Storia
Programma classe IV
Dalla metà del Seicento al XIX secolo
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L’età dell’Assolutismo: La
Francia di Luigi XIV e Luigi
XV, slide
La Penisola italiana nel
Seicento, slide
Le guerre di successione
dinastica e la Guerra dei Sette
anni, slide
L’età dei Lumi, slide
La Prima rivoluzione
industriale, slide
La Rivoluzione americana,
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La Rivoluzione francese,
Slide
L’età di Napoleone, slide
Il Congresso di Vienna e la
Restaurazione, slide
L’unificazione italiana,
Slide
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L’età dell’Assolutismo
Tra XVII e XVIII secolo in Europa si affermò la tendenza a concentrare
tutto il potere nelle mani della monarchia. L’assolutismo si realizzò
soprattutto in Francia con il regno di Luigi XIV (Re Sole).
La popolazione era divisa in tre ordini (tre «stati» sociali: nobiltà, clero e
Terzo stato). Il Terzo stato comprendeva tutto il popolo, la borghesia e i
contadini.
Luigi XIV salì al potere nel 1661 e per ridurre il ruolo politico della
grande nobiltà, soprattutto in seguito agli episodi di ribellione (Fronda
parlamentare, 1648-1649 e Fronda dei Principi, 1650 – 1653 contro
Mazzarino), li costrinse a vivere nella Reggia di Versailles, lontani dai
loro possedimenti e dalla possibilità di organizzare delle ribellioni
contro il sovrano.
Luigi XIV riorganizzò lo Stato francese, al cui vertice c’era il sovrano
stesso. Il controllore generale delle finanze, Jean Baptiste Colbert, ebbe
un ruolo essenziale nella politica economica di Luigi XIV. Egli attuò
una riforma fiscale che ebbe lo scopo di uniformare la raccolta dei
tributi e cercò di far pagare le tasse anche a nobili e clero stabilendo
delle imposte sui loro possedimenti. Per favorire lo sviluppo economico,
invece, potenziò le vie di comunicazione e abolì i dazi interni. Colbert
seguiva le teorie protezionistiche del mercantilismo.
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Durante l’epoca di Luigi XIV la Francia conobbe anche
l’espansione coloniale (Louisiana) e anche le attività
artistiche furono controllate dallo Stato. Inoltre, Luigi
cercò di sottomettere al suo controllo anche la Chiesa:
obbligò i vescovi a giurare fedeltà alla corona quindi fondò
la Chiesa gallicana, autonoma, dal punto di vista
amministrativo, da quella di Roma. Luigi, inoltre,
proclamò il cattolicesimo come unica religione di Stato e
arrivò addirittura alla revoca dell’Editto di Nantes (1685).
La politica estera di Luigi XIV fu particolarmente
aggressiva: dopo aver introdotto il servizio militare
obbligatorio e potenziato l’esercito stesso, si impegnò in
varie guerre contr l’Olanda, la Spana e gli Asburgo. Questi
ultimi, uniti ad altri Stati, formarono la Lega di Augusta
(1696) ed obbligarono la Francia a rinunciare a quasi tutti
i territori conquistati. Nel 1715 Luigi morì e il nuovo re,
Luigi XV, era minorenne. La reggenza, quindi, fu affidata a
Filippo d’Orléans. Egli cercò di risanare le casse dello
Stato ma il risultato fu la bancarotta.
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La penisola italiana nel Seicento
La Penisola italiana nel Seicento era, per gran parte,
direttamente o indirettamente dominata dagli spagnoli. Ad
eccezione del Ducato di Milano e del Regno di Napoli, negli altri
possedimenti vigeva una situazione di crisi. Tra gli Stati ancora
indipendenti, la Repubblica di Venezia stava ancora lottando
contro l’Impero ottomano e stava progressivamente andando in
declino, mentre il Ducato di Savoia, guidato da Vittorio Amedeo
II (duca dal 1675 al 1706), conobbe un significativo
ammodernamento.
