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CAPITOLO QUARTO
LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO
4.1. La ricostruzione cinematica del sinistro. – 4.2. Aspetti di dinamica. – 4.3.
Aspetti di statica. – 4.4. Velocità.
4.1. La ricostruzione cinematica del sinistro.
Legislazione: d.lgs. 30.4.1992, n. 285, nuovo codice della strada, art. 11, 12.
Bibliografia: Marcon G. e Marcon M. 1986 – Barbera C. e Montanari L. 2002 – Molfese
F. e Molfese A. 2005 – Rustichelli R., Auteri U.S. e Talenti V. 2005 – Girotti P. 2006.
La cinematica è intesa quale concetto di movimento del corpo
analizzato mediante lo studio della sua posizione nei diversi punti
in cui si trova durante lo scorrere del tempo. Ai fini di una corretta
ricostruzione dal punto di vista cinematico è indispensabile
conoscere le diverse tipologie di moto.
Si parla di moto rettilineo quando la traiettoria del punto
materiale è una linea retta Tale moto sarà anche uniforme se la
velocità è constante.
Il moto circolare consiste in un moto di un punto materiale,
lungo una circonferenza.
Si chiama moto elicoidale il moto di un punto che descrive con
velocità angolare costante un’elica circolare (vale a dire un’elica
appartenente ad un cilindro circolare retto).
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L’INFORTUNISTICA STRADALE
Il moto parabolico è un moto dato dalla combinazione di due
moti diversi: moto rettilineo uniforme e moto uniformemente
accelerato.
Come accennato, un corpo si muove di moto rettilineo ed
uniforme se mantiene una velocità costante. Questo significa che
percorre spazi uguali in tempi uguali e che segue sempre la stessa
direzione.
Si definisce invece moto uniformemente accelerato il moto di
un punto sottoposto ad un’accelerazione costante, cioè non varia
né in modulo e né in direzione e verso
Il lavoro di ricostruzione cinematica del sinistro è generalmente
affidato ad un tecnico specializzato il quale, dopo aver acquisito
(direttamente od indirettamente) tutti i dati a disposizione, applica
gli opportuni modelli fisico-matematici al fine di ricreare le fasi
dell’incidente.
La tecnologia ha indubbiamente aiutato questa operazione,
attraverso la creazione e lo sviluppo di software di calcolo sempre
più complessi.
Tuttavia, specie nella fase preliminare, l’attività umana assume
un’importanza decisiva. Per sviluppare il modello fisico di un
incidente stradale occorre seguire l’evoluzione della traiettoria del
veicolo considerando le interazioni con il suolo, con gli oggetti
esterni e con gli altri veicoli coinvolti.
Riguardo all’interazioni con il suolo, si considerano le azioni
scambiate da ogni pneumatico in direzione verticale, trasversale e
longitudinale, sulla base degli effettivi trasferimenti di carico
ipotizzando un comportamento non lineare; risulta così possibile
seguire il moto di un veicolo in condizioni estreme, considerando
le reazioni del conducente in termini di utilizzo delle ruote direttrici
e del sistema frenante.
L’interazione tra i diversi veicoli coinvolti nel sinistro, invece,
può essere analizzata a vari livelli. I modelli più semplici si basano
sulla teoria impulsiva dell’urto, basato sul principio della
conservazione della quantità di moto. L’urto fra due veicoli può, in
sede di prima approssimazione, essere considerato come un
fenomeno che si manifesta istantaneamente. L’interazione fra i
mezzi interessati alla collisione avviene in un intervallo di tempo
estremamente ridotto (generalmente 0,1 secondi) durante il quale
LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO
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le forze scambiate sono molto maggiori di quelle esercitate
esternamente al contesto dell’incidente. Queste valutazioni
permettono di poter considerare l’insieme dei veicoli coinvolti
nell’impatto come un sistema isolato. La rilevante approssimazione
insita il tale modello è rappresentata dal fatto che nella sua
applicazione si tende a trascurare lo scambio di energia che avviene
durante la fase dell’urto e che si traduce in una deformazione
reciproca. Pertanto, il modello impulsivo avrebbe piena
attendibilità solo se i veicoli coinvolti fossero infinitamente rigidi e
già deformati.
