CARLO SCARPA (Venezia, 2 giugno 1906 – Sendai-Giappone, 28 novembre 1978) è stato un architetto, designer e accademico italiano, tra i più importanti del XX secolo. Studiò presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia dove, mentre ancora studiava, ottenne il primo incarico professionale iniziando a collaborare come progettista con alcuni vetrai di Murano. Nel 1926 si diplomò e sino al 1931 lavorò nello studio veneziano dell’architetto Guido Cirilli, che poi affiancò come assistente universitario presso l'Istituto Superiore di Architettura di Venezia, fondato quello stesso anno. Ereditò dal Cirilli l'attenzione per i dettagli e per la qualità dei materiali costruttivi. A partire dal 1932 iniziò a lavorare con la vetreria di Paolo Venini della quale fu nominato Direttore artistico, incarico che mantenne fino al 1946; la collaborazione con Venini si protrasse fino al 1947: di grande innovazione sono sia i disegni che le tecniche produttive dei modelli. Ca’ Foscari (VE) e gli interventi di Carlo Scarpa. Al compiere dei suoi trent'anni, tra il 1935 e il 1937, Scarpa realizzò la sua prima opera impegnativa, la sistemazione di Ca' Foscari di Venezia, sede dell'omonima Università: il suo intervento si risolse principalmente nella rifunzionalizzazione degli ambienti più prestigiosi. Tale opera, che vide un'ulteriore modifica da parte dell'architetto veneto tra il 1955 e il 1957, ma che fu in seguito manomessa, risultò essere uno dei più innovativi progetti di restauro di quel periodo. Nel 1956 ottenne il Premio Nazionale Olivetti per l'architettura e la stessa azienda gli commissionò la sistemazione di un spazio espositivo Olivetti in piazza San Marco a Venezia, ma nello stesso anno venne accusato dall'Ordine degli Architetti di esercitare la professione illegalmente e quindi portato in tribunale. Nel 1978 ricevette una laurea honoris causa in architettura presso l'Istituto Universitario di Architettura di Venezia, ponendo così fine alla diatriba sulla legittimità del suo operato. Negozio Olivetti a Piazza San Marco -Venezia TEMI FONDAMENTALI NELL'ARCHITETTURA DI CARLO SCARPA: 1-Progetto basato sulla riflessione visuale e quindi sul disegno: Scarpa utilizzava il disegno come pensiero, nei disegni dava spazio a riflessioni e ragionamenti, si poteva vedere in diretta il suo pensiero che si imprimeva sulla carta: disegnava una serie concatenata di figure, ma con una logica diversa da quella usuale degli altri architetti, che è di tipo concettuale. Essa era governata da una ragione che generava passaggi momentaneamente apparentemente inutili e ovvi, ma che successivamente si dimostravano particolarmente produttivi. Il suo sistema compositivo era svolto mediante il disegno, con modalità esemplificative ma anche con dettagli tipici della raffigurazione della citazione. Cimitero Brion-Vega, San Vito d’ Altivole (Treviso) 1974-78 “Sul suo tavolo da lavoro, che è sempre in casa propria, Scarpa registra i primi schizzi su fogli talvolta occasionali, approfondisce il progetto su cartoncini, ne studia le varianti su carta velina, usa spesso colori che stende personalmente ……”(Massimo Vallotto ) UNIVERSITÀ CA' FOSCARI, RESTAURI AULA MARIO BARATTO TEMI FONDAMENTALI NELL'ARCHITETTURA DI CARLO SCARPA: 2-Interesse per l'allestimento di mostre e musei La luce dell'architettura di Scarpa consente di comporre architetture per istituzioni come i musei e le opere che li costituiscono. La particolare luce che fa vedere le statue nei suoi musei diventa uno straordinario strumento di critica architettonica, lo spazio luminoso diventa uno strumento per comprendere e far comprendere le sculture. Egli fa posto alle sculture mettendole nella giusta luce al punto che poi diventa impossibile spostarle o toglierle. Quindi l'architettura scarpiana diviene un mezzo per conoscere una realtà piuttosto che divenire essa stessa