In generale, però, la dominazione spagnola nella penisola ebbe
effetti negativi, dovuti soprattutto, all’eccessiva imposizione
fiscale spagnola; inoltre, la penisola italiana, con lo spostamento
dell’asse commerciale dal Mediterraneo all’Atlantico, si trovò in
una posizione marginale. L’economia focalizzò nuovamente la
sua attenzione verso l’agricoltura: al Nord si introdussero nuove
colture (mais, vite, gelso per bachicoltura), tanto che alcune
città come Genova, Milano, Venezia conobbero un discreto
sviluppo; al Sud, invece, l’agricoltura era molto arretrata e
vigeva ancora il latifondo.
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Le guerre di successione dinastica e la
guerra dei Sette Anni
La prima metà del Settecento è stata caratterizzata dalla
volontà di mantenere l’equilibrio politico esistente tra i
vari Stati. Ciononostante, tra il 1700 ed il 1750 furono
combattute tre guerre per la successione ai troni di
Spagna, Polonia ed Austria.
La guerra di successione spagnola fu combattuta tra il
1702 ed il 1714. Si concluse con le paci di Utrecht e di
Radstadt: la Spagna passò ai Borbone, l’Austria ottenne i
Paesi Bassi spagnoli, lo Stato di Milano e la Sardegna.
Quest’ultima venne, poi, scambiata con la Sicilia (quindi
la Sardegna passò ai Savoia). Vittorio Amedeo II divenne re
dei Savoia. La Gran Bretagna ebbe alcune colonie
americane dalla Francia ed acquisì il diritto di partecipare
alla compravendita degli schiavi.
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La guerra di successione polacca si svolse tra il 1733 e il 1738.
Provocò lo scontro tra la Francia di Luigi XV e l’Austria e venne
combattuta prevalentemente in territorio italiano. Al termine del
conflitto:
- Francesco Stefano di Lorena ottenne il Granducato di
Toscana;
- don Carlos di Borbone ottenne il Regno di Napoli e Sicilia;
- i Savoia ampliarono i confini dei loro possedimenti verso Est.
La guerra di successione austriaca, invece, venne combattuta
negli anni ‘40 del Settecento (1740 – 1748) dopo che Spagna,
Regno di Sardegna, Prussia e Baviera ebbero contestato l’ascesa
al trono di Maria Teresa d’Austria. L’Austria venne aiutata dalla
Gran Bretagna. Il conflitto termina nel 1748 con la firma della
Pace di Aquisgrana che confermò la corona imperiale a Maria
Teresa e al consorte Francesco Stefano di Lorena. I Savoia,
inoltre, ampliarono ulteriormente i propri possedimenti.
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Il XVIII secolo, oltre che il periodo delle guerre di successione, fu
anche un arco di tempo durante il quale economia e popolazione
crebbero. In particolare, la popolazione aumentò grazie ad un
generale miglioramento delle condizioni igieniche e ad una maggiore
produzione agricola. Aumentò in commercio, soprattutto
internazionale e comincia una vera circolazione globale delle merci.
In particolare, tra Europa ed Africa subsahariana si svolgeva una
parte del cosiddetto commercio triangolare; le navi partivano
dall’Europa cariche di manufatti ed armi con cui venivano pagati gli
schiavi neri in Africa. Questi ultimi, infine, venivano trasportati
nelle colonie d’America al fine di avere manodopera per le
piantagioni di cotone, tabacco e zucchero.
Gli europei, però, commerciavano anche in Asia. Inizialmente, il
commercio riguardò soprattutto spezie (Compagnia olandese delle
Indie orientali) ma, dalla seconda metà del XVII secolo, vennero
commerciati tessuti indiani (gestito da Francia e Gran Bretagna). In
seguito alla crescente domanda di tè in Europa, però, molte
compagnie commerciali impiantarono proprie coltivazioni per
produrre tè (olandesi a Ceylon, inglesi in India e francesi a
Réunion).
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Nel 1756 scoppiò la guerra dei Sette Anni.
Maria Teresa d’Austria voleva fermare la Prussia e recuperare la
Slesia. Il conflitto venne esacerbato dalla rivalità coloniale tra la
Francia e la Gran Bretagna: Gran Bretagna e Prussia si
allearono contro Austria, Francia, Russia e Svezia.
La guerra finì nel 1763 (Trattato di Parigi) con la vittoria della
Gran Bretagna che ottenne il Senegal e la Florida.
