“S. Francesco tra Vangelo, poesia ed arte” 27 settembre 2001

Diocesi di Piacenza-Bobbio
Ufficio Stampa: Documenti
Auditorium S. Francesco
16° Settimana Francescana
Prof. ISMAELE CHIGNOLA
“S. Francesco tra Vangelo, poesia ed arte”
27 settembre 2001
Premessa
Ringrazio innanzitutto Mons. Boiardi che non solo ha accettato di ospitare me e le mie opere, ma
anche per avermi riservato l'onore di aprire questa settimana francescana. Preciso fin d'ora che non
sono un francescanista né tanto meno un teologo, perciò la trattazione del tema consisterà in una
panoramica dei vari aspetti della personalità di S. Francesco che Mons. Boiardi mi ha suggerito di
affrontare. Cominciamo, dunque, dal primo e più importante dei tre raffronti:
1. S. Francesco e il Vangelo
Un accostamento che può sembrare poco pertinente: se pensiamo a Santi ferrati in materia ci viene
più spontaneo riferirci a grandi teologi e pensatori del passato, ad esempio S. Agostino, S. Ambrogio,
S. Tommaso. Difficilmente l'immagine superficiale che abbiamo di S. Francesco ci porta a
considerare il Vangelo. E qual è, allora, questa immagine? Come diceva nella sua introduzione Mons.
Boiardi, molte sono le immagini che si sono formate di S. Francesco nel corso della storia, un poco
come i diversi ritratti che gli artisti hanno eseguito del Santo (seguono primi piani di ritratti dipinti da
Berlinghieri, Margaritone d'Arezzo, Cimabue, Simone Martini, Giotto). L'immagine più ricorrente
che abbiamo di S. Francesco è quella della produzione cinematografica, più che di quella artistica: la
Cavani, Zeffirelli hanno realizzato film estremamente poetici e suggestivi, ma che fanno poca
giustizia del vero S. Francesco, innamorato del Vangelo. Fin dai primi tempi, invece, una delle icone
più diffuse per identificare S. Francesco, come vediamo in questo affresco della Basilica inferiore
d'Assisi è quella della predica agli uccelli. S. Francesco animalista, protoecologista, naturalista:
questa distorsione è molto viva anche oggi nella cultura laica, che in qualche modo si è appropriata
del Santo facendolo apparire per quello che non è. Perché S. Francesco era prima di tutto innamorato
del Vangelo, anzi è, forse, il Santo più evangelico della storia. Infatti, se accettiamo che il Vangelo
non è un freddo saggio teologico, né un'arida biografia, bensì una guida per la nostra vita dobbiamo
ammettere che pochi, come S. Francesco, hanno saputo trovare una puntuale applicazione del suo
contenuto. E la cosa straordinaria di S. Francesco è la capacità di applicare alla lettera il Vangelo
senza tradirne lo Spirito. Era l'errore che Gesù imputava ai farisei: "la lettera uccide, lo Spirito
vivifica"; ecco, la grandezza di S. Francesco sta proprio nell'aver proposto un'interpretazione letterale
e vivificante del Vangelo. Un esempio per tutti è ciò che è avvenuto durante la festa di S. Mattia, nel
1208: S. Francesco ascolta il Vangelo della domenica e poi, terminata la Messa, si reca dal sacerdote
per farselo rileggere e spiegare. Questo dettaglio non è casuale: S. Francesco cerca e vuole la
mediazione del sacerdote. Su questo punto torneremo più avanti. All'udire che "i discepoli di Cristo
non devono possedere né oro, né argento, né denaro, né portare bisaccia, né pane, né bastone per via,
né avere calzari" S. Francesco esulta ed esclama "questo bramo di fare con tutto il cuore". Il Vangelo,
per lui, non è un insieme di parabole di significato puramente simbolico, è una successione di
indicazioni precise da mettere in pratica. Ecco perché le prime righe della Regola Bollata recitano
così: "La regola e la vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore Gesù