I modelli in pieno dettaglio, basati sulle tecniche di simulazione
progettate per i crash-test, richiedono dal canto loro lunghi tempi di
elaborazione. Pertanto, si ricorre spesso a modelli semplificati, in
cui si considera il veicolo un corpo rigido delimitato da un bordo
deformabile collegato ad esso collegato.
La fase preliminare di ricostruzione, dunque, parte sempre da
elementi oggettivi rilevati dagli operatori del servizio di polizia
stradale: posizione dei veicoli sulla carreggiata, tracce al suolo,
entità e tipologia dei danni ai veicoli, entità e tipologia delle lesioni
riportate dai soggetti coinvolti. Costituiscono altresì elementi utili,
seppur non aventi il carattere dell’assoluta oggettività, la presunta
direzione iniziale dei veicoli ed il presunto punto d’urto, così come
le informazioni assunte da persone che hanno assistito al sinistro.
Tali elementi possono essere forniti a colui che deve procedere
alla ricostruzione del sinistro attraverso la documentazione
fotografica dei veicoli e dei luoghi immediatamente dopo il
sinistro, il rilievo topografico in scale del luogo del sinistro con
l’indicazione delle posizioni di quiete dei veicoli, delle tracce al
suolo e di quant’altro possa essere considerato di interesse ai fini
degli indagini agli operatori intervenuti, la documentazione
fotografica dettagliata dei danni ai veicoli (la quale spesso consente
di individuare, con un buon margine di approssimazione, la
direzione di provenienza dei veicoli, le relative velocità ed i punti
d’urto), il rapporto di intervento (dal quale si desumono, fra l’altro,
le condizioni atmosferiche e di traffico, nonché le caratteristiche
dell’asfalto che, tuttavia, possono anche essere accertata
direttamente dal tecnico in un’epoca successiva), i verbali
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L’INFORTUNISTICA STRADALE
contenenti le dichiarazioni dei protagonisti e dei testimoni (da
valutare in considerazione delle condizioni soggettive delle persone
che le hanno rilasciate).
Com’è agevole notare, l’attività degli operatori di polizia stradale
risulta essere assolutamente indispensabile ai fini di una corretta
ricostruzione del sinistro; le operazioni poste in essere, infatti,
costituiscono nella stragrande maggioranza dei casi atti irripetibili
ed è pertanto necessario che vengano svolte con la massima cura
possibile e nel pieno rispetto delle procedure e dei protocolli di
riferimento, pena la loro inutilizzabilità od inattendibilità.
4.2. Aspetti di dinamica.
Legislazione: d.lgs. 30.4.1992, n. 285, nuovo codice della strada, art. 11, 12.
Bibliografia: Marcon G. e Marcon M. 1986 – Barbera C. e Montanari L. 2002 – Molfese
F. e Molfese A. 2005 – Rustichelli R., Auteri U.S. e Talenti V. 2005 – Girotti P. 2006.
La dinamica è il ramo della meccanica che si occupa dello studio
del moto dei corpi e delle sue cause o, in termini più concreti, delle
circostanze che lo determinano e lo modificano. Lo studio
completo della meccanica comprende infatti anche la statica e la
cinematica: la dinamica si differenzia dalla prima in quanto essa
studia le configurazioni di equilibrio meccanico, dalla seconda in
quanto essa studia, in astratto, tutti i moti concepibili ma non si
occupa di determinare quali moti possono avvenire in un
determinato contesto sperimentale.
Lo studio della dinamica si fonda essenzialmente sull’intuizione
fondamentale di Galileo e Newton e sull’elaborazione della teoria
della relatività: le forze non sono la causa del moto, ma producono
una variazione dello stato di moto. Un osservatore, pertanto,
secondo tale teoria può determinare il suo stato di quiete o di moto
solo relativamente ad altri corpi (o altri osservatori). Per questo è
possibile parlare delle cause che variano il moto, ma non delle
cause del moto.
Lo studio della dinamica si conduce innanzitutto riferendosi ad
un’entità astratta, dotata di massa ma con dimensioni trascurabili: il
punto materiale. Tutte le leggi riferite al punto materiale possono
LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO
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essere poi estese ai corpi reali (dotati di massa e di dimensioni
finite) interpretati come sistemi di punti materiali; se le distanze tra
questi punti non variano nel tempo, si studia la dinamica dei corpi
rigidi; in caso contrario si studia la dinamica dei corpi deformabili,
come avviene nelle ipotesi di urto tra veicoli.