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L’età dei Lumi
L’Illuminismo è una vasta ed
eterogenea corrente culturale
che si diffuse dalla Francia agli
paesi d’Europa nel corso del
Settecento.
Contrappose la
ragione alla superstizione in
ogni ambito del sapere umano.
Esso trovò le sue fondamenta
nel
metodo
sperimentale
galileiano e nel pensiero di
Newton. In campo religioso, i
philosophes
ebbero
diversi
atteggiamenti:
molti
non
rinnegarono
l’esistenza
di
un’entità superiore (Deisti) ma
altri,
invece,
ebbero
un
atteggiamento molto diverso ed
aderirono
ad
un
filone
materialista. Entrambi, però,
avevano in comune l’idea di
fondo della tolleranza religiosa.
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Il presupposto fondamentale dell’Illuminismo era una maggiore diffusione
della cultura: cominciarono a circolare libri, pamphlet e nacquero dei veri e
propri giornali d’opinione (tra cui The Spectator, 1711).
L’opera simbolo dell’Illuminismo è L’Encyclopédie, (Enciclopedia o
Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri), un’opera diretta
dai filosofi Diderot e D’Alembert e alla cui realizzazione hanno collaborato le
più importanti voci de secolo. È stata pubblicata tra il 1751 e il 1772 in 17
volumi di testo ed 11 di tavole ed era un’opera che si proponeva di
raccogliere tutto il sapere, anche di carattere pratico e tecnico. Presto essa
fu considerata pericolosa per la morale ed inserita nell’Indice dei libri
proibiti (1759).
Secondo gli illuministi, il sapere doveva portare alla felicità pubblica: tutti
gli uomini sono uguali e, quindi, a tutti occorre dare benessere con riforme
politiche ed amministrative. I più importanti pensatori del secolo furono
Montesquieu, Voltaire, Rousseau ed Adam Smith. In Italia l’Illuminismo si
diffuse a partire da Giannone e Muratori. I principali esponenti furono di
estrazione nobiliare: a Milano essi si raccoglievano intorno alla rivista Il
Caffè fondata da Pietro Verri. Tra gli esponenti più illustri, Cesare Beccaria
che nel suo Dei delitti e delle pene condannò la tortura e la pena di morte;
sottolineò la distanza tra peccato religioso e delitto, idea laica; condannò
l’Ancien régime e pose le basi per il nostro moderno sistema penale.
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Le idee illuministe ebbero notevole
impatto su cultura, politica, economia in
gran parte dell’Europa.
I maggiori
philosophes credevano di poter migliorare
le
strutture
politiche
esistenti
e
collaborarono
con
alcuni
sovrani
(dispotismo illuminato) come Federico II
di Prussia e Maria Teresa d’Austria.
Federico II promosse numerose riforme,
introdusse
l’istruzione
elementare
obbligatoria, abolì i tribunali feudali e
promosse una certa tolleranza religiosa.
Maria Teresa d’Austria seguì il modello
prussiano e così il suo successore,
Giuseppe II (Maria introdusse il catasto;
Giuseppe abolì la servitù della gleba,
sancì la libertà di culto e permise agli
ebrei di entrare nelle università e
nell’esercito). In Italia, Maria Teresa
d’Austria introdusse il catasto e cercò di
abolire il Tribunale dell’Inquisizione.
Sotto Pietro Leopoldo corporazioni ed
Inquisizione vennero cancellati.
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La Prima rivoluzione industriale
Negli anni che vanno dal 1760 al 1830 circa si sviluppò la cosiddetta
Rivoluzione industriale. Essa provocò un cambiamento radicale a livello
economico, sociale, politico, demografico e nelle abitudini di vita. La
rivoluzione è stata possibile grazie ad una serie di fattori:
- Ingenti introiti dovuti al commercio e al vasto impero coloniale
- Attenzione per le scienze e le tecnologie, conseguenza anche
dell’Illuminismo
- Rivoluzione agricola che determinò l’eliminazione degli open fields e
l’introduzione di nuovi strumenti agricoli. La rivoluzione agricola
determinò un forte aumento di produttività.