Cristo". E ancora, nel Testamento, S. Francesco afferma che "lo stesso Altissimo mi rivelò che
dovevo vivere secondo la forma del Santo Vangelo". Ci si chiederà: ma S. Francesco era praticamente
un illetterato, come faceva a conoscere il Vangelo? Tommaso da Celano racconta che "affidando ad
una encomiabile memoria tutto quello che ascoltava, cercava con ogni diligenza di eseguirlo alla
lettera". Ma S. Francesco non si accontentava di osservare quanto era descritto nel Vangelo; voleva in
tutti modi rivivere il Vangelo, cioè ripercorrere le principali tappe dell'esperienza umana di Gesù
Cristo. E queste tappe sono ben sintetizzate dai misteri del Rosario. Prendiamo i misteri Gaudiosi e
seguiamo S. Francesco alle prese con il Natale: "vorrei rappresentare il bambino nato a Betlemme e in
qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose
necessarie ad un neonato". Nasce così il primo presepe vivente e vediamo, qui, un eloquente esempio
del S. Francesco poetico e drammaturgico cui accenneremo poco oltre. La cosa curiosa è che
l'identificazione postuma di S. Francesco come "alter Christus" ha fatto sì che Benozzo Gozzoli
rappresentasse la nascita di S. Francesco con tutti gli attributi tipici della Sacra Famiglia, compresi
l'asinello e il bue che alitano non nella grotta di Betlemme, bensì in una sontuosa casa rinascimentale.
Ma proseguiamo a considerare i misteri dolorosi e assistiamo al Santo che se ne va piangendo per le
strade la Passione di Gesù Cristo. Questo, però, non bastava a S. Francesco che temeva di "gloriarsi
della gloria dei santi"; volle perciò vivere anche le più estreme durezze della vita del Redentore. La
vergogna, ad esempio: S. Francesco che si denuda davanti a tutti per consegnare le vesti al padre
terreno e affida se stesso alla Chiesa nell'immagine del Vescovo d'Assisi, non fa che ripetere
l'esperienza di Cristo nudo sulla croce, il quale consegnate le vesti ai soldati affida il suo Spirito nelle
mani del padre. Prima, S. Francesco aveva vissuto l'esperienza della prigione a Perugia. Anche il
padre lo tenne prigioniero per certo tempo; liberatolo, lo calunnierà pubblicamente imitato dall'altro
figlio. Alcuni briganti lo assalgono e lo percuotono, reo di essere "uno zotico araldo di Dio". Quando,
infine, non sono gli altri a metterlo in croce, le sofferenze se le procura da solo: un anno decide di
trascorrere la Quaresima sull'isola del lago Trasimeno. A sostentamento porta con sè due soli pani;
quando, secondo gli accordi, un frate torna a prelevarlo si accorge che S. Francesco ha mangiato
mezzo pane, per non cadere in vana gloria. Non l'avesse fatto, si sarebbe detto che S. Francesco aveva
eguagliato la disumana quarantena di Cristo. Questo è il messaggio che ci invia S. Francesco:
imitiamo Cristo con tutte le nostre forze, ma non diventiamo dei Padreterni, anzi, conserviamo
sempre la massima umiltà. Per finire, possiamo dire che S. Francesco ha vissuto anche i misteri
gloriosi di Gesù: il più sorprendente miracolo della storia della Chiesa, il ricevimento delle stimmate,
altro non è che l'attestazione della futura gloria di S. Francesco, come viene riportato nella Leggenda
Perugina: "Egli infatti si è degnato nella sua misericordia di donare a me, suo piccolo servo indegno
ancora vivente quaggiù, la certezza di possedere il suo regno". Le furono motivo di grande
ammirazione ma anche di sconcerto presso i contemporanei; lo stesso Cardinale Ugolino, divenuto
Papa Gregorio IX l'anno dopo la morte di S. Francesco, pare nutrisse dubbi al riguardo. Giotto allude
alla questione nell'affresco della Basilica di Assisi dove vediamo S. Francesco che sveglia dal sonno
il Papa per mostrare al novello S. Tommaso la ferita del costato. Questo dialogo incessante tra S.
