Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla

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Una metafisica
alla prova:
la teoria dei tropi
applicata
alla teoria degli
insiemi
SELP
Seminario di logica
permanente
30 settembre 2011
Università degli
Studi di Milano
Tesi di laurea
di Costanza Brevini
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Alcune questioni preliminari
Qualunque indagine sul mondo che pretenda di essere
coerente, dall’etica alla sociologia, dalla matematica all’arte, si
trova necessariamente ad assumere un iniziale impegno
ontologico relativo ai tipi di enti che sceglie di assegnare agli
individui coinvolti nella teoria.
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Questioni preliminari alle
questioni preliminari
L’ontologia è quella parte della filosofia che isola gli elementi
ultimi dell’essere. Ciò non significa semplicemente risalire
nella classificazione di tutto ciò che c’è fino a raggiungere gli
enti non ulteriormente divisibili. Vuol dire anche assicurarsi
che questi individui, oltre a essere ultimi, siano in grado di
descrivere esaustivamente l’intera pluralità dell’essere.
Definiamo invece metafisica la disciplina che classifica gli enti
ultimi, assegnando ciascuno a uno dei tipi ammessi da ogni
diversa teoria.
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Ancora questioni preliminari
Il sistema metafisico platonico-aristotelico ha permeato a
lungo tutti i campi del sapere, con maggiore o minore
consapevolezza da parte degli scienziati.
Segue che necessariamente molti degli strumenti e dei
paradigmi culturali e sociali di cui ci serviamo si fondano su
questo modello metafisico.
L’analisi filosofica del secolo scorso ha però rivelato i limiti del
sistema metafisico tradizionale e proposto modelli più coerenti
e completi.
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Nuove prospettive
per la metafisica
Nel corso del Novecento l’indagine filosofica ha evidenziato i
limiti della metafisica platonico-aristotelica. Attraverso i
tentativi di superamento di questi limiti e spinti dalla ricerca di
una risposta al problema dei fondamenti posto dalla
matematica, alle domande che provenivano dagli studi di
filosofia analitica circa i fondamenti dell’essere, alle questioni
relative la validità del linguaggio e, conseguentemente, della
logica, i filosofi hanno formulato nuovi sistemi metafisici.
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Domanda:
Cosa dire della traduzione dei paradigmi e strumenti formulati
in una metafisica platonico-aristotelica? È coerente abitare in
un mondo popolato da enti creati fondamentalmente basandosi
sull’idea di una sostanza materiale informata da proprietà che
esemplificano enti universali, rifiutando però questa metafisica
e adottandone un’altra?
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Ipotesi di risposta:
Provo a superare la valutazione formale e squisitamente
filosofica delle nuove teorie metafisiche, per provare la loro
efficacia nel ruolo di supporto ontologico e nel sostegno di
quei metodi conoscitivi di cui tradizionalmente si servono il
filosofo e lo scienziato.
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C’è sempre un ma…
Per quanto una metafisica possa esporsi a limiti e
contraddizioni, è evidente che se essa si rivelasse l’unica
metafisica che permette di avvalersi dei nostri modelli
matematici e scientifici, allora difetti e incoerenza si
rivelerebbero niente più che un male necessario allo scopo di
continuare a usufruire degli strumenti e dei paradigmi di cui
fino ad oggi si è servita l’impresa conoscitiva.
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La mia tesi
In questo lavoro ho scelto di mettere alla prova la teoria dei
tropi e verificare se sia coerente con l’utilizzo di uno strumento
matematico, ma soprattutto concettuale, che vanta grande
applicabilità e impatto: la teoria degli insiemi.
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Perché tropi e perché insiemi
Le ragioni che rendono la teoria degli insiemi la più adatta, tra
