CAss. Sez. - Distretto della Corte di Appello di Torino

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Torino, Palazzo di Giustizia “Bruno Caccia”
Aula Magna 25 maggio 2016
LA RESPONSABILITA’
DEL SANITARIO
Casi e questioni in tema di
responsabilità della struttura sanitaria
Dott. Sergio Pochettino - IV° Sezione Civile Tribunale Torino
Il punto sull’inquadramento
giurisprudenziale della
responsabilità nella prestazione
sanitaria: cenni
Una responsabilità che sorge “da contatto sociale”, secondo
la terminologia ormai invalsa anche a proposito di altre figure
di responsabilità che sono state sottratte alla disciplina
dell’illecito aquiliano per essere ricondotte all’alveo della
contrattualità – come è il caso tra le altre anche della
responsabilità degli insegnanti e della struttura scolastica
per danni provocati ad altri (ed a talune condizioni, anche a
sé) da studenti minorenni - facendo leva su un dato
sistematico (che pare richiamare nel codice la categoria
romanistica del “quasi contratto”) desunta com’è
nelle
pronunce di legittimità dalla terminologia dell’art. 1173 c.c. in
tema di fonte delle obbligazioni (………da altro fatto idoneo a
produrle in conformità dell’ordinamento giuridico).
La natura contrattuale della responsabilità della
struttura ospedaliera, fondata sul "contatto
sociale", è individuata dalle Sezioni Unite (Cass.,
SSUU 11 gennaio 2008 n. 577). con riferimento non
già alla fonte ma al contenuto del rapporto,
caratterizzato dall'affidamento che il malato ripone
in colui che esercita una professione protetta che
ha per oggetto beni costituzionalmente tutelati
(l’osservazione era già contenuta contenuta in
Cassazione sez. III, 22/01/1999, n. 598)
• Sulla collocazione in ambito contrattuale della
responsabilità medica si ritiene non abbia avuto
incidenza alcuna la modifica normativa apportata dal
decreto legge 158/12, convertito con legge 189 dell’
8.11.12, la cui ratio deve ritenersi limitata all’obiettivo
di escludere nell’ambito di prestazioni sanitarie la
configurabilità di una responsabilità per le ipotesi
di colpa lieve limitatamente al profilo penalistico.
• La materia della responsabilità civile – come osservato
dalla Suprema Corte - “continua a seguire le sue
regole consolidate……… anche per la c.d. responsabilità
contrattuale del medico e della struttura sanitaria, da
contatto sociale” (così Cass. 4030/2013).
Alla collocazione sistematica in ambito contrattuale
consegue l’attribuzione alla prestazione sanitaria dei
connotati che più distinguono tale tipo di obbligazione
da quella per violazione del precetto del neminem
laedere, e quindi:
• il regimi della ripartizione dell'onere della prova
(1218 c.c.),
• della graduazione della colpa (art. 2236 c.c.),
• della prescrizione
• (oltre che della risarcibilità dei soli danni prevedibili
al tempo in cui è sorta l’obbligazione, art. 1225 c.c.),
(Cass. Sez. III 589/1999)
La responsabilità professionale del sanitario per
inadempimento della prestazione medica si
estende direttamente alla struttura sanitaria,
pubblica o privata, presso la quale il medico
stesso opera, che in base al cd. contratto di
spedalità, risponde delle condotte inadempienti
direttamente posti in essere dal medico a norma
dell'art. 1228 c.c.. (responsabilità del debitore
per adempimento dell'obbligazione anche fatti
dolosi o colposi di terzi della cui opera si avvalga
(tra le molte. Cass. n. 13066/2004. n. 8826/2007 e n.
13953/2007).
Il suddetto principio vale anche quanto un paziente
viene ricoverato in una struttura sanitaria gestita, in
virtù di apposita convenzione, da un soggetto
diverso dal proprietario:
Il caso:
dei danni causati dai medici operanti in struttura
ospedaliera risponde la medesima che ne ha la
diretta gestione, e non l’altro soggetto (USL, di cui
erano dipendenti i medici) in quanto è con la prima
e non col secondo che il paziente stipula, per il solo
fatto dell'accettazione nella struttura, il contratto
atipico di spedalità
(Cass. Civile, sez. III, sentenza 20/04/2016 n° 7768)
Per chiarezza espositiva e riassuntiva è meritevole di richiamo questa recente
massima:
Il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura (o ente ospedaliero) ha la
sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti
protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al
pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente,
dall'assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgono a
carico della casa di cura (o dell'ente), accanto a quelli di tipo "latu sensu"
alberghieri, obblighi di messa a disposizioni del personale medico ausiliario,
del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature
necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze.