oggetto di conoscenza. L'oggetto delle esplorazioni di Scarpa non è tanto l'edificio che contiene le sculture quanto le sculture stesse, contrariamente al Movimento Moderno che vede l'architettura oggetto della conoscenza. Crocifisso e dolenti, noto anche come L'urlo di pietra, presso il Museo di Castelvecchio a Verona La sistemazione della statua di Cangrande della Scala al Museo di Castelvecchio a Verona SPAZIO ESPOSITIVO DI CASTELVECCHIO- VERONA TEMI FONDAMENTALI NELL'ARCHITETTURA DI CARLO SCARPA: 3-Il restauro di edifici preesistenti e la realizzazione di nuovi progetti in antichi contesti Carlo Scarpa ha avuto la capacità di elaborare progetti e interventi in contesti antichi e di valore, grazie alla sua bravura nel leggere il contesto architettonico preesistente. Questa caratteristica veniva vista dai suoi contemporanei come limite, mentre dai critici odierni viene visto come punto di forza: egli lavora nel costruito come i grandi architetti del passato, Andrea Palladio, Bramante, Filippo Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Francesco Borromini. Facciata della Fondazione Querini Stampalia (VE) con il ponte e la targa disegnati da Carlo Scarpa (1961-63) Spazio espositivo L'ingresso del Palazzo Querini-Stampalia a Venezia con il pavimento Colorato di Carlo Scarpa (1961-63) Carlo Scarpa- Querini Stampalia (VE) IL RESTAURO DI CASTELVECCHIO- VERONA Il museo venne restaurato e allestito con criteri moderni tra il 1958 e il 1974 da Carlo Scarpa. Quando Carlo Scarpa iniziò i lavori di restauro di quello che sarebbe diventato il Museo Civico di Verona, su Castelvecchio pesavano più di seicento anni di storia drammatica e cruenta. Da sempre edificio militare, era stato cannoneggiato, modificato, alterato a seconda delle esigenze del dominatore di turno. In particolare il periodo napoleonico a cavallo tra sette e ottocento, ne aveva pesantemente modificato l'aspetto, soprattutto nel grande cortile, alterato secondo lo stile neoclassico allora imperante. Negli anni '30 del novecento, l'allora direttore dei Civici Musei di Verona, Antonio Avena, nell'intento di ridare alla città il suo antico aspetto medioevale, aveva eseguito restauri che, alla luce della moderna filologia conservativa, appaiono quantomeno discutibili. La facciata principale era stata rifatta utilizzando cornici ed elementi architettonici di case gotico-veneziane, andate distrutte nelle alluvioni della seconda metà dell'800. "Castelvecchio era tutto falso" disse Carlo Scarpa in una conferenza in cui parlava del suo restauro. C'era poco da riportare alle antiche forme, e provarci avrebbe significato dover inventare, cadendo nuovamente nella trappola in cui era caduto l'Avena. Carlo Scarpa decise allora di dichiarare apertamente la falsità di Castelvecchio, facendone una scenografia teatrale. Nella fotografia sono visibili alcuni dei danni subiti dal castello scaligero nel 1945. La facciata principale del museo di Castelvecchio che da' sul cortile interno, venne quindi lasciata in cemento grezzo, con i telai di porte e finestre arretrati rispetto al muro e alle cornici e decorazioni gotiche, creando così l'effetto di un pannello finto posto sulla scena di un teatro. E proprio un palco sembra la piccola piattaforma che si stacca dalle porte centrali dalle quali però non si accede. Scarpa sposta infatti l'ingresso tutto di lato, quasi un'entrata dietro le quinte. All'altra estremità la facciata viene staccata dal muro accentuando ancora di più l'impressione di essere un paravento posto di fronte al museo. La Galleria di Scultura Entrati nel museo di Castelvecchio ci si imbatte subito nella novità dell'allestimento di Carlo Scarpa che, forte della sua esperienza artigianale nelle vetrerie di Murano, disegnava tutti i supporti delle opere esposte. Le sculture poggiano su delle piattaforme (sottili supporti in pietra di Prun) sollevate