tutte le teorie matematiche, sono diverse. Innanzitutto, benché
vi siano a oggi punti non cristallini, la teoria può godere di una
generale solidità. Inoltre, la teoria degli insiemi è un modello
che ha saputo rappresentare buona parte dei concetti della
matematica e che senza dubbio offre una base di partenza
privilegiata per l’analisi della matematica in generale. Se si
riuscisse quindi a dimostrare che la teoria degli insiemi è
compatibile con un’ontologia dei tropi, si potrebbe ampliare il
risultato a tutta la matematica.
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Cos’è la teoria dei tropi?
La teoria dei tropi è un tipo di metafisica proposta sia per gli
enti materiali, sia per la realtà in generale.
Tra i principali filosofi che si occuparono di questo tipo di
metafisica, il più famoso e influente fu certamente Donald Cary
Williams, professore e direttore del dipartimento di Filosofia di
Harvard. Egli sostenne che l’intera struttura del mondo
consiste esclusivamente ed esaustivamente di tropi.
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Tropi astratti…
Un filosofo dei tropi costruisce la propria teoria basandosi sui
concetti di astrattezza e di particolarità. Con «astrattezza» si
intende la caratteristica di un ente che si trova a essere
ontologicamente dipendente dal concreto in senso fisico, ma
indipendente in senso concettuale.
Un tropo dunque è un oggetto assolutamente astratto, la cui
esistenza può dipendere in qualche modo da un oggetto
concreto.
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…e tropi particolari.
Con «particolarità» invece ci si riferisce a entità di qualsiasi
tipo in possesso della caratteristica di essere ancorate a un
solo oggetto concreto. Un tropo è un ente particolare perché è
legato a un solo ente concreto attraverso una relazione di
inerenza. Questa relazione di inerenza sussiste anche tra il
tropo e tutti gli oggetti concreti che a loro volta contengono
l’oggetto con il quale il tropo è in relazione di inerenza.
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Tropi o particolari astratti (a)
Un tropo è l’istanza di una proprietà o di una relazione.
Un oggetto concreto nasce quindi quando un certo numero di
tropi o particolari astratti vanno a comporre un fascio e a
condividere una porzione determinata di spazio-tempo.
Il processo è messo in atto grazie alla relazione di
compresenza. Questa relazione permette l’individuazione di un
oggetto concreto, in quanto fascio dei tropi compresenti che
determinano le qualità e le relazioni di cui è in possesso
l’oggetto concreto.
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Tropi o particolari astratti (b)
Accanto alla relazione di compresenza, si trova la relazione di
somiglianza.
Una qualsiasi coppia di tropi, logicamente, intreccia o non
intreccia una relazione di somiglianza. Le relazioni di
somiglianza possono essere di diversi tipi, in quanto
necessariamente con «somiglianza» si intende «gradi di
somiglianza», da più a meno perfetta.
Le relazioni di somiglianza compongono fasci di tropi che
corrispondono agli universali della tradizione.
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Un mondo di tropi
Un mondo di tropi risulta popolato da particolari concreti, i cui
costituenti sono di tipo particolare astratto: la rosa del mio
giardino è un particolare concreto, mentre il suo colore è un
particolare astratto.
Questo particolare astratto concorre alla costituzione
dell’oggetto concreto «rosa del mio giardino», insieme agli
altri particolari astratti con cui è in relazione di compresenza.
Inoltre, insieme alla totalità dei tropi che sono in una relazione
di somiglianza col tropo del colore della rosa del mio giardino,
il particolare astratto forma l’universale astratto, mentre la
totalità degli oggetti concreti «rosa» va a formare l’universale
concreto corrispondente alla rosa.
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Semplice, semplice, semplice
Williams e i successivi teorici dei tropi arricchiscono la teoria
dei tropi con una triplice richiesta di semplicità. Infatti, i tropi
sono:

strutturalmente semplici

categorialmente semplici

qualitativamente semplici
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Tirando le somme sui tropi
La teoria dei tropi tratta ogni oggetto, evento, stato di cose
come un fascio di tropi compresenti. L’utilizzo di un’ontologia a
una sola categoria permette comunque di fornire un
interessante descrizione del fenomeno metafisicamente
complesso del divenire.
Inoltre, la teoria dei tropi fornisce una trattazione delle entità
tradizionalmente universali senza presupporre l’esistenza di
sostanze diverse.
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Tropi per gli enti matematici
La teoria dei tropi è in primis un’ontologia per gli enti concreti,
e in secundis un’ontologia generale.
Com’è possibile utilizzarla per gli enti matematici?
Ecco alcune proposte.
+
Cosa intendo
con “enti matematici”
Innanzitutto, gli enti matematici sono le entità di cui si occupa
la matematica, ovvero oggetti numerici, geometrici, e proprietà
e rapporti tra questi due tipi di enti.
Se infatti gli enti numerici e quelli geometrici sono per così
dire i «mattoncini» della matematica, teoremi, assiomi e
dimostrazioni sono la vera e propria essenza del sapere
matematico.
+
Differenze tra enti numerici ed enti
geometrici
Un numero è una proprietà astratta, associata a un gruppo di
oggetti determinato e numerabile con la quale il numero
intrattiene una relazione di corrispondenza biunivoca.
Gli enti geometrici invece possono essere sia astratti sia
concreti.
Un oggetto triangolare è un ente geometrico concreto, mentre
l’ente che perfettamente soddisfa i requisiti perché vi si possa
dimostrare il teorema di Pitagora è un ente astratto.
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Enti geometrici come tropi

Circolarità e triangolarità sono universali astratti, in quanto
proprietà possedute da più particolari concreti.

Un oggetto triangolare o circolare è un particolare concreto,
un semplice oggetto che annovera, tra i tropi che lo
compongono, il tropo della triangolarità.

Un cerchio o un triangolo sono particolari astratti, cioè tropi.
Essi sono una proprietà semplice e solo in quanto tali
vengono considerati.
+
Come fare con gli enti numerici?
Nonostante i teorici dei tropi non abbiano a oggi fornito una
trattazione ufficiale per gli enti numerici, la spiegazione degli
enti geometrici fornita da Williams può essere applicata agli
enti numerici con lievi modifiche.
+
Ente numerico
universale astratto
Corrisponde all’universale e si riferisce alla proprietà comune
a più enti di essere composti da diverse parti o avere aspetti
con caratteristiche numerabili.
Intendendo con unicità la proprietà condivisa dagli elementi
che sono in numero di uno, si isola la proprietà di avere un
unico elemento o un unico aspetto di un certo tipo.
+
Ente numerico
particolare concreto
Corrisponde all’oggetto concreto o a quantità numerabili di
oggetti concreti.
In conseguenza all’esistenza di un universale astratto per la
numerazione, esistono oggetti concreti che possiedono quei
tropi che vanno a costituire l’universale corrispondente.
Così come a ogni oggetto concreto corrisponde una forma, a
ogni tropo appartenente a un oggetto concreto corrisponde
anche una proprietà numerica.
+
Ente numerico
particolare astratto
Corrisponde all’ente numerico astratto e manipolato dalla
matematica.
Esso è un semplice tropo, cioè un particolare astratto.
Infatti, l’ente numerico è particolare perché è l’evenienza di un
simbolo.
Inoltre, è astratto perché non occupa regioni di spazio-tempo,
non ha forma ed è frutto della creazione di un sistema formale
da parte dell’uomo.
+
Proprietà e relazioni
degli enti matematici
«Il concetto di numero è solo ciò che è comune a tutti i
numeri, la forma generale del numero. Il concetto di
numero è il numero variabile. E il concetto
d’eguaglianza numerica è la forma generale di tutte
le eguaglianze numeriche speciali.»
Asserzione 6.022
WITTEGENSTEIN, LUDWIG, Tractatus Logico-philosophicus, Einaudi, Torino 1964.
+
Proprietà e relazioni
degli enti matematici
Assegnare uno statuto ontologico al numero quindi è una
questione che necessariamente riguarda il concetto di numero,
cioè, nelle parole di Wittgenstein, una questione che riguarda
ciò che è comune a tutti i numeri e che generalmente si può
predicare di ognuno di essi.
+
Numeri in serie
Se si considera un ente numerico isolato e indipendentemente
dalla serie di cui fa parte, allora questo numero è un tropo
semplice, privo di proprietà o relazioni.
Quando però si inserisce questo ente nel posto che occupa
nella successione di numeri, esso intreccia immediatamente un
certo numero di relazioni. I rapporti con gli altri numeri e con
le operazioni algebriche definiscono le proprietà di un numero
in quanto semplice membro della serie.
+
Serie di numeri
Possiamo definire ontologicamente la successione numerica N
come il fascio costituito dai tropi corrispondenti ai particolari
astratti ai quali ci riferiamo quando compiamo operazioni di
tipo matematico o quando osserviamo le relazioni che
intercorrono tra i numeri.
Un numero infatti rende possibile l'operazione di contare solo
se intreccia la relazione di successore con il numero che lo
precede e la relazione di predecessore con il numero che lo
segue.
+
Tropi e insiemi, ma quali insiemi?
Com’è noto sono disponibili diverse versioni della teoria degli
insiemi, a partire dalla teoria ingenua di Cantor. Siccome ciò
che fa confluire queste diverse teorie matematiche sotto il
nome di teoria degli insiemi è la fedeltà ai principi formulati
da Cantor all’atto di nascita di tale sistema e al dominio
richiesto dalle teorie, ritengo sia sufficiente provare la
conciliabilità di tali principi all’interno della teoria dei tropi,
per verificare se la teoria possa essere utilizzata
coerentemente con l’adozione di una metafisica dei tropi.
+
Cos’è un insieme