Durante la descrizione della dinamica del sinistro, occorre
evidenziare le varie fasi dello stesso o, quantomeno, ciò che è
risultato possibile appurare in ciascuna di esse.
« AREA DEL SINISTRO
Premessa alla vera descrizione della dinamica, deve illustrare l’ambiente
stradale ove è accaduto l’evento; il contesto descritto deve essere
riferito con sufficiente ampiezza in base alla tipologia dell’evento. È
buona prassi inserirla nello spazio riservato alle deduzioni dell’organo
rilevatore, nonostante la compilazione dei modelli prestampati già
riportati le medesime notizie; tuttavia l’abilità dell’operatore è proprio
quella di dare “dimensione ed armonizzazione” alle caratteristiche stradali e
a quant’altro possa avere attinenza con quanto accaduto.
FASE ANTECEDENTE
Riporta quanto è possibile appurare sia successo prima della collisione;
di fatto esplica la funzione di ricostruzione dei fatti accaduti e delle
eventuali manovre poste in atto al fine di evitare l’urto. Se possibile, la
si può definire la parte più sensibile, sotto il profilo probatorio e di
attribuzione delle responsabilità, in virtù della identificazione del “nesso
causale”, estremamente rilevante ai fini dell’attribuzione di
responsabilità. è fase di analisi delle tracce rilevate in avvicinamento al
presunto punto d’urto, in grado di fornire precise informazioni sui
movimenti dei veicoli, essendo elementi lasciati dal mezzo in
conseguenza del proprio andamento, senza ancora risentire delle
deviazioni di traiettoria inevitabilmente causate dal futuro urto.
FASE CULMINANTE (O DI COLLISIONE)
Analisi della zona di impatto, della sua localizzazione rispetto alle
direzioni di marcia tenute dai coinvolti nonché della valutazione delle
circostanze che hanno determinato la fissazione del punto rilevato.
Durante questa fase, si avrà cura di riportare gli elementi che hanno
indotto gli agenti al rilevamento del “punto presunto d’urto”. Non è altro
che il riscontro della elaborazione trattata nella fase antecedente, quale
risultato obbligato delle dinamiche analizzate che non possono che
fornire quel riscontro. La fase culminante è sintesi delle trattazioni
dinamiche.
FASE SUSSEGUENTE
Dopo l’urto, l’oggetto o la persona coinvolti reagiscono in maniera
differente e proporzionale alla energia posseduta al momento dello
scontro, a quella “scaricata” durante lo stesso, nonché alla necessità di
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L’INFORTUNISTICA STRADALE
esaurire la restante energia in considerazione della direzione tenuta in
relazione ad eventuali forme di attrito (scarrocciamenti). Di fatto è una
fase estremamente critica da ricostruire se non altro per la possibilità di
ulteriori eventi successivi innescati dall’urto iniziale (collisioni ulteriori
contro mezzi o cose). Al momento dell’intervento del personale di
polizia, l’analisi dei danni riportati deve coincidere con la situazione
presente e sovente i danni di “consenso” sono i più difficili da
interpretare. Infatti, in questo caso, le dinamiche che entrano in gioco
presuppongono un minimo di nozionistica fisica, soprattutto per
capire come reagisce un corpo in movimento quando è colpito da altro
che si muove in direzione diversa. A volte è questa la fase più difficile
da ricostruire e spesso è necessario provare “empiricamente” a
ripercorrere le varie fasi del sinistro. Anche se può sembrare
estremamente empirico, le tracce di scarrocciamento di un’autovettura
in senso rotatorio sono di chiara comprensione se provare con un
semplice modellino di automobile; sarà sufficiente passare le ruote
sopra un tampone per timbri e “mimare” il percorso del veicolo per
vedere su un foglio bianco le tracce lasciate dalla vettura. Ciò in quanto
un andamento non rettilineo per sbandata del veicolo può portare alla
sovrapposizione di tracce di difficile comprensione ed identificazione.