Francesco e la Chiesa, nelle persone dei tre Papi che hanno avuto a che fare con lui ma anche dei più
umili sacerdoti è tema che vale la pena approfondire. Perché la fortuna di S. Francesco è senza dubbio
legata alla incrollabile fiducia nell'operato della Chiesa, in un'epoca turbata dal continuo fiorire di
movimenti eretici pauperistici come quelli dei catari e degli albigesi. Un indice del suo fervore per i
consacrati proviene dall'episodio in cui S. Francesco viene interrogato riguardo un sacerdote reo di
possedere una concubina; e il Santo risponde di non poterlo giudicare perché le mani di quel
sacerdote hanno lo straordinario potere di trasformare l'ostia nel corpo di Cristo. Di questo corpo S.
Francesco vuol far parte, perciò ha bisogno dell'approvazione della Chiesa. Ma anche la Chiesa ha
bisogno di lui per ristabilire un contatto tra i vertici e un popolo sempre più attratto dalla
secolarizzazione. In questa rapida successione di fotogrammi tratti dalla Basilica di Assisi vediamo il
Santo in un curioso gesto di benedizione verso il Papa, il quale lo benedica a sua volta consegnandoli
il bene più caro a San Francesco: la Regola Bollata del 1223.
Concludendo questa prima parte, possiamo ben dire che S. Francesco sia stato un ottimo conoscitore
del Vangelo, nel senso etimologico del termine: cum-gnoscere, dal latino, cioè sapere assieme, per
mezzo di qualcosa. E questo qualcosa è la Chiesa, all'interno della quale S. Francesco ha voluto non
soltanto conoscere ma anche vivere il Vangelo.
2. La poesia e l’arte in S. Francesco
E ora ci interroghiamo: la poesia e l'arte hanno avuto qualcosa a che fare con l'ossessione evangelica
di S. Francesco? Non intendiamo chiederci semplicemente se S. Francesco abbia in qualche modo
influenzato la cultura successiva, di cui parleremo oltre, ma se lui stesso possa essere considerato un
poeta ed un artista. Poeta sicuramente sì: il Cantico delle Creature è addirittura la prima poesia scritta
in volgare della lingua italiana: il fatto non è casuale. Per un arcano disegno della Provvidenza S.
Francesco è stato chiamato a rinnovare molte cose: perfino il suo nome non esisteva prima. "Il servo e
amico dell'Altissimo, Francesco, ebbe questo nome dalla Divina Provvidenza, affinché per la sua
originalità e novità si diffondesse più facilmente in tutto il mondo la fama della sua missione". Il fatto,
poi, di dare dignità al volgare come mezzo espressivo rientra nella pastorale di S. Francesco, che
vuole continuamente predicare il Vangelo con l'esempio di azioni, magari esagerate, ma
comprensibili per tutti. "Cosa sono i servi di Dio, se non i suoi giullari che devono commuovere il
cuore degli uomini ed elevarlo alla gioia spirituale". L'intento pedagogico della poesia risulta chiaro
pensando a come S. Francesco compose la penultima strofa del Cantico delle Creature: "Grande
vergogna è per noi, servi di Dio, che il Vescovo e il Podestà si odino talmente l'un l'altro, e nessuno si
prenda pena di rimetterli in pace e concordia. Compose allora questa strofa, da aggiungere alle Laudi:
Laudato sie, mio Signore,
per quilli ke perdonano per lo tuo amore
e sustengu enfirmitate e tribulacione.
Beati quigli kel sosteranno in pace,
ka da te, Altissimo, sirano coronati."
Forse non è stata indagata a sufficienza l'influenza del Cantico delle Creature sullo sviluppo della
letteratura italiana: perché oltre ad essere la prima poesia in volgare è anche il primo testo a parlare di
Dio in volgare. Se l'autorevolezza di S. Francesco non avesse aperto la strada, forse la Divina
Commedia sarebbe stata considerata dai contemporanei una provocazione; basti pensare che il latino
è tuttora la lingua ufficiale del Vaticano e che è stata la lingua liturgica fino al Concilio Vaticano II.