Per Cantor l’insieme è la riunione di un tutto di oggetti che
appartengono all’intuizione o al pensiero.

Zermelo definisce l’insieme come quell’oggetto astratto che
possiede almeno un elemento e gli assegna il ruolo di
elemento primitivo della teoria.

Russell presuppone un’infinita quantità di oggetti individuali,
a partire dai quali è possibile costruire gli insiemi.

Weyl postula un dato numero di categorie fondamentali di
enti in possesso di proprietà e relazioni primitive.
+
Elementi come tropi
La teoria dei tropi ammette l’esistenza di infiniti enti astratti e
particolari. A tali enti viene assegnato un tipo ontologico
assolutamente conciliabile con quello assegnato dalla teoria
degli insiemi agli elementi. Gli elementi infatti, oltre che infiniti
e particolari, devono essere anche semplici, ovvero non
ulteriormente scomponibili. Anche i tropi sono infiniti,
particolari e non ulteriormente scomponibili.
A prima vista quindi sembra accettabile assegnare agli
elementi lo statuto ontologico dei tropi semplici.
+
1: principio di comprensione
Data una qualunque proprietà, esiste sempre l’insieme di tutti e
soli gli oggetti che godono di quella proprietà.

Per il principio di comprensione, un insieme esiste in
corrispondenza a ogni agglomerato di elementi. Tale
agglomerato si forma grazie a una condizione. Poiché ogni
agglomerato di tropi, o meglio, ogni fascio di tropi, è un
oggetto, si può ipotizzare che gli elementi-tropi,
aggregandosi, formino un insieme.
+
Anche qui c’è un ma…
La teoria degli insiemi afferma che gli elementi possono
essere astratti o concreti, ma l’insieme che essi formano è
sempre un oggetto astratto. I tropi invece sono assolutamente
ed esclusivamente oggetti astratti, ma sono in grado di
costituire sia entità concrete, come gli oggetti materiali, sia
entità astratte, come gli universali.
+
2: principio di estensionalità
Se due insiemi contengono gli stessi elementi, allora sono lo
stesso insieme.
Non sono dunque rilevanti né l’ordine in cui si presentano gli
elementi, né il modo attraverso cui gli elementi caratterizzano
gli insiemi.

Per la teoria dei tropi, un oggetto è determinato
esclusivamente dai tropi che lo compongono,
invariabilmente dall’ordine.
+
Punti di accordo…
Per la teoria dei tropi due oggetti distinti non possono essere
costituiti dagli stessi tropi, ma un tropo può appartenere a due
oggetti distinti.
Per la teoria degli insiemi, due insiemi distinti non possono
essere costituiti dagli stessi elementi, ma un elemento può
appartenere a due insiemi distinti.

Un elemento che appartiene a due insiemi è, ad esempio,
come un tropo che appartiene al fascio astratto del suo
universale e al fascio concreto dell’oggetto che costituisce.
+
...e di disaccordo
Per il principio di estensionalità, gli elementi determinano
l’insieme ma non lo caratterizzano.
Sembra invece che i tropi caratterizzino l’oggetto concreto che
costituiscono.
+
3: sostanzialità come individualità e
assolutezza
Il concetto di insieme può godere di proprietà ed è
indipendente da ogni caratterizzazione e comprensione
dell’uomo.
Ciò significa che insiemi e elementi esistono, godono di
determinate proprietà e intrecciano relazioni particolari
indipendentemente dall’attività del matematico o del filosofo.
+
Individualità:
Ogni insieme può godere di proprietà.

