Dati personali, gusti e like. Cosi Facebook (ci) vende
La tesi: offriamo un servizio ai clienti. Ma il Garante: va verificato tutto
(Articolo con dichiarazioni di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali. Corriere della sera del 20 giugno
2014, di Marta Serafini)
"I clienti di Facebook? Non sono gli utenti. Noi ormai facciamo parte del prodotto che Zuckerberg vende alle aziende" . Parola del
Washington Post che così ha commentato i cambiamenti annunciati da Menlo Park per la pubblicità. Già, perché nei giorni scorsi in
California hanno sganciato una bomba. Facebook ha introdotto annunci personalizzati e mirati (in inglese, Internet Based advertising).
Lo strumento adottato sono le Ad Preferences. Attraverso un nuovo algoritmo, il social network ci propone prodotti in base ai nostri dati
personali, ai like e a tutti i contenuti che pubblichiamo. Ma non solo. Per tracciarci verrà controllato anche quali siti visitiamo partendo dalle
pagine del faccialibro o viceversa. In pratica, una donna di 30 anni vedrà annunci di scarpe, diete, abiti alla moda in saldo. Mentre sulla
pagina di un uomo di 40 si apriranno banner di rasoi e articoli sportivi. E se la novità arriva per il momento negli Usa ed è attesa a breve
anche in Italia, è chiaro che ha già fatto molto discutere. Soprattutto alla luce del dibattito sulla sorveglianza globale che visto Zuckerberg
coinvolto in prima persona.
C'è però anche un altro lato della medaglia. Con questa mossa viene sancito lo status quo. Facebook l'ha solo messo nero su bianco : "Stiamo
tracciando i vostri dati per vendere pubblicità proprio come fanno Google e Yahoo! , è il sotto testo dell'annuncio. A volerla vedere in
positivo, come sottolinea Luca Colombo, country manager per l'Italia, Facebook afferma di star offrendo un servizio agli iscritti selezionando
per loro offerte che potrebbero interessare. Inoltre a Menlo Park spiegano che gli utenti, cliccando sugli annunci, potranno indicare se sono di
loro interesse o meno decidendo anche di disattivarli.Tutto bene, dunque?
Niente affatto. Soprattutto in Europa e in Italia, dove la sensibilità sulla privacy è più accentuata. A ribadirlo è il Garante della Privacy:
"Facebook ci ha già chiesto un incontro per trovare degli strumenti che si adattino alle nostre leggi ma non sarà facile". Il nostro
ordinamento prevede infatti che, in caso di utilizzo di dati personali, venga chiesto il consenso. Impossibile farlo a priori lasciando poi
all'utente la possibilità di revocare il permesso. Secondo Antonello Soro, inoltre, si pone un altro problema: "Attraverso numerose
acquisizioni Facebook sta accentrando su di sé sempre più servizi: dalle comunicazioni fino alla gestione di immagini. Il che rende sempre
più facile la sorveglianza globale". Anche a fini commerciali.