Parliamo allora di Dante, che Mons. Boiardi ha presentato all'inizio della serata come terziario
francescano: Dante che trascorre gli ultimi anni della sua vita frequentando il Convento Francescano
di Ravenna dove viene seppellito vestito del saio. Dante che dedica a Francesco l'intero Canto XI del
Paradiso, cogliendo ciò che Giotto - condizionato dalle esigenze della committenza - non aveva
potuto sottolineare negli affreschi di Assisi: il Sacrum Commercium Sancti Francisci cum Domina
paupertate, il Sacro Matrimonio con Madonna Povertà. Ecco come Dante affronta il tema nelle sue
terzine:
"e dinanzi alla sua spiritual corte
et coram patre le si fece unito;
poscia di dì in dì l'amo più forte
Ma perch'io non proceda troppo chiuso,
Francesco e Povertà per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso.
a' frati suoi, sì come giusta rede,
raccomandòù a donna sua più cara,
e comandò che l'amassero a fede;
e del suo grembo l'anima preclara
mover si volle, tornando al suo regno,
e al suo corpo non volle altra bara."
Il merito di Dante non sta solo nell'aver, in un certo senso, rettificato l'immagine opulenta del S.
Francesco affrescato in Assisi, ma anche di aver perpetuato l'accostamento tra la figura di S.
Francesco e quella di S. Domenico, (qui si incontrano in un affresco di Benozzo Gozzoli a
Montefalco). I due santi fondatori degli ordini mendicanti vengono presentati come paladini della
Chiesa in un periodo tormentato da eresie e divisioni:
"in sè sicura a anche a lui più fida,
due principi ordinò in suo favore,
che quinci e quindi le fosser per guida.
L'un fu tutto serafico in ardore;
l'altro per sapienza in terra fue
di cherubica luce uno splendore."
"pensa oramai qual fu colui che degno
collega fu a mantener la barca
di Pietro in alto mar per dritto segno"
È ammirevole la capacità di Dante di riuscire a fissare, in poche terzine, ciò che ha richiesto decine di
pagine agli agiografi: si intuisce la grande ammirazione personale di Dante, che forse si identificava
nella figura di S. Francesco reietto dai suoi stessi frati, come appare nella parabola della perfetta
letizia. Un S. Francesco eroico, quello di Dante, ma anche estremamente umano nella sofferenza,
proprio come l'infelice poeta.
Sarebbe troppo impegnativo, in questa sede, esaminare tutti gli influssi che S. Francesco ha esercitato
sullo sviluppo della letteratura italiana; ancor più problematico dare cenni sulla presenza di S.
Francesco nell'arte, vista l'abbondanza con cui è stato ritratto. Mi preme solo convenire con Mons.
Boiardi che, alla stregua di quanto avvenuto nella poesia, anche nella storia dell'arte è un terziario
Francescano a dare la svolta decisiva verso la modernità: avrete intuito che stiamo parlando di Giotto.
In base a queste considerazioni bisognerebbe ammettere che il vero padre della cultura italiana è
proprio S. Francesco, cioè colui che avvicinando il Vangelo al popolo ha posto le premesse perché
anche i linguaggi espressivi divenissero condivisibili dalla massa.. In cosa consiste, dunque, la
rivoluzione artistica di Giotto? Cennino Cennini, circa cent'anni dopo, scrive che Giotto "rimutò l'arte
di greco in latino": una definizione che può risultare fuorviante per la storiografia moderna. Oggi il
mondo greco antico viene usualmente assimilato a quello latino, che ne è una evoluzione: ma per i
saggisti medievali la parola "greco" evocava le figura ieratiche, inespressive, sproporzionate delle
icone bizantine. Fatalmente se togliessimo la barba a questo primissimo piano di S. Francesco della
Basilica superiore ci troveremmo dinnanzi ad una statua greca. Basti osservare l'armonia del viso, il
naso sottile e diritto, i tratti regolari così diversi da quelli di Cimabue, il cui primo ritratto di S.
