La rivoluzione culturale di Facebook.
“La vita moderna è strettamente legata alle tecnologie informatiche; è cambiato il modo di comunicare, di
avere rapporti sociali, di fare l’amore e persino la guerra ed i giovani sono i primi artefici di questa
rivoluzione culturale - ha dichiarato in apertura di serata il dott. Donelli presidente di Parmacultura
–Facebook, ad esempio, ha 500 milioni di utenti e questo ci deve fare riflettere; ci troviamo di fronte ad un
fenomeno di rilevanza straordinaria”. Il tema della società è sempre stato apprezzato dai cittadini
parmigiani che, anche in questa occasione, hanno riempito la sala del Teatro Due partecipando
attivamente all'incontro dedicato alla cultura giovanile nell’epoca di internet, ieri sera a Parma, dove si è
tenuta la conferenza annuale intitolata “La società moderna”. Alla manifestazione hanno partecipato
diversi ospiti di fama nazionale tra i quali il sociologo Piantoni e lo psicologo Biondini. “Lo scopo di questa
manifestazione, che riproponiamo ormai da 6 anni, è quella di mantenere aperto un osservatorio sulla
società italiana e mondiale che si evolve” ha aggiunto il dott. Donelli,.
L’argomento della serata ha polarizzato l’attenzione della platea e la recente uscita del film “The social
network” ,congiuntamente alla pubblicazione dei dati degli utenti attivi di Facebook, hanno fornito lo
spunto per la discussione.
“Facebook è un fenomeno sociale che riguarda soprattutto i giovani – ha dichiarato Piantoni – l’età media
degli utenti è di 35 anni ma il tempo di connessione degli under 25 raggiunge l’ 83% del totale. I giovani
ne sono fatalmente attratti; possiamo dichiarare che la cultura giovanile del 2010 passa attraverso il
social network che ne è al contempo causa ed effetto”. Ma quali sono le origini della cultura giovanile?
Essa nasce nel dopoguerra e si sviluppa negli anni 50 soprattutto grazie alla comunicazione di cui proprio
Facebook rappresenta oggi il sistema per eccellenza. Negli anni 50 i metodi per comunicare erano la
musica, grazie alla radio, ai dischi e alle musicassette, poi si diffusero le immagini provenienti dalle
fotografie, dalla pubblicità e dal cinema. Un peso comunicativo rilevante lo ebbero anche il turismo
giovanile, che si diffuse soprattutto grazie alla rete mondiale delle università, e alla moda che consentì ai
giovani di esaudire un loro tipico desiderio: quello di “uniformarsi”. “Facebook non ha soppiantato questo
modo di comunicare – ha dichiarato Biondini – li sintetizza tutti al suo interno”. Infatti con Internet si
possono condividere musica, filmati, foto ed appartenere ad una comunità (virtuale) ove potersi
esprimere.
Certamente la cultura giovanile delle generazioni precedenti ha percorso strade più concrete e talvolta
pericolose ispirate soprattutto dai desideri e dalle fantasie dell’adolescenza: il desiderio della libertà di
movimento, di cui la vespa è stata un’icona, il desiderio di pace, cantato dai Beatles e propagandato dai
pacifisti, la voglia di trasgressione e di liberazione dai tabù sessuali che passa dai blue Jeans di James
Dean alla minigonna di Mary Quant fino ai movimenti Punk, fanno parte delle sottoculture che hanno
caratterizzato la condivisione degli stili di vita dei giovani fino agli anni 80. Ed oggi? Possiamo dire che la
cultura giovanile è solo virtuale? Certamente una parte rilevante del loro tempo i giovani lo impiegano
“virtualmente”, davanti ad un monitor, ma non sono venute meno le esperienze eccitatorie della musica
techno, dei rave party e delle droghe che hanno ancora funzione di fuga dalla realtà per affrontare il
dolore ed il disagio della crescita.
“Stanno invece sparendo dalla cultura giovanile gli aspetti legati alla ribellione o al rifiuto del sistema
sociale -ha concluso Piantoni- I giovani d’oggi, con Facebook, hanno la possibilità di autodefinirsi e di
esprimere i propri valori sentendosi parte attiva della società” .
Potrebbe essere anche che dietro ad un nickname o ad una foto di un cartone animato, senza spendersi
totalmente in prima persona, si dicano le cose più liberamente, con meno inibizioni? Potrebbe essere
anche questo uno dei motivi di successo di Facebook?