Ne consegue che la responsabilità della casa di cura (o dell'ente) nei confronti
del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell'art. 1218
c.c., all'inadempimento della prestazione medico-professionale svolta
direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di
un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra
la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non
rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere
anche "di fiducia" dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto.
• Cass Sez. 3, n. 18610 del 22/09/2015
Alcuni profili specifici:
danni “lungolatenti” e decorrenza
della prescrizione
due parametri obiettivi, l'uno interno
e l'altro esterno al soggetto:
l'ordinaria diligenza e livello di
conoscenze scientifiche dell'epoca.
(Interferenze con clausola claims
made)
.
Contenuto dell’obbligazione della struttura
sanitaria e responsabilità per inadempimento.
1. Livello qualitativo della prestazione
2. Conformità alle linee guida
3. Responsabilità di equipe
4. Inadempimento qualificato ed oneri di
allegazione
5. Nesso causale
6. Natura solidale dell’obbligazione risarcitoria
1 - livello delle prestazioni – anche in rapporto alla specializzazione
• In via generale è richiesta la diligenza media ai sensi dell'art. 1176
c.c., comma 2, avuto riguardo alla specifica natura e alle peculiarità
dell'attività esercitata.
• in ogni caso di "insuccesso" incombe alla struttura sanitaria dare prova:
della particolare difficoltà della prestazione
che il risultato "anomalo" o anormale rispetto all’esito
dell'intervento o della cura attesi, e quindi dello scostamento da una
legge di regolarità causale fondata sull'esperienza, dipende da fatto a
sè non imputabile,
in quanto non ascrivibile alla condotta mantenuta in conformità alla
diligenza dovuta, in relazione alle specifiche circostanze del caso
concreto
bensì ad evento imprevedibile e non superabile con l'adeguata
diligenza.
• La condotta del medico specialista va poi esaminata non già con
minore ma al contrario semmai con maggior rigore ai fini della
responsabilità professionale, dovendo la condotta adegurasi alla
natura e al livello di pericolosità della prestazione, implicante
scrupolosa attenzione e adeguata preparazione professionale
(Cass. 17143/12)
2 - Conformità alle linee guida
accreditate dalla comunità scientifica
• Le linee guida per le pratiche terapeutiche costituiscono un sapere
scientifico e tecnologico codificato, che funge da guida per
orientare facilmente le decisioni terapeutiche, per uniformare le
valutazioni e minimizzare le decisioni soggettive del medico
curante.
• L’obiettivo è l'adeguamento della condotta del medico ai parametri
di più elevata qualificazione sul piano scientifico.
• il medico che assuma di aver conformato la propria condotta ai
protocolli medici ufficiali non può limitarsi alla mera enunciazione di
un assunto, ma deve allegare le linee guida alle quali egli afferma di
essersi conformato
(Cassazione penale, sez. IV, 29/10/2015, n. 4468)
3 - Responsabilità «di equipe»
“In tema di colpa professionale, qualora ricorra l’ipotesi di
cooperazione
multidisciplinare,
ancorché
non
svolta
contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei
canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni
svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di
tutte le attività verso il fine comune ed unico.
Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e
valutare l’attività precedente e contestuale svolta da altro collega,
sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la
correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano
evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle
comuni conoscenze scientifiche del professionista medio”
• Cassazione penale, sez. IV, 06/02/2015, n. 30991 (pronuncia ai
soli fini civili)
4 - Inadempimento qualificato
ed oneri di allegazione
Il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate
inadempienze, in tesi idonee a porsi come causa o
concausa del danno, restando poi a carico del debitore
convenuto l'onere di dimostrare o che nessun
rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa
essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo
inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna
incidenza causale sulla produzione del danno.