FASE STATICA
Riporta sostanzialmente a conclusione della elaborazione e consiste nel
riportare la posizione di quiete dei mezzi, nel contesto dell’area
interessata. Nonostante sia la più semplice da trattare, è di estrema
importanza porre attenzione su particolari anche di scarsa rilevanza
(portiere aperte, veicolo con chiave inserita e quadro accesso ecc.) in
quanto eventuali spontanee dichiarazioni rese potrebbero contrastare
con fatti rilevati sui veicoli (es. un conducente si allontana
approfittando della confusione per poi tornare con il mezzo,
collocandolo in posizione diversa; la perdita di liquido dal radiatore
può identificare uno spostamento del mezzo e provare, così, il suo
allontanamento dal luogo ove di fatto era posizionato).
Assolve a criteri di estrema rilevanza anche in considerazione dei dati
che possono formare oggetto di calcolo postumo della velocità tenuta
dai veicoli, a tal proposito si dovrà avere cura di assorbire tutte le
notizie utili in futuro, mantenendo presente che l’applicazione delle
formule di riferimento necessita di determinare l’angolo di entrata nel
punto d’urto dei veicoli e il relativo angolo di uscita, oltre agli altri dati
indicativi di velocità quali le tracce di frenata eventualmente impresse
sull’asfalto »
(Girotti P. 2006, 193).
Come giustamente rilevato, per una corretta ricostruzione delle
varie fasi del sinistro, è necessario possedere, anche da parte degli
operatori di polizia stradale, la conoscenza delle nozione base della
LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO
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dinamica e, in particolare, dei principi fondamentali che ne sono
alla base.
Tali principi vengono anche detti Principi di Newton, dal nome
dello scienziato che li ha proposti nel celebre Philosophiae Naturalis
Principia Mathematica, pubblicato nel 1697. Gli enunciati che oggi si
utilizzano sono in realtà una riformulazione attuale di quelli scritti
nei da Newton, pertanto il volerli attribuire tout-court allo studioso
non è certamente corretto. Inoltre, anche le attuali formulazioni
differiscono spesso l’una dall’altra in dettagli, alcuni dei quali
peraltro essenziali.
In principi base della dinamica sono tre: il principio d’inerzia, il
principio di proporzionalità, il principio di azione e reazione.
Il primo principio o principio d’inerzia afferma che un punto
materiale isolato, in un sistema inerziale, persiste nel suo stato di
quiete o di moto rettilineo uniforme.
Il primo principio, spesso confuso con un caso particolare del
secondo, serve a definire il campo di validità di questo: vale il
secondo principio laddove valga il primo. In altre parole, il primo
principio definisce il riferimento inerziale, ovvero quello in cui un
corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo
uniforme.
L’idea che sta alla base del primo principio è che facendo
diminuire queste le interazioni di altri elementi con il corpo
principale fino a renderle nulle (condizione che si è chiamata punto
materiale isolato) il corpo medesimo non si fermi mai e non
rallenti, vale a dire persista nel suo stato di moto rettilineo
uniforme. Riferendosi invece alla tendenza di ogni corpo a
mantenere lo stato quiete o di moto si usa parlare di inerzia.
Tale primo principio incide in maniera rilevante sulla
determinazione della velocità dei veicoli al momento dell’urto,
dovendo prendersi in considerazione, fa l’altro, l’attrito dei
pneumatici sull’asfalto, analizzando molteplici variabili (tipologia
di
pneumatici,
caratteristiche
dell’asfalto,
condizioni
meteorologiche, tipologia di frenata ecc…).
In base al secondo principio o principio di proporzionalità un
punto materiale (ovvero un corpo di dimensioni trascurabili e
massa non nulla) non vincolato, al quale è applicata una forza, varia
la quantità di moto in misura proporzionale alla forza, e lungo la
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L’INFORTUNISTICA STRADALE
direzione della stessa. Alternativamente, il rapporto fra i moduli
della forza applicata e dell’accelerazione è costante e pari alla massa
(più propriamente massa inerziale) del corpo.
La
forza è formalmente un concetto definito
indipendentemente dal secondo principio, grazie alle formule note
che quantificano le interazioni dei tipi fondamentali. Nel sistema «
SI » l’unità di misura della forza è il Newton, simbolo N, che
equivale a chilogrammo per metro su secondo quadro; nel sistema
« cgs » l’unità di misura è il dyne, simbolo dyn, equivalente a grammo
per centimetro su secondo quadro.