La rivoluzione industriale cominciò nel settore tessile: gli imprenditori
avevano a disposizione cotone a basso costo proveniente dalle piantagioni
americane e valutarono di introdurre le macchine nella produzione. Il primo
vero cambiamento vi grazie a James Watt che brevettò la macchina a
vapore . Grazie a dessa la posizione degli stabilimenti di produzione non fu
più vincolata alla presenza di corsi d’acqua ma fu libera, tanto che presto
sorsero industrie ovunque fosse possibile rifornirle di combustibile
(prevalentemente carbon fossile, di cui il sottosuolo inglese era ricco).
L’invenzione di Watt venne presto applicata ai trasporti: nel 1829 l’ing.
Stephenson realizzò la locomotiva che entrò in servizio regolare sulla prima
linea ferroviaria destinata al trasporto passeggeri, la Liverpool –
Manchester.
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Nella società cominciarono a differenziarsi sempre più:
- capitalisti, ovvero coloro che avevano la disponibilità
economica per acquisire i mezzi di produzione ed investire in
attività;
- Proletari, ovvero coloro che, privi di mezzi, disponevano solo
delle proprie braccia e costituivano la forza lavoro. Essi
vivevano nella miseria più assoluta; sfruttati e privi di
qualsiasi forma di assistenza e tutela, pagavano i costi sociali
della rivoluzione industriale.
Conseguenze della rivoluzione industriale:
- urbanesimo;
- Urbanizzazione.
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La Rivoluzione americana
Verso la metà del Settecento, sulla
costa atlantica del Nordamerica, si
erano formate 13 colonie che avevano
progressivamente accolto un flusso di
emigranti dalla Gran Bretagna. Le
colonie avevano caratteristiche fra loro
molto diverse: le quattro settentrionali
( Massachussets, Connecticut, New
Hampshire e Rhode Island) erano di
tradizione puritana e si dedicavano
alla
produzione
di
legname
e
costruzione di navi da pesca; le
quattro del centro (New York, New
Jersey, Pennsylvania e Delaware)
erano
sviluppati
commercio
e
agricoltura e vi convivevano popoli
diversi tra loro; infine, nelle cinque
colonie
meridionali
(Virginia,
Maryland, Georgia, North e South
Carolina) l’economia era fondata sulle
vaste piantagioni e basavano il lavoro
sullo sfruttamento della manodopera
nera.
La
madrepatria,
benché
lasciasse ai coloni parziale autonomia,
imponeva però regole rigide.
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Dopo il 1763 (al termine della guerra dei Sette anni), la Gran Bretagna
cambiò la sua politica coloniale. Ai coloni venne impedita l’espansione verso
Ovest, venne inasprito il regime fiscale, venne decretato nel 1765 lo Stamp
Act. La situazione si inasprì nel 1773 quando, con il Tea Act, venne
concesso il monopolio del commercio del tè alla Compagnia delle Indie
orientali. In Tea Act provocò proteste in tutte le colonie al motto No taxation
without representation. Essi chiedevano infatti di essere rappresentati nel
Parlamento londinese. In seguito venero boicottate tutte le merci
britanniche. Nel dicembre 1773 un gruppo di coloni, nel porto di Boston,
gettò in mare un carico di tè delle navi della Compagnia delle Indie orientali
(Boston tea party). I britannici intervennero con l’esercito. L’anno
successivo a Filadelfia venne convocato il primo Congresso dei
rappresentanti delle colonie che decise di interrompere i rapporti con la
madrepatria. Quando re Giorgio II inviò nuove truppe, anche i coloni
costituirono un esercito. Le ostilità si aprirono nel 1775 e l’esercito dei
coloni venne affidato al generale Washington. Nel 1776 una commissione
guidata da Benjamin Franklin presentò il testo della Dichiarazione
d’Indipendenza (approvata il 4 luglio 1776). I britannici furono sconfitti nel
1781 a Yorktown, una sconfitta che li spinse a firmare la pace di Versailles
il 3 settembre 1783 con cui riconobbero l’indipendenza delle 13 colonie.