Cass. Sez. 3, n. 15993 del 21/07/2011
IN PARTICOLARE
Nesso di di causalità - onere probatori
•
Secondo i principi generali di cui all'art. 2697 c.c., deve essere in concreto
fornita dal creditore della prestazione la dimostrazione dell'esistenza del
pregiudizio lamentato e il diretto nesso causale dall'inadempimento, non
la prova dell'inadempimento, quanto la prova del danno lamentato e del
nesso causale tra lo stesso e l'inadempimento,
Cassazione civile, sez. III, 14/06/2011, n. 12961
• Grava sul paziente l'onere di dimostrare il rapporto col medico o con
la struttura sanitaria e il peggioramento delle sue condizioni a seguito
dell'intervento, ovvero l'esistenza di un nesso causale tra l'intervento
ed il danno riportato, mentre grava sulla struttura, anche in caso di
operazioni di particolare difficoltà, l'onere di fornire la prova
liberatoria, ovvero di provare che l'aggravamento delle condizioni del
paziente, ove obiettivamente verificatosi, fosse dipeso da cause ad
essa non imputabili, ovvero a cause esterne, non riconducibili alla
struttura
l'onere probatorio in ordine alla ricorrenza del nesso di
causalità materiale - quando l'impegno curativo sia stato
assunto senza particolari limitazioni circa la sua
funzionalizzazione a risolvere il problema che egli
presentava - si sostanzia nella prova che l'esecuzione
della prestazione si è inserita nella serie causale che ha
condotto all'evento di danno, rappresentato o dalla
persistenza della patologia per cui era stata richiesta la
prestazione, o dal suo aggravamento, fino ad esiti finali
costituiti dall'insorgenza di una nuova patologia o dal
decesso del paziente
(in questo senso Cass. n. 20904 del 2013)
E’ sufficiente per il danneggiato chiedere CTU medica
Per valutare il nesso eziologico il giudice può affidare ai consulenti
non solo l'incarico di valutare i fatti accertati (consulente
deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente
percipiente); in tale ultimo caso la consulenza costituisce essa
stessa fonte oggettiva
Se, all'esito del giudizio, permanga incertezza sull'esistenza del
nesso causale tra condotta del medico e danno, tale incertezza
ricade sul paziente e non sul medico.
E’ stato ad esempio ritenuta rilevante per la conclusione in termini
di incertezza e quindi di mancanza del nesso causale il carattere
polifattoriale della malattia, ancorato soggettivamente allo stato di
salute della danneggiata.
• Sez. 3, Sentenza n. 4792 del 26/02/2013
Criterio della preponderanza causale
(“più probabile che non”)
Implica una valutazione della idoneità della condotta del sanitario a
cagionare il danno lamentato dal paziente che deve essere
correlata alle condizioni del medesimo, nella loro irripetibile
singolarità.
La differenza tra accertamento del nesso causale in sede penale e
quello civile è la regola probatoria, in quanto nel primo vige la
regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" (cfr. Cass. Pen. S.U.
11 settembre 2002, n. 30328, Franzese),
• nel processo penale i rapporto tra valori in gioco tra accusa e
difesa vede la preponderanza del valore libertà personale
• mentre la regola della preponderanza dell'evidenza o "del più
probabile che non", deriva dall'equivalenza dei valori in gioco
nel processo civile tra le due parti contendenti
causalità nell’ipotesi di responsabilità omissiva
• L'accertamento del rapporto di causalità ipotetica passa
attraverso l'enunciato controfattuale che pone al posto
dell'omissione il comportamento alternativo dovuto onde
verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno
lamentato dal danneggiato.
• Non necessariamente deve trattarsi di condotta codificata da
linee guida".
un esempio in Cass. 3390 del 20.2.2015
(terapia eparinica, come trattamento preventivo di riduzione del
rischio di insorgenza della complicanza della paraplegia, non già in
astratto (ossia, soltanto come pratica che trovava credito presso la
comunità scientifica), ma nella concretezza della vicenda che era
oggetto di cognizione, proprio per la multifattorialità dell'eziologia
di detta complicanza, la quale rappresentava un rischio di
"oggettiva gravità»)
Ne consegue, con riguardo alla responsabilità
professionale del medico e della struttura
sanitaria che, essendo il primo tenuto a
espletare l'attività professionale secondo canoni
di diligenza e di perizia scientifica, il giudice,
accertata l'omissione di tale attività, può
ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che
tale omissione sia stata causa dell'evento lesivo
e che, per converso, la condotta doverosa, se
fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi
dell'evento stesso.
Cass. Sez. 3, n. 16123 del 08/07/2010
modalità dell’accertamento.
La cartella clinica
La tenuta della cartella clinica costituisce
obbligo che grava sulla struttura, la cui
violazione determina un danno per il
paziente. Si tratta di un documento – di
rilevanza pubblicistica - fondamentale per
ricostruire i fatti e per valutare non solo
l'aspetto soggettivo dell'illecito, ma anche lo
stesso profilo eziologico.