Infine, il terzo principio o principio di azione e reazione,
stabilisce che ad ogni azione corrisponde sempre una reazione
uguale e contraria. Quindi le mutue azioni fra due corpi sono
sempre uguali e dirette in senso contrario. In altre parole,
applicando un’azione (forza) ad un corpo, nel sistema entro cui ciò
avviene si originerà spontaneamente una reazione di pari intensità
avente verso opposto
4.3. Aspetti di statica.
Legislazione: d.lgs. 30.4.1992, n. 285, nuovo codice della strada, art. 11, 12.
Bibliografia: Marcon G. e Marcon M. 1986 – Barbera C. e Montanari L. 2002 – Molfese
F. e Molfese A. 2005 – Rustichelli R., Auteri U.S. e Talenti V. 2005 – Girotti P. 2006.
La statica è la parte della meccanica classica che studia
l’equilibrio dei corpi. È, in sostanza, il punto di partenza dal quale
partire nella ricostruzione del sinistro.
Al fine di comprenderne i tratti essenziali, occorre partire dalla
nozione di « punto materiale », intenso quale oggetto ideale con
dimensioni nulle (assimilabile ad un punto) ma dotato di massa.
Secondo il principio fondamentale della statica, un punto
materiale persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo
uniforme se la risultante delle forze su di lui applicate è un vettore
nullo
Per l’applicazione pratica del principio sopra esposto, è
necessario eliminare l’ipotesi di punto materiale. Si osserva che per
un corpo reale è possibile estendere le leggi della dinamica e della
LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO
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statica idealmente concentrando tutta la sua massa nel baricentro, o
centro di massa « G », il quale si comporta come un punto materiale
equivalente al sistema esteso.
Occorre inoltre tenere presente che per l’equilibrio di un corpo
non basta che il risultante delle forze sia nullo ma che anche il
risultante dei momenti delle forze applicate sia nullo. In effetti due
forze uguali ed opposte ma applicate in due punti del corpo non
assiali creano un momento non nullo
In numerosi problemi semplici, la reazione del supporto è
perpendicolare alla sua superficie. Questo è vero solo per un
oggetto immobile su una superficie senza attrito. Così, per
esempio, se si pensa ad un oggetto appoggiato su un piano
inclinato perfettamente scivoloso (oppure una biglia che possa
rotolare senza resistenze) e tenuto per un cavo, allora la reazione
del supporto è perfettamente perpendicolare ad esso.
Ma la situazione è diversa nel caso di un oggetto immobile su un
piano inclinato, senza cavo, trattenuto unicamente dall’attrito; la
reazione del supporto compensa allora solo il peso. In questo caso,
si può scomporre la reazione in una componente perpendicolare al
supporto e una ad esso parallela, detta forza di attrito statico.
L’intensità della forza di attrito statico è determinata
solitamente mediante la teoria di Coulomb, secondo la quale la
massima componente parallela alle superfici di contatto è
direttamente proporzionale all’intensità della forza scambiata tra le
stesse superfici, mediante il coefficiente di attrito statico.
4.4. Velocità.
Legislazione: c.p.p. 354, 357 – d.lgs. 30.4.1992, n. 285, nuovo codice della strada, art.
11, 12, 178, 179.
Bibliografia: Marcon G. e Marcon M. 1986 – Barbera C. e Montanari L. 2002 – Molfese
F. e Molfese A. 2005 – Rustichelli R., Auteri U.S. e Talenti V. 2005 – Girotti P. 2006.
Nei casi previsti dal regolamento CEE n. 3821/85 i veicoli
devono circolare provvisti di cronotachigrafo, con le caratteristiche
e le modalità d’impiego previste nel regolamento stesso.
Per tali veicoli, dunque, è possibile ottenere dall’analisi della
strumentazione obbligatoria informazioni in merito alla velocità
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L’INFORTUNISTICA STRADALE
tenuta, oltreché ai tempi di percorrenza ed alle distanze percorse, in
modo da poter riscontrare le altre notizie eventualmente riportate,
quali quelle relative al percorso effettuato.
Per i veicoli sprovvisti di tale dispositivo (vale a dire la
maggioranza di quelli in circolazione), l’accertamento della velocità
è certamente più complesso e viene basato sugli elementi oggettivi
individuati dagli operatori del servizio di polizia stradale, elaborati
attraverso metodi derivanti da nozioni di fisica e matematica.
