Nel linguaggio comune indica esperienze di compartecipazione e di condivisione delle emozioni altrui, la capacità di comprensione dell’altro. Il concetto ha, tuttavia, molte sfaccettature. Non è, dunque, né di facile definizione né semplice da inquadrare da parte delle discipline psicologiche. 2 approcci iniziali: 1. Anni ’50 - L’empatia come partecipazione/condivisone emotiva: si concentra sulla dimensione emotiva dell’empatia. L’empatia è un processo di attivazione emotiva, più o meno volontario, che implica la condivisione/partecipazione ai vissuti altrui. Empatizzare significa provare la stessa emozione, seppur in modo vicario. (Componente emotiva) 2. Anni 60’ - L’empatia come comprensione del punto di vista altrui: si concentra sui processi di pensiero che generano risposte empatiche. L’empatia è la capacità di decentrarsi cognitivamente, mettendosi nei panni dell’altro per vedere la situazione dalla sua prospettiva. (Componente cognitiva) Anni ‘80 – L’empatia come comprensione e condivisione: la componente empatica e quella cognitiva sono riunite nel processo dell’empatia. Si fa così riferimento ai modelli multifattoriali o multidimensionali del processo, contrapposti ai precedenti due. La prima esponente di questo approccio è Feshbach: per lei l’empatia è un costrutto multicomponenziale. Empatizzare significa provare la stessa emozione dell’altro (esatta concordanza affettiva – affect match) pur riconoscendo che tale emozione è derivata dall’altro e non dai noi stessi (condivisione vicaria). “ “ Martin Hoffman Andando avanti negli studi dell’empatia, alcuni studiosi hanno smesso di utilizzare questo termine in senso generale ed astratto e hanno cominciato a considerare come più rilevante il contesto in cui l’individuo sviluppa risposte empatiche. L’empatia culturale è la disponibilità di un individuo ad accettare modi di fare e abitudini tipiche di una cultura diversa dalla propria. L’empatia etnoculturale è quella rivolta a persone che appartengono ad etnie diverse. Questo tipo di empatia mette in campo la componente linguistica: siamo in grado di comunicare con gli altri, di conoscere etnie diverse e di accettarne le differenze? Role taking: mettersi consapevolmente nei panni degli altri. Può essere: 1. Emozionale: capacità di riconoscere le emozioni degli altri e rispondere adeguatamente (generica preoccupazione empatica) 2. Cognitivo: capacità di inferire i pensieri e le intenzioni altrui. 3. Percettivo: comprendere il modo dell’altro di vedere un oggetto o una serie di oggetti. Il role taking non comporta componenti di tipo affettivo. E’ il semplice spostamento dal mio punto di vista a quello dell’altro. Simpatia: la simpatia non è un ”sentire come”, ma un “sentire per” qualcun altro. Questo implica accettazione del comportamento altrui e compensione di esso. La simpatia è simile all’empatia perché 1. Rappresenta una reazione affettiva all’emozione dell’altro 2. C’è consapevolezza del fatto che l’emozione appartenga all’altro 3. Il focus è orientato sull’altro Ma diversa perché 1. L’osservatore non sperimenta necessariamente la stessa emozione dell’altro 2. L’osservatore piuttosto dispiacere e apprensione per la condizione altrui Disagio personale: è l’esperienza di uno stato emotivo negativo (personal distress) che conduce a una reazione egoistica, orientata sul sé. Per esempio: vedere un’altra persona in pericolo e preoccuparsi della propria incolumità invece che della sua. Secondo Hoffman, tuttavia, il disagio personale può essere anche orientato a beneficio dell’altro ➪ il soggetto si sforza di attuare una risposta a beneficio dell’altro, ma il focus rimane comune orientato su di sé. Contagio emotivo: è la prima forma di condivisione affettiva sperimentata dai bambini che non sono in grado di distinguere il dolore interno da quello esterno ➪ piangono per sé stessi ma anche se vedono/sentono piangere un altro bambino (pianto reattivo). Il contagio emotivo differisce dall’empatia perché il focus rimane su di sé e non c’è