Francesco ci mostra quale abisso di sensibilità separasse il maestro dall'allievo. "Credette Cimabue in
la pittura tener lo campo, ma ora è di Giotto il grido" sentenziava Dante nel Canto XI del Purgatorio
con spirito profetico. Poteva dirlo con cognizione di causa, giacché i due si conoscevano bene e si
stimavano assai, secondo quanto dice Vasari. Tornando alla pittura Giotto comincia a rappresentare il
viso di tre quarti, dall'alto, dal basso: non conosceva ancora la legge scientifica della prospettiva ma è
riuscito ad intuirla empiricamente. È difficile per noi oggi apprezzare tutte le novità introdotte da
Giotto e dalla sua scuola; niente fondi dorati ma scenari naturali, figure poste in posizioni molto
diverse tra loro e senza scarti proporzionali dovuti alla diversa rilevanza del personaggio. Osservate
questa celebre interpretazione del "Compianto su Cristo morto", proveniente dalla Cappella degli
Scrovegni di Padova e confrontatela con la morte di S. Francesco messa in scena da Giotto per la
Cappella Bardi di S. Croce a Firenze. La somiglianza sembra ribadire ancora una volta il parallelismo
tra le vite di Gesù e di S. Francesco. Ma ciò su cui vi invito a porre l'attenzione sono quelle figure
poste di spalle in entrambe le scene. Non sono, come si potrebbe pensare, virtuosismi tecnici o
capricci inventivi per sorprendere lo spettatore. Si tratta di una scelta inaudita, per un tempo che
contemplava solo figure viste frontalmente, e nasconde una profonda volontà. Quella persona di
spalle assiste alla scena nella stessa posizione di noi spettatori: è uno di noi. Per la prima volta nella
storia dell'arte il quadro pretende l'interazione attiva dello spettatore. Non c'é più un muro che separi
l'osservatore dal dipinto: questo fuoriesce idealmente per abbracciarci. Lo spazio si trasforma da
entità bidimensionale a universo circolare che stimola la nostra partecipazione. Giotto ci chiede di
entrare assieme alle sue figure a contemplare la morte di Gesù, di S. Francesco: è la stessa richiesta
che faceva S. Francesco alle persone che incontrava. Lasciarsi coinvolgere da un Vangelo vivo,
entrare nel Vangelo mettendolo in scena come a Greccio, come nelle quaresime, come nelle
sofferenze. Questo chiede, a ottocento anni di distanza, anche a noi ed è per questo che il messaggio
francescano è ancora attuale. E non dimentichiamo mai che S. Francesco, come vediamo in questo bel
quadro di Pontormo, non deve essere la meta del nostro viaggio:
egli è uno di coloro che ci indicano la via che porta "per Mariam ad Iesum."
Ismaele Chignola
3. Fonti francescane di riferimento
S. FRANCESCO E IL VANGELO: OSSERVANZA NEGLI INTENTI
Foto: ritratti di S. Francesco
Vita Prima di Tommaso da Celano - cap. IX
"(...) e Francesco, udendo che i discepoli di Cristo non devono possedere né oro, né argento, né
denaro, né portare bisaccia, né pane, né bastone per via, né avere calzari, né due tonache, ma soltanto
predicare il Regno di Dio e la penitenza, subito, esultante di Spirito Santo, esclamò; "Questo voglio,
questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore".
Foto: ritratti di S. Francesco
Vita Prima di Tommaso da Celano - cap. IX
"(...) Egli, infatti, non era mai stato un ascoltatore sordo del Vangelo, ma, affidando ad una
encomiabile memoria tutto quello che ascoltava, cercava con ogni diligenza di eseguirlo alla lettera."
Foto: ritratti di S. Francesco
Testamento di S. Francesco:
"E dopo che il Signore mi donò dei frati, nessuno mi mostrava cosa dovessi fare; ma lo stesso
Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del Santo Vangelo."