Il metodo indubbiamente più utilizzato dagli operatori, in
quanto utilizzabile anche in assenza d’urto tra i veicoli, è quello
basato sulle tracce di frenata. Esso si basa essenzialmente su una
formula rappresentata dalla radice quadrata del doppio del
rapporto tra l’accelerazione di gravità (pari a 9,8), il coefficiente di
efficienza frenante e lo spazio di frenata. Il risultato così ottenuto
indica i metri/secondo ai quali viaggiava il veicolo e può essere
facilmente tradotto in km/h moltiplicandolo per 3,6 (posto che
l’ora è composta da 3.600 secondi e pertanto alla velocità di un
metro al secondo si percorrono 3.600 metri pari a 3,600
chilometri).
L’apparente semplicità della formula in questione non deve
trarre in inganno facendo ritenere che la stessa sia pienamente
attendibile ed oggettiva; infatti, se è vero che il valore
dell’accelerazione di gravità è rappresentato da un dato fisso e
quello dello spazio è oggettivamente accertabile e misurabile, è
altrettanto vero che il coefficiente di efficienza frenante dipende da
numerose variabili ed è determinato attraverso una valutazione
soggettiva finale di colui che applica la formula.
Del resto, se da un lato il coefficiente di efficienza frenante è
rappresentato da resistenze del veicolo (derivanti dalla costituzione
dello stesso quali l’indice di penetrazione all’aria o il rotolamento
delle ruote) e di resistenze dovute all’azione frenante (mediante
l’azionamento dell’apposito sistema o utilizzando il freno motore),
dall’altro lato dipende da condizioni ambientali la cui valutazione è
lasciata all’operatore.
In particolare, occorre prendere in considerazione l’aderenza,
quale forza che tende a mantenere il contatto tra le superfici
interessate, la quale è proporzionale alla pressione esercitata
sull’area di contatto; l’attrito, inteso come forza che si oppone tra i
LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO
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corpi relativamente al movimento, se fermi, o rallentandone il
movimento, se presente, il quale è causato dalle asperità con il
terreno e tende a porsi in contrasto con il moto al fine di riportare
il corpo in stato di quiete, momento che ne determina
l’esaurimento d’azione; il coefficiente di attrito, il quale esprime il
rapporto che esiste tra le forze di attrito e di aderenza, da un lato, e
la forza agente capace di superarla al limite dell’aderenza, dall’altro,
e che è riassunto in tabelle schematiche tra le quali una in rapporto
a pneumatici con battistrada efficienti e gonfiaggio alla giusta
pressione e varie tipologie di strada, variante delle condizioni di
fondo ed altre riportanti i coefficienti tra i vari tipi di corpi in varie
tipologie e condizioni, utili per determinate eventuali
scarrocciamenti dovuti al ribaltamento di un veicolo.
Il coefficiente di efficacia di frenatura assume rilevanza quando
non vi sia piena efficacia della frenatura, in quanto l’azione frenante
esercitata non è quella occorrente per determinare l’arresto del
veicolo, non vi è uguale intensità o simultaneità delle ruote ovvero
è superata l’aderenza delle ruote identificabile dalle tracce di
frenatura sull’asfalto, la mancata efficacia deve essere compiuta
adottando un coefficiente inferiore ad 1. Tale coefficiente esprime
il rapporto tra lo spazio di frenatura che si sarebbe verificato e
quello effettivamente eseguito. Oltre alle variabili illustrate, il
coefficiente frenante si compone dell’eventuale pendenza e di altre
valutabili in base alle particolari condizioni del luogo1.
Occorre poi precisare che la frenata non deve essere considerata
limitatamente alle tracce che i pneumatici abbiano lasciato
sull’asfalto. A tal proposito, si distingue tra frenata affiorante
(misurabile in quanto espressa dalle tracce lasciate dai battistrada
dei pneumatici) e frenata invisibile (non misurabile poiché
costituita dalla fase susseguente alla percezione del pericolo ed
antecedente allo slittamento delle ruote); la precisazione è
importante ove si consideri che tale seconda tipologia di frenata è
quella maggiormente efficiente, nel senso che in essa i pneumatici
del veicolo esprimono la maggiore aderenza alla sede stradale
prima del loro slittamento.
1
Girotti P., op. cit., 2006, 205.