percezione del carattere vicario dell’emozione provata. Nel campo delle neuroscienze e della neurofisiologia, l’empatia è stata sostenuta da numerosi studi sui neuroni specchio (mirror neurons). I neuroni specchio sono stati individuati per la prima volta nei primati. Sono un tipo particolare di neuroni premotori, situati nell’area F5 del cervello. La scoperta è la seguente: quando assistiamo ad un’azione, pur non compiendola direttamente, il sistema neurale si attiva come se fossimo noi i protagonisti dell’atto. L’osservatore, dunque, mima dentro di sé le azioni e, così facendo, le esperisce. I neuroni specchio giocano un ruolo importante anche a livello di competenza linguistica. Quando guardiamo una persona parlare, infatti, anche se siamo in silenzio si attiveranno in noi alcuni neuroni situati nell’area di Broca (area cerebrale adibita all’articolazione linguistica). Comprendere le azioni altrui è però diverso dal condividere lo stesso stato emotivo. I neuroscienziati si sono così aperti allo studio dell’empatia in relazione all’esistenza dei neuroni specchio. Dagli anni ‘60 in poi molti studiosi hanno cominciato a proporre dei veri e propri modelli per descrivere i processi empatici. I contributi più rilevanti sono attribuibili a: Norma Feshbach Martin L. Hoffman Janet Strayer Mark Davis Bischof-Köhler Vreeke e Van der Mark Il suo è il primo modello che abbandona la visione dell’empatia monolitica, in favore di una struttura multidimensionale. La sua attenzione si concentra su tre aspetti: 1. I risvolti sociali dell’empatia 2. La misurazione dell’empatia 3. Elaborazione di programmi specifici per incrementare l’empatia L’empatia è composta da elementi affetti ed elementi cognitivi. Alla sua base ci sono tre capacità: 1. La capacità di decodificare gli stati emotivi degli altri 2. La capacità di assumere il ruolo e la prospettiva dell’altro 3. La capacità di rispondere affettivamente all’emozione dell’altro Per provare empatia, bisogna aver prima chiara la distinzione tra sé e gli altri. Nei bambini questa distinzione (abilità di decentramento) diventa chiara intorno ai sei anni. L’empatia è un processo maturo, che si affina con la crescita. Nell’esperienza empatica è centrale la capacità di role taking. L’empatia non può comparire prima del superamento dell’egocentrismo. Per Feshbach l’empatia implica la consapevolezza e la volontarietà del gesto. Per Hoffman l’empatia è l’insieme di processi che accompagnano la percezione dello stato emotivo dell’altro, generando nel soggetto una risposta affettiva più adeguata alla condizione altrui che alla propria. Per lui l’empatia si manifesta fin dai primi giorni di vita del bambino. Hoffman ridimensiona l’importanza del role taking, dando rilevanza invece alla sfera affettiva. Es: quando è piccolo il bambino non è in grado di distinguere tra le proprie emozioni e quelle degli altri, ma sarà comunque in grado di rispondere alle sensazioni altrui in maniera immediata (pianto reattivo), basandosi su percezioni solamente affettive e non cognitive. 1. Modalità automatiche, involontarie, poco evolute ➪ imitazione motoria, condizionamento classico… 2. Processi cognitivi sofisticati ➪ role taking Confusione tra sé e gli altri (primi mesi di vita) Consapevolezza dell'oggetto (2 anni) Assunzione della prospettiva altrui (seconda infanzia) Senso dell'identità dell'altro Distress empatico globale • I bambini non sono in grado di distinguere sé e gli altri. Per questo l’emozione che vivono in relazione allo stato d’animo altrui non è vicaria. La provano come se fosse propria. Distress empatico egocentrico • Il bambino comincia a capire chi è l’altro. Quando percepisce le sue emozioni risponde quasi cercando di aiutarlo, ma lo fa per mettere a tacere la propria angoscia. Distress empatico quasi egocentrico • C'è volontà di aiutare l'altro, ma lo si fa sempre tramite i propri mezzi (es: il bambino consola il compagno dandogli il suo gioco) Vera empatia • Il bambino riesce ad empatizzare davvero con gli