Esse si riunirono, quindi, in una confederazione di 13 Stati. Alla
Convenzione di Filadelfia del 1787 si delinearono due linee politiche:
repubblicani e federalisti. Al termine della Convenzione fu approvata la
Costituzione degli Stati uniti (1787), una repubblica federale di tipo
presidenziale. Il primo presidente eletto fu George Washington.
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La Rivoluzione francese
Nel Settecento la Francia si era pesantemente indebitata e il rischio di
bancarotta si fece concreto durante il regno di Luigi XVI. Il sovrano, con l’aiuto
di Necker, cercò di risanare il bilancio dello Stato ma, fallito ogni tentativo,
dovette convocare gli Stati generali, ovvero l’assemblea dei rappresentanti dei tre
ordini della società. Nel periodo che intercorse tra la convocazione fino
all’effettiva riunione, i Parlamenti cittadini compilarono i Cahier de doléance con
le richieste delle comunità locali.
Il 5 maggio 1789 a Versailles vengono aperti i lavori, ma si apre il problema del
voto: il Terzo stato, infatti, chiedeva di poter votare per testa e non per ordine. Il
Re non cedette e il Terzo Stato, per protesta, rimase nella sala e si proclamò
Assemblea Nazionale. Il re fece chiudere l’accesso alla sala e i rappresentanti del
Terzo Stato proclamarono il Giuramento della Pallacorda: non si sarebbero
separati se prima non avessero dato una Costituzione alla Francia. La notizia si
diffuse presto e in Francia, anche come conseguenza della carestia, di diffusero
delle proteste e il 14 luglio una folla si diresse verso la Bastiglia, prigione
riservata ai condannati politici, e la conquistò. A Parigi venne costituita una
Guardia Nazionale per difendere la rivoluzione. La notte dle4 agosto 1789
l’Assemblea decretò l’abolizione dei privilegi del clero, dei diritti feudali e della
nobiltà. Il 26 agosto venne approvata la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino. Il re inizialmente si rifiutò di firmare la dichiarazione ma la reazione fu
tale che dovette apporre la sua firma ai provvedimenti dell’Assemblea.
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I provvedimenti dell’Assemblea costituente furono molti:
- Il territorio francese fu diviso in 83 dipartimenti;
- Le proprietà immobiliari della Chiesa vennero espropriate e vennero aboliti
diritti feudali come la decima;
- Furono ridotti gli stipendi degli alti ecclesiastici e aumentati quelli del basso
clero e venne votata la Costituzione civile del clero.
Molti membri dell’aristocrazia premevano sul Re perché si mettesse a capo di un
esercito antirivoluzionario dopo essere fuggito all’estero. Nel 1791 il re e la sua
famiglia decidono di lasciare la Francia per mettersi sotto la protezione di
Leopoldo II d’Austria ma furono riconosciuti e costretti a tornare a Parigi. Le
tensioni sia in Francia che in ambito internazionale spinsero l’Assemblea ad
approvare la Monarchia costituzionale che entrò in vigore il 12 settembre 1791.
Nello stesso anno venne eletta una nuova Assemblea nazionale legislativa a
suffragio ristretto. Al centro sedeva la maggioranza moderata, a destra i
controrivoluzionari e i foglianti mentre a sinistra i repubblicani (giacobini,
cordiglieri e girondini). Quasi tutti erano favorevoli ad una guerra contro Austria
e Prussia e nel luglio 1792 la Francia la dichiarò nonostante l’opposizione di
Robespierre. Il 9 agosto gruppi di cordiglieri e giacobini occuparono il municipio
di Parigi e costituirono la Comune insurrezionale; il popolo occupò le Tuileries e
l’Assemblea votò a favore dell’arresto del re e deliberò il suffragio universale
maschile di una nuova assemblea, la Convenzione nazionale. La Comune
(leader: Robespierre e Danton) istituì un tribunale speciale per i crimi contro la
rivoluzione. In Vandea, nel frattempo, scoppia una insurrezione contro la
rivoluzione. L’esercito francese, nel frattempo, impegnato contro Austria e
Prussia, li sconfigge a Valmy (20 settembre 1792) e la Francia poté annettere
Belgio, Nizza e Savoia. La Convenzione proclamò la fine della monarchia e la
nascita della repubblica; si aprì il processo contro Luigi XVI e i giacobini
approvarono la sua condanna a morte (21 gennaio 1793).