Leggenda maggiore di San Bonaventura - Cap. XI
"Una volta i frati gli chiesero se aveva piacere che le persone istruite, entrate nell'Ordine, si
applicassero allo studio della Scrittura; ed egli rispose:"Ne ho piacere, sì; purché, però, sull'esempio
di Cristo, di cui si legge non tanto che ha studiato quanto che ha pregato, non trascurino di dedicarsi
all'orazione e purché studino non tanto per sapere come devono parlare, quanto per mettere in pratica
le cose apprese"
Lettera a Frate Antonio
"Ho piacere che tu insegni la Sacra Teologia ai frati, purché in tale occupazione, tu non estingua lo
spirito della santa orazione e devozione, come scritto nella Regola."
Regola Bollata (1223)
La regola e la vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore Gesù Cristo
Regola non bollata - cap. XVII
Nessun frate predichi contro la forma e le istituzioni della Santa Chiesa e senza il pemesso del suo
Ministro.
S. FRANCESCO E IL VANGELO: CONFORMAZIONE DELLA VITA
Partecipazione alle gioie di Gesù (Misteri gaudiosi):
Vita Prima di Tommaso da Celano - cap. XXX
"Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei
rappresentare il bambino nato a Betlemme e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi
in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie ad un neonato, come fu adagiato in una
greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello"
Partecipazione alle sofferenze di Gesù (Misteri dolorosi)
Vita Prima di Tommaso da Celano - cap. V
"Tutti quelli che lo conoscevano, vedendolo riapparire e mettendo a confronto il suo stato attuale col
passato, cominciarono a insultarlo, a chiamarlo mentecatto, a lanciargli contro pietre e fango...
E, inaccessibile ad ogni senso di pietà, lo tenne prigioniero per più giorni in un ambiente oscuro,
cercando di piegarlo alla sua volontà, prima con parole, poi con percosse e catene.
Vita Seconda di Tommaso da Celano - cap. I
"Si combatteva tra Perugia e Assisi. In uno scontro sanguinoso Francesco fu fatto prigioniero assieme
a molti altri e, incatenato, fu gettato con loro nello squallore del carcere. Ma, mentre i compagni
muoiono dalla tristezza e maledicono la loro prigionia, Francesco esulta nel Signore, disprezza e
irride le catene."
Vita Prima di Tommaso da Celano - cap. VII
"Ad un tratto alcuni manigoldi si precipitano su di lui, domandandogli brutalmente chi sia. L'uomo di
Dio risponde impavido e sicuro: "Sono l'araldo del Gran Re, vi interessa questo?". Quelli lo
percuotono e lo gettano in una fossa piena di neve, dicendo: "Stattene lì; zotico araldo di Dio!".
Vita Seconda di Tommaso da Celano - cap. VII
"Un mattino d'inverno vide Francesco intento a pregare, coperto di poveri cenci e tutto tremante di
freddo. E rivolto, quel perverso, ad un concittadino, gli disse:" Dì a Francesco che ti venda un soldo
del suo sudore" "Lo venderò, sì, io, a ben caro prezzo al mio Signore"
Misteri gloriosi: partecipazione alla gloria di Gesù/stimmate
Leggenda perugina
"Egli infatti si è degnato nella sua misericordia di donare a me, suo piccolo servo indegno ancora
vivente quaggiù, la certezza di possedere il suo regno."
S. FRANCESCO E LA POESIA
Vita Seconda di Tommaso da Celano - cap. XC
"Quando la dolcissima melodia dello spirito gli ferveva nel petto, si manifestava all'esterno con
parole francesi, e la vena dell'ispirazione divina traboccava in giubilo alla maniera giullaresca."
Leggenda perugina
"Cosa sono i servi di Dio, se non i suoi giullari che devono commuovere il cuore degli uomini ed
elevarlo alla gioia spirituale"
Vita Prima di Tommaso da Celano - cap. XXX
"il Santo è lì estatico di fronte al presepio... e canta con voce sonora il Santo Vangelo: quella voce
forte e dolce, limpida e sonora, rapisce tutti in desideri di cielo".
Leggenda perugina - 43
"Voglio quindi, a lode di Lui e a mia consolazione e per edificazione del prossimo, comporre una
nuova Lauda del Signore per le sue creature."