• Quali conseguenze sul piano probatorio in caso di
documentazione incompleta ?
L'omissione imputabile al medico nella redazione della
cartella clinica consente il ricorso alle presunzioni circa la
sussistenza del nesso causale intercorrente tra prestazione
medica ed evento dannoso, assumendo rilievo, al riguardo, il
criterio della "vicinanza alla prova"
Un caso:
(a fronte di un vuoto di ben sei ore nelle annotazioni della
cartella clinica, ben aveva il giudice ritenuto di condividere
l'ipotesi - formulata dai consulenti d'ufficio - che la neonata
non potesse essere stata lasciata senza assistenza)
• Cass. 6209/16; Cass. n. 12218/2015
Natura solidale dell’obbligazione risarcitoria
effetti e profili processuali
In caso di responsabilità medica per un intervento
eseguito da un medico specialista presso una casa di
cura, quest'ultima risponde dei danni patiti dal paziente
sia per inadempimento proprio ex art. 1218 c.c., sia per
fatto del proprio dipendente incorso in responsabilità
professionale, in modo tale che, in mancanza di prova sul
riparto delle rispettive responsabilità, il criterio
applicabile è quello dell'equivalenza oltre a quello della
solidarietà passiva ex lege.
• Cassazione civile, sez. III, 21/12/2015, n. 25605
Nel processo a pluralità di parti, instaurato da un
paziente per far valere la responsabilità solidale
di una casa di cura e del sanitario operante
presso di essa, non ricorre un'ipotesi di
litisconsorzio necessario passivo, in quanto
l'attore, avendo diritto di pretendere da ciascun
condebitore il pagamento dell'intera somma
dovuta a titolo di risarcimento dei danni subiti,
instaura nei loro confronti cause scindibili.
• Cassazione civile, sez. III, 10/04/2014, n. 8413
Nei rapporti interni tra struttura ospedaliera e
personale sanitario è possibile pervenire ad un
riparto di responsabilità diverso:
con
attribuzione
anche
della
responsabilità ad uno o più operatori,
totale
ammessa la domanda di regresso tra convenuti
formulata in via preventiva e condizionata
all’accertamento della responsabilità unica o
preponderante del condebitore in solido
Può operare il principio di estensione automatica della
domanda dell'attore al chiamato in causa da parte del
convenuto
Trova applicazione allorquando la chiamata del terzo – ad
esempio il medico - sia effettuata al fine di ottenere la
liberazione della struttura sanitaria dalla pretesa
dall'attore, in ragione del fatto che il terzo si individui
come unico obbligato nei confronti dell'attore invece
dello stesso convenuto, realizzandosi in tale caso un
ampliamento della controversia in senso soggettivo
(divenendo il chiamato parte del giudizio in posizione
alternativa con il convenuto) e oggettivo
• Cass. 14 giugno 2011 , n. 12961
caso fortuito costituito da
eventuale concorso di fattori naturali
questione:
se, facendo applicazione di una seria legge di
prevedibilità scientifica, si debba scrutinare la
possibile dipendenza dell'evento lesivo anche da
antecedenti fattuali per
valutare, in questo
contesto, l'incidenza del factum superveniens
rappresentato dalla dedotta condotta omissiva dei
sanitari, accertando altresì se risulti specularmente
improbabile, anche se solo possibile, che la
predetta condotta omissiva sia stata causa
dell'evento.
Una prima risposta
(sul piano della causalità materiale)
Qualora la produzione di un evento dannoso, quale la
morte di un paziente, sia riconducibile, sotto il profilo
eziologico, alla concomitanza della condotta del
sanitario e del fattore naturale rappresentato dalla
situazione patologica del soggetto deceduto (la quale
non sia legata all'anzidetta condotta da un nesso di
dipendenza causale),
il giudice deve procedere,
eventualmente anche con criteri equitativi, alla
valutazione della diversa efficienza delle varie concause,
onde attribuire all'autore della condotta dannosa la parte
di responsabilità correlativa, così da lasciare a carico del
danneggiato il peso del danno alla cui produzione ha
concorso a determinare il suo stato personale.
CAss. 975/09
La critica, ed una diversa prospettazione
(la causalità giuridica)
La motivazione opera una trasposizione
dell'eventuale rilevanza degli stati pregressi del
danneggiato (a valenza concausale) dall'ambito
dell'indagine diretta all'individuazione delle
singole conseguenze risarcibili - più rettamente
destinata a scorrere entro l'alveo della, causalità
giuridica, (artt. 1223 e ss. c.c.) - alla precedente
fase dell'accertamento del nesso di causalità
materiale.