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La reazione internazionale di fronte alla condanna a morte del re fu significativa
e Russia, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Regno di Napoli, Stato pontificio, e
Granducato di Toscana entrarono in guerra. In Francia, nel frattempo, il
provvedimento della leva e l’aumento dei prezzi provocarono delle insurrezioni,
soprattutto in Vandea.
Nel marzo 1793 venne istituito un Tribunale rivoluzionario per giudicare gli atti
contro la Rivoluzione e nel mese di aprile tutti i poteri vennero concentrati nelle
mani dei nove membri del Comitato di salute pubblica. Dopo la condanna a
morte di 29 girondini, rei di essersi ribellati a tale scelta, Marat, Danton e
Robespierre ebbero poteri dittatoriali. Nel giugno 1793 venne approvata una
nuova costituzione, nel luglio Marat fu ucciso. Robespierre divenne il leader del
comitato di salute pubblica. Furono approvati provvedimenti a favore dei ceti
popolari, furono calmierati i beni di consumo, introdotto il sistema metrico
decimale, un nuovo codice civile, l’assistenza sanitaria ad anziani, malati ed
invalidi e venne introdotta la scuola elementare gratuita ed obbligatoria.
Per salvare la Repubblica, Robespierre instaurò il regime del Terrore che scatenò
una vera e propria guerra civile. Il Terrore stesso aveva prodotto delle divisioni
nelle forze politiche rivoluzionarie: i giacobini moderati ne chiedevano
l’allentamento, gli estremisti la radicalizzazione. Tra la fine del 1793 e l’inizio del
1794 Robespierre fece condannare a morte tutti gli esponenti dell’ala estremista
e moderata. Con la legge del 22 Pratile 1794 (10 giugno) bastava una semplice
convinzione morale dei giudici per mandare sulla ghigliottina un sospettato. Si
aprì il periodo del «grande Terrore». Nel 1794 la Francia riconquista il Belgio e la
Convenzione fa arrestare e condannare Robespierre. Si affermò un partito di
repubblicani moderati (Termidoriani) e la Costituzione del 1793 fu sostituita da
un’altra meno democratica. Nel 1795 insorsero i giacobini ma i rivoltosi furono
ghigliottinati. Nello stesso anno un colpo di Stato fu sventato dal giovane
generale Napoleone Bonaparte. Nello stesso periodo si concluse la guerra contro
Prussia, Olanda e Spagna. Il 26 ottobre anche la Convenzione si sciolse.
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L’età di Napoleone
Nato nel 1769 ad Ajaccio, Napoleone era stato avviato alla carriera militare giovanissimo
.Nel 1796 il Direttorio riprende la guerra contro una prima coalizione antifrancese (Gran
Bretagna, Austria, Prussia, alcuni Stati italiani) e a Napoleone viene affidato un piccolo
corpo d’armata che deve operare in Italia. In breve tempo costrinse alla resa piemontesi,
austriaci e Stato pontificio. Con il Trattato di Campoformio l’Austria perse la Lombardia e il
Belgio, ma ottenne Venezia e tutti i suoi territori. In Italia si formarono delle repubbliche
democratiche sotto il controllo di Napoleone:
La Repubblica cispadana
La Repubblica transpadana
La Repubblica ligure
La Repubblica romana (Stato pontificio).
Nel maggio 1797 la cispadana e la transpadana furono riunite nella Repubblica cisalpina.
Per colpire il predominio marittimo della Gran Bretagna, nel luglio 1798 cominciò la
campagna d’Egitto. Napoleone fu sconfitto ad Abukir dall’inglese Horatio Nelson. Nel 1799 si
formò una seconda coalizione antifrancese (Gran Bretagna, Austria, Russia, Turchia e
Regno di Napoli) ma furono nuovamente sconfitti. Nel frattempo, Napoleone sbarcò in
Francia e il 18 Brumaio (9/11) 1799 attuò un colpo di Stato con cui il potere passò a tre
consoli, di cui uno era Napoleone, incaricati d redigere una nuova Costituzione. Per
riconquistare l’appoggio dei cattolici francesi, la Repubblica francese firmò un Concordato
con papa Pio VII (luglio 1801).
