Ricopia l’articolo di giornale contenuto nel file e restituiscigli la disposizione giornalistica in colonne. La tomba della bella Nefertari e il mistero delle stelle marine Quando gli Egizi disegnavano il cielo come un mondo acquatico LUXOR — Fuori la sabbia morta, bruciata dal sole, torturata dal vento appena si allontana dal Nilo. Dentro, invece, è il paradiso. Ci cammini, là sotto, e gli occhi ti ridono per tutti quei colori che squillano, come acquerellati. E’ davvero il Paradiso! Quello degli Egizi: tale e quale alla vita, quando la vita è bella. Te lo giurano queste pareti del sepolcro della Regina Nefertari, promesse dipinte di mille delizie. E di frutta, e fiori, e cibo. È solo quando poi sollevi lo sguardo al soffitto delle migliaia di stelline gialle, messe in fila a percorrere il fondo blu che, d’improvviso, ti vengono le vertigini. Le fissi tutte quelle stelle là sopra, infilzate insieme dall’ordine, e ti bucano gli occhi con un dubbio: «Quando le stelle marine, con quelle loro cinque punte, divennero stelle del cielo? E questo che c’è qui, sulla testa di chi percorre la tomba di Nefertari, la Bella delle Belle in viaggio per l’Aldilà, è un firmamento? O è, invece, un mare? Un cielo d’acqua di mare?» Dalla a un bambino piccolo – o a un babilonese – una stella del cielo da disegnare e ti fa ancora un puntino. E quando, allora, le stelle di mare, finirono anche in cielo? E perché? L'unica è imbarcarsi con Nefertari: seguire le sue, di stelle. E far con lei il tragitto solito degli Egizi verso l’Aldilà di quella nuova vita festosa che Osiride, Signore del Tramonto, garantì prima solo ai Faraoni, poi – democratizzando l’Eterno Riposo – a tutta la brava gente d’Egitto. Le stelle del dubbio, innanzitutto. L’ha analizzate in Geroglifici, con altri 579 simboli, una specialista, Maria Carmela Betrò che, della stella, scrive: «Sembra che il modello iconografico di questo geroglifico fosse la stella marina E non può meravigliare troppo: perché gli Egiziani concepirono il mondo celeste come un universo acquatico sulla cui distesa turchina scivolava la barca del dio Sole...». E subito dopo: “racchiusa in un circolo è simbolo per rappresentare l’Aldilà». È un cielo d’acqua, quello? Cielo e mare insieme: tutt’uno. Una regata in Paradiso! La Betrò ne racconta la meta: «Beati e dannati coesistono in questo strano mondo, che riserva ai primi, che hanno superato il fatidico giudizio con la pesatura dell’anima, un paradiso arboreo,verdeggiante...». Per tentare di capire dove se lo potesserì immaginare loro, l’unica è forzare la memoria dell’Egitto. Parola chiave? Occidente! Campo di ricerca? Il Mediterraneo d’Occidente come Aldilà di nuova vita. E via a frugare, perquisire le parole loro, degli Egizi. Due grandi studiosi – Edda Bresciani per i Meridiani, e Sergio F. Donadoni per Garzanti e Tea – gliel’hanno restituite, traducendo i loro testi sacri con rigorosa poeticità. Clicchi «Sole» e, in memoria, ce ne hai due: Ra, quello trionfante splendente, diurno. E Osiris quello del Tramonto, dell’Occaso, dell’Occidente. E Ra che con viene tenersi buono, all’inizio: è lui che, sorgendo a Est, dovrà portarti con sè fin quando viaggiando viaggiando nel cielo di ogni giorno, non diventa Osiride, ovvero il Sole rosso della sera. Ed è solo allora che si trasforma in Isola di Fuoco, al Tramonto: galleggia all’orizzonte prima di sparire misteriosamente in acqua e riapparire a sorpresa – come Isola di Fuoco dell’Alba – la mattina dopo, dall’altra parte. L’ansia delle preghiere indica il suo percorso. Quasi lo vedi mentre i fedeli lo incoraggiano a sconfiggere i suoi nemici notturni: «Salute a te Ra, dio perfetto, che esci dall’orizzonte! Tu brilli, risplendi sei luminoso, sali in alto...Volgi il tuo viso verso il Bell’Occidente...». Ce la farà, il Sole, al solito: la prua della sua barca è ormai rivolta verso Ovest per la partenza. E’ un momento magico, questo! Condurrà ora con sé, nel “Bell’Occidente”, il carissimo estinto? serve dargli delle garanzia su chi trasporta: «Il defunto ha percorso l’Isola Santa, ha visto il dio nell’Abisso, ha reso grazie alla corrente...» Poi, all’approdo, – navigato il cielo mediterraneo, da Est a Ovest – il lieto fine: «Giubilano gli dei dell’Occidente, afferrano le corde dell’alzaia nella barca della notte; sono venuti in pace, proclamati innocenti, gli dei delle sedi misteriose che sono nell’Occidente». Strano Far west, questo degli Egizi. È sì poesia, fede, fantasia, ... Ma sembra vero, geografico com’è. Con tutte quelle indicazioni di rotta... Come il sole sia riuscito a raggiungere l’Abisso/Nun a un certo punto lo spiega lui stesso, Ra: «Cammino sulla strada che conosco, in direzione dell’Isola dei Beati». E altrove : «Salute a te, questa zattera che è nel cielo settentrionale, nella grande isola!» E arrivato lì, al Tramonto, il passaggio di consegne: Ra si fa Osiride. Di lui – forse un re mitico sbiadito nella memoria prima di entrare nella fede – si sa che venne fatto a pezzi da Tifone/Seth suo fratello; ricomposto con amore da Iside sua sorella/moglie. Si sa che una volta annegò. Si sa che è anche Orione, poi rappresentato in cielo con clava e pelle di leone, come un Ercole. Si sa che è “Signore della Terra Santa”, “Toro dell’Occidente”, “Anima santa nell’Occidente”, ma anche “Grande Dio la cui sede è nascosta”; “Colui il cui nome è segreto”; “Colui che riposa nel Paese del Silenzio”; “il Signore dei troni lassù”. Dall’identikit l’unica cosa che risulta chiara è che lo si immagina al tramonto dell’Egitto e che, per le resurrezioni, funzionava da dio. A guardarle le pareti technicolor delle tombe egizie sembra facile e bello, addirittura allegro, quel suo regno nel “Bell’Occidente”. (S. Frau “La Repubblica”, 18 agosto 2002)