Leggenda perugina - 44
"Grande vergogna è per noi, servi di Dio, che il Vescovo e il Podestà si odino talmente l'un l'altro, e
nessuno si prenda pena di rimetterli in pace e concordia. Compose allora questa strofa, da aggiungere
alle Laudi:
Laudato sie, mio Signore,
per quilli ke perdonano per lo tuo amore
e sustengu enfirmitate e tribulacione.
Beati qugli kel sosteranno in pace,
ka da te, Altissimo, sirano coronati.
Laudato sì, mi signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullo omo vivente può scampare.
Guai a quelli che morranno ne le peccata mortali!
Beati quilli che troverà ne le tue sanctissime voluntati,
ca la morte seconda no li farrà male.
Catari: "l'universo una maledizione, la vita un'orribile manifestazione demoniaca, la bellezza del
mondo come una trappola diabolica"
Fioretti di S. Francesco - cap. XIII
"O frate Masseo, non siamo degni di così grande tesoro". E ripetendo queste parole più volte rispose
frate Masseo: "Padre, come si può chiamare tesoro, dove è tanta povertà e mancamento di quelle cose
che bisognano? Qui non è tovaglia, né coltello, né taglieri, né scodelle, né casa, né mensa, né fante, né
fancella".
"Disse Santo Francesco:"E questo è quello ch'io reputo grande tesoro, dove non è cosa veruna
apparecchiata per industria umana; ma ciò che ci é, é apparecchiato dalla provvidenza divina,
siccome si vede manifestamente nel pane accattato, nella mensa della pietra così bella e nella fonte
così chiara"
CHI È S. FRANCESCO
Vita seconda di Tommaso da Celano - Cap. I
"Il servo e amico dell'Altissimo, Francesco, ebbe questo nome dalla Divina Provvidenza, affinché per
la sua originalità e novità si diffondesse più facilmente in tutto il mondo la fama della sua missione."
Vita prima di Tommaso da Celano - Cap. XXIX
"Era uomo facondissimo, di aspetto gioviale, di sguardo buono, mai indolente e mai altezzoso. Di
statura piuttosto piccola, testa regolare e rotonda, volto un po' ovale e proteso, fronte piana e piccola,
occhi neri, di misura normale e tutto semplicità, capelli pure oscuri, sopracciglia diritte, naso giusto,
sottile e diritto, orecchie dritte ma piccole, tempie piane, lingua mite, bruciante e penetrante, voce
robusta, dolce, chiara e sonora, denti uniti, uguali e bianchi, labbra piccole e sottili, barba nera e rara,
spalle dritte, mani scarne, dita lunghe, unghie sporgenti, gambe snelle, piedi piccoli, pelle delicata,
magro, veste ruvida, sonno brevissimo, mano geresosissima."
S. FRANCESCO E L'ARTE
Vita seconda di Tommaso da Celano - Cap. VI
"...un giorno, passò accanto alla chiesa di S. Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti.
Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra supplice e devoto al Crocifisso e, toccato in modo
straodinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato. Mentre egli è così profondamente
commosso, all'improvviso - cosa da sempre inaudita! - l'immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli
parla, movendo le labbra. "Francesco, - gli dice chiamandolo per nome, và, ripara la mia casa che,
come vedi, è tutta in rovina".
Compilatio Assisiensis - Cap. 10
"Sono fermamente convinto che, se il Signore avesse elargito un così gran numero di grazie ad un
ribaldo o ad un pagano quante ne ha date a me, essi oggi lo servirebbero con più fedeltà di me. Come
in un'immagine del Signore o della Beata Vergine, dipinta su legno, viene onorato Dio o la Beata
Vergine, e ad essi ci si riferisce, nulla presumendo il legno o la pittura, appunto perché non è altro che
legno dipinto, così il servo di Dio: è come un dipinto, una creatura di Dio, in cui si ammira l'arte di
Lui. L'uomo, come la tavola o il colore, non deve arrogarsi nulla, ma l'onore e la gloria devono essere
riferiti solo a Dio. A sè, finché vive, niente altro deve attribuire che la confusione e il cruccio di dover
constatare che, fino alla morte, la carne contrasta i doni di Dio."