Assegnare all’insieme lo statuto ontologico di oggetto
astratto nel senso precisato, non solo permette all’insieme di
godere di proprietà, ma lo determina come sostanzialmente
costituito da esse.
+
Assolutezza:
Il concetto di insieme è indipendente dal linguaggio e da ogni
caratterizzazione dell’insieme, delle sue proprietà e dei suoi
elementi.

La realtà si costituisce di tropi indipendentemente
dall’esistenza di esseri che pensino i tropi o che pensino la
realtà in termini di tropi.
+
Si può fare?
Sembra di sì.
La realtà che i teorici dei tropi propongono è costituita da
individui ultimi, semplici e senza limitazioni quantitative. Tali
elementi dell’essere si aggregano e costituiscono entità
diverse da essi stessi non problematicamente. Anzi, proprio da
tale aggregazione si originano gli oggetti materiali e gli enti
astratti che abitano il mondo.
+
Ma l’insieme vuoto?
Tra gli assiomi formulati dalle teorie assiomatiche degli
insiemi, è sempre annoverato l’assioma dell’insieme vuoto.
L’insieme vuoto è unico, non ha sottoinsiemi diversi da esso
stesso ed è sempre presente come sottoinsieme in ogni
qualunque altro insieme.
+
I soliti sospetti
Per quanto ormai tale insieme sia stato accettato dalla
comunità matematica, esso desta ancora alcuni sospetti. Già
intuitivamente risulta difficile capire come sia possibile
costruire un insieme, cioè una collezione, senza contare
elementi. L’insieme vuoto infatti, secondo i teorici degli
insiemi, pur non avendo elementi, è assolutamente un insieme
e non va dunque considerato come «nulla» o «non essere».
+
Insieme… vuoto?
L’insieme vuoto non rispetta le definizioni basilari del concetto
di insieme.
Nella formulazione di Cantor, l’insieme è la riunione di un tutto
di oggetti. L’insieme vuoto pretende di essere un tutto privo di
oggetti.
Zermelo definisce l’insieme come quell’oggetto astratto che
possiede almeno un elemento. L’insieme vuoto però per
definizione non ha elementi.
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Soluzioni
L’insieme vuoto, nonostante le precedenti osservazioni e
nonostante complichi orrendamente le cose dal punto di vista
ontologico, è estremamente utile.
Vi sono alcune soluzioni, l’adozione di ciascuna delle quali
deve essere ponderata alla luce della sua validità, della sua
coerenza e dell’uso che si intende fare della teoria degli
insiemi.
+
Prima proposta
Invalidare l’assunzione dell’insieme vuoto, in quanto in
contraddizione con la definizione di insieme, ed eliminare
senza indugi tale entità dall’assiomatizzazione.
+
Pro:
La teoria degli insiemi acquisterebbe coerenza e assegnarle
un’ontologia si rivelerebbe forse un compito più semplice ed
economico.
Da un punto di vista ontologico infatti l’insieme vuoto è
assolutamente sospetto per l’indefinitezza della sua natura,
causata dalla peculiarità di essere un insieme ma non avere
elementi. Uno degli assiomi del sistema, da una parte,
definisce indubbiamente l’insieme vuoto come appunto un
insieme. Dall’altra parte, l’assioma afferma che tale insieme
non possiede elementi.
+
Contra:
La teoria degli insiemi perderebbe una delle sue più potenti
armi di calcolo e molti risultati non potrebbero essere
dimostrati. Inoltre, non sarebbe più possibile costruire alcuni
insiemi finiti e non varrebbero più le rappresentazioni dei
numeri naturali che prendono spunto proprio dall’insieme
vuoto per generare la serie infinita dei numeri naturali.
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Seconda proposta
Accettare l’assioma dell’insieme vuoto come oggetto fittizio,
senza che un qualche oggetto della teoria corrisponda
all’entità «insieme vuoto».
+
Pro:
Questa soluzione è piuttosto semplice dal punto di vista
matematico, perché permette di ignorare il problema
dell’insieme vuoto e continuare a servirsi di tutte le armi di