dal terreno da un supporto centrale che fa sembrare che levitino sul pavimento. Le opere, provenienti da edifici religiosi distrutti, quindi fuori dal proprio contesto storico e architettonico, sono così collocate in una dimensione assoluta, fuori dallo spazio e dal tempo. La finestra sul pavimento alla fine della galleria di scultura permette la visione degli strati più antichi della fondazione di Castelvecchio. La barriera di protezione del vetro che permette la visione è chiaramente ispirata da un irori, il camino centrale, a filo del pavimento, tipico dell'architettura tradizionale giapponese, come anche ad elementi di architettura tradizionale giapponese si rifanno i pannelli scorrevoli in ferro intrecciato che ricordano certi paraventi e imposte orientali realizzate a listerelle di bambù. La serie di sale successive si chiude con una griglia di metallo intrecciato, stilizzazione di difese medievali, e omaggio all'architettura tradizionale giapponese di cui Scarpa era un grande estimatore (morirà in un incidente a Sendai proprio in uno dei suoi viaggi nel Sol Levante). Così come sicuramente ispirato alla tradizione giapponese è la finestra sul terreno che permette di vedere i piani costruttivi più antichi del castello La Pinacoteca Alla pinacoteca si accede attraverso il mastio, passando per un piccolo cortile interno. Nella grande sala che ospita le croci stazionali dell'arte gotica e le statue che decoravano la cancellata delle Arche Scaligere, troviamo alcune interessanti soluzioni di Scarpa per la decontestualizzazione e l'assolutizzazione dell'opera. Il pavimento è in pietra grigio pallido, con una particolare finitura opaca che ha la caratteristica di ridurre a semplici aloni diafani le ombre, così come la parete in cemento ruvido, riduce al minimo i riflessi. Le opere, avvolte da una luce discreta e soffusa, sembrano galleggiare in uno luogo fuori dalla realtà in cui lo spettatore stesso rimane come sospeso. La sala delle armi Carlo Scarpa allestisce anche una stanza per esporre la piccola ma interessante collezione di armature del museo di Castelvecchio, con soluzioni che rivedremo nell'altra grande opera di Scarpa, il restauro del Castello di Brescia. Collezioni dal '500 al '700 La brusca scomparsa di Carlo Scarpa, (forse) vittima di un incidente durante un viaggio in Giappone, a Sendai nel 1973, lasciò incompiuto il progetto per il museo di Castelvecchio che venne ripreso e completato dal collaboratore di Scarpa, Arrigo Rudi. In particolare Rudi si occupò del completamento dell'ultima sezione del museo, quella dedicata alle collezioni di pittura veronese dal cinquecento al settecento. Secondo alcuni tuttavia, le realizzazioni di Rudi si discostarono molto da quelle che erano le idee di Scarpa per il secondo piano dell'ala napoleonica. La Statua di Cangrande La Statua di Cangrande Una menzione a parte merita la collocazione della statua equestre di Cangrande della Scala, proveniente dalla famosa arca (la prima delle tre monumentali tombe degli scaligeri, eretta sul portone d'entrata della chiesa di Santa Maria Antica) dove è sostituita da una replica. Cangrande, pur estraneo a Castelvecchio, che venne costruito dai suoi successori, ancora oggi rappresenta una figura importantissima per i veronesi, presente su etichette di vino, bandiere di squadre di calcio, targhe di club e associazioni. Un forte simbolo di tradizioni storiche e legami culturali. Carlo Scarpa decise quindi di non chiuderlo all'interno di una sala del museo, ma di lasciarlo all'esterno (sebbene coperto da una tettoia), visibile alla popolazione come era stato per secoli dall'alto del suo mausoleo. Cangrande diviene nel restauro di Carlo Scarpa la "cerniera" di raccordo tra le varie parti del castello, essendo visibile dal cortile, dal muro che separa la zona residenziale dall'area militare, dai camminamenti di ronda.