Quando un evento dannoso possa apparire
riconducibile, sotto il profilo eziologico, alla
concomitanza della condotta del sanitario e del
fattore naturale rappresentato dalla pregressa
situazione patologica del danneggiato il giudice
deve accertare in primo luogo, sul piano della
causalità materiale (intesa come relazione tra la
condotta e l'evento di danno, alla stregua di
quanto disposto dall'art. 1227, primo comma,
cod. civ.), l'efficienza eziologica della condotta
rispetto all'evento, in applicazione della regola
di cui all'art. 41 cod. pen
Solo
a
questo
punto
può
procedersi
(eventualmente anche con criteri equitativi) alla
valutazione della diversa efficienza delle varie
concause sul piano della causalità giuridica (intesa
come relazione tra l'evento di danno e le singole
conseguenze dannose risarcibili all'esito prodottesi)
per
ascrivere all'autore della condotta,
responsabile "tout court" sul piano della causalità
materiale, un obbligo risarcitorio che non
comprenda anche le conseguenze dannose non
riconducibili eziologicamente all'evento di danno,
bensì determinate dal fortuito
Soluzione affermata da Cass. 15991/11
(caso di gravissima patologia neonatale,
concorrente con errore medico)
e successivamente ribadito da Cass. 24204/14
(caso di investimento e decesso di un pedone,
persona già affetto da morbo di Alzheimer,
ai fini della liquidazione del danno patrimoniale da
lucro cessante, l'incidenza concorrente di detta
patologia con la causa lesiva costituita dal sinistro)
le cause incognite
Il principio:
mentre il paziente è onerato della prova del contratto (e/o del “contatto sociale”)
e dell'aggravamento delle proprie condizioni fisiche correlate alla prestazione
erogata,
L’onere a carico della struttura e/o del medico, nel fornire la prova liberatoria dalla
propria responsabilità, non è limitato alla prova della correttezza della
prestazione, ma si estende pure alla dimostrazione, in positivo, che l'esito
infausto del trattamento praticato sia dovuto ad un altro evento individuato
(preesistente o sopravvenuto) indipendente dalla propria volontà e sfera di
controllo.
Qualora rimanga incerta la causa dell'esito infausto, la situazione processuale di
sostanziale incertezza circa l'assenza di colpa del medico, e circa le cause
dell'aggravamento, non può esser fatta ricadere sul paziente, ma deve gravare sulla
struttura e/o sul sanitario, che non riescono a liberarsi dalla propria responsabilità.
• Cassazione civile, sez. III, 20/03/2015, n. 5590)
• Cass. civile, sez. III 30/09/2014 n. 20547
in particolare: l’infezione cd. nosocomiale
Viene richiamato anche in relazione a tale rischio il noto
principio in materia probatoria:
A carico del debitore (medico o struttura sanitaria) l'onere di
dimostrare che la prestazione è stata eseguita in modo
diligente, e che il mancato o inesatto adempimento –
costituito dall’insorgenza di infezione ospedaliera - è dovuto a
causa a sè non imputabile, in quanto determinato da un
evento non prevedibile ne' prevenibile con la diligenza nel
caso dovuta, in particolare con la diligenza qualificata dalle
conoscenze tecnico-scientifiche del momento.
Del principio è fatta applicazione in pronunce rese in
vicende in cui l’inadempimento è costituito dall’aver
contratto infezione ospedaliera
In una pronuncia la Cassazione ha fatto proprio e condivisa la valutazione
della Corte d’Appello che aveva ritenuto la responsabilità all'Ospedale - una
volta acclarato che l'infezione si era verificata per una causa esterna
portatrice del germe infettivo, operante durante l'esecuzione dell'intervento
ed ancorché rimasta oscura - per non avere adottato adeguate misure
preventive del rischio di infezioni come quella subita dalla paziente, tenuto
conto della natura ubiquitaria del germe in ambiente ospedaliero.
• Cass. Sez. 3, n. 20136 del 2005
In altra decisione la responsabilità delle lesioni, subite da una bimba, è stata
ascritta esclusivamente all'ente ospedaliero, posto che l'emorragia era stata
provocata dalla sepsi di Klebsiella, infezione nosocomiale determinata da
non adeguata igiene della struttura. Sarebbe dunque spettato al predetto
istituto dimostrare di aver fatto tutto il possibile per scongiurare l'insorgere
della patologia, ma tale prova non era stata neppure dedotta.