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L’INFORTUNISTICA STRADALE
Tale distinzione, di conseguenza, comporta l’introduzione nel
metodo di calcolo della velocità basato sulla frenata, di un ulteriore
parametro empirico, rappresentato dal tempo di percezione
temporale del pericolo, stimato approssimativamente in un
secondo; tale dato, se può essere assunto con buon margine di
approssimazione nei confronti della maggioranza dei conducenti di
età media e preparazione tecnica di guida normale, risulta essere del
tutto insufficiente nei confronti di conducenti esperti in grado di
allungare il tempo di slittamento delle ruote ovvero di soggetti
anziani con capacità di riflesso verosimilmente inferiori.
In altre parole, la frenata vera e propria si compone di tre fasi:
una prima, rappresentata dall’avvistamento del pericolo e dal
tempo di reazione del conducente; una seconda, di frenata
ottimale, che va dall’inizio dell’azione frenante al blocco delle ruote
causato dal superamento dell’aderenza pneumatico/asfalto; una
terza, che va dal momento del blocco delle ruote all’arresto del
veicolo e che lascia le caratteristiche tracce di frenata.
Considerando poi che non tutta l’energia posseduta dai veicoli
può dissiparsi nell’urto mediante la deformazione dei componenti
del mezzo, è possibile che risultino tracce di frenata anche dopo
l’urto tra i veicoli. In caso di urto, infatti, i veicoli subiscono una
deviazione rispetto all’asse originario ed una rotazione più o meno
angolata a seconda della direzione e quantità di moto posseduta,
con conseguente allontanamento dal punto di collisione.
Dall’analisi di questi ulteriori elementi è spesso possibile accertare,
direttamente sul luogo del sinistro, quale sia stato il veicolo urtante
e quello urtato.
Energia e quantità di moto sono dunque elementi fondamentali
per la ricostruzione della dinamica del sinistro.
L’energia cinetica, in particolare, si esprime in lavoro di cui la
velocità è una componente; nelle diverse fasi del sinistro l’energia
cinetica sarà progressivamente abbattuta mediante il dissipamento
della stessa sotto forma di lavoro, il quale è quantificato
analizzando in progressione le fasi dei sinistri.
Per abbattere l’energia cinetica posseduta dal veicolo prima
della sua entrata nella scena del sinistro si esprimono tanti lavori
quanta energia era posseduta, per poi arrivare al suo valore pari a
zero che si esprime nello stato di quiete del veicolo. L’analisi dei
LA RICOSTRUZIONE DEL SINISTRO
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vari lavori deve essere realizzata nel caso concreto, esaminando
l’azione frenante pre-urto, la deformazione delle carrozzerie dei
veicoli, lo spostamento dei corpi dal punto d’urto, ecc…
La quantità di moto, invece, deve essere determinata basandosi
sul principio per il quale i corpi mantengono una quantità di moto
complessiva, per cui a fronte del variare di ognuna di esse la somma
totale rimane comunque invariata.
Attraverso un procedimento a ritroso è dunque possibile
determinare la velocità rispettivamente tenuta dai due veicoli al
momento dell’urto, partendo dallo spazio che intercorre tra gli
stessi ed il punto d’urto e di conseguenza, proprio per il principio
visto, calcolare la velocità presunta al momento dell’inizio della
frenata; quest’ultima analisi, in particolare, deve essere valutata in
considerazione del fatto che il calcolo si basa su dati certi quagli gli
spazi rilevati dagli operatori del servizio di polizia stradale, tenendo
presente che nella fase che precede quella di attrito dei pneumatici
con l’asfalto l’azione sul pedale del freno è già stata attuata ed una,
seppur breve, azione di rallentamento è avvenuta, in quanto i freni
hanno agito sulla decelerazione del veicolo. Questo spazio di
frenata, peraltro, è difficilmente determinabile in quanto è un dato
variabile in considerazione delle condizioni soggettive del
conducente nonché delle caratteristiche del sistema frenante del
veicolo.
In relazione alle tracce di frenata, è talvolta possibile rilevare la
traccia del pneumatico attraverso il suo calco impresso su di un
fogli di carta; tale procedimento consente di ottenere
immediatamente elementi utili per le ricerche delle tracce sul luogo
di traiettoria dei mezzi verificandone la compatibilità in funzione
della carreggiata del battistrada, nonché di acquisire la
conformazione di massima dello strato di superficie del manto
stradale, potendo essere altresì considerato atto irripetibile ai sensi
dell’art. 354 c.p.p. ove vengano rispettate le forme procedurali di
verbalizzazione.