Napoleone promosse, inoltre, una serie di riforme dello Stato: elaborò diversi codici (civile,
penale, commerciale); venne fondata la Banca di Francia e vennero istituiti i Licei statati. In
seguito, per porre fine alle congiure, il Senato offrì a Napoleone la carica ereditaria di
imperatore dei francesi.
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Nel 1805 si formò una terza coalizione antifrancese che fu sconfitta da
Napoleone nella battaglia di Austerlitz; nonostante ciò, i britannici
sconfissero e distrussero la flotta francese a Trafalgar. Tra il 1805 e il 1806,
Napoleone assunse la corona del Regno d’Italia. Nel 1806 si formò la quarta
coalizione antifrancese, presto rapidamente sconfitta, e per distruggere il
dominio inglese sui mari Napoleone avviò il blocco continentale. Nonostante
l’adesione di Austria e Russia, il blocco si rivelò dannoso per molti altri
paesi. Nel 1809 l’Austria si alleò con la Gran Bretagna (quinta coalizione)
ma Napoleone vinse nuovamente. Nell’aprile 1810 sposò Maria Luisa
d’Asburgo – Lorena, figlia dell’imperatore d’Austria.
Nel 1812 si arrivò ad una rottura tra Russia e Francia che portò alla guerra.
Napoleone, con la Grande Armata, entrò in Russia (Campagna di Russia). I
francesi furono pesantemente sconfitti. All’inizio del 1813 nacque la sesta
coalizione antifrancese (Gran Bretagna, Russia e Prussia) ma Napoleone
ebbe la meglio. Diverse potenze, però, si schierarono con la coalizione e
nell’ottobre 1813 Napoleone fu sconfitto nella battaglia di Lipsia.
Napoleone fu esiliato sull’isola d’Elba e venne proclamato re Luigi XVIII.
Fuggito il 1 marzo 1815, Napoleone sbarcò in Francia, riprese il potere ma
gli alleati formarono una settima coalizione e il 18 giugno 1815 a Waterloo
ebbe luogo la disfatta francese. Napoleone abdicò nuovamente e fu esiliato
sull’isola di Sant’Elena, nell’Atlantico, dove morì il 5 maggio 1821.
21
Il Congresso di Vienna e la
Restaurazione
Dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte, i sovrani europei aprirono il
Congresso di Vienna (Novembre 1814 – giugno 1815) al fine di ridisegnare la
carta politica del continente europeo. I protagonisti del congresso furono il
principe von Metternich (Impero asburgico) e il principe Talleyrand (politico
francese). Il periodo compreso tra la fine di Napoleone e i moti rivoluzionari del
1848 viene chiamato «Restaurazione» perché apparve evidente la volontà dei
sovrani europei di ripristinare l’ordine politico precedente, cercando di operare il
recupero dei beni perduti e cancellando i cambiamenti territoriali.
Secondo il principio di legittimità, Luigi XVIII ottenne il trono di Francia; in
Italia, Germania e Polonia si operò secondo il principio dell’equilibrio, che
imponeva un bilanciamento tra le diverse potenze.
In Italia, a parte il Regno di Sardegna (che acquisì la Liguria, Nizza e alcuni
territori della Savoia), l’Austria controllava direttamente o indirettamente quasi
tutta la parte centro-settentrionale della penisola. Nel centro-sud, lo Stato della
Chiesa venne rispristinato negli antichi confini e sul trono del Regno delle due
Sicilie tornarono i Borbone nella persona di Ferdinando I.
Per garantire la stabilità dell’ordinamento, dopo il congresso vennero stabilite
delle alleanze (Sana Alleanza, Austria, Prussia e Russia) e sulla base del
principio di intervento vennero stabilite azioni di aiuto nel caso in cui fossero
scoppiate insurrezioni o ribellioni.
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Dopo il Congresso, criticare la politica restauratrice era
vietato, così come erano proibite forme di aggregazione politica e
la censura operava ovunque in maniera molto rigida.
Ciononostante,
gli
oppositori
lavorarono
segretamente
riunendosi in società segrete fra le quali le più diffuse erano la
Massoneria e la Carboneria.