• Cassazione civile, sez. III, 01/12/2010 n. 24401
Criterio adottato anche in successive pronunce
Allorchè venga accertata
la natura
nosocomiale di una infezione per la presenza
di un batterio nell'ambiente ospedaliero, la
responsabilità è da imputarsi alla struttura
ospedaliera (nella specie, un neonato aveva
contratto una meningite da staffilococco in
seguito all'applicazione di un catetere).
• Cass. 22379/12
Anche quando vi siano più fattori causali,
….è certo che il danno patito dal piccolo XXX è riconducibile
sia alla klebsiella pneumoniae che alla leucomalacia
periventricolare e che la klebsiella pneumoniae è stata
contratta presso l'ospedale "(OMISSIS)".
Si tratta, quindi, del concorso (eventuale) tra una causa
umana accertata, cioè la patologia contratta in ospedale, ed
una concausa che è rimasta non accertata. non essendo stato
provata l'esistenza di un fattore naturale in grado di
escludere del tutto il nesso di causa, si deve affermare che
l'autore del danno non ha fornito la prova della propria
esclusione di responsabilità, ed è quindi da ritenere
colpevole per l'intero.
• CAss. Sez. 3, n. 8995 del 06/05/2015
Sul rilievo che trattasi di fenomeno prevedibile ma
non prevenibile, una pronuncia ha tuttavia escluso la
responsabilità in ipotesi di infezione intraoperatoria,
valutata come indifferibile e correttamente eseguito.
• La presunzione di colpa dalla quale, ai sensi dell'art. 1218 c.c., è
gravato il medico nei confronti del paziente che ne invochi la
responsabilità professionale, può essere superata dal sanitario
dimostrando che l'insuccesso dell'intervento sia dipeso da un
evento imprevedibile e non prevenibile con l'uso dell'ordinaria
diligenza da lui esigibile. È, pertanto, correttamente motivata la
sentenza di merito la quale abbia escluso la responsabilità dei
sanitari nel caso di infezione intraoperatoria, (nella specie,
intervenuta nel corso di parto cesareo trattato con la c.d. tecnica di
Stark), quando sia stato accertato che l'intervento era indifferibile
ed era stato correttamente eseguito.
CAss. Sez. 3, n. 12274 del 07/06/2011)
Prevenibilità generale o soggettiva ?
Il riferimento alla correttezza di procedure preventive, così
come la mera constatazione della
bassa frequenza statistica
circa la possibilità di contrarre infezioni in sala operatoria può
in realtà trasformarsi in fattore di esonero quasi automatico di
responsabilità,
che non tiene in debito conto i rischi tipici
associati alla fattispecie delle infezioni e le condotte da valutare
e valorizzare anche e soprattutto in un'ottica specialpreventiva.
L’evento dannoso correlato alla prestazione sanitaria, secondo
la stessa letteratura medica, è definito come certamente
prevedibile;
ed è anche - quantomeno nell’altissima
percentuale dei casi dl 98 – 99 % delle operazioni chirurgiche anche prevenibile, grazie all’adozione di quelle procedure e
cautele volte proprio al raggiungimento del maggior grado di
asepsi possibile.
La concretizzazione del rischio nella residua minima
percentuale dei casi sopra indicata (ma variabile da
struttura a struttura ?) ritengo debba considerarsi in
tutta evidenza un’alea propria della prestazione erogata
dalla struttura sanitaria:
• riferita cioè non già a caratteristiche soggettive del
paziente – come sarebbe per diversa
ipotesi di
complicanze di tipo soggettivo, correlate a diverse
possibili (ed in qualche misura imprevedibili) reazioni
organiche all’intervento chirurgico dipendenti da
caratteristiche di ogni singolo paziente;
• bensì di tipo esogeno,
che è verosimilmente
riconducibile al mancato raggiungimento - per causa
che sono rimaste (e rimangono per solito) ignote di quelle condizioni di totale asetticità richieste per
evitare l’infezione da fattori patogeni
Proprio al fine di gestire il rischio sanitario, e
stato proposta in sede di produzione legislativa
l’introduzione di un fondo di Solidarietà , che
(anche al di là delle ipotesi di responsabilità
civile) garantisca un indennizzo a coloro che
sono stati vittima dell’alea terapeutica (ad
esempio, per infezioni nosocomiali o per eventi
avversi provocati dall’assunzione di farmaci).
(ad es. artt. 2 e 6 D.d.l. n. 1581/2013)
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