calcolo che offre. Può quindi essere adottata da una ricerca
sulla teoria degli insiemi che si disinteressi della sua
componente ontologica.
+
Contra:
Affermare che l’insieme vuoto non esiste e non ha significato,
ma è un concetto utile e perciò viene introdotto, è espressione
di confusione. Così argomentando infatti non si prende una
vera posizione sull’argomento. Sembra piuttosto che l’insieme
vuoto sia assunto ma non del tutto. Dal punto di vista
dell’analisi ontologica, cedere a una simile ammissione
parziale è una grave complicanza, in quanto comporta
l’assunzione di diversi modi di esistenza per gli enti, i quali
quindi parteciperebbero all’essere in gradazioni diverse.
+
Terza proposta
L’insieme vuoto si costituisce secondo i dettami del principio
di comprensione, con l’applicazione di una condizione che non
viene soddisfatta da nessun elemento, in quanto generalmente
definisce caratteri impossibili per definizione.
+
Pro:
Le proprietà autocontraddittorie si possono pensare ma non si
possono predicare di alcun ente. Simili proprietà sono ad
esempio la proprietà «essere diverso da se stesso», oppure
«essere un numero primo pari diverso da 2». Tali proprietà
possono, in accordo con il principio di comprensione, generare
insiemi. Ovviamente però non possono possedere elementi
perché, per soddisfare la condizione definente l’insieme, essi
dovrebbero essere enti autocontraddittori.
+
Contra:
Le proprietà autocontraddittorie sono viste con molto sospetto
dagli ontologi.
Anche se potessero esistere, la loro introduzione sarebbe un
ulteriore complicazione ontologica e dunque sconsigliabile
nella prospettiva di una metafisica riduzionista.
+
Oppure…
Oppure si può provare a spiegare l’insieme vuoto come la
porzione di spazio-tempo “svuotata” dai principi logici.
Ponendo condizioni in violazione dei principi logici, si può
definire un insieme. Tale insieme però è vuoto, in quanto
nessun elemento può soddisfare la condizione definente.
+
Riformulare l’insieme vuoto
Questa proposta in corollario richiede una riformulazione
dell’assioma dell’insieme vuoto:
Esiste un tipo di insieme la cui condizione definente è
autocontraddittoria e perciò tale insieme non contiene elementi.
+
Quarta (e ultima) proposta
Attraverso l’introduzione dei mondi possibili, l’insieme vuoto si
costituisce secondo i dettami del principio di comprensione,
con l’applicazione di una condizione possibile, ma non attuale.
+
Pro:
Attraverso l’utilizzo di siffatta strategia, l’insieme vuoto
avrebbe caratteristiche ontologiche del tutto identiche a quelle
degli insiemi con elementi. Sia il primo sia i secondi sarebbero
definiti da una condizione, ma per un caso, ovvero l’attualità o
meno della condizione in questione, alcuni insiemi
rimarrebbero vuoti.
+
Contra:
L’adozione di questa strategia complica non poco l’impegno
ontologico preso dalla teoria degli insiemi. Una possibile
semplificazione è considerare i mondi possibili solo in
funzione euristica, senza veramente impegnarsi sulla loro
esistenza.
+
In conclusione:
Le prime due soluzioni non intervengono sull’ontologia
dell’insieme vuoto, in quanto la prima lo nega mentre la
seconda lo assume esclusivamente in quanto ente fittizio.
La terza soluzione non convince, perché richiede il riferimento
a proprietà sospette, oltre a generare un infinità di problemi
solo per risolvere il problema dell’insieme vuoto.
La quarta soluzione infine sembra realizzabile, per quanto
preveda una complicazione ontologica e potrebbe portare a un
indebolimento della teoria dei tropi.
+
Osservazioni:
Questa analisi ha evidenziato chiaramente che una metafisica
che voglia candidarsi al ruolo di supporto ontologico per la
teoria degli insiemi deve:


prevedere una trattazione degli universali in senso
concettualista o nominalista.
ridurre l’essere a entità di un solo tipo.
+
Grazie dell’attenzione.