Nel corso dell’Ottocento l’Europa fu teatro di numerosi
moti insurrezionali che ebbero come comune denominatore la
richiesta, da parte della popolazione, una Carta costituzionale.
Moti principali:
- 1820 – 21 (Spagna, Portogallo, Napoli, Sicilia, Piemonte);
- 1830 – 31 (Francia, Modena, Bologna, Parma; Piemonte e
Genova, organizzati da Giuseppe Mazzini, fondatore della
Giovine Italia).
- 1848, anno definito della «primavera dei popoli». Francia,
Europa centrale, Italia («Cinque giornate» di Milano).
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L’unificazione italiana
Nel 1848 Carlo Alberto dichiarò guerra all’Austria (Prima guerra d’Indipendenza). L’esercito
piemontese, aiutato da volontari da tutta Italia, raggiunse presto la linea dell’Adige. Vennero
annesse Modena, Parma, Venezia e Carlo Alberto fu proclamato re d’Italia. Radetzky passò
al contrattacco e dopo la battaglia di Custoza riconquistò tutti i territori prima strappati
all’Austria. I moti, però, dilagarono anche nel resto della penisola.
Dopo il fallimento dei moti del 1848, i sovrani degli Stati della penisola italiana ripresero a
governare come prima. Unica eccezione, il Regno di Sardegna, in cui vennero mantenuti la
Carta costituzionale e un Parlamento. Nel 1849 il sovrano nominò Presidente del Consiglio
D’Azeglio, mentre Camillo Benso conte di Cavour divenne capo del governo nel 1852.
Cavour intuì che per liberarsi dell’oppressione austriaca sarebbe stato necessario agire
attraverso la diplomazia e cercò l’appoggio politico francese intervenendo a loro favore nel
1855 nella guerra di Crimea. Nel 1858, in seguito al fallito attentato contro Napoleone III,
Cavour convinse quest’ultimo che la situazione italiana era ormai un pericolo per tutti e che
andava risolta solo con l’unificazione. Con gli Accordi di Plombières, in cambio di Nizza e
della Savoia, la Francia si impegnò ad aiutare i piemontesi nella Seconda guerra
d’Indipendenza (1859). I franco-piemontesi riportarono subito importanti vittorie ma il
timore di Napoleone III di una reazione dei prussiani e dei cattolici francesi lo spinse a
ritirarsi e a firmare con gli austriaci l’Armistizio di Villafranca, rinunciando a Nizza e Savoia
e ottenendo la Lombardia. Cavour accusò Napoleone III di tradimento e si dimise. Le
maggiori città del centro chiesero l’annessione al Regno di Sardegna. Vittorio Emanuele II
richiamò al governo Cavour che, dopo una lunga trattativa, convinse Napoleone III a
consentire le annessioni in cambio di Nizza e Savoia. I plebisciti si svolsero il 12 marzo
1860.
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Nella primavera del 1860 avvennero anche in Sicilia alcune
insurrezioni contro i Borbone. Garibaldi allora decise di
organizzare una spedizione di circa mille uomini che, salpati da
Quarto, sbarcarono in Sicilia. Garibaldi sconfisse l truppe
napoleoniche a Calatafimi e conquistò l’isola. Vi stabilì un
governo provvisorio con a capo Crispi, abolì la tassa sul
macinato e stabilì sgravi fiscali. Il 19 agosto 1860 le truppe di
Garibaldi entrarono a Reggio Calabria, il 7 settembre a Napoli
mentre Francesco II si ritirava a Gaeta. Cavour chiese a
Garibaldi di indire plebisciti per votare l’annessione al Regno.
Nell’autunno Marche, Umbria,icilia e Mezzogiorno votarono
l’annessione e il 26 ottobre, a Teano, Garibaldi consegnò
simbolicamente a Vittorio Emanuele II i territori conquistati.
Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele II venne acclamato «Re
d’Italia per grazia di Dio e volontà della Nazione».
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Riferimenti bibliografici
Umberto Diotti, Eugenio Lorenzetti, Raccontare
la Storia, volume 2, «Dalla metà del Seicento alla
fine dell’Ottocento», DeAgostini Scuola, Novara
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