altri. Il suo aiuto è più efficace. Distress empatico oltre la situazione • Intorno ai 9 anni, i bambini realizzano davvero l'identità degli altri. L'empatia si sviluppa in forma più matura. Nell’empatia gli aspetti fondamentali sono tre: quello della dimensione affettiva, quello della dimensione cognitiva e quello della relazione con gli altri. Per questo gli studi sull’empatia nello sviluppo atipico si sono concentrati in particolare su 1. bambini affetti da sindrome di Down ➪ la loro sfera più problematica è quella cognitiva. La loro capacità viene meno quando gli si chiede di immaginarsi in una situazione ipotetica. Al contrario hanno una grandissima capacità di aiuto e conforto nelle situazioni reali. 2. bambini con autismo ➪ la loro sfera più problematica è quella affettiva e relazionale. La loro condizione fa sì che mettano difficilmente in atto comportamenti prosociali orientati verso l’altro, al di là della loro altissima capacità di comprensione. L’empatia contro la violenza L’empatia contro il bullismo L’empatia contro il pregiudizio (empatia etnoculturale) L’empatia a casa: genitori empatici possono incentivare lo sviluppo dell’empatia nei figli. Il metodo più efficace è quello induttivo ➪ il genitore enfatizza la prospettiva dell’altro, fanno attenzione alla sofferenza altrui, fanno comprendere il peso delle azioni sugli altri ecc. ➪ genitori autorevoli, calmi ma fermi. L’empatia a scuola: il livello di empatia dimostrato da un’insegnante influenza il grado di empatia degli allievi. Gli educatori empatici si propongono come un modello morale e si sforzano di considerare l’allievo come individuo unico. I più empatici risultano essere coloro che: 1. Utilizzano rinforzi positivi per spronare gli alunni 2. favoriscono le discussioni di gruppo 3. Puntano sulla cooperazione con i colleghi 4. Individualizzano i contenuti didattici 5. Spronano gli alunni ad esprimere la loro creatività Rendimento scolastico: nelle classi tenute da docenti empatici, risulta esserci una maggior qualità di apprendimento, un minor numero di assenze a una valutazione più positiva della scuola in generale (risultati ottenuti dagli studi di Fortuna, Tiberio e Goodenow) Valutazione degli alunni: gli insegnanti più coinvolti vengono percepiti come più supportivi dagli studenti Sviluppo individuale: gli alunni che fanno riferimento ad un insegnante empatico hanno più autostima (Fortuna, Tiberio, Harter) Modulazione delle condotte sociali: la presenza di un educatore empatico scoraggia comportamenti aggressivi e incoraggia comportamenti prosociali (Fortuna, Tiberio, Wentzel) La qualità dell’insegnante: empatia come propensione individuale La dimensione delle classe e il suo carattere Problematiche evidenziate dagli insegnanti Il tempo a disposizione La rigidità della programmazione scolastica e la qualità della direzione Secondo l’OMS, a prescindere dal contesto, ci sono delle abilità che devono far parte del percorso educativo. Tra queste c’è l’empatia. 4 capisaldi: 1. Metodologia dell’insegnamento delle life skills: si propone un tipo di apprendimento attivo e partecipante 2. Competenze del conduttore: l’insegnante dovrà saper padroneggiare un tipo di metodologia attiva, tenendo conto dell’esigenze del gruppo cui propone una determinata attività 3. Gruppo di progetto: gli insegnanti devono essere sostenuti nella formazione 4. Valutazione del training: bisogna valutare l’efficacia dell’educazione affettiva Programma strutturato da Norma e Seymour Feshbach al fine di migliorare la capacità empatica di bambini d’età compresa da i 7 e i 10 anni. Strutturazione del corso: 1. 30h, 3 incontri a settimana, 10 settimane. 2. Attività ludiche, giochi di problem solving, esercizi scritti, racconti di storie, gruppi di discussione… I risultanti hanno confermato l’efficacia del training sia con l’accrescimento dell’empatia sia con l’aumentare di comportamenti prosociali. Altri tipi di training sono stati portati avanti anche avvalendosi di strumenti differenti, come la musica.