tende a porsi in contrasto con il moto al fine di riportare il corpo in stato di quiete, momento che ne determina l’esaurimento d’azione; il coefficiente di attrito, il quale esprime il rapporto che esiste tra le forze di attrito e di aderenza, da un lato, e la forza agente capace di superarla al limite dell’aderenza, dall’altro, e che è riassunto in tabelle schematiche tra le quali una in rapporto a pneumatici con battistrada efficienti e gonfiaggio alla giusta pressione e varie tipologie di strada, variante delle condizioni di fondo ed altre riportanti i coefficienti tra i vari tipi di corpi in varie tipologie e condizioni, utili per determinate eventuali scarrocciamenti dovuti al ribaltamento di un veicolo. Il coefficiente di efficacia di frenatura assume rilevanza quando non vi sia piena efficacia della frenatura, in quanto l’azione frenante esercitata non è quella occorrente per determinare l’arresto del veicolo, non vi è uguale intensità o simultaneità delle ruote ovvero è superata l’aderenza delle ruote identificabile dalle tracce di frenatura sull’asfalto, la mancata efficacia deve essere compiuta adottando un coefficiente inferiore ad 1. Tale coefficiente esprime il rapporto tra lo spazio di frenatura che si sarebbe verificato e quello effettivamente eseguito. Oltre alle variabili illustrate, il coefficiente frenante si compone dell’eventuale pendenza e di altre valutabili in base alle particolari condizioni del luogo1. Occorre poi precisare che la frenata non deve essere considerata limitatamente alle tracce che i pneumatici abbiano lasciato sull’asfalto. A tal proposito, si distingue tra frenata affiorante (misurabile in quanto espressa dalle tracce lasciate dai battistrada dei pneumatici) e frenata invisibile (non misurabile poiché costituita dalla fase susseguente alla percezione del pericolo ed antecedente allo slittamento delle ruote); la precisazione è importante ove si consideri che tale seconda tipologia di frenata è quella maggiormente efficiente, nel senso che in essa i pneumatici del veicolo esprimono la maggiore aderenza alla sede stradale prima del loro slittamento. 1 Girotti P., op. cit., 2006, 205. 12 L’INFORTUNISTICA STRADALE Tale distinzione, di conseguenza, comporta l’introduzione nel metodo di calcolo della velocità basato sulla frenata, di un ulteriore parametro empirico, rappresentato dal tempo di percezione temporale del pericolo, stimato approssimativamente in un secondo; tale dato, se può essere assunto con buon margine di approssimazione nei confronti della maggioranza dei conducenti di età media e preparazione tecnica di guida normale, risulta essere del tutto insufficiente nei confronti di conducenti esperti in grado di allungare il tempo di slittamento delle ruote ovvero di soggetti anziani con capacità di riflesso verosimilmente inferiori. In altre parole, la frenata vera e propria si compone di tre fasi: una prima, rappresentata dall’avvistamento del pericolo e dal tempo di reazione del conducente; una seconda, di frenata ottimale, che va dall’inizio dell’azione frenante al blocco delle ruote causato dal superamento dell’aderenza pneumatico/asfalto; una terza, che va dal momento del blocco delle ruote all’arresto del veicolo e che lascia le caratteristiche tracce di frenata. Considerando poi che non tutta l’energia posseduta dai veicoli può dissiparsi nell’urto mediante la deformazione dei componenti del mezzo, è possibile che risultino tracce di frenata anche dopo l’urto tra i veicoli. In caso di urto, infatti, i veicoli subiscono una deviazione rispetto all’asse originario ed una rotazione più o meno angolata a seconda della direzione e quantità di moto posseduta, con conseguente allontanamento dal punto di collisione. Dall’analisi di questi ulteriori elementi è spesso possibile accertare, direttamente sul luogo del sinistro, quale sia stato il veicolo urtante e quello urtato. Energia e quantità di moto sono dunque elementi fondamentali per la ricostruzione della dinamica del sinistro. L’energia cinetica, in particolare, si esprime in lavoro di cui la velocità è una componente; nelle diverse fasi del sinistro l’energia cinetica sarà progressivamente abbattuta mediante il dissipamento della stessa sotto forma di lavoro, il quale è quantificato analizzando in progressione le fasi dei sinistri. Per abbattere l’energia cinetica posseduta dal veicolo prima della sua entrata nella scena del sinistro si esprimono tanti lavori quanta energia era posseduta, per poi arrivare al suo valore pari a zero che si esprime nello stato di quiete del veicolo. L’analisi dei LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO 13 vari lavori deve essere realizzata nel caso concreto, esaminando l’azione frenante pre-urto, la deformazione delle carrozzerie dei veicoli, lo spostamento dei corpi dal punto d’urto, ecc… La quantità di moto, invece, deve essere determinata basandosi sul principio per il quale i corpi mantengono una quantità di moto complessiva, per cui a fronte del variare di ognuna di esse la somma totale rimane comunque invariata. Attraverso un procedimento a ritroso è dunque possibile determinare la velocità rispettivamente tenuta dai due veicoli al momento dell’urto, partendo dallo spazio che intercorre tra gli stessi ed il punto d’urto e di conseguenza, proprio per il principio visto, calcolare la velocità presunta al momento dell’inizio della frenata; quest’ultima analisi, in particolare, deve essere valutata in considerazione del fatto che il calcolo si basa su dati certi quagli gli spazi rilevati dagli operatori del servizio di polizia stradale, tenendo presente che nella fase che precede quella di attrito dei pneumatici con l’asfalto l’azione sul pedale del freno è già stata attuata ed una, seppur breve, azione di rallentamento è avvenuta, in quanto i freni hanno agito sulla decelerazione del veicolo. Questo spazio di frenata, peraltro, è difficilmente determinabile in quanto è un dato variabile in considerazione delle condizioni soggettive del conducente nonché delle caratteristiche del sistema frenante del veicolo. In relazione alle tracce di frenata, è talvolta possibile rilevare la traccia del pneumatico attraverso il suo calco impresso su di un fogli di carta; tale procedimento consente di ottenere immediatamente elementi utili per le ricerche delle tracce sul luogo di traiettoria dei mezzi verificandone la compatibilità in funzione della carreggiata del battistrada, nonché di acquisire la conformazione di massima dello strato di superficie del manto stradale, potendo essere altresì considerato atto irripetibile ai sensi dell’art. 354 c.p.p. ove vengano rispettate le forme procedurali di verbalizzazione.