dalla Vita Seconda di Tommaso da Celano - Cap. CLI
"Al di sopra di tutte le altre solennità celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù, e
chiamava feste delle feste il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhili, e la compassione
del Bambino, riversandosi nel cuore, gli faceva anche balbettare parole di dolcezza alla maniera dei
bambini."
dalla Vita Seconda di Tommaso da Celano - Cap. LXIII
"Durante una quaresima aveva fatto un piccolo vaso, per utilizzare i ritagli di tempo e non perderne
nemmeno uno. Ma un giorno, mentre recitava devotamente Terza, gli capitò di fermare per caso gli
occhi su quel vaso, e si accorse che l'uomo interiore era stato ostacolato nel suo fervore. Afflitto
perché la voce del cuore diretta all'orecchio divino aveva subito una interruzione, finita Terza, disse ai
frati presenti: "Ah, lavoro inutile che ha avuto tanto potere su di me da deviare a sè il mio spirito! Lo
sacrificherò al Signore, perché ha impedito il sacrificio diretto a lui". Detto ciò, afferrò il vaso e lo
gettò nel fuoco, dicendo: "Vergogniamoci di lasciarci distrarre da fantasie inutili, quando nel tempo
della preghiera parliamo col Gran Re".
S. FRANCESCO E DANTE
Canto XI - Paradiso
La provedenza che governa il mondo
con quel consiglio nel quale ogne aspetto
creato è vinto pria cha vada al fondo
però che andasse cer' lo suo diletto
la sposa di colui ch'ad alte grida
disposò lei col sangue benedetto,
in sè sicura a anche a lui più fida,
due principi ordinò in suo favore,
che quinci e quindi le fosser per guida.
L'un fu tutto serafico in ardore;
l'altro per sapienza in terra fue
di cherubica luce uno splendore.
La povertà
e dinanzi alla sua spiritual corte
et coram patre le si fece unito;
poscia di dì in dì l'amo più forte
Ma perch'io non proceda troppo chiuso,
Francesco e Povertà per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso.
a' frati suoi, sì come giusta rede,
raccomandòù a donna sua più cara,
e comandò che l'amassero a fede;
e del suo grembo l'anima preclara
mover si volle, tornando al suo regno,
e al suo corpo non volle altra bara.
DATI CRONOLOGICI FRANCESCANI
1181 nasce S. Francesco
1205 crocifisso S. Damiano
1206 si sveste
1206-1208 restauri
1208 S. Mattia - ascolto del vangelo
1209 incontro con Innocenzo III - 12 frati
1214 Accoglienza di Tommaso da Celano
1217 capitolo generale
1219 incontro col sultano
1220 rinuncia al governo dell'ordine
1223 approvazione della regola da Onorio III
1224 quaresima di S. Michele - stimmate
1225 Promessa della vita eterna - Cantico delle creature
1226 Testamento di Siena
3 ottobre morte
1227 Cardinale Ugolino diventa Gregorio IX
1228 Canonizzazione
1228-29 Vita prima
1244 Capitolo di Genova - invito ai frati
1246 lettera di Greccio
1246-67 Vita seconda
1258 Bonaventura ministro
1266 Capitolo di Parigi - distruzione altre biografie
DANTE
1265 nascita
1300 primo giubileo con Bonifacio VIII
1302 esilio da Firenze
1318 da Verona a Ravenna
1321 morte a Ravenna
GIOTTO
1267 nasce a Vicchio nel Mugello
1280 con Cimabue a Roma
1290 storie di Isacco ad Assisi
1298 - 1300 Ciclo di Assisi e di S. Giovanni in Laterano
1304-1306 Scrovegni
1311-1327 a Firenze; cappella Bardi e Peruzzi
1328-1334 a Napoli
1334-1337 campanile del Duomo
1337 morte